RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
294 - Testo della trasmissione di venerdì 21 ottobre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Rapporto dell’Organizzazione “Reporter senza
frontiere” sulla libertà di stampa nel mondo
Influenza aviaria al centro del dibattito dei
ministri della salute dell’UE
Istituita dal
governo in Angola una speciale commissione per lo sminamento
L’inchiesta dell’ONU sull’omicidio dell’ex premier libanese
Hariri ha trovato prove di un coinvolgimento della Siria. Secondo Damasco le
conclusioni sono lontane dalla verità
In Pakistan è di oltre 51 mila morti il bilancio delle
vittime del terremoto. Secondo il presidente Musharraf gli
aiuti sono insufficienti
21
ottobre 2005
L’EUCARISTIA SIA AL CENTRO DELLA VITA ECCLESIALE
CONTEMPORANEA,
COME LUCE E ANIMA PER COMBATTERE LE OMBRE
DELLA SECOLARIZZAZIONE E LE INGIUSTIZIE SOCIALI
E RILANCIARE L’EVANGELIZZAZIONE NELLA FEDELTA’ AL
MAGISTERO:
COSI’ IL MESSAGGIO FINALE DEL SINODO
Un grande cantiere di
evangelizzazione all’inizio del terzo millennio, per confermare nella fede i cristiani
di ogni parte della terra: ravvivandoli nella vita dei Sacramenti a partire
dall’Eucaristia, rendendoli testimoni più incisivi del Vangelo nella società e
più solidali con le miserie del pianeta. Dal Sinodo dei vescovi
sull’Eucaristia, arriva un messaggio di gioia ma anche un’articolata
riflessione sulle luci e le ombre che oggi fanno sperare o preoccupano i
vertici della Chiesa universale. Il testo del Messaggio finale è stato
presentato poco fa nei suoi contenuti generali in Sala Stampa vaticana. I Padri
sinodali stanno ancora lavorando al testo definitivo. Le linee del documento
nel servizio di Alessandro De Carolis:
**********
Ventisei punti – scritti in
parallelo nelle cinque lingue ufficiali del Sinodo - per abbracciare la Chiesa
e il mondo, tra sviluppi positivi e dolori, per ribadire la dottrina
sull’Eucaristia e sgombrarne il campo da equivoci o abusi liturgici, per
rapportarsi nella verità con i fratelli delle Chiese separate o con i laici in
particolari condizioni di vita. Ma anche per dissipare nelle anime il torpore
della secolarizzazione che ha sbiadito il senso del sacro, la cui perdita è,
per i padri sinodali, uno dei grandi mali della nostra epoca, poiché toglie
forza all’evangelizzazione dei cinque miliardi di persone che ancora non conoscono
Cristo.
La Chiesa del 21,mo secolo -
fondata oggi come alla sua nascita sul memoriale della Passione, della morte e
della risurrezione di Gesù, celebrati nell’Eucaristia – fa parte di quel
villaggio globale del mondo contemporaneo in cui squilibri sociali e calamità
naturali incutono timore e chiedono risposte. Prima di addentrarsi nelle
questioni proprie del Sinodo, i padri rivolgono un saluto alle Chiese
particolari della Cina e ai loro vescovi, quattro dei quali, invitati a Roma
dal Papa, non hanno potuto partecipare ai lavori dell’assemblea, ma hanno avuto
lo stesso un posto speciale nei pensieri e nelle preghiere dei padri sinodali.
Tracciando poi una rapida panoramica mondiale, cardinali e vescovi affermano di
essere in ascolto e di patire per i focolai di violenza in Medio Oriente e in
Africa, per le ingiustizie e la povertà estrema in America Latina, in Asia,
nello stesso continente africano. Denunciano l’indifferenza religiosa
dell’Occidente e si appellano, fin dalle battute iniziali, ai capi delle
nazioni perché abbiano a cuore la dignità dei singoli individui, ne difendano
la vita fin dal concepimento, ne promuovano il progresso umano e sociale.
“L’Eucaristia fonte e culmine
della vita e della missione della Chiesa”. E’ da questa angolazione che il
Sinodo ha lavorato per tre settimane ed è in questa prospettiva che il
Messaggio pone le sue considerazioni e i suoi auspici. Il documento registra
dapprima le consolazioni attuali per la vita della Chiesa: rinnovata presa di
coscienza della Messa domenicale, aumento delle vocazioni di sacerdoti e
religiosi in molte zone del mondo, presenza di molti giovani formati alla fede
– grazie anche all’opera delle GMG - che vivono un’autentica esperienza
ecclesiale. Si parla poi anche degli abusi: nessuno si consideri padrone della
liturgia della Chiesa - si afferma recisamente – ma piuttosto vescovi e
sacerdoti, per primi, si adoperino per riportare al centro della pratica di
fede il Sacramento della Riconciliazione, sollecitino i fedeli alla coerenza pubblica
con ciò che professano per fede, promuovano più attivamente la pastorale per le
vocazioni sacerdotali, la cui scarsità
– come ascoltato più volte questi giorni al Sinodo – mette a rischio in
molte aree la celebrazione dell’Eucaristia.
Il capitolo ecumenico compare a
più riprese nella filigrana del Messaggio sinodale. Nelle prime pagine si
esortano i fratelli e le sorelle cristiani di ogni confessione a pregare perché
maturi il momento della piena unità visibile della Chiesa nella celebrazione dell’Eucaristia.
Più avanti - sottolineando il solenne impegno della Chiesa per la causa
ecumenica, riaffermato da Benedetto XVI – il Messaggio riconosce
l’impossibilità attuale, pur sofferta, della celebrazione condivisa,
riaffermando anche le norme ecclesiali in vigore che disciplinano
l’amministrazione della Comunione ai fratelli non ancora in piena comunione.
Un punto del documento è
espressamente dedicato ad una delle questioni che hanno maggiormente
interessato i media e, attraverso di essi, l’opinione pubblica: la Comunione ai
divorziati risposati. Conosciamo le loro sofferenze e frustrazioni interiori,
spiegano i padri sinodali, che pur non potendo condividere la scelta di tali
coppie le invitano a non sentirsi escluse dalla vita della Chiesa e a partecipare
alla Messa domenicale e all’ascolto della Parola di Dio. Alle famiglie in
generale, i padri del Sinodo si rivolgono coscienti delle fragilità e
incertezze che minano attualmente tale istituzione e le incoraggiano a
conservare l’abitudine di partecipare insieme all’Eucaristia domenicale. Gli
ultimi paragrafi del messaggio sono esortazioni alle singole categorie del
corpo ecclesiale: ai sacerdoti perché, sull’esempio di Benedetto XVI, siano
umili operai nella vigna del Signore. Agli altri gradi della gerarchia perché
siano protagonisti di un ministero fecondo. Ai giovani, le “sentinelle del
mattino”, perché sviluppando i valori positivi del mondo si impegnino per
cambiare quanto in esso vi è di ingiusto o di violento. Il Messaggio si
conclude con due immagini: quella dei cristiani del quarto secolo martiri di Abitene,
in Nord Africa – ai quali si deve la celebre frase: “Senza la Domenica non
possiamo vivere” – e quella dei discepoli di Emmaus. Due icone che parlano
della centralità dell’Eucaristia, del Risorto, della gioia che nasce
dall’essergli uniti.
**********
Un’immagine e una reliquia dei
suoi indumenti, per rafforzarne la memoria e agevolarne la Causa di
Beatificazione e di Canonizzazione. La presenza di Papa Wojtyla è stata evocata
così questa mattina nell’Aula del Sinodo quando, al termine della prima parte
della 20.ma plenaria, è stata distribuita ai padri sinodali un’immaginetta del
Servo di Dio, Giovanni Paolo II, contenente una preghiera in varie lingue e una
reliquia degli abiti. Il 17 ottobre scorso, giorno successivo al 27.mo
anniversario dell’elezione del Pontefice scomparso, i padri sinodali – informa
una nota - erano scesi nelle Grotte vaticane per venerare la tomba di Giovanni
Paolo II e chiedere speciali grazie per il successo del Sinodo e per la Chiesa.
IERI SERA IN VATICANO IL CONCERTO IN ONORE DI
BENEDETTO XVI:
LA CREATIVITA’ MUSICALE – HA DETTO IL PAPA – E’
STATA NUTRITA
DALLE RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA
La musica di Mozart, Verdi e
Wagner consente di riscoprire le radici cristiane dell’Europa. È il pensiero
che ha espresso ieri sera Benedetto XVI al termine del primo concerto tenutosi
in suo onore nell’Aula Paolo VI in Vaticano gremita da circa settemila persone.
Le esecuzioni di un’orchestra e di due cori della Baviera. C’era per noi
Tiziana Campisi.
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(musica)
Anche la “creatività musicale …
è sempre stata nutrita dalle radici cristiane dell’Europa”. Sono parole di
Benedetto XVI, al termine del concerto eseguito dall’Orchestra Filarmonica di
Baviera, dall’Athestis Chorus e dai Regensburger Domspatzen, dal 1964 al 1994
diretti con passione, come ha ricordato il Santo Padre, da suo fratello Georg.
Un coro, quest’ultimo, che ha origini antichissime: risale infatti al 975, quando
il vescovo di Ratisbona, Wolfgang, fondò una scuola nel Duomo di San Pietro. E
di Georg Ratzinger è stato eseguito il “Sanctus” tratto dalla Missa de “L’Anno
Santo”.
“AUCH
WENN WAGNER, PFITZNER, VERDI UNS IN NEUE ZONEN DES ….”.
“Anche se Wagner, Pfitzner e
Verdi ci conducono in nuove zone dell’esperienza della realtà, rimane tuttavia
sempre presente ed efficace il fondamento comune dello spirito europeo formato
dal cristianesimo” ha detto il Papa parlando ai suoi connazionali. “Una musica
di alto livello” purifica, solleva e fa sentire “la grandezza e la bellezza di
Dio”, ha commentato Benedetto XVI. Poi il saluto in italiano.
“Formulo voti che l’armonia del canto e della musica, che non conosce
barriere sociali e religiose, rappresenti un costante invito per i credenti e
per tutte le persone di buona volontà, a ricercare insieme l’universale linguaggio
dell’amore che rende gli uomini capaci di costruire un mondo di giustizia e di
solidarietà, di speranza e di pace”.
Il Santo Padre si è intrattenuto
con alcune autorità poi ha acconsentito ad un bis della Filarmonica di Baviera;
quindi si è voluto congratulare con i musicisti e i direttori Christian
Thielemann e Roland Büchner, raggiungendoli personalmente.
(musica)
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DOMENICA PROSSIMA LE PRIME
CANONIZZAZIONI DI BENEDETTO XVI.
TRA I 5 NUOVI SANTI, L’ARCIVESCOVO POLACCO JOSEF
BILCZEWSKI:
APOSTOLO DELLA RICONCILIAZIONE DURANTE LA PRIMA
GUERRA MONDIALE
- Intervista con mons. Edward Nowak -
Tra i 5 nuovi Santi che saranno
proclamati domenica prossima da Benedetto XVI figura l’arcivescovo di Leopoli
dei Latini, Josef Bilczewski, polacco, vissuto tra il 1860 e il 1923,
professore di teologia dogmatica ed esperto in archeologia cristiana. In una
terra contesa da varie nazioni e oggi appartenente all’Ucraina, operò per la
riconciliazione di polacchi, ucraini, russi e austriaci portando il suo
concreto sostegno a tutti: cattolici, ortodossi ed ebrei. Trasse forza e
coraggio da un’intensa vita di preghiera passando intere notti a vegliare.
Ascoltiamo in proposito quanto ci riferisce l’arcivescovo Edward Nowak,
segretario della Congregazione delle Cause dei Santi, intervistato da Giovanni
Peduto:
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R. – Il suo profilo spirituale
si può riassumere in tre tratti caratteristici: la preghiera, il lavoro e
l’abnegazione di se stesso. Soprattutto unì nella sua vita preghiera e lavoro.
Egli considerava tutti gli avvenimenti alla luce della fede. Dalla sua persona
emanava un certo fascino e una grande forza spirituale, con la quale disarmava
perfino i propri avversari. Fu un pastore “orante”, pregava tanto. Considerava
particolarmente il Sacramento dell’Eucaristia. Perciò fu chiamato “l’apostolo
dell’Eucaristia”.
D. – Fu punto di riferimento e
sostegno per cattolici, ortodossi ed ebrei in un periodo molto difficile …
R. – Un periodo particolarmente
duro per la sua diocesi fu il primo conflitto mondiale. In un primo tempo la
città di Leopoli fu occupata dai russi. Egli non si lasciò intimidire da loro.
Malgrado la sua malferma salute, cercò di aiutare la popolazione della città e
dintorni. Si sforzò anzitutto a difendere la Chiesa. Egli aiutò e difese i
sacerdoti cattolici sia di rito latino, sia di rito greco. In definitiva,
diventò l’unico valido punto di riferimento di tutta la popolazione della
città, cattolica, ortodossa ed ebrea. Quando, negli anni 1915-1918 ritornano
gli austriaci, si oppose con grande coraggio alle persecuzioni di molti
abitanti, accusati di collaborazione con i russi. Riuscì a salvare molti dalla
morte o dalla prigione. Scoppiata subito la guerra polacco-ucraina del 1918-1919,
si adoperò a far cessare le lotte fratricide tra le due popolazioni. Dopo le
guerre, eccezionale fu il suo impegno per la ricostruzione spirituale, morale e
materiale delle popolazioni ivi residenti. Questi accenni alle guerre e alle
numerose tragedie di quegli anni consentono di immaginare le difficoltà del
tempo e il suo sforzo di porvi qualche rimedio.
D. – Qualche episodio
significativo della sua vita …
R. – Per i sacerdoti dimostrava
un particolare affetto paterno. Sì, fu esigente. Ma egualmente aveva un gran
cuore. Era quasi leggendaria la sua bontà verso i sacerdoti. Racconta un
sacerdote (Michele Rekas): “Camminavo insieme all’arcivescovo. Lungo il cammino
s’informò a turno dei miei problemi materiali e spirituali. Mi chiese per
esempio: ‘Hai le scarpe? Fai la meditazione? Ti confessi? Sei provvisto per
l’inverno, hai la biancheria calda? Possiedi un cappotto?, Fai l’esame di
coscienza?’ ecc. Giunti poi a casa, mi salutò. Senza che me lo aspettassi, tirò
fuori una somma di danaro e me la diede”. Un altro piccolo episodio che
testimonia la sua solidarietà con gli altri, è il seguente. Un giorno rifiutò
di fare uso di burro, poiché non era possibile procurarne per il personale di
servizio.
D. – Quale messaggio per noi
oggi?
R. – E’ anzitutto un grande
esempio per i pastori. Le circostanze del suo ministero furono oltremodo
difficili. Oggi molti pastori della Chiesa in varie parti del mondo devono
affrontare situazioni analoghe. Anzitutto, situazioni multietniche e
multireligiose. Pensiamo all’America Latina, all’Asia, all’Africa. Egli ci
insegna che la testimonianza cristiana è al primo posto, occorrono grande cura
pastorale per i propri fedeli nonché particolare rispetto e apertura verso
coloro che non sono cattolici ma che egualmente sono fratelli e sorelle, con
cui si convive ogni giorno. Il suo messaggio in breve: la testimonianza
cristiana e la fraternità umana.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il Medio Oriente: apprezzamento di Bush per il lavoro di Abu
Mazen; dopo l'incontro alla Casa Bianca per rilanciare il processo di pace.
Servizio
vaticano - Le parole di Benedetto XVI al termine del concerto in suo onore
nell'Aula Paolo VI. La musica - ha detto il Papa - ci faccia sentire la grandezza
e la bellezza di Dio.
Il
Cardinale Angelo Sodano inaugura l'anno accademico dell'Università Pontificia
Salesiana.
Servizio
estero - L'intervento della Santa Sede in occasione del dibattito sulla gioventù
all'Assemblea Generale dell'Onu: "La comunità internazionale, insieme ai
giovani, per la costruzione di un mondo più sicuro e felice".
Libano:
la Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite accusa la Siria dell'omicidio
dell'ex Premier Hariri.
Servizio
culturale - Un articolo di Paolo Miccoli dal titolo "Uno schema antropologico
che raccoglie istanze della metafisica cristiana": cinquant'anni dalla
morte d José Ortega y Gasset
Un
articolo di Franco Patruno dal titolo "La sceneggiatura può 'frenare'
l'estro poetico?": in merito al film d Roberto Benigni "La tigre e la
neve".
Servizio
italiano - Governo: giustizia e par condicio, trattative nella Cdl.
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21
ottobre 2005
DELLA SITUAZIONE AD HAITI SI PARLA DA IERI A
BRUXELLES ALLA CONFERENZA
INTERNAZIONALE ORGANIZZATA DALLA COMMISSIONE
EUROPEA
CON LA PARTECIPAZIONE DEL RAPPRESENTANTE DEL
SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU AD HAITI, VALDES, E I PRINCIPALI PROTAGONISTI
ISTITUZIONALI
DELLA TRANSIZIONE E STABILIZZAZIONE DELL’ISOLA
CARAIBICA
- Con noi Juan Gabriel Valdes -
Della situazione ad Haiti si
parla da ieri a Bruxelles alla Conferenza internazionale organizzata dalla
Commissione europea con la partecipazione del rappresentante del Segretario
generale dell’ONU ad Haiti, Juan Gabriel Valdes, e i principali protagonisti
istituzionali coinvolti nella transizione e nella stabilizzazione dell’isola
caraibica. Nei giorni scorsi il Consiglio Europeo ha stanziato 72 milioni di
euro del Fondo Europeo per lo Sviluppo per sostenere gli sforzi di
democratizzazione intrapresi dal governo haitiano e l'organizzazione delle
prossime elezioni legislative, che dal previsto 15 ottobre sono state rimandate
al 20 novembre e poi
ulteriormente posticipate a dicembre. Intanto
nell'isola continuano gli episodi di violenza, compresi i rapimenti a scopo di
estorsione, una vera e propria piaga, in particolare dopo la caduta dell'ex
presidente Jean Bertrand Aristide, avvenuta alla fine di febbraio 2004. Nell’intervista
di Fausta Speranza, ascoltiamo come descrive la situazione ad Haiti il rappresentante
speciale dell’Onu, Juan Gabriel Valdes:
**********
R. –
LA SITUACION DE HAITI …
La situazione ad Haiti è
notevolmente migliorata durante l’ultimo anno. Ci siamo trovati di fronte un
Paese completamente distrutto, con conflitti interni molto gravi, una
destabilizzazione dello Stato e delle istituzioni praticamente totale. Oggi
esiste un governo provvisorio, che ha indetto per la fine dell’anno le
elezioni. La violenza è diminuita, le forze delle Nazioni Unite controllano
l’unità del Paese e sono riuscite a smobilitare i militari che si erano
organizzati per destabilizzare lo Stato ed attentare alla sicurezza della
nazione. Esistono, però, ancora alcuni gruppi armati fra la popolazione più
emarginata di Port-au-Prince e sono proprio questi il nostro principale motivo
di preoccupazione. Possiamo dire che esiste un processo nel quale si è
impegnata la società haitiana e cioè il processo elettorale. Non è che consideriamo
le elezioni come la panacea o la soluzione per i gravi problemi di Haiti, tuttavia
la costituzione di un governo legittimamente eletto può aiutare a convogliare
gli aiuti internazionali destinati ad affrontare i problemi dell’emarginazione
sociale e la povertà.
D. – Che cosa si può dire circa
il fenomeno dei sequestri di persona?
R. – ES UN TIPO DE …
E’ questo un crimine che esiste
purtroppo in Haiti. Dobbiamo affrontarlo con i mezzi di cui dispongono le
Nazioni Unite in appoggio alla polizia locale. Il sequestro è un’industria che
si è sviluppata in molti Paesi latinoamericani. A questa pratica sono ricorsi i
gruppi armati e le bande di criminali che operano in Haiti quando non hanno più
potuto trafficare la droga a causa della presenza delle Nazioni Unite. Stiamo
organizzandoci per lottare contro questo fenomeno e per garantire, per quanto è
possibile, l’ordine e la sicurezza in modo che non abbia a danneggiare il
processo elettorale che stiamo avviando.
D. – In che modo le Nazioni
Unite sono intervenute nel Paese, dopo la caduta dell’ex presidente Jean
Bertrand Aristide?
R. – BUENO, SOBRE LA BASE …
Su mandato del Consiglio di
Sicurezza, è stato affidato alle Nazioni Unite il compito di dare stabilità al
Paese, di coordinare gli aiuti, provenienti dalle Nazioni amiche di Haiti e
dalla comunità internazionale. Lo scorso anno sono stati promessi da Washington
oltre 1.500 milioni di dollari. Nella riunione dell’Unione Europea, attualmente
in corso a Bruxelles, speriamo venga confermato un aiuto in denaro in modo che
Haiti possa non solo adesso, ma anche con il nuovo governo contare sull’appoggio
della comunità internazionale per progredire nello sviluppo.
D. - Secondo Lei, la comunità internazionale si è dimenticata di
Haiti?
R. – YO PIENSO QUE LA …
Penso che la comunità
internazionale abbia mancato di continuità. Ha creato molte occasioni di
appoggio alle istituzioni, ma senza continuità. Proprio questa mancanza di
continuità ha creato delle difficoltà nell’avvio del processo di sviluppo.
Spero che le Nazioni Unite e la comunità internazionale continuino ad
appoggiare il programma di aiuti per Haiti per tutto il tempo che sarà
necessario perché il Paese possa procedere sulla strada dello sviluppo.
**********
IL SERVIZIO DEI GESUITI PER I
RIFUGIATI COMPIE 25 ANNI:
OLTRE 450 MILA I PROFUGHI E GLI
SFOLLATI ASSISTITI IN 54 PAESI
- Con noi, padre Lluís Magriñà e
padre Alberto Plaza -
“Accompagnare, servire e
difendere i diritti dei rifugiati e degli sfollati”: è la missione del Servizio
dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS), che celebra in questi giorni i 25 anni di
attività al fianco dei più bisognosi. L’organizzazione,
presente in 54 nazioni con circa mille operatori, offre assistenza a profughi e
sfollati attraverso progetti educativi, di generazione del reddito e di
sostegno psicologico. Il servizio di Roberta Moretti:
**********
Era il
novembre del 1980, quando l’allora preposito generale, padre Pedro Arrupe,
invitò i Gesuiti a fondare un servizio per assistere i rifugiati. In quel
momento erano circa 16 milioni i profughi nel mondo. Il primo compito della
Compagnia fu quello di portare soccorso nel Sudest asiatico, allestendo campi
di accoglienza in Thailandia e Cambogia. Oggi, con 50 milioni di profughi nei 5
continenti, il Jesuit Refugee Service assiste oltre 450 mila persone. Ed è
forte l’impegno in favore dei giovani, come spiega il direttore internazionale
del JRS, padre Lluís Magriñà:
R. - UNA ESPERIENCIA ES…
Un’esperienza
è quella per gli studenti della scuola elementare e superiore in Nepal,
rifugiati del Bhutan. Hanno lasciato il loro Paese non a causa di una guerra,
ma perché il re del Bhutan li ha espulsi e inviati in Nepal. Ci occupiamo della
formazione di 43 mila studenti dai 6 ai 20 anni e, inoltre, di quella degli
stessi insegnanti. Ogni anno, infatti, 200 o 300 di loro trovano un altro
lavoro e quindi bisogna formare nuovi docenti. Un altro esempio concreto è il
lavoro con i bambini-soldato nell’Est del Congo: bambini e bambine cui è stato
tolto il diritto di essere fanciulli. Oggi hanno 13, 14, 15 anni e la prima
cosa da fare è che recuperino la loro fanciullezza per poi poter essere adulti.
E progetti educativi, di formazione professionale e
di accompagnamento pastorale cominciano a portare i primi frutti anche in
Liberia dove, dopo 14 anni di guerra civile, lo scorso 11 ottobre oltre 1
milione di persone ha votato per legislative e presidenziali. Tra le
conseguenze del conflitto, costato la vita a 250 mila persone, anche la
condizione ancora difficile dei rifugiati liberiani. Ce ne parla, al microfono
di Rebecca Rossi, il responsabile del JRS nel Paese, padre Alberto Plaza:
R. -
NOSOTROS ESTAMOS…
Stiamo
lavorando soprattutto con i rifugiati che si trovano dall’altro lato della
frontiera liberiana, principalmente in Guinea. Lì ci sono ancora intorno ai 20,
30 mila rifugiati che non sono voluti tornare nel loro Paese prima di conoscere
l’esito delle elezioni, sia per motivi di sicurezza, sia perché la Liberia è
completamente distrutta e non offre molte opportunità per cominciare una nuova
vita. Un altro problema è anche il grande numero di sfollati interni. Alcuni
sono già rientrati a casa, ma ci sono ancora più di 85 mila persone che hanno
abbandonato le città di origine 3, 4, 5 anni fa senza fare ritorno.
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21
ottobre 2005
RAPPORTO DELL’ORGANIZZAZIONE “REPORTER
SENZA FRONTIERE”
SULLA
LIBERTA’ DI STAMPA NEL MONDO: PROMOSSA A PIENI VOTI L’EUROPA DEL NORD,
INDIETREGGIANO GLI STATI UNITI E L’ITALIA,
PESSIMA
LA SITUAZIONE IN MOLTI PAESI DELL’ASIA,
MENTRE
MIGLIORA IN ALCUNI PAESI AFRICANI
-
Servizio di Roberta Gisotti -
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PARIGI. = Non poche le sorprese
sulla libertà di stampa nel mondo, che devono stimolare una riflessione
profonda nei Paesi occidentali di più antica tradizione democratica. Agli ultimi
posti sono Corea del Nord, Eritrea e Turkmenistan. In questi Paesi - denuncia
Reporter senza frontiere – “la stampa privata non esiste e la libertà
d'espressione è nulla”. Secondo il rapporto, stilato ogni anno
dall’organizzazione umanitaria, la situazione è pure critica in molti altri
Paesi dell'Asia orientale e centrale e del Medio Oriente. In cima alla
classifica dei Paesi più virtuosi si conferma invece la Danimarca insieme a
Finlandia ed Irlanda, seguiti fino al decimo posto da altri Stati europei.
Amarezza al contrario per l’Italia che scende ancora di due posizioni,
arrivando al 42° posto, preceduta da Costa Rica e seguita dalla Macedonia. Ma
ancora più indietro sono gli Stati Uniti, precipitati dal 22° al 44° posto.
Forte delusione anche per la Francia, passata dal 19° al 30° posto. Sale invece
la Gran Bretagna di quattro punti al 24° posto, seguita comunque dalla Namibia,
tra i Paesi che “da poco hanno raggiunto l’indipendenza” – come sottolinea
Reporter senza frontiere – e che si mostrano “molto rispettosi” della libertà
di stampa, come anche la Slovenia e l’Estonia che figurano rispettivamente al
9° e 11° posto. Migliorano anche diversi Stati africani, come il Mozambico che
sale al 49° posto, e si piazzano bene altri Paesi molto poveri come il Mali al
37°, la Bolivia al 45°, la Mongolia al 53°. Il rapporto poggia su un'indagine
compiuta ascoltando giornalisti, corrispondenti, ricercatori e giuristi dei
diversi Paesi, in tutto 167, escluse le nazioni dove non è stato possibile
raccogliere informazioni adeguate.
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INFLUENZA AVIARIA AL CENTRO DI UNA RIUNIONE DEI
MINISTRI DELLA SALUTE
DELL’UNIONE
EUROPEA, IERI A WATFORD, IN GRAN BRETAGNA.
IN
PRIMO PIANO LA POSSIBILE SOSPENSIONE DEI DIRITTI
SUI
BREVETTI DEI FARMACI, IN CASO DI PANDEMIA
LONDRA.
= L’influenza aviaria è stata al centro della riunione dei ministri della
Salute dell’Unione Europea, tenutasi ieri a Watford, a nord di Londra.
All’incontro hanno partecipato anche rappresentanti di Romania, Bulgaria,
Croazia e Turchia. Durante i lavori, si è discusso della possibilità di produrre
farmaci antivirali generici ora coperti da brevetto per permettere la
produzione massiccia di questi medicinali in caso di pandemia. Il ministro
della Salute italiano, Francesco Storace, ha riferito che “sulla questione dei
farmaci c’è allarme in molti Paesi, perché alcuni non hanno la possibilità di
acquistarli”. Sul fronte della caccia, per il momento, non c’è preoccupazione
da parte dell’UE: il tema, infatti, è stato posto solo dall’Italia. Alla fine
del dibattito, il ministro della Sanità britannico, Patricia Hewit, a nome
della presidenza di turno UE ha dichiarato che si è trattato di “una discussione
informale, nessuna decisione è stata presa”. Provvedimenti potrebbero essere adottati
dal Consiglio dei ministri della Sanità, che si terrà l’8 e il 9 dicembre. Nel
frattempo, arriva una buona notizia da Giakarta: il risultato dei test svolti
su un uomo ed un figlio, ricoverati con sintomi della febbre aviaria, è
risultato negativo. Lo ha riferito oggi un funzionario del Ministero della
Sanità indonesiano. In questi due casi, si era ipotizzato che il virus si fosse
trasmesso da uomo a uomo. Resta molto grave, invece, la situazione in Cina dopo
l’annuncio, nei giorni scorsi, del primo caso di influenza aviaria nel Paese
asiatico. Notizie negative anche da Bangkok: il figlio dell'agricoltore
thailandese morto ieri per l'influenza aviaria è risultato positivo al virus in
due test praticati in laboratori diversi. Lo ha reso noto oggi l'ospedale,
precisando che le condizioni del bambino stanno comunque migliorando. Per
quanto riguarda l’Italia, due quintali di carne bovina e di pollame, privi
delle etichette di provenienza previste dalla legge, sono state sequestrate
ieri a Como dalla Guardia di finanza. La carne era stata trasportata in un
automezzo senza cella frigorifera e in cattive condizioni igieniche. (R.R.)
ISTITUITA DAL GOVERNO IN ANGOLA UNA
SPECIALE COMMISSIONE
PER LO SMINAMENTO, UN’ EMERGENZA
NAZIONALE. IN QUESTO PAESE
VI SONO 15 MILIONI DI MINE INESPLOSE,
EREDITA’ DI 27 ANNI DI GUERRA CIVILE.
DECINE OGNI ANNO I MORTI E I MUTILATI
A CAUSA DEGLI ORDIGNI
LUANDA.
= Una speciale Commissione per lo sminamento, è stata istituita ieri dal governo
dell’Angola per eliminare definitivamente il dramma delle mine, eredità di 27 anni
di guerra civile nel Paese africano. La decisione è stata presa dal presidente
Josè Eduardo dos Santos al termine del Consiglio dei ministri di mercoledì
scorso. La Commissione dovrà effettuare una mappatura completa degli ordigni
dislocati nel Paese, verificando le zone già segnalate e procedere poi alla
distruzione delle mine. Secondo l’Ufficio per gli Affari umanitari dell’ONU
(OCHA), in Angola sono disseminate quasi 15 milioni di mine su una popolazione
di 10 milioni di persone, la più alta concentrazione al mondo, il che rende
improduttivo un terzo del territorio del Paese. L’ex colonia portoghese detiene
anche il primato di un amputato ogni 334 abitanti, per un totale di circa 70
mila vittime, delle quali circa 8 mila hanno meno di 15 anni. Ogni anno in
Angola decine di persone muoiono o subiscono menomazioni a causa di ordigni
inesplosi. Ai ritmi attuali, è stato calcolato che occorrerà più di un secolo
per bonificare le aree minate in tutta l’Angola, durante il conflitto che tra
il 1975 e il 2002 ha provocato oltre mezzo milione di morti. (R.G.)
SARA’ CONSACRATA
DOMANI A SOFIA, IN BULGARIA, UNA NUOVA CHIESA CATTOLICA
DI RITO BIZANTINO-SLAVO, DEDICATA A
GIOVANNI XXIII. LA CERIMONIA SARA’
PRESIEDUTA DALL’ESARCA, CHRISTO PROIKOV, ALLA PRESENZA DEL NUNZIO
APOSTOLICO, GIUSEPPE LEANZA, E DI
ALCUNI VESCOVI UCRAINI E MACEDONI
SOFIA. =
Domani, a Sofia, in Bulgaria, sarà consacrata una nuova chiesa cattolica di
rito bizantino-slavo, dedicata al Beato Giovanni XXIII. Ottanta anni fa,
l'allora mons. Angelo Giuseppe Roncalli, il futuro Papa Giovanni XXIII,
iniziava il suo ministero come visitatore apostolico in Bulgaria, dove i
cattolici erano e sono una minoranza. Tra i progetti previsti dal visitatore
apostolico, per testimoniare la fede e la devozione dei cattolici bulgari,
c'era anche la costruzione di una chiesa. Mons. Roncalli acquistò perciò a
Sofia un terreno in Via Montevideo. La chiesa, che sarà consacrata domani,
sorge ora proprio su quel terreno. La cerimonia sarà presieduta da mons.
Christo Proykov, esarca della Chiesa cattolica in Bulgaria, alla presenza del
nunzio apostolico, l’arcivescovo Giuseppe Leanza, e di alcuni vescovi ucraini e
macedoni. Per la famiglia Roncalli assisterà al rito della dedicazione Emanuele
Roncalli, pronipote del Beato Giovanni XXIII, e redattore del quotidiano cattolico
di Bergamo "L'Eco". La nuova chiesa è stata progettata dagli
architetti Dobrina e Svetoslav Dimovi: ha una superficie di 412 metri quadrati
ed offre 200 posti a sedere. Una pietra, presa da una delle case di Sotto il
Monte, paese natìo di Giovanni XXIII, verrà sistemata nelle fondamenta del
nuovo edificio. Un fatto analogo è accaduto in Olanda dove, nel paese natale di
Bergen op Zoom, vi è una scuola intitolata a Giovanni XXIII, la "Roncalli
Scholengeenschap", la cui prima pietra è stata presa dalla casa natale del
Papa e condotta lì dal fratello, Giuseppe, e da un nipote. (A.M.)
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21 ottobre 2005
- A cura di Amedeo Lomonaco e Andrea Cocco
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L’inchiesta dell’ONU sull’assassinio dell’ex
premier libanese Rafik Hariri ha trovato prove di un coinvolgimento siriano e
libanese. Il rapporto, consegnato ieri al Palazzo di Vetro al segretario
generale Kofi Annan, evidenza in particolare come “molti indizi portino direttamente
ad agenti dei servizi segreti siriani”. Il governo di Damasco ha detto, però,
che le conclusioni del documento sono lontane dalla verità. Secondo diversi
osservatori, il risultato dell’inchiesta è comunque inquietante e
scontato. Lo conferma anche Camille
Eid, esperto di Medio Oriente del quotidiano ‘Avvenire’, intervistato da
Salvatore Sabatino:
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R. - Era scontato, e sin dal primo momento
dopo l’assassinio dell’ex primo ministro Hariri tutto il popolo libanese ha
indicato nella Siria e nella forza di sicurezza libanese i responsabili di
questo delitto. La stessa famiglia di Hariri ha detto che conosce bene gli
autori. Probabilmente hanno legato il delitto alle minacce che Hariri aveva ricevuto
direttamente per bocca di Assad, in occasione della discussione accesa sulla
proroga del mandato presidenziale. Il rapporto conferma, quindi, tutti questi
dubbi.
D. – Dobbiamo dire che la pubblicazione di
questo rapporto giunge in un momento già particolarmente delicato per la Siria
sul piano internazionale. Non rischia di far alzare ulteriormente la tensione
nell’area mediorientale?
R. – La Siria è già additata come responsabile
del deterioramento della situazione in Iraq e in Palestina. I siriani pensavano
che con il loro ritiro militare dal Libano, avrebbero risolto tutto o il 90 per
cento della questione. Invece non è così, perché la Siria sta pagando il prezzo
dei suoi errori accumulati durante i 30 anni di dominio assoluto in Libano.
Adesso vedremo se la Siria accetterà, come dimostrazione di buona volontà, di
consegnare i responsabili al Tribunale internazionale. In base alla sua
reazione, si potrà anche vedere se l’attuale regime può o meno stare ancora in
piedi.
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In Iraq è stato ucciso l’avvocato difensore
dell’ex capo del Tribunale rivoluzionario accusato, come l’ex rais Saddam
Hussein, di essere coinvolto nel massacro di 143 sciiti a Dujail nel 1982. Il
legale era stato rapito ieri a Baghdad: tre soldati iracheni sono stati invece
assassinati da guerriglieri nel nord del Paese, e almeno 5 militanti di Al
Qaeda sono rimasti uccisi in seguito ad un raid aereo americano nei pressi
della città sunnita di Ramadi. Nuovi particolari emergono, poi, sul sequestro di Rory Carroll, il corrispondente
del ‘Guardian’ rapito mercoledì scorso e liberato ieri a Baghdad. Il
giornalista, dopo aver dichiarato di voler rimanere in Iraq, ha rivelato che i
suoi sequestratori erano sciiti. “Volevano scambiare la mia liberazione – ha
spiegato Carrol - con quella di militanti del leader radicale sciita Moqtada
Sadr. Il mio timore – ha aggiunto – era di essere venduto a gruppi di
fondamentalisti sunniti”.
L’obiettivo finale del processo di pace in
Medio Oriente resta la realizzazione di due Stati democratici, Israele e
Palestina, che vivano in pace. Lo ha detto il capo di Stato americano, George
Bush, dopo l’incontro alla Casa Bianca con il presidente palestinese Abu Mazen.
Bush ha anche chiesto al governo di Israele di porre fine all’espansione coloniale
e alla costruzione degli insediamenti illegali in Cisgiordania. “La creazione
di uno Stato palestinese - ha poi precisato Bush - è più vicina che mai”, non
volendo tuttavia precisare una scadenza determinata. Dal canto suo, Abu Mazen
ha proposto allo Stato di Israele una reale collaborazione per la pace.
Negli Stati Uniti, il Pentagono ha avviato
un’inchiesta dopo la trasmissione di un video da parte di una Tv australiana
nel quale si mostrano soldati americani che bruciano i cadaveri di due
guerriglieri talebani in Afghanistan e poi li mostrano alla popolazione come
monito. L’esercito americano e le autorità militari afgane stanno indagando
sull’accaduto.
Il bilancio del terremoto che ha colpito la
regione del Kashmir è di oltre 51 mila morti. Lo hanno reso noto le autorità
pakistane, precisando che a questo drammatico dato bisogna aggiungere le
vittime della parte indiana della regione, oltre 1000. Intanto, il presidente
pachistano Musharraf ha dichiarato che gli aiuti sono largamente insufficienti.
Secondo Musharraf fino ad ora sono stati promessi al Pakistan 620 milioni di
dollari, ma per la ricostruzione delle zone devastate ci vorrebbero almeno 5
miliardi.
La Corea del Nord è pronta a partecipare,
senza condizioni, ai nuovi negoziati sulla crisi nucleare, previsti per metà
novembre. Lo ha annunciato, stamani, l’ex ambasciatore americano all’ONU,
Richardson, di ritorno da un viaggio in Corea del Nord. “La Corea ha mostrato
un atteggiamento di flessibilità e di apertura al dialogo” ha dichiarato Richardson,
precisando che il governo di Pyongyang sarebbe anche disposto ad accettare la visita
dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Il 19 settembre, al termine
di un primo round di incontri sulla crisi nucleare nordcoreana, Pyongyang si
era impegnata a rinunciare al proprio programma militare atomico e a
sottoscrivere il Trattato di non proliferazione nucleare, in cambio della
prospettiva di usare in futuro il nucleare per scopi civili.
La crescita del potenziale militare della Cina
preoccupa gli Stati Uniti. E’ quanto ha dichiarato il segretario di Stato
americano, Rumsfeld, appena rientrato da una visita di tre giorni in Cina.
“Pechino vuole sviluppare missili capaci di raggiungere varie zone del mondo”
ha detto Rumsfeld, sottolineando i timori della Casa Bianca per
l’ammodernamento dell’arsenale cinese. Sullo sfondo, le polemiche riguardo il
reale ammontare delle spese militari di Pechino. Secondo l’amministrazione
statunitense, il governo cinese spende tre volte di più rispetto ai 30 miliardi
di dollari ufficialmente dichiarati. L’attenzione è ora rivolta alla visita a
Pechino di Bush, prevista per novembre.
In Azerbaigian, a due settimane dalle elezioni
legislative, si accende la tensione per l’ondata di arresti tra gli oppositori
al governo. Le manette sono scattate anche per alcuni ex ministri. Secondo le
autorità, si starebbe preparando un colpo di Stato in vista dell’appuntamento
politico.
Stato di massima allerta nella penisola
messicana dello Yucatan dove è atteso, nelle prossime ore, l’arrivo
dell’uragano ‘Wilma’. L’uragano, con raffiche di vento di quasi 250 chilometri
l’ora, non dovrebbe toccare terra ma è comunque “estremamente pericoloso”, ha
precisato nell’ultimo bollettino il servizio meteorologico messicano. Ma non è solo il Messico a temere l’arrivo
dell’uragano. In Honduras, l’avvicinarsi di Wilma ha provocato forti piogge e a
Cuba sono state fatte evacuare almeno 235.000 persone. In Florida è stato
dichiarato lo stato di emergenza ed è già stata mobilitata la Guardia
nazionale.
Un passo verso la modernizzazione dell’Italia, afferma la
maggioranza di centrodestra. Uno strappo istituzionale che deforma la
Costituzione, sostiene l’opposizione di centrosinistra. Sono opposte le
valutazioni degli schieramenti politici, in Italia, alla riforma approvata ieri
dalla Camera che riscrive 55 articoli della seconda parte della Carta costituzionale.
Il provvedimento passa ora al Senato per il via libera definitivo. Il servizio
di Giampiero Guadagni:
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Devolution e premierato. Sono questi i
capisaldi della riforma che quando entrerà in vigore - una parte dopo
l’approvazione definitiva, una parte solo dal 2011 - trasformerà l’Italia in
una Repubblica federale. Il Parlamento sarà composto dalla Camera dei deputati
e dal Senato federale - entrambi con meno rappresentanti - che non avranno più
uguali poteri. Montecitorio esaminerà le leggi riguardanti materie riservate
allo Stato. Palazzo Madama sarà competente per le materie di legislazione
concorrente tra Stato e Regioni. Si rafforzano i poteri del premier. Per
l’investitura, non gli servirà più la fiducia del Parlamento ma solo un voto
sul programma. Deciderà la politica del governo, potrà sciogliere la Camera,
nominare e revocare i ministri. Compiti questi che finora spettavano al Capo
dello Stato, il quale sarà il garante della Costituzione e dell’unità federale
della Repubblica. Ma naturalmente il
punto centrale della riforma, quello più discusso, è l’introduzione della devolution. Il trasferimento cioè di
competenze dallo Stato alle regioni in materia di sanità, organizzazione
scolastica e polizia amministrativa regionale e locale. E’ il colpo definitivo
alla Costituzione, insorge il centrosinistra che ha già annunciato il referendum.
Il centrodestra invece esulta. Soprattutto, come ovvio, la Lega di Bossi, che
questo obiettivo ha perseguito tenacemente. Il premier Berlusconi è
particolarmente soddisfatto della nuova prova di ritrovata compattezza della
coalizione, dopo quella sulla riforma elettorale in senso proporzionale. Da
registrare tuttavia l’astensione dell’ex segretario dell’UDC, Follini. E ora
Berlusconi pensa a cambiare entro la legislatura anche la legge sulla par condicio radiotelevisiva in periodo
di campagna elettorale, legge in vigore dal 2000. Ma contro questa iniziativa
si è già schierato con forza il presidente della Camera Casini.
Giampiero Guadagni per la Radio Vaticana.
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Restiamo in
Italia, dove polizia e carabinieri hanno condotto in Calabria operazioni contro
presunti affiliati alla ‘ndrangheta, pochi giorni dopo l’omicidio del
vicepresidente del Consiglio regionale calabrese, Francesco Fortugno. Sono
stati effettuati, in particolare, diversi arresti in relazione all’assassinio
del boss Antonio Dragone, di 62 anni, ucciso a Cutro il 10 maggio del 2004. I
carabinieri e le forze di polizia di Spagna, Olanda, Francia, Belgio e
Serbia-Montenegro hanno notificato, inoltre, diversi provvedimenti di fermo per
associazione finalizzata al narcotraffico internazionale. Al centro delle
indagini, figurano le cosche della ‘ndrangheta di Africo, già guidata dall’ex
latitante Giuseppe Morabito, arrestato nel mese di febbraio del 2004.
In Turchia, una forte scossa di terremoto ha
provocato la morte di una persona. L’epicentro del sisma è stato registrato nei
pressi della città di Izmir, nella parte occidentale del Paese. La scossa è
stata avvertita anche nelle isole greche della parte orientale dell'Egeo.
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