RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 249 - Testo della trasmissione di martedì 6 settembre 2005

 

 

Sommario

 
ATTIVITÀ DEL PAPA E DELLA SANTA SEDE

Telegramma di cordoglio di Benedetto XVI per la tragedia della funivia in Austria. La preghiera del Pontefice in particolare per i bambini

 

La Chiesa messicana carica di speranze a colloquio con Benedetto XVI, 11 anni dopo l’ultima visita ad Limina: ai nostri microfoni mons. Isidro Guerrero Macias, mons. Ramon Godinez Flores e mons. Serafin Vazquez Elizalde

 

OGGI IN PRIMO PIANO 

Uragano Katrina: almeno 20 mila le vittime. Il presidente USA Bush torna nell’area della tragedia e assicura il massimo impegno del governo. Sulla ricchezza musicale e culturale di New Orleans,  intervista con Renzo Arbore

 

In Algeria discussione aperta in vista del referendum sulla cosiddetta “Carta della pace”, il 29 settembre prossimo: ai nostri microfoni Madjid Benchikh

 

Il Papa è tornato all’Angelus di domenica scorsa a ribadire la centralità del mistero eucaristico per ogni cristiano: con noi mons. Angelo Comastri

 

In concorso oggi a Venezia “Mary”, il film dedicato alla figura della Maddalena: sviluppato su molti piani a tratti confusi, è stato accolto da applausi e fischi

 
CHIESA E SOCIETÀ

Una maggiore tutela dei diritti dei cristiani in Iraq: è quanto chiede l’arcivescovo di Westminster, cardinale O’Connor, in una lettera inviata al ministro degli Esteri britannico Straw

 

In Pakistan la Corte Suprema annulla una legge islamica contraria alla libertà delle persone che prevede l’istituzione di uffici giudiziari ed esecutivi paralleli a quelli del governo

 

E’ entrato nel vivo il IX Simposio intercristiano in corso ad Assisi

 

Il cardinale Lopez Trujillo giunto a Valencia per partecipare ai preparativi in vista dell’incontro mondiale delle famiglie nel 2006

 

La Chiesa cattolica in Etiopia approda su Internet

 

 

24 ORE NEL MONDO

Alla vigilia delle prime elezioni pluraliste in Egitto, un incendio nel teatro della città di Beni Sueif uccide 32 persone

 

Speranze di pace per il Kashmir dopo l’incontro tra il premier indiano Singh e il leader dei separatisti, Umar Farooq

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

6 settembre 2005

 

TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL PAPA PER LA TRAGEDIA DELLA FUNIVIA IN AUSTRIA.

LA PREGHIERA DEL PONTEFICE IN PARTICOLARE PER I BAMBINI

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Una preghiera in memoria delle vittime, in particolar modo per i più piccoli, e una parola di solidarietà per chi ha perso i propri cari. Sono contenute nel telegramma di cordoglio che Benedetto XVI ha inviato al vescovo di Innsbruck, Manfred Scheuer, in seguito al tragico incidente di ieri, occorso alla funivia nella valle austriaca dell’Ötz. La caduta di una cabina dell’impianto e il danneggiamento di alcune altre ha causato la morte di nove persone, sei delle quali bambini. Rivolgendosi ai familiari delle vittime, il Papa invoca la “forza di trovare consolazione” e la “speranza nella luce del Cristo risorto”, chiedendo per i feriti “fiducia e rapida guarigione”.

 

 

LA CHIESA MESSICANA CARICA DI SPERANZE A COLLOQUIO CON BENEDETTO XVI,

11 ANNI DOPO L’ULTIMA VISITA AD LIMINA

- A cura di Roberta Gisotti -

 

Un mese di grazia per la Chiesa messicana, che in questo mese di settembre vede i suoi pastori convenire a Roma per rendere omaggio alle Tombe degli apostoli Pietro e Paolo ed incontrare il Papa Benedetto XVI. Tante e complesse le realtà che si trova oggi ad affrontare l’episcopato messicano, in un grande Paese attanagliato dalla povertà e dalla violenza e dalle pressioni della modernità. 11 anni fa nel ’94 l’ultima visita ad Limina dei vescovi messicani, quando Giovanni Paolo II disse loro: “Oggi più che mai il Messico ha bisogno di pace e giustizia, di riconciliazione, sfuggendo qualsiasi tentazione di violenza”. E aggiunse: “la giustizia è un valore che deve permeare tutte le relazioni umane a livello economico, sociale, politico, culturale e persino religioso”. Ascoltiamo dunque alcune testimonianze di presuli messicani raccolte da padre Pedro Rodriguez, responsabile del nostro Programma ispanoamericano: ai nostri microfoni mons Isidro Guerrero Macias, vescovo di Mexicali, poi mons. Ramon Godinez Flores, vescovo di Aguascalientes e infine mons. Serafin Vazquez Elizalde, vescovo emerito di Ciudad Guzman:

 

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PARA NOSOTROS, PEUPLO MEXICANO...

“Per noi messicani la visita ad limina ha una forte motivazione di fede. E’ infatti molto importante venire qui a parlare di tutto il lavoro pastorale che stiamo facendo pur in mezzo a tante difficoltà. Veniamo ad informare il Santo Padre e questo è per noi molto stimolante. Informare significare “stare in”, “stare sul momento”, senza ambiguità. Informare evita che nascano equivoci. Siamo molto felici per questa nostra visita al Papa e ai vari dicasteri della Curia”.

 

CONVERSAMOS SOBRE LA VITA CRISTIANA DE LA DIOCESIS ...

“Parliamo dei vari aspetti delle vita cristiana nella diocesi di Aguascalientes, come le vocazioni, il lavoro dei religiosi e delle religiose, le sfide che ci troviamo davanti. In particolare mi preoccupa un fenomeno, comune anche ad altri Paesi come l’Italia, la Spagna ed altre nazioni, e cioè quello della scarsa partecipazione alla messa domenicale, che è una pratica fondamentale per chi abbia fede e voglia vivere un’autentica vita spirituale. Così ad Aguascalientes, dei cattolici che hanno più di sei anni, per i quali c’è l’obbligo di assistere alla Messa domenicale, solo un 20-30% vi partecipa, mentre a livello nazionale, in tutto il Messico, la percentuale scende al 10 per cento. Il nostro timore è che la fede si indebolisca e che i giovani non ricevano quelle basi che i nostri genitori hanno dato a noi che sono fondamentali per la perseveranza nella fede”.

 

PERSONALMENTE YO QUEDO MUY IMPRECIONADO…

“Mi sono molto emozionato quando il Papa, con grande affetto, mi ha personalmente preso le mani e mi ha iniziato a domandare da dove venissi, come mi chiamassi e in che diocesi avessi lavorato ed operato. Io ho risposto di essere stato per 22 anni nella diocesi di Guzman, nel sud dell’arcidiocesi di Guadalajara e che da alcuni anni mi trovavo proprio a Guadalajara. Mi ha poi salutato con grande affetto. Sono grato veramente a Dio per avermi concesso questa grazia di stare con il Vicario di Cristo e successore di Pietro. Mi rallegro con tutti i miei fratelli che hanno partecipato con grande entusiasmo a questa visita ad Limina Apostolorum.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

In prima pagina: si sparge ancora il sangue dei servitori del Vangelo: “Uccisi due sacerdoti in India e in Brasile”. Austria: funivia colpita da un contenitore di cemento precipitato da un elicottero: nove morti. Il cordoglio del Santo Padre in un telegramma a firma del cardinale Angelo Sodano inviato al vescovo di Innsbruck, mons. Manfred Scheuer. Stati Uniti: Il presidente Bush di nuovo in visita nelle zone colpite dall’uragano: ancora incerto il numero delle vittime. Giappone: oltre centomila persone sgomberate a causa della violenza del tifone Nabi che flagella l’isola di Kyushu. Egitto: trentadue vittime nell’incendio di un teatro

 

Servizio vaticano –  La figura del cardinale John Henry Newman in un volume del cardinale Jean Honoré. Due pagine dedicate al Cammino della Chiesa in Italia con articoli da: Trieste, Adria-Rovigo, Arezzo-Cortona-San Sepolcro, Oppido mamertina-Palmi, Acerra, Perugia, Solofra, Lecce, Milano, Belluno-Feltre.

 

 

Servizio estero –  Un “Atlante” di Giuseppe M. Petrone sul voto in Afghanistan. Iraq: il gruppo di al Zarqawi rivendica gli attacchi alle truppe britanniche e al ministero dell’interno a Baghdad.

 

Servizio culturale – Un ricordo della  missione a Colonia, nel 1948, del Legato Pontificio Card. Micara. Per “L’Osservatore Libri”: una recensione del volume “De Gasperi, gli Usa e il Vaticano agli inizi della guerra fredda” di Giovanni Sale.

 

Servizio italiano – In primo piano i temi della Banca d’Italia, della legge elettorale e dell’Alitalia

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

6 settembre 2005

 

 

URAGANO KATRINA: IL PRESIDENTE AMERICANO BUSH

TORNA NELL’AREA DELLA TRAGEDIA MENTRE LE AUTORITÀ PREVEDONO UN BILANCIO

DI ALMENO 10 MILA MORTI. AL CENTRO DEL DRAMMA, LE VITTIME E LE PERSONE IN

DIFFICCOLTA’, MA IL PENSIERO VA ANCHE AL SIGNIFICATO MUSICALE E CULTURALE

DELLA CITTA’ DELLA LOUISIANA

- Intervista con Renzo Arbore -

 

Almeno 10 mila morti, nonostante quelli accertati finora siano solo 230: è il tragico bilancio delle vittime che le autorità statunitensi prevedono dopo il tragico passaggio dell’uragano Katrina nel sud degli Stati uniti. I 50 mila agenti di sicurezza schierati nelle zone disastrate non riescono a riportare la calma e la senatrice Hillary Clinton ha invocato un’inchiesta sui ritardi nei soccorsi. Resta molto critica la situazione nella città di New Orleans. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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La sicurezza nella città non è ancora garantita, ma le autorità hanno consentito ad alcuni abitanti di un quartiere di tornare nelle loro case per verificare i danni subiti. L’evacuazione continua e la polizia stima che circa 10 mila persone non vogliono andare via. Proseguono anche le ricerche per soccorrere i sopravvissuti ancora rifugiati nelle case. Il sindaco di New Orleans ha detto che le vittime potrebbero essere almeno 10 mila. Il presidente Bush è tornato nella zona per la seconda volta in pochi giorni. “Il governo – ha detto – è impegnato a tutti i livelli e nel miglior modo possibile. La priorità è stabilizzare la situazione, distribuendo cibo e portando soccorso ai sopravvissuti”. “Finché ci saranno vite in pericolo – ha aggiunto - avremo molto da fare”. Il capo della Casa Bianca si è recato in Louisiana e in Mississippi, dove è però in corso anche un rimpallo delle responsabilità: il governatore locale ha rifiutato di dare il comando delle operazioni al presidente, rimproverando le autorità federali di non aver messo a disposizione in tempo le risorse necessarie ai soccorsi. L’amministrazione risponde che non erano state richieste.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Al centro del dramma vissuto a New Orleans c’è la pena per l’elevato numero delle vittime e per le difficilissime condizioni di quanti sono rimasti nell’area colpita dall’uragano. A colpire l’attenzione mondiale, poi, ci sono anche altri aspetti legati alla specificità della città che da sempre viene identificata come il cuore della musica jazz. Ci si chiede dunque anche quale sorte sia toccata a diversi musicisti e luoghi culto del genere musicale che proprio nelle strade di New Orleans ha visto la nascita. Per ricordare in cosa consiste la ricchezza musicale e culturale della città della Louisiana, Eugenio Bonanata ha intervistato Renzo Arbore, presidente di Umbria Jazz e cittadino onorario di New Orleans: 

 

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R. – Anzitutto la convivenza artistica e civile tra popolazioni e culture così diverse: c’è la cultura nera-americana, la cultura americana, la cultura irlandese, la cultura francese, la cultura spagnola e quella caraibica ed una cultura italiana, che è stata sottovalutata ma che ha contribuito molto anche alla nascita del jazz. A tutto questo dobbiamo l’invenzione di questa musica che ha invaso il mondo e ha, secondo me, giovato moltissimo all’immagine e alla potenza degli Stati Uniti d’America. E’ la musica più rivoluzionaria del secolo passato e probabilmente anche del secolo che stiamo vivendo. 

 

D. – In questi giorni tutti ci sentiamo un po’ louisiani, tutti i media del mondo ne parlano, ma  secondo lei  cosa non è stato detto di questa realtà?

 

R. – Non è stato detto che il Sud rimane il Sud, anche negli Stati Uniti. Il fatto che il presidente ed altri non abbiano compreso subito l’importanza di questa sciagura, dipende anche dal fatto che la sciagura era nel deep south, (nel profondo sud) e non nella California, opulenta e piena di bianchi. Non lo dico con polemica, lo dico perché purtroppo spesso si dice infatti: “quelli sono abituati ad arrangiarsi”. Ma in questi casi non si tratta di arrangiarsi. Si tratta di evitare centinaia e centinaia di morti.

 

D. – Per lei qual è lo spirito di questo luogo, di queste persone? Ha qualche aneddoto da raccontare?

 

R. – L’aneddoto forse no, però il take it easy, il “falla facile”, è proprio una caratteristica di questa città che si chiamava, infatti, e spero si chiamerà ancora, “big easy”, il “grande facile”. Si tratta di una città del sud, dove c’è una filosofia che non è quella di non fare, ma è quella di pigliarsela comoda. “No problem, no problem” era la frase che sentivo ripetere in continuazione la prima volta che andai a New Orleans, anche quando invece c’erano “problems”.

 

D. – Qual è la sua speranza?

 

R. – Essendo uno che pensa positivo, la mia speranza è che anche il nostro Paese  e gli altri Paesi scoprano la bellezza della Louisiana. Nella tragedia e nella sciagura, certamente non è un cambio, voglio dire, ma un minimo di simpatia e di interesse per questo fascino meraviglioso che ha ci sia e spero che il turismo possa scoprirlo.

 

D. – Nei prossimi giorni sono in programma manifestazioni di solidarietà che la vedono protagonista?

 

R. – Probabilmente organizzeremo nell’Auditorium qualcosa di speciale. E questo soprattutto noi che veniamo dal jazz antico e che ne abbiamo vissuto tutto il percorso. Per noi New Orleans, anche se non ci fossimo mai stati, sarebbe sempre come una terra promessa. Abbiamo sempre fantastico e parlato di New Orleans. Chi mi ha insegnato il jazz era un trombettista di Foggia bravissimo che mi parlava di New Orleans come se ci fosse stato mille volte, conosceva le strade e tutte le cose. Ma non c’era mai stato e malgrado le mie insistenze non ci venne. La poetica di New Orleans è nel nostro cuore, se non altro perché l’ha cantata Armstrong e dopo di lui tanti altri.

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IN ALGERIA DISCUSSIONE APERTA IN VISTA DEL

REFERENDUM SULLA COSIDETTA “CARTA DELLA PACE”, IL 29 SETTEMBRE PROSSIMO

- Intervista con Madjid Benchikh -

 

In Algeria prosegue tra le polemiche la campagna per il referendum del prossimo 29 settembre, in cui i cittadini saranno chiamati ad approvare o meno la “Carta della pace”. Voluta dal presidente Boutelfika per “rappacificare il Paese”, la Carta prevede un’estesa amnistia per i crimini commessi durante la terribile guerra civile che ha scosso il Paese durante tutti gli anni Novanta, facendo 200 mila morti e 15 mila scomparsi. Secondo molte voci critiche, tra cui quella di Amnesty International, la Carta rischia tuttavia di seppellire definitivamente la verità sui crimini commessi non solo dai gruppi islamici, ma anche dai militari, accusati di numerose atrocità. Andrea Cocco ne ha parlato con Madjid Benchikh, professore di diritto all’Università francese di Cergy-Pontoise ed ex preside della facoltà di diritto di Algeri:

 

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R. – TOUT LE TEXTE COMMENCE PAR L’HOMMAGE ...

La “Carta per la pace” si apre con un elogio molto sostenuto all’esercito. Si stabilisce che tutto quello che ha fatto l’esercito durante la guerra civile rientra nel quadro della lotta contro il terrorismo islamico. Si tratta quindi di atti patriottici, per i quali non è nemmeno necessaria l’amnistia. Credo che il punto più discutibile in questo testo è il divieto di qualsiasi critica a tutto ciò che è successo durante questi dodici o quindici anni. Le politiche che sono state messe in atto tra il 1992 e adesso, una volta che il referendum sarà passato e la Carta approvata, non potranno più essere oggetto di critiche. Di fatto è un referendum per impedire qualsiasi dibattito politico. Un referendum contro la democrazia.

 

D. – Nonostante la Carta, il governo ha deciso di mantenere lo stato d’urgenza decretato nel 1992 per combattere il terrorismo islamico. Perché?

 

R. - LA PREMIERE RAISON C’EST QU’IL Y A ENCORE ...

Il primo motivo è gli attacchi terroristici non sono ancora finiti. Anche se nella maggior parte del Paese i terroristi islamici sono stati sconfitti, esistono ancora gruppi che commettono attentati. Il secondo motivo è che i vertici militari non sono mai stati d’accordo nel sospendere lo stato d’urgenza.

 

D. – Qual è stata la reazione dei familiari delle vittime al referendum?

 

R. – LES FAMILLES DES DISPARUS ...

I familiari delle persone scomparse, delle vittime, sono infuriate per questa iniziativa politica e stanno promuovendo una serie di forme di contestazione contro il referendum. La sola risposta che è stata data dal governo al loro problema è un indennizzo. Ciò che queste famiglie chiedono con insistenza è invece l’istituzione di una commissione d’inchiesta indipendente sugli eccidi, per stabilire la verità.

 

D. – Insieme con altri algerini, lei ha chiesto l’intervento del Tribunale permanente dei Popoli, per giudicare i crimini commessi durante la cosiddetta “guerra sporca” in Algeria. La sentenza del Tribunale è stata resa nota da poco. Ci può spiegare le caratteristiche di questo organo e quali sono le sue conclusioni?

 

R. - C’EST UN TRIBUNAL COMPOSE’ DE PERSONALITEES INDEPENDENTES ...

Si tratta di un tribunale composto da personalità indipendenti che si esprimono a titolo personale. Ma questa opinione è studiata, redatta, come se si trattasse della decisione di un autentico tribunale di stato. Perché abbiamo chiesto la convocazione di questo istituto? Perché in Algeria la giustizia è in crisi. Nella sentenza conclusiva del Tribunale dei popoli le conclusioni sono molto nette. Si stabilisce che i crimini commessi in Algeria  sono non solo contrari al diritto internazionale ma anche al diritto algerino. Omicidi, torture, stupri, massacri, persone scomparse… Si tratta di crimini contro l’umanità, di crimini che sono imprescrittibili e che non possono essere amnistiati.

 

D. – La Carta invece prevede che su questi crimini non si indaghi più ...

 

R. - CETTE CHARTE IGNORE LES CRIMES CONTRE L’HUMANITE...

Questa Carta ignora i crimini contro l’umanità che sono stati commessi in Algeria. Certo, prevede l’esclusione di una serie di reati dall’amnistia, come i massacri collettivi, gli attentati con le bombe nei luoghi pubblici, gli stupri, ma altri crimini contro l’umanità non vengono affatto esclusi. La tortura sistematica non è evocata, così come la scomparsa di diverse migliaia di persone. Questi crimini contro l’umanità non possono essere amnistiati. E’ per questo che dico che la Carta rappresenta un duro colpo per la protezione internazionale dei diritti dell’uomo.

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A POCHE SETTIMANE DALLA CONCLUSIONE DELL’ANNO DELL’EUCARISTIA,

IL PAPA E’ TORNATO ALL’ANGELUS DI DOMENICA SCORSA A RIBADIRE LA CENTRALITA’ DEL MISTERO EUCARISTICO PER OGNI CRISTIANO.

NE PARLIAMO CON  MONS. ANGELO COMASTRI

- Intervista con il presule -

 

A poche settimane dalla chiusura dell’anno dell’Eucaristia iniziato a ottobre 2004, Benedetto XVI torna a ribadire la centralità del mistero Eucaristico nella vita della Chiesa e in quella di ogni cristiano. Ultimo di tempo, il richiamo all’Angelus di domenica scorsa. Sull’importanza di questo sacramento Francesca Fialdini ha raccolto la riflessione di mons. Angelo Comastri, vicario per la Città del Vaticano e Presidente della Fabbrica di San Pietro:

 

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R. - Ripeto, con insistenza, che l’amore è il cibo eucaristico per far capire che se non si coglie questo aspetto dell’Eucaristia, non si capisce l’Eucaristia. Io sono convinto che molte Comunioni sono ‘a vuoto’, perché nell’Eucaristia non si cerca l’amore. Il cibo eucaristico è il corpo dato, è il nutrimento eucaristico, è la bevanda eucaristica, è il sangue versato. Far comunione vuol dire far spazio dentro di sé all’amore di Cristo, al fuoco di Cristo, che è l’unica e vera onnipotenza di Dio ed è l’unica vera forza che può cambiare il mondo. Una donna eucaristica come Madre Teresa di Calcutta, quanto bene ha fatto nel mondo; un uomo eucaristico come Giovanni Paolo II, quanto bene ha fatto nel mondo. Giovanni Paolo II ha detto: “Il centro della mia giornata è l’Eucaristia”. Così potremo anche riandare alla vita di tutti i Santi. Aggiungo, inoltre, che è ancora più necessario oggi sottolineare che l’amore è il cibo eucaristico, perché viviamo in un’epoca che non sa più che cos’è l’amore. Oggi quando si parla e si dice “ti amo”, non è vero; quando si va a far l’amore, non è vero: si va a fingere, si va a giocare all’amore, ma certo non è amore. Molto spesso dietro alla parola “amore” c’è l’egoismo. L’Eucaristia è la vera scuola dell’amore, perché è la scuola del dono. Oggi è in crisi anche la famiglia, il rapporto uomo-donna, proprio perché non c’è più amore. Non finisce l’amore o si finisce di amarsi, ma non ci si è mai amati! L’amore è il dono di sé e l’Eucaristia è la grande scuola del dono di sé.

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IN CONCORSO OGGI A VENEZIA “MARY”, IL FILM DEDICATO ALLA FIGURA

 DELLA MADDALENA: SVILUPPATO SU MOLTI PIANI A TRATTI CONFUSI,

È STATO ACCOLTO DA APPLAUSI E FISCHI

 

 

In concorso oggi alla Mostra del Cinema di Venezia il film Mary di Abel Ferrara: prendendo a pretesto la figura di Maria Maddalena, il regista sviluppa su più piani una storia confusa di conversione, dolore, pentimento, dubbio, compromettendo così, per i troppi temi affrontati e tra loro disconnessi, un tentativo di attualizzazione del messaggio evangelico. Il servizio Luca Pellegrini:

 

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Non susciterà le consuete e inutilmente attese polemiche tra difensori entusiasti e detrattori scandalizzati. Potrà, invece, piacere oppure infastidire. Rimane un tentativo parzialmente riuscito ed a tratti ambiguo di cinematografia religiosa. Mary di Abel Ferrara è stato, dunque, accolto ieri sera, al termine della proiezione riservata alla stampa, da applausi e fischi suddivisi a metà. Tre piani narrativi ben sincronizzati si succedono, tre orizzonti sui quali si staglia la figura di Gesù e il messaggio evangelico della carità: un film sulla Maddalena dal titolo “Questo è il mio sangue” si gira a Matera e all’ultimo ciak la protagonista, Juliette Binoche, decide di lasciare tutto e fuggire a Gerusalemme, per una sorta di conversione molto personale e di cui mai si sapranno l’origine e il vero motivo. Poi si snoda, a New York, il film dello stesso Ferrara che dipana le relazioni interpersonali tra i responsabili della suddetta pellicola, tra cui il regista – che presta anche il volto a Gesù ed è interpretato dal bravo Matthew Modine – convinto di porsi nel mercato come “l’anti Mel Gibson” (ma questo è l’intendimento anche di Ferrara stesso), non evitando però lui pure di subire le stesse contestazioni.

 

Poi seguiamo un conduttore televisivo di colore che in un seguito talk show s’interroga e interroga diversi ospiti, tra cui il rabbino Amos Luzzato, sulla figura di Cristo – e questo nel bel mezzo di un doloroso percorso esistenziale irto di dubbi – dovendosi inevitabilmente confrontare poi con il nuovo film in uscita e il fastidioso regista. Abel Ferrara non lesina nel frattempo momenti riflessivi che non vanno a toccare la sostanza biblica e teologica della fede nel Figlio di Dio, almeno sul piano della realtà. Il messaggio del Vangelo si condensa però esclusivamente nei suoi gesti di amore, primo fra tutti l’episodio della lavanda dei piedi. Interessante, invece, che proprio i più fantasiosi e non canonici racconti dovuti agli apocrifi e ai testi gnostici siano alla base non del film di Ferrara ma del film nel film e lasciati alle rivelazioni della Maddalena. Un tentativo forse astuto e non troppo celato per prenderne le distanze soltanto formali, ma non sostanziali. Mentre tra interventi di vaga matrice sincretistica, tentativi di dialogo interreligioso, cronache in diretta di violenze mediorientali, allarmi e fanatismi, commenti e interviste, suppliche e pentimenti, Abel Ferrara perde il senso dell’orientamento e della misura.

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CHIESA E SOCIETA’

6 settembre 2005

 

 

UNA MAGGIORE TUTELA DEI DIRITTI DEI CRISTIANI IN IRAQ: E’ QUANTO CHIEDE L’ARCIVESCOVO DI WESTMINSTER, CARDINALE O’CONNOR, IN UNA LETTERA INVIATA

AL MINISTRO DEGLI ESTERI BRITANNICO STRAW

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

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BAGHDAD. = “E’ proibito approvare una legge che contraddica le regole dell’Islam”. E’ un passo di un articolo della bozza della Costituzione irachena che sarà sottoposta a referendum il prossimo 15 ottobre. Per rimuovere questa clausola che potrebbe privare i cristiani e le altre minoranze religiose dei loro diritti fondamentali, l’arcivescovo di Westminster, cardinale Cormac Murphy O’ Connor, ha lanciato un appello al ministro degli Esteri britannico, Jack Straw. In una lettera inviata venerdì scorso al ministro, il porporato ha dichiarato che il mantenimento di questa clausola potrebbe provocare “conseguenze devastanti” per la minoranza cristiana in Iraq e costituire una minaccia per la libertà religiosa. Il cardinale ha riconosciuto, inoltre, come sia necessario costruire una società fondata sull’uguaglianza tra tutte le comunità. Se i diritti di tutti gli iracheni non verranno salvaguardati – ha riconosciuto il porporato – naufragherà il tentativo della Gran Bretagna di stabile una democrazia nello Stato arabo. I cristiani in Iraq temono, in particolare, che la Costituzione possa prevedere nel sud del Paese, a maggioranza sciita, l’introduzione della legge islamica della “sharia”. Il testo costituzionale, sottoscritto lo scorso 28 agosto da sciiti e curdi ma non dai sunniti, è al centro di dibattiti sul ruolo dell’Islam nel futuro ordinamento legislativo. Prendendo in esame proprio questo tema, l’arcivescovo di Kirkuk, mons. Louis Sako, ha dichiarato durante una recente visita in Gran Bretagna che la mancanza di garanzie nella Costituzione verso le minoranze, potrebbe provocare un esodo dei cristiani. Su oltre 26 milioni di abitanti, i cristiani in Iraq sono circa il 3 per cento della popolazione, quasi 800 mila persone. I cattolici sono almeno 300 mila, dei quali l’80 per cento di rito caldeo.

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IN PAKISTAN LA CORTE SUPREMA ANNULLA UNA LEGGE ISLAMICA

CONTRARIA ALLA LIBERTÀ DELLE PERSONE: PREVEDEVA

L’ISTITUZIONE DI UFFICI GIUDIZIARI ED ESECUTIVI

PARALLELI A QUELLI DEL GOVERNO

 

LAHORE. = La Corte Suprema del Pakistan ha giudicato nulla l’Hasba Bill, una legge approvata Lo scorso 14 luglio dal governo della Frontiera del nord ovest, al confine con l’Afghanistan. L’arcivescovo della diocesi di Lahore, mons. Lawrence John Saldanha, - riferisce l’Agenzia ‘Asia News’ - ha accolto con soddisfazione la

decisione presa dal più alto organo giudiziario del Pakistan. I giudici hanno definito la norma “discriminatoria” ed “incostituzionale” in quanto prevedeva l’istituzione di uffici giudiziari ed esecutivi paralleli a quelli del governo. La legge – ha dichiarato inoltre il presule – era contraria alla libertà personale. “I giuristi islamici – ha aggiunto mons. Saldanha – hanno riconosciuto che, a parte la preghiera e l’elemosina, nessun altro obbligo previsto dall’Islam debba essere attuato con forza dallo Stato”. “Questa legge – ha spiegato poi un attivista per i diritti umani, Sheikh Mansoor – è stata promulgata perché i partiti religiosi musulmani vogliono vincere le elezioni locali e non per promuovere un miglioramento”. La Corte Suprema è stata chiamata a pronunciarsi sulla legge Hasba Bill dal presidente pakistano, Pervez Musharraf, dopo le proteste di diversi gruppi politici e religiosi. (A.L.)

 

 

CON UNA SERIE DI DIBATTI SUL VALORE DELL’EUCARISITIA, AI QUALI PARTECIPANO STUDIOSI CATTOLICI ED ORTODOSSI, È ENTRATO NEL VIVO IL

IX SIMPOSIO INTERCRISTIANO IN CORSO AD ASSISI

- A cura di padre Egidio Picucci -

 

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ASSISI. = Proseguono ad Assisi i lavori del IX Simposio intercristiano su “L’Eucaristia nella tradizione orientale ed occidentale”. Fra i temi trattati ieri, tutti stimolanti ed interessanti, è stato di particolare importanza quello su “L’Eucaristia come segno espressivo di unità nell’amore”, trattato dal prof. Michele Nazzeo. “Ogni riflessione ecumenica – ha detto – deve partire da Gesù Cristo, il quale non ha espresso un desiderio, ma ha dato un ordine, motivato dal fatto che solo se c’è l’unione il mondo crederà alla missione che gli è stata affidata dal Padre. Colpisce il fatto – ha aggiunto – che la Comunione con Dio, il Paradiso, tolto all’umanità per il mangiare, come dice la Genesi, sia stata restituita dal Figlio Suo Gesù ancora con il mangiare: ‘Chi mangia la mia carne, avrà la vita’. Mangiare è la stessa cosa che accogliere e il pane trasformato da Cristo ha la forza di trasformare noi: “Colui che mangia di me, vivrà per me”. Particolare interessante del Simposio è il dialogo che segue ad ogni relazione. Ortodossi e cattolici interrogano e rispondono in un clima di assoluto rispetto, anche quando i pareri sono diversi. “Dopo quasi mezzo secolo di dialogo – ha detto il prof. Costantinu, rettore dell’Università di Tesalonica – risulta ormai chiaro che l’unità dei cristiani non può essere raggiunta all’interno di un accordo tra le Chiese su questioni teologico-dogmatiche, ma solo all’interno della vita e dell’amore che arriva fino alla rinuncia delle nostre certezze”. Questo non significa – ha aggiunto l’oratore – mettere in dubbio principi basilari della nostra fede, ma vuol dire acquisire discernimento per scegliere quali sono espressione autentica della nostra fede e quali nascondono aspirazioni mondane. Il Simposio, al quale si sono aggiunti questa mattina il vescovo di Assisi, mons. Sergio Goretti, e il metropolita del Patriarcato ortodosso di Antiochia, mons. Paul Yazigi, si concluderà domani con le ultime relazioni ed una solenne liturgia ortodossa nella cappella dell’Università di Perugia.

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IL CARDINALE LÓPEZ TRUJILLO GIUNTO A VALENCIA, PER PARTECIPARE AI PREPARATIVI IN VISTA DELL’INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE NEL 2006

 

VALENCIA. = Il cardinale colombiano Alfonso López Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, è giunto ieri a Valencia per continuare i preparativi del V Incontro Mondiale delle Famiglie, che si svolgerà nella città spagnola dal 4 al 9 luglio 2006. Il Cardinale incontrerà, nel corso di varie riunioni, le commissioni create in vista di questo avvenimento. Si tratta della seconda visita del Cardinale a Valencia in meno di tre mesi. Lo scorso 14 giugno aveva esaminato alcuni degli scenari proposti per l’Incontro. In quell’occasione, il cardinale Trujillo aveva definito come “imponente e bellissimo” lo spazio proposto per l’ubicazione dell’altare. Il porporato aveva anche affermato che la celebrazione dell’Incontro a Valencia nel 2006 è “un’enorme sfida, ma è enorme anche la fiducia che riponiamo in Valencia e nella Spagna”. Più di centomila trittici e opuscoli divulgativi sul prossimo Incontro sono stati distribuiti dalla maggior parte dei duemila giovani valenziani accorsi alla Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia. I giovani hanno distribuito il materiale promozionale in una ventina di località della Francia e della Germania e tra i partecipanti alla GMG. Benedetto XVI ha ratificato nel maggio scorso la designazione di Valencia per il V Incontro Mondiale delle Famiglie annunciata nel 2003 dal suo predecessore, Giovanni Paolo II. Il Papa ha anche confermato che il tema centrale dell’Incontro sarà “La trasmissione della fede nella famiglia”.

 

 

 LA CHIESA CATTOLICA IN ETIOPIA APPRODA SU INTERNET CON IL SITO WWW.ECS.ORG.ET, CHE OFFRE NOTIZIE SULL’ATTIVITÀ DEL PAPA E

INFORMAZIONI SULLE DIOCESI DEL PAESE AFRICANO

 

ADDIS ABEBA. = La Chiesa cattolica in Etiopia può contare su un nuovo mezzo d’informazione e comunicazione: si tratta del sito www.ecs.org.et, ufficialmente inaugurato lo scorso 9 agosto dall’arcivescovo metropolita di Addis Abeba, mons. Berhaneyesus Souraphiel. Il sito, in inglese, offre notizie aggiornate sulla Chiesa cattolica e sulle attività del Santo Padre. L’iniziativa – riferisce l’Agenzia ‘Zenit’ - è stata promossa dal Segretariato cattolico etiope (ECS), un’organizzazione senza scopo di lucro creata con l’obiettivo di facilitare, promuovere e coordinare le attività sociali e pastorali della Chiesa cattolica nello Stato del Corno d’Africa. Gli utenti possono anche accedere a schede dettagliate sulle dieci diocesi del Paese.  Sono presenti, inoltre, informazioni sulle 169 parrocchie cattoliche dell’Etiopia e sulle congregazioni religiose. L’iniziativa conferma come la Chiesa cattolica etiope sia attiva nel Paese africano grazie alla rete delle proprie istituzioni. Oltre 50 Congregazioni religiose contribuiscono, infatti, con il loro operato alla vita ecclesiale locale. In Etiopia, la metà degli oltre 71 milioni di abitanti è musulmana e gli ortodossi sono circa il 40 per cento della popolazione. La percentuale dei cattolici non supera l’1 per cento. (R.R.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

6 settembre 2005

 

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

In Egitto é salito a 32 morti il bilancio dell'incendio scoppiato la notte scorsa in un teatro nella città di Beni Sueif, a 150 chilometri a Sud del Cairo affollato da circa mille persone. Lo riferisce il ministero della Sanità egiziano. I feriti sono 37, di cui 18 gravi. Il rogo, ha riferito la polizia, si era sviluppato alle 23.30 locali quando delle candele usate in scena hanno dato fuoco al sipario. I pompieri sono riusciti a controllare l'incendio, ma molte persone sono morte nella calca mentre prese dal panico cercavano di sfuggire alle fiamme.

 

La tragedia del teatro getta un’ombra sulle prime elezioni presidenziali pluraliste in Egitto. Domani, 32 milioni di egiziani sono chiamati al voto. Tuttavia, non c’è dubbio che il vincitore sarà il capo dello Stato uscente, Mubarak: 77 anni, 24 dei quali al potere. Dal Cairo, Barbara Schiavulli:

        

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Il Parlamento ha dovuto cambiare una legge, a febbraio scorso, dopo le pressioni americane, ma non basta cambiare una legge per trasformare la mentalità della gente. Non che agli egiziani importi molto di queste elezioni, dilaniati dalla miseria: un quarto dei 70 milioni di abitanti vivono al di sotto della soglia della povertà con meno di due dollari al giorno e con un tasso di disoccupazione del 20 per cento. Il mondo avrebbe voluto e la Corte egiziana ha chiesto la presenza di osservatori internazionali, ma la Commissione elettorale ha detto no. “In Egitto non ce n’è bisogno”, rispondono loro, ma se non convincono le diplomazie internazionali, ancora meno lo fanno con gli egiziani che si teme che in massa diserteranno le urne. Promesse, solo parole, dice la gente, mentre i nove candidati – pressoché sconosciuti, a parte Mubarak, Noor, del partito liberale “Gad”, e Goma dell’ “Uad”, il partito egiziano più antico – offrono soluzioni, posti di lavoro e un futuro migliore. Ma se non sono riusciti a convincere neanche la gente ad andare a votare, queste elezioni, chiunque le vinca, sono già perdute.

 

Barbara Schiavulli, dal Cairo, per Radio Vaticana.

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Con il passare delle ore si aggrava il bilancio del supertifone Nabi che ha devastato oggi l'isola meridionale giapponese di Kyushu con venti arrivati fino a 215 km. orari e piogge torrenziali. Un bilancio ancora provvisorio parla di 4 morti, 16 dispersi, oltre 40 feriti. D’altro canto, è stata ordinata l'evacuazione di circa 140 mila persone. Il primo ministro giapponese Junichiro Koizumi, in piena campagna per le cruciali elezioni del prossimo 11 settembre, ha dovuto annullare comizi programmati per oggi e domani.

 

L’invasione dell’Iraq da parte della coalizione guidata dagli Stati Uniti ha precipitato il Paese in una spirale di terrorismo peggiore dell’Afghanistan dei talebani. Lo ha affermato ieri il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan. Intanto, secondo la stampa coreana, il governo di Seul starebbe considerando l’ipotesi del ritiro di circa un terzo del suo contingente militare in Iraq, al momento di 3.200 uomini. Intanto, un consigliere del collegio difensivo di Saddam Hussein ha reso noto che ieri l’avvocato iracheno dell’ex dittatore ha incontrato il suo cliente in vista dell’inizio del processo, previsto in ottobre. Infine, il Parlamento iracheno ha terminato i colloqui sulla nuova costituzione senza trovare un accordo sulle modifiche da apportare alla bozza. E’ quanto dichiarato all’agenzia Reuters da Bahaa al Araji, membro del comitato di redazione della Carta costituzionale irachena.

 

“Hamas e non Israele, è responsabile dell’esplosione” che ieri nel rione Zaitun di Gaza City ha provocato la morte di almeno quattro persone e il ferimento di altre 30, nonché la distruzione di almeno tre edifici. Lo ha dichiarato stamani il portavoce del ministero palestinese degli Interni, Tawfiq Abu Khussa. Secondo Hamas, un edificio sarebbe stato centrato ieri da un razzo sparato da un velivolo israeliano allo scopo di colpire importanti membri del suo braccio armato, Ezzedin al-Qassam. Ma Abu Khussa ha dichiarato che gli esperti del dicastero palestinese degli Interni hanno constatato che si è trattato invece di una “esplosione interna”.

 

In Arabia Saudita, sette persone sono state uccise nel terzo giorno di scontri tra forze dell'ordine saudite ed estremisti islamici a Damman, città petrolifera nell’est del Paese. Secondo fonti di polizia, le vittime sono 5 terroristi e 2 agenti. Gli scontri a fuoco sono iniziati domenica nella città petrolifera orientale, dove si troverebbero numerosi estremisti islamici.

 

Ad una settimana dall’incontro con il presidente pakistano Musharraf, previsto a New York, il premier indiano Manmohan Singh, per la prima volta da quando è al governo, ha incontrato ieri i separatisti della contesa regione del Kashmir. Dalla capitale indiana, Maria Grazia Coggiola:

 

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I separatisti, guidati da Mirwaiz Umar Farooq, hanno ottenuto la promessa di un parziale ritiro delle truppe da Shrinagar e da altri centri urbani, ma solo se cesseranno gli attentati e la violenza. Nella vallata sono dislocati 400 mila soldati. Il punto più significativo dell’incontro è comunque il riconoscimento per la prima volta della Hurriyat Conference come interlocutore nel processo di pace. La stessa delegazione a giugno aveva incontrato Musharraf, a Islamabad. Il governo indiano ha sempre rifiutato di includere i separatisti nei negoziati con il Pakistan; questo potrebbe però essere l’inizio di un dialogo triangolare, come l’ha definito Farooq, ieri sera al  termine dei colloqui,  fortemente criticati da  Shrinagar e dai  gruppi più

radicali, contrari ad un compromesso con il governo indiano.

 

Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Le scatole nere del Boeing indonesiano schiantatosi ieri mattina a Medan, nell'isola indonesiana di Sumatra, provocando 150 morti, sono state trovate e oggetto ora di analisi. In attesa di risposte certe, gli inquirenti ipotizzano l'errore umano o tecnico mentre nulla lascia pensare, con gli elementi al momento disponibili, a un atto terroristico.

La Commissione Europea ha espresso oggi l’auspicio di poter ottenere la settimana prossima l’approvazione, da parte degli Stati membri dell’UE, dell’accordo concluso ieri a Pechino sul tessile cinese. L’accordo era stato firmato dal commissario al Commercio dell’UE, Mandelson, e il ministro del Commercio cinese Bo Xilai. E’ stato, inoltre, siglato un accordo per l’acquisto di 10 velivoli per la Southern Airlines. L’intesa è stata firmata durante una visita a Pechino del presidente di turno dell'UE, il primo ministro britannico Blair. Ma torniamo alla questione del tessile cinese con il servizio di Bernardo Cervelliera:

 

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L’imposizione delle quote ha creato all’Europa un doppio problema. Da una parte, i prezzi dei prodotti cinesi continuano ad essere fortemente concorrenziali e mettono in crisi l’industria del sud-Europa; dall’altra, la riduzione delle quote ha creato la crisi nella vendita al dettaglio con scaffali vuoti e timori di non avere merce da esporre entro Natale. A causa della concorrenza cinese, nel 2004 il tessile europeo ha perso oltre 165 mila posti di lavoro e nel 2005 è a rischio un altro milione di posti di lavoro. Nel dialogo tra Unione e Pechino, vi erano temi come la sicurezza internazionale, i diritti umani, la cancellazione dell’embargo sulle armi, ma si è discusso invece di prodotti tessili e dei dieci Airbus che l’Europa ha venduto alla Cina.

 

Per la Radio Vaticana, Bernardo Cervellera.

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A Parigi, la morte di un uomo di 35 anni, ricoverato nell'ospedale di Creteil nella periferia della capitale francese, ha portato a 17 il numero delle vittime nel rogo del palazzo di Hay-les-Roses. La responsabilità dell'incendio è stata confessata ieri da quattro ragazze.

 

 

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