RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
244 - Testo della trasmissione di giovedì 1 settembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
“Specchio
magico”: è il film con cui entra nel vivo il Festival del Cinema di Venezia
CHIESA E SOCIETA’:
Esce
oggi in Francia il Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica
Concerto “Totus Tuus”
in memoria di Giovanni Paolo II il prossimo 8 settembre a Loreto
Ad Istanbul, storico
incontro tra i ministri degli Esteri di Israele e
Pakistan
La Cina ha celebrato oggi il
quarantesimo anniversario della creazione della “Regione Autonoma del Tibet”
1
settembre 2005
IL DOLORE DI BENEDETTO
XVI PER LA STRAGE DI SCIITI A BAGHDAD.
IN UN TELEGRAMMA AL NUNZIO IN IRAQ, MONS. FERNANDO
FILONI,
IL PAPA CHIEDE A TUTTI I CREDENTI DI COOPERARE PER
IL RITORNO
DELLA
CONCORDIA NELLA TRIBOLATA TERRA IRACHENA
- Con noi, mons. Fernando Filoni -
“Tutti i credenti nell’unico Dio
si uniscano nel deplorare ogni forma di violenza e cooperino per il ritorno
della concordia nella tribolata terra irachena”: e’
l’accorato appello di Benedetto XVI all’indomani della terribile strage di
pellegrini sciiti a Baghdad. In un telegramma a firma del cardinale segretario
di Stato, Angelo Sodano, indirizzato al nunzio apostolico in Iraq,
l’arcivescovo Fernando Filoni, il Papa esprime profondo dolore per la morte di
tanti innocenti, radunati per una cerimonia commemorativa presso la moschea
sciita di Al Kazimiyah.
Assieme al cordoglio e alla vicinanza spirituale ai famigliari delle vittime,
Benedetto XVI “assicura la sua preghiera perché finalmente si
instauri” in Iraq “un clima di riconciliazione e reciproca fiducia”. Per
la cronaca, il servizio di Eugenio Bonanata:
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Oggi in Iraq è il giorno del
lutto e del dolore. Le autorità continuano ad aggiornare il bilancio delle
vittime - 965 secondo gli ultimi dati - mentre la
capitale è attraversata da diversi cortei funebri. “Molti cadaveri sono ancora
nel fiume. Le imbarcazioni dei soccorsi sono al lavoro per
recuperarli”, afferma la polizia. E si intuisce
che il bilancio finale di questa tragedia sia destinato a salire. Sul luogo
della strage, il ponte al Aimah,
centinaia di persone stamani cercavano tra detriti, indumenti, scarpe e borse:
qualsiasi segnale, insomma, utile a capire la sorte toccata ai propri cari,
travolti dalla folla impazzita dopo che qualcuno aveva lanciato l’allarme
kamikaze. L’attentatore suicida non c'era, ma nel tentativo di scappare
centinaia di persone – già spaventate da un precedente
lancio di colpi di mortaio che aveva causato sette morti - sono cadute nel
fiume; altre si sono gettate volontariamente, altre ancora sono state
schiacciate nella calca. Molte famiglie, intanto, caricano le bare sul tetto
della propria macchina, e si dirigono verso la città santa sciita di Najaf, dove sorge uno dei più grandi cimiteri del mondo. La
televisione di Stato trasmette continuamente informazioni sulla tragedia, e
ricalca le polemiche sviluppatesi in seno al governo. Il ministro della Sanità
- vicino al leader radicale sciita Al Sadr - ha
chiesto le dimissioni dei suoi omologhi di Interno e
Difesa. Costoro affermano che le misure di sicurezza hanno funzionato: i pellegrini
in arrivo sul ponte venivano perquisiti e questo ha
creato una ressa. Ma il presidente Talabani
e il premier Jaafari hanno promesso di accertare
eventuali responsabilità e negligenze da parte degli apparati dello Stato.
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Sulla tragedia di Baghdad
ascoltiamo il nunzio in Iraq, Fernando Filoni, al microfono di
Andrea Sarubbi:
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R. – Per la popolazione è stato
uno shock e non solo per il mondo islamico, ma per i cristiani stessi. Il
Patriarca Delly a nome della
Conferenza episcopale e del Patriarcato Caldeo, che
rappresenta la maggioranza dei cristiani in Iraq, ha espresso tutta la nostra solidarietà.
Dunque noi, come cristiani, siamo molto vicini ai nostri fratelli musulmani:
c’è inoltre da dire che qui anzitutto sono tutti iracheni.
Anche se si è trattato di una tragedia legata a contingenze particolari (il
ponte che si rompe, la gente che corre e che scappa in preda al panico),
tuttavia questo non fa pensare che non vi siano dietro anche delle connivenze
politiche e quindi ancora delle divisioni, proprio lì dove la religione
dovrebbe essere elemento di unione.
D. – Il Papa nel telegramma
auspica una riconciliazione dell’Iraq. Lei vede margini per questa
riconciliazione?
R. – La nostra speranza è che la
riconciliazione parta da un cuore sincero, da una volontà politica
e da una volontà degli uomini. Bisogna ricostruire questo tessuto, perché altrimenti
tutto diventa difficile, per non dire impossibile.
D. – Come stanno vivendo i
cristiani queste divisioni in atto fra sciiti e sunniti?
R. – I cristiani condividono in
tutto e per tutto le preoccupazioni che vengono dalla
situazione generale del Paese. C’è poi la questione della Costituzione, ma qui
siamo ancora in un campo in cui le cose si stanno pian piano chiarendo: i cristiani
hanno ovviamente le loro preoccupazioni circa i loro diritti.
Noi auspichiamo che effettivamente quelli che sono i diritti di
ogni cittadino, al di là di ogni fede e di ogni confessione di
appartenenza, siano considerati i diritti fondamentali della persona sia sul
piano civile, sia sul piano politico, sia su quello religioso.
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IL 40.MO ANNIVERSARIO DELLA COSTITUZIONE CONCILIARE DEI
VERBUM,
CELEBRATA IN UN CONVEGNO
INTERNAZIONALE PROMOSSO
DAL PONTIFICIO CONSIGLIO
PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI.
MOMENTO CULMINANTE
DELL’INCONTRO, IN PROGRAMMA
DAL 14 AL 18 SETTEMBRE, L’UDIENZA DEI
PARTECIPANTI CON BENEDETTO XVI
Più di 400 partecipanti di 98 paesi, tra i quali un centinaio di vescovi,
si incontreranno a Roma dal 14 al 18 settembre per un
convegno biblico internazionale sul tema “La Sacra Scrittura nella vita della
Chiesa”.
L’incontro, organizzato per commemorare il 40.mo anniversario della
promulgazione della Costituzione conciliare Dei
Verbum, è patrocinato dalla Federazione biblica
cattolica e dal Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani. I partecipanti
al simposio saranno ricevuti in udienza da Benedetto XVI. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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La riaffermazione del ruolo
centrale della Bibbia nella Chiesa e per il mondo: questa una delle innovazioni
più significative del Concilio Vaticano II. Decisiva
per tale riaffermazione è la Dei Verbum,
Costituzione sulla Rivelazione, approvata il 18 novembre del 1965, poco prima
della chiusura del Vaticano II, dopo lunghi anni di preparazione e discussioni.
Per celebrare il 40.mo anniversario della promulgazione del documento, il
Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, presieduto dal cardinale Walter
Kasper, e la Federazione Biblica cattolica hanno organizzato un convegno internazionale. Dal 14 al 18
settembre, all’”Aurelia Convention
Center” di Roma, 400 partecipanti tra cui numerosi cardinali e vescovi, si confronteranno
sulla pastorale biblica.
E’ prevista inoltre la
partecipazione di rappresentanti di altre Chiese e comunità
ecclesiali e anche di altre religioni. Fra i principali relatori del convegno il cardinale
Walter Kasper, il cardinale Carlo Maria Martini, e
l’arcivescovo di Abuja, John Onaiyekan,
ai quali si affiancheranno più di 50 specialisti di fama internazionale. Tanti
i temi che verranno affrontati, dal dialogo ecumenico
al problema crescente del fondamentalismo. Il momento culminante del convegno
sarà la celebrazione liturgica nella Basilica di San Pietro, nella mattinata di
venerdì 16, a cui seguirà un’udienza privata con Benedetto XVI. Proprio
l’allora professore di Teologia Fondamentale e Dogmatica, Joseph Ratzinger,
intervenne attivamente nelle discussioni preparatorie della Dei Verbum, in qualità di
consigliere teologico del cardinale Frings, allora
arcivescovo di Colonia.
Il convegno, che sarà affiancato
da una mostra, offrirà dunque l’occasione di discutere problemi e sfide
fondamentali che devono essere affrontati nel mondo di oggi
con una pastorale biblicamente ispirata che prenda in considerazione il contesto
ecclesiale, il dialogo ecumenico e con le varie culture e religioni.
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UDIENZE
E NOMINE
Benedetto
XVI ha ricevuto stamani in udienza, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo,
un gruppo di vescovi del Messico al termine della visita ad
Limina.
In India, il Papa ha accettato la rinuncia al governo
pastorale della diocesi di Sivagangai, presentata da
mons. Edward Francis, per sopraggiunti limiti d’età. Il Pontefice ha chiamato a
succedergli mons. Jebamalai Susaimanickam,
coadiutore della medesima diocesi.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
In prima pagina: Il cordoglio del Santo Padre per
la tragedia alla moschea sciita di Al Kazimiyah a Baghdad, nel telegramma a firma del cardinale
Angelo Sodano, segretario di Stato, inviato al nunzio apostolico in Iraq,
arcivescovo Fernando Filoni.
“Baghdad piange le vittime del suo giorno più
cupo”: lutto e inquietudine dopo la deliberata violenza che ha ucciso mille
persone.
Centinaia di morti a New
Orleans; annunciato lo sgombero totale della città.
Servizio vaticano – Un convegno
a Niepokalanóv sulla fecondità spirituale di San Massimiliano
Kolbe. L’eredità
spirituale della XX Giornata Mondiale della Gioventù.
Servizio estero – Medio Oriente:
avvicinamento diplomatico tra Israele e Pakistan dopo l’incontro a Istanbul tra il Ministro degli Esteri pakistano, Kursheed Kasuri, e il Capo della
diplomazia israeliana Silvan Shalom.
Servizio culturale – Un articolo
di Marco Testi sul recente saggio di Marino Freschi dedicato
all’opera e al pensiero di Thomas Mann.
Servizio italiano – Al centro dell’attenzione la bozza di riforma della Banca
d’Italia e i temi del lavoro e del commercio.
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1 settembre 2005
Il sud degli Stati Uniti ancora in ginocchio per l’uragano Katrina. L’inondazione nella città di New Orleans si è stabilizzata
ma sarebbero centinaia, forse migliaia LE VITTIME
-
Intervista con Andrea Buzzi -
Il passaggio dell’uragano Katrina
potrebbe passare alla storia come la più disastrosa catastrofe mai avvenuta nel
Paese americano. L’inondazione nella città di New Orleans si è stabilizzata ma sarebbero centinaia, forse migliaia, i cadaveri
da raccogliere nell’acqua melmosa. Intanto, diversi Paesi, da Germania a
Francia, offrono il proprio aiuto all’amministrazione americana per soccorrere
le popolazioni colpite. In un messaggio alla nazione, il presidente americano Bush avverte: “Per la ricostruzione ci vorranno anni”. Il
servizio di Paolo Mastrolilli:
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Il sindaco di New Orleans ha detto
che i cadaveri in putrefazione rischiano di provocare un’emergenza sanitaria.
Questa è la ragione per cui il governatore della Louisiana ha ordinato
l’evacuazione completa della città. L’esodo è cominciato con quasi 30 mila
sfollati dallo stadio Superdome, che verranno
trasferiti a Houston. Nelle strade continuano i saccheggi, nonostante la legge
marziale e in certi quartieri regna l’anarchia. Secondo la protezione civile il flusso dell’acqua si sta stabilizzando, perché
ormai il livello ha raggiunto quello del vicino Lago Pontchartrain.
Il Genio Militare non è ancora riuscito a riparare la falla di 60 metri che si
è aperta in uno degli argini. Il sindaco sostiene che ci vorranno fra tre e sei
mesi prima che gli abitanti potranno tornare a New
Orleans. In questa situazione di emergenza il
Pentagono ha preso il controllo dei soccorsi, inviando davanti alle coste delle
regioni colpite quattro navi da guerra, più una nave ospedale. La Croce Rossa
americana ha detto di aver avviato la più grande operazione
di assistenza nella storia degli Stati Uniti per un solo disastro naturale.
Per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Ed un altro violento tifone ha colpito, stamattina,
le coste meridionali di Taiwan: il bilancio provvisorio è di un morto e 24
feriti. Ma è possibile prevedere in anticipo fenomeni
come questi? Risponde Andrea
Buzzi, meteorologo del CNR, intervistato da Debora Donnini:
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R. - Fenomeni più violenti, come gli uragani, ma anche
quelli di scala più piccola come le alluvioni e i tornado a maggior ragione,
sono prevedibili con pochissimo tempo di anticipo. Diciamo che negli ultimi dieci anni i modelli metereologici sono stati in grado di affinare la previsione
di uragani di qualche giorno, ma soltanto in linea di massima. Si riesce in
qualche modo a vedere come si forma un uragano ma è
molto difficile prevederne i dettagli di intensità e di percorso. Ad esempio la
traiettoria dell’uragano Katrina si è spostata di circa 50 chilometri più a est rispetto a quanto si prevedeva soltanto 12 ore prima.
Questo ha prodotto una struttura spaziale dei danni abbastanza diversa da
quella prevista un giorno prima. Si stanno perfezionando
i metodi di osservazione e i metodi di previsione,
però non sono ancora del tutto soddisfacenti, come si è visto dalla cronaca di
questi giorni. In questo gli Stati Uniti sono sicuramente all’avanguardia,
anche perché sono il maggior Paese industriale che viene
colpito, assieme forse al Giappone, da uragani.
D. – In
questo periodo dell’anno, nella zona caraibica, nel
sud degli Stati Uniti, ci sono sempre uragani. Si stanno intensificando, oppure
è un fenomeno normale?
R. –
C’è una controversia, anche in ambito scientifico, su questo. Sembra ci sia un
aumento di intensità negli ultimissimi anni, però
questi dati non sono ancora del tutto esenti da discussione, perché il periodo
in cui si è fatta una valutazione di queste quantità è tutto sommato abbastanza
breve, non va oltre gli ultimi 40-50 anni.
D. -
Gli scienziati sono divisi anche sulla reale influenza dell’effetto serra sul-l’intensificarsi degli urgani?
R. –
Sì, c’è una discussione in corso. E’ chiaro che, poiché gli uragani traggono la
loro energia proprio dalla evaporazione dell’acqua
dell’Oceano, è ragionevole che più il mare si scaldi nella superficie, più sia
facile la formazione di uragani. Oltre all’osservazione sia
di un aumento di temperatura degli oceani tropicali, sia di un leggero aumento
della frequenza degli uragani, c’è anche una teoria a supporto di questo
legame.
D. –
Qual è la sua idea?
R. – La
mia idea è che stiamo attraversando un periodo di transizione probabilmente da
un clima così come lo abbiamo conosciuto ad un nuovo clima, che risente sicuramente
degli effetti antropici come il rilascio di gas serra e probabilmente gli
uragani sono un riflesso, nella loro manifestazione di questo cambiamento.
D. –
Pensa sia difficile attribuire questo a cause umane, perché grandi cambiamenti
climatici il pianeta li ha subiti anche prima?
R. - E’ senz’altro vero,
soprattutto per quanto riguarda fenomeni di particolare intensità di cui non si
ha una conoscenza della frequenza e dell’incidenza nei periodi passati se non
attraverso dati indiretti come la misura dei sedimenti marini nelle zone costiere.
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LA
RUSSIA RICORDA L’ATTENTATO DI BESLAN IN CUI, UN ANNO FA,
MORIRONO
OLTRE 300 PERSONE TRA CUI 186 BAMBINI.
ANCORA
MOLTI GLI INTERROGATIVI SULLE DINAMICHE DELLA TRAGEDIA
-
Intervista con Vittorio Strada -
La
Russia si ferma per ricordare le vittime della strage di Beslan.
Un anno fa 32
terroristi assaltavano una scuola nella cittadina caucasica
dell’Ossezia del nord sequestrando 1.200 persone. In cambio della loro liberazione, la richiesta di un ritiro
immediato dei russi dalla Cecenia. Ma il 3
settembre scatta il blitz delle forze speciali russe, che uccidono
31 terroristi e ne arrestano uno. Il bilancio finale dell’attentato è tragico:
362 morti di cui 186 bambini. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
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Il silenzio è rotto solo dal pianto, le
lacrime sono le stesse di un anno fa. Tutta Beslan
si è stretta questa mattina a partire dalle 8 locali
intorno alla sua scuola. La gente ha portato fiori, bottiglie d’acqua, candele.
Il dolore rimane indescrivibile. L’ausilio psicologico resta determinante.
Anche il cimitero, con il suo marmo di colore rosso,
era pieno di visitatori. Una quarantina di adulti ha
trovato conforto nella fede: recentemente sono stati battezzati. I mass media, tutti indistintamente, ricordano il dramma in
cui trovarono la morte 331 persone e 186 alunni. Alcuni settimanali ripropongono la propria ricostruzione; il nodo cruciale è
capire cosa abbia determinato lo scoppio della prima bomba e l’inizio del
blitz. Una rivista pubblica le foto di tutte le vittime della scuola. Scarsa
eco hanno invece avuto le parole del capo guerrigliero
Shamil Basayev, la
probabile mente dell’assalto, che ha indicato nei servizi segreti federali i
responsabili dell’assalto e di una trappola ideata per catturare i terroristi.
In tutta la Russia, oggi primo giorno di scuola: le misure di sicurezza sono
imponenti. Ovunque si è ricordata la tragedia con un minuto
di silenzio. “Il nostro scopo – ci ha detto Susanna Dudieva,
presidente del Comitato delle Madri di Beslan – è quello di riuscire ad ottenere un’inchiesta
obiettiva e giusta”. Ma le polemiche sono feroci e le
accuse taglienti: domani, incontro al Cremlino con il
presidente Putin.
Da Mosca, per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.
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Ad un
anno dal massacro sono ancora molti, quindi, i punti oscuri circa le dinamiche dell’attentato e del blitz finale effettuato dalle
forze speciali russe. Almeno tre inchieste ufficiali sono state avviate, senza
tuttavia giungere a risultati soddisfacenti. Restano ancora da accertare con
chiarezza le responsabilità del commando terrorista ma anche le negligenze delle
autorità russe. Andrea Cocco ne ha parlato con Vittorio Strada professore ordinario di Lingua e letteratura russa
all’Università di Venezia.
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R. – I punti oscuri sono ancora molti, la responsabilità
prima dei terroristi è indiscussa, ma permangono dubbi
sulle modalità con cui i terroristi si sono infiltrati, sono entrati ed hanno svolto
la loro azione, e sulla responsabilità anche delle reazioni della polizia
locale e delle autorità centrali federali russe. Tutto questo è un groviglio di
fatti che non è rimasto oscuro totalmente, ma
certamente ci sono punti oscuri sulla distribuzione delle responsabilità. Si
tratta di aspettare quindi i risultati ufficiali di queste inchieste, però
credo che il caso di Beslan resterà a lungo come uno
dei tanti irrisolti.
D. – Come si colloca l’episodio Beslan
nella politica russa, di lotta al terrorismo?
R. – E’ un fatto che ha lasciato e lascerà
il segno. Per esempio nella stampa russa di queste settimane è in corso una
polemica curiosa perché le autorità della città di Mosca hanno deciso di svolgere la festa grandiosa, che a Mosca si tiene annualmente
per la città, proprio il 3 settembre. Allora sulla stampa si legge come è possibile che il giorno in cui si piangono le vittime
di Beslan, a Mosca si festeggi? Che effetto ha avuto questo evento tragico sulla politica di Putin
nella lotta al terrorismo? Certamente resta all’ordine del giorno la lotta
contro il terrorismo. I successi non sono registrabili perché la questione cecena non è – come sappiamo tutti – risolta. Quindi la
potenzialità di altri atti terroristici resta e la
piaga cecena resta tuttora aperta.
D. – Torniamo un attimo alle dinamiche
della tragedia. Alcuni dei sopravvissuti parlano di terroristi ingusci e non solo ceceni, come
hanno più volte sottolineato le autorità russe. Cosa
cambierebbe nella interpretazione di Beslan?
R. – C’è una situazione che va al di là
della Cecenia e riguarda anche il Daghestan, l’Inguscezia tutte
quelle popolazioni che fanno da contorno al focolaio ribollente che è la Cecenia stessa. Quindi, la situazione è estremamente
esplosiva e pericolosa in quanto può dilagare. Tanto è vero che secondo un
recente sondaggio dell’opinione pubblica russa, per il 60 per cento della
popolazione dà come persa ormai l’area cecena e il
Nord del Caucaso.
D. – L’indipendentismo ceceno si
è sempre caratterizzato per la divisione profonda tra
moderati e ultra radicali. Dopo Beslan, però, il
massacro ha lasciato un segno. Come è cambiato
l’indipendentismo?
R. – Parlerei proprio di una stanchezza, da parte della
popolazione, di questo conflitto che ha causato decine di migliaia di morti
dall’una e dall’altra parte. Il moderato era Maskhadov,
che è stato eliminato, e quindi non c’è più un
referente portatore di una politica in qualche modo moderata tra gli
oppositori, tra gli indipendentisti, tra i guerriglieri terroristi. La situazione
si è incancrenita e non si vede una qualche possibilità di una soluzione
politica a breve termine.
*********
I
MINISTRI DEGLI ESTERI DELL’UNIONE EUROPEA RIUNITI OGGI
A NEWPORT,
IN GALLES,
IN VISTA DELL’AVVIO DEI NEGOZIATI FORMALI, IL 3 OTTOBRE PROSSIMO,
PER IL
PROCESSO DI ADESIONE DELLA TURCHIA ALL’UE
-
Intervista con l’on. Luigi Cocilovo
-
In vista dell’avvio, il 3 ottobre prossimo, dei negoziati
formali per il processo di adesione della Turchia
all’Unione Europea, i ministri degli Esteri dell’UE sono riuniti oggi a
Newport, in Galles, per un incontro informale. Il meeting è stato preceduto,
ieri, dalle forti dichiarazioni del capogruppo del Partito Popolare Europeo
all’Europarlamento, Hans Gert
Poettering: da Bruxelles ha sottolineato
la necessità di essere “onesti” con Ankara valutando, oltre alla possibilità
dell’adesione, “altre forme di partenariato”. Ma come
definire in questo momento lo status delle relazioni tra Unione e Turchia?
Fausta speranza lo ha chiesto al vice presidente del Parlamento europeo, Luigi Cocilovo:
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R. – Credo che la presa di posizione di Poettering, così come altri che sono intervenuti in questi
giorni, risenta molto delle scadenze elettorali tedesche e quindi di un riscontro,
in parte anche parziale e opportunistico, con quei settori dell’opinione
pubblica elettorale tedesca che non hanno visto con molto favore il
riconoscimento immediato alla Turchia dello status di Paese interessato
all’adesione. Ma è più una risposta a questo elettorato
per irrigidire fin da ora e anticipatamente rispetto alle verifiche che
caratterizzeranno il negoziato eventuali ipotesi alternative all’adesione
tout-court, che nessuno esclude, che sappiamo essere in campo e che consentono
di non ridurre la verifica negoziale allo scioglimento di un nodo secco
radicale: adesione o nulla. Un domani, che anche il negoziato dovesse
registrare delle difficoltà si potrebbero ipotizzare
rapporti di partenariato privilegiato che possono riguardare la Turchia, ma non
solo la Turchia. Oggi come oggi, però, ritengo che non vi sia alcuna realistica
possibilità e neanche alcuna utilità politica nel rivedere
formalmente le decisioni già adottate. Bisogna, piuttosto, essere tutti
impegnati a che il negoziato, che formalmente si apre, sia sotto il profilo dei
criteri politici preliminari, sia sotto il profilo del rispetto del diritto
comunitario, possa procedere con un rigore assoluto,
ed essendo al riparo da qualunque gestione tattica o politicamente orientata
verso risultati pregiudizialmente già avvistati.
D. – Dopo la crisi per la Costituzione è un’altra Unione
Europea quella che avvia la fase negoziale a partire dal
3 ottobre con la Turchia, rispetto a quella che ha deciso questa data?
R. – Certo è una Unione Europea
in cerca d’autore, nel senso che sicuramente al di là delle verifiche,
dell’evoluzione, dei rapporti che si registreranno con riferimento al problema
dell’adozione o meno del Trattato costituzionale, pone a se stessa anzitutto,
prima ancora che ad altri Paesi interessati all’adesione, il problema di una
definizione, di una ambizione di connotati politici che la metta al riparo
dalle conseguenze più negative alla situazione attuale. C’è chi legge non solo
nel Trattato costituzionale, ma nei percorsi che caratterizzano
l’Europa un eccesso di ambizione e vorrebbe quindi scongiurare questi esiti a
favore di una sostanziale e a mio giudizio negativa rinazionalizzazione
degli obiettivi e della sovranità politica totale, globale. C’è chi legge un
deficit di ambizioni. Allora è possibile che interpretazioni
contestuali e contrastanti stiano in piedi e convivano soltanto se vi è una incertezza di fondo che al di là dei contenuti del
Trattato costituzionale deve vedere in campo tutti gli attori - parti
politiche, opinioni pubbliche, ma anche Paesi aderenti e Stati nazionali - per
rilanciare non soltanto una ipotesi di Trattato costituzionale, ma un progetto
politico senza il quale anche il negoziato che procede con Paesi interessati, è privo di bussole di
riferimento e quindi potrebbe risultare inutilmente appesantito.
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SETTIMANA
DI NUOVE TENSIONI POLITICHE IN LIBANO: NUMEROSI POLITICI
E
GIORNALISTI DEL FRONTE ANTISIRIANO HANNO LASCIATO IL PAESE
NEL
TIMORE DI RAPPRESAGLIE TERRORISTICHE
-
Intervista con Antonio Ferrari -
In questa settimana di nuove tensioni politiche, il Libano
vede numerosi personaggi di spicco in fuga dal Paese che da poco si è sottratto
al controllo della Siria. Nei giorni scorsi ci sono stati arresti eccellenti
nell’ambito delle indagini, guidate dall’ONU, sull’attentato in cui ha perso la
vita, il 14 febbraio scorso, l’ex premier Hariri. Il presidente Lahoud ha
confermato l’arresto del capo della guardia presidenziale in carica al momento
dell’attentato, dell’allora ministro della Giustizia e di tre ex capi della
sicurezza. Da parte sua, il capo degli investigatori Onu
che indagano sull’uccisione dell’ex premier Rafik Hariri ha dichiarato oggi a
Beirut di ritenere “logica” una proroga del mandato della commissione
d'inchiesta internazionale. “Non penso che saremo in grado di finire il nostro
lavoro entro il 15 settembre – ha detto – ed è logico chiedere una proroga”.
Intanto, numerosi politici e giornalisti del fronte
antisiriano hanno lasciato il Paese nel timore di rappresaglie terroristiche. Ma si può parlare di scontro in corso tra vecchio e nuovo
Libano? Giancarlo La Vella lo ha chiesto all’inviato
speciale del Corriere della Sera, Antonio Ferrari,
esperto di Medio Oriente:
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R. – In una certa misura sì, anche se nel nuovo Libano
sopravvivono componenti importanti del vecchio Libano
e non soltanto per i rapporti storici tra la Siria e il Libano, ma anche perché
certi elementi di insicurezza all’interno del Paese sono presenti a prescindere
dalla presenza o meno delle truppe siriane e degli agenti siriani in Libano.
Questo per dire che ci sono anche forze all’interno
del Libano che non sono contente di come si sono messe le cose.
D. – Si sta chiudendo il cerchio intorno ai responsabili
dell’omicidio Hariri?
R. – Certo. Quanto sta accadendo in Libano in questi giorni lascia pensare che forse ci sia qualcosa di più di
una semplice complicità riguardo ai retroscena che hanno portato all’assassinio
del primo ministro Hariri. Mi riferisco, per esempio,
alla fuga di tanti personaggi importanti dal Libano. Questo è un segnale
piuttosto pesante, perché indebolisce la compattezza anche del nuovo governo
nato dopo le elezioni. Certo, se esponenti importanti della coalizione
se ne vanno, la situazione allora potrebbe diventare più difficile. Bisognerà
ora capire come si risolverà l’inchiesta voluta dall’ONU. Ma
bisognerà inoltre capire che cosa i servizi di sicurezza sanno delle manovre,
dei segreti e in fondo anche dei veleni che si stanno nuovamente
materializzando nella “Repubblica dei Cedri”.
D. – Tutto questo sta avvenendo in un
crescente clima di stabilizzazione istituzionale, il Libano sta
effettivamente diventando uno Stato nuovo?
R. – Questo era nelle intenzioni, ma non lo so se sia ora nei fatti. Dobbiamo dire
che c’è una situazione estremamente complessa anche in Siria, che viene
indicata da molti come la longa manus che sta dietro all’assassinio dell’ex primo
ministro Hariri ed anche di altri omicidi mirati. Il
presidente Bashar stesso ha offerto alla Commissione
dell’ONU tutto l’aiuto possibile, dicendo che la
Commissione può sentire tutti i siriani che ritiene necessario dover sentire.
Questo, quindi, lascerebbe supporre che anche in Siria, ormai da tempo, ci sia
quella battaglia di potere tra vecchio apparato e nuovi apparati.
Parlare ora del Libano nel futuro, è ancora prematuro. La speranza è che le
ambiguità ed anche certi legami possano sciogliersi e che il Libano possa finalmente tornare a vivere in libertà, come merita e
come purtroppo non è in grado di fare ormai da troppo tempo.
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“SPECCHIO
MAGICO”: QUESTO IL FILM CON CUI
ENTRA OGGI
IL
FESTIVAL DEL CINEMA DI VENEZIA
All’età di 97 anni il maestro della cinematografia
portoghese Manoel de Oliveira
porta in concorso alla Mostra di Venezia il suo nuovo, splendido film: Specchio
Magico. Una riflessione d’autore sulle domande della vita e la paura della
morte, sul sacro e il profano, stemperate grazie ad uno sguardo maturo ed un
umanissimo sorriso. Da Venezia, Luca Pellegrini:
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L’attacco del violino è deciso e nervoso, e ben lo sapeva Camille Saint-Saëns che la sua Danse Macabre
sarebbe stata capace di penetrare l’animo degli inquieti, con quel suo gusto
romantico per le ombre, i notturni, la luna piena che sovrasta le case dei vivi
e quelle dei morti. La casa di Alfreda, ricca portoghese,
le racchiude entrambe, queste presenze: sono ricordi appena accennati,
tenta-zioni fugaci, autobiografie consunte e misteriose. La casa di Alfreda suona perché il marito è un appassionato di
musica e spende il suo denaro per istruire i giovani in quelle vecchie stanze;
la casa di Alfreda è costruita attorno ad una monumen-tale scala lignea che
cambia funzione a seconda della prospettiva: chi sale può credere di
raggiungere il Paradiso e assecondare così le proprie visioni mentre chi scende
raggiunge la terra, l’acqua, l’umanità e, forse, potrebbe cadere nel buio
dell’Inferno.
In questa splendida magione, sulla quale “fu sera e fu
mattino” nel trascorrere dei giorni, della natura e della vita, Manoel de Oliveira, col suo
nobile procedere, la sua magica arte della parola e il suo sapiente e scarno senso dell’immagine, dipana una storia molto
femminile, percorsa da leggeri fremiti maniacali, come il soffio del vento,
storia riflessa in molti specchi “magici” che evocano passati, spiriti, misteri
e desideri, senza però riuscire mai a mettere a nudo l’anima di chi vi si
specchia. Una storia folta di dialoghi che soprattutto
vertono sulla Signora dalle candide vesti, quella che proprio in Portogallo apparve
ai tre poveri pastorelli. Alfreda non si dà
pace: è ricca, sente il peso del denaro ed è ossessionata dal desiderio di
vedere Maria, per avere forse conferma della sua fede e della sua salvezza, messa costantemente in dubbio. Cerca questa apparizione in se stessa, fuori di sé, dentro gli
altri, la cerca riflessa in un fiume, nel silenzio del tempo, reclusa dal mondo.
Si consuma in questo desiderio che non riesce ad appagare: vorrebbe che la
Madre, incarnazione di quella che forse non ha avuto, le tendesse finalmente
una mano. Morirà.
Il film è un difficile diario sul sacro e il profano:
senza deridere mai il primo, senza accanirsi sul secondo. Un contorno di
magnifici, superbi attori, ciascuno a rappresentare una risposta inattesa o
inutile, fa da corona a questa “magica” riflessione su Alfreda, la grande attrice Leonor Silveira, ed i suoi specchi: la Mistica, impersonata
dalla suora di Marisa Paredes, la Storia,
ossia il Professore di Michel Piccoli, l’Umanità ingenua con il giovane
Ricardo Trepa, e poi la Chiesa con il
sacerdote, l’Arte con il marito, la Scienza con l’infermiera, la Furbizia
con il falsario che vuole inscenare l’apparizione, l’Obbedienza con la
cameriera, la Famiglia con la sorella, l’Amore con una ragazza e
la Purezza con il sorriso di un bambino, che è poi l’ultima parola.
Ciascuno di loro offre ad Alfreda una soluzione al suo male di vivere, una
risposta ai suoi dubbi: sono il Coro delle voci di questa casa dei vivi e dei morti, sono la voce del mondo, sono il cuore
e la carne, lo spirito e l’anima, la grazia e il peccato, la terra e il cielo.
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1 settembre 2005
VIA LIBERA DELLA COMMISSIONE EUROPEA
ALL’IMPORTAZIONE DELLA COLZA ‘GT73’,
GENETICAMENTE MODIFICATA, PRODOTTA DALLA SOCIETA’
MONSANTO.
LA DECISIONE NONOSTANTE IL PRECEDENTE PARERE
NEGATIVO DI UN COMITATO
TECNICO DEI 25 PAESI DELL’UNIONE: INSORGONO GLI AMBIENTALISTI
BRUXELLES. = Via libera
definitivo in Europa alla colza 'Gt73', geneticamente modificata, prodotta
dalla Monsanto. Lo ha deciso ieri la Commissione
europea, autorizzandone l'importazione per 10 anni a scopi industriali o per
alimentazione animale. Il provvedimento è accompagnato da una serie di linee
guida rivolte alla società produttrice in caso di disseminazione accidentale
nell'ambiente. Bruxelles ha tenuto a ricordare che il prodotto è stato testato
dall'Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA). La colza ‘Gt73’ è il
terzo prodotto (dopo i mais transgenici ‘Nk603’ e
‘Mon863’) permesso sulla base della nuova direttiva europea del 2001, che
prevede regole sull’etichettatura del prodotto e meccanismi di sorveglianza
dopo la vendita. La notizia ha comunque sollevato
vibrate proteste degli ambientalisti e non solo. La Commissione europea ha
avuto infatti l’ultima parola sulla colza ‘Gt73’, dopo
che i ministri dell'Ambiente dell'UE non erano riusciti nel dicembre 2004, a
comporre una maggioranza né a favore né contraria. La posizione del Consiglio
dei ministri dell’UE di fatto rifletteva quella
pronunciata in precedenza dai rappresentanti dei 25 a livello tecnico. Il
fronte del ‘no’ era formato da Italia, Danimarca, Estonia,
Grecia, Cipro, Lituania, Lussemburgo, Malta, Austria,
Polonia e Gran Bretagna. A favore erano Svezia, Finlandia, Slovacchia,
Portogallo, Olanda, Lettonia, Francia, Repubblica Ceca e Belgio. I restanti
Paesi si erano astenuti. La palla è infine ritornata alla Commissione europea.
(R.G.)
SALUTI DI COMMIATO OGGI A EREVAN
DELLA DELEGAZIONE CRISTIANA CANADESE,
IN VISITA IN ARMENIA SU INVITO DEL CATHOLICOS KAREKIN II
EREVAN.
= Si conclude oggi ad Erevan
la visita di una delegazione cristiana canadese in Armenia. La visita è
avvenuta su invito del Catholicos Karekin
II, Patriarca della Chiesa Armena. Della delegazione canadese fanno parte mons.
Brendan O'Brien, presidente
della Conferenza episcopale; il primate della Comunione anglicana in Canada,
Andrew Hutchison; il metropolita greco-ortodosso, Sotirios
Athanassulas; e Richard Schneider, presidente del Consiglio canadese delle Chiese. Karekin II ha ringraziato la delegazione canadese, in
particolare perché la visita in Armenia è coincisa con il 90.mo
anniversario del genocidio armeno. (A.M.)
ALLARME
DELLA FAO PER LA POSSIBILE DIFFUSIONE DELL’INFLUENZA AVIARIA
NEI PAESI TOCCATI DALLE ROTTE DEGLI UCCELLI
MIGRATORI,
CHE
DALL’ASIA SI SPOSTANO IN OCCIDENTE. “OCCORRE INVESTIRE DI PIU’
PER
CONTENERE L’EPIDEMIA”, AMMONISCONO GLI ESPERTI
ROMA. = Appello della FAO a tutti i Paesi membri e a tutti i Paesi
industrializzati per investire di più nella sorveglianza e nella prevenzione
contro la possibile diffusione del virus dell'influenza aviaria, lungo le rotte
degli uccelli migratori, che dall'Asia si spostano verso Occidente.
“Prevenire il virus negli animali è il modo migliore per prevenire la
pandemia”, ha detto ieri a Roma il capo del servizio veterinario della FAO,
Joseph Domenech, in una conferenza stampa. Secondo
gli esperti è possibile che gi incroci tra le diverse rotte degli uccelli
migratori possano favorire lo spostamento del virus sempre più verso Occidente
e che il passaggio attraverso Paesi in cui la sorveglianza è ancora scarsa, come quelli di Medio Oriente e Nord Africa, possa
far sì che l’Europa, Italia compresa, per la prossima primavera si trovi alle
porte flussi di uccelli migratori a rischio. E’ quindi possibile che in un
futuro non lontano gli uccelli provenienti dalla Siberia,
dove di recente è stato individuato il virus H5N1, possano portare il virus nel
Mar Caspio e nel Mar Nero. Di conseguenza queste
regioni, insieme ai Paesi balcanici, potrebbero
diventare la porta d'ingresso del virus in Europa centrale. “Non vi è motivo di
pensare che la diffusione del virus si arresterà”, ha detto il direttore della
divisione della FAO per la salute animale, Samuel Jutzi.
“E’ un rischio - ha aggiunto - che deve essere gestito dai singoli Paesi come
dalle organizzazioni internazionali”. Nel gennaio 2004, la FAO aveva stimato
una spesa pari a circa 100 milioni di dollari per una sorveglianza efficace
dell'epidemia negli animali. “Ma finora - ha rilevato
- non è stato stanziato che un quarto di questa cifra”. Considerando poi la
possibile diffusione in Medio Oriente e Africa settentrionale e orientale, si
dovrà investire ancora di più: almeno 225 milioni di dollari. Il grande sforzo
da fare in questo momento, secondo gli esperti della FAO, è aumentare le
conoscenze sugli uccelli migratori, in particolare acquatici,
individuare le specie che più facilmente veicolano il virus e studiarne le
rotte per far sì che tutti i Paesi a rischio siano allertati.
(R.G.)
IN 100 MILA COPIE ESCE OGGI IN
FRANCIA
IL COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA
PARIGI.
= Esce oggi in Francia il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica. Il suo titolo
è “Catéchisme de l’Eglise catholique abrégé. La foi catholique en 600
questions-réponses”. Si tratta di una coedizione
curata da Cerf, Fleurus-Mame
e Bayard, al prezzo di 18 euro. La tiratura è stata
di 100 mila copie. La presentazione del testo è stata curata dal cardinale Jean
Honoré, arcivescovo emerito di Tours. Quanto alla edizione
del Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato nel 1992, in Francia ne sono
state vendute più di 500 mila copie. (A.M.)
IN
AUMENTO NEL MONDO LA TRATTA DEGLI ESSERI UMANI: LO DENUNCIANO
AGENZIE
DELL’ONU ED ORGANIZZAZIONI UMANITARIE, IN UN CONVEGNO A PECHINO
PECHINO. = Il traffico di esseri umani è in aumento in tutto il mondo, con milioni
di donne e bambini ridotti in condizioni di semi-schiavitù. La denuncia giunge
da funzionari delle Nazioni Unite e di organizzazioni
umanitarie che partecipano ad un Convegno in corso a Pechino. L'Alto
Commissario dell’ONU per i Diritti Umani, Louise Arbour,
ha sottolineato che il traffico “è una cosa orrenda”, che “per la sua stessa
natura” è una “grave violazione dei diritti umani”. La direttrice dell’UNICEF, Ann Veneman, ha aggiunto che
“nessuna regione” del mondo ne è immune. In
particolare nella regione dell’Asia-Pacifico, è la prostituzione
il principale fattore di crescita nella tratta di donne e bambini. Secondo cifre dell’Organizzazione internazionale del lavoro
(OIL), il fenomeno coinvolge almeno 2 milioni di persone. Nel suo intervento Louise Arbour ha chiesto a tutti
i Paesi di questa regione di firmare gli accordi internazionali contro questo
traffico. Anche la Cina è interessata dal problema e i
trafficanti di esseri umani sono favoriti nelle loro azioni dalle crescenti
disparità sociali e dalla cronica povertà che ancora affligge diverse regioni
dell’immenso Paese asiatico, dove vivono un 1 miliardo e 300 milioni di
persone. (R.G.)
A LORETO, CONCERTO “TOTUS TUUS” IN MEMORIA DI
GIOVANNI PAOLO II:
APPUNTAMENTO L’8 SETTEMBRE CON MUSICISTI DAI CINQUE CONTINENTI
LORETO. = Musica e canti dei
cinque continenti alla Vergine Maria: è il concerto ‘Totus
Tuus’ con cui il Santuario della Santa Casa di Loreto
intende onorare l'8 settembre
prossimo la memoria di Giovanni Paolo II (cinque volte pellegrino nella città
mariana) e la sua grande devozione alla
Madonna. Le parole ‘Totus Tuus’ che - ricorda la
Delegazione Pontificia di Loreto - hanno racchiuso tutto l’affidamento e la
consacrazione a Maria di un pontefice passato alla storia come “il Grande”, sono anche la chiave di un
evento che riunisce a Loreto, per la prima volta, artisti e musicisti dai
cinque continenti. Partecipano Katia Ricciarelli,
Gianfranco Cecchele, Kristjan
Johannson, Harold Bradley, Daniela Mazzuccato, Hon Mei ed altri artisti di fama
internazionale. (R.G.)
OLTRE 4 MILIONI DI PERSONE COLPITE DALLA CARESTIA IN
MALAWI.
APPELLO DELL’ONU A GINEVRA PER UNA RACCOLTA DI AIUTI
GINEVRA. Un appello in aiuto del
Malawi è stato lanciato in questi giorni dall'ONU a
Ginevra. Si tratta di raccogliere 88 milioni di dollari destinati a soccorrere
4 milioni e 200 mila persone colpite da una grave penuria alimentare che
affligge il Paese africano. Il piano di assistenza
prevede un sostegno immediato ai cittadini più vulnerabili fino al prossimo
raccolto che avverrà nel marzo 2006; a seguire sarà dato un contributo diretto
agli agricoltori per evitare che la crisi alimentare continui anche l’anno
prossimo, come ha spiegato la portavoce dell'Ufficio dell'Onu per gli affari
umanitari nella città elvetica. (R.G.)
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1 settembre 2005
-
A cura di Eugenio Bonanata e
Andrea Cocco -
Il Parlamento israeliano ha
ratificato l’accordo per il dispiegamento di truppe egiziane al confine con la
Striscia di Gaza. Il protocollo militare prevede, una volta
ultimato il ritiro di tutti i militari israeliani dall’area, l’impiego
di 750 guardie egiziane con l’obiettivo di impedire il passaggio clandestino di
armi attraverso la frontiera.
Storico incontro a Istanbul tra i ministri degli Esteri di Israele e
Pakistan. Si tratta di un significativo passo verso la
normalizzazione delle relazioni fra i due Paesi che non hanno mai avuto prima
rapporti diplomatici. I due ministri, secondo quanto affermato al termine
dell’incontro, si sono detti ottimisti per un impegno teso ad un mutuo
riconoscimento diplomatico.
Nella notte un ingegnere
britannico è stato rapito in Afghanistan da uomini armati che hanno attaccato
il convoglio in cui viaggiava. Morti i tre agenti di scorta. Secondo i taleban, che hanno rivendicato l’azione, le 3 vittime
sarebbero britanniche o americane; sarebbero invece afghani secondo il governo.
La Cina ha
celebrato oggi il quarantesimo anniversario della creazione della “Regione Autonoma
del Tibet”, sottolineandone lo sviluppo economico. Gruppi umanitari, tuttavia,
sostengono che il Tibet goda dell’autonomia solo sulla
carta e ricordano il gran numero di religiosi fedeli al Dalai
Lama, che sono stati incarcerati e a volte torturati dalla polizia cinese. Il Tibet è di fatto dominato dalla Cina
sin dall’invasione del territorio himalayano da parte
dell’Esercito di Liberazione popolare nel 1950. Nel 1959 il Dalai
Lama dovette fuggire in esilio dopo il fallimento di una sollevazione contro la
dominazione cinese. Dal 1950 sono stati distrutti oltre 2 mila monasteri tibetani. Lo scorso maggio, 2 monaci sono stati condannati
a 11 anni di detenzione “per avere esposto una bandiera nazionale del Tibet”.
In Thailandia, una serie di attentati
nelle province meridionali del Paese ha ridestato i timori di una recrudescenza
del conflitto tra esercito e ribelli musulmani. Nella notte di ieri cinque
ordigni sono esplosi quasi simultaneamente provocando almeno 3 vittime e un
numero imprecisato di feriti. Questa mattina, altre due bombe sono esplose al
passaggio di un convoglio militare. Gli attentati sono stati attribuiti ai
ribelli musulmani delle province meridionali, teatro di un conflitto che dal
gennaio del 2004 ha provocato oltre 900 morti.
Spiragli di pace in India. Per
la prima volta dalla sua elezione, il primo ministro, Manmohan Singh, incontrerà lunedì
prossimo i dirigenti separatisti del Kashmir indiano.
Con la liberazione di oltre 200
prigionieri, il governo indonesiano ha dato il via, ieri, all’attuazione del
piano d’amnistia concordato a Helsinki lo scorso 15 agosto insieme al Movimento
Liberazione di Aceh,
impegnato da decenni per la separazione del nord del Paese.
Il parlamento delle Filippine ha
respinto anche la terza e ultima richiesta di destituzione presentata
dall’opposizione contro il capo dello Stato, Gloria Arroyo.
Il documento bocciato dai deputati era considerato più debole, e dunque meno
suscettibile di essere approvato, rispetto agli altri
due che erano stati respinti ieri dall’assemblea.
E’ stata una bomba a provocare
la morte di una persona, questa mattina, nei pressi di Bursa,
nella Turchia occidentale. Secondo gli inquirenti, la vittima
è proprio l’uomo che trasportava l’esplosivo. Bursa
è una città storica abitualmente visitata da turisti, e da alcuni anni e' diventato un centro di produzione di automobili
Il premier
albanese, Fatos Nano, ha presentato oggi le sue
dimissioni da capo del governo e da segretario del Partito socialista dopo la
comunicazione definitiva dei risultati delle legislative di luglio. Il partito
di Nano ha ottenuto solo 42 seggi contro i 59 vinti dal Partito democratico
dell’ex presidente Sali Berisha.
In Italia, domani, il Consiglio
dei ministri si riunirà per prendere in esame, in particolare, la relazione del
ministro dell’Economia sulla riforma della Banca
d’Italia. Ieri il premier Berlusconi aveva annunciato
un accordo tra i partiti della maggioranza per la sua riforma. Le reticenze
tuttavia rimangono, soprattutto da parte della Lega, che vuole a tutti i costi
evitare le dimissioni del governatore Fazio, dopo lo scandalo delle
intercettazioni telefoniche che lo ha visto coinvolto.
Sempre più in bilico le
trattative per la pacificazione della Costa d’Avorio dilaniata dal settembre
del 2002 da un grave conflitto interno. I ribelli delle Forze
nuove, che controllano il nord del Paese, hanno respinto definitivamente la
mediazione del presidente Sudafricano Thabo Mbeki, criticato per essere troppo vicino al governo di Abdijan. Secondo i ribelli
dovrà ora essere il presidente di turno dell’Unione Africana, il nigeriano Obasanjo, a prendersi la
responsabilità di proseguire il processo di pace. Proprio oggi le autorità sudafricane
avevano ribadito la loro intenzione di proseguire
nella mediazione, smentendo così la notizia di un’interruzione dei negoziati
diffusa ieri.
Dopo
il mancato accordo per gli scambi commerciali nel settore tessile, gli Stati
Uniti hanno deciso di limitare le importazioni cinesi di tessuti. Lo ha
riferito il Dipartimento al Commercio, sottolineando
che il confronto con i cinesi continua con l’obiettivo di trovare una
“soluzione che permetta uno sviluppo regolare del settore”.
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