RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 244 - Testo della trasmissione di giovedì 1 settembre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il dolore di Benedetto XVI per la strage di sciiti, ieri a Baghdad. In un telegramma al nunzio in Iraq, mons. Fernando Filoni, il Papa chiede a tutti i credenti di cooperare per il ritorno della concordia nel tribolato Paese. A nostri microfoni lo stesso nunzio Filoni

 

A 40 anni dalla Costituzione conciliare Dei Verbum, un convegno internazionale promosso dal  Pontificio Consiglio per l’Unita’ dei Cristiani, dal 14 al 18 settembre. Momento culminante l’udienza con il Papa

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il Sud degli Stati Uniti ancora in ginocchio per l’uragano Katrina. L’inondazione nella città di New Orleans si è stabilizzata ma sarebbero centinaia, forse migliaia, le vittime: intervista con Andrea Buzzi  

 

La Russia si ferma per ricordare le vittime della strage di Beslan: un anno fa, nell’attacco terroristico nella scuola in Ossezia persero la vita 394 persone di cui 156 bambini: ai nostri microfoni, il prof. Vittorio Strada

 

In Galles, riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea in vista dell’avvio dei negoziati formali di adesione della Turchia, il 3 ottobre prossimo: con noi il vicepresidente del Parlamento europeo, Luigi Cocilovo

 

Settimana di nuove tensioni in Libano: numerosi politici e giornalisti del fronte antisiriano hanno lasciato il Paese nel timore di rappresaglie terroristiche: l’analisi di Antonio Ferrari

 

“Specchio magico”: è il film con cui entra nel vivo il Festival del Cinema di Venezia

 

CHIESA E SOCIETA’:

Via libera della Commissione Europea all’importazione della colza “GT73”, geneticamente modificata: la decisione nonostante il precedente parere negativo di un Comitato tecnico dei 25 Paesi dell’Unione

 

Saluti di commiato oggi della Delegazione cristiana canadese in visita in Armenia su invito del Catholicos Karekin II

 

Allarme della FAO per la possibile diffusione dell’influenza aviaria nei Paesi toccati dalle rotte degli uccelli migratori che, dall’Asia, si spostano in Occidente

 

Esce oggi in Francia il Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica

 

Agenzie dell’ONU ed Organizzazioni umanitarie denunciano l’aumento nel mondo della tratta degli esseri umani

 

Concerto “Totus Tuus” in memoria di Giovanni Paolo II il prossimo 8 settembre a Loreto

 

Appello dell’ONU per una raccolta di aiuti per gli oltre 4 milioni di persone colpite dalla carestia in Malawi

 

24 ORE NEL MONDO:

Ad Istanbul, storico incontro tra i ministri degli Esteri di Israele e Pakistan

 

La Cina ha celebrato oggi il quarantesimo anniversario della creazione della “Regione Autonoma del Tibet”

 

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 settembre 2005

 

IL DOLORE DI BENEDETTO XVI PER LA STRAGE DI SCIITI A BAGHDAD.

IN UN TELEGRAMMA AL NUNZIO IN IRAQ, MONS. FERNANDO FILONI,

IL PAPA CHIEDE A TUTTI I CREDENTI DI COOPERARE PER IL RITORNO

 DELLA CONCORDIA NELLA TRIBOLATA TERRA IRACHENA

- Con noi, mons. Fernando Filoni -

 

“Tutti i credenti nell’unico Dio si uniscano nel deplorare ogni forma di violenza e cooperino per il ritorno della concordia nella tribolata terra irachena”: e’ l’accorato appello di Benedetto XVI all’indomani della terribile strage di pellegrini sciiti a Baghdad. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, indirizzato al nunzio apostolico in Iraq, l’arcivescovo Fernando Filoni, il Papa esprime profondo dolore per la morte di tanti innocenti, radunati per una cerimonia commemorativa presso la moschea sciita di Al Kazimiyah. Assieme al cordoglio e alla vicinanza spirituale ai famigliari delle vittime, Benedetto XVI “assicura la sua preghiera perché finalmente si instauri” in Iraq “un clima di riconciliazione e reciproca fiducia”. Per la cronaca, il servizio di Eugenio Bonanata:

 

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Oggi in Iraq è il giorno del lutto e del dolore. Le autorità continuano ad aggiornare il bilancio delle vittime - 965 secondo gli ultimi dati - mentre la capitale è attraversata da diversi cortei funebri. “Molti cadaveri sono ancora nel fiume. Le imbarcazioni dei soccorsi sono al lavoro per recuperarli”, afferma la polizia. E si intuisce che il bilancio finale di questa tragedia sia destinato a salire. Sul luogo della strage, il ponte al Aimah, centinaia di persone stamani cercavano tra detriti, indumenti, scarpe e borse: qualsiasi segnale, insomma, utile a capire la sorte toccata ai propri cari, travolti dalla folla impazzita dopo che qualcuno aveva lanciato l’allarme kamikaze. L’attentatore suicida non c'era, ma nel tentativo di scappare centinaia di persone – già spaventate da un precedente lancio di colpi di mortaio che aveva causato sette morti - sono cadute nel fiume; altre si sono gettate volontariamente, altre ancora sono state schiacciate nella calca. Molte famiglie, intanto, caricano le bare sul tetto della propria macchina, e si dirigono verso la città santa sciita di Najaf, dove sorge uno dei più grandi cimiteri del mondo. La televisione di Stato trasmette continuamente informazioni sulla tragedia, e ricalca le polemiche sviluppatesi in seno al governo. Il ministro della Sanità - vicino al leader radicale sciita Al Sadr - ha chiesto le dimissioni dei suoi omologhi di Interno e Difesa. Costoro affermano che le misure di sicurezza hanno funzionato: i pellegrini in arrivo sul ponte venivano perquisiti e questo ha creato una ressa. Ma il presidente Talabani e il premier Jaafari hanno promesso di accertare eventuali responsabilità e negligenze da parte degli apparati dello Stato.

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Sulla tragedia di Baghdad ascoltiamo il nunzio in Iraq, Fernando Filoni, al microfono di Andrea Sarubbi: 

 

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R. – Per la popolazione è stato uno shock e non solo per il mondo islamico, ma per i cristiani stessi. Il Patriarca Delly a nome della Conferenza episcopale e del Patriarcato Caldeo, che rappresenta la maggioranza dei cristiani in Iraq, ha espresso tutta la nostra solidarietà. Dunque noi, come cristiani, siamo molto vicini ai nostri fratelli musulmani: c’è inoltre da dire che qui anzitutto sono tutti iracheni. Anche se si è trattato di una tragedia legata a contingenze particolari (il ponte che si rompe, la gente che corre e che scappa in preda al panico), tuttavia questo non fa pensare che non vi siano dietro anche delle connivenze politiche e quindi ancora delle divisioni, proprio lì dove la religione dovrebbe essere elemento di unione.

 

D. – Il Papa nel telegramma auspica una riconciliazione dell’Iraq. Lei vede margini per questa riconciliazione?

 

R. – La nostra speranza è che la riconciliazione parta da un cuore sincero, da una volontà politica e da una volontà degli uomini. Bisogna ricostruire questo tessuto, perché altrimenti tutto diventa difficile, per non dire impossibile.

 

D. – Come stanno vivendo i cristiani queste divisioni in atto fra sciiti e sunniti?

 

R. – I cristiani condividono in tutto e per tutto le preoccupazioni che vengono dalla situazione generale del Paese. C’è poi la questione della Costituzione, ma qui siamo ancora in un campo in cui le cose si stanno pian piano chiarendo: i cristiani hanno ovviamente le loro preoccupazioni circa i loro diritti. Noi auspichiamo che effettivamente quelli che sono i diritti di ogni cittadino, al di là di ogni fede e di ogni confessione di appartenenza, siano considerati i diritti fondamentali della persona sia sul piano civile, sia sul piano politico, sia su quello religioso.

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IL 40.MO ANNIVERSARIO DELLA COSTITUZIONE CONCILIARE DEI VERBUM,

CELEBRATA IN UN CONVEGNO INTERNAZIONALE PROMOSSO

DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI.

MOMENTO CULMINANTE DELL’INCONTRO, IN PROGRAMMA

 DAL 14 AL 18 SETTEMBRE, L’UDIENZA DEI PARTECIPANTI CON BENEDETTO XVI

 

Più di 400 partecipanti di 98 paesi, tra i quali un centinaio di vescovi, si incontreranno a Roma dal 14 al 18 settembre per un convegno biblico internazionale sul tema “La Sacra Scrittura nella vita della Chiesa”.

 

L’incontro, organizzato per commemorare il 40.mo anniversario della promulgazione della Costituzione conciliare Dei Verbum, è patrocinato dalla Federazione biblica cattolica e dal Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani. I partecipanti al simposio saranno ricevuti in udienza da Benedetto XVI. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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La riaffermazione del ruolo centrale della Bibbia nella Chiesa e per il mondo: questa una delle innovazioni più significative del Concilio Vaticano II. Decisiva per tale riaffermazione è la Dei Verbum, Costituzione sulla Rivelazione, approvata il 18 novembre del 1965, poco prima della chiusura del Vaticano II, dopo lunghi anni di preparazione e discussioni. Per celebrare il 40.mo anniversario della promulgazione del documento, il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, presieduto dal cardinale Walter Kasper, e la Federazione Biblica cattolica hanno organizzato un convegno internazionale. Dal 14 al 18 settembre, all’”Aurelia Convention Center” di Roma, 400 partecipanti tra cui numerosi cardinali e vescovi, si confronteranno sulla pastorale biblica.

 

E’ prevista inoltre la partecipazione di rappresentanti di altre Chiese e comunità ecclesiali e anche di altre religioni. Fra i principali relatori del convegno  il cardinale Walter Kasper, il cardinale Carlo Maria Martini, e l’arcivescovo di Abuja, John Onaiyekan, ai quali si affiancheranno più di 50 specialisti di fama internazionale. Tanti i temi che verranno affrontati, dal dialogo ecumenico al problema crescente del fondamentalismo. Il momento culminante del convegno sarà la celebrazione liturgica nella Basilica di San Pietro, nella mattinata di venerdì 16, a cui seguirà un’udienza privata con Benedetto XVI. Proprio l’allora professore di Teologia Fondamentale e Dogmatica, Joseph Ratzinger, intervenne attivamente nelle discussioni preparatorie della Dei Verbum, in qualità di consigliere teologico del cardinale Frings, allora arcivescovo di Colonia. 

 

Il convegno, che sarà affiancato da una mostra, offrirà dunque l’occasione di discutere problemi e sfide fondamentali che devono essere affrontati nel mondo di oggi con una pastorale biblicamente ispirata che prenda in considerazione il contesto ecclesiale, il dialogo ecumenico e con le varie culture e religioni.

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UDIENZE E NOMINE

 

         Benedetto XVI ha ricevuto stamani in udienza, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, un gruppo di vescovi del Messico al termine della visita ad Limina.

 

In India, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Sivagangai, presentata da mons. Edward Francis, per sopraggiunti limiti d’età. Il Pontefice ha chiamato a succedergli mons. Jebamalai Susaimanickam, coadiutore della medesima diocesi.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

In prima pagina: Il cordoglio del Santo Padre per la tragedia alla moschea sciita di Al Kazimiyah a Baghdad, nel telegramma a firma del cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato, inviato al nunzio apostolico in Iraq, arcivescovo Fernando Filoni.

“Baghdad piange le vittime del suo giorno più cupo”: lutto e inquietudine dopo la deliberata violenza che ha ucciso mille persone.

Centinaia di morti a New Orleans; annunciato lo sgombero totale della città.

 

Servizio vaticano – Un convegno a Niepokalanóv sulla fecondità spirituale di San Massimiliano Kolbe.  L’eredità spirituale della XX Giornata Mondiale della Gioventù.

 

Servizio estero – Medio Oriente: avvicinamento diplomatico tra Israele e Pakistan dopo l’incontro a Istanbul tra il Ministro degli Esteri pakistano, Kursheed Kasuri, e il Capo della diplomazia israeliana Silvan Shalom.

 

Servizio culturale – Un articolo di Marco Testi sul recente saggio di Marino Freschi dedicato all’opera e al pensiero di Thomas Mann.

 

Servizio italiano – Al centro dell’attenzione la bozza di riforma della Banca d’Italia e i temi del lavoro e del commercio.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 settembre 2005

 

 

Il sud degli Stati Uniti ancora in ginocchio per l’uragano Katrina. L’inondazione nella città di New Orleans si è stabilizzata

ma sarebbero centinaia, forse migliaia LE VITTIME

- Intervista con Andrea Buzzi -

 

Il passaggio dell’uragano Katrina potrebbe passare alla storia come la più disastrosa catastrofe mai avvenuta nel Paese americano. L’inondazione nella città di New Orleans si è stabilizzata ma sarebbero centinaia, forse migliaia, i cadaveri da raccogliere nell’acqua melmosa. Intanto, diversi Paesi, da Germania a Francia, offrono il proprio aiuto all’amministrazione americana per soccorrere le popolazioni colpite. In un messaggio alla nazione, il presidente americano Bush avverte: “Per la ricostruzione ci vorranno anni”. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Il sindaco di New Orleans ha detto che i cadaveri in putrefazione rischiano di provocare un’emergenza sanitaria. Questa è la ragione per cui il governatore della Louisiana ha ordinato l’evacuazione completa della città. L’esodo è cominciato con quasi 30 mila sfollati dallo stadio Superdome, che verranno trasferiti a Houston. Nelle strade continuano i saccheggi, nonostante la legge marziale e in certi quartieri regna l’anarchia. Secondo la protezione civile il flusso dell’acqua si sta stabilizzando, perché ormai il livello ha raggiunto quello del vicino Lago Pontchartrain. Il Genio Militare non è ancora riuscito a riparare la falla di 60 metri che si è aperta in uno degli argini. Il sindaco sostiene che ci vorranno fra tre e sei mesi prima che gli abitanti potranno tornare a New Orleans. In questa situazione di emergenza il Pentagono ha preso il controllo dei soccorsi, inviando davanti alle coste delle regioni colpite quattro navi da guerra, più una nave ospedale. La Croce Rossa americana ha detto di aver avviato la più grande operazione di assistenza nella storia degli Stati Uniti per un solo disastro naturale.

 

Per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Ed un altro violento tifone ha colpito, stamattina, le coste meridionali di Taiwan: il bilancio provvisorio è di un morto e 24 feriti. Ma è possibile prevedere in anticipo fenomeni come questi? Risponde Andrea Buzzi, meteorologo del CNR, intervistato da Debora Donnini:

 

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R. - Fenomeni più violenti, come gli uragani, ma anche quelli di scala più piccola come le alluvioni e i tornado a maggior ragione, sono prevedibili con pochissimo tempo di anticipo. Diciamo che negli ultimi dieci anni i modelli metereologici sono stati in grado di affinare la previsione di uragani di qualche giorno, ma soltanto in linea di massima. Si riesce in qualche modo a vedere come si forma un uragano ma è molto difficile prevederne i dettagli di intensità e di percorso. Ad esempio la traiettoria dell’uragano Katrina si è spostata di circa 50 chilometri più a est rispetto a quanto si prevedeva soltanto 12 ore prima. Questo ha prodotto una struttura spaziale dei danni abbastanza diversa da quella prevista un giorno prima. Si stanno perfezionando i metodi di osservazione e i metodi di previsione, però non sono ancora del tutto soddisfacenti, come si è visto dalla cronaca di questi giorni. In questo gli Stati Uniti sono sicuramente all’avanguardia, anche perché sono il maggior Paese industriale che viene colpito, assieme forse al Giappone, da uragani.

 

D. – In questo periodo dell’anno, nella zona caraibica, nel sud degli Stati Uniti, ci sono sempre uragani. Si stanno intensificando, oppure è un fenomeno normale?

 

R. – C’è una controversia, anche in ambito scientifico, su questo. Sembra ci sia un aumento di intensità negli ultimissimi anni, però questi dati non sono ancora del tutto esenti da discussione, perché il periodo in cui si è fatta una valutazione di queste quantità è tutto sommato abbastanza breve, non va oltre gli ultimi 40-50 anni.

 

D. - Gli scienziati sono divisi anche sulla reale influenza dell’effetto serra sul-l’intensificarsi degli urgani?

 

R. – Sì, c’è una discussione in corso. E’ chiaro che, poiché gli uragani traggono la loro energia proprio dalla evaporazione dell’acqua dell’Oceano, è ragionevole che più il mare si scaldi nella superficie, più sia facile la formazione di uragani. Oltre all’osservazione sia di un aumento di temperatura degli oceani tropicali, sia di un leggero aumento della frequenza degli uragani, c’è anche una teoria a supporto di questo legame.

 

D. – Qual è la sua idea?

 

R. – La mia idea è che stiamo attraversando un periodo di transizione probabilmente da un clima così come lo abbiamo conosciuto ad un  nuovo clima, che risente sicuramente degli effetti antropici come il rilascio di gas serra e probabilmente gli uragani sono un riflesso, nella loro manifestazione di questo cambiamento.

 

D. – Pensa sia difficile attribuire questo a cause umane, perché grandi cambiamenti climatici il pianeta li ha subiti anche prima?

 

R. -  E’ senz’altro vero, soprattutto per quanto riguarda fenomeni di particolare intensità di cui non si ha una conoscenza della frequenza e dell’incidenza nei periodi passati se non attraverso dati indiretti come la misura dei sedimenti marini nelle zone costiere.

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LA RUSSIA RICORDA L’ATTENTATO DI BESLAN IN CUI, UN ANNO FA,

MORIRONO OLTRE 300 PERSONE TRA CUI 186 BAMBINI.

ANCORA MOLTI GLI INTERROGATIVI SULLE DINAMICHE DELLA TRAGEDIA

- Intervista con Vittorio Strada -

 

La Russia si ferma per ricordare le vittime della strage di Beslan. Un anno fa  32 terroristi assaltavano una scuola nella cittadina caucasica dell’Ossezia del nord sequestrando 1.200 persone. In cambio della loro liberazione, la richiesta di un ritiro immediato dei russi dalla Cecenia. Ma il 3 settembre scatta il blitz delle forze speciali russe, che uccidono 31 terroristi e ne arrestano uno. Il bilancio finale dell’attentato è tragico: 362 morti di cui 186 bambini. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

 

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Il silenzio è rotto solo dal pianto, le lacrime sono le stesse di un anno fa. Tutta Beslan si è stretta questa mattina a partire dalle 8 locali intorno alla sua scuola. La gente ha portato fiori, bottiglie d’acqua, candele. Il dolore rimane indescrivibile. L’ausilio psicologico resta determinante. Anche il cimitero, con il suo marmo di colore rosso, era pieno di visitatori. Una quarantina di adulti ha trovato conforto nella fede: recentemente sono stati battezzati. I mass media, tutti indistintamente, ricordano il dramma in cui trovarono la morte 331 persone e 186 alunni. Alcuni settimanali ripropongono la propria ricostruzione; il nodo cruciale è capire cosa abbia determinato lo scoppio della prima bomba e l’inizio del blitz. Una rivista pubblica le foto di tutte le vittime della scuola. Scarsa eco hanno invece avuto le parole del capo guerrigliero Shamil Basayev, la probabile mente dell’assalto, che ha indicato nei servizi segreti federali i responsabili dell’assalto e di una trappola ideata per catturare i terroristi. In tutta la Russia, oggi primo giorno di scuola: le misure di sicurezza sono imponenti. Ovunque si è ricordata la tragedia con un minuto di silenzio. “Il nostro scopo – ci ha detto Susanna Dudieva, presidente del Comitato delle Madri di Beslan – è quello di riuscire ad ottenere un’inchiesta obiettiva e giusta”. Ma le polemiche sono feroci e le accuse taglienti: domani, incontro al Cremlino con il presidente Putin.

 

Da Mosca, per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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Ad un anno dal massacro sono ancora molti, quindi, i punti oscuri circa le dinamiche dell’attentato e del blitz finale effettuato dalle forze speciali russe. Almeno tre inchieste ufficiali sono state avviate, senza tuttavia giungere a risultati soddisfacenti. Restano ancora da accertare con chiarezza le responsabilità del commando terrorista ma anche le negligenze delle autorità russe. Andrea Cocco ne ha parlato con Vittorio Strada professore ordinario di Lingua e letteratura russa all’Università di Venezia.

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R. – I punti oscuri sono ancora molti, la responsabilità prima dei terroristi è indiscussa, ma permangono dubbi sulle modalità con cui i terroristi si sono infiltrati, sono entrati ed hanno svolto la loro azione, e sulla responsabilità anche delle reazioni della polizia locale e delle autorità centrali federali russe. Tutto questo è un groviglio di fatti che non è rimasto oscuro totalmente, ma certamente ci sono punti oscuri sulla distribuzione delle responsabilità. Si tratta di aspettare quindi i risultati ufficiali di queste inchieste, però credo che il caso di Beslan resterà a lungo come uno dei tanti irrisolti.

 

D. – Come si colloca l’episodio Beslan nella politica russa, di lotta al terrorismo?

 

R. – E’ un fatto che ha lasciato e lascerà il segno. Per esempio nella stampa russa di queste settimane è in corso una polemica curiosa perché le autorità della città di Mosca hanno deciso di svolgere la festa grandiosa, che a Mosca si tiene annualmente per la città, proprio il 3 settembre. Allora sulla stampa si legge come è possibile che il giorno in cui si piangono le vittime di Beslan, a Mosca si festeggi? Che effetto ha avuto questo evento tragico sulla politica di Putin nella lotta al terrorismo? Certamente resta all’ordine del giorno la lotta contro il terrorismo. I successi non sono registrabili perché la questione cecena non è – come sappiamo tutti – risolta. Quindi la potenzialità di altri atti terroristici resta e la piaga cecena resta tuttora aperta.

 

D. – Torniamo un attimo alle dinamiche della tragedia. Alcuni dei sopravvissuti parlano di terroristi ingusci e non solo ceceni, come hanno più volte sottolineato le autorità russe. Cosa cambierebbe nella interpretazione di Beslan?

 

R. – C’è una situazione che va al di là della Cecenia e riguarda anche il Daghestan, l’Inguscezia tutte quelle popolazioni che fanno da contorno al focolaio ribollente che è la Cecenia stessa. Quindi, la situazione è estremamente esplosiva e pericolosa in quanto può dilagare. Tanto è vero che secondo un recente sondaggio dell’opinione pubblica russa, per il 60 per cento della popolazione dà come persa ormai l’area cecena e il Nord del Caucaso.

 

D. – L’indipendentismo ceceno si è sempre caratterizzato per la divisione profonda tra moderati e ultra radicali. Dopo Beslan, però, il massacro ha lasciato un segno. Come è cambiato l’indipendentismo?

 

R. – Parlerei proprio di una stanchezza, da parte della popolazione, di questo conflitto che ha causato decine di migliaia di morti dall’una e dall’altra parte. Il moderato era Maskhadov, che è stato eliminato, e quindi non c’è più un referente portatore di una politica in qualche modo moderata tra gli oppositori, tra gli indipendentisti, tra i guerriglieri terroristi. La situazione si è incancrenita e non si vede una qualche possibilità di una soluzione politica a breve termine.

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I MINISTRI DEGLI ESTERI DELL’UNIONE EUROPEA RIUNITI OGGI A NEWPORT,

IN GALLES, IN VISTA DELL’AVVIO DEI NEGOZIATI FORMALI, IL 3 OTTOBRE PROSSIMO,

PER IL PROCESSO DI ADESIONE DELLA TURCHIA ALL’UE

- Intervista con l’on. Luigi Cocilovo -

 

In vista dell’avvio, il 3 ottobre prossimo, dei negoziati formali per il processo di adesione della Turchia all’Unione Europea, i ministri degli Esteri dell’UE sono riuniti oggi a Newport, in Galles, per un incontro informale. Il meeting è stato preceduto, ieri, dalle forti dichiarazioni del capogruppo del Partito Popolare Europeo all’Europarlamento, Hans Gert Poettering: da Bruxelles ha sottolineato la necessità di essere “onesti” con Ankara valutando, oltre alla possibilità dell’adesione, “altre forme di partenariato”. Ma come definire in questo momento lo status delle relazioni tra Unione e Turchia? Fausta speranza lo ha chiesto al vice presidente del Parlamento europeo, Luigi Cocilovo:

 

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R. – Credo che la presa di posizione di Poettering, così come altri che sono intervenuti in questi giorni, risenta molto delle scadenze elettorali tedesche e quindi di un riscontro, in parte anche parziale e opportunistico, con quei settori dell’opinione pubblica elettorale tedesca che non hanno visto con molto favore il riconoscimento immediato alla Turchia dello status di Paese interessato all’adesione. Ma è più una risposta a questo elettorato per irrigidire fin da ora e anticipatamente rispetto alle verifiche che caratterizzeranno il negoziato eventuali ipotesi alternative all’adesione tout-court, che nessuno esclude, che sappiamo essere in campo e che consentono di non ridurre la verifica negoziale allo scioglimento di un nodo secco radicale: adesione o nulla. Un domani, che anche il negoziato dovesse registrare delle difficoltà si potrebbero ipotizzare rapporti di partenariato privilegiato che possono riguardare la Turchia, ma non solo la Turchia. Oggi come oggi, però, ritengo che non vi sia alcuna realistica possibilità e neanche alcuna utilità politica nel rivedere formalmente le decisioni già adottate. Bisogna, piuttosto, essere tutti impegnati a che il negoziato, che formalmente si apre, sia sotto il profilo dei criteri politici preliminari, sia sotto il profilo del rispetto del diritto comunitario, possa procedere con un rigore assoluto, ed essendo al riparo da qualunque gestione tattica o politicamente orientata verso risultati pregiudizialmente già avvistati.

 

D. – Dopo la crisi per la Costituzione è un’altra Unione Europea quella che avvia la fase negoziale a partire dal 3 ottobre con la Turchia, rispetto a quella che ha deciso questa data?

 

R. – Certo è una Unione Europea in cerca d’autore, nel senso che sicuramente al di là delle verifiche, dell’evoluzione, dei rapporti che si registreranno con riferimento al problema dell’adozione o meno del Trattato costituzionale, pone a se stessa anzitutto, prima ancora che ad altri Paesi interessati all’adesione, il problema di una definizione, di una ambizione di connotati politici che la metta al riparo dalle conseguenze più negative alla situazione attuale. C’è chi legge non solo nel Trattato costituzionale, ma  nei percorsi che caratterizzano l’Europa un eccesso di ambizione e vorrebbe quindi scongiurare questi esiti a favore di una sostanziale e a mio giudizio negativa rinazionalizzazione degli obiettivi e della sovranità politica totale, globale. C’è chi legge un deficit di ambizioni. Allora è possibile che interpretazioni contestuali e contrastanti stiano in piedi e convivano soltanto se vi è una incertezza di fondo che al di là dei contenuti del Trattato costituzionale deve vedere in campo tutti gli attori - parti politiche, opinioni pubbliche, ma anche Paesi aderenti e Stati nazionali - per rilanciare non soltanto una ipotesi di Trattato costituzionale, ma un progetto politico senza il quale anche il negoziato che procede con  Paesi interessati, è privo di bussole di riferimento e quindi potrebbe risultare inutilmente appesantito.

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SETTIMANA DI NUOVE TENSIONI POLITICHE IN LIBANO: NUMEROSI POLITICI

E GIORNALISTI DEL FRONTE ANTISIRIANO HANNO LASCIATO IL PAESE

NEL TIMORE DI RAPPRESAGLIE TERRORISTICHE

- Intervista con Antonio Ferrari -

 

In questa settimana di nuove tensioni politiche, il Libano vede numerosi personaggi di spicco in fuga dal Paese che da poco si è sottratto al controllo della Siria. Nei giorni scorsi ci sono stati arresti eccellenti nell’ambito delle indagini, guidate dall’ONU, sull’attentato in cui ha perso la vita, il 14 febbraio scorso, l’ex premier Hariri. Il presidente Lahoud ha confermato l’arresto del capo della guardia presidenziale in carica al momento dell’attentato, dell’allora ministro della Giustizia e di tre ex capi della sicurezza. Da parte sua, il capo degli investigatori Onu che indagano sull’uccisione dell’ex premier Rafik Hariri ha dichiarato oggi a Beirut di ritenere “logica” una proroga del mandato della commissione d'inchiesta internazionale. “Non penso che saremo in grado di finire il nostro lavoro entro il 15 settembre – ha detto – ed è logico chiedere una proroga”.

 

Intanto, numerosi politici e giornalisti del fronte antisiriano hanno lasciato il Paese nel timore di rappresaglie terroristiche. Ma si può parlare di scontro in corso tra vecchio e nuovo Libano? Giancarlo La Vella lo ha chiesto all’inviato speciale del Corriere della Sera, Antonio Ferrari, esperto di Medio Oriente:

 

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R. – In una certa misura sì, anche se nel nuovo Libano sopravvivono componenti importanti del vecchio Libano e non soltanto per i rapporti storici tra la Siria e il Libano, ma anche perché certi elementi di insicurezza all’interno del Paese sono presenti a prescindere dalla presenza o meno delle truppe siriane e degli agenti siriani in Libano. Questo per dire che ci sono anche forze all’interno del Libano che non sono contente di come si sono messe le cose.

 

D. – Si sta chiudendo il cerchio intorno ai responsabili dell’omicidio Hariri?

 

R. – Certo. Quanto sta accadendo in Libano in questi giorni lascia pensare che forse ci sia qualcosa di più di una semplice complicità riguardo ai retroscena che hanno portato all’assassinio del primo ministro Hariri. Mi riferisco, per esempio, alla fuga di tanti personaggi importanti dal Libano. Questo è un segnale piuttosto pesante, perché indebolisce la compattezza anche del nuovo governo nato dopo le elezioni. Certo, se esponenti importanti della coalizione se ne vanno, la situazione allora potrebbe diventare più difficile. Bisognerà ora capire come si risolverà l’inchiesta voluta dall’ONU. Ma bisognerà inoltre capire che cosa i servizi di sicurezza sanno delle manovre, dei segreti e in fondo anche dei veleni che si stanno nuovamente materializzando nella “Repubblica dei Cedri”.

 

D. – Tutto questo sta avvenendo in un crescente clima di stabilizza­zione istituzionale, il Libano sta effettivamente diventando uno Stato nuovo?

 

R. – Questo era nelle intenzioni, ma non lo so se sia ora nei fatti. Dobbiamo dire che c’è una situazione estremamente complessa anche in Siria, che viene indicata da molti come la longa manus che sta dietro all’assassinio dell’ex primo ministro Hariri ed anche di altri omicidi mirati. Il presidente Bashar stesso ha offerto alla Commissione dell’ONU tutto l’aiuto possibile, dicendo che la Commissione può sentire tutti i siriani che ritiene necessario dover sentire. Questo, quindi, lascerebbe supporre che anche in Siria, ormai da tempo, ci sia quella battaglia di potere tra vecchio apparato e nuovi apparati. Parlare ora del Libano nel futuro, è ancora prematuro. La speranza è che le ambiguità ed anche certi legami possano sciogliersi e che il Libano possa finalmente tornare a vivere in libertà, come merita e come purtroppo non è in grado di fare ormai da troppo tempo.

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“SPECCHIO MAGICO”: QUESTO IL FILM CON CUI ENTRA OGGI

IL FESTIVAL DEL CINEMA DI VENEZIA

 

All’età di 97 anni il maestro della cinematografia portoghese Manoel de Oliveira porta in concorso alla Mostra di Venezia il suo nuovo, splendido film: Specchio Magico. Una riflessione d’autore sulle domande della vita e la paura della morte, sul sacro e il profano, stemperate grazie ad uno sguardo maturo ed un umanissimo sorriso. Da Venezia, Luca Pellegrini:

 

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L’attacco del violino è deciso e nervoso, e ben lo sapeva Camille Saint-Saëns che la sua Danse Macabre sarebbe stata capace di penetrare l’animo degli inquieti, con quel suo gusto romantico per le ombre, i notturni, la luna piena che sovrasta le case dei vivi e quelle dei morti. La casa di Alfreda, ricca portoghese, le racchiude entrambe, queste presenze: sono ricordi appena accennati, tenta-zioni fugaci, autobiografie consunte e misteriose. La casa di Alfreda suona perché il marito è un appassionato di musica e spende il suo denaro per istruire i giovani in quelle vecchie stanze; la casa di Alfreda è costruita attorno ad una monumen-tale scala lignea che cambia funzione a seconda della prospettiva: chi sale può credere di raggiungere il Paradiso e assecondare così le proprie visioni mentre chi scende raggiunge la terra, l’acqua, l’umanità e, forse, potrebbe cadere nel buio dell’Inferno.

 

In questa splendida magione, sulla quale “fu sera e fu mattino” nel trascorrere dei giorni, della natura e della vita, Manoel de Oliveira, col suo nobile procedere, la sua magica arte della parola e il suo sapiente e scarno senso dell’immagine, dipana una storia molto femminile, percorsa da leggeri fremiti maniacali, come il soffio del vento, storia riflessa in molti specchi “magici” che evocano passati, spiriti, misteri e desideri, senza però riuscire mai a mettere a nudo l’anima di chi vi si specchia. Una storia folta di dialoghi che soprattutto vertono sulla Signora dalle candide vesti, quella che proprio in Portogallo apparve ai tre poveri pastorelli. Alfreda non si dà pace: è ricca, sente il peso del denaro ed è ossessionata dal desiderio di vedere Maria, per avere forse conferma della sua fede e della sua salvezza, messa costantemente in dubbio. Cerca questa apparizione in se stessa, fuori di sé, dentro gli altri, la cerca riflessa in un fiume, nel silenzio del tempo, reclusa dal mondo. Si consuma in questo desiderio che non riesce ad appagare: vorrebbe che la Madre, incarnazione di quella che forse non ha avuto, le tendesse finalmente una mano. Morirà.

 

Il film è un difficile diario sul sacro e il profano: senza deridere mai il primo, senza accanirsi sul secondo. Un contorno di magnifici, superbi attori, ciascuno a rappresentare una risposta inattesa o inutile, fa da corona a questa “magica” riflessione su Alfreda, la grande attrice Leonor Silveira, ed i suoi specchi: la Mistica, impersonata dalla suora di Marisa Paredes, la Storia, ossia il Professore di Michel Piccoli, l’Umanità ingenua con il giovane Ricardo Trepa, e poi la Chiesa con il sacerdote, l’Arte con il marito, la Scienza con l’infermiera, la Furbizia con il falsario che vuole inscenare l’apparizione, l’Obbedienza con la cameriera, la Famiglia con la sorella, l’Amore con una ragazza e la Purezza con il sorriso di un bambino, che è poi l’ultima parola. Ciascuno di loro offre ad Alfreda una soluzione al suo male di vivere, una risposta ai suoi dubbi: sono il Coro delle voci di questa casa dei vivi e dei morti, sono la voce del mondo, sono il cuore e la carne, lo spirito e l’anima, la grazia e il peccato, la terra e il cielo.

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CHIESA E SOCIETA’

1 settembre 2005

 

VIA LIBERA DELLA COMMISSIONE EUROPEA ALL’IMPORTAZIONE DELLA COLZA ‘GT73’,

GENETICAMENTE MODIFICATA, PRODOTTA DALLA SOCIETA’ MONSANTO.

LA DECISIONE NONOSTANTE IL PRECEDENTE PARERE NEGATIVO DI UN COMITATO

TECNICO DEI 25 PAESI DELL’UNIONE: INSORGONO GLI AMBIENTALISTI

 

BRUXELLES. = Via libera definitivo in Europa alla colza 'Gt73', geneticamente modificata, prodotta dalla Monsanto. Lo ha deciso ieri la Commissione europea, autorizzandone l'importazione per 10 anni a scopi industriali o per alimentazione animale. Il provvedimento è accompagnato da una serie di linee guida rivolte alla società produttrice in caso di disseminazione accidentale nell'ambiente. Bruxelles ha tenuto a ricordare che il prodotto è stato testato dall'Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA). La colza ‘Gt73’ è il terzo prodotto (dopo i mais transgenici ‘Nk603’ e ‘Mon863’) permesso sulla base della nuova direttiva europea del 2001, che prevede regole sull’etichettatura del prodotto e meccanismi di sorveglianza dopo la vendita. La notizia ha comunque sollevato vibrate proteste degli ambientalisti e non solo. La Commissione europea ha avuto infatti l’ultima parola sulla colza ‘Gt73’, dopo che i ministri dell'Ambiente dell'UE non erano riusciti nel dicembre 2004, a comporre una maggioranza né a favore né contraria. La posizione del Consiglio dei ministri dell’UE di fatto rifletteva quella pronunciata in precedenza dai rappresentanti dei 25 a livello tecnico. Il fronte delno’ era formato da Italia, Danimarca, Estonia, Grecia, Cipro, Lituania, Lussemburgo, Malta, Austria, Polonia e Gran Bretagna. A favore erano Svezia, Finlandia, Slovacchia, Portogallo, Olanda, Lettonia, Francia, Repubblica Ceca e Belgio. I restanti Paesi si erano astenuti. La palla è infine ritornata alla Commissione europea. (R.G.)

 

 

SALUTI DI COMMIATO OGGI A EREVAN DELLA DELEGAZIONE CRISTIANA CANADESE,

IN VISITA IN ARMENIA SU INVITO DEL CATHOLICOS KAREKIN II

 

EREVAN. = Si conclude oggi ad Erevan la visita di una delegazione cristiana canadese in Armenia. La visita è avvenuta su invito del Catholicos Karekin II, Patriarca della Chiesa Armena. Della delegazione canadese fanno parte mons. Brendan O'Brien, presidente della Conferenza episcopale; il primate della Comunione anglicana in Canada, Andrew Hutchison; il metropolita greco-ortodosso,  Sotirios Athanassulas; e Richard Schneider, presidente del Consiglio canadese delle Chiese. Karekin II ha ringraziato la delegazione canadese, in particolare perché la visita in Armenia è coincisa con il 90.mo anniversario del genocidio armeno. (A.M.)

 

 

ALLARME DELLA FAO PER LA POSSIBILE DIFFUSIONE DELL’INFLUENZA AVIARIA

 NEI PAESI TOCCATI DALLE ROTTE DEGLI UCCELLI MIGRATORI,

CHE DALL’ASIA SI SPOSTANO IN OCCIDENTE. “OCCORRE INVESTIRE DI PIU’

PER CONTENERE L’EPIDEMIA”, AMMONISCONO GLI ESPERTI

 

ROMA. = Appello della FAO a tutti i Paesi membri e a tutti i Paesi industrializzati per investire di più nella sorveglianza e nella prevenzione contro la possibile diffusione del virus dell'influenza aviaria, lungo le rotte degli uccelli migratori, che dall'Asia si spostano verso Occidente. “Prevenire il virus negli animali è il modo migliore per prevenire la pandemia”, ha detto ieri a Roma il capo del servizio veterinario della FAO, Joseph Domenech, in una conferenza stampa. Secondo gli esperti è possibile che gi incroci tra le diverse rotte degli uccelli migratori possano favorire lo spostamento del virus sempre più verso Occidente e che il passaggio attraverso Paesi in cui la sorveglianza è ancora scarsa, come quelli di Medio Oriente e Nord Africa, possa far sì che l’Europa, Italia compresa, per la prossima primavera si trovi alle porte flussi di uccelli migratori a rischio. E’ quindi possibile che in un futuro non lontano gli uccelli provenienti dalla Siberia, dove di recente è stato individuato il virus H5N1, possano portare il virus nel Mar Caspio e nel Mar Nero. Di conseguenza queste regioni, insieme ai Paesi balcanici, potrebbero diventare la porta d'ingresso del virus in Europa centrale. “Non vi è motivo di pensare che la diffusione del virus si arresterà”, ha detto il direttore della divisione della FAO per la salute animale, Samuel Jutzi. “E’ un rischio - ha aggiunto - che deve essere gestito dai singoli Paesi come dalle organizzazioni internazionali”. Nel gennaio 2004, la FAO aveva stimato una spesa pari a circa 100 milioni di dollari per una sorveglianza efficace dell'epidemia negli animali. “Ma finora - ha rilevato - non è stato stanziato che un quarto di questa cifra”. Considerando poi la possibile diffusione in Medio Oriente e Africa settentrionale e orientale, si dovrà investire ancora di più: almeno 225 milioni di dollari. Il grande sforzo da fare in questo momento, secondo gli esperti della FAO, è aumentare le conoscenze sugli uccelli migratori, in particolare acquatici, individuare le specie che più facilmente veicolano il virus e studiarne le rotte per far sì che tutti i Paesi a rischio siano allertati. (R.G.)

 

 

IN 100 MILA COPIE ESCE OGGI IN FRANCIA

IL COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA

 

PARIGI. = Esce oggi in Francia il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica. Il suo titolo è “Catéchisme de l’Eglise catholique abrégé. La foi catholique en 600 questions-réponses”. Si tratta di una coedizione curata da Cerf, Fleurus-Mame e Bayard, al prezzo di 18 euro. La tiratura è stata di 100 mila copie. La presentazione del testo è stata curata dal cardinale Jean Honoré, arcivescovo emerito di Tours.  Quanto alla edizione del Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato nel 1992, in Francia ne sono state vendute più di 500 mila copie. (A.M.)

 

 

IN AUMENTO NEL MONDO LA TRATTA DEGLI ESSERI UMANI: LO DENUNCIANO

AGENZIE DELL’ONU ED ORGANIZZAZIONI UMANITARIE, IN UN CONVEGNO A PECHINO 

 

PECHINO. = Il traffico di esseri umani è in aumento in tutto il mondo, con milioni di donne e bambini ridotti in condizioni di semi-schiavitù. La denuncia giunge da funzionari delle Nazioni Unite e di organizzazioni umanitarie che partecipano ad un Convegno in corso a Pechino. L'Alto Commissario dell’ONU per i Diritti Umani, Louise  Arbour, ha sottolineato che il traffico “è una cosa orrenda”, che “per la sua stessa natura” è una “grave violazione dei diritti umani”. La direttrice dell’UNICEF, Ann Veneman, ha aggiunto che “nessuna regione” del mondo ne è immune. In particolare nella regione dell’Asia-Pacifico, è la prostituzione il principale fattore di crescita nella tratta di donne e bambini. Secondo cifre dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), il fenomeno coinvolge almeno 2 milioni di persone. Nel suo intervento Louise Arbour ha chiesto a tutti i Paesi di questa regione di firmare gli accordi internazionali contro questo traffico. Anche la Cina è interessata dal problema e i trafficanti di esseri umani sono favoriti nelle loro azioni dalle crescenti disparità sociali e dalla cronica povertà che ancora affligge diverse regioni dell’immenso Paese asiatico, dove vivono un 1 miliardo e 300 milioni di persone. (R.G.)

 

 

A LORETO, CONCERTO “TOTUS TUUS” IN MEMORIA DI GIOVANNI PAOLO II:

APPUNTAMENTO L’8 SETTEMBRE CON MUSICISTI DAI CINQUE CONTINENTI

 

LORETO. = Musica e canti dei cinque continenti alla Vergine Maria: è il concerto ‘Totus Tuus’ con cui il Santuario della Santa Casa di Loreto intende onorare l'8  settembre prossimo la memoria di Giovanni Paolo II (cinque volte pellegrino nella città mariana) e la sua grande devozione alla  Madonna. Le parole ‘Totus Tuus’ che - ricorda la Delegazione Pontificia di Loreto - hanno racchiuso tutto l’affidamento e la consacrazione a Maria di un pontefice passato alla storia come  “il Grande”, sono anche la chiave di un evento che riunisce a Loreto, per la prima volta, artisti e musicisti dai cinque continenti. Partecipano Katia Ricciarelli, Gianfranco Cecchele, Kristjan Johannson, Harold Bradley, Daniela Mazzuccato, Hon Mei ed altri artisti di fama internazionale. (R.G.) 

 

 

OLTRE 4 MILIONI DI PERSONE COLPITE DALLA CARESTIA IN MALAWI.

APPELLO DELL’ONU A GINEVRA PER UNA RACCOLTA DI AIUTI

 

GINEVRA. Un appello in aiuto del Malawi è stato lanciato in questi giorni dall'ONU a Ginevra. Si tratta di raccogliere 88 milioni di dollari destinati a soccorrere 4 milioni e 200 mila persone colpite da una grave penuria alimentare che affligge il Paese africano. Il piano di assistenza prevede un sostegno immediato ai cittadini più vulnerabili fino al prossimo raccolto che avverrà nel marzo 2006; a seguire sarà dato un contributo diretto agli agricoltori per evitare che la crisi alimentare continui anche l’anno prossimo, come ha spiegato la portavoce dell'Ufficio dell'Onu per gli affari umanitari nella città elvetica. (R.G.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

1 settembre 2005

- A cura di Eugenio Bonanata e Andrea Cocco -

 

Il Parlamento israeliano ha ratificato l’accordo per il dispiegamento di truppe egiziane al confine con la Striscia di Gaza. Il protocollo militare prevede, una volta ultimato il ritiro di tutti i militari israeliani dall’area, l’impiego di 750 guardie egiziane con l’obiettivo di impedire il passaggio clandestino di armi attraverso la frontiera.

 

Storico incontro a Istanbul tra i ministri degli Esteri di Israele e Pakistan. Si tratta di un significativo passo verso la normalizzazione delle relazioni fra i due Paesi che non hanno mai avuto prima rapporti diplomatici. I due ministri, secondo quanto affermato al termine dell’incontro, si sono detti ottimisti per un impegno teso ad un mutuo riconoscimento diplomatico.

 

Nella notte un ingegnere britannico è stato rapito in Afghanistan da uomini armati che hanno attaccato il convoglio in cui viaggiava. Morti i tre agenti di scorta. Secondo i taleban, che hanno rivendicato l’azione, le 3 vittime sarebbero britanniche o americane; sarebbero invece afghani secondo il governo.

 

La Cina ha celebrato oggi il quarantesimo anniversario della creazione della “Regione Autonoma del Tibet”, sottolineandone lo sviluppo economico. Gruppi umanitari, tuttavia, sostengono che il Tibet goda dell’autonomia solo sulla carta e ricordano il gran numero di religiosi fedeli al Dalai Lama, che sono stati incarcerati e a volte torturati dalla polizia cinese. Il Tibet è di fatto dominato dalla Cina sin dall’invasione del territorio himalayano da parte dell’Esercito di Liberazione popolare nel 1950. Nel 1959 il Dalai Lama dovette fuggire in esilio dopo il fallimento di una sollevazione contro la dominazione cinese. Dal 1950 sono stati distrutti oltre 2 mila monasteri tibetani. Lo scorso maggio, 2 monaci sono stati condannati a 11 anni di detenzione “per avere esposto una bandiera nazionale del Tibet”.

 

In Thailandia, una serie di attentati nelle province meridionali del Paese ha ridestato i timori di una recrudescenza del conflitto tra esercito e ribelli musulmani. Nella notte di ieri cinque ordigni sono esplosi quasi simultaneamente provocando almeno 3 vittime e un numero imprecisato di feriti. Questa mattina, altre due bombe sono esplose al passaggio di un convoglio militare. Gli attentati sono stati attribuiti ai ribelli musulmani delle province meridionali, teatro di un conflitto che dal gennaio del 2004 ha provocato oltre 900 morti.

 

Spiragli di pace in India. Per la prima volta dalla sua elezione, il primo ministro, Manmohan Singh, incontrerà lunedì prossimo i dirigenti separatisti del Kashmir indiano.

 

Con la liberazione di oltre 200 prigionieri, il governo indonesiano ha dato il via, ieri, all’attuazione del piano d’amnistia concordato a Helsinki lo scorso 15 agosto insieme al Movimento Liberazione di Aceh, impegnato da decenni per la separazione del nord del Paese.

 

Il parlamento delle Filippine ha respinto anche la terza e ultima richiesta di destituzione presentata dall’opposizione contro il capo dello Stato, Gloria Arroyo. Il documento bocciato dai deputati era considerato più debole, e dunque meno suscettibile di essere approvato, rispetto agli altri due che erano stati respinti ieri dall’assemblea.

 

E’ stata una bomba a provocare la morte di una persona, questa mattina, nei pressi di Bursa, nella Turchia occidentale. Secondo gli inquirenti, la vittima è proprio l’uomo che trasportava l’esplosivo. Bursa è una città storica abitualmente visitata da turisti, e da alcuni anni e' diventato un centro di produzione di automobili

 

Il premier albanese, Fatos Nano, ha presentato oggi le sue dimissioni da capo del governo e da segretario del Partito socialista dopo la comunicazione definitiva dei risultati delle legislative di luglio. Il partito di Nano ha ottenuto solo 42 seggi contro i 59 vinti dal Partito democratico dell’ex presidente Sali Berisha.

 

In Italia, domani, il Consiglio dei ministri si riunirà per prendere in esame, in particolare, la relazione del ministro dell’Economia sulla riforma della Banca d’Italia. Ieri il premier Berlusconi aveva annunciato un accordo tra i partiti della maggioranza per la sua riforma. Le reticenze tuttavia rimangono, soprattutto da parte della Lega, che vuole a tutti i costi evitare le dimissioni del governatore Fazio, dopo lo scandalo delle intercettazioni telefoniche che lo ha visto coinvolto.

 

Sempre più in bilico le trattative per la pacificazione della Costa d’Avorio dilaniata dal settembre del 2002 da un grave conflitto interno. I ribelli delle Forze nuove, che controllano il nord del Paese, hanno respinto definitivamente la mediazione del presidente Sudafricano Thabo Mbeki, criticato per essere troppo vicino al governo di Abdijan. Secondo i ribelli dovrà ora essere il presidente di turno dell’Unione Africana, il nigeriano Obasanjo, a prendersi la responsabilità di proseguire il processo di pace. Proprio oggi le autorità sudafricane avevano ribadito la loro intenzione di proseguire nella mediazione, smentendo così la notizia di un’interruzione dei negoziati diffusa ieri.

 

Dopo il mancato accordo per gli scambi commerciali nel settore tessile, gli Stati Uniti hanno deciso di limitare le importazioni cinesi di tessuti. Lo ha riferito il Dipartimento al Commercio, sottolineando che il confronto con i cinesi continua con l’obiettivo di trovare una “soluzione che permetta uno sviluppo regolare del settore”.

 

 

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