RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
303 - Testo della trasmissione di domenica
30
ottobre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Cordoglio del Santo Padre per le tre ragazze cristiane
uccise barbaramente in Indonesia.
Ieri, Benedetto XVI in pellegrinaggio privato al santuario
della Mentorella.
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA
E SOCIETA’:
Uccisi in Giamaica due missionari cattolici
Aperta ieri a Rimini la 29.ma
Conferenza degli Animatori del Rinnovamento nello Spirito Santo
Al via le celebrazioni per l’ottavo centenario di
fondazione dei Frati Minori Francescani
I vescovi tailandesi proclamano
il 2006 Anno dell’evangelizzazione
In Ciad, un missionario comboniano realizza un film per promuovere il dialogo tra le religioni
New Delhi blindata dopo gli attacchi terroristici che
ieri hanno provocato oltre 60 morti – L’uragano Beta si abbatte sulle coste del
Nicaragua
30
ottobre 2005
“I CREDENTI IN CRISTO TENGANO SEMPRE VIVO LO
SPIRITO
DEL CONCILIO VATICANO II”: È L’ESORTAZIONE DI
BENEDETTO XVI ALL’ANGELUS,
DEDICATO
ALLA FRUTTUOSA EREDITA’ DEI DOCUMENTI CONCILIARI, TRA CUI
IN
PARTICOLARE LA DICHIARAZIONE NOSTRA AETATE.
AL TERMINE DELLA PREGHIERA MARIANA, IL PAPA HA
RINNOVATO L’APPELLO ALLA
COMUNITA’ INTERNAZIONALE, AFFINCHE’ SOSTENGA LE
POPOLAZIONI DEL KASHMIR, COLPITE DAL TERREMOTO L’8 OTTOBRE SCORSO
Riprendere in mano i documenti conciliari per tenere sempre vivo lo spirito
del Concilio Vaticano II: è l’esortazione di Benedetto XVI ai fedeli. Parole
pronunciate all’Angelus domenicale, in una piazza San Pietro gremita da
migliaia di pellegrini giunti da tutto il mondo. Il Papa, che ha ricordato in
particolare l’attualità della Dichiarazione Nostra Aetate, ha rinnovato
l’appello alla comunità internazionale affinché dia sostegno alle popolazioni
colpite dal terremoto in Pakistan. Il servizio di Alessandro Gisotti:
*******
Quarant’anni fa, ha ricordato Benedetto XVI, iniziava la settima sessione
del Concilio Vaticano II, fase finale di quello storico evento ecclesiale,
iniziato tre anni prima, in cui venne approvata la maggior parte dei documenti
conciliari. Il Papa ha riconosciuto che non tutti sono noti allo stesso modo,
ma tutti meritano di essere richiamati, “perché conservano il loro valore e
rivelano un’attualità che per certi aspetti è addirittura aumentata”. E’ il
caso, ha constatato, della Dichiarazione Nostra Aetate, che riguarda
l’atteggiamento della Comunità ecclesiale nei confronti delle religioni non
cristiane:
Con la Dichiarazione Nostra Aetate i Padri del
Vaticano II hanno proposto alcune verità fondamentali: hanno ricordato con chiarezza
lo speciale vincolo che lega i cristiani e gli ebrei, hanno ribadito la stima
verso i musulmani ed i seguaci delle
altre religioni ed hanno confermato lo
spirito di fraternità universale che bandisce qualsiasi discriminazione o
persecuzione religiosa.
Benedetto XVI ha menzionato
anche altri documenti meno citati: i decreti Christus Dominus,
Perfectae caritatis e Optatam totius come anche la Dichiarazione Gravissimum
educationis, che affrontano temi centrali nella vita della Chiesa, dal
rinnovamento della vita religiosa alla formazione sacerdotale.
Insegnamenti ripresi e approfonditi da tre Assemblee ordinarie del Sinodo dei
vescovi, svoltesi nel 1990, 1995 e 2001. E qui, il Pontefice ha citato le
esortazioni apostoliche post sinodali dell’amato predecessore, Giovanni Paolo
II: Pastores dabo vobis, Vita consecrata e Pastores gregis. “Da sempre –
ha proseguito il Santo Padre – la Chiesa è impegnata nell’educazione della
gioventù alla quale il Concilio riconobbe un’estrema importanza sia per la vita
dell’uomo che per il progresso sociale”. Parole corredate da una profonda
riflessione:
Anche oggi, nell’epoca
della comunicazione globale, la Comunità ecclesiale avverte tutta l’importanza
di un sistema educativo che riconosca il primato dell’uomo come persona, aperta
alla verità e al bene. Primi e principali educatori sono i genitori.
Una responsabilità, ha aggiunto il Papa, particolarmente sentita dalla
Chiesa, alla quale “Cristo ha affidato il compito di comunicare la via della
vita”. Missione cui cerca di adempiere in diversi modi, in famiglia come in
parrocchia e nelle scuole. Benedetto XVI ha così invitato tutti i fedeli a
tenere vivo lo spirito del Vaticano II:
Cari fratelli e sorelle, mentre
vi invito a riprendere tra le mani questi documenti, vi esorto a pregare
insieme con me la Vergine Maria, affinché aiuti tutti i credenti in Cristo a
tenere sempre vivo lo spirito del Concilio Vaticano II, per contribuire ad
instaurare nel mondo quella fraternità universale che risponde alla volontà di
Dio sull’uomo, creato a immagine di Dio.
Dopo la recita della preghiera
mariana, il Santo Padre ha rinnovato l’appello alla comunità internazionale,
affinché aiuti le persone colpite dal terribile terremoto che ha devastato il
Kashmir, l’8 ottobre scorso:
Anche in questo caso, molteplici sono state le
forme di solidarietà, ma il bisogno appare più grande degli aiuti finora
offerti. Rinnovo, pertanto, il mio appello alla comunità internazionale,
affinché si moltiplichino gli sforzi a sostegno di quelle popolazioni tanto
provate.
Il Papa ha infine salutato i gruppi di pellegrini, numerosi quelli
provenienti da diverse diocesi italiane, dando loro appuntamento a martedì, festività
di Tutti i Santi.
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I
NUOVI MARTIRI SIANO UN ESEMPIO VIVO DI IDENTITA’ SACERDOTALE:
COSI’,
BENEDETTO XVI AL TERMINE DELLA CELEBRAZIONE DI BEATIFICAZIONE,
IERI
SERA IN SAN PIETRO, DI 8 RELIGIOSI UCCISI IN ODIO
ALLA
FEDE DURANTE LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA
“Un esempio vivo di identità sacerdotale”.
Così il Papa ha definito gli otto religiosi proclamati Beati ieri pomeriggio,
nella Basilica Vaticana. Si tratta di sette sacerdoti diocesani, Josep Tàpies e
sei compagni, e di una religiosa della Congregazione delle Suore Zelatrici del
Culto Eucaristico, Marìa de Los Angeles Ginard Martì, uccisi durante la guerra
civile spagnola. La Santa Messa è stata presieduta dal cardinale Josè Saraiva
Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Benedetto XVI si è
recato nella Basilica di San Pietro per i riti di conclusione, per venerare le
reliquie dei nuovi Beati e salutare i fedeli presenti. Il servizio di Dorotea
Gambardella.
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(Musica)
“Estos nuevos Beatos son para todos nosotros
un ejemplo vivo…”
“Questi
nuovi Beati sono per tutti un esempio vivo di identità sacerdotale e di consacrazione
religiosa. Rendiamo grazie a Dio per il grande dono di questi eroici testimoni
della fede”. Con queste parole, Benedetto XVI ha rivolto il suo saluto alle
centinaia di fedeli giunti nella Basilica di San Pietro, per rendere omaggio
agli otto nuovi beati, uccisi in odio alla fede durante la guerra civile
spagnola nell’estate del 1936. Riferendosi, in particolare, ai sette martiri,
Josep Tàpies e i sei compagni, il Papa ha sottolineato:
“El ejemplar grupo de sacerdotes della
diòcesis de Urgell…”
“Gli
esemplari sacerdoti della diocesi di Urgell immolarono la loro vita per la loro
fedeltà al ministero sacerdotale, che esercitarono con grande impegno nelle rispettive
comunità parrocchiali”. Quindi, il Santo Padre ha ricordato che nel momento del
martirio “perdonarono i loro persecutori e invocarono il Re dell’Universo”.
Poi, il Pontefice ha rivolto il suo pensiero a Marìa de Los Angeles Ginard
Martì, che patì il martirio nei pressi di Madrid:
“La nueva Beata entregada totalmente al
Senor…”
“La
nuova Beata – ha detto – consacrandosi totalmente al Signore nella vita religiosa,
dedicava molte ore all’adorazione dell’Eucaristia e al servizio della comunità.
In tal modo si è preparata ad offrire la propria vita come espressione suprema
di amore per Cristo”.
(Musica)
Alle
parole del Papa, si aggiungono quelle del cardinale Josè Saraiva Martins, il
quale, nella sua omelia, ha parlato del martirio come del “segno più autentico
che la Chiesa è di Cristo, è la Chiesa che Gesù ha amato e fondato e nella
quale è presente”.
“El martirio cristiano proclama con claridad que
Jesucristo…”
“Il
martirio cristiano proclama con chiarezza – ha aggiunto il porporato – che Cristo,
la fede in Dio e nel Vangelo costituiscono i valori più alti, fino al punto che
per essi si deve sacrificare la vita stessa”. Poi, ha sottolineato che il messaggio
dei martiri per i cristiani di oggi è quello di vivere fino in fondo la fede
non solo nel privato, ma anche nella società, in cui è necessario promuovere e
tutelare quei valori – la vita, la famiglia, il diritto irrinunciabile dei
padri ad educare i propri figli - che sono la radice stessa di una convivenza
basata sulla giustizia.
“Il mondo contemporaneo ha più che mai bisogno di
comprendere la grande lezione di questi testimoni visibili dell’amore
cristiano, perché solo l’amore è credibile”.
(Musica)
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IERI,
BENEDETTO XVI IN PELLEGRINAGGIO PRIVATO AL SANTUARIO DELLA
MENTORELLA
VICINO TIVOLI, NEL GIORNO IN CUI, 27 ANNI FA, GIOVANNI PAOLO II
COMPI’
LA PRIMA VISITA DA PONTEFICE, FUORI DAL VATICANO
Benedetto
XVI ha trascorso parte della giornata di ieri al Santuario mariano “Madre delle
Grazie” della Mentorella, nella diocesi di Tivoli, ad una cinquantina di
chilometri da Roma. Un pellegrinaggio, in forma privata, di particolare
significato, come ci riferisce Alessandro Gisotti:
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Un
luogo ricco di storia, di testimonianze forti della vita cristiana: Benedetto
XVI si è recato ieri in pellegrinaggio al Santuario della Mentorella, dove ha celebrato
una messa in onore della Madonna. Proprio un 29 ottobre, quello di 27 anni fa,
Giovanni Paolo II si era recato in questo luogo sacro arroccato sui monti Prenestini,
nella sua prima visita ufficiale da Pontefice, fuori da Città del Vaticano. Papa
Wojtyla, che più volte aveva visitato il Santuario prima dell’elezione alla Cattedra
di Pietro, affermò in quell’occasione: “Ho desiderato venire qui, tra queste montagne
per cantare dietro le orme di Maria il Magnificat... Questo luogo mi ha
aiutato molto a pregare”.
Tanta l’emozione tra i pellegrini allora,
come grande la sorpresa ieri per la visita inaspettata del Santo Padre. Alla
Mentorella, luogo della conversione di Sant’Eustachio, è particolarmente legata
alla figura di San Benedetto da Norcia. Qui, infatti, passando da Roma, il
santo si fermò per 2 anni in una grotta dietro la chiesa dedicata a
Sant’Eustachio, consacrata da Papa Silvestro nel IV secolo.
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IL DOLORE DEL SANTO PADRE PER LA BARBARA UCCISIONE
DI TRE RAGAZZE CRISTIANE IN INDONESIA
- A cura di Alessandro Gisotti -
Profondo
cordoglio di Benedetto XVI per “la barbara uccisione di tre ragazze cristiane
in Indonesia”. Una dichiarazione del direttore della Sala Stampa della Santa
Sede, Joaquín Navarro-Valls, diramata stamani informa che
“appena appresa la dolorosa notizia”, il Santo Padre “ha incaricato il vescovo
di Manado, mons. Joseph Theodorus Suwatan, di porgere alle famiglie delle
vittime ed a quella comunità diocesana le più sentite condoglianze, assicurando
di elevare al Signore fervide preghiere per il ritorno della pace fra quelle
popolazioni”.
Ieri, il mondo aveva appreso con orrore la notizia che a Poso - nella
provincia indonesiana di Sulawesi Centrale - tre studentesse cristiane, mentre
si recavano a scuola, erano state decapitate. La barbara uccisione è avvenuta
in una regione dove da anni si registrano violente manifestazioni di estremismo
islamico.
L’EUCARISTIA SIA SEGNO DI SPERANZA, APRA ALLA
MISSIONE, SPINGA ALLA
CARITÀ. COSÌ IL SEGRETARIO PER I RAPPORTI CON GLI
STATI DELLA SANTA SEDE
MONS.
GIOVANNI LAJOLO, NELL’OMELIA DELLA MESSA PONTIFICALE PRESIEDUTA
A MOSCA, NELLA CATTEDRALE DELL’IMMACOLATA
CONCEZIONE, A CONCLUSIONE
DELLA SUA
VISITA NELLA CAPITALE RUSSA
Si conclude oggi a Mosca la
visita del segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, mons.
Giovanni Lajolo. Il presule ha celebrato stamattina, nella cattedrale cattolica
moscovita, la Santa Messa di chiusura dell’anno dedicato all’Eucaristia e a
conclusione del Congresso Eucaristico dell’arcidiocesi della Madre di Dio.
Nei giorni scorsi, l’arcivescovo
Lajolo ha incontrato il ministro degli Affari Esteri russo, Sergej Lavrov, e il
metropolita Kirill, presidente del Dipartimento delle relazioni ecclesiastiche
esterne del Patriarcato ortodosso di Mosca. Sulla celebrazione di stamani a
Mosca, il servizio di Tiziana Campisi.
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L’Eucaristia sia “segno di
speranza”, “quella virtù che è tutta protesa verso il vero futuro”, “luminoso e
perfetto che non conosce tramonto”, e al “raggiungimento dell’incomparabile ed
indefettibile gioia del nostro essere totalmente con Cristo”. Sono le parole
pronunciate dall’arcivescovo Giovanni Lajolo, durante l’omelia della Messa
pontificale, presieduta oggi a Mosca nella cattedrale dell’Immacolata
Concezione.
In Russia da quattro giorni per
una serie di incontri di carattere diplomatico e di profilo ecumenico, il
presule ha sottolineato che “l’Eucaristia è il pane del pellegrino”, che “tiene
aperto l’orizzonte della vita eterna”. “Nel nostro pellegrinaggio terreno – ha
detto mons. Lajolo – l’Eucaristia ci fa comprendere ciò che vale per la vita in
maniera incondizionata, assoluta, e ciò che vale solo relativamente al giorno
che passa, o che non vale affatto, o che è un controvalore, non un cibo, ma un
veleno. È lo stesso nostro Signore Gesù Cristo, in corpo, sangue, anima e
divinità – ha continuato il presule – che ci unisce a sé ed al suo sacrificio,
come risposta di amore”.
“L’Eucaristia – ha specificato –
ci ricolma di quell’unico amore che solo può saziare la fame ed estinguere la
sete del nostro cuore, sempre pellegrino”. Il segretario vaticano per i
Rapporti con gli Stati ha evidenziato ancora che pellegrinare è un cammino non
senza privazioni e fatica, ma che è percorso pure con gioia, “perché la meta
resta fissa nel cuore, perché il viaggio, pur tra inevitabili difficoltà, è
anche allietato da incontri incoraggianti ed esperienze arricchenti”.
“Il pellegrino cristiano non
avanza mai in una solitudine desolata – ha detto ancora mons. Giovanni Lajolo –
egli è, anzitutto, con la compagnia del Signore
Gesù, che è sempre con noi tutti
i giorni della nostra vita”. Il presule ha poi ricordato che l’Eucaristia ha
“una potente valenza sociale. Essa crea comunione tra i fedeli”. “Apre anche
alla testimonianza, alla missione - ha spiegato - è partecipazione ad una
verità grande e gioiosa che trasforma la vita e non può non volersi comunicare
agli altri”. Infine, l’arcivescovo Lajolo ha sottolineato che ’Eucaristia
“spinge all’azione caritativa, perché l’amore di Cristo che ci urge dentro si
rivolge a tutto l’uomo nella sua integralità e a tutti gli uomini senza
esclusione alcuna”.
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30
ottobre 2005
NELLA COSTA D’AVORIO DIVISA IN
DUE A CAUSA DELLA GUERRA CIVILE,
SI APRE
UNA FASE INCERTA DOPO LA SCADENZA
DEL
MANDATO PRESIDENZIALE DI LAURENT GBAGBO
- Con noi, Massimo Alberizzi -
In
Costa d’Avorio scade oggi il mandato presidenziale di Laurent Gbagbo. Dalla
guerra civile del 2002, il capo dello Stato ha dovuto governare un Paese di
fatto diviso in due, con il sud guidato dal governo ed il nord controllato dai
ribelli. Un contingente di 10 mila caschi blu dell’ONU, a maggioranza francese,
ha il compito di monitorare il rispetto degli accordi di pace, ma c’è il timore
che il vuoto di potere sino alle prossime elezioni presidenziali possa favorire
il riesplodere della violenza. Su questi aspetti, Giancarlo La Vella ha
intervistato Massimo Alberizzi, inviato speciale ed africanista del Corriere
della Sera:
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R. – L’African Union ed il
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite hanno chiesto a Gbagbo di restare
ancora in carica per 12 mesi. Naturalmente l’opposizione e i ribelli armati
rifiutano di riconoscere Gbabo dopo il 30 ottobre. Questo ovviamente crea una
condizione di attrito. E’ notizia di questi giorni da Human Rights Watch,
che il governo della Costa d’Avorio sta reclutando mercenari liberiani.
D. – Questo potrebbe dire che
Gbagbo, manu militari, potrebbe tentare di rimanere al potere comunque?
R. – In questo momento Gbagbo è
vincente sul piano politico. Quindi non credo che a lui convenga prendere il
potere militarmente. Più che altro potranno essere i ribelli che attaccano. Uno
degli attori in gioco è Blaise Compaoré, il presidente del Burkina Faso, che
sostiene i ribelli del nord della Costa d’Avorio. Bisogna anche vedere quale
atteggiamento assumerà lui nei prossimi giorni.
D. – Si intravede un qualche
personaggio che possa prendere il posto di Gbabo?
R. – In questo momento no dalla
parte governativa perché ormai Gbagbo è diventato una bandiera. Dall’altra
parte, il capo dei ribelli è ancora troppo debole per poter dire di assumere il
potere. Io credo che si dovrebbe andare verso un governo di coalizione serio,
guardato a vista dalle Nazioni Unite e dalla Francia perché non si mettano a
litigare e quindi a far riscoppiare una guerra.
D. – Che bilancio si può fare
della presidenza Gbagbo?
R. – E’ molto difficile farlo
perché, in realtà, lui ha governato poco più di un anno, con il Paese non
diviso e poi la guerra ha influito sulla sua politica. Gbagbo ha cercato, comunque,
di scollare la dipendenza della Costa d’Avorio dalla Francia. Il suo primo
viaggio l’ha fatto in Italia. Questo non è stato gradito anche sul piano formale
dalla Francia. Da questo punto di vista è stata una presidenza che io stimo,
perché ha cercato di togliere la dipendenza di un Paese da un altro Paese, ma
ha sbagliato, però, sul piano diplomatico perché la Francia non accetterà mai
di perdere del tutto o anche in parte la Costa d’Avorio, la sua ex colonia
prediletta.
D. – Alla comunità
internazionale interessa una Costa d’Avorio stabile, perché?
R. – La Costa d’Avorio era il
Paese più stabile nell’Africa occidentale, il più ricco dell’area. Ancora oggi,
dei Paesi dell’Africa francofona, il 40% del Prodotto interno lordo è dato dalla
Costa d’Avorio. La sua ricchezza ed anche la sua stabilità avrebbe dovuto
essere d’esempio agli altri Paesi. Invece, purtroppo no, anche perché, secondo
me, c’è il Burkina Faso che destabilizza l’area.
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PRESENTATA AL PARLAMENTO ITALIANO UNA MOZIONE
PER
CONTRASTARE IL TRAFFICO DELLE ARMI LEGGERE
- Intervista con Alex Zanotelli e Daniela Carboni
-
Impegnare il governo italiano,
sia a livello internazionale che nazionale nel promuovere una maggiore
trasparenza nel commercio di armi prevedendo sanzioni per gli Stati che violino
le leggi in materia. E’ la finalità della mozione sulle armi leggere presentata
nei giorni scorsi alla Camera e al Senato e finora sottoscritta da 101 parlamentari.
Il servizio è di Francesca Sabatinelli:
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L’appuntamento cruciale è nel
luglio 2006, quando a New York, alla seconda conferenza ONU sui traffici
illeciti di armi leggere, si segnerà il destino della lotta a queste armi, che
sono 639 milioni nel mondo, 8 milioni quelle prodotte ogni anno. Dalle Nazioni
Unite ci si aspetta un impegno ufficiale che porti all’adozione di un Trattato
internazionale sul commercio delle armi, che ogni anno uccidono 500 mila
persone. La pressione della IANSA, la Coalizione internazionale sulle armi
leggere, che in Italia conta su Rete disarmo italiana e Amnesty International, è inarrestabile: la mancanza di controllo
sul commercio di armi, è l’avvertimento, sta facendo crescere i conflitti, la povertà
e le violazioni dei diritti umani in tutto il mondo. Una voce forte è quella
del missionario comboniano, Alex Zanotelli:
“50 milioni di persone all’anno
continuano a morire di fame, oggi. Questo davanti all’incredibile fatto delle
armi. Praticamente, l’anno scorso abbiamo speso oltre mille miliardi di dollari
in armi: in un anno! La Banca Mondiale ci dice: ‘Con 40 miliardi di dollari,
noi potremmo risolvere fame e sanità in tutto il mondo, per un anno intero’. E’
un momento tragico, per l’umanità, ed ecco dove le religioni dovranno toccare
il cuore dell’uomo, aiutarlo a capire che siamo sull’orlo del precipizio: o ci
tiriamo indietro, e cominciamo tutti a ragionare, o moriremo tutti!”.
L’Italia, nel 2001, è stata il
secondo esportatore al mondo armi leggere e di piccolo calibro; si stima che
tra il 1999 ed il 2003 abbia esportato armi ad uso civile e sportivo per un
valore di oltre un miliardo e mezzo di euro, spesso destinandole a Paesi
accusati di violazioni dei diritti umani. Daniela Carboni, di Amnesty International-Italia:
“Speriamo che la posizione del
governo italiano sia più decisa, per avere un sostegno concreto al Trattato
internazionale, perché bisogna arrivare a definirlo e ad approvarlo, non a
viverlo soltanto come un problema economico, ma come una questione di diritti
umani”.
La faccia di chi si ribella a
tutto questo è la l’arma più potente contro la violenza armata. Per questo, gli
organizzatori invitano i cittadini a farne un buon uso con la foto-petizione,
un nuovo strumento di mobilitazione che mira a raccogliere un milione di volti
in tutto il mondo entro il luglio del 2006 in occasione della conferenza.
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30
ottobre 2005
UCCISI IN GIAMAICA DUE
MISSIONARI CATTOLICI.
I RELIGIOSI, DA DUE ANNI IMPEGNATI NELL’ASSISTENZA
AI POVERI E AGLI AMMALATI SONO STATI RAGGIUNTI DA UNA PALLOTTOLA, MENTRE SI
TROVAVANO IN CASA
KINGSTON.
= Due missionari cattolici, l’uno indiano l’altro filippino, sono morti
raggiunti da uno stesso proiettile, in un quartiere alla periferia della
capitale giamaicana Kingston. Da una prima ricostruzione, riferisce l’agenzia
MISNA, sembra che Suresh Barwa, 31 anni, e
Marco Candelario Lasbuna, 22 anni, si trovassero nella cucina della casa
dei “Missionari dei poveri” quando una pallottola sparata dall’esterno ha
fatalmente colpito Barwa alla testa per poi raggiungere anche il confratello.
La polizia ritiene si sia trattato di un incidente dovuto a un proiettile
vagante, ma non si escludono altre ipotesi. I due religiosi, che si preparavano
ad essere ordinati sacerdoti, erano in Giamaica da due anni al servizio della
missione che assiste poveri e malati di sindrome da immunodeficienza acquisita.
Con la morte dei due frati salgono a 1.382 i decessi per cause violente avvenuti
sull’isola caraibica dall’inizio dell’anno, di cui gli ultimi 225 in meno di
due mesi. La polizia attribuisce la crisi di sicurezza, che si registra dal
2001, agli scontri tra gang rivali per il controllo della criminalità
organizzata. La conflittualità sociale è alimentata anche dalla crescente
povertà e disoccupazione. (T.C.)
SI È
APERTA IERI A RIMINI LA 29ESIMA CONFERENZA ANIMATORI DEL RINNOVAMENTO NELLO
SPIRITO SANTO. TEMA DELL’INCONTRO: “A CIASCUNO È DATA UNA
MANIFESTAZIONE
PARTICOLARE DELLO SPIRITO PER L’UTILITÀ COMUNE”. PRESENTI
DIVERSI
VESCOVI ED OLTRE 3.500 RESPONSABILI DEL MOVIMENTO ECCLESIALE
PROVENIENTI
DA TUTTA L’ITALIA.
- A
cura di Luciano Castro -
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RIMINI.
= Preghiera ed impegno sociale. Sono questi i cardini su cui si sta sviluppando
la Conferenza Animatori del Rinnovamento nello Spirito. Ne ha parlato
stamattina Salvatore Martinez, coordinatore nazionale del movimento: “Il tempo
presente reclama un impegno sociale dei carismatici sempre più ricorrente”, ha
detto Martinez nella relazione iniziale, ricordando anche gli inviti di
Benedetto XVI alla missione nella società. “Quando è in pericolo il Regno di
Dio – ha proseguito –, quando il Vangelo è calpestato e la dignità degli uomini
irrisa nella vita di tutti i giorni, non ci è dato rifugiarci appena nella
preghiera. La vera preghiera – ha concluso Martinez – non può che condurre
all’impegno, per il rinnovamento di tutta la Chiesa e del mondo intero”. Nel
suo messaggio, il presidente del Pontificio Consiglio per i Laici,
l’arcivescovo Stanislaw Rylko, ha invitato i partecipanti alla conferenza ad
“impegnarsi con sempre maggiore zelo nella propria formazione permanente, per
esercitare una guida sicura, retta ed esemplare”. Da parte sua, il segretario
generale della Cei, mons. Giuseppe Betori, ha espresso “l’augurio di mettersi
con disponibilità in ascolto di quanto lo Spirito vorrà suggerire”. Ieri sera,
nella concelebrazione di apertura, il vescovo di Pitigliano-Savona-Orbetello,
mons. Mario Meini, ha rivolto un appello alla santità: “Solo se siamo santi –
ha detto nell’omelia – l’esercizio dei carismi è davvero per l’utilità comune”.
Oggi, la conferenza affronta l’approfondimento dei carismi legati al servizio
pastorale, mentre domani la giornata sarà dedicata alla crescita della
dimensione carismatica e alla testimonianza della carità. I 3.500 animatori
saranno anche impegnati nel “Roveto Ardente”, una quarantotto ore di adorazione
eucaristica secondo gli auspici già espressi al Rinnovamento da Giovanni Paolo
II.
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THAILANDIA: I VESCOVI
PROCLAMANO IL 2006 ANNO DELLA EVANGELIZZAZIONE. IN UNA LETTERA PASTORALE
L’INVITO AI FEDELI AD ESSERE TESTIMONI CONCRETI DI CRISTO
BANGKOK. = La Chiesa in Thailandia ha proclamato
il 2006 come Anno dell’Evangelizzazione. In una lettera pastorale, si legge in
un comunicato dell’agenzia Asianews, i vescovi tailandesi esortano i fedeli ad
essere sempre più “consapevoli dell’importanza del Vangelo ed ogni giorno
testimoni concreti di Gesù”. Firmato dal cardinale Michai Kitbunchu, presidente
della Conferenza episcopale del Paese asiatico (Cbct), e da mons. Louise
Chamniern Santisukniran, presidente della Commissione episcopale per la
missione e l’educazione, il documento ricorda l’Esortazione apostolica
post-sinodale Ecclesia in Asia firmata da Giovanni Paolo II il
6 novembre 1999: “Come nel primo millennio
la Croce fu piantata sul suolo europeo, nel secondo millennio su quello
americano e africano, nel terzo millennio si potrà sperare di raccogliere una
grande messe di fede in questo continente così vasto e vivo”. La lettera
pastorale annuncia anche un Congresso delle missioni asiatiche, previsto dal 19
al 22 ottobre 2006 a Bangkok sul tema “Parlare di Gesù Cristo agli
asiatici”. Per preparare i fedeli la
Conferenza episcopale il documento invita “alla consapevolezza ed alla
spiritualità, che deve però essere manifestata con atti concreti” ed annuncia
la creazione di una Commissione speciale con il compito di garantire il
coordinamento e la buona riuscita di “ogni livello di questo anno così
importante”. (T.C.)
L’ORDINE DEI FRATI MINORI
FRANCESCANI FESTEGGIA L’OTTAVO CENTENARIO DI
FONDAZIONE. APERTE AD ASSISI LE CELEBRAZIONI
CHE SI
PROTRARRANNO
PER TUTTO IL 2006
ASSISI. = Riscoprire i valori fondanti del
Francescanesimo. Questo l'invito rivolto dal Padre generale dei Frati minori a
tutti i religiosi dei cinque continenti, all'apertura delle celebrazioni per
l'ottavo centenario di fondazione dell'Ordine dei Frati Minori. Ieri ad Assisi,
nella Basilica di S. Maria degli Angeli alla Porziuncola, il ministro generale
dei Frati minori ha presieduto una celebrazione eucaristica. Fr. José Rodriguez Carballo ha invitato
tutti i frati a vivere il 2006 come “anno sabbatico” per comprendere ciò che il
Signore chiede, a livello individuale e istituzionale, in questi tempi delicati
e faticosi, ma anche ricchi di speranza. “In questo contesto - ha continuato
padre Carballo - il Signore della storia ci invita, ancora una volta, ad
esaminare tutto, per tenere ciò che è buono, e ci chiede di riconoscere,
leggere ed interpretare alla luce del Vangelo i segni dei tempi attraverso i
quali ci interpella”. La Santa Messa è stata preceduta da una veglia nella
basilica di Santa Chiara durante la quale il ministro generale ha affidato
l’Ordine all’intercessione della prima seguace del poverello e alla preghiera
delle clarisse. Nella grande famiglia francescana nata dal Santo di Assisi, i
Frati minori sono la presenza più capillarmente diffusa nel mondo: oltre 16.000
religiosi in oltre 112 Paesi impegnati nella missione e nell'annuncio del
Vangelo secondo lo stile di Francesco di Assisi. (T.C.)
NEL CIAD UN MISSIONARIO COMBONIANO REALIZZA UN
FILM PER PROMUOVERE IL DIALOGO TRA FEDELI DI DIFFERENTI CONFESSIONI RELIGIOSE.
GLI
SPETTATORI: “NONOSTANTE LA DIVERSITÀ DELLE NOSTRE FEDI SIAMO PRONTI A LAVORARE
INSIEME PER LA PACE”
N’DJAMENA. = Un missionario
comboniano in Ciad, padre Fabrizio Colombo, realizza un film per richiamare
alla pace e all’unità nell’ambito delle manifestazioni dell’ottobre missionario.
Due bambini, uno cristiano e l’altro musulmano, si incontrano sui banchi di
scuola, inizialmente distanti a causa del diverso credo religioso, ma, grazie
all’amicizia, finiscono per superare ogni barriera e riescono anche a
ricongiungere i rispettivi genitori, un tempo amici e successivamente separati
dalla guerra civile del 1979. Questa la trama del lungometraggio proiettato
davanti a un pubblico di cattolici, protestanti e musulmani nella capitale
N’Djamena. La pellicola è stata il punto di partenza per un dibattito tra i
presenti. Tutti hanno ribadito che la loro diversità di credo non costituisce
un problema e che è possibile lavorare insieme in nome della pace e della
coabitazione pacifica. “Prima del conflitto del 1979 convivevamo senza
difficoltà, ma in seguito i politici hanno sfruttato le divergenze di vedute
per approfittare della situazione” ha spiegato all’agenzia MISNA uno dei
promotori dell’incontro, padre Saturnin Comlan Poignon, comboniano di 39 anni,
originario del Benin e in missione in Ciad dal 2001. “Con la nostra iniziativa
– ha aggiunto – abbiamo voluto invitare tutti i componenti della società civile
a tornare a uno scenario pre-1979, per un Ciad finalmente pacifico”. Il
dibattito è stato esteso a tutte le comunità cattoliche di N’Djamena. Nel 1979,
gli 11 principali partiti del Paese formarono un governo transitorio di unità
nazionale; dopo le dimissioni del ministro della Difesa, Hissène Habré,
l’alleanza si ruppe e iniziò la guerra civile, mentre Habré affermava la sua
egemonia nel sud. Nel 1980 l’ex ministro fece bombardare la capitale,
provocando la fuga di migliaia di persone nei Paesi vicini. Potenze occidentali
(Francia e Usa) e africane (Libia, Sudan, Egitto) furono implicate nel
conflitto, la cui prima fase si concluse nel 1982, lasciando una nazione in
rovina. I ciadiani dovettero attendere il 1997, con il governo di Idriss Deby,
per beneficiare di una riconciliazione tra le diverse forze nazionali con la
firma di un accordo di pace. (T.C.)
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30
ottobre 2005
- A cura di Andrea Cocco -
Cresce
di ora in ora il bilancio delle vittime delle tre bombe esplose ieri a New
Delhi. Secondo le ultime informazioni sarebbero almeno 62 i morti e 150 i
feriti. La polizia indiana, che dà quasi per certa una connessione tra i tre
attacchi, sta lentamente ricostruendo la dinamica degli attentati. La prima
bomba è esplosa alle 17.40 locali nel mercato di un quartiere centrale della
capitale, la seconda pochi minuti più tardi in un altro mercato nel sud della
città, mentre il terzo attentato è avvenuto su un autobus pubblico. Il nostro
servizio.
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Il
giorno dopo gli attentati di New Delhi, la paura di nuovi attacchi cresce in
India. Le autorità hanno rafforzato al massimo le misure di sicurezza, moltiplicando
i posti di blocco e il pattugliamento nei pressi dei templi induisti e delle
moschee. A New Delhi è stato dichiarato lo stato d’emergenza e tutti i mercati
sono stati chiusi. Mentre il bilancio delle vittime continua a salire, la
polizia ha avviato una gigantesca operazione di caccia all’uomo alla ricerca
dei responsabili. Secondo un’emittente televisiva locale sono almeno 150 le
persone fermate a seguito di una serie di blitz effettuati nella notte in
alcuni quartieri della capitale. “Per ora non seguiamo nessuna pista certa”,
hanno precisato le autorità investigative, che hanno però annunciato la
scoperta di diversi indizi sui luoghi degli attentati. Il primo ministro
indiano Manmohan Singh
ha denunciato con forza gli attentati, definendoli “atti ignobili di
terrorismo”, ma sottolineando che sarebbe prematuro indicare i sospetti. Molto
meno cauta la stampa, che questa mattina puntava il dito sui gruppi separatisti
del Kashmir, regione settentrionale dell’India, a maggioranza musulmana e
storicamente contesa dal Pakistan. Alcuni giornali arrivano ad accusare
apertamente i guerriglieri del Lashkar-e-Taiba (Esercito della purezza) e il
Jaish-e-Mohammed (Armata di Maometto), due organizzazioni che hanno le proprie
basi in Pakistan e che sono ritenute responsabili degli attentati del 2001 al
parlamento indiano. A sostenere la matrice kashmira sono anche gli esperti
indiani di terrorismo,
secondo cui i gruppi armati che rivendicano l’indipendenza del Kashmir sono i
soli ad avere i mezzi e le capacità per realizzare un attentato come quello di
ieri. Una conferma potrebbe essere la data scelta per l’attentato. Proprio
mentre a New Delhi esplodevano le bombe, in Pakistan il governo indiano
raggiungeva uno storico accordo con il governo di Islamabad per l’apertura
delle frontiere tra i due Paesi, a seguito del terremoto che ha colpito le
regioni pachistane lo scorso 8 ottobre.
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Per una
testimonianza su come la popolazione di New Delhi ha vissuto la terribile giornata
di ieri, Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente nella città, sconvolta
dall’attentato, padre Grysa Tomasz, segretario della nunziatura in India:
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R. – Io mi accingevo a celebrare la Santa Messa per la
comunità di lingua spagnola, come tutti i sabati. Molti partecipanti sono stati
colti di sorpresa da questa notizia arrivata proprio mentre iniziava la
celebrazione. Soprattutto c’è stata paura per la Chiesa locale in quanto le
esplosioni sono avvenute nelle zone centrali, vicino alla cattedrale.
D. – Questo attentato può sconvolgere la convivenza religiosa
di New Delhi?
R. – Non sembra che questo fatto possa danneggiare in modo
grave e per sempre le relazioni tra le comunità religiose, anche perché il
Pakistan ha subito e fermamente condannato questo atto. Non credo che ci sia il
pericolo di nuove difficoltà fra la comunità musulmana e le altre.
D. – C’è la paura a New Delhi che possa esserci un nuovo
attentato?
R. – Certo si respira un’aria di grande tensione, anche
perché la città è stata quasi sigillata, si può entrare ed uscire soltanto dopo
controlli molto severi. La popolazione teme che si possano ripetere tali fatti
e l’atmosfera è davvero tesa in città.
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E
sempre in India sale il bilancio delle vittime dell’incidente ferroviario avvenuto
ieri nello Stato sud orientale dell’Andrha Pradesh. Secondo le autorità le
vittime potrebbero essere almeno 150. A causare il rovesciamento del treno in
un fiume in piena le forti piogge che hanno colpito la regione.
Non
accenna a diminuire la tensione tra Iran e Israele a seguito delle
dichiarazioni rilasciate due giorni fa del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad,
che ha auspicato la “cancellazione” dello Stato ebraico. L’ambasciatore
israeliano presso le Nazioni Unite ha chiesto al segretario generale dell’Onu
di sospendere la visita in Iran prevista nelle prossime settimane. “Il viaggio
di Annan darebbe legittimità ad una
nazione che chiede la distruzione di un altro Stato”, ha detto il
diplomatico israeliano. Dal canto suo, le autorità iraniane non sembrano voler
smorzare i tono della polemica. Il presidente Ahmadinejad e' tornato stamattina
sulle parole che hanno provocato indignazione e sgomento nella comunità
internazionale, spiegando di aver semplicemente “ribadito una posizione condivisa dalla Repubblica
islamica da 27 anni”. E ha aggiunto: “Qualsiasi
Paese islamico che dovesse riconoscere lo Stato ebraico, commetterebbe un
crimine imperdonabile”.
In Iraq è salito a 30 morti e 42
feriti il bilancio dell'autobomba che ieri ha insanguinato la cittadina sciita
irachena di Huaider, 60 chilometri a nordest di Baghdad. Secondo particolari appresi stamane, un uomo con abiti
sportivi ha parcheggiato un'utilitaria piena di esplosivo nel centro della
cittadina, facendola esplodere quando la folla si è radunata per gli acquisti
al mercato. L'esplosione e' giunta all'indomani della presentazione delle liste
per le elezioni del 15 dicembre. Intanto, il governo statunitense ha pubblicato
per la prima volta dall’inizio del conflitto, un rapporto sulle vittime civili
degli attentati compiuti dai gruppi armati iracheni. Secondo, il Pentagono sono
circa 26 mila gli iracheni feriti o uccisi dagli insorti a partire dal gennaio
2004.
Sale la
tensione a Zanzibar, dove questa mattina si vota per il rinnovo del parlamento
locale e per la nomina del nuovo presidente regionale. Nei giorni scorsi parte
della popolazione di Pemba e Unguja, le due isole che formano l’arcipelago, ha
lasciato Zanzibar per il timore di scontri tra le forze armate e i militanti
del Civic United Front, partito d’opposizione che rivendica una maggiore
autonomia dalla Tanzania. Parte integrante della Repubblica di Tanzania, la
regione semi-autonoma di Zanzibar è attraversata da profonde divisioni
politiche. Nel 2000 l’accusa di brogli a seguito delle elezioni aveva scatenato
un’ondata di violenze, provocando almeno 40 morti e la fuga precipitosa di migliaia
di persone. Il prossimo 18 dicembre la popolazione dell’arcipelago sarà nuovamente
chiamata alle urne insieme per l’elezione del presidente della repubblica.
Il
governo del Nicaragua ha ordinato l’evacuazione dei 60 mila abitanti della
città di Puerto Cabezas sulla costa orientale
del Paese, in vista dell’arrivo nell’area dell’uragano Beta. Secondo le previsioni del centro meteorologico di Miami, nelle prossime
ore l’uragano, con venti che hanno già raggiunto i 190 chilometri orari,
crescerà di intensità. Giunto in prossimità di Providencia, isola colombiana
nel Mar dei Carabi, l’uragano ha già provocato danni, causando lo scoperchiamento
di diverse abitazioni e centinaia di feriti. Anche in Honduras, dove è stato dichiarato lo stato di
massima allerta, l’uragano è atteso con apprensione.
Nessuna
traccia di febbre aviaria in Grecia. E’ negativo il risultato delle analisi
condotte sul campione di volatili inviati nei laboratori della Gran Bretagna, a
seguito dell’allarme sulla diffusione del virus lanciato dal governo di Atene
due settimane fa. Ad annunciare lo scampato pericolo è stato il ministro greco
dell’agricoltura, che nella serata di ieri ha reso noti i risultati dei test
condotti nel laboratorio della Commissione europea.
L’annuncio
di un nuovo accordo militare tra Washington e Tokyo ha sollevato un’ondata di
critiche in Giappone. Il nuovo trattato, firmato sabato a Washington, prevede
il ritiro di 7000 uomini dell’esercito statunitense dal Giappone, dove sono
presenti dal 1945, e permette al governo di Tokyo di sostenere eventuali operazioni
militari promosse dalla Casa Bianca. Secondo il Partito social democratico
giapponese, principale forza d’opposizione del Paese, il nuovo accordo mette a
repentaglio la tradizione pacifica che ha caratterizzato gli ultimi 50 anni
della storia del Paese.
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