RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
246 - Testo della trasmissione di sabato 3 settembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il Vangelo di domani: il commento di Padre Marko
Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Consacrato ieri a Kuwait City dal cardinale Crescenzio Sepe il vicario apostolico del Kuwait
Il governo
indonesiano ordina la chiusura forzata dei luoghi di culto cristiani a Giava
Documento
dei vescovi kenioti in merito al testo della nuovo
Costituzione del Paese
Primo mese di vita dell’ospedale cattolico internazionale di Rason, in Corea del Nord
Friulani, carinziani e sloveni insieme
oggi per il “Pellegrinaggio dei tre popoli”.
Identificati
in Egitto grazie al test del DNA gli autori suicidi
degli attentati di Sharm el Sheik
Inizierà il 19 ottobre il processo a Saddam Hussein
In Italia, decisa la Riforma della Banca d’Italia.
Controversi i pareri delle parti politiche, mentre Bruxelles continua a
monitorare la vicenda del governatore Fazio
Tregua a sorpresa in Nepal, annunciata dei ribelli
maoisti
Cautamente ottimista
l’Alto Commissario per i diritti umani al termine di una visita di 5 giorni in
Cina
3 settembre 2005
BENEDETTO
XVI PROCLAMERA’ 5 NUOVI SANTI IL PROSSIMO 23 OTTOBRE.
TRA L’ITALIA E L’ESTERO,
INVECE, LE CERIMONIE DI BEATIFICAZIONE
DI OTTO SERVI DI DIO,
PRESIEDUTE DA CARDINALI
- A cura di Alessandro De Carolis -
Cinque nuovi Santi e undici nuovi Beati. La Prefettura della Casa Pontificia ha comunicato
il calendario delle solenni celebrazioni che, tra ottobre e novembre, impegneranno
Benedetto XVI e alcuni cardinali tra Roma e diverse località italiane ed
estere. La cerimonia di canonizzazione di cinque Beati - tra cui un arcivescovo un sacerdote, un laico e due fondatori di
Congregazioni femminili – si terrà in Piazza San Pietro il 23 ottobre prossimo,
presieduta dal Papa.
Sarà
invece un cardinale, secondo la consuetudine reintrodotta da Benedetto XVI, a
presiedere la beatificazione del cardinale Augusto Von
Galen, in programma il 9 ottobre. Esattamente venti
giorni più tardi, in San Pietro, un porporato celebrerà la beatificazione di otto martiri della Guerra civile in Spagna. Domenica 6
novembre, a Vicenza, si svolgerà la beatificazione di Eurosia
Fabris, mentre la settimana seguente, in San Pietro,
verranno elevati agli onori degli altari tre Servi di Dio, tra i quali Charles de Foucauld. Infine, il
20 novembre, a Guadalajara, in Messico, verranno
beatificati quattro martiri delle persecuzioni avvenute tra la fine del 1920 e
i primi anni del decennio successivo.
LO STATO DELLA SOCIETA’
E DELLA CHIESA LOCALE
AL CENTRO DELLA VISITA AD LIMINA DEI PRESULI DEL MESSICO,
IN CORSO IN VATICANO
E’
iniziata tre giorni fa la visita ad Limina dei vescovi
del Messico. L’ultima volta che l’episcopato della nazione latinoamericana si
era ritrovato a Roma a confronto con il Papa era stato
nel 1994 e da allora la Chiesa locale ha compiuto numerosi passi in avanti, sia
come presenza attiva nella società, sia nelle relazioni con i governi che si
sono succeduti in questi anni. Ieri, tra i presuli ricevuti da Benedetto XVI a
Castel Gandolfo, c’era anche il vescovo di Aguascalientes, Ramón Godínez Flores. Ce ne parla in questo servizio Alessandro
De Carolis.
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Riconferma
dell’unità episcopale con la sede di Pietro e un rapporto sullo stato della Chiesa
nel Paese: sono questi due tra gli obiettivi principali che ogni cinque anni
portano a Roma l’episcopato di una nazione dinanzi al Papa. Per il primo gruppo
di presuli messicani che dal primo settembre si divide tra Roma e Castel
Gandolfo per il tradizionale pellegrinaggio ad limina apostolorum, sulle tombe degli
Apostoli, all’importanza dell’appunta-mento istituzionale si aggiunge anche la
novità di un primo contatto personale con il nuovo Pontefice. Mons. Ramón Godínez
Flores, vescovo di Aguascalientes,
racconta, al microfono di padre Pedro Rodriguez, le
impressioni suscitate in lui dopo l’incontro di ieri con Benedetto XVI e pone l’accento
sull’unità con il Papa sperimentata nella preghiera quotidiana:
“Per noi, l’incontro con il
Santo Padre rappresenta un tempo di grazia e di speranza. Benedetto XVI ci ha
ricevuto con grande cordialità. Abbiamo l’impressione,
grata, di essere stati ascoltati in profondità. Abbiamo anche ascoltato lui,
con attenzione. E’ stata una visita cordiale e anche la Santa Messa che
celebriamo tutti i giorni è anche un momento per pregare per noi e per ogni
fedele: la preghiera va comunque sempre accompagnata
dalla buona volontà, di gioia, di profonda speranza”.
Ogni
visita ad Limina, come detto, costituisce anche
un incontro “operativo”. Dallo scambio di informazioni
e di idee con il Papa, la Chiesa locale trae spunto per stabilire la sua rotta
pastorale e missionaria, come conferma ancora mons. Godínez
Flores:
“Con il Papa, abbiamo parlato
della pratica religiosa della diocesi di Aguascalientes, che non è molto numerosa, va dal 20 al 30
per cento dei cattolici che hanno l’obbligo di partecipare alla Messa e non
partecipano. Poi, il Santo Padre ha fatto commenti interessanti confrontando la
nostra situazione con la pratica della fede qui, in Italia, o in Germania, o
negli Stati Uniti. Poi, abbiamo parlato delle vocazioni: tutto il centro della
Repubblica messicana è un territorio con la famiglia ben integrata, favorevole
alle vocazioni consacrate. Abbiamo un buon numero di sacerdoti: per esempio, ad
Aguascalientes abbiamo 10 ordinazioni sacerdotali
l’anno. Poi, abbiamo parlato della vita religiosa, delle religiose
che sono numerose, piene di carità. Abbiamo parlato della situazione
economica del Messico, difficile, perché siamo vicini al Sud degli Stati Uniti
e molti messicani – giovani o adulti – devono emigrare negli Stati Uniti e
questo fa sì che le famiglie si trovino a disagio, perché qualcuno se n’è
andato al nord. Questi sono i temi di cui abbiamo parlato”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
In prima pagina: Stati Uniti:
la macchina dei soccorsi faticosamente si avvia. Si ingigantisce il bilancio della tragedia. Alcune fonti
parlano di 10 mila morti nella sola Louisiana e di oltre 150 nel Mississippi.
“Katrina” svela agli occhi dell’Ame-rica le piaghe della povertà e
dell’emarginazione. Russia: ricordato nella scuola di Beslan il massacro di bimbi innocenti. Iraq:
sottoscrizioni e iniziative congiunte tra sunniti e sciiti in favore della famiglie coinvolte nella strage di Baghdad.
Servizio vaticano – Dopo la XX Giornata Mondiale
della Gioventù: “In nome di Cristo, Benedetto XVI ha affidato alla gioventù una esigente missione di gioia e di speranza”. Il cardinale
Sepe conferisce l’ordinazione episcopale a mons. Ballin,
Vicario apostolico di Kuwait.
Servizio estero – Afghanistan: il governo di Kabul aderisce alla
Convenzione sui rifugiati. Nucleare: l’AIEA chiede maggiore cooperazione a Teheran.
Servizio culturale – L’Elzeviro di Mario Gabriele
Giordano: “Il filosofo terapeuta”.
Servizio
italiano – Banca
d’Italia: il prossimo Governatore in carica per sette anni. RC auto: indennizzo diretto in caso
d’incidente. Alitalia: il ministro Lunardi precetta gli assistenti di volo che confermano lo
sciopero del 6 e 7.
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3 settembre 2005
MIGLIORA
LA SITUAZIONE A NEW ORLEANS, MA SONO ANCORA MIGLIAIA
LE PERSONE CHE ATTENDONO AIUTI DI PRIMA NECESSITA’. STANZIATI 10 MILIARDI E
MEZZO PER
I
SOPRAVVISSUTI ALLA FURIA DELL’URAGANO KATRINA, MENTRE SI METTE IN MOTO
LA MACCHINA DELLA SOLIDARIETA’ IN PATRIA E
ALL’ESTERO
- Con
noi, il prof. Massimo Teodori e Dennis
Redmont -
Si è
messa finalmente in moto la macchina degli aiuti alle popolazioni colpite
dall’uragano Katrina e insieme a viveri, abiti e medicine arrivano anche i
primi ingenti finanziamenti del governo di Washington. Dunque, la situazione a
New Orleans, in
preda al caos e alla violenza da giorni, migliora con l’arrivo di soldati della
Guardia Nazionale. Gli ospedali della città, almeno quelli più in difficoltà, sono
stati completamente evacuati. Dal canto loro, governo federale e compagnie aree
statunitensi hanno lanciato un ponte aereo che contribuirà al trasferimento
dalle aree disastrate verso zone sicure di oltre 25.000 residenti a New Orleans. Tuttavia, secondo gli
esperti, ci vorranno mesi per prosciugare la città dall'acqua. Di ritorno
alla Casa Bianca da un sopralluogo nelle regioni devastate dall’uragano, il
presidente George W. Bush ha firmato la legge che stanzia 10,5 miliardi di dollari
per le vittime. Intanto, il Senato degli Stati Uniti ha deciso di avviare, la
settimana prossima, un’inchiesta sui ritardi nella gestione dell’emergenza. Il
servizio di Paolo Mastrolilli:
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La Guardia Nazionale finalmente è entrata in forze a New Orleans per portare il cibo e ristabilire l’ordine. Ma
la crisi continua e lo stesso presidente Bush ha
ammesso che i risultati dei soccorsi non sono accettabili, visitando ieri le
regioni colpite dall’uragano Katrina. Un senatore della Louisiana ha affermato
che le vittime potrebbero essere 10 mila, mentre i danni potrebbero raggiungere
la cifra di 100 miliardi di dollari. La “cavalleria sta arrivando”, hanno detto
ieri i militari prendendo il controllo dello stadio Superdome del Convention Center, dove è ripresa l’evacuazione degli
sfollati anche se un autobus che li portava via si è rovesciato uccidendo
almeno una persona. Il resto della città però rimane in preda al caos e ci sono
ancora abitanti intrappolati nelle case allagate. Ieri mattina Bush, criticato
per la lentezza con cui ha reagito alla crisi, è andato a visitare le zone colpite
volando prima in Alabama, poi in Mississipi e quindi
a New Orleans. Il capo della Casa Bianca ha detto che i soccorsi non hanno funzionato come dovevano ma
ha promesso di salvare le vite dei sopravvissuti, riportare l’ordine e
ricostruire la città, mettendo a disposizione le risorse del governo federale
del Pentagono. Washington ha chiesto di attingere alle riserve strategiche
europee di petrolio e benzina. Dal canto suo, l’Italia ha offerto l’invio di
due aerei militari con aiuti.
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Il senatore della Louisiana, Mary Landrieu, ha chiesto a Bush di affidare a
una persona di sua scelta con rango di ministro il compito di guidare la
risposta federale alla devastazione dell’uragano Katrina. E
dopo l’incontro con il presidente Bush, il sindaco di New Orleans, Ray Nagin, ha rilasciato una
dichiarazione ad una radio locale. Un drammatico appello a
fare tutto il possibile per salvare i sopravvissuti dell’uragano Katrina.
Ascoltiamo:
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I TOLD HIM WE HAD AN INCREDIBLE CRISIS …
“Ho detto al presidente che abbiamo una crisi terribile qui, di cui non ci si rende
conto volando dall’Air Force One. Gli ho detto che ho
girato tutta la città e che sono frustrato perché non abbiamo mezzi sufficienti
a far fronte all’emergenza. Sapete perché i saccheggi ci sono sfuggiti di
controllo? Perché abbiamo dovuto dedicare la maggior
parte delle risorse per salvare la gente, migliaia di persone, donne, anziani,
aggrappate sui tetti delle proprie case. Ogni giorno che ritardiamo i soccorsi la gente muore e muoiono a centinaia”.
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L’anarchia e gli episodi di
violenza seguiti alla devastazione portata da Katrina
a New Orleans hanno colpito l’opinione pubblica internazionale. Su questo aspetto della tragedia, la riflessione di Dennis Redmont, direttore in
Italia dell’agenzia di stampa americana Associated
Press, intervistato da Debora Donnini:
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R. –
Molta gente crede che la zona colpita sia delimitata a New
Orleans, ma in verità è un’area grande come l’Italia: molto difficile da
pattugliare, da tenere sotto controllo, per prima cosa. In secondo luogo, c’è
un grande divario tra ricchezza e povertà nel sud che,
come si sa, è stato per molti anni il fronte di battaglia per i diritti civili.
Dunque, c’è anche una grande disparità di salari.
Naturalmente, quando ci sono tragedie e una disperazione dal punto di vista
materiale, gli Stati Uniti non sono immuni a questo tipo di cose. Un’altra cosa
forse che si può aggiungere è che le autorità non si erano
preparate a questo uragano forza 5. C’ è stato quindi un problema di
risposta perché molte Guardie Nazionali sono impegnate in altri posti, incluso
in Iraq.
D. – Può confermare che da parte
dei media americani c’è, in qualche modo, un’accusa al presidente Bush di aver stornato per la guerra in Iraq i fondi necessari per il
sistema di dighe, di chiuse di New Orleans?
R. – Questa è
una cosa uscita nelle ultime ore. Si dovrà vedere. E’ una voce che gira in
molti dei siti web che potrà essere esaminata. Non c’è
dubbio che quanto si prende da una parte si mette dall’altra, ma come questi
fondi specifici siano stati stornati per poi essere utilizzati in un altro posto,
è tutto da verificare.
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Gli
Stati Uniti sono “commossi” dalle offerte di aiuto per
la crisi provocata dall’uragano Katrina
arrivate da tutto il mondo, compresa un’“offerta generosa” da parte dello Sri
Lanka, uno dei Paesi più colpiti dallo tsunami
di dicembre. E’ quanto sottolineato dal segretario di
Stato americano, Condoleezza Rice. Dal canto suo, il
segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ha offerto l’aiuto del Palazzo Vetro
al popolo americano “che – ha detto Annan – è sempre stato il più generoso nel
rispondere a disastri in altre parti del globo”. Su questa gara di solidarietà,
Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione del prof. Massimo Teodori, professore di storia degli Stati Uniti
all’Università di Perugia:
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R. – L’atteggiamento più
importante è quello dei vari Paesi dell’Unione Europea, i quali si sono mossi
in una certa misura anche loro, per dimostrare che non sono lontani dagli Stati
Uniti. Anche se gli osservatori americani – leggevo
oggi proprio sul New York Times – fanno notare che gli aiuti stanziati
dall’Europa, in particolare dalla Francia e dalla Germania, si sono, sì, mossi,
ma non con quella prontezza con la quale lo erano stati in altri disastri
internazionali. Quello che invece è rilevante ed importante è la mobilitazione
internazionale sul piano del petrolio: da parte dell’Ente internazionale del
petrolio sono state messe a disposizione degli Stati Uniti le riserve petrolifere,
perché quello è il centro grosso della crisi che può influire molto
sull’economia americana.
D. – Come osservatore da tanti
anni della politica e della società americana, cosa l’ha colpita di più di
questa crisi?
R. – C’è un aspetto, che poi è
un aspetto che è balzato agli occhi di tutti: il fatto
di rendersi conto che all’interno della società opulenta del Paese più ricco e
più potente del mondo, in realtà esiste un’area che è un’area di sottosviluppo,
di marginalità sociale, direi è l’aspetto che è apparso in maniera più evidente
non con il disastro naturale ma con l’incapacità di governare il disastro
stesso.
D. – Sono giuste, secondo lei,
le critiche mosse a Bush in questa circostanza?
R. – Ci sono due discorsi
diversi che bisogna distinguere per non fare di tutt’erba
un fascio. Innanzitutto, bisogna un po’ “mettere nella
spazzatura” i discorsi di quelli che hanno detto: “Vedete, la politica
ambientalista dell’amministra-zione Bush, che non ha firmato Kyoto, è quella
che provoca questo tipo di disastri”. Quello che vale la pena di dire, invece, è il fatto che in una struttura federale di un Paese come
gli Stati Uniti, quando le forze locali non ce la fanno, perché tutta la
protezione civile e tutta l’amministrazione degli interni riguarda
l’amministrazione dei diversi Stati, quindi il governatore e poi la città;
quando gli Stati non ce la fanno, quello che si è dimostrato è che non c’è una
struttura nazionale, cioè federale, da Washington, in grado di supplire quello
che i singoli Stati non riescono a fare. In realtà, è clamorosamente venuto
fuori che, nel momento in cui gli Stati non ce l’hanno
fatta con le loro forze, non è esistito il governo federale.
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SCATTI FOTOGRAFICI, TRA RICORDO E
TERAPIA:
I BAMBINI SCAMPATI ALLA STRAGE DI
BESLAN ESPONGONO LE LORO FOTO,
IN UNA MOSTRA ORGANIZZATA DALL’UNICEF
- Intervista con Giacomo Pirozzi -
“I bambini sono la cosa più preziosa del
mondo”: si intitola così la mostra fotografica
dell’UNICEF inaugurata nei giorni scorsi a Beslan, in
Ossezia, dove il 3 settembre dello scorso anno finì
in tragedia il sequestro dei terroristi ceceni in una scuola, con 330 morti,
tra cui 186 bambini. Le foto esposte nella mostra dell’UNICEF sono state
scattate dai bambini sopravvissuti alla strage. I piccoli fotografi hanno
seguito un laboratorio di fotografia, tenuto dal fotografo dell’agenzia ONU per
l’infanzia, Giacomo Pirozzi. Isabello Piro lo ha intervistato:
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R. – E’ cominciato come un
seminario basato sulle tecniche di fotografia, poi è diventato addirittura una
terapia per i ragazzi stessi, perché quando facevo vedere le
foto di tanti Paesi dove sono stato – immagini di bambini affetti da
AIDS o colpiti da altri problemi come lo tsunami – hanno comunque visto
che ci sono bambini, non solo in Ossezia, che
soffrono per differenti motivi.
D. – Come hanno reagito i
bambini davanti a queste immagini?
R. – Hanno scelto di tornare a
scuola. Per loro è stato importante tornare in quella scuola non più come
vittime di quella terribile situazione. Hanno deciso di andare al cimitero per
mostrare dove i loro amici e parenti sono sepolti ed hanno scelto di andare a
visitare alcune delle famiglie vittime della tragedia. Hanno anche chiesto che
io mostrassi le fotografie da me fatte l’anno scorso, quando sono stato a Beslan. C’è stato un silenzio incredibile in sala quando hanno visto le foto.
D. – E,
a loro volta, i bambini che cosa hanno scelto di fotografare?
R. – Hanno fotografato dei
corridoi della vecchia scuola e poi i corridoi della nuova scuola. Poi immagini
di madri con i loro figli, di bambini che giocano. E’ stato un vero reportage
su come vive Beslan, oggi, attraverso gli occhi dei
bambini.
D. – Qual è la foto che l’ha
emozionata di più?
R. –
L’immagine di un fiore che sboccia. E’ un messaggio bello, pieno
di vita.
D. – Come sono state scelte le
immagini da esporre?
R. – Abbiamo diviso le immagini
in gruppi. Un occhio al passato, a ciò che è successo, alle famiglie come
stanno ora, poi questo messaggio di gioia e di speranza.
D. - Cosa è
cambiato nelle famiglie dopo la tragedia di Beslan?
R. – Il mondo degli adulti
continua a vivere questa tragedia in modo molto più
forte. I genitori nei confronti dei bambini hanno un senso di
paura, non vogliono lasciarli per nessun motivo.
D. – Secondo lei, cosa ci
vogliono dire questi piccoli fotografi attraverso i loro scatti?
R. – Che i bambini di Beslan stanno continuando a vivere e hanno voglia di continuare
a vivere.
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LA STORIA DI GIOVANNI PAOLO II RIVISITATA IN UN
MELODRAMMA
DA ADRIANO BASSI:
LA PRIMA RAPPRESENTAZIONE STASERA AD INTROD, IN
VALLE D’AOSTA,
SEDE DI NUMEROSI SOGGIORNI ESTIVI DEL PONTEFICE
SCOMPARSO
Questa sera alle 21, al teatro
di Villeneuve in Valle d’Aosta, a due passi da Introd, la località scelta da Papa Wojtyla per le sue vacanze,
verrà rappresentata l’opera in un atto dal titolo
“Giovanni Paolo II”. L’opera, un melodramma in cui gli attori cantano e narrano
le tappe più significative dell’esistenza del Santo
Padre, rappresenta una novità assoluta nel suo genere. All’appuntamento saranno
presenti oltre al vescovo di Aosta, mons. Giuseppe Anfossi, anche diverse autorità. Il servizio di Eugenio Bonanata.
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Che un musicista dedichi un
componimento ad un grande personaggio del secolo è
cosa normale. Tuttavia, nessuno mai aveva pensato di rendere omaggio a Giovanni
Paolo II attraverso un melodramma. Ci ha pensato il maestro
Adriano Bassi che, come si suol dire, ha messo
in musica la vita del Santo Padre. Il compositore ci spiega così le caratteristiche
principali dell’opera:
“Ho cercato di non essere
eccessivamente moderno. Credo molto nella melodia. Credo molto nella
memorizzazione di vari temi che fanno parte di
quest’opera. Per me la gente deve ancora uscire da teatro canticchiando il tema
musicale”.
Dunque,
dall’infanzia di Karol al sacerdozio, dall’ascesa al soglio pontificio fino
all’attentato: tutto in un solo atto. Una
soluzione, questa, che soddisfa anche la richiesta di sintesi tipica del nostro
tempo. Ma in che modo lo spettatore verrà
proiettato in questa biografia? Ancora Adriano Bassi:
“Non poteva mancare in questo
percorso musicale anche l’immagine. Perciò verranno
proiettate delle diapositive che condurranno lo spettatore per mano
dall’inizio, con Wojtyla da bambino. Lo si vede nelle
fotografie scolastiche tradizionali e lo si vede operaio alla Solvay, vestito da operaio. Si rimane un po’ colpiti perché
si è abituati all’immagine del Papa, vestito di bianco: in questa circostanza,
invece, lo si vede scuro, quasi anonimo. Questo
cambiamento anche dell’itinerario visivo penso emozionerà sicuramente il
pubblico, perché oltre alla musica verranno mandate in
diffusione anche il momento della guerra, gli spari e oltre a quello anche il
momento dell’investitura di Giovanni Paolo II, quando si affaccia al balcone di
San Pietro e parla di sé come il Papa che viene da lontano con voce emozionata
che ormai appartiene alla storia. E ancora, il momento
dell’attentato fino alla conclusione”.
Cornice della rappresentazione è
la Valle d’Aosta, una terra tanto cara a Giovanni Paolo II. Mons.
Giuseppe Anfossi, vescovo di Aosta,
ci illustra il significato di quest’opera per la comunità locale:
“Per noi ha un significato di
vicinanza affettiva perché è venuto 11 volte, 10 volte
per riposarsi. Quindi, la gente che in Valle d’Aosta
ama il canto, ama la musica, esprime la sua riconoscenza attraverso diverse
iniziative e questa è una, che ha la caratteristica di fare riferimento ad un
Papa molto amato. La partecipazione coinvolge anche le persone che abitano
intorno a questo luogo che il Papa ha frequentato per il suo riposo”.
Il prossimo passo è la
pubblicazione dell’opera che verrà distribuita in
tutto il mondo.
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Domani 4 settembre, 23.ma Domenica del Tempo ordinario,
la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù
parla della necessità della
correzione fraterna e dei modi in cui deve svolgersi, affinché sia sempre
conservata l’unità dei fratelli nel suo nome. Quindi
Gesù aggiunge:
“In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si
accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la
concederà. Perché dove
sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”.
Su questo brano evangelico
ascoltiamo il commento del teologo gesuita, padre Marko
Ivan Rupnik:
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La correzione fraterna è stata praticamente una delle prime forme dell’esame di coscienza.
La Chiesa diventa la voce della coscienza e la comunione con gli altri diventa
esperienza di essere fratelli, figli dello stesso
Padre. Si può ammonire il fratello quando l’amore è
così reale da far sentire che la vita dell’uno è legata alla vita dell’altro.
Gli antichi monaci insegnano che questo è un gesto di carità e si può farlo quando il cuore non serba alcun rancore né rabbia, né
superbia. La carità crea la comunione, anzi la carità
è comunione e il nostro Dio è la comunione delle Santissime Persone del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo. Dovunque si realizza
la comunione delle persone, Dio ha messo la sua dimora. Quando
due o tre persone uniscono la voce nella preghiera, hanno superato l’egoismo
con i suoi interessi piccini e domandano ciò che giova anche agli altri. Tale
preghiera è esaudita perché è fatta già secondo Dio.
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3 settembre 2005
CONSACRATO IERI VESCOVO DI KUWAIT CITY, IL VICARIO APOSTOLICO
DEL PAESE ARABO. A PRESIEDERE LA CERIMONIA DI
CONSACRAZIONE,
IL CARDINALE CRESCENZIO SEPE
KUWAIT CITY.
= È stato consacrato vescovo ieri a Kuwait City il vicario apostolico di dello
Stato arabo, Camillo Ballin. La celebrazione è stata
presieduta dal prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione
dei Popoli, il cardinale Crescenzio Sepe. Nominato vicario apostolico di Kuwait
City il 14 luglio scorso, mons. Ballin è un padre
comboniano. Originario di Fontanaviva, in provincia
di Padova, nella diocesi di Vicenza, è direttore del Centro di Studi arabi e
islamici “Dar Comboni” al Cairo. È stato parroco nella capitale egiziana e
missionario a Khartoum, in Sudan, dove ha iniziato un progetto di formazione
per gli insegnanti di religione cattolica. “Il vescovo è in mezzo alla sua
Chiesa sentinella vigile, profeta coraggioso, testimone credibile e servo
fedele di Cristo – ha detto il cardinale Sepe nella sua omelia – chiamato a far
fiorire nella Chiesa frutti maturi di comunione”. “In un mondo pervaso di individualismo – ha proseguito Sepe – la Chiesa deve
splendere come faro di comunione, di fraternità e di pace. Occorrerà perciò promuovere,
anche in questa comunità di Kuwait City, ricca di nazionalità, lingue, culture
e riti, la spiritualità della comunione, la quale va costruita giorno dopo
giorno, nell’amore e nella verità, coscienti che la verità senza amore genera
conflitti e divisioni, e l’amore senza verità produce
falsità”. Il vicariato apostolico del Kuwait conta 2.650.000 abitanti, di cui
158.500 cattolici, distribuiti in 4 parrocchie con 10 sacerdoti (2 diocesani ed
8 religiosi) e 13 religiose. (T.C.)
INDONESIA: CHIUSURA FORZATA DEI LUOGHI DI CULTO
CRISTIANI.
LA DECISIONE DEL GOVERNO CONDANNATA DAI CAPI
RELIGIOSI ISLAMICI
GIAKARTA. = Il Governo decide la
chiusura di una decina di chiese a Giava e il
Consiglio indonesiano degli Ulema (MUI) condanna il
provvedimento. Lo riferisce l’agenzia Misna che
riporta la dichiarazione del capo del Mui, Umar Shihab, che ritiene la
chiusura dei luoghi di culto cristiani una forma di violenza. Shihab ha sottolineato che la sua
organizzazione, composta da studiosi dell’Islam e della sharia, “non
tollera questi comportamenti arbitrari. È chiaramente scritto nel Corano – ha
proseguito – che l’Islam non permette né tollera azioni violente”. Shihab ha parlato nel corso di una udienza
presso la Commissione per le questioni religiose, sociali e femminili della
Camera dei rappresentanti. Anche il vicepresidente
indonesiano, Jusuf Kalla,
ha condannato le chiusure forzate degli edifici religiosi ed ha suggerito alla
polizia di intraprendere azioni legali contro i vari gruppi colpevoli dei
reati. (T.C.)
SRI LANKA: MAGGIORE IMPEGNO DELLA CHIESA CATTOLICA
PER FAVORIRE I NEGOZIATI DI PACE FRA GOVERNO E
GRUPPI DI RIBELLI TAMIL
COLOMBO.
= La Chiesa cattolica moltiplica gli sforzi per mantenere la pace e far progredire
il cammino di avvicinamento verso i negoziati tra
gruppi di ribelli tamil e governo dello Sri Lanka. Lo
scrive l’agenzia Fides. Uno dei settori in cui l’impegno delle comunità
cattoliche si sta avvertendo in modo particolare è
quello della distribuzione degli aiuti dopo lo tsunami
del 26 dicembre 2004. In un primo momento, il disastro aveva aumentato le
speranze di un riavvicinamento tra le parti, ma negli ultimi mesi le accuse di
discriminazione nella distribuzione degli aiuti ha
creato forti tensioni. La divisione virtuale del Paese fra aree sotto controllo
del governo e quelle dove domina il Liberation Tigers of Tamil
Eelam (LTTE) complica la regolare distribuzione degli
aiuti. Sacerdoti, religiosi e volontari laici cattolici, sotto l’egida della
Caritas Sri Lanka, stanno operando con grande impegno, mantenendo i criteri di
massima equità, giustizia e trasparenza nella distribuzione degli aiuti e nel
lavoro di ricostruzione che è in corso. Il 24 giugno il governo dello Sri Lanka
aveva concluso con l’LTTE un accordo sulla
distribuzione dei fondi per lo tsunami, ma uno
dei partiti oltranzisti nella coalizione di governo, il Jvp,
ha portato l’accordo in tribunale. Il 15 luglio, la Corte Suprema ha sospeso
l'accordo fino al suo pronunciamento, atteso in settembre. “Nonostante i significativi progressi degli ultimi tre anni, lo Sri Lanka
si trova a un bivio”, ha dichiarato all’agenzia Fides il gesuita p. Vinny Joseph, direttore del Jesuit
Refugees Service in Sri
Lanka. “La sospensione dei colloqui di pace e i recenti scontri tra i gruppi di
ribelli tamil hanno messo a rischio la tregua – ha
precisato il sacerdote – i negoziati sono in stallo e la pace è in pericolo”.
Il quadro politico si è anche complicato a causa dell’assassinio del ministro
degli Esteri del Paese, Lakshman Kadirgamar,
in seguito al quale la presidente Chandrika
Kumaratunga ha dichiarato lo stato di emergenza. Il
fronte tamil ha comunque
escluso di voler tornare alla lotta armata. La guerriglia contro il governo di
Colombo, durata oltre vent’anni, ha prodotto 60.000 morti. Nel 2002, le parti
hanno firmato una tregua, ma si attende ancora la stesura di un vero e proprio
accordo di pace. (T.C.)
IN UN DOCUMENTO DEI VESCOVI DEL KENYA, LE
OSSERVAZIONI
SUL
TESTO DELLA NUOVA COSTITUZIONE CHE SARÀ SOTTOPOSTO A REFERENDUM
NAIROBI. = I vescovi kenioti, riuniti nei giorni
scorsi in sessione plenaria straor-dinaria nel seminario di San Tommaso
d'Aquino a Nairobi, dopo aver studiato alcuni punti riguardanti la proposta
della nuova Costituzione del Kenya, hanno indirizzato un messaggio a tutte le
persone di buona volontà nel Paese. La nuova Costituzione, il cui testo sarà sottoposto a referendum a novembre, ha suscitato
forti riserve tra i cristiani, soprattutto nella parte in cui riconosce la
legge islamica (sharia) nelle dispute familiari o religiose. A sostegno
delle loro preoccupazioni, i presuli hanno ricordato l’esperienza negativa del
Sudan e del nord della Nigeria. I 29 vescovi kenioti che si sono incontrati a
Nairobi hanno stilato una dichiarazione in cui si legge che la bozza per la nuova Costituzione non può
essere sottoposta a referendum, perché l'Assemblea che l'ha redatta non è
un'Assemblea costituente, dato che i suoi membri non sono stati eletti
direttamente dal popolo. È stata comunque sottolineata
la necessità che tutti i cittadini siano bene informati con una formazione
civica in modo da poter prendere una decisione responsabile. Infine, i presuli
invitano il popolo del Kenya a recarsi alle urne per il referendum. (T.C.)
PRIMO MESE DI VITA PER L’OSPEDALE CATTOLICO
INTERNAZIONALE DI RASON,
IN NORD COREA. È GESTITO DAI
BENEDETTINI E SOSTENUTO
DALL’EPISCOPATO DELLA COREA DEL SUD
RASON. = L'Ospedale internazionale di
Rason, nella provincia nordcoreana
di Hamgyeongbuk-do, prima struttura
sanitaria cattolica ad essere stata inaugurata, il mese scorso nella Corea
comunista, festeggia il suo primo mese di attività. Lo ricorda l’agenzia Asianews. L’Ospedale del Popolo della Città di Rason è costituita da 3 piani e si
estende su un’area di 8 mila metri quadrati. L’intero complesso copre 2 ettari
e mezzo. I posti letto sono 100. Il personale conta,
tra medici, paramedici ed infermieri, 80 elementi. La costruzione dell’ospedale
è il frutto della cooperazione tra la Congregazione Benedettina tedesca di
Sant’Ottilio e la Cooperazione internazionale del Servizio Medico Cattolico
(ICCMS), sostenuta dall’episcopato della Corea del Sud. Il progetto è stato varato nel 1994, quando l’arciabate, Notker
Werner Wolf, eletto nel
2000 abate primate della Confederazione Benedettina, ha fatto visita
alla capitale Pyongyang. La prima pietra è stata posta nel
1997, la costruzione è iniziata due anni dopo. “L’ospedale, in quanto
tale, non è un’istituzione cattolica - spiega l’abate primate - ma una
donazione ed è gestito da dottori e da infermiere nordcoreani".
Spiegando il significato della presenza di un ospedale cattolico nella Corea
del Nord comunista, padre Wolf ha detto
che esso è “il segno che i fedeli cattolici sono obbligati a servire i poveri e
coloro che sono nel bisogno al di là del sistema politico”. “I nostri affari non
sono politici, sono l'amore per la gente”, ha detto il religioso. (T.C.)
FRIULANI,
CARINZIANI E SLOVENI INSIEME PER IL “PELLEGRINAGGIO DEI TRE POPOLI”.
A GUIDARLO I PRESULI DI DIVERSE
DIOCESI
UDINE. = Un
pellegrinaggio che coinvolge friulani, carinziani e
sloveni. Divisi dalla storia, oggi sono riuniti nella preghiera a Monte Santo (Sveta Gora), sotto
la guida di mons. Pietro Brollo, arcivescovo di
Udine, di mons. Alojzij Uran,
arcivescovo di Lubiana (Slovenia), e di mons. Aloiz Schwarz, vescovo di Gurk
(Austria). Il “Pellegrinaggio dei tre popoli” è stato ideato nei primi anni
Ottanta dall’allora arcivescovo di Udine, mons.
Alfredo Battisti, ed è stato accolto con entusiasmo dai pastori delle Chiese
sorelle di Gurk-Klagenfurt e di Lubiana. Scopo dell’iniziativa, riunire ogni anno in un santuario mariano
delle tre regioni i friulani, i carinziani e gli
sloveni per pregare per la pace, la fratellanza e la solidarietà di
genti accomunate dalle stesse radici, divise però dalle tragedie della storia.
“Correvano anni difficili – ricorda Ezio Gosgnach,
direttore de “La Vita Cattolica”, settimanale del Friuli
– Solo l’Italia faceva parte della Comunità Europea, all’Austria il Trattato di
pace impediva l’ingresso, la Slovenia era prigioniera del regime comunista
jugoslavo. Immaginare in quei tempi i tre popoli insieme appariva
come la più assurda delle utopie. E invece
un’incrollabile speranza e la forza della preghiera hanno compiuto il
miracolo”. (T.C.)
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3
settembre 2005
-
A cura di Roberta Gisotti -
Sarebbero stati identificati in
Egitto grazie al test del DNA gli autori suicidi degli attentati del 23 luglio
scorso a Sharm el Sheikh,
sul Mar Rosso, costati la vita a 64 persone. Lo riferisce oggi il giornale
governativo al Ahram. Si
tratta di Mohamed Hamad, Mohamed Ouda Said,
e Moussa Ghioneim,
appartenenti ad una cellula terroristica che non avrebbe legami con l'estero,
guidata da un estremista religioso locale, ora in stato di arresto
insieme ad altre 28 imputati, fra cui alcuni accusati degli attentati di Taba,
nei quali lo scorso ottobre sono morte 34 persone.
Il processo a Saddam Hussein
inizierà il 19 ottobre, pochi giorni dopo il referendum sulla Costituzione,
previsto per il 15. Arrestato il 13 dicembre del 2003, l’ex presidente iracheno
dovrà rispondere delle accuse di crimini di guerra e contro
l’umanità commessi nei 35 anni del regime. Sul fronte di guerra intanto
almeno 9 membri delle Forze dell’ordine irachene sono morte
oggi in due attentati a nord di Baghdad, mentre una bomba è esplosa nei pressi
di Kirkuk, distruggendo un tratto dell’oleodotto
diretto verso la Turchia.
I corpi ritrovati giovedì sera
nel sud dell’Afghanistan sono quelli dei due turisti giapponesi scomparsi da un
mese. La conferma è arrivata stamane. E sarebbero
state uccise anche le cinque persone rapite ieri sempre nel sud del Paese da
miliziani Talebani. Tra le vittime, il capo del governo del distretto di Ghorak e
un candidato della provincia di Kandahar. La
notizia dell’esecuzione è stata diffusa dal commando dei rapitori. Cresce intanto
la tensione nel Paese in vista delle elezioni del 18 settembre.
La Banca
d’Italia sarà riformata, ma gli effetti della riforma avranno effetto solo dal prossimo Governatore. Lo ha deciso ieri il
governo di Roma. Il provvedimento in discussione da tempo ha subìto un’accelerazione dopo le polemiche che hanno
investito l’attuale Governatore dell’Istituto centrale, Antonio Fazio, a
proposito dei tentativi di scalata finanziaria di alcuni
gruppi bancari. Vicenda controversa che è rimbalzata anche in
sede europea. Il servizio di Giampiero Guadagni:
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Collegialità nelle decisioni e
mandato a termine per il Governatore. Sette anni non rinnovabili. Sono questi i
cardini della riforma della Banca d’Italia, approvata ieri dal Governo. La
proprietà di Banca Italia passerà gradualmente ma interamente allo Stato e agli
Enti pubblici. Soddisfatto il premier Berlusconi che auspica il voto favorevole
dell’opposizione ma il centro sinistra definisce la
riforma l’ennesima occasione mancata. Consenso solo per l’introduzione del
mandato a termine del Governatore, ma è ancora scontro sulla persona di Fazio
le cui dimissioni vengono chieste a gran voce
dall’opposizione dopo il caso delle intercettazioni telefoniche legate alla
scalata di Antonveneta. Per il ministro
dell’Economia, Siniscalco, la riforma è in linea con gli statuti della Banca
Centrale Europea, e Bruxelles fa sapere che la vicenda viene
continuamente monitorata.
Per la Radio Vaticana, Giampiero
Guadagni.
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E proprio dall’Italia -
dove ieri a Roma ha incontrato il presidente del Consiglio Berlusconi - il
premier turco Erdogan ha commentato gli esiti del
Vertice europeo, chiusosi a New Port in Galles e
dedicato in gran parte all’ingresso di Ankara nell’Unione.
“Se i nostri amici europei non ci aiuteranno, per noi le difficoltà saranno
maggiori”, ha dichiarato Erdogan sottolineando che solo quando la
Turchia avrà raggiunto il suo posto in Europa vi sarà un Unione piena di
“culture” e di “valori”. Ottimista sull’avvio del negoziato per l’adesione,
previsto il 3 ottobre, si è detto il ministro degli Esteri turco, Gul. Ma la questione spinosa rimasta irrisolta a New Port è il mancato riconoscimento della Repubblica di Cipro
da parte di Ankara.
La ripresa delle attività nucleari dell’Iran - confermata ieri a Vienna
dal capo dell’Agenzia internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), el Baradei – ha suscitato una dura reazione dell’Unione
Europea, che ha minacciato di deferire la Repubblica Islamica al Consiglio di
Sicurezza dell’ONU. Ma l’Iran ha ribattuto che “le
critiche al programma nucleare nazionale hanno motivazioni politiche”.
Dopo le violenze dei mesi scorsi il Nepal vede la pace. Con una mossa a sorpresa il
leader dei ribelli maoisti, Prachanda, ha annunciato
stamane un cessate il fuoco unilaterale per tre mesi.
Il servizio è di Maria Grazia Coggiola:
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L’Esercito di liberazione del
popolo, il movimento dei guerriglieri che da 9 anni guida la rivolta contro la
monarchia nepalese, rimarrà in posizione difensiva, come si legge in un
comunicato inviato via fax. Prachanda, ‘primula rossa’ dei maoisti, ha
detto che il cessate-il-fuoco dovrebbe incoraggiare tutte le forze, dentro e
fuori il Nepal, che vogliono la pace a trovare una soluzione politica al
conflitto. Dopo la controversa presa del potere del re Gyanendra
e i falliti tentativi di dialogo con i ribelli, sembra quindi riaprirsi uno
spiraglio per superare la profonda crisi politica in cui ormai da anni si trova
il Regno himalayano. Era da qualche mese che i
maggiori Partiti nepalesi, esautorati dalla monarchia, cercavano
l’avvicinamento con i ribelli per creare un fronte comune. La condizione, però,
era che i maoisti rinunciassero alla violenza. Quando re Gyanendra
lo scorso febbraio ha esautorato il governo del premier Deuba
e instaurato di fatto una monarchia assoluta, 6
Partiti dell’opposizione hanno formato un fronte comune di protesta con
l’intenzione di coinvolgere anche i maoisti.
Da New
Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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Si è conclusa ieri la
visita di cinque giorni in Cina del commissario ONU per i diritti umani, Louise Arbour. L’inviata del
Palazzo di Vetro si è detta “cautamente ottimista” per i dialoghi avuti con
Pechino. Ma molte questioni restano ancora aperte,
come ci riferisce Bernardo Cervellera:
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Fra i pochi risultati raggiunti
vi è un accordo con cui la Cina accetta di ratificare
presto la Convenzione ONU sui diritti civili e politici. Pechino ha già firmato
nel ’98 la Convenzione ma fin ora non l’ha ratificata
in Parlamento. Arbour però ha riaffermato che ogni
nazione, nel rispetto dei diritti umani, non può fare a modo suo
ma deve seguire criteri internazionali. Lo sviluppo economico della Cina impone ormai un riconoscimento più ampio dei diritti
umani. Il Commissario ONU ha chiesto anche informazioni sugli Uiguri del Xinjiang
che chiedono autonomia e sono perseguiti come terroristi; sul Tibet, dove la
colonizzazione cinese sta distruggendo la cultura e il popolo tibetano sulla libertà religiosa concessa con il contagocce.
Arbour ha anche cercato, ma inutilmente, di riformare
il ‘laogai’, cioè i quattro
anni di lavori forzati che la Polizia può comminare senza processo e l’uso
sconsiderato della pena di morte.
Per la Radio Vaticana, Bernardo Cervelliera
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Cina
flagellata dal maltempo. Almeno 42 le vittime del tifone Talim, che ha investito la costa
orientale e si sta ora spostando, con minore intensità, verso l'interno del
Paese. I danni causati, secondo le autorità, ammontano ad oltre 421 milioni di
dollari. Nella provincia dello Zhejinag si contano
almeno 11 mila case distrutte. Circa 700 mila i residenti
delle regioni costiere evacuati. Dall'inizio del 2005, 1.024 persone
sono rimaste uccise per le violente piogge in Cina.
Ucciso in Algeria il sindaco di Ammal, nei pressi della
capitale L’omicidio per mano di un gruppo di estremista islamico è avvenuto
giovedì scorso, ma la notizia è giunta solo oggi. Sempre giovedì, è invece
scampato ad un attentato il sindaco del vicino Ccomune di Uled Aissa. I fondamentalisti che operano in questa zona
appartengono al Gruppo Salafita per la Predicazione e
il Combattimento (GSPC), movimento affiliato ad al
Qaida, che si oppone al progetto di pacificazione del presidente Bouteflika.
Il
presidente della Nigeria Obasanjo, ha accettato l’apertura di un’inchiesta per corruzione
in cui sarebbe direttamente coinvolto. Un governatore del suo stesso partito lo
ha accusato di aver ricevuto tangenti
in cambio di concessioni petrolifere e aperto conti esteri illegali.
La Nigeria è considerato uno dei Paesi più corrotti del continente. La scorsa
settimana negli Stati Uniti è stata aperta un’inchiesta contro il vice
presidente nigeriano.
La
giustizia argentina ha acquisito prove inconfutabili sui “voli della morte”,
compiuti durante la dittatura militare per eliminare dissidenti e persone invise al
regime. Lo ha dichiarato ieri il giudice argentino Sergio Torres, che indaga su
diversi crimini contro l’umanità compiuti dai militari tra il 1976 e il 1983,
tra cui il sequestro e la scomparsa di due suore francesi. Nessuno sa con
esattezza quante persone furono gettate nell’Oceano dagli aerei militari. Lo
scorso anno un Tribunale spagnolo ha condannato a 640 anni di carcere un ex
comandante argentino che ha confessato di aver partecipato ai voli.
Il presidente
della Repubblica francese, Chirac è stato ricoverato ieri sera all'ospedale militare
di Val du Grace, e vi
resterà per una settimana per curare un “leggero disturbo alla vista”.
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