RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
293 - Testo della trasmissione di giovedì 20 ottobre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Almeno 20 mila bambini sono ‘venduti’ ogni anno, in
Etiopia, per uno o due euro
Forte impatto emotivo sulla popolazione in Iraq del
processo a Saddam iniziato ieri e rimandato. Nuove violenze, mentre resta
incerta la sorte del giornalista irlandese rapito ieri
Alla
Casa Bianca l’incontro tra George Bush e il
presidente palestinese Abu Mazen
per rilanciare la pace in Medio Oriente.
20
ottobre 2005
I LAVORI DEL SINODO IN DIRITTURA D’ARRIVO.
QUESTA SERA, IN AULA PAOLO VI, GRANDE CONCERTO IN
ONORE DI BENEDETTO XVI.
DALLA TERRA SANTA E DALL’AFRICA, LE TESTIMONIANZE
DEL PATRIARCA MICHEL SABBAH E DEL PRESIDENTE DEL
SECAM, MONS. ONAYEKAN
- A cura di Alessandro De
Carolis -
L’XI
assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi sull’Eucaristia è ormai alle battute
finali. Mentre i relatori dei Circoli
minori studiano assieme al segretario speciale gli emendamenti collettivi alle
proposizioni svolte dal relatore generale, i padri sinodali hanno potuto
alleviare ieri sera le fatiche dell’assise assistendo
alla proiezione in anteprima del film tv “San Pietro”, realizzato dal regista
Giulio Base e prodotto dalla Lux Vide, che Raiuno trasmetterà
lunedì e martedì prossimi.
Questa
sera, alle 18.00, sarà invece la volta del concerto in onore di Benedetto
XVI in Aula Paolo VI: le esecuzioni si apriranno con brani, tra gli altri, di
Pierluigi da Palestrina, Felix Mendelssohn
e del fratello del Pontefice, Georg Ratzinger, eseguiti dai Piccoli Cantori di Ratisbona, sotto la direzione di Roland
Büchner. La bacchetta passerà quindi al berlinese Christian Thielemann, che
dirigerà brani di Mozart e Liszt,
interpretati dai Piccoli Cantori con l'Orchestra Filarmonica di Monaco di
Baviera, che interpreterà un’opera di Wagner.
Intanto, in
attesa del voto di sabato che concluderà i lavori del Sinodo e della
pubblicazione del Messaggio finale, il dibattito dell’assemblea ha posto in
primo piano, con differenze evidenti da nazione a nazione, il rapporto che lega
la celebrazione dell’Eucaristia alle situazioni ecclesiali e sociali dei
singoli Paesi. Ne è un esempio la testimonianza del
Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Michel Sabbah, raccolta da Giovanni Peduto:
**********
R. –
L’approfondimento spirituale e teologico del sacramento dell’Eucaristia è
certamente l’aspetto principale di questo Sinodo. Ci sono tante situazioni
concrete che riguardano le varie Chiese, punti concreti, punti
difficili da poter rinnovare. Su tutto, comunque, c’è
l’attenzione della Chiesa, come per i casi dei divorziati risposati, o per
altri fatti simili che attirano l’attenzione: il cuore della Chiesa è molto
solidale con tutta la sofferenza spirituale che possono avere queste persone.
D. – Spostiamoci nella
situazione mediorientale. La sua riflessione…
R. – La mia
riflessione, la mia prima osservazione per quello che riguarda Gerusalemme, è
che l’Eucaristia è stata istituita da nostro Signore
Gesù Cristo a Gerusalemme, nel Cenacolo: questo fatto è un segno, un simbolo,
che vuol dire tante cose. Là dove l’Eucaristia è stata istituita non c’è presenza eucaristica. E questo
per me fa parte di tutto il mistero di Gerusalemme, che rimane una piccola
Chiesa, una Chiesa di testimoni o di pellegrinaggi, ma non una Chiesa che
diffonde la sua grazia a tutto il Paese. C’è, dunque, un vuoto o forse una non
accoglienza del mistero di Dio in questa Terra Santa. Comunione, amore, perdono
sono significati contenuti nell‘Eucaristia, eppure
mancano in Terra Santa nei rapporti tra le persone di tutte le religioni e tra
i due popoli, palestinesi e israeliani. C’è un bisogno della presenza di Dio in
tutto questo conflitto. I responsabili politici devono avere coscienza, devono aprire gli occhi sul fatto che in Terra Santa la
storia non si fa solo con gli uomini, non si fa solo con i capi politici. Dio è
presente e, dunque, i capi politici devono avere più coscienza della presenza
del mistero di Dio in questa terra. Altrimenti il
conflitto va avanti: ci sono periodi di calma, come in questi giorni, altri
periodi di violenza, ma il vero cammino verso la pace non è ancora iniziato in
modo decisivo.
**********
A ovest
della Terra Santa, le Chiese africane devono fare i conti con la necessità
dell’inculturazione dell’Eucaristia nelle tradizioni tribali, come pure della
miseria e delle guerre che affliggono ancora troppe aree del continente. Sfide
antiche e attuali, sulle quali fa il punto, al microfono di Giovanni Peduto,
l’arcivescovo di Abuja, in
Nigeria, mons. John Onayekan, presidente del SECAM, il Simposio
delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar:
**********
R. – La prima sfida è che, se
l’Eucaristia si fa principalmente attraverso la celebrazione della Messa,
quando una persona si trova in un luogo in cui non è possibile celebrare la
Messa, c’è un problema. Per esempio, quasi tutte le diocesi
africane si trovano in una situazione in cui il numero dei sacerdoti non è
sufficiente a coprire tutte le richieste di celebrazione della Messa. Un deficit aggravato dal problema pratico delle distanze tra un piccolo
villaggio e l’altro, che a volte costringe a percorrere di cento chilometri
all’interno della stessa parrocchia. A questo, si deve aggiungere la povertà
generale delle nostre chiese, il che vuol dire che non
è nemmeno sempre facile avere la macchina per compiere questi viaggi. Inoltre,
si sente dire che in Africa abbiamo tante vocazioni,
il che è vero, e ne ringraziamo il Signore. Si può dire
che, a confronto di 10, 20 anni fa, abbiamo molti più sacerdoti adesso, con i
seminari generalmente, pieni in molte zone. Ma anche
qui non mancano i problemi. Prendiamo l’esempio della Nigeria, dove abbiamo
seminari che arrivano a 500-600 alunni: le esigenze dei sacerdoti sono così
grandi, che non riusciamo ancora a soddisfarle tutte.
Altra sfida per l’Africa, poi, è che l’Eucaristia si celebra con grande gioia. I fedeli vanno volentieri a Messa, ogni
domenica, ma non siamo ancora riusciti, e non solo in Africa ma anche altrove,
ad assicurare che la vita del cristiano sia sufficientemente coerente con
quello che vuol dire l’Eucaristia, cioè una vita di comunione con Dio e con i
fratelli, il senso di essere membri della stessa famiglia di Dio, che è la
Chiesa. Questo vuol dire che tutti noi abbiamo un
lavoro da compiere.
**********
LE UDIENZE DEL SANTO PADRE
Benedetto XVI ha ricevuto
stamane in udienza i cardinali: Nasrallah-Pierre Sfeir, Patriarca di Antiochia dei Maroniti, in Libano; Varkey
Vithayathil, arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi,
in India; Miguel Obando
Bravo, arcivescovo emerito di Managua, in Nicaragua; Janis Pujats, arcivescovo di
Riga, in Lettonia; Paul Shan
Kuo-hsi, vescovo di Kaohsiung,
in Taiwan; Marc Ouellet,
arcivescovo di Quebec, in Canada; Joseph Powathil, arcivescovo di Changanacherry
dei Siro-Malabaresi, in India.
IL PAPA HA DATO IL SUO
ASSENSO ALL’ELEZIONE CANONICAMENTE FATTA DAL SINODO DELLA CHIESA GRECO-MELKITA
CATTOLICA DEL REVERENDO PADRE GEORGES BAKOUNY AD ARCIVESCOVO DI TIRO (LIBANO) DEI
GRECO-MELKITI CATTOLICI
Sempre oggi il Santo Padre ha
concesso il suo assenso all’elezione canonicamente fatta dal Sinodo della
Chiesa Greco-Melkita cattolica, riunitosi a Ain Traz
(Libano) dal 20 al 27 giugno 2005, del reverendo padre Georges Bakouny, ad arcivescovo di Tiro (Libano) dei greco-melkiti cattolici.
Il reverendo Bakouny
è nato il 16 maggio 1962 a Ain
el-Roummaneh (Beirut). Nel 1985 ha conseguito la
laurea in Scienze finanziarie all’Università di Stato Libanese. Entrato nel
Seminario Sant’Anna di Raboué nel 1990, ha compiuto
gli studi filosofici e teologici presso l’Istituto S. Paolo a Harissa-Libano; ordinato sacerdote nel 1995 per l’Arcieparchia di Beirut e Jbeil (Biblos), ha svolto il ministero sacerdotale dal 1995 al
2004 a Bikfayya ed a Sant’Anna di Raboué.
Dal 1998 al 2004 è stato Assistente dell’Economo Generale dell’Arcieparchia di Beirut e Jbeil. Attualmente è parroco a Safra-Jbeil; coordinatore della pastorale giovanile per la
medesima Arcieparchia e Direttore della pastorale
giovanile universitaria per le facoltà di Architettura e Medicina
all’Università Libanese.
IL DOTT. ALBERTO
GASBARRI ASSUME LA RESPONSABILITA’ ORGANIZZATIVA
DEI VIAGGI APOSTOLICI. SUCCEDE, PRIMO LAICO IN QUESTO INCARICO,
ALL’ARCIVESCOVO RENATO BOCCARDO
- A cura di Alessandro De
Carolis -
Sarà
il dott. Alberto Gasbarri, direttore amministrativo e
direttore tecnico ad interim della
Radio Vaticana, il nuovo organizzatore dei viaggi del Papa. La nomina
pontificia è stata resa nota il 14 ottobre scorso dal
cardinale Segretario di Stato, Angelo Sodano, con una lettera inviata ai
capi dicastero e alle diverse autorità vaticane. Alberto Gasbarri,
primo laico a ricoprire il prestigioso incarico,
succede all’arcivescovo Renato Boccardo, attuale
segretario generale del Governatorato.
Impegnato fin dal 1982 nella
preparazione dei viaggi apostolici, prima come assistente del cardinale Roberto
Tucci e poi di mons. Boccardo,
il dott. Gasbarri conosce a fondo
tutte le problematiche connesse alle trasferte pontificie e “potrà
collaborare molto efficacemente – informa una nota della Radio Vaticana - per
tutti gli aspetti di carattere organizzativo con i nunzi, rappresentanti
diplomatici pontifici nei diversi Paesi, in occasione della preparazione dei
viaggi. La Radio Vaticana – conclude la nota - si
rallegra per la nuova prova di fiducia che il dott. Gasbarri
ha ricevuto dal Santo Padre con l’affidamento di questo compito delicato e
particolarmente vicino a lui”.
DOMENICA PROSSIMA IL PAPA PROCLAMERA’
5 NUOVI SANTI,
TRA CUI IL GESUITA CILENO ALBERTO
HURTADO CRUCHAGA:
“IL POVERO – DICEVA – E’ CRISTO”
- Intervista con il
padre Paolo Molinari -
Domenica prossima il Papa
proclamerà 5 nuovi Santi: tra questi figura il padre gesuita cileno Alberto Hurtado Cruchaga, vissuto nella
prima metà del 1900. Il religioso ha maturato la sua fede durante un’infanzia
passata in povertà. Orfano di padre a quattro anni, la madre è costretta a
vendere tutto per i debiti, e si ritrova senza casa. Diventato avvocato entra
nella Compagnia di Gesù a 22 anni. Quindi studia in
Argentina, Spagna e Belgio. Tornato in Cile come stimato professore di
pedagogia all’Università Cattolica si lancia nel sociale per portare ai poveri
non solo aiuto, ma anche dignità, speranza e affetto: “non
solo un luogo in cui vivere – diceva – ma un vero focolare domestico”. Ascoltiamo
in proposito il postulatore della Causa di Canonizzazione,
padre Paolo Molinari, intervistato da Giovanni
Peduto:
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R. – Io mi rifaccio al 1936, l’anno del suo
ritorno in Cile. Il padre Hurtado allora con grande realismo si rese conto della situazione del suo
Paese, da cui era stato assente da quasi dieci anni: come in tanti altri Paesi
dell’America Latina di quell’epoca, esisteva una notevole sproporzione nel modo
in cui la ricchezza era distribuita fra le diverse classi sociali. Ciò che fin
dal primo momento ferì duramente il suo cuore di sacerdote
fu il vedere il gran numero di bambini e ragazzi che vivevano nelle strade,
passavano la notte sotto i ponti, ragazzi senza casa, senza tetto, nella
miseria, e perciò esposti ad ogni forma di sfruttamento. Con l’andare del tempo
si rese conto del problema del lavoro minorile, che era largamente diffuso, cioè l’abuso che veniva fatto dei giovani, di chi non aveva la
possibilità e né sapeva come difendersi. C’era pure la tragedia del modo in cui
erano trattate le persone a servizio domestico. Lui stesso aveva scritto la sua
tesi di laurea proprio su questo aspetto. Su un più
vasto livello c’era la situazione degli operai impegnati in ogni settore di attività produttiva. Anche questi ultimi non ricevevano
una giusta remunerazione che permettesse loro di mantenere
la famiglia e vivere degnamente. Ad essi poi non
veniva offerta nessuna sicurezza per il futuro, perché non c’era nessun
provvedimento di ordine sociale, a livello governativo. Nella politica poi, in
generale, la tendenza prevalente era quella di far sì che le cose restassero
così. Hurtado era molto stimato ed ammirato come
professore ma, svolgendo tale incarico, si dedicò al servizio dei poveri e dei
bambini e nel 1944, con l’attiva collaborazione di laici, diede avvio al ben
noto “Hogar de Cristo”, il focolare di Cristo, cioè quella forma di attività caritativa che aiuta i bambini
e gli anziani senza tetto dando loro non solo un posto in cui vivere, ma un
autentico focolare domestico.
R. – Padre Molinari, qual è la
caratteristica principale della santità del nostro nuovo Santo?
D. – Fu veramente un innamorato di Cristo, questa è la nota fondamentale da cui tutto proviene. Hurtado si lasciò affascinare da Gesù, come avvenne proprio
con i discepoli, e si lasciò conquistare dal suo modo di pensare e di vivere, i
quali divennero in maniera sempre crescente parte del
suo essere. Per il padre Hurtado, l’Eucaristia era il
centro della vita e dell’apostolato, perché nell’Eucaristia egli sapeva di
incontrare la persona di nostro Signore Gesù Cristo di
cui era veramente innamorato. E nel celebrare
l’Eucaristia egli si associava al sacrificio del Redentore, e alimentandosi del
suo Corpo e del suo Sangue riceveva da Lui la forza di donarsi alla gente e
attuare il mandato del Signore: “Fate questo in memoria di me”. E’ proprio per
questo che Hurtado ebbe la capacità e la forza di
spendersi interamente senza nulla ritenere per sé e si consumò nel servizio
degli altri. Padre Hurtado diceva: “La Messa è la mia
vita e la mia vita è un prolungamento della Messa”.
D. – In sintesi, il messaggio all’uomo di
oggi di padre Hurtado…
R. – Credo che il messaggio di
padre Hurtado sia molto semplice e molto chiaro e molto
forte anche. Vuol dire essere animati dal vero amore che dà a Dio ciò
che a Lui è dovuto. Quindi
Dio ha la priorità assoluta e ci si rivolge al prossimo, specialmente agli
abbandonati e ai poveri, perché come diceva padre Hurtado:
“Il povero è Cristo”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l’Iraq, dove non si arrestano le violenze; a Baghdad un razzo
ha colpito una scuola elementare uccidendo quattro bambini.
Servizio vaticano – L’articolo del nostro inviato
Nicola Gori sui funerali, a Lapio,
del cardinale Giuseppe Caprio, un missionario nel
cuore della Chiesa.
Due
pagine dedicate al cammino della Chiesa in Italia.
Servizio estero – L’intervento dell’arcivescovo Celestino
Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’ONU a New York,
nell’ambito del terzo Comitato
dell’Assemblea Generale: “Consolidare il ruolo insostituibile della donna
per lo sviluppo e il benessere della famiglia e della società”.
Per la rubrica dell’“Atlante geopolitica” un
articolo di Gabriele Nicolò dal titolo “Iraq: il coraggio di un popolo”.
Servizio
culturale - Un articolo di Luciana Frapiselli dal
titolo “L’‘architetto della poesia’”: un convegno ed
una mostra ricordano il centenario della nascita di Mario dell’Arco.
Servizio
italiano - In rilievo il tema della devolution
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20
ottobre 2005
“LA 'NDRANGHETA HA VOLUTO UMILIARE QUESTA TERRA”:
COSI’ IERI
IL VESCOVO DI LOCRI – GERACE, MONS. GIANCARLO MARIA
BREGANTINI.
AI FUNERALI DI FRANCESCO FORTUGNO, UCCISO DOMENICA
SCORSA
- Intervista con mons. Giancarlo Maria Bregantini -
Almeno
otto mila persone hanno partecipato ieri, a Locri, ai funerali di Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio regionale calabrese
ucciso domenica scorsa. Il ministro dell’Interno italiano, Giuseppe Pisanu, ha confermato stamani che si è trattato di un
delitto di stampo mafioso e ha detto che servono
risposte non emotive ma dure. Nell’omelia, il vescovo di Locri-Gerace,
mons. Giancarlo Maria Bregantini,
ha sottolineato ieri che l’omicidio di Fortugno non deve essere subito ma trasformato. Ma in che modo? Ascoltiamo proprio il presule intervistato
da Amedeo Lomonaco:
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R. – Attraverso una “presa di coscienza” che passa tramite
tre scelte: una Chiesa più profetica; una società meno assistita e più
consapevole; una politica più attenta alle esigenze della gente e più capace di vegliare sul cammino del denaro, in modo da orientare il
cammino per il bene di tutti.
D. – Queste scelte
fondamentali sono, dunque, l’annuncio, la denuncia e la rinuncia…
R. – Io ho indicato la bellissima omelia del Papa
Benedetto XVI sulla spianata di Marienfeld ai
giovani: bisogna inchinarsi a Cristo, non ai potenti, non ai mafiosi, non a chi
ti offre un posto; bisogna denunciare, con coraggio, soprattutto dove c’è
l’usura. E poi bisogna saper rinunciare.
D. –
Le opzioni criminali sono invece l’intimidazione, la
violenza e il controllo del territorio. Perché in Calabria questo
iter criminale viene percorso da molti malavitosi?
R. –
Questa è una domanda amara, perché purtroppo questa è la situazione della
Calabria. Per tante ragioni che affondano in una storia antichissima di abbandono e di dimenticanza di questa terra. E poi per il clima di paura che la mafia crea e che a sua volta dà
spazio alla mafia. Lentamente si sta cercando di uscire da questa
situazione. I germogli ci sono e sono molto positivi,
ma non sono ancora adeguati per fare un salto definitivo.
D. –
La ‘ndrangheta vuole, dunque, dominare e sottomettere la politica. E il mondo politico come reagisce?
R. –
Ieri ha reagito benissimo. C’è stata la solidarietà di tutta l’Italia. Siamo
stati veramente consapevoli che la politica ha voluto dire di ‘no’ a questi atti
di intimidazione, al punto tale che questo gesto
potrebbe alla fine rivelarsi un ‘autogol’ della mafia stessa, se noi saremo in
grado di reagire positivamente alla violenza subita.
D. –
Lei ha indicato nella purificazione socio-culturale, frutto maturo della purificazione
spirituale, la leva per superare il circolo vizioso
dell’assistenzialismo e della speculazione…
R. –
Ritengo che la mentalità assistenzialistica, prodotta
da tante situazioni assurde, specie in Calabria e in certe zone come la nostra,
abbia devastato la cultura etica: la cultura
dell’impegno, del lanciarsi nella sfida, dell’essere capaci di prendere le
proprie responsabilità e di non additare gli altri. Non basta
dire ‘voi’, bisogna dire ‘noi’. Non basta dire ‘tu’, ma ‘io’. La vera
risposta alla mafia è questa presa di coscienza della logica etica positiva.
D. –
La ‘ndrangheta, realtà calabrese e italiana, è anche la metafora di un mondo
ingiusto…
R. –
Si potrebbe chiamare terrorismo mafioso. Come c’è il terrorismo in Iraq o in
altre zone del mondo, c’è questo terrorismo, che va combattuto insieme.
**********
RAPPRESENTANTI DELL’AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI
AVRANNO UNA PRESENZA
COSTANTE
NEI CENTRI DI PERMANENZA TEMPORANEA DI LAMPEDUSA E DEL SUD ITALIA: E’ IL FRUTTO
DELL’INCONTRO, IERI A ROMA, TRA L’ALTO COMMISSARIO ONU, GUTERRES, CON I MINISTRI DEGLI
ESTERI E DEGLI INTERNI ITALIANI
- Con noi Antonio Guterres
e Laura Boldrini -
Garantire i diritti e la dignità
delle persone che raggiungono l’Italia per chiedere asilo. Questo
il tema dell’incontro a Roma tra l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i
rifugiati, Antonio Guterres; il ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini, e il ministro
dell’Interno, Giuseppe Pisanu. In base agli accordi
raggiunti, i rappresentanti dell’agenzia delle Nazioni Unite avranno una
presenza costante all’interno dei centri di permanenza temporanea di Lampedusa
e del sud Italia. Sempre ieri, nel pomeriggio, l’Alto
Commissario ONU è stato ricevuto dal presidente della Repubblica Ciampi. Il servizio
è di Stefano Leszczynski:
*********
Tra il governo italiano e l'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati si apre "un capitolo nuovo"
dopo le polemiche sulla possibilità dell'agenzia internazionale di accedere ai centri di permanenza temporanea per immigrati,
in particolare quello di Lampedusa. L’Agenzia delle Nazioni Unite avrà insieme
con la Croce Rossa e l'Organizzazione internazionale delle migrazioni "un
accesso pieno e una presenza permanente" nella struttura di Lampedusa che
rimane, comunque, - nel giudizio dell’Alto Commissario
Guterres - un'area non adatta all’espletamento delle
procedure per l’esame della domanda d’asilo. L’Alto Commissario, inoltre, ha
chiesto all’Italia di rispettare i principi internazionali a tutela dei richiedenti asilo ed in particolare il principio del non
respingimento verso Paesi che non sono considerati sicuri. Senza entrare nel
merito degli accordi italo-libici sul rimpatrio dei
clandestini, Guterres ha comunque
ribadito che, secondo l’agenzia dell’ONU, la Libia non può essere considerato
un Paese in grado di fornire sufficienti garanzie di tutela nei confronti dei
richiedenti asilo:
“LYBIA IS NOT A SAFE DESTINATION FOR REFUGEES…”
Per le Nazioni Unite tuttavia il problema del controllo
delle frontiere comuni e della gestione dei flussi verso l’Europa deve essere
condiviso dall’intera Unione con maggiore consapevolezza e non può essere
affidato unicamente a Paesi di frontiera, come l’Italia e Malta. Tuttavia, la
situazione italiana resta complessa come ci spiega Laura Boldrini,
portavoce dell’Alto Commissariato in Italia:
“In Italia,
purtroppo, non c’è una legge organica sull’asilo. Questa è un
carenza antica e le conseguenze di questo ricadono sui richiedenti
asilo, sugli operatori ma anche sulle stesse forze dell’Ordine. Per cui sarebbe auspicabile che si giungesse quanto prima a questa
legge”.
In Italia i rifugiati sono circa 15 mila, ma nel mandato
dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite rientrano anche i
richiedenti asilo, i rifugiati rimpatriati, gli apolidi e una parte
degli sfollati di tutto il mondo per una cifra complessiva di 9,2 mln di persone:
“Non dobbiamo in qualche modo perorare questa causa della
crisi da assedio o del fatto che vengono tutti in Italia. Non è così, ci sono
Paesi europei dove il numero è ben più alto. Quindi,
si tratta di considerare il fenomeno e di governarlo senza considerarsi
abbandonati dal resto dell’Europa”.
**********
LA PROSSIMA SETTIMANA
SI DISCUTE IN SEDE DI UNIONE EUROPEA SUI DOSSIER
CHE RIGUARDANO ROMANIA E BULGARIA: PAESI CANDIDATI
AD ENTRARE IL 1 GENNAIO 2007 CHE FORSE, PERO’, NON HANNO ANCORA TUTTE LE CARTE
IN REGOLA.
PARLIAMO OGGI DI BULGARIA
- Intervista con Valery Marinov -
La prossima settimana l’Unione
Europea farà il punto dei dossier che riguardano Romania e Bulgaria, Paesi
candidati ad entrare a far parte dell’Unione il 1 gennaio 2007. Delle speranze
ed attese della Romania abbiamo parlato la settimana
scorsa. Oggi ci occupiamo della Bulgaria, Paese che si estende a sud est
dell’Europa su
un territorio di quasi 111 km2 e che conta quasi 8 milioni di abitanti. Confina
con Romania, Grecia, Turchia, alcuni Paesi Balcanici
e il Mar Nero. L’alfabeto è cirillico. Per quanto riguarda la religione, i
cristiani ortodossi sono l’85% della popolazione, i musulmani
il 13% e i cattolici l’1%.
A
proposito dell’entrata ufficiale nell’Unione Europea, si parla di un possibile
slittamento di un anno perché ci sarebbero standard richiesti dall’UE che la
Bulgaria stenta a raggiungere. In particolare, in tema di corruzione. Ma quali
misure ha preso il governo? E
potranno soddisfare i criteri dell’UE? Risponde Valery
Marinov, giornalista della TV bulgara BTV, raggiunto
telefonicamente da Fausta Speranza a Sofia:
**********
R. – I DO HOPE WHATEVER…
Spero
davvero che qualsiasi cosa il governo faccia, questo rispetti
i criteri dell’Unione Europea, perché la corruzione è un serio problema che ha
messo in pericolo un po’ tutto l’assetto. Nessuno vuole la corruzione, perché
influenza in maniera negativa gli affari, le iniziative imprenditoriali e la
possibilità per le persone di ottenere lavori migliori, cose a loro volta
importanti. Non vorremmo si arrivasse al caso di dover
pagare qualcuno per avere un buon lavoro.
D. –
Quali altri campi sono critici, secondo lei, o hanno bisogno di essere affrontati
per permettere l’entrata del Paese nell’Unione Europea?
R. – BASICLY, THE MOST…
Di
base, gli aspetti più delicati sono quelli giudiziari. Durante l’ultima visita
del commissario dell’Unione Europea per l’allargamento, il signor Olli Rehn, il Parlamento ha
votato per un nuovo codice penale necessario per poter raggiungere i requisiti
europei. Quindi, la Bulgaria ha fatto ciò che è stato
richiesto dall’Unione. Speriamo questo funzioni e dia
buoni risultati. Anche se bisogna dire questa legge
sarà attiva entro sei mesi.
D. –
Quali sono le speranze dei bulgari riguardo all’entrata nell’Unione Europea e
cosa pensano dell’Unione Europea in generale?
R. – THE EUROPEAN
L’Unione
Europea, per buona parte della popolazione, è più o meno
una nuova speranza per ottenere standard di vita migliori, per abbassare il numero
dei disoccupati e aumentare le opportunità di lavoro. Quindi:
migliori condizioni di vita, più lavoro e migliori opportunità di lavoro.
Riguardo alle speranze della gente è stata fatta una
ricerca, un sondaggio interessante, diversi mesi fa, secondo il quale la
maggior parte della popolazione considerava l’entrata nell’Unione Europea come
una cosa utile, che avrebbe cambiato la sua vita in meglio. Allo stesso tempo,
però, curiosamente e paradossalmente, la maggior parte della popolazione non
pensava che avrebbe influenzato il suo modo di vivere. Quindi,
sperava che la sua vita sarebbe cambiata in meglio, ma non pensava che questi
cambiamenti l’avrebbero influenzata personalmente.
D. –
Pensa che la popolazione bulgara conosca abbastanza l’Europa?
R. – MANY PEOPLE HAVE NOW…
Molte
persone oggi hanno l’opportunità di viaggiare, di vedere l’Unione Europea, per
svariate ragioni, per turismo o qualsiasi altra questione li porti nell’Unione
Europea a vedere come la gente vive. Lo so per
esperienza personale e non perché riportato da altri. Quindi,
la gente è interessata ad avere una propria esperienza personale dell’Europa.
C’è poi quello che Bruxelles potrebbe fare che per la gente è importante. Per esempio, la questione del visto che permetterà alle persone di
viaggiare più facilmente e dare loro l’opportunità di conoscere l’Europa.
D’altra parte, al momento le decisioni amministrative di Bruxelles non sono per
le persone tanto importanti da influenzare le loro vite.
Più decisioni si prenderanno, tali da influenzare le vite della gente in
maniera positiva, meglio sarà per Bruxelles.
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20 ottobre 2005
PER LA
CONCLUSIONE DELL’ANNO DELL’EUCARISTIA,
SI
TERRÀ IL PROSSIMO 29 OTTOBRE A CAFARNAO, IN TERRA SANTA,
UNA
CELEBRAZIONE INCENTRATA SUL TEMA ‘IO SONO IL PANE
DELLA VITA’
CAFARNAO.
= “Io sono il pane della vita”. E’ questo il tema scelto dalla Custodia di
Terra Santa per la celebrazione che si terrà a Cafarnao
il prossimo 29 ottobre, a conclusione dell’Anno dell’Eucaristia. Dobbiamo
imparare a spezzare il pane non solo con i pochi cristiani che sono qui, ma
anche con gli ebrei e i musulmani, spiega all’Agenzia
SIR il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa. “Spero – aggiunge - che quest’anno ci abbia
insegnato a tornare alle origini, a Gesù, al mistero dell’Eucaristia,
all’adorazione”. La nostra vita – spiega padre Pizzaballa
- deve diventare una conseguenza di questa adorazione
del Signore che si fa pane. “Niente di ciò che facciamo – precisa il custode di
Terra Santa - ha valore se non è fondato sull’adorazione e sulla presenza
eucaristica”. Anche qui – avverte padre Pizzaballa - c’è il rischio di dimenticarsi di queste
origini. La scelta di Cafarnao non è casuale: molti anni prima che la Custodia vi costruisse il convento,
i frati di Terra Santa venivano qui in pellegrinaggio quando in tutta la Chiesa
Cattolica di rito latino riceveva larga eco il discorso di Gesù sul pane della
vita. Ed è proprio in continuità con questa vivente
tradizione che la Custodia di Terra Santa, a conclusione dell’Anno
dell’Eucaristia, ha promosso questa celebrazione. “Possa ravvivare – conclude padre Pizzaballa - in
quanti vi partecipano la certezza che qui, una volta per sempre, a tutti Gesù
ha detto: Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi
crede in me non avrà più sete”. (A.L.)
ALMENO 20 MILA BAMBINI SONO ‘VENDUTI’ OGNI ANNO,
IN ETIOPIA,
PER
UNO O DUE EURO. LO RIVELA L’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE
PER LE
MIGRAZIONI CHE DENUNCIA IL DRAMMATICO E CRESCENTE
TRAFFICO
DI
ESSERI UMANI NEL PAESE AFRICANO
ADDISA
ABEBA. = Vite vendute per uno o due euro. E’ la triste
sorte che tocca ad almeno 20 mila bambini o adolescenti ogni anno in Etiopia.
Lo ha reso noto ieri, ad Addis Abeba, l’Organizzazione
internazionale per le migrazioni (IOM). La tragedia colpisce, soprattutto,
bambini e ragazzi di un’età compresa tra i 10 e i 18 anni che provengono da famiglie
poverissime. Secondo lo IOM, due terzi di questo turpe commercio è organizzato da trafficanti che promettono ai genitori di
far lavorare o studiare i loro figli. Ma dietro queste
parole si cela un drammatico inganno. I ragazzi vengono
spesso sfruttati e trattati come schiavi e le adolescenti vengono nella
maggioranza dei casi costrette a prostituirsi. Un altro agghiacciante dato
rivela che in un terzo dei casi sono i membri della stessa famiglia ad essere
coinvolti nel traffico. Un altro triste dato riguarda il crescente numero di
donne etiopi costrette a prostituirsi: secondo l’Organizzazione internazionale
per le migrazioni, sono almeno 10 mila quelle condotte, con la forza o con
l’inganno, nei Paesi arabi. In questi Stati una giovane etiope – denuncia lo
IOM – viene ‘venduta’ per 800 euro. In Etiopia l’85 per cento della popolazione, circa 71 milioni,
sopravvive con un’agricoltura di sussistenza. Il reddito medio annuo nel Paese
africano è di circa 100 dollari. (A.L.)
CRESCE L’ATTESA A FRANCOFORTE PER LA PROSSIMA APERTURA AL
PUBBLICO
DELLA ‘BUCHMESSE’, LA FIERA DEL LIBRO PIU’ GRANDE DEL MONDO INAUGURATA
IERI
E DEDICATA, QUEST’ANNO, ALLA COREA
- A
cura di Giovanni Del Re -
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FRANCOFORTE. = Oltre mille gli autori
presenti, tra cui star come Ken Follet
e il fisico inglese Steven Hawking.
Solo il primo giorno, già oltre 10 mila visitatori hanno visitato la Fiera, ma
la massa arriverà nel fine settimana, quando la “Buchmesse”
sarà aperta al pubblico. Ma la grande attrazione è il
Paese ospite di quest’anno, la Corea, che inventò la stampa nel XIV secolo,
prima di Gutenberg. Una scelta complessa, quella di
invitare la Corea: gli organizzatori non sono infatti
riusciti a convincere la Corea del Nord, nonostante i grandi sforzi. Ci sarà
dunque solo la parte del Sud, anche se saranno presenti pubblicazioni
dell’altra parte della penisola, mentre i 40 autori coreani presenti vengono
tutti dalla parte meridionale. “Siamo tristi – ha detto Ko
Un, il più celebre poeta e scrittore coreano – ma ci
consoliamo della presenza di letteratura nord-coreana accanto alla nostra”.
Martedì, giorno della cerimonia di inaugurazione,
inoltre, il premier di Seoul, Lee
Hae Chan, aveva lamentato
la perdurante separazione tra Occidente e Oriente, divisi ancora –diceva – da
una solida parete.
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PRESENTATA A SEOUL, DOPO 17
ANNI DI LAVORI, LA SEONGGYEONG,
PRIMA BIBBIA IN LINGUA COREANA SCRITTA DA SOLI CATTOLICI
SEOUL.
= Dopo 17 anni di lavoro è stata presentata, a Seoul,
in Corea del Sud, la prima traduzione della Bibbia in lingua coreana (“Seonggyeong”) scritta interamente da cattolici. Alla
presentazione, svoltasi nei giorni scorsi, hanno partecipato i vescovi della
Conferenza episcopale coreana. Alla cerimonia hanno assistito circa 200 persone
fra studiosi delle Sacre scritture, esperti di lingua coreana e leader
protestanti. “La Bibbia è la parola di Dio scritta con l’ispirazione dello Spirito
Santo e credo che anche i 17 anni di sforzi per completare questa traduzione
siano stati guidati dallo Spirito Santo”. Con queste parole il presidente della
Conferenza episcopale, mons. Andreas
Choi Chang-mou, ha dato inizio alla presentazione
della “Seonggyeong”. L’arcivescovo emerito di Seoul, il cardinale Stephen Kim, ha reso omaggio, durante il suo intervento, a padre Joseph Im Seung-
pil, che ha dedicato la sua vita alla traduzione
della Bibbia e che è morto nel 2003. Il segretario generale della Società biblica
coreana, invece, ha voluto sottolineare alcuni
cambiamenti rispetto alle traduzioni precedenti come per esempio “Junim” (Dio) al posto di “Yahweh”,
o il titolo che, letteralmente, significa Sacra scrittura. (R.R.)
IN COLOMBIA INDIGENI OCCUPANO DIVERSE TERRE NELLA
REGIONE DEL CAUCA
RIVENDICANDO CIRCA 12 MILA ETTARI
BOGOTÀ.
= Circa 17 mila indigeni Guambianos hanno ripreso
l’occupazione di alcune proprietà agricole in quattro
comuni della regione del Cauca, nel sud-ovest della
Colombia. Già la settimana scorsa la polizia, dopo lunghi scontri, era riuscita
a respingere i Guambianos che avevano invaso alcune
fattorie. Le autorità locali – riferisce l’agenzia
MISNA – avvertono che la situazione “è difficile e rischia di finire fuori
controllo”; per questo motivo è stato ordinato il dispiegamento degli agenti
antisommossa. Nel dipartimento del Cauca ci sono tre
gruppi indigeni - paeces, guambianos
e ambaló - che rivendicano circa 12 mila
ettari di terra. Il senatore indigeno, Gerardo Jumí,
sostiene che diversi anni fa il governo colombiano ha promesso di cedere agli
indigeni quei terreni, ma questi hanno ricevuto solo 4 mila ettari. Il
ministero dell’Agricoltura e il governatore della regione, Juan
José Chaux, hanno ricordato all’agenzia AP che, nella
loro regione, gli indigeni sono il 14 per cento della popolazione, ma posseggono il 30 per cento della terra e perciò non possono occupare
quelle di altre comunità. I Guambianos si difendono
sostenendo che la maggior parte delle loro terre non sono
coltivabili, perché si trovano nella selva amazzonica e in zone desertiche.
“Non vogliamo colpire piccoli agricoltori, poveri come noi”, prosegue un
rappresentante degli indigeni, “chiediamo solo il rispetto dei diritti
economici, sociali e culturali delle comunità indigene, afro-colombiane
e contadine della regione, già colpite dalla miseria e dalla violenza dei
gruppi armati”. (R.R.)
PRESENTATO A SYDNEY IL LIBRO
DEL PRESIDENTE EMERITO
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI,
CARDINALE EDWARD CASSIDY,
SU ECUMENISMO E DIALOGO INTERRELIGIOSO
SYDNEY. = “Riscoprire il Vaticano II –
Ecumenismo e dialogo interreligioso”. E’ il titolo del volume del
presidente emerito del Pontificio Consiglio per
l’unità dei cristiani, cardinale Edward Cassidy, presentato oggi nella Grande Sinagoga di Sydney in
occasione di una cerimonia interreligiosa nel 40.mo anniversario della dichiarazione conciliare ‘Nostra
aetate’,
promulgata dal Concilio Vaticano II il 28 ottobre del 1965. L’opera del
cardinale Cassidy è incentrata sui rapporti della
Chiesa con le religioni non cristiane e sul lavoro finora svolto in questo
campo. Non avremmo potuto realizzare nessun progresso nel
dialogo interreligioso – scrive il proprorato
nella presentazione del libro - senza la coraggiosa risposta di leader
cristiani, ebrei e musulmani al nuovo approccio della Chiesa cattolica dopo il
Concilio Vaticano II. Riferendosi in particolare al dialogo tra cristiani ed
ebrei, il cardinale sottolinea come la via ora sia
aperta e si possano consolidare i passi
compiuti in uno spirito di amicizia, rispetto reciproco, cooperazione e comprensione.
Abbiamo lo stesso Dio – aggiunge il porporato - e i nostri valori morali hanno
la stessa fonte nella Torah o nell’antico Testamento
e abbiamo la stessa visione del mondo in cui viviamo. A presentare il libro sono stati il cardinale Cassidy ed
il presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani e della
Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo, il cardinale Walter Kasper. (A.L.)
IN PROGRAMMA A BARI PER QUESTO
FINE SETTIMANA IL V MEETING INTERNAZIONALE PER LA PACE FRA LE NAZIONI
SUL TEMA “LA LUCE CHE VIENE DALL'ORIENTE”
- A
cura di Giovanni Peduto -
BARI. = Da domani a domenica prossima Bari ospiterà il V Meeting internazionale per la pace fra le nazioni presso la
Fiera del Levante: un’iniziativa della Comunità di Gesù in collaborazione con
la Conferenza episcopale pugliese. La Comunità di Gesù è un gruppo del
Rinnovamento Carismatico, con sede a Bari, che opera attivamente sul piano
ecumenico, sotto la direzione del prof. Matteo Calisi.
Il Meeting avrà come oggetto di riflessione la ricerca
del dialogo e della comunione con la Chiesa d’Oriente. Nello stesso tempo, si
propone di mettere in rilievo i vincoli di comunione
che la lega alla Chiesa Cattolica quali l’Eucaristia, il Sacerdozio, la memoria
dei Martiri, la grande Tradizione liturgica e spirituale, i Santi Padri, il
Monachesimo, ecc. È convinzione di molti credenti che le legittime diversità e
il carattere specifico della sviluppo storico non si oppongono affatto
all’unità della Chiesa, anzi ne accrescono il decoro e contribuiscono non poco
al compimento della sua missione. A seguito dell’allargamento
dell’Unione Europea ai Paesi dell’Est Europeo, urge il reciproco scambio di
doni e delle ricchezze spirituali fra la Chiesa d’Oriente e d’Occidente,
affinché la Chiesa del continente ritorni a respirare
con i due polmoni e tutta l’Europa possa riscoprire le proprie radici
cristiane. Molti osservatori ecumenici intravedono una nuova stagione
per la riconciliazione e il riavvicinamento dei cristiani. Infatti, il Meeting
si svolgerà a pochi mesi dalla conclusione dello storico Congresso Eucaristico
Nazionale di Bari, dove il Santo Padre Benedetto XVI ha ribadito
“la volontà di assumere come impegno fondamentale quello di lavorare con tutte
le energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci
di Cristo”. Il Meeting vedrà la partecipazione di oratori
provenienti da diverse nazioni tra i quali: il cardinale Ignace
I Moussa Daoud, prefetto
della Congregazione delle Chiese Orientali; il cardinale Lubomyr
Husar, arcivescovo maggiore di Kiev-Halyc
della Chiesa greco-cattolica in Ucraina; Sua Eminenza
Siluan, vescovo vicario per l’Italia e rappresentante
al Meeting di Sua Beatitudine il Patriarca Teoctis
della Chiesa ortodossa romena; numerosi altri esponenti sia cattolici che ortodossi.
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20 ottobre 2005
- A cura di Andrea
Cocco -
Un processo storico che ha
profondamente scosso le coscienze degli iracheni, quello che si è aperto ieri a
Baghdad ai danni di Saddam Hussein e di sette altri dignitari del regime. Mentre l’ex dittatore compariva nell’aula del
tribunale all’interno della zona verde della capitale, i suoi sostenitori hanno
manifestato a Tikrit, chiedendone l’immediata
liberazione. Sciiti e kurdi hanno invece manifestato
per la condanna a morte del rais. La prossima udienza
del processo è stata rinviata al 28 novembre.
Il servizio di Barbara Schiavulli:
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Non credono più al suo volto austero, eppure tutti
hanno ancora un fremito di paura quando Saddam Hussein
pronuncia parole che nessuno vuole più sentire. “Io sono il presidente
dell’Iraq”. “Un mostro”, gli risponde Said, come se
dall’altra parte dello schermo Saddam potesse sentirlo. In una sala di un
ristorante, un gruppetto di camerieri, come tutti gli iracheni, hanno
interrotto le loro faccende per assistere al processo. Stanno incollati alla tv
e vedono Saddam, e dietro di lui, scorrere le loro vite.
Questo processo ha emozionato, tirato fuori i sentimenti più nascosti e
profondi della gente. “La polizia segreta, vent’anni
fa, portò via il mio vicino di casa. Lo conoscevamo bene: non ha mai fatto
nulla. Era solo un uomo molto religioso, e questo non piaceva a Saddam”,
racconta George,un
cristiano, in quella che, davanti all’immagine di Saddam, sembra diventare una
terapia di gruppo. “Io non ho mai conosciuto mio padre”, interrompe Mohammad, mentre tutti lo guardano come se lo scoprissero
per la prima volta. “Anche lui è stato portato via
dalla polizia insieme a tre dei suoi cugini. Mia madre non ha saputo più nulla
di lui, fino alla caduta del regime, quando sono state abbattute le porte del Mukhabarah, della polizia segreta. Lo abbiamo trovato lì.
Il suo nome, intendo, tra le pagine di un dossier. Lo avevano torturato con
l’elettricità e lui aveva confessato di avere cospirato contro Saddam. Lo hanno
portato nel Sud, abbandonato in una prigione per poi gettarlo in una fossa
comune”. Rabbia e dolore mostrano per una volta un Iraq che si sforza di fare i
conti con il passato, per alleviare le proprie ferite.
Barbara Schiavulli, da
Baghdad, per la Radio Vaticana.
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E intanto nel Paese torna
l’incubo degli attacchi alla stampa. A Baghdad è stato ucciso il numero due del
sindacato dei giornalisti, Mohammad Haroun. Salgono così a 68 i giornalisti uccisi dall’inizio
del conflitto in Iraq. Ancora nessuna notizia certa invece sull’irlandese Rory Carroll, l’inviato del
quotidiano britannico, The Guardian, rapito mercoledì a Baghdad mentre conduceva
una serie di interviste alle vittime del regime di Saddam
Hussein. Nel resto del Paese sono proseguite le violenze con due attentati, a
seguito dei quali sono morte almeno 10 persone.
Prosegue
la visita del presidente palestinese Abu Mazen negli Stati Uniti. Oggi il leader
dell’Autorità nazionale palestinese incontrerà il presidente statunitense George W. Bush
alla Casa Bianca. Per Abu Mazen rimane prioritaria la richiesta alla Casa Bianca di
fare pressioni su Israele affinché proceda a ulteriori
ritiri dai territori occupati. Quanto a Bush, stando alle
notizie diffuse dall’agenzia statunitense Ap, chiederà
al governo palestinese di obbligare i candidati delle elezioni di gennaio a rinunciare alla
violenza contro Israele. Ma c’è la speranza che l’incontro di oggi
possa rilanciare il processo di pace israelo-palestinese?
Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera, esperto
dell’area mediorientale:
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R. – E’ qualcosa di più di una speranza da parte
palestinese. Quindi, è molto probabile che qualcosa
potrebbe sbloccarsi. E qui ci sono due problemi, anzi
tre. Il primo è la volontà di chiedere agli Stati Uniti ancora una volta che si
riavvii la Road map dopo il
ritiro da Gaza. Il secondo problema è legato a Hamas.
Mahmud Abbas vorrebbe il
sostegno americano per fare in modo che Hamas entri nel processo elettorale ed entri come forza politica,
sperando appunto che Hamas con il fatto di essere
cancellato dalla lista dei movimenti terroristici accetti di diventare
soprattutto un soggetto puramente politico. La terza cosa sono
gli aiuti economici: fare in modo che una riduzione sensibile della disoccupazione
renda meno attraente la scelta di una resistenza armata che poi rischia di
sconfinare nel terrorismo.
D. – Hai la sensazione che gli Stati Uniti si stiano riproponendo con nuova energia quali mediatori principali
nella vicenda israelo-palestinese?
R. – Sì, è chiaro che anche gli Stati Uniti hanno capito bene che visto che gli altri fronti non stanno
andando bene, in fondo hanno bisogno, per difendere i loro interessi nella regione,
anche di una robusta operazione di immagine. E questa operazione
di immagine non può che essere un rinnovato sostegno al processo di pace e alla
realizzazione di quello che Bush presentava come la
sua visione di due Stati che vivano l’uno accanto all’altro, Israele e
Palestina, in pace e sicurezza.
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In America resta alta l’allerta per l’uragano Wilma che
nella notte di mercoledì si è avvicinato alle coste dello
Yucatan, in Messico e alle coste di Cuba. Le autorità dell’Avana hanno
già provveduto all’evacuazione di 250 mila persone, dalla provincia di Pinar del Rio, mentre in Messico il governo ha invitato gli
oltre 70 mila turisti presenti nelle zone orientali a partire. Secondo gli
esperti del National Hurricane Center
di Miami, nonostante sia passato dalla categoria 5 alla 4, il ciclone potrebbe
nuovamente crescere di intensità. Da New York, Paolo Mastrolilli:
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Wilma è più potente di Katrina, che alla fine di agosto aveva devastato la Louisiana e il Mississippi. I
suoi effetti mortali si sono già visti a Haiti, dove oltre 10 persone sono morte,
e in Giamaica, dove c’è stata un’altra vittima. In aggiunta a questi due Paesi,
ordini di evacuazione sono stati emessi a Cuba, in
Honduras e in Messico. Le autorità locali hanno già ordinato ai turisti di
abbandonare le “Keys”, le isole a sud di Miami, ma il
governatore Jeb Bush sta
preparando tutto lo Stato ad assorbire l’eventuale colpo. La Casa Bianca,
scottata dalle polemiche sulla lentezza degli aiuti per l’uragano Katrina, ha detto che il governo federale sta seguendo la situazione per
mobilitare tutte le sue risorse. Con l’arrivo di Wilma, quella in corso è
diventata la stagione di cicloni più intensa mai registrata, e purtroppo non è
ancora finita.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Il presidente colombiano Alvaro Uribe
potrà presentarsi alle prossime elezioni presidenziali per ottenere
un secondo mandato. E’ quanto ha stabilito la Corte Suprema di Bogotá,
giudicando infondati i dubbi dell’opposizione sulla costituzionalità di una
riforma recentemente approvata dal parlamento. La nuova normativa, suggellata
ieri dalla Corte, abolisce il divieto per il presidente di ripresentarsi alle
urne. Secondo gli ultimi sondaggi Uribe, il più
solido alleato degli Stati Uniti in America del Sud, è in assoluto il candidato
favorito per le consultazioni che si svolgeranno nel 2006.
Resta alta l’allerta
per la febbre aviaria, con l’annuncio di una nuova vittima del virus in
Thailandia e il primo
caso di volatili infetti a Taiwan. Il comitato tecnico
dell’Unione europea, in attesa di una decisione da
parte della Commissione, ha proposto stamattina il blocco delle importazioni
dalla Russia, dove ieri era stata confermata la presenza del virus dei polli.
Buone notizie invece dalla Grecia. I primi test condotti sul campione prelevato
all’isola di Chio, è risultato
negativo. “Non possiamo ancora escludere la presenza dell’aviaria in Grecia”,
ha però spiegato la portavoce della Commissione UE, Pia Ahrenlink.
I ministri della Salute della UE si incontrano oggi a Londra per discutere dei piani
d’emergenza in caso di diffusione della pandemia.
L’economia cinese continua a crescere a pieni ritmi,
nonostante i pronostici degli economisti che avevano previsto
un rallentamento di fine anno. Nei primi nove mesi del 2005 la crescita del Pil cinese ha raggiunto il 9,4 per cento.
Sale tragicamente il bilancio delle vittime del terremoto dello scorso 8 ottobre in Pakistan. Secondo
quanto affermato stamattina dal capo pakistano delle operazioni di soccorso,
sono oltre 49 700 i morti, mentre i feriti sono arrivati a 74 mila. “Una
situazione peggiore di quella che ha seguito lo tsunami dello scorso dicembre” ha detto il responsabile ONU
per l’emergenza, Jan Egeland, che ha aspramente criticato la lentezza dei
soccorsi. Secondo l’ONU, i fondi per
l’emergenza sono ancora troppo pochi e l’organizzazione logistica
è stata fino ad ora un vero incubo.
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