RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 297 - Testo della trasmissione di lunedì 24 ottobre 2005

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il primato del servizio e l’amore all’Eucaristia contro l’egoismo dell’apparenza: il messaggio dei nuovi santi ricordato dal Papa nell’udienza ai pellegrini delle canonizzazioni. Messa del cardinale Sodano per i fedeli cileni

 

La gratitudine del Papa per quanti hanno lavorato al Sinodo espressa sabato scorso durante il pranzo in Vaticano con i padri sinodali. Il testo del discorso del Pontefice è stato diffuso oggi

 

Ieri la solenne chiusura dell’Anno dell’Eucaristia, aperto il 17 ottobre 2004 da Giovanni Paolo II.   Benedetto XVI ripete l’invito di Papa Wojtyla a ripartire da Cristo per costruire un mondo più giusto e fraterno: la riflessione di mons. Bruno Forte

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Nuove tensioni in Egitto tra musulmani e cristiano-copti: con noi padre Giuseppe Scattolin

 

La comunità internazionale non sta facendo abbastanza per le popolazioni colpite dal terremoto in Pakistan: la testimonianza di mons. Anthony Theodore Lobo

 

La Polonia ha un nuovo presidente. E’ il candidato conservatore Lech Kazcynski, vincitore nel ballottaggio di ieri contro il liberale Donald Tusk: intervista con Luigi Geninazzi

 

Come previsto dalle intese di pace, il sud Sudan ha varato il suo governo: con noi Vittorio Scelzo

 

Oggi, Giornata delle Nazioni Unite: appello di Kofi Annan a non mancare l’appuntamento con le grandi sfide del nostro tempo: il commento di Maria Rita Saulle

 

In onda questa sera su Rai Uno il film sulla figura di San Pietro: ce ne parla il regista Giulio Base

 

CHIESA E SOCIETA’:

Vittoria del ‘no’ ieri in Brasile al referendum sulla proibizione del commercio delle armi da fuoco

 

Scoperto un nuovo focolaio di influenza aviaria in Russia

 

Continua nel silenzio il dramma di centinaia di immigrati clandestini africani in cerca di speranza

 

Condividere quello che si ha anche se è poco: il messaggio del vicario della diocesi di Niamey ai cittadini, per la grave crisi alimentare che ha colpito il Niger

 

In Nepal sette alpinisti francesi e undici nepalesi sono morti per una bufera di neve sull’Himalaya

 

24 ORE NEL MONDO:

Soldati israeliani hanno ucciso un alto dirigente della Jihad islamica

 

Migliaia di siriani scesi in strada a Damasco per protestare contro le accuse rivolte alla Siria per l'attentato all'ex premier libanese Hariri

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 ottobre 2005

 

IL PRIMATO DEL SERVIZIO E L’AMORE ALL’EUCARISTIA CONTRO L’EGOISMO DELL’APPARENZA: IL MESSAGGIO DEI NUOVI SANTI RICORDATO DAL PAPA

 NELL’UDIENZA AI PELLEGRINI DELLE CANONIZZAZIONI.

MESSA DEL CARDINALE SODANO PER I FEDELI CILENI

 

Modelli da imitare, che hanno dato con la loro vita un significato profondo alla parola impegno, in un mondo che preferisce spesso l’apparenza. E’ la “lezione” che insegnano ai cristiani del Duemila i cinque nuovi Santi canonizzati ieri da Benedetto XVI. Il giorno dopo la solenne cerimonia in Piazza San Pietro, il Papa, come da tradizione, ha ricevuto in Aula Paolo VI i pellegrini che avevano partecipato al rito. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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         Essere invece di apparire. Essere per gli altri, donati incondizionatamente a loro, soprattutto se poveri, invece di un orizzonte di vita limitato al proprio personale benessere. Che siano a cento o trecento anni di distanza da noi, il valore di testimonianze cristiane esemplari non smette di affascinare e di spingere all’imitazione. Benedetto XVI ha ripetuto questo concetto alle migliaia di pellegrini ucraini, polacchi, cileni e italiani devoti dei cinque Santi canonizzati ieri mattina. Nel ripercorrerne le vite, il Papa ha messo in rilievo i tratti di eccellenza che li distinsero: la preghiera, l’amore per l’Eucaristia e la pratica della carità per il vescovo ucraino, Józef Bilczewski e il connazionale sacerdote Zygmunt Gorazdowski. La generosità nel servizio ai poveri per il gesuita cileno, padre Alberto Hurtado Cruchaga, fondatore dei “Focolari di Cristo”. L’evangelizzazione e la promozione umana dei ragazzi abbandonati e in miseria dell’italiano, don Gaetano Catanoso, l’umile spiritualità del frate Cappuccino, Felice da Nicosia.

 

         Benedetto XVI si è rivolto ai vari gruppi nelle rispettive lingue nazionali in un clima di entusiasmo che ha più volte accompagnato con applausi fragorosi e acclamazioni i passaggi più importanti del suo discorso. Dei nuovi Santi, il Papa – nel clima dell’Anno eucaristico appena concluso – ha anche sottolineato l’importanza che per ciascuno rivestiva la comunione quotidiana con Cristo. Come, ad esempio, per San Gaetano Catanoso:

 

“Annunciò il Regno di Dio con ardore apostolico e con la convinzione del testimone; amministrò i Sacramenti, e soprattutto la divina Eucaristia, immergendosi ogni giorno nel mistero dell’amore oblativo di Cristo”.

 

         Da Felice da Nicosia, vissuto agli inizi del Settecento, arriva invece un insegnamento universale, che racchiude idealmente quello degli altri nuovi Santi:

 

 “In un mondo fortemente tentato dalla ricerca dell’apparenza e del benessere egoistico, san Felice ricorda a tutti che la gioia vera è spesso nascosta dietro le piccole cose e si raggiunge eseguendo il proprio dovere quotidiano con spirito di servizio”.

 

(applausi)

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         “Una festa per il Cile”. Il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, ha salutato così la canonizzazione di padre Alberto Hurtado Cruchaga. Il porporato ha parlato del nuovo Santo cileno durante una Messa celebrata questa mattina per i pellegrini latinoamericani nella Basilica di San Pietro. “Oggi – ha detto tra l’altro all’omelia il cardinale Sodano - nella gloria del cielo, contempliamo non soltanto Santa Teresa delle Ande o la Beata Laura Vicuña, ma vediamo anche una stella più luminosa, che ci indica il cammino come quella che guidò i Re Magi a scoprire Gesù”. È la stella di padre Alberto Hurtado che nella “città di Santiago e in tante altre città del Cile - ha concluso il segretario di Stato - ha annunciato con la sua parola e la sua vita il Vangelo di Cristo”.

 

Il cardinale Angelo Sodano ha trascorso più di dieci anni in Cile in veste di nunzio apostolico, su nomina di Paolo VI, avvenuta nel 1977. Ha visitato quasi tutte le diocesi cooperando anche alla felice conclusione della mediazione pontificia fra Cile ed Argentina, per la soluzione pacifica della controversia sorta sulla sovranità dei due Stati, in alcune zone del territorio australe.

 

 

LA GRATITUDINE DEL PAPA PER QUANTI HANNO LAVORATO AL SINODO

ESPRESSA SABATO SCORSO DURANTE IL PRANZO IN VATICANO CON I PADRI SINODALI

 

Portiamo con noi, nel nostro cuore, la gratitudine per questa esperienza di fraternità. E’ quanto ha detto Benedetto XVI sabato scorso durante il pranzo in Vaticano con i padri sinodali. Il testo del discorso a braccio del Papa è stato reso noto oggi. “Con questo pranzo solenne – ha detto il Pontefice - siamo arrivati … al punto dell'Ite, Missa est del nostro Sinodo”.  Non tanto – ha specificato - nel senso  che “questa nostra assemblea adesso è finita”. In latino infatti – ha spiegato -  “Missa” significa “dimissione”. Adesso non è più “dimissione” ma “missione”, cioè “un nuovo impegno … affinché la missione del Signore sia realizzata e il Vangelo arrivi a tutti”.

 

Il Papa ha ringraziato quanti hanno contribuito al Sinodo: “Un grande grazie per tutto! Portiamo con noi, nel nostro cuore, questa gratitudine, anche per questa esperienza di fraternità”. Quindi ha rivolto il suo grazie anche a quanti “hanno imbandito questo pranzo, a tutti quelli che lo hanno servito, che lo hanno preparato. Mi sembra di poter dire a nome di tutti che era un pranzo realmente degno di questo Sinodo!” “Il Signore – ha proseguito il Papa -  non avrebbe scelto l'immagine del banchetto per prefigurare il Cielo, se non avesse approvato anche la bellezza di un pranzo, dello stare insieme, del mangiare insieme, la gioia anche delle cose di questo mondo, che sono da Lui create”.

 

Il Papa infine ha salutato i padri sinodali con un’altra formula di congedo: “Andate in pace”. “Siamo consapevoli – ha concluso - che questa pace di Cristo non è una pace statica, solo un specie di riposo, ma una pace dinamica che vuole trasformare il mondo perché sia un mondo di pace animato dalla presenza del Creatore e Redentore”.

 

 

IERI LA SOLENNE CHIUSURA DELL’ANNO DELL’EUCARISTIA APERTO

IL 17 OTTOBRE 2004 DA GIOVANNI PAOLO II.

BENEDETTO XVI RIPETE L’INVITO DI PAPA WOJTYLA  A RIPARTIRE DA CRISTO

 PER COSTRUIRE UN MONDO PIU’ GIUSTO E FRATERNO

- Intervista con mons. Bruno Forte -

 

Ieri Benedetto XVI, con una solenne celebrazione in Piazza San Pietro, ha chiuso l’Anno dell’Eucaristia che era stato aperto il 17 ottobre dell’anno scorso da Giovanni Paolo II. E Benedetto XVI ha ripetuto l’invito di Papa Wojtyla a “ripartire da Cristo” impegnandosi “per un mondo più giusto e fraterno”. Un anno fa  Giovanni Paolo II affermava che “l’Eucaristia è luce” di cui il mondo ha urgente  bisogno “nella difficile ricerca di una pace che appare lontana, all’inizio di un millennio sconvolto ed umiliato dalla violenza, dal terrorismo e dalla guerra”.  Benedetto XVI ieri ha esortato i cristiani a innamorarsi di Gesù-Eucaristia perché la Chiesa sia sempre più “faro di luce, di vera gioia e di speranza … strumento di unità dell’intero genero umano”. Appelli fatti propri dai padri sinodali nel Messaggio finale del Sinodo sull’Eucaristia, come ci conferma l’arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte al microfono di Fabio Colagrande:

 

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R. - In realtà l’Eucaristia è una buona novella, è il dono di un amore immenso perché è l’Amato che si fa presente in mezzo a noi, per noi, per ciascuno di noi. In questo senso è tanto una buona novella contro la solitudine – e quanto tutti noi abbiamo bisogno di questa buona novella ! - quanto una buona novella contro il conflitto, per superarlo ma in maniera non fittizia, ma giusta, vera,sulla base di un dialogo rispettoso e di una capacità di perdono che può avere soltanto chi si sa perdonato dall’altro, da Dio.

 

D. – Dal Messaggio di voi padri sinodali al termine di questo Sinodo si capisce che al Sinodo si è parlato molto degli effetti della secolarizzazione…

 

R. - Sì, della secolarizzazione indubbiamente si è parlato e se ne sono visti anche i risvolti negativi, problematici, soprattutto il diffuso relativismo etico ecc. Però si è visto anche che proprio la secolarizzazione costituisce una paradossale sfida positiva perché crea un bisogno di senso e un bisogno di incontro, di amore che solo il Vangelo e l’Eucaristia in particolare, ci sembra sia in grado di incontrare.

 

D. – Uno dei problemi centrali sono stati gli abusi della liturgia…

 

R. – Quello che è stato  molto bello ed importante, ed è da sottolineare, è che il Sinodo ha ribadito con grande forza il valore, la validità, la fecondità del Vaticano II. Quindi tutt’altro che un Sinodo – come qualcuno pensava o temeva – quasi di rifiuto del Vaticano II. E’ stato un Sinodo, invece, di profondo rilancio della primavera del Concilio in tutto il suo valore. Di abusi sì, se ne è parlato anche perché ce ne sono stati. Tra l’altro si è constatato come oggi siano molti di meno. Ma che cosa è l’abuso nella liturgia? E’ ciò ferisce proprio la dignità, la verità, la bellezza del Sacramento perché mortifica quella oggettività del dono che invece è prezioso, che posso dire si custodisce nel rispetto delle norme della Chiesa, che sono sempre ispirate all’obbedienza al Vangelo e a quanto Gesù ha voluto per la sua Chiesa.

 

D. - Il Messaggio, rivolgendosi alla fine anche ai divorziati risposati, li invita a mantenere la gioia di essere cattolici. Qualcuno si aspettava qualcosa di più da questo Sinodo al riguardo…

 

R. – Certamente il Sinodo non può cambiare la dottrina e la fede della Chiesa e l’obbedienza a Dio. Quello però che è molto positivo e bello è il tono, cioè far capire alle persone divorziate e risposate credenti - come tante volte mi è capitato anche nell’accompagnamento diretto di situazioni di persone, nel mio ministero sacerdotale e ora episcopale – che non sono fuori della Chiesa, anche se la loro situazione necessita di un cammino di chiarificazione, di purificazione, dove la Chiesa vuole essere loro vicina. Così, per esempio,  andare a Messa alla domenica per loro resta un’esigenza ed un dovere anche se non poter fare la comunione può attivare dei cammini di purificazione perché si offre a Dio questa rinuncia cercando di impegnarsi a corrispondere al disegno, al desiderio di Dio sulla propria vita.

 

D. – Avete voluto  inserire una menzione particolare dedicata al caso dei vescovi cinesi…

 

R. – Certo, perché la loro assenza è risuonata molto di più che la loro presenza: il fatto che essi non siano venuti perché non è stato loro consentito di venire è stato motivo di grande sofferenza. Che nel mondo ci siano ancora situazioni in cui la libertà religiosa viene in questo modo conculcata questo ci sembra che sia molto triste e proprio per questo esige una forte sottolineatura perché l’umanità intera prenda coscienza che lo spazio e la possibilità dell’incontro e del dialogo c’è per tutti nella misura in cui si rispetta la dignità e la libertà di ciascuno a cominciare dalla libertà di coscienza e, dalla libertà religiosa.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Nel corso della mattinata, Benedetto XVI ha ricevuto in udienza mons. William Stephen Skylstadt, vescovo di Spokane, presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti d’America con il vice presidente della Conferenza, il cardinale Francis Eugene George, arcivescovo di Chicago e il segretario generale, mons. William P. Fay. Successivamente, il Papa ha ricevuto il cardinale Cláudio Hummes, arcivescovo di São Paulo del Brasile.

 

Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Cartagena in Colombia, presentata da mons. Carlos José Ruiseco Vieira, in conformità al can. 401 paragrafo 2 del Codice di Diritto Canonico. Il Pontefice ha nominato suo successore mons. Jorge Enrique Jiménez Carvajal, della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria, finora arcivescovo coadiutore della medesima arcidiocesi metropolitana.

 

Benedetto XVI ha nominato membri della Congregazione delle Cause dei Santi mons. William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, mons. Angelo Comastri, presidente della Fabbrica di San Pietro e mons. Pier Giacomo De Nicolò, arcivescovo titolare di Martana.

 

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo "Essere pane spezzato": a conclusione dell'Anno dell'Eucaristia e del Sinodo dei vescovi, nella Giornata Missionaria Mondiale, Benedetto XVI proclama in Piazza San Pietro cinque nuovi santi testimoni dello "stupore eucaristico".


Servizio vaticano - La pubblicazione delle 50 Proposizioni del Sinodo dei Vescovi.

 

Servizio estero - Libano: si acuisce la polemica dopo il rapporto dell'Onu che accusa la Siria di complicità nell'omicidio dell'ex Premier Hariri; chieste le dimissioni del Presidente Lahoud, vicino a Damasco.

 

Servizio culturale - Una nota sulla situazione delle epidemie influenzali firmata da Giovanni Rocchi, Direttore di Sanità ed Igiene del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.

 

Servizio italiano - In rilievo l'emergenza-maltempo.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 ottobre 2005

 

 

NUOVE TENSIONI IN EGITTO TRA MUSULMANI E CRISTIANO-COPTI

- Intervista con padre Giuseppe Scattolin -

 

Rapporti difficili tra le comunità islamica e cristiana in Egitto. Oltre cento persone sono arrestate ieri ad Alessandria d'Egitto, per essere ascoltate dalle forze dell'ordine a seguito degli scontri con la polizia, che ha impedito l'assalto ad una chiesa copta da parte di una folla di circa 5 mila musulmani. Si registra purtroppo la morte di tre persone. Le violenze sarebbero scoppiate per la diffusione di un DVD di una rappresentazione teatrale, giudicata irriverente e blasfema per l’islam. Ma in quale contesto dei rapporti tra cristiani e musulmani è avvenuto questo nuovo episodio di tensione che giunge dopo il ferimento di una suora copta, la scorsa settimana, da parte di un giovane islamico? Giancarlo La Vella lo ha chiesto al padre comboniano, Giuseppe Scattolin, da anni missionario al Cairo:

 

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R. – Le due comunità, cristiani e musulmani, evidentemente hanno alle spalle tutta una storia. Ci sono stati periodi di distensione, ma direi che fondamentalmente il cristiano in Egitto ha sempre l’impressione di esser discriminato nella vita pubblica. I musulmani, essendo la maggioranza, su questo aspetto sono meno sensibili. Quindi si vive in una situazione di equilibrio instabile. Si spera, attraverso il dialogo, di poter giungere poco alla volta ad una situazione più chiara, più stabile. Credo che non siamo ancora a quel punto lì, per cui una parte che si sente insultata dall’altra, scatena dei sentimenti…

 

D. – Ci sono comunque appelli alla moderazione, anche da parte musulmana, quindi vuol dire che c’è una volontà di dialogo?

 

R. – Appelli é facile farli, occorre però mettersi seriamente in cammino, occorre sviluppare una mentalità critica e autocritica. Questo mi sembra il punto debole in cui non si vede gran che. Ci sono degli sforzi, indubbiamente, però bisogna dire che le dichiarazioni ufficiali non cambiano la situazione. Nel campo dei diritti umani, in particolare, la dignità della persona, la libertà di coscienza, di parola, il mondo islamico ha dei problemi molto seri ed un dialogo serio li deve affrontare, non si può fingere che non esistano.

 

D. – In questo tentativo di dialogo, qual è il ruolo della Chiesa cattolica, di voi missionari?

 

R. – Quello di promuovere, attraverso il dialogo, i valori fondamentali della persona, fare un cammino insieme e attraverso le nostre scuole, le opere sociali. Far maturare una coscienza comune in cui questi diritti siano rispettati. C’è qualcuno che non vuole far progredire un discorso sui diritti umani serio e quindi agita un po’ sempre questi spettri del fanatismo, li provoca, eccetera. Da parte cattolica bisogna sostenere l’impegno di studio perché uno dei punti per far progredire la situazione è portare avanti degli studi e delle ricerche serie che presentino una visione diversa, più oggettiva delle cose. Quindi c’è tutto un insieme di lavoro da fare proprio a livello intellettuale, di muovere le idee, più il lavoro pratico che si fa attraverso l’educazione, le opere sociali, per creare una base comune di valori umani su cui costruire una convivenza pacifica.

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LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE NON STA FACENDO ABBASTANZA PER LE

POPOLAZIONI COLPITE DAL TERREMOTO IN PAKISTAN: E’ LA DENUNCIA,

AI NOSTRI MICROFONI, DI MONS. ANTHONY THEODORE LOBO, VESCOVO DI

ISLAMABAD-RAWALPINDI, DIOCESI DEVASTATA DAL SISMA

DELL’8 OTTOBRE SCORSO

 

La Commissione Europea ha proposto altri 80 milioni di euro di aiuti, dopo i 13 già stanziati, per le vittime del terremoto in Pakistan e India. La decisione arriva il giorno dopo l’appello del numero due di Al Qaeda, Al Zawahri, ad aiutare i fratelli musulmani colpiti dal sisma, che l’8 ottobre scorso ha provocato la morte di oltre 50 mila persone. Intanto, cresce la preoccupazione per la sorte dei tre milioni di senzatetto, mentre l’ONU critica duramente la lentezza della comunità internazionale nel portare soccorso alle popolazioni afflitte. Una denuncia fatta propria da mons. Anthony Theodore Lobo, vescovo di Islamad-Rawalpindi, la diocesi pakistana colpita dal terremoto, raggiunto telefonicamente sul luogo del disastro da Alessandro Gisotti:

 

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R. – THE ROADS ARE COLLAPSED…

Le strade sono distrutte e le linee telefoniche non sono state ancora ripristinate. Non abbiamo accesso a tutti i luoghi colpiti dal terremoto. Ci sono posti sulle montagne dove i villaggi sono stati completamente distrutti e quasi tutti sono morti. Quando i sopravvissuti raggiungono le città e ci raccontano il loro dramma, veniamo a conoscenza del fatto che tutto è stato distrutto. Il numero dei morti, purtroppo, sta crescendo.

 

D.- Cosa sta facendo la Chiesa per aiutare le popolazioni colpite?

 

R.- THE CHURCH HAS BEEN IN THE FOREFRONT…

La Chiesa è in prima linea per quanto riguarda gli aiuti, già attraverso le diocesi e gli uffici della Caritas. Caritas Internationalis lancerà un appello per offrire ancora più aiuto di quanto abbiamo potuto fare finora.

 

D. - Quali sono gli aiuti più urgenti al momento?

 

R. - WHAT IS NEEDED NOW…

Quello di cui c’è bisogno adesso sono soprattutto le tende, perché molte persone vivono all’aria aperta, essendo state distrutte le loro case. La gente ora soffre non solo per le ferite a causa del terremoto, ma anche di malattie respiratorie e altri disturbi causati dalle temperature invernali. Quindi, tende, coperte, abiti, oltre al cibo e naturalmente alle medicine. Molti dei sopravvissuti hanno fratture gravi agli arti. A volte queste vanno in cancrena e devono essere amputate gambe e mani, perché il soccorso medico è arrivato troppo tardi.

 

D. – Da più parti si denuncia una scarsa attenzione della comunità internazionale verso questa tragedia. Qual è la sua opinione?

 

R. - IT’S MUCH BIGGER THAN THE TSUNAMI…

E’ un disastro più grande dello tsunami dell’anno scorso, in Asia, ma sfortunatamente l’aiuto viene solo da 40 Paesi, laddove 92 Paesi stanno aiutando le vittime dello tsunami, a cui è stato dato un aiuto maggiore. Penso, come è stato sottolineato dalle Nazioni Unite, che la gente non abbia capito quanta distruzione abbia causato questo terremoto.

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LA POLONIA HA UN NUOVO PRESIDENTE. E’ IL CANDIDATO CONSERVATORE LECH

KACZYNSKI, VINCITORE NEL BALLOTTAGGIO DI IERI CONTRO IL LIBERALE DONALD TUSK

- Intervista con Luigi Geninazzi -

 

Il candidato conservatore Lech Kaczynski, 56 anni, ha vinto il ballottaggio delle presidenziali in Polonia e diventerà, dunque, il nuovo capo di Stato polacco, al posto dell'uscente Alksander Kwasniewski. I dati divulgati dalla televisione pubblica polacca gli attribuiscono il 52,8% delle preferenze deGLi elettori. Il suo rivale nel ballottaggio, il liberale Donald Tusk, 48 anni, ha ottenuto invece il 47,2%. Sulla vittoria di Kaczynski si è espresso questa mattina il primate polacco, Josef Glemp, il quale ha auspicato che “la Polonia vada a rafforzarsi nella pace e nella solidarietà”. Ma che Presidente sarà Lech Kaczynski? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Luigi Geninazzi, esperto di questioni polacche del quotidiano “Avvenire”.

 

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R. – Sarà un presidente, come ha detto nella sua campagna elettorale, alla guida di una quarta repubblica, una repubblica che rompe decisamente con il passato della corruzione, degli scandali politici, che hanno caratterizzato soprattutto questi ultimi anni, quando gli ex comunisti sono stati al potere. Diciamo che è un presidente con la ramazza in mano. Ha vinto proprio perché sulle piazze ha manifestato questa grande volontà di fare pulizia, moralizzare la società e di dare anche una certa sicurezza agli strati della popolazione più poveri e più toccati dalla disoccupazione, che in Polonia, al 18 per cento, è la più alta di tutta l’Unione Europea.

 

D. – Secondo te, riuscirà a traghettare la Polonia verso l’Europa? Si tratta infatti di un presidente piuttosto euroscettico. Ricordiamo il parere negativo espresso nei confronti dell’adozione dell’Euro. Ieri, tra l’altro, ha proposto un referendum ad hoc per l’adozione della moneta unica…

 

R. – La posizione di Kaczynski è quella di un moderato euroscetticismo. E’ contrario alla Costituzione europea e quindi è contento che siano stati gli altri a bocciarla, a cominciare dai francesi. Ovviamente, dovrà fare i conti con l’Unione Europea, nel senso che i grandi aiuti, le sovvenzioni che adesso la Polonia, l’agricoltura polacca specialmente, stanno ricevendo, richiedono anche un atteggiamento di lealtà. Per quanto riguarda l’euro, io credo sia una posizione di buon senso. Bisogna aspettare non tanto per un orgoglio nazionalistico di rinuncia alla moneta nazionale, ma perché l’introduzione dell’euro in un Paese come la Polonia dove si sta camminando verso un livello di vita, un livello di benessere occidentale, potrebbe provocare un grosso shock.

 

D. – Insieme al fratello gemello, Yaroslav è riuscito quattro anni fa a coagulare intorno a sé gli eredi del governo di azione elettorale di Solidarnosc. Che cosa è rimasto in “Diritto e Giustizia”, il movimento guidato dai due fratelli, dei valori propugnati dal sindacato Solidarnosc?

 

R. – Senz’altro c’è un’ispirazione di fondo che è quella di Solidarnosc, ispirazione della solidarietà sociale. Non dimentichiamo che Lech Kaczynski è stato sostenuto dal sindacato Solidarnosc, erede del movimento di Walesa, anche se l’ex presidente non l’ha sostenuto, e soprattutto questo forte richiamo alle radici cattoliche della nazione polacca.

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COME PREVISTO DALLE INTESE DI PACE, IL SUD SUDAN HA VARATO IL SUO GOVERNO. TRA I MINISTRI, REBECCA GARANG, VEDOVA DI JOHN,

LEADER STORICO DEL SUD E PRIMO VICEPRESIDENTE DEL SUDAN UNITO

- Intervista con Vittorio Scelzo -

 

Come previsto dalle intese di pace, il Sud Sudan ha varato il suo governo che avrà piena autonomia nei locali affari interni. 17 ministri sono stati già decisi, mentre un paio di ministeri sono ancora da attribuire. Rebecca Garang, vedova del leader storico del Sud, ha l'influente  portafoglio delle Strade e dei Trasporti. Intanto, resta difficile la situazione in Darfur, la martoriata regione dell'ovest del Sudan, rimasta fuori dalle intese di pace.

 

Ma per una riflessione sulla formazione del governo autonomo in Sud Sudan, Fausta Speranza ha intervistato Vittorio Scelzo della Comunità di Sant’Egidio, che da tempo segue il processo negoziale che di recente ha riportato la pace nel Paese africano, dopo vent’anni di guerra civile tra Nord e Sud:

 

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R. – Direi che è una notizia estremamente positiva. Significa che funziona l’accordo di pace per il sud, un accordo avvenuto dopo 20 anni di guerra, dopo un negoziato lunghissimo ed estenuante. Anche il governo di Unità nazionale, formato a luglio, era un segnale positivo e adesso c’è il governo del sud. Quindi, significa che le tappe previste dall’accordo vengono rispettate.

 

D. – Tra i nuovi ministri c’è la vedova di John Garang, leader storico del sud, primo vice presidente del Sudan unito, morto a fine luglio in un incidente di elicottero, appena tre mesi dopo aver prestato giuramento. Che significato ha questa presenza?

 

R. – Questa presenza è stata interpretata come un impegno particolare del movimento di liberazione, SPLM, e poiché i principali esponenti dell’SPLM fanno parte del governo del sud, piuttosto che del governo di Unità nazionale, alcuni hanno pensato che questo significasse che l’SPLM stia puntando più al sud, quindi più ad una futura indipendenza, che al governo centrale. Credo sia ancora presto per dare un giudizio del genere. Bisognerà aspettare. In ogni caso, sicuramente, la presenza della vedova di Garang è il segno di una continuità. E’ il segno della continuità con il leader storico dell’SPLM, con colui che ha portato alla pace, e quindi è un ulteriore segnale di come questo processo vada nella direzione auspicata da Garang.

 

D. – Commentiamo proprio la presenza di esponenti del movimento di liberazione che arriva al 70 per cento, mentre il 15 va al partito principale del nord, cioè il National Congress Party, e il rimanente a movimenti minori. Di questa spartizione che ne dice?

 

R. – E’ quella prevista dagli accordi. E’ l’applicazione scrupolosa di quello che era stato deciso nelle trattative che hanno portato all’accordo.

 

D. – E’ doveroso ricordare comunque il Darfur, la martoriata regione dell’ovest del Sudan, che è rimasta fuori dalle intese di pace. Si parla di una ripresa dei colloqui negoziali e la speranza sarebbe di un’intesa entro fine anno. La vede possibile?

 

R. – In questi giorni si è conclusa la quinta sessione negoziale ad Abuja, in Nigeria, alla quale io ho partecipato per conto della Comunità di Sant’Egidio. A novembre, il 20, è prevista la ripresa di questi negoziati. Ma sono negoziati, purtroppo, molto lenti, segnati da difficoltà dovute a problemi interni dei movimenti di guerriglia, a divisioni interne. Francamente fare previsioni sulle date è molto difficile.

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OGGI, GIORNATA DELLE NAZIONI UNITE: APPELLO DI KOFI ANNAN A NON MANCARE L’APPUNTAMENTO CON LE GRANDI SFIDE DEL NOSTRO TEMPO,

MENTRE SEGNA IL PASSO L’ATTESA RIFORMA DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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Nazioni Unite alla ricerca di una nuova identità, a 60 anni dalla loro fondazione sulle ceneri della Seconda Guerra Mondiale, in un mondo oggi radicalmente mutato negli equilibri geopolitici, dove la suddivisione Est-Ovest ha lasciato il posto alla contrapposizione Sud-Nord e forse ancor di più in questo inizio di terzo millennio allo scontro tra civiltà e purtroppo anche tra religioni.

 

Per questo Kofi Annan, segretario generale dell’ONU, invita le Nazioni Unite ad affrontare le sfide di questa nuova era, a partire scrive – nel suo messaggio per la Giornata – dalla “consapevolezza che centinaia di milioni di persone sono lasciate senza difesa contro la fame, le malattie e il degrado ambientale, nonostante il mondo abbia a disposizione i mezzi per salvarli”. Ricorda Kofi Annan il rinnovato impegno dei leader mondiali – sottoscritto un mese fa a New York in apertura dell’assemblea generale – di ridurre del 50 per cento la povertà nei prossimi 10 anni. E così anche la promessa fatta di combattere il terrorismo e di proteggere le popolazioni da genocidi e altri crimini atroci e di creare nuove strutture per tutelare i diritti umani e di portare una pace durevole nei Paesi dilaniati dalla guerra. Ma sono pure molte le questioni – si rammarica Kofi Annan – sulle quali i leader non hanno neanche raggiunto un’intesa sulla carta: come sui cambiamenti climatici, sugli armamenti e la proliferazione nucleare e così anche in alto mare è la riforma del Consiglio di Sicurezza.

 

                          Dunque al di là – ancora una volta – delle buone intenzioni e degli obiettivi mancati, che aria tira sullo scenario internazionale per affermare oggi i principi cardine della Carta delle Nazioni Unite? Giriamo la domanda alla prof.ssa Maria Rita Saulle, ordinario di diritto internazionale all’Università “La Sapienza” di Roma:

 

R. – Non è che sia un’aria delle migliori, perché ci sono delle grandi difficoltà ad affermare la legalità sul piano internazionale. Le Nazioni Unite possono svolgere sicuramente una grande funzione in questo campo della legalità, se poste in condizioni di agire in maniera “libera”, perché le Nazioni Unite hanno nel loro statuto, ove applicato concretamente e con grande attenzione, tutte le potenzialità per arrivare a garantire la sicurezza internazionale e, nello stesso tempo, ad assicurare la pace. Tuttavia, è nota la questione del Consiglio di Sicurezza, che è certamente un organo non democratico che oggi non comprende alcuni Stati che, nel frattempo, si sono ingranditi e che hanno acquistato il rango di grandi potenze. Questa circostanza sta a determinare una scarsa incisività delle Nazioni Unite che, tra l’altro, sono anche condizionate dall’atteggiamento delle attuali grandi potenze che compongono il Consiglio di Sicurezza. Se le grandi potenze si ponessero nella condizione di una maggiore democrazia, ovviamente le Nazioni Unite funzionerebbero in modo migliore e potrebbero anche concorrere a determinare la vittoria sulla povertà e sul sottosviluppo. In effetti, ciò non accade e allora le iniziative di alcune potenze tendono a privilegiare l’uso delle armi e il mercato delle armi, impedendo gli investimenti che sono invece a beneficio delle popolazioni, dell’alfabetizzazione, dello sviluppo, della salute e via dicendo.

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LA VITA DI SAN PIETRO RIPERCORSA IN UN FILM PER LA TV IN ONDA

STASERA E DOMANI SU RAI UNO

- Con noi, Giulio Base -

 

Stasera e domani alle 21, Rai Uno trasmette il film “San Pietro”, proiettato in prima visione mercoledì scorso al Sinodo dei vescovi, che hanno particolarmente apprezzato la produzione. Realizzato dalla “Lux Vide” ha come protagonista l’attore Omar Sharif. La regia è di Giulio Base che, per girare questo film, ha studiato le Scritture e si è documentato su diversi testi. Un regista, Base, che vuole coniugare la passione della macchina da presa con la sua fede. Tiziana Campisi lo ha incontrato e gli ha chiesto com’è nato il suo “San Pietro”.

 

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(Musica)

 

R. – Credo sia la voglia di raccontare pienamente a tutti davvero perché ci diciamo cristiani. Curiosamente, oserei dire, si era persa la traccia della primogenitura appunto di Pietro nella storia della Chiesa.

 

D. – Che cosa è cambiato nel suo bagaglio di fede, dopo questo film?

 

R. – Pietro, pur essendo il principe degli apostoli e il primo fra di loro, era un uomo imperfetto: fa errori, più volte è molto istintivo, impulsivo, tradisce. Ciononostante, il Signore lo sceglie e lo ama. Questo mi ha consolato, perché mi ha fatto sentire e sapere che nonostante tutto Gesù mi ama.

 

(Musica)

 

D. – Quali aspetti più curiosi ci farà conoscere di Pietro?

 

R. – Io credo la sua umanità, la bellezza del suo essere leader suo malgrado. Pietro si sentiva, credo, inadeguato, perché appunto diceva: “Ma come? Io ho tradito. Sono un analfabeta. Sono un povero pescatore di lago, tra l’altro”. Forse il mare nemmeno lo aveva mai visto. “Come posso fare?” E invece alcuni segnali lo hanno portato a diventare fondatore di tutti noi. 

 

D. – Che cosa è stato più difficile rappresentare in questo film?

 

R. – Senz’altro crocifiggere un uomo, in questo caso un attore, che seppure per fiction, non è mai uno scherzo. Nel caso di Pietro che, come la tradizione insegna, non si sentiva degno di morire in croce come Nostro Signore, ha chiesto di essere crocifisso a testa in giù, la cosa si moltiplicava ancor di più. Se mettiamo il fatto che noi abbiamo girato in inverno e che in pieno gennaio mettersi a torso nudo per un attore che, per quanto fortissimo, ha superato i 70, e si doveva mettere con il sangue alla testa, tutto questo comportava qualche difficoltà. Noi avevamo previsto una controfigura che già era truccata, era vestita, ma Omar ha insistito e ha voluto farla lui.

 

D. – Cosa vuole dire Giulio Base come uomo di fede?

 

R. – La cosa che mi piacerebbe più che venisse fuori e che venisse recepita è il fervore di questi primi cristiani, cioè la forza con la quale davvero loro manifestavano a tutti la Parola.

 

(Musica)

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CHIESA E SOCIETA’

24 ottobre 2005

 

 

VITTORIA DEL NO IERI IN BRASILE AL REFERENDUM SULLA PROIBIZIONE

DEL COMMERCIO DELLE ARMI DA FUOCO NONOSTANTE LA MOBILITAZIONE

DELLA CHIESA E DEL GOVERNO

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

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BRASILIA. = In Brasile il referendum per la proibizione del commercio delle armi è stato respinto. Il fronte del ‘no’ ha ottenuto quasi il 64 per cento delle preferenze mentre quello del ‘sì’ ha conquistato solo il 36 per cento. La popolazione brasiliana ha dunque scelto, in larga maggioranza, di poter continuare a comprare armi da fuoco, nonostante la mobilitazione del governo, della Chiesa e di molte organizzazioni sociali. Il referendum, il primo nel mondo su questo argomento, ha fatto registrare la maggiore partecipazione di sempre con il voto elettronico. L’affluenza complessiva è stata alta: hanno votato più di 120 milioni di persone. Il presidente brasiliano Lula da Silva, che si è sempre schierato contro la vendita delle armi, ha detto che la consultazione costituisce, comunque, una vittoria della democrazia. “La Chiesa – ha detto inoltre l’arcivescovo di San Paolo, cardinale Cláudio Hummes - si è pronunciata contro la vendita e il commercio delle armi e continuerà sempre ovviamente a lottare contro la violenza. “Non si tratta soltanto del commercio delle armi: la violenza, infatti, ha molte cause profonde”, ha aggiunto il porporato. Le armi – ha spiegato il cardinale - sono una forma che va combattuta perché facilitano la violenza, ma è chiaro che coloro che le possiedono non riescono a difendersi veramente. Soffrono, invece, ancora più la violenza perché hanno in mano le armi”. Il tasso di criminalità del Brasile è uno dei più alti al mondo: sono, in particolare, circa 40 mila i morti all’anno per colpi di arma da fuoco. Con 21 persone uccise ogni 100 mila abitanti e con una vittima ogni 15 minuti, il Paese è secondo solo al Venezuela nella statistica fornita dall’UNESCO sulle vittime di armi da fuoco.

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SCOPERTO UN NUOVO FOCOLAIO DI INFLUENZA AVIARIA IN RUSSIA, NELLA REGIONE

DI TAMBOV. CASI SOSPETTI ANCHE IN SIBERIA DOVE LA DIFFUSIONE DEL VIRUS

È PROVOCATA, SECONDO GLI ESPERTI, DAGLI UCCELLI MIGRATORI

PROVENIENTI DAL SUD EST ASIATICO

 

MOSCA. = Un nuovo focolaio di influenza aviaria è stato scoperto in Russia, nella regione di Tambov. Il virus ha provocato la morte di 14 galline nel distretto di Marshanski dove il ministero dell’Agricoltura e la protezione civile hanno fatto subito scattare le misure di quarantena. Un nuovo focolaio è stato scoperto anche nella Siberia meridionale dove è stata riscontrata la positività agli anticorpi del morbo in diversi volatili deceduti in fattorie specializzate in pollicoltura. Gli esperti ritengono che la responsabilità della diffusione del virus sia da attribuire agli uccelli migratori provenienti dal sud est asiatico. Questi due nuovi focolai di influenza aviaria in Russia si aggiungono a quelli individuati, la scorsa settimana, in un’area degli Urali e nella regione di Tula, a sud di Mosca. A Malta è rientrato, intanto, l’allarme per una nave arrivata da Taiwan. A bordo dell’imbarcazione erano stati trovati alcuni uccelli morti: i test scientifici condotti dagli esperti sui volatili hanno rivelato che non si tratta di influenza aviaria. Altri casi sospetti si registrano in Sicilia: 10 polli sono stati trovati morti nelle campagne della provincia di Agrigento. Sono in corso gli esami dell’Azienda unità sanitaria locale (AUSL). L’Unione Europea sta valutando, infine, il blocco delle importazioni di uccelli selvatici vivi, dopo la morte di un pappagallo in Gran Bretagna a causa della variante mortale dell'influenza aviaria, che in Asia ha già provocato il decesso di oltre 60 persone. (A.L.)

 

 

DALL’AFRICA SUB-SAHARIANA VERSO IL RICCO SUDAFRICA PER POI ESSERE RIMPATRIATI CON TRENI ‘PIOMBATI’: E’ IL DESTINO DI CENTINAIA DI CLANDESTINI OGNI SETTIMANA

 

MAPUTO. = Sono circa 800 gli immigrati che, ogni settimana, vengono caricati su treni piombati provenienti da Johannesburg e diretti a Ressano Garcia, a nordest della capitale del Mozambico. Il ricco Sudafrica rappresenta la speranza di tutte queste persone arrivate oltre che dal Mozambico anche dalla regione dei Grandi Laghi, da Etiopia, Somalia ed Angola. Padre Mario Zambiasi, dello “Scalabrini Centre” di Cape Town racconta, all’agenzia MISNA, la difficoltà di questi lunghi ed estenuanti viaggi che si concludono con il rimpatrio immediato su “treni piombati, sigillati per evitare che durante il tragitto i clandestini possano fuggire”. Da Ressano Garcia “i non mozambicani - prosegue padre Zambiasi - vengono portati a Nampula compiendo un viaggio massacrante a bordo di un autobus per oltre duemila chilometri, in direzione di un campo profughi. Da pochi giorni sono arrivati anche in quella zona i “missionari dell’accoglienza”, per avviare un progetto a favore di questi clandestini senza patria. In un’altra testimonianza, rilasciata sempre all’agenzia MISNA, suor Maria De Lourdes sottolinea come la situazione sia sempre più difficile: “L’ho visto decine di volte quel treno: i ‘repatriados’ vengono fatti scendere ed abbandonati a se stessi”. Non abbiamo la possibilità di   ospitare i migranti - aggiunge la suora - ma insieme con i volontari cerchiamo di aiutarli offrendo un minimo di accoglienza. Le scalabriniane, missionarie di frontiera, si trovano a Ressano Garcia, città coloniale di diecimila abitanti e con quasi lo stesso numero di disoccupati, sono impegnate anche nella cura di quasi 40 orfani e di 500 alunni dai 5 ai 15 anni. (R.R.)

 

 

CONDIVIDERE QUELLO CHE SI HA ANCHE SE È POCO: QUESTO IL MESSAGGIO CHE IL

VICARIO DELLA DIOCESI DI NIAMEY RIVOLGE AI CITTADINI DEL NIGER, DOPO LA GRAVE CRISI ALIMENTARE CHE HA COLPITO IL PAESE

 

NIAMEY. = Il Niger è stato al centro dell’attenzione internazionale per la gravissima crisi alimentare dell’ultimo anno. Il vicario generale della diocesi di Niamey, Padre Laurent Lompo, ha rivolto un appello ai cittadini: “In questo momento così difficile per il Niger è importante condividere quello che si ha anche se è poco”. “Gli affamati non devono aver paura di chiedere – ha spiegato padre Lompo all’Agenzia missionaria MISNA - ma devono anche saper donare per mostrare il proprio amore”. L’emergenza alimentare che ha colpito, secondo stime dell’ONU, tre milioni di persone su una popolazione di 12 milioni di abitanti, rischia di essere dimenticata ora che la fase più critica è stata superata. Dopo l’arrivo massiccio di aiuti, da parte delle organizzazioni umanitarie internazionali in questo periodo di post-crisi, la Chiesa nigeriana si prepara a reintegrare la popolazione. “Si tratta di accompagnare – ha detto padre Lompo - le famiglie nella ricostruzione di tutto quello che è andato perduto, per far sì che non debbano più affrontare la fame”. In tutti questi mesi, la Chiesa nigeriana ha continuato a lavorare per dare sostegno a tutte queste persone. La giornata missionaria mondiale in Niger, quest’anno, è stata incentrata sul tema della generosità. (R.R.)

 

 

IN NEPAL SETTE ALPINISTI FRANCESI E UNDICI NEPALESI SONO MORTI PER UNA BUFERA DI NEVE SULL’HIMALAYA. SECONDO L’ALPINISTA REINHOLD MESSNER,

SI TRATTA DELLA PIÙ GRANDE TRAGEDIA DELLA STORIA DELL’ALPINISMO

 

KATMANDU. = Tragedia sulle montagne del Nepal occidentale: sette alpinisti francesi e undici nepalesi, che facevano parte di una spedizione composta da ventidue persone, sono morti sorpresi in quota da un bufera di neve. Il gruppo, guidato dall’esperto alpinista francese Daniel Stolzenberg, era partito mercoledì scorso alla conquista della vetta del Kang Guru, nel massiccio nepalese dell’Annapurna, sull’Himalaya. La spedizione era rimasta bloccata da giovedì scorso, in alta quota a causa delle condizioni avverse. Quattro superstiti nepalesi, recuperati da un elicottero, hanno raccontato di essersi salvati perché si trovavano fuori dalle tende quando il campo è stato travolto dalla neve. Anche il presidente dell’Associazione di soccorso himalayana (HRA), Bikram Neupane, ha confermato che la tragedia è stata provocata da una valanga. “Si tratta della più grande tragedia della storia dell’alpinismo”, ha detto Reinhold Messner, noto alpinista e scalatore. (A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

24 ottobre 2005

 

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

L’incidente aereo costato la vita, in Nigeria, a 117 persone, potrebbe essere stato causato da un’esplosione avvenuta a bordo del velivolo pochi minuti dopo il decollo. Lo hanno comunicato le autorità nigeriane che stanno conducendo le indagini sulla sciagura aerea.

 

Dopo un weekend di violenze, stamane uomini armati hanno ucciso 12 muratori in un attacco nella cittadina di Muassayid, a sud di Baghdad. Secondo una fonte della polizia, gli insorti sono arrivati a  bordo di due auto, hanno ucciso gli operai e rapito l'uomo che li aveva ingaggiati.

 

Soldati israeliani hanno ucciso questa mattina un alto dirigente del gruppo estremista palestinese Jihad islamica, nel corso di un attacco in Cisgiordania: lo  ha detto la radio israeliana. Secondo la fonte, Loai Assadi, la vittima, avrebbe compiuto tra gli altri i due attacchi suicidi compiuti durante gli otto mesi di tregua. Ieri, secondo testimoni, militari israeliani hanno ucciso un altro militante palestinese, membro delle Brigate dei martiri di al Aqsa durante un'operazione nella città cisgiordana di Tulkarem. Secondo altre fonti, i palestinesi uccisi ieri sono stati due. Inoltre, è stato reso noto oggi che la polizia israeliana ha  arrestato, a settembre,  due dentisti arabi israeliani, sospettati di essere stati arruolati dal movimento islamico Hamas col compito di aiutarlo a raccogliere informazioni necessarie per l'attuazione di attentati e di trovare altri potenziali collaborazionisti arabi. 

 

Migliaia di siriani sono scesi in strada, a Damasco, per protestare contro le accuse a loro giudizio ingiuste rivolte alla Siria per l'attentato in cui, il 14 febbraio scorso, sul lungomare di Beirut sono rimasti uccisi l'ex premier libanese, Rafik Hariri, e altre 20 persone. Nei giorni scorsi, la Commissione di inchiesta delle Nazioni Unite ha pubblicato un rapporto sull’attentato in cui in pratica ha accusato Damasco di essere mandante della strage. Oltre ai Servizi segreti siriani, la Commissione ONU indica come co-responsabili i Servizi segreti libanesi, all'epoca stretti alleati di Damasco. Innalzando bandiere nazionali siriane e foto del presidente Bashar al Assad e scandendo slogan anti americani, i manifestanti hanno affermato che Washington sta usando il rapporto della Commissione d'inchiesta dell'ONU sull'omicidio Hariri per esercitare pressioni sulla Siria, a causa della sua lotta contro Israele e della posizione di Damasco nei riguardi dell'invasione del vicino Iraq. “Non abbiamo paura dell'America, abbasso l'America”, hanno scandito a più riprese gruppi di studenti che marciavano nel centro della città. Altri avevano striscioni con scritto: “La Siria non è un altro Iraq”.

 

Altre due navi sono state sequestrate da pirati mentre navigavano al largo della Somalia. Lo scrive oggi il quotidiano keniano The Standard, e lo conferma Radio Nairobi. Ambedue i vascelli - non se ne conosce per ora il nome, né il numero dei componenti l'equipaggio - provenivano da Dubai. Una nave trasportava petrolio ed era diretta in Sudafrica, l'altra aiuti alimentari per la popolazione somala. I sequestri sono avvenuti sabato e domenica, mentre giovedì la stessa sorte era capitata a una nave battente bandiera  maltese ma con equipaggio, 22 persone, ucraino. Da marzo, secondo una stima probabilmente approssimata per difetto, nelle acque somale sono stati effettuati più di 20 sequestri di navi in transito, due delle quali appartenenti al Programma alimentare mondiale. Una di queste due è stata liberata dopo quasi 100 giorni. Molto spesso, peraltro, gli atti  di pirateria si risolvono velocemente: sempre, comunque, dietro pagamento di riscatti, anche se questi di solito vengono formalmente negati.

 

L’uragano Wilma ha ripreso vigore sorvolando il Golfo del Messico. E’ ora di nuovo forza 3 e sta per abbattersi sulla Florida, con venti di  poco superiori ai 170 km l'ora. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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Wilma dovrebbe investire la Florida entro le 09.00 del mattino, ora locale, cioè entro le 15.00 italiane. I venti che precedono Wilma stanno già battendo con pioggia le Keys, isole a sud della Florida, mentre si stanno  sviluppando dei tornado, uno dei quali nei pressi del Kennedy Space Center di Cape Canaveral. Dopo aver colpito Caraibi e Messico, l’uragano Wilma, dunque,  si è diretto verso le coste della Florida, dove decine di migliaia di persone sono già state evacuate. Guardando indietro, comincia ad affiorare il bilancio delle vittime in Messico: finora sono stati registrati 8 morti. Due all'isola di Cozumel, due a Playa del Carmen, uno a Cancun e un altro in una zona rurale. E’ quanto fa sapere Felix Gonzalez, governatore dello Stato di Quintana Roo, che ha affermato che si tratta di un bilancio contenuto, considerando i danni ingenti e la devastazione provocata dall'uragano. Gonzalez non lo ha specificato, ma sembra che tra le vittime non vi siano turisti stranieri. 

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Cinque Morti e ingenti danni materiali anche nel sud Italia per la violenta ondata di maltempo che ha investito la Puglia, la Campania, la Calabria e la Sicilia. La situazione più critica si registra in Puglia, dove un ponte è crollato a Cassano delle Murge e un Eurostar è rimasto sospeso quasi nel vuoto sulla linea Taranto-Milano. Il presidente della Repubblica, Ciampi, ha espresso il proprio cordoglio per le cinque vittime. La Cia-Confederazione italiana agricoltori ha chiesto l'immediato stato di calamità per le zone colpite, sottolineano che ammontano a milioni di euro i danni causati all'agricoltura. Molte sono le coltivazioni andate distrutte a causa degli allagamenti e degli smottamenti di terreni: pesanti le conseguenze anche per stalle, serre e attrezzature agricole.

 

Vittoria del “no” ieri, in Brasile, al referendum sulla proibizione del commercio delle armi da fuoco. La popolazione ha scelto in larga maggioranza, con oltre il 64% dei consensi, di poter continuare a comprare liberamente armi da fuoco di uso personale, nonostante la mobilitazione del governo, della Chiesa e di molte organizzazioni sociali.

 

Anche l’Argentina ieri alle urne per il rinnovo parziale di Camera e Senato, una verifica per la popolarità del presidente Nestor Kirchner. La sfida più interessante vede come avversarie la first lady, Cristina Fernandez de Kirchner, vincente secondo gli exit polls, e Hilda Gonzalez, moglie dell’ex presidente Duhalde.

 

Nove anni fa veniva arrestata Aung San Suu Kyi, leader dell'opposizione in Myanmar, dopo poco messa agli arresti domiciliari. Il suo partito, la LDN, Lega nazionale per la democrazia era uscito vincitore dalle elezioni del 1990. “Fermamente convinta” che il Consiglio di Sicurezza dell'ONU debba intervenire al più presto per risolvere la terribile situazione politica e umanitaria di Myanmar e per ottenere il rilascio di Suu Kyi, il sottosegretario agli Esteri italiano, Margherita Boniver, fa sapere che affronterà la questione nell'intervento che terrà giovedì prossimo al Consiglio di sicurezza ONU, in un dibattito sulla situazione delle donne. La Boniver ha sottolineato come in Myanmar “continui imperterrita la sistematica violazione dei più elementari diritti della popolazione, ostaggio - ha aggiunto - di una giunta militare completamente impermeabile a qualsiasi appello del mondo esterno”.

 

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