RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
301 - Testo della trasmissione di venerdì 28 ottobre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Presentato oggi il messaggio del Papa per
la Giornata dei migranti 2006
Ebrei e cristiani promuovano insieme pace e
giustizia: così il Papa, nel 40° della Nostra Aetate
Benedetto XVI riceve il nuovo rappresentante della Federazione russa presso la Santa Sede
Ieri in San Pietro la Santa Messa per
l’inizio dell’Anno Accademico delle Università Ecclesiastiche
OGGI IN PRIMO PIANO:
Nuove
dure affermazioni su Israele del presidente dell’Iran: intervista con Alberto
Zanconato
Oggi è la IV Giornata del dialogo
cristiano-islamico: con noi Abdellah Redouane e mons. Piero Coda
CHIESA E SOCIETA’:
Da domani a Rimini la 29.ma Conferenza animatori del Rinnovamento nello Spirito
Santo
Messaggio
dei vescovi dello Sri Lanka in vista delle prossime elezioni presidenziali
Preoccupazione in India per i continui attacchi
anti-cristiani
Confermata
la presenza del virus dell’influenza aviaria su un airone in Romania
Seminario a Firenze su informazione e cooperazione
In
Afghanistan continuano gravi abusi ai danni di donne e bambini
Il
rapporto sul programma ‘Oil for food’ rivela il pagamento di tangenti al regime
di Saddam Hussein da parte di oltre 2 mila società
28
ottobre 2005
L’IMMIGRAZIONE E’ UN
SEGNO DEI TEMPI NEL MONDO DI OGGI
CHE SOLLECITA I CRISTIANI A UNA RISPOSTA DI GRANDE
SOLIDARIETA’:
IL MESSAGGIO DEL PAPA PER LA GIORNATA DEI MIGRANTI
2006
PRESENTATO NELLA SALA STAMPA VATICANA
Un fenomeno divenuto ormai
stabile e continuo, con il quale ogni società deve fare i conti:
l’immigrazione. E poi le sue derive - il traffico di esseri umani, lo
sfruttamento delle donne fino alla prostituzione - che richiedono specialmente
ai cristiani un approccio fatto di solidarietà attenta e di accoglienza
generosa, con la Chiesa in prima linea ad offrire tutto il sostegno pastorale
necessario. E’ la “lettura” che Benedetto XVI dà dell’attuale scenario
migratorio nel suo Messaggio per la 92.ma Giornata Mondiale del Migrante e del
Rifugiato che cadrà il 15 gennaio 2006. Il documento è stato presentato questa
mattina nella Sala Stampa vaticana. Ce ne parla Alessandro De Carolis:
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La globalizzazione l’ha resa ormai “strutturale” nel mondo del
Duemila e le ha cambiato volto. Nel secolo scorso, l’immigrazione era prevalentemente
“maschile” e indotta soprattutto dal bisogno economico. Oggi, non solo la
povertà ma anche i tanti conflitti che insanguinano il pianeta – così come
l’esigenza di studio e di formazione culturale in luoghi che ne offrano di
miglior livello – portano masse di uomini, donne, giovani a tentare la sorte
lontano dal proprio Paese. E c’è un fatto nuovo: sono sempre di più le donne a
tentarla da sole, divenendo in molti casi “la fonte principale di reddito” per
la famiglia lasciata alle spalle. Anche se, specialmente nel loro caso, gli
abusi sono all’ordine del giorno.
Nel suo
messaggio, Benedetto XVI definisce le migrazioni uno di quei “segni dei tempi”
che 40 anni fa il Vaticano II invitò la Chiesa a scrutare con grande attenzione
e che, oltre al loro strascico di costi umani e sociali, presentano spesso
aspetti positivi, che la Chiesa si sforza di cogliere valorizzare, come ha
spiegato questa mattina in Sala Stampa vaticana il cardinale Fumio Hamao,
presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale dei migranti e degli
itineranti:
“Il Messaggio ora di
Benedetto XVI, in continuità conciliare, invita anzitutto, in chiave positiva,
a leggere le migrazioni come un’opportunità, quasi una sfida. Esse, infatti
'favoriscono la conoscenza reciproca e sono occasione di dialogo e comunione,
se non di integrazione a vari livelli' (…) Strumento nel passaggio da società
monoculturali a società plurietniche e interculturali, le migrazioni possono
inoltre essere considerate come 'segno della viva presenza di Dio nella storia
e nella comunità degli uomini, poiché offrono un’opportunità provvidenziale per
realizzare il piano di Dio di una comunione universale'”.
Il Pontefice si sofferma sul caleidoscopio del
fenomeno migratorio nel 21.mo secolo. Esso, scrive, comprende “le migrazioni
sia interne che internazionali, quelle forzate e quelle volontarie, quelle
legali e quelle irregolari, soggette anche alla piaga del traffico di esseri
umani”, oltre alla categoria in
crescita degli studenti esteri. Di questi aspetti, Benedetto XVI affronta per primo
quello della “femminizzazione” dell’immigrazione, che vede oggi donne muoversi
autonomamente per trovare un impiego, quasi sempre – nota il Papa – in “settori
che offrono bassi salari”, come quello del lavoro domestico. E qui c’è un primo
appello del Pontefice ai cristiani, chiamati – afferma – “a dar
prova del loro impegno per il giusto trattamento della donna migrante, per il
rispetto della sua femminilità, per il riconoscimento dei suoi uguali diritti”.
Ma essere donna e migrante vuol
dire spesso essere costretta a subire violazioni della propria dignità.
Benedetto XVI denuncia a chiare lettere – all’interno della drammatica piaga
del traffico di esseri umani – la condizione particolare di donne e ragazze destinate,
una volta giunte nel Paese d’accoglienza, “ad essere poi sfruttate sul lavoro,
quasi come schiave, e non di rado anche nell’industria del sesso”. Nel
condannare, con le parole di Giovanni Paolo II, “la diffusa cultura edonistica
e mercantile” che fa da sostrato a questa situazione, il Papa chiama di nuovo
in causa i credenti: “Vi è qui – dichiara – tutto un programma di redenzione e
di liberazione a cui i cristiani non possono sottrarsi”.
Passando poi al capitolo dei
rifugiati e dei richiedenti asilo, Benedetto XVI rileva la consuetudine che
porta ad interrogarsi sempre sul problema costituito dall’ingresso
dell’immigrato in un Paese e quasi mai sul perché sia fuggito dal proprio.
Tuttavia la Chiesa, prosegue, ha la sensibilità per guardare “a questo mondo di
sofferenza e di violenza con gli occhi di Gesù”. Sa commuoversi e lasciarsi
guidare dalla “fantasia della carità”, con “speranza, coraggio, amore”. Ci sono
migliaia di organizzazioni ecclesiali – ha commentato in proposito durante la
conferenza stampa l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del dicastero vaticano
– che si adoperano per alleviare le sofferenze di molti sfollati, ad esempio
nei campi profughi dell’Africa:
“Ne cito soltanto una,
fra le più consistenti, e cioè il programma alimentare nei campi dei rifugiati,
che è da lungo tempo drammaticamente sottofinanziato. Ne sono conseguenze
inevitabili gravi tagli alle razioni di cibo, bloccate anche per mesi al di
sotto delle fatidiche 1500 calorie al giorno. Ne risulta il sottosviluppo dei
ragazzi nell’età più delicata, il rischio di incentivare il deleterio commercio
di sesso per cibo e, ancora, il ritorno forzato di rifugiati e sfollati in
ambienti insicuri”.
Non solo. Benedetto XVI sposta
in avanti il confine della solidarietà: davanti al dramma dei rifugiati, “le
loro Chiese d'origine – esorta - non mancheranno di mostrare la loro
sollecitudine con l’invio di assistenti della stessa lingua e cultura, in
dialogo di carità con le Chiese particolari d'accoglienza”. Così come, aggiunge, la Chiesa deve farsi
carico della cura pastorale dei sempre più numerosi giovani studenti che si
recano all’estero per compiere o completare gli studi.
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EBREI E CRISTIANI RICONOSCANO LE COMUNI RADICI SPIRITUALI PER PROMUOVERE
INSIEME LA PACE E LA
GIUSTIZIA NEL MONDO. COSI’ IL PAPA,
NEL 40° ANNIVERSARIO DELLA
DICHIARAZIONE CONCILIARE NOSTRA AETATE
Cristiani ed ebrei devono collaborare ogni giorno per offrire
testimonianza all’unico Dio e promuovere un mondo di giustizia e di pace per le
future generazioni. E’ quanto ha voluto sottolineare Benedetto XVI nel suo
messaggio per il quarantesimo anniversario della Dichiarazione conciliare
Nostra Aetate sul dialogo con le altre
religioni. All’incontro commemorativo che si è tenuto ieri a Roma hanno preso
parte anche il rabbino David Rosen e il cardinale Walter Kasper, presidente
della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo. Il servizio di Tiziana
Campisi.
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Una nuova epoca
di relazioni con il popolo ebreo. L’ha aperta la Dichiarazione Nostra Aetate
grazie alla quale sono state poste le basi per un sincero dialogo teologico. E’
quanto ha scritto Benedetto XVI nel messaggio inviato al presidente della
Commissione per i rapporti religiosi
con l’ebraismo, il cardinale Walter Kasper, per il quarantesimo anniversario
del documento conciliare. “Questo anniversario ci offre abbondanti motivi per
esprimere gratitudine a Dio Onnipotente – si legge nel messaggio del Papa - per
la testimonianza di tutti coloro che, nonostante una storia complessa e spesso
dolorosa, e specialmente dopo la tragica esperienza della Shoah, ispirata da
un’ideologia razzista neo-pagana, hanno lavorato coraggiosamente per promuovere
la riconciliazione e la migliore comprensione tra cristiani ed ebrei”.
Un
documento, la Nostra Aetate, prosegue il Pontefice, che “ha sottolineato la necessità
di superare pregiudizi, malintesi, indifferenza del passato nonché il
linguaggio del disprezzo e dell’ostilità. La Dichiarazione è stata l’occasione
di maggiore comprensione e rispetto vicendevoli, di collaborazione e spesso
anche di amicizia tra cattolici ed ebrei – ha specificato Benedetto XVI. Essa
ha anche posto loro la sfida a riconoscere le loro comuni radici spirituali e
ad apprezzare il ricco patrimonio di fede nell’Unico Dio”.
Quindi l’esortazione: “Dobbiamo
rinnovare il nostro impegno nell’opera che ancora rimane da compiere. A questo
proposito, fin dai primi giorni del mio Pontificato, ed in particolare durante
la mia recente visita alla Sinagoga di Colonia, ho espresso la mia ferma
determinazione a procedere sul cammino iniziato dal mio amato predecessore Giovanni
Paolo II”.
Infine il Papa ha esortato
cristiani ed ebrei alla collaborazione: “Spero che sia nel dialogo teologico
sia nei contatti e nella collaborazione quotidiani, cristiani ed ebrei offrano
una testimonianza comune sempre più impegnata all’Unico Dio ed ai Suoi
Comandamenti, alla santità della vita, alla promozione della dignità umana, ai
diritti della famiglia e alla necessità di costruire un mondo di giustizia,
riconciliazione e pace per le generazioni future”.
E durante l’atto commemorativo
ieri a Roma, nel ripercorrere i quarant’anni trascorsi dalla promulgazione del
documento conciliare, il cardinale Walter Kasper ha detto:
“Sono stati quarant'anni di alti e bassi, durante i
quali è stato necessario superare molte indecisioni e malintesi...; sono stati
anni che hanno visto nascere e crescere profonde amicizie, anni che lasciano
ben sperare”.
Poi ha voluto chiarire il
contenuto della Nostra Aetate:
“Il messaggio di Nostra Aetate è chiaro, oggi come
allora: un no deciso ad ogni forma di antigiudaismo e antisemitismo e la
condanna di ogni ingiuria, discriminazione e persecuzione che ne derivano. Un
sì non meno deciso alla riscoperta delle radici ebraiche del cristianesimo”.
Anche il rabbino David Rosen ha
voluto ricordare gli sforzi compiuti nel dialogo tra ebrei e cristiani, ma ha
anche evidenziato che resta ancora tanto da fare.
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BENEDETTO XVI RICEVE IL NUOVO RAPPRESENTANTE DELLA
FEDERAZIONE RUSSA
PRESSO LA SANTA SEDE, MENTRE L’ARCIVESCOVO
GIOVANNI LAJOLO PROSEGUE
LA SUA VISITA A MOSCA: OGGI L’ATTESO INCONTRO DEL
PRESULE
CON IL METROPOLITA ORTODOSSO KIRILL
- A cura di Alessandro Gisotti -
Benedetto XVI ha ricevuto stamani in Vaticano l’ambasciatore
straordinario e plenipotenziario, Nikolay Sadchikov, nuovo rappresentante della
Federazione Russa presso la Santa Sede. Un’udienza dal significato particolare,
giacché avviene contestualmente alla visita in Russia dell’arcivescovo Giovanni Lajolo, segretario per i
Rapporti con gli Stati della Santa Sede a Mosca. Dopo gli incontri di ieri
nella sede della nunziatura con i vescovi cattolici e la visita alla Duma, la
Camera bassa del parlamento, mons. Lajolo ha avuto stamani un colloquio con il
ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov. Cresce intanto l’attesa per
l’incontro di oggi pomeriggio con il metropolita ortodosso Kirill, presidente del Dipartimento delle
Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca.
Intanto, oggi si è aperta a
Mosca la terza sessione del Congresso eucaristico dell’arcidiocesi della Madre
di Dio, sul tema “Eucaristia, speranza della vita e della missione della
Chiesa”. L’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz ha aperto i lavori con
una relazione sul tema “L'Eucaristia, alla luce della recente XI Assemblea
Generale del Sinodo dei Vescovi”. L’assise si chiuderà domenica con la Santa
Messa nella Cattedrale moscovita dell’Immacolata Concezione, presieduta
dall’arcivescovo Giovanni Lajolo. Nelle Messe domenicali, i sacerdoti
leggeranno il messaggio dell'arcivescovo Kondrusiewicz in occasione della
chiusura dell'Anno Eucaristico dal titolo "Il Signore è con noi e noi
con il Signore".
ALTRE UDIENZE
Stamane
il Papa ha ricevuto in successive udienze anche il cardinale Attilio Nicora,
presidente dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, e il
cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Oggi
alle 18.00 il Santo Padre riceverà mons. William Joseph Levada e mons. Angelo
Amato, rispettivamente prefetto e segretario della Congregazione per la
Dottrina della Fede.
IERI POMERIGGIO, NELLA BASILICA VATICANA,
LA SANTA MESSA PER L’INIZIO
DELL’ANNO ACCADEMICO DELLE UNIVERSITA’
ECCLESIASTICHE
“È
necessario vivere risolutamente l’impegno dello studio e della ricerca con gli
occhi fissati su Cristo”. Così il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della
Congregazione per l’Educazione Cattolica, ai giovani presenti ieri pomeriggio
nella Basilica di San Pietro, per la Messa che ha inaugurato l’Anno Accademico
delle Università Ecclesiastiche romane. Ce ne parla Dorotea Gambardella.
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“L’Eucaristia è un alimento per questo lungo viaggio costituito dal
periodo degli studi”.
Dinanzi a centinaia di studenti
e di docenti, il cardinale Grocholewski ha osservato che “gli studi non sono
soltanto un momento di preparazione per la vita. Non sono una parentesi e che
“sin da questo momento, Cristo desidera che vengano vissuti rimanendo uniti a
Lui”.
“I vostri studi sono sorgente di
grande gioia – ha poi detto il porporato nella sua omelia – gioia
dell’apprendimento, della ricerca, della scoperta e della consegna della
verità”. Tuttavia, ha sottolineato, “non possiamo ignorare che questo tempo di
studio talvolta può essere vissuto anche come un tempo di prove”. E a tal
proposito ha citato un brano dell’Enciclica di Giovanni Paolo II “Laborem exercens”:
“Sopportando la fatica del lavoro in unione con Cristo crocifisso per
noi, l’uomo collabora in qualche modo col Figlio di Dio alla redenzione
dell’umanità”.
“Rivolgendo uno sguardo alle
nostre fatiche – ha continuato – c’è uno stretto legame tra l’Eucaristia, e più
generalmente la preghiera, e gli studi, come attesta anche la vita di San
Tommaso d’Aquino”. E a tal proposito ha ricordato che il Santo “tutte le volte
che voleva studiare, intraprendere una disputa, insegnare, scrivere o dettare,
si ritirava nel segreto dell’orazione e pregava per ottenere l’intelligenza dei
divini misteri”.
“Nella fede – ha concluso -
tutto può e deve avvicinarci a Dio”. Da qui l’esortazione – tratta dagli
insegnamenti di San Paolo – affinché “niente mai ci separi dall’amore di
Cristo”.
Ma che cosa significa per gli
studenti tradurre il messaggio di Gesù nella vita quotidiana? Ecco alcune
testimonianze raccolte ieri in Piazza San Pietro:
R. – Io sono salesiano, quindi
potrei dire quello che diceva Domenico Savio: fare bene il proprio dovere,
aiutare gli altri e stare sempre allegri!
R. – Lo studio mi aiuta ad avere
sempre più chiaro che cosa il Signore mi chiede; è un confermare ancora di più
a che cosa il Signore oggi ci chiama!
R. – Gesù nella nostra vita è
fondamentale, perché senza di lui la nostra vita è fuori binario …
R. – Il frutto della preghiera
lo mettiamo nello studio e lo traduciamo in pratica anche con il prossimo, con
la nostra testimonianza.
R. – Tradurre il messaggio di
Gesù nella vita quotidiana significa vivere nello studio ciò in cui crediamo,
con le fatiche quotidiane, nell’allegria e nella gioia che – ecco – contraddistinguono
noi giovani!
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DOMANI POMERIGGIO, IN SAN PIETRO, LA
PROCLAMAZIONE DI 8 NUOVI BEATI:
SI
TRATTA DI SETTE SACERDOTI DIOCESANI E UNA RELIGIOSA, UCCISI NEL 1936
IN ODIO ALLA FEDE DURANTE LA GUERRA CIVILE
SPAGNOLA
-
Intervista con padre Romualdo Rodrigo -
Domani pomeriggio alle 17.00 il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei
Santi, presiederà nella Basilica Vaticana la Santa Messa per la Beatificazione
di otto religiosi, uccisi in odio alla fede durante la guerra civile spagnola
nell’estate del 1936. Si tratta di sette sacerdoti diocesani, Josep Tápies e
sei compagni, e di una religiosa della Congregazione delle Suore Zelatrici del
Culto Eucaristico, María de Los Angeles Ginard Martí. Il Papa giungerà in
Basilica per i riti di conclusione per venerare le Reliquie dei nuovi Santi e
per salutare i fedeli presenti. Durante la guerra civile spagnola, durata dal
1936 al 1939, lo ricordiamo, si scatenò una violentissima persecuzione tesa a
distruggere la Chiesa. Secondo stime attendibili furono uccisi 13 vescovi,
oltre 4 mila sacerdoti diocesani e seminaristi, più di 2.300 religiosi, 283
suore e migliaia di laici cattolici. Oggi parliamo dei sette sacerdoti, Josep Tápies e sei compagni martiri, che
saranno proclamati Beati domani pomeriggio. Si tratta di sei spagnoli ed un
francese. Con noi è il postulatore della Causa di Beatificazione, padre
Romualdo Rodrigo. Giovanni Peduto gli ha chiesto la caratteristica principale
della loro santità:
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R. – La caratteristica precipua della loro santità
è la fortezza di animo, la fedeltà al Signore, la loro fede, la coerenza della
loro vita. Non erano predicatori di ufficio, ma predicatori convinti, che
credevano alle cose che insegnavano fino al punto di essere disposti a offrire
la loro vita per la difesa della fede.
R. – Può descriverci l'ambiente in cui hanno
espletato la loro attività?
D. – I sette martiri esercitavano il loro ministero
in un ambiente di terrore, di minacce, di sospetti. Dal momento in cui fu
proclamata la “Seconda Repubblica” cominciarono le rappresaglie, le
persecuzioni. I sacerdoti erano certi che sarebbe arrivato il peggio. Avrebbero
potuto fuggire, come fu loro proposto, ma preferirono rimanere sul posto,
vicini alle loro pecorelle, per difendere le loro parrocchie e cercare di
evitare la profanazione del Santissimo.
D. – L’ episodio forte della loro vita…
R. – Condannati a morte dopo un giudizio sommario,
senza difesa e senz’altro motivo del fatto di essere sacerdoti, furono portati
a piedi, attorniati da una imponente forza di sicurezza, per la strada
principale del paese di La Pobla de Segur per raggiungere il camion che li
avrebbe portati al luogo del martirio. Uno di essi, precisamente Josep Tápies, salutava festante con il
cappello la gente ferma sui marciapiedi. Saliti nel camion, continuava a
salutare in piedi la gente commossa, finché un soldato gli diede un colpo sulle
spalle e lo fece sedere. Arrivati al luogo del martirio, li fecero scendere dal
camion. Dovevano camminare a piedi fino alle mura del cimitero, situato su una
collinetta. Uno dei sacerdoti si tolse le scarpe dicendo: “Cristo salì scalzo
sul Calvario, e anch'io devo fare lo stesso”. Messi in fila davanti al muro del
cimitero, uno chiese il permesso di parlare. Disse al plotone di esecuzione:
“Ecco, ho qui cento pesetas, dividetele fra tutti voi. lo vi perdono. Viva Cristo
Re!”. Tutti i sacerdoti gridarono con lui: “Viva Cristo Re!”, mentre il plotone
sparava una carica numerosa di pallottole e lasciava per terra i sette martiri.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il
Messaggio di Benedetto XVI al Cardinale Kasper nel XL anniversario della
"Nostra aetate".
Servizio vaticano - Il messaggio del Papa per la 92 Giornata Mondiale del Migrante
e del Rifugiato.
Servizio estero - Medio
Oriente: rappresaglie israeliane dopo l'attentato di Hadera; offensiva in
Cisgiordania.
Iraq: il Re di Giordania
riconosce nell'approvazione della Costituzione un "passo avanti"
verso la democrazia.
Servizio culturale - Un
articolo di Franco Patruno dal titolo "Attraverso l'austera bellezza del
Palazzo Ducale si ripercorrono lo stile e l'eleganza di un'epoca": un
sottile e prezioso dialogo fra le arti nella mostra "Il Rinascimento ad
Urbino".
Servizio italiano - In rilievo
il tema della mafia.
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28
ottobre 2005
NUOVE DURE AFFERMAZIONI SU ISRAELE DEL PRESIDENTE
DELL’IRAN, AHMADINEJAD
- Intervista con Alberto Zanconato -
Stamani, il presidente
iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha ribadito oggi le sue dure affermazioni sullo
Stato di Israele, un Paese – aveva affermato ieri – “che dovrebbe essere
cancellato dalle carte geografiche”. Dopo questa seconda esternazione del capo
dello Stato, si registrano nuove ferme condanne della comunità internazionale,
ancora più nette nei confronti di Teheran; tra queste quella di Israele che
stamani, attraverso il suo ambasciatore all’Onu, Gillerman, ha formalizzato la
richiesta di espulsione dell’Iran dal consesso delle Nazioni Unite con una
lettera fatta pervenire al Consiglio di Sicurezza a New York. Il servizio di
Giancarlo La Vella:
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Continuano a scuotere il clima
internazionale le affermazioni del primo cittadino iraniano, il neo-presidente
ultraconservatore Ahmadinejad. Le ultime stamani, in concomitanza con la
annuale manifestazione antiebraica alla fine del Ramadan, nelle quali ribadisce
che le sue precedenti dichiarazione sono “corrette e giuste”. Cadono quindi le
interpretazioni secondo cui il presidente era stato preso dal clima in cui le
frasi erano state pronunciate e che presto avrebbe corretto il senso delle stesse.
Ora la questione potrebbe essere portata di fronte al Consiglio di Sicurezza
dell’ONU e anche avere un peso sulle prossime riunioni dell’AIEA, l’Agenzia
internazionale per l’energia atomica, che dovranno fare il punto sul
controverso avvio del programma nucleare di Teheran. Israele, dopo che il
premier Sharon ha chiesto l’espulsione dell’Iran dall’ONU, ribadisce la sua
protesta e, attraverso il ministro degli Esteri, Shalom, esorta la comunità
internazionale ad alzare la guardia, perché “l’Iran – ha detto – tra sei mesi
sarà in possesso della tecnologia necessaria per costruire la bomba atomica”. A
questo punto non servono a tranquillizzare la situazione le parole pronunciate
stamani dall’ex presidente iraniano, Rafsnajani: “Non abbiamo problemi con gli
ebrei e abbiamo un grande rispetto del giudaismo come religione – ha sottolineato
durante le preghiere islamiche del venerdì –. L’unico problema è con i circoli
sionisti in Israele che riteniamo responsabili della soppressione della nazione
palestinese”. Ma come interpretare le affermazioni di Ahmadinejad? Lo abbiamo
chiesto ad Alberto Zanconato della sede ANSA di Teheran:
R. – Sono esternazioni normali
per un esponente ultraconservatore di questo regime! Cioè, in sostanza
Ahmadinejad ha espresso quella che è la posizione sua e di molti esponenti
iraniani sulla questione mediorientale!
D. – Il fatto che l’Iran si sia
trovato contro tutto il mondo, in che posizione pone il Paese in questo momento
di fronte alla comunità internazionale?
R. – Sicuramente, quello di
Ahmadinejad non è un atteggiamento che favorisce i rapporti esterni del Paese.
Però, va detto anche che ci sarà modo di riallacciare certi legami diplomatici
…
D. – Ritieni si possa pensare ad
un disegno antiebraico di un gruppo di Paesi arabo-islamici, in cui si
inseriscono queste esternazioni?
R. – Penso che sia difficile
pensare una cosa del genere in questo momento, in cui alcuni Paesi arabi anzi stanno pensando possibilmente ad allacciare
relazioni diplomatiche con Israele, e nel momento in cui anche la Siria è sottoposta
ad una pressione internazionale molto forte. Quindi, non mi sembra che questa
sia una tendenza che poi possa propagarsi ad altri Paesi arabi.
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SI CELEBRA OGGI LA IV
GIORNATA DEL DIALOGO CRISTIANO-ISLAMICO
- Intervista con Abdellah Redouane e mons. Piero
Coda -
Stamane,
nel solco del dialogo tra cristianesimo ed altre religioni aperto dalla Nostra
Aetate, la quarta giornata del dialogo cristiano-islamico ha visto a Roma
confrontarsi esponenti delle due religioni. L’incontro è stato voluto dal mensile
Confronti, da Pax Christi, dalle Commissioni giustizia e pace dei domenicani e
dei carmelitani e dalla Conferenza mondiale delle religioni per la pace. L’ha
seguito per noi Tiziana Campisi.
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Favorire
la conoscenza, la comprensione e la collaborazione tra comunità musulmane e
cristiane. E’ lo scopo di questa quarta giornata del dialogo
cristiano-islamico, nell’ultimo venerdì del mese di Ramadan. Ma quali frutti ha
dato fino ad ora questo dialogo? Abdellah Redouane, segretario generale del
Centro islamico culturale d’Italia:
R. –
Penso che il punto più importante sia individuare alcune problematiche e discutere
di tutte le questioni che interessano non soltanto il mondo islamico da una
parte e il mondo cristiano dall’altra. Poiché siamo in una società multiculturale,
pluriconfessionale, evidentemente il contributo della religione è molto
importante.
D. – Ma la gente comune come
vive questo dialogo?
R. – A livello delle autorità ci sono sempre contatti,
solo che i messaggi delle autorità religiose non arrivano alla gente comune
come si deve. C’è un deficit, non direi di comunicazione, ma c’è un deficit che
dobbiamo risolvere.
D. – Come si potrebbe superare
questo ostacolo?
R. – Penso che ognuno debba fare la sua parte e penso che il ruolo dei
media sia molto, molto importante.
Ma dopo questo anno difficile a quali risorse attingere per far crescere
il dialogo tra cristiani e musulmani? Risponde mons. Piero Coda, presidente
dell’Associazione teologi italiani:
R. – Innanzitutto, attingere
alla più profonda sorgente della propria identità religiosa e di fede, che in
modi diversi, sia per i cristiani che per i musulmani, è agganciata alla grande
rivelazione della misericordia di Dio per gli uomini, che si traduce nel rispetto,
nell’accoglienza di ogni uomo.
D. – Quali sono gli attuali
punti di incontro fra le due religioni?
R. – Direi che sono soprattutto
a livello religioso il riconoscimento dell’unico Dio e il riconoscimento che la
comunità umana va retta in base a principi di fraternità e di giustizia. A
livello più pratico, direi la consapevolezza che le fedi religiose, attraverso
la preghiera, ma anche attraverso la solidarietà concreta e la collaborazione,
sono chiamate a diventare fermento di costruzione di una società globale, che
rispetti le diverse identità e le faccia convergere nella ricerca della verità
e del bene.
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28
ottobre 2005
PIU’ DI TREMILA
carismatici DA DOMANI A RIMINI PER LA 29.ma Conferenza Animatori del “Rinnovamento Nello
Spirito Santo” (RnS)
DAL TITOLO: “A ciascuno è data una manifestazione
particolare
dello Spirito per l’utilità comune”
RIMINI. = Si tratta
dell’incontro annuale di spiritualità e formazione dedicato ai responsabili
degli oltre 1.800 gruppi e comunità del Rinnovamento nello Spirito Santo (RnS)
in Italia a livello nazionale, regionale, diocesano e locale. “Viviamo un tempo
favorevole – spiega Salvatore Martinez, coordinatore nazionale del RnS –
proprio perché sono tempi difficili: la storia ci insegna che quanto più è
ardua la diffusione della fede tanto più è marcata l’assistenza dello Spirito,
che elargisce alla Chiesa nuovi impulsi carismatici. Pertanto, con questa
Conferenza – prosegue Martinez – desideriamo riaffermare, con rinnovata
consapevolezza, il profilo carismatico del nostro movimento, la sua
specificità, la sua carica profetica in ogni ambito della vita cristiana e in
ogni ambiente umano”. La Conferenza del RnS intende anche sottolineare
l’importanza dell’invito di Benedetto XVI a rafforzare “la comunione tra le
strutture parrocchiali e le varie realtà ‘carismatiche’ sorte negli ultimi
decenni e largamente presenti in Italia, affinché la missione possa raggiungere
tutti gli ambienti di vita”, parole pronunciate dal Papa nel maggio scorso, in
occasione del primo incontro con l’episcopato italiano. “Le indicazioni del
Papa – commenta ancora Salvatore Martinez – non ammettono ritardi. Dinanzi alla
scristianizzazione imperante, è in gioco la missione evangelizzatrice della
Chiesa, in un mondo in continuo cambiamento che appare indifferente a Cristo e
al suo Vangelo”. All’appuntamento sono attesi molti ospiti tra cui: mons. Mario
Meini, vescovo di Pitigliano-Sovana-Orbetello, mons. Paolo Mario Virgilio
Atzei, vescovo di Sassari, mons. Domenico Graziani, vescovo di Cassano allo
Ionio, mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni. Sarà presente anche il prof.
Vittorio Sozzi, responsabile del Servizio nazionale della CEI per il Progetto
Culturale e il teologo padre Augusto Drago. I saluti del vescovo di Rimini, Mariano
De Nicolò, apriranno i lavori. Il programma della Conferenza prevede una serie
di relazioni e di condivisioni comunitarie, oltre a momenti liturgici e di
preghiera. Tutti i partecipanti saranno impegnati inoltre nell’esperienza del
“Roveto Ardente”, una quarantottore ininterrotta di adorazione eucaristica
secondo gli auspici già espressi da Giovanni Paolo II al RnS. Speciale
attenzione sarà poi riservata ad alcuni momenti particolari: una comunicazione
in preparazione del “Convegno Ecclesiale di Verona del 2006”, una retrospettiva
con video e testimonianze del “Convegno internazionale sullo Spirito Santo”,
svoltosi a settembre a Lucca, e della partecipazione di giovani del
Rinnovamento alla “Giornata Mondiale della Gioventù 2005”. È prevista inoltre
la presentazione del nuovo libro “Ipotesi su Maria” di Vittorio Messori. (E.
B.)
“IL
NUOVO PRESIDENTE DOVRA’ RICONDURRE IL PAESE SULLA VIA DELLA PACE”.
COSI’ I
VESCOVI DELLO SRI LANKA CHE IN VISTA DELLE PROSSIME ELEZIONI
PRESIDENZIALI
CHIEDONO L’INCLUSIONE DI TUTTI I GRUPPI ETNICI E RELIGIOSI
NEL
PROCESSO DEMOCRATICO DEL PAESE
COLOMBO. = La Conferenza
episcopale dello Sri Lanka in vista delle elezioni presidenziali del 17
novembre prossimo ha diffuso una lettera aperta in cui invita i fedeli a
valutare i programmi dei candidati alla luce del bene comune, ma anche stimando
le soluzioni proposte per le questioni riguardanti la comunità cristiana. Nel
documento, i vescovi denunciano soprattutto la strumentalizzazione politica
della religione da parte di chi non è soddisfatto del processo di pace - ormai
in stallo da oltre due anni – tra la maggioranza cingalese, di religione
buddista, e la minoranza tamil, di fede induista. In questo quadro, “il
prossimo mandato presidenziale sarà determinante per condurre il Paese sulla
via della pace”. “Deve immediatamente finire il circolo vizioso della violenza
- si legge nella nota - che sta divorando i territori del nord e dell’est del
Paese e che sta mettendo in serio pericolo il già fragile accordo di cessate il
fuoco”. La lunga lettera continua incoraggiando il nuovo presidente ad adottare
nel processo di pace un approccio più inclusivo di quanto avvenuto in passato,
tenendo in considerazione tutti i punti di vista e costruendo un più ampio
consenso politico sul futuro del Paese. “Riteniamo urgente che sia dato a tutte
le religioni e comunità etniche l’opportunità di partecipare al processo di
pace”. La Conferenza episcopale affronta poi l’argomento del sentimento di
intolleranza religiosa che è andato crescendo negli ultimi due anni in Sri
Lanka, mettendolo in relazione ai dissidi di natura politica sul conflitto
etnico. In particolare, i vescovi ricordano due delle questioni care alla
minoranza cristiana: la tutela del diritto alla libertà religiosa e la garanzia
che “i diritti della comunità cristiana non siano trascurati nella formulazione
dell’accordo di pace e nella stesura di una nuova Costituzione”. (E. B.)
IN INDIA, DOPO L’ULTIMO EPISODIO
DI VIOLENZA AI DANNI DI 5 SUORE,
IL VESCOVO DELLA DIOCESI DI UDAIPUR ESPRIME
PREOCCUPAZIONE
PER I CONTINUI ATTACCHI ANTI-CRISTIANI
NEW
DELHI. = “Un attacco premeditato che mira a colpire i missionari”,
reso ancora più grave dal fatto che “la violenza era contro delle donne”.
Questo il commento rilasciato all’agenzia AsiaNews da mons. Joseph Pathalil, vescovo
della diocesi di Udaipur,
in India, dopo l’aggressione di martedì scorso ai danni di cinque suore della Congregazione delle Vergini del Signore. “Queste
religiose - continua il presule - danno la loro vita per migliorare quella di
poveri ed emarginati di ogni fede o casta. Lavorano nel silenzio in campo
sanitario ed educativo per offrire le basi che servono a migliorare la vita di
gente molto simile a quella che le ha attaccate”. Dunque, nonostante ciò –
conclude mons. Pathalil – “gli estremisti proprio non ci vogliono qui”. Le
religiose sono state
aggredite a Bhandaria da un gruppo appartenente forse al Sangh Parivar, un
organismo politico-religioso composto da nazionalisti, mentre aspettavano
l’autobus su una strada della diocesi di Udaipur, cittadina che si trova nella
parte sud dello Stato del Rajasthan. Nell’aggressione,
madre Rosario, di 68 anni, è rimasta gravemente ferita. I problemi per la
diocesi hanno avuto inizio con l’annuncio, il 16 ottobre scorso, di una
processione eucaristica nella zona. Alcuni esponenti del Rashtriya Swayamsevak
Sangh, formazione paramilitare di estremisti nazionalisti, hanno protestato ed
accusato i cattolici di voler convertire forzatamente i tribali locali. La
polizia è dovuta intervenire scortando la manifestazione religiosa e proteggendo
il vescovo al suo ritorno a casa. Anche la conferenza episcopale indiana (CBCI)
è preoccupata per la situazione che si è venuta a creare. Padre Babu Joseph, portavoce
della Conferenza dei vescovi, respinge le accuse degli estremisti e sottolinea
che “solo una piccola parte della popolazione dello Stato ha abbracciato la
fede cristiana” e nessuna conversione è stata estorta “con la forza o con la
coercizione”. (R.R.)
CONFERMATA
LA PRESENZA DEL VIRUS DELL’INFLUENZA AVIARIA SULL’AIRONE TROVATO MORTO LA
SETTIMANA SCORSA IN ROMANIA. DIMEZZATI IN ITALIA I CONSUMI DI CARNI BIANCHE,
CON UNA PERDITA
DI
ALMENO 5 MILIONI DI EURO AL GIORNO
ROMA. = L’airone trovato morto
la settimana scorsa in Romania era portatore del virus H5N1 dell’influenza
aviaria, potenzialmente letale per l’uomo. Lo ha reso noto il Ministero
dell’agricoltura di Bucarest, citando i risultati di un test compiuto da un
laboratorio britannico che ha confermato la presenza del contagio. Sono invece
risultati negativi i test effettuati sui tre cittadini francesi ammalatisi dopo
un viaggio in Thailandia. Pechino, dal canto suo, rassicura, che è la polmonite
la causa della morte della dodicenne, che si credeva fosse stata contagiata dal
virus H5N1. E arrivano rassicurazioni anche dalla Russia dove si contano sei
focolai attivi di influenza aviaria. Focolai che “sono stati tempestivamente
circoscritti”, avvertono da Mosca, invitando i giornalisti a “non alimentare la
tensione” in quanto il virus H5N1 ''non rappresenta alcun pericolo per la
popolazione''. Cresce intanto l’allarme per le conseguenze economiche. In
Italia, i consumi di pollo sono
diminuiti del 50%, con una perdita nelle vendite di almeno 5 milioni di euro al
giorno. Sono le stime della Col diretti, che stamani è scesa in piazza davanti
a Montecitorio con un banchetto a base di polli e frittata, proprio per
sconfiggere la paura dell’influenza aviaria. Coldiretti teme un dimezzamento
dell’occupazione nel settore che dà lavoro a 180 mila persone. (E. B.)
IL RUOLO DELL’INFRMAZIONE PER
IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI
DEL MILLENNIO. QUESTO IL TEMA DELL’ODIERNO
INCONTRO A FIRENZE NELL’AMBITO DELL’INIZIATIVA “GIORNATE PER LA COOPERAZIONE
ITALIANA”
- A cura di Andrea Cocco -
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FIRENZE.
= AL Jazeera, Mtv, Rai News 24, Le Monde Diplomatique : il mondo dei media
si è incontrato questa mattina a Firenze per discutere del ruolo
dell’informazione nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo per il
millennio, fissati dall’ONU. A fare da sfondo, l’analisi poco rassicurante
sulla qualità dell’informazione. In tutto il globo, giornali, radio e
televisioni non prestano abbastanza attenzione alla povertà, alle
disuguaglianze, alla fame. Interi continenti, come Africa, Asia e America
Latina, sono spesso dimenticati dal sistema, a meno che non siano attraversati
da eventi drammatici. E’ quanto sottolinea con parole dure il rappresentante
dell’ONU in Iraq, che in collegamento da Baghdad esorta i giornalisti a non
rimanere attaccati alla spettacolarità delle notizie. L’esempio – ha detto – è
l’Iraq. Ogni giorno, sui giornali compaiono notizie sugli attentati, sulle bombe:
nessuno parla invece delle drammatiche condizioni che affliggono la popolazione
nel quotidiano. Le ha fatto eco Lamis Andoni, dell’emittente araba Al Jazeera:
il modo in cui le notizie vengono selezionate contribuisce ad emarginare chi è
già emarginato - dice - ricordando che l’informazione autentica non può
esistere laddove non c’è libertà di stampa. L’esempio è ancora una volta
l’Iraq, Paese in guerra, dove il mestiere di giornalista è ogni giorno più a
rischio.
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IN AFGHANISTAN, CONTINUANO GRAVI ABUSI AI DANNI DI
DONNE E BAMBINI.
LO AFFERMA UN RAPPORTO DELL’ALTO COMMISSARIO
DELLE NAZIONI UNITE PER I DIRITTI UMANI
KABUL.
= Crescenti violenze, torture, detenzioni illegali, delitti d’onore e matrimoni
forzati. Sono solo alcuni degli abusi perpetrati in Afghanistan a quattro anni
dalla caduta del regime talebano. Lo denuncia un rapporto diffuso dall’Alto
commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Louise Arbour, che
descrive uno scenario preoccupante. “I comandanti delle milizie e gli ex
signori della guerra – si legge nel documento – restano i principali detentori
del potere e i continui contrasti tra gli organismi antigovernativi e le forze
nazionali e internazionali continuano a provocare un numero elevato di morti
tra i civili”. Nel rapporto si sottolineano, inoltre, gli scarsi progressi
realizzati per punire i responsabili delle gravi violazioni dei diritti umani
compiute in Afghanistan negli ultimi decenni. Tuttavia, gli abusi “continuano
ad essere eseguiti con apparente impunità da uomini armati in molte parti del
Paese”. Il rapporto dell’ONU non manca di ricordare che spesso i reclusi dalle
forze della coalizione internazionale si sono visti derubare, costringere alla
nudità forzata e a un regime di detenzione “particolarmente duro e arbitrario”.
Soffermandosi sulla condizione femminile, il testo ribadisce che le donne
rimangono prive dell’istruzione di base e dell’accesso ai servizi sanitari.
Considerate sostanzialmente proprietà dell’uomo, le donne afghane sono spesso uccise
in delitti d’onore, costrette alla prostituzione e soggette a violenze
domestiche. Un’altra fonte di preoccupazione arriva dai diffusi matrimoni tra
bambini: una piccola afghana di 7 anni può essere costretta a sposarsi con
uomini persino di 30 o 40 anni più grandi. I bambini non hanno una sorte molto
migliore: a volte sono costretti a lavorare già a sei anni oppure vengono
reclutati dai talebani per la guerriglia. La percentuale di mortalità materna
resta alta: 1.600 donne su 100 mila muoiono di parto. Circa il 20% dei bimbi
afgani, inoltre, perde la vita prima dei 5 anni d’età, spesso per malattie che
in Occidente sarebbero facilmente curabili. La speranza di vita è 44,5 anni,
una percentuale spiegabile anche con il fatto che solo il 23% della popolazione
ha accesso all’acqua potabile e il 12% usufruisce di adeguati servizi igienici.
(E. B.)
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28
ottobre 2005
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
Il regime di Saddam Hussein ha ricevuto quasi due miliardi
di dollari da oltre 2 mila delle
circa 4.500 società di tutto il mondo impegnate, fino al 2003, nel programma
dell’ONU ‘Oil for food’. E’ quanto emerge dal rapporto presentato ieri dalla
Commissione indipendente guidata da Paul Volcker. Il nostro servizio:
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Una delle più
colossali fabbriche di “tangenti” della storia moderna, con “costi insostenibili
ed intollerabili” per l’integrità delle Nazioni Unite. E’ questo il fermo
giudizio dell’ex presidente della ‘Federal
Reserve’ americana, Paul Volcker, sul programma ‘Oil for food’. Secondo il rapporto, i fondi illegali
confluivano sui conti bancari in Libano e in Giordania della società
petrolifera irachena ‘Somo’, oppure
venivano consegnati alle ambasciate irachene all’estero. L’ex raìs favoriva con milioni di barili, da
piazzare sul mercato, le società vicine agli alleati politici di Baghdad. Il
piano delle Nazioni Unite, che prevedeva per l’Iraq generi alimentari in cambio
di greggio, è stato istituito il 13 dicembre del 1996 per limitare gli effetti
negativi, per la popolazione irachena, dell’embargo della vendita del petrolio
dopo l’invasione del Kuwait nell’agosto del 1990. Ma il programma presentava
aspetti controversi: Saddam, ad esempio, fu
autorizzato a scegliere le società. La Russia, seguita dalla Francia, è stato
il Paese, che ha partecipato al piano ‘Oil
for Food’ con più aziende. I documenti analizzati confermano il coinvolgimento
di numerose multinazionali, tra cui ‘Siemens’ e ‘Volvo’, e citano diversi
uomini politici, tra i quali il leader comunista russo Zyuganov e il presidente
della regione Lombardia, Roberto Formigoni, che ha negato ogni responsabilità. Il rapporto sottolinea, inoltre, l’ampia cooperazione tra i
vertici iracheni e i molti soggetti coinvolti nel programma, aggiungendo però
che tale collaborazione non sarebbe stata possibile se avessero funzionato i
controlli dell’ONU. Un’altra inchiesta ha ricevuto,
infine, ampia eco in Italia e negli Stati Uniti: l’FBI ha archiviato,
per quanto concerne l’Italia, il caso sul cosiddetto ‘Niger-gate’, il falso dossier
fornito da una giornalista italiana all’ambasciata americana a
Roma sulla presunta vendita di uranio dal Niger all’Iraq. E’ stato uno
dei documenti citati dagli Stati Uniti per avviare la campagna militare contro
l’Iraq.
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In Iraq, intanto, due soldati americani sono
morti in seguito a due attacchi condotti dalla guerriglia a Baghdad e a Ramadi.
Sul versante politico, il re Abdallah II di Giordania ha incontrato il
primo ministro iracheno Ibrahim Jaafari, in visita per la prima volta ad Amman
in veste di capo del governo iracheno. “Un Iraq indipendente e unito è un
interesse tanto iracheno quanto giordano”, ha detto il re Abdallah II. Amman e
Baghdad hanno siglato, ad ottobre, un accordo di cooperazione per rafforzare
la sicurezza e per coordinare la lotta
al terrorismo. Prima di questa intesa, le relazioni diplomatiche fra i due
Paesi erano state contrassegnate dalle accuse irachene ad Amman di non fare abbastanza
per arginare le infiltrazioni di potenziali terroristi provenienti dalla Giordania.
In Medio Oriente, sette
palestinesi sono morti in seguito ad una serie di raid aerei israeliani nel
nord di Gaza. L’attacco è stato condotto dopo la strage compiuta mercoledì
scorso da un kamikaze palestinese nel mercato di Hadera e costata la vita a 5
persone.
Quattro giovani musulmani, sospettati di preparare
attentati terroristici, sono stati arrestati ieri mattina a Copenaghen. Lo ha
reso noto oggi la polizia danese, precisando che i quattro, dai 16 ai 20 anni,
sono stati posti in detenzione preventiva fino al 16 novembre.
Il premier giapponese, il
liberaldemocratico Junichiro Koizumi, avvierà lunedì prossimo un rimpasto di
governo e dell’esecutivo del suo partito. Lo rende noto l’agenzia di stampa
‘Kyodo’ precisando che il primo ministro, al potere dal 2001 e reduce dal
trionfo elettorale dello scorso 11 settembre, intende riservare posti di
rilievo ai candidati alla guida del suo partito. Il mandato di Koizumi come
presidente dello schieramento liberaldemocratico scadrà, infatti, nel 2006. In
Giappone ha ricevuto, intanto, vasta eco la notizia di un accordo militare tra
Tokyo e Washington: una nave portaerei americana a propulsione nucleare sarà dislocata
permanentemente, a partire dal 2008, in una base a sud della capitale giapponese.
Il Giappone, l’unico Paese del mondo ad avere subito un bombardamento atomico,
finora si era sempre opposto alla presenza di navi nucleari nelle sue acque o
nei suoi porti. “La nostra strategia militare in Asia – avevano rivelato poco
prima dell’intesa raggiunta con l’esecutivo nipponico fonti
dell’amministrazione statunitense - richiede la presenza di una delle portaerei
più moderne ed efficienti in una base
giapponese”.
Il presidente della Corea del
nord, Kim Jong Il ha dichiarato che la Corea del Nord parteciperà, come
previsto, alla sessione di colloqui sul suo programma
nucleare. Ai negoziati prenderanno parte a Pechino, il prossimo 8
novembre, le due Coree, Stati Uniti, Russia, Cina e Giappone.
Le
autorità di Cuba, Paese dove il recente passaggio dell’uragano Wilma ha provocato
diverse vittime, hanno accettato l’offerta di aiuti da parte degli Stati Uniti.
Una squadra americana si recherà, infatti, sull’isola per valutare i danni
causati da Wilma. Alla fine di agosto, l’amministrazione cubana si era
dichiarata disponibile ad inviare oltre 1600 medici in Lousiana per soccorrere
la popolazione colpita dall’uragano Katrina. In quell’occasione, la Casa
Bianca, aveva rifiutato la proposta dell’Avana, spiegando che considerava
adeguato il numero di medici americani. Stati Uniti e Cuba non hanno relazioni
diplomatiche da oltre 40 anni ed è la prima volta che il governo dell’Avana
accoglie una offerta di aiuto statunitense. Come nel caso del Pakistan, che ha
accettato aiuti umanitari da parte dell’India dopo il devastante terremoto
nella regione del Kasmir, anche le relazioni tra Cuba e Stati Uniti trovano,
dunque, un punto di incontro di fronte ad una grave emergenza. L’uragano Wilma
ha provocato, complessivamente, più di 20 morti in Messico, in Florida e a
Cuba.
Colombia, Nicaragua, Costarica e
Panama hanno dichiarato lo stato di allarme per l’imminente arrivo della
tempesta tropicale ‘Beta’, che secondo il centro meteorologico di Miami,
potrebbe trasformarsi, già oggi, in uragano.
In Italia, è stato
svelato un piano per uccidere il giudice Ottavio Sferlazza, capo dell’ufficio
GIP del Tribunale di Caltanissetta e presidente della Corte d’assise nel
processo per la strage di Capaci. Un commerciante ha rivelato che ‘Cosa Nostra’
gli aveva chiesto di pianificare l’attentato contro il giudice, lungo la strada
che porta a Caltanisetta, con un ingente quantitativo di esplosivo.
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