RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 293 - Testo della trasmissione di giovedì 20  ottobre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

I lavori del Sinodo in dirittura d’arrivo: stasera, in aula Paolo VI, concerto in onore di Benedetto XVI: le testimonianze del patriarca Michel Sabbah e di mons. John Onayekan

 

Il Papa ha dato il suo assenso all’elezione canonicamente fatta dal Sinodo della Chiesa greco-melkita cattolica del reverendo padre Georges Bakouny ad arcivescovo di Tiro (Libano) dei greco-melkiti cattolici

 

Domenica prossima il Papa proclamerà 5 nuovi santi, tra cui il gesuita cileno Alberto Hurtado Cruchaga: “Il povero – diceva – è Cristo”. Intervista  con il padre Paolo Molinari

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La ‘ndrangheta ha voluto umiliare questa terra. Così il vescovo di Locri ai funerali del politico calabrese Francesco Fortugno, ucciso domenica: ce ne parla mons. Giancarlo Maria Bregantini

 

Rappresentanti dell’agenzia ONU per i rifugiati avranno una presenza costante nei centri di permanenza temporanea di Lampedusa e del sud Italia: è il frutto dell’incontro, ieri a Roma, tra l’Alto commissario ONU, Guterres, con i ministri degli Esteri e degli Interni italiani: con noi Antonio Guterres e Laura Boldrini

 

La prossima settimana si discute in sede di Unione Europea sui dossier che riguardano Romania e Bulgaria: Paesi candidati ad entrare il 1 gennaio 2007 che forse, però, non hanno ancora tutte le carte in regola : intervista con Valery Marinov

 

CHIESA E SOCIETA’:

Per la conclusione dell’Anno dell’Eucaristia si terrà il prossimo 29 ottobre a Cafarnao, in Terra Santa, una celebrazione incentrata sul tema ‘Io sono il pane della vita’

 

Almeno 20 mila bambini sono ‘venduti’ ogni anno, in Etiopia, per uno o due euro

 

Cresce l’attesa a Francoforte per la prossima apertura al pubblico della ‘Buchmesse’, la fiera del libro più grande del mondo, inaugurata ieri e dedicata, quest’anno, alla Corea

 

Presentata a Seoul, dopo 17 anni di lavori, la Seonggyeong, prima Bibbia in lingua coreana scritta da soli cattolici

 

In Colombia indigeni occupano diverse terre nella regione del Cauca rivendicando circa 12 mila ettari

 

Presentato a Sydney il libro del presidente emerito del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, cardinale Edward Cassidy, su ecumenismo e dialogo interreligioso

 

24 ORE NEL MONDO:

Forte impatto emotivo sulla popolazione in Iraq del processo a Saddam iniziato ieri e rimandato. Nuove violenze, mentre resta incerta la sorte del giornalista irlandese rapito ieri

Alla Casa Bianca l’incontro tra George Bush e il presidente palestinese Abu Mazen per rilanciare la pace in Medio Oriente.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

20 ottobre 2005

 

 

I LAVORI DEL SINODO IN DIRITTURA D’ARRIVO.

QUESTA SERA, IN AULA PAOLO VI, GRANDE CONCERTO IN ONORE DI BENEDETTO XVI.

DALLA TERRA SANTA E DALL’AFRICA, LE TESTIMONIANZE

DEL PATRIARCA MICHEL SABBAH E DEL PRESIDENTE DEL SECAM, MONS. ONAYEKAN

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

L’XI assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi sull’Eucaristia è ormai alle battute finali. Mentre i relatori dei Circoli minori studiano assieme al segretario speciale gli emendamenti collettivi alle proposizioni svolte dal relatore generale, i padri sinodali hanno potuto alleviare ieri sera le fatiche dell’assise assistendo alla proiezione in anteprima del film tv “San Pietro”, realizzato dal regista Giulio Base e prodotto dalla Lux Vide, che Raiuno trasmetterà lunedì e martedì prossimi.

 

Questa sera, alle 18.00, sarà invece la volta del concerto in onore di Benedetto XVI in Aula Paolo VI: le esecuzioni si apriranno con brani, tra gli altri, di Pierluigi da Palestrina, Felix Mendelssohn e del fratello del Pontefice, Georg Ratzinger, eseguiti dai Piccoli Cantori di Ratisbona, sotto la direzione di Roland Büchner. La bacchetta passerà quindi al berlinese Christian Thielemann, che dirigerà brani di Mozart e Liszt, interpretati dai Piccoli Cantori con l'Orchestra Filarmonica di Monaco di Baviera, che interpreterà un’opera di Wagner.

 

Intanto, in attesa del voto di sabato che concluderà i lavori del Sinodo e della pubblicazione del Messaggio finale, il dibattito dell’assemblea ha posto in primo piano, con differenze evidenti da nazione a nazione, il rapporto che lega la celebrazione dell’Eucaristia alle situazioni ecclesiali e sociali dei singoli Paesi. Ne è un esempio la testimonianza del Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Michel Sabbah, raccolta da Giovanni Peduto:

 

**********

R. – L’approfondimento spirituale e teologico del sacramento dell’Eucaristia è certamente l’aspetto principale di questo Sinodo. Ci sono tante situazioni concrete che riguardano le varie Chiese, punti concreti, punti difficili da poter rinnovare. Su tutto, comunque, c’è l’attenzione della Chiesa, come per i casi dei divorziati risposati, o per altri fatti simili che attirano l’attenzione: il cuore della Chiesa è molto solidale con tutta la sofferenza spirituale che possono avere queste persone.

 

D. – Spostiamoci nella situazione mediorientale. La sua riflessione…

 

R. – La mia riflessione, la mia prima osservazione per quello che riguarda Gerusalemme, è che l’Eucaristia è stata istituita da nostro Signore Gesù Cristo a Gerusalemme, nel Cenacolo: questo fatto è un segno, un simbolo, che vuol dire tante cose. Là dove l’Eucaristia è stata istituita non c’è presenza eucaristica. E questo per me fa parte di tutto il mistero di Gerusalemme, che rimane una piccola Chiesa, una Chiesa di testimoni o di pellegrinaggi, ma non una Chiesa che diffonde la sua grazia a tutto il Paese. C’è, dunque, un vuoto o forse una non accoglienza del mistero di Dio in questa Terra Santa. Comunione, amore, perdono sono significati contenuti nell‘Eucaristia, eppure mancano in Terra Santa nei rapporti tra le persone di tutte le religioni e tra i due popoli, palestinesi e israeliani. C’è un bisogno della presenza di Dio in tutto questo conflitto. I responsabili politici devono avere coscienza, devono aprire gli occhi sul fatto che in Terra Santa la storia non si fa solo con gli uomini, non si fa solo con i capi politici. Dio è presente e, dunque, i capi politici devono avere più coscienza della presenza del mistero di Dio in questa terra. Altrimenti il conflitto va avanti: ci sono periodi di calma, come in questi giorni, altri periodi di violenza, ma il vero cammino verso la pace non è ancora iniziato in modo decisivo.

**********   

 

A ovest della Terra Santa, le Chiese africane devono fare i conti con la necessità dell’inculturazione dell’Eucaristia nelle tradizioni tribali, come pure della miseria e delle guerre che affliggono ancora troppe aree del continente. Sfide antiche e attuali, sulle quali fa il punto, al microfono di Giovanni Peduto, l’arcivescovo di Abuja, in Nigeria, mons. John Onayekan, presidente del SECAM, il Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar:

 

**********

R. – La prima sfida è che, se l’Eucaristia si fa principalmente attraverso la celebrazione della Messa, quando una persona si trova in un luogo in cui non è possibile celebrare la Messa, c’è un problema. Per esempio, quasi tutte le diocesi africane si trovano in una situazione in cui il numero dei sacerdoti non è sufficiente a coprire tutte le richieste di celebrazione della Messa. Un deficit aggravato dal problema pratico delle distanze tra un piccolo villaggio e l’altro, che a volte costringe a percorrere di cento chilometri all’interno della stessa parrocchia. A questo, si deve aggiungere la povertà generale delle nostre chiese, il che vuol dire che non è nemmeno sempre facile avere la macchina per compiere questi viaggi. Inoltre, si sente dire che in Africa abbiamo tante vocazioni, il che è vero, e ne ringraziamo il Signore. Si può dire che, a confronto di 10, 20 anni fa, abbiamo molti più sacerdoti adesso, con i seminari generalmente, pieni in molte zone. Ma anche qui non mancano i problemi. Prendiamo l’esempio della Nigeria, dove abbiamo seminari che arrivano a 500-600 alunni: le esigenze dei sacerdoti sono così grandi, che non riusciamo ancora a soddisfarle tutte. Altra sfida per l’Africa, poi, è che l’Eucaristia si celebra con grande gioia. I fedeli vanno volentieri a Messa, ogni domenica, ma non siamo ancora riusciti,  e non solo in Africa ma anche altrove, ad assicurare che la vita del cristiano sia sufficientemente coerente con quello che vuol dire l’Eucaristia, cioè una vita di comunione con Dio e con i fratelli, il senso di essere membri della stessa famiglia di Dio, che è la Chiesa. Questo vuol dire che tutti noi abbiamo un lavoro da compiere.

**********

 

 

LE UDIENZE DEL SANTO PADRE

 

Benedetto XVI ha ricevuto stamane in udienza i cardinali: Nasrallah-Pierre Sfeir, Patriarca di Antiochia dei Maroniti, in Libano; Varkey Vithayathil, arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi, in India; Miguel Obando Bravo, arcivescovo emerito di Managua, in Nicaragua; Janis Pujats, arcivescovo di Riga, in Lettonia; Paul Shan Kuo-hsi, vescovo di Kaohsiung, in Taiwan; Marc Ouellet, arcivescovo di Quebec, in Canada; Joseph Powathil, arcivescovo di Changanacherry dei Siro-Malabaresi, in India.

 

 

IL PAPA HA DATO IL SUO ASSENSO ALL’ELEZIONE CANONICAMENTE FATTA DAL SINODO DELLA CHIESA GRECO-MELKITA CATTOLICA DEL REVERENDO PADRE GEORGES BAKOUNY  AD ARCIVESCOVO DI TIRO (LIBANO) DEI GRECO-MELKITI CATTOLICI

 

Sempre oggi il Santo Padre ha concesso il suo assenso all’elezione canonicamente fatta dal Sinodo della Chiesa Greco-Melkita cattolica, riunitosi a Ain Traz (Libano) dal 20 al 27 giugno 2005, del reverendo padre  Georges Bakouny, ad arcivescovo di Tiro (Libano) dei greco-melkiti cattolici.

 

Il reverendo Bakouny è nato il 16 maggio 1962 a Ain el-Roummaneh (Beirut). Nel 1985 ha conseguito la laurea in Scienze finanziarie all’Università di Stato Libanese. Entrato nel Seminario Sant’Anna di Raboué nel 1990, ha compiuto gli studi filosofici e teologici presso l’Istituto S. Paolo a Harissa-Libano; ordinato sacerdote nel 1995 per l’Arcieparchia di Beirut e Jbeil (Biblos), ha svolto il ministero sacerdotale dal 1995 al 2004 a Bikfayya ed a Sant’Anna di Raboué. Dal 1998 al 2004 è stato Assistente dell’Economo Generale dell’Arcieparchia di Beirut e Jbeil. Attualmente è parroco a Safra-Jbeil; coordinatore della pastorale giovanile per la medesima Arcieparchia e Direttore della pastorale giovanile universitaria per le facoltà di Architettura e Medicina all’Università Libanese.

 

                                 

IL DOTT. ALBERTO GASBARRI ASSUME LA RESPONSABILITA’ ORGANIZZATIVA

DEI VIAGGI APOSTOLICI. SUCCEDE, PRIMO LAICO IN QUESTO INCARICO,

ALL’ARCIVESCOVO RENATO BOCCARDO

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

         Sarà il dott. Alberto Gasbarri, direttore amministrativo e direttore tecnico ad interim della Radio Vaticana, il nuovo organizzatore dei viaggi del Papa. La nomina pontificia è stata resa nota il 14 ottobre scorso dal cardinale Segretario di Stato, Angelo Sodano, con una lettera inviata ai capi dicastero e alle diverse autorità vaticane. Alberto Gasbarri, primo laico a ricoprire il prestigioso incarico, succede all’arcivescovo Renato Boccardo, attuale segretario generale del Governatorato.

 

Impegnato fin dal 1982 nella preparazione dei viaggi apostolici, prima come assistente del cardinale Roberto Tucci e poi di mons. Boccardo, il dott. Gasbarri conosce a fondo tutte le problematiche connesse alle trasferte pontificie e “potrà collaborare molto efficacemente – informa una nota della Radio Vaticana - per tutti gli aspetti di carattere organizzativo con i nunzi, rappresentanti diplomatici pontifici nei diversi Paesi, in occasione della preparazione dei viaggi. La Radio Vaticana – conclude la nota - si rallegra per la nuova prova di fiducia che il dott. Gasbarri ha ricevuto dal Santo Padre con l’affidamento di questo compito delicato e particolarmente vicino a lui”.

 

 

DOMENICA PROSSIMA IL PAPA PROCLAMERA’ 5 NUOVI SANTI,

TRA CUI IL GESUITA CILENO ALBERTO HURTADO CRUCHAGA:

“IL POVERO – DICEVA – E’ CRISTO”

- Intervista con il padre Paolo Molinari -

 

Domenica prossima il Papa proclamerà 5 nuovi Santi: tra questi figura il padre gesuita cileno Alberto Hurtado Cruchaga, vissuto nella prima metà del 1900. Il religioso ha maturato la sua fede durante un’infanzia passata in povertà. Orfano di padre a quattro anni, la madre è costretta a vendere tutto per i debiti, e si ritrova senza casa. Diventato avvocato entra nella Compagnia di Gesù a 22 anni. Quindi studia in Argentina, Spagna e Belgio. Tornato in Cile come stimato professore di pedagogia all’Università Cattolica si lancia nel sociale per portare ai poveri non solo aiuto, ma anche dignità, speranza e affetto: “non solo un luogo in cui vivere – diceva – ma un vero focolare domestico”. Ascoltiamo in proposito il postulatore della Causa di Canonizzazione, padre Paolo Molinari, intervistato da Giovanni Peduto:

 

**********

R. –  Io mi rifaccio al 1936, l’anno del suo ritorno in Cile. Il padre Hurtado allora con grande realismo si rese conto della situazione del suo Paese, da cui era stato assente da quasi dieci anni: come in tanti altri Paesi dell’America Latina di quell’epoca, esisteva una notevole sproporzione nel modo in cui la ricchezza era distribuita fra le diverse classi sociali. Ciò che fin dal primo momento ferì duramente il suo cuore di sacerdote fu il vedere il gran numero di bambini e ragazzi che vivevano nelle strade, passavano la notte sotto i ponti, ragazzi senza casa, senza tetto, nella miseria, e perciò esposti ad ogni forma di sfruttamento. Con l’andare del tempo si rese conto del problema del lavoro minorile, che era largamente diffuso, cioè l’abuso che veniva fatto dei giovani, di chi non aveva la possibilità e né sapeva come difendersi. C’era pure la tragedia del modo in cui erano trattate le persone a servizio domestico. Lui stesso aveva scritto la sua tesi di laurea proprio su questo aspetto. Su un più vasto livello c’era la situazione degli operai impegnati in ogni settore di attività produttiva. Anche questi ultimi non ricevevano una giusta remunerazione che permettesse loro di mantenere la famiglia e vivere degnamente. Ad essi poi non veniva offerta nessuna sicurezza per il futuro, perché non c’era nessun provvedimento di ordine sociale, a livello governativo. Nella politica poi, in generale, la tendenza prevalente era quella di far sì che le cose restassero così. Hurtado era molto stimato ed ammirato come professore ma, svolgendo tale incarico, si dedicò al servizio dei poveri e dei bambini e nel 1944, con l’attiva collaborazione di laici, diede avvio al ben noto “Hogar de Cristo”, il focolare di Cristo, cioè quella forma di attività caritativa che aiuta i bambini e gli anziani senza tetto dando loro non solo un posto in cui vivere, ma un autentico focolare domestico.

 

R. – Padre Molinari, qual è la caratteristica principale della santità del nostro nuovo Santo?

 

D. – Fu veramente un innamorato di Cristo, questa è la nota fondamentale da cui tutto proviene. Hurtado si lasciò affascinare da Gesù, come avvenne proprio con i discepoli, e si lasciò conquistare dal suo modo di pensare e di vivere, i quali divennero in maniera sempre crescente parte del suo essere. Per il padre Hurtado, l’Eucaristia era il centro della vita e dell’apostolato, perché nell’Eucaristia egli sapeva di incontrare la persona di nostro Signore Gesù Cristo di cui era veramente innamorato. E nel celebrare l’Eucaristia egli si associava al sacrificio del Redentore, e alimentandosi del suo Corpo e del suo Sangue riceveva da Lui la forza di donarsi alla gente e attuare il mandato del Signore: “Fate questo in memoria di me”. E’ proprio per questo che Hurtado ebbe la capacità e la forza di spendersi interamente senza nulla ritenere per sé e si consumò nel servizio degli altri. Padre Hurtado diceva: “La Messa è la mia vita e la mia vita è un prolungamento della Messa”.

 

D. – In sintesi, il messaggio all’uomo di oggi di padre Hurtado

 

R. – Credo che il messaggio di padre Hurtado sia molto semplice e molto chiaro e molto forte anche. Vuol dire essere animati dal vero amore che dà a Dio ciò che a Lui è dovuto. Quindi Dio ha la priorità assoluta e ci si rivolge al prossimo, specialmente agli abbandonati e ai poveri, perché come diceva padre Hurtado: “Il povero è Cristo”.

**********  

 

 

=======ooo=======

 

 

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l’Iraq, dove non si arrestano le violenze; a Baghdad un razzo ha colpito una scuola elementare uccidendo quattro bambini.

 

Servizio vaticano – L’articolo del nostro inviato Nicola Gori sui funerali, a Lapio, del cardinale Giuseppe Caprio, un missionario nel cuore della Chiesa.

Due pagine dedicate al cammino della Chiesa in Italia.

 

Servizio estero – L’intervento dell’arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’ONU a New York, nell’ambito del terzo Comitato dell’Assemblea Generale: “Consolidare il ruolo insostituibile della donna per lo sviluppo e il benessere della famiglia e della società”.  

Per la rubrica dell’“Atlante geopolitica” un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo “Iraq: il coraggio di un popolo”.

 

Servizio culturale - Un articolo di Luciana Frapiselli dal titolo “L’‘architetto della poesia’”: un convegno ed una mostra ricordano il centenario della nascita di Mario dell’Arco.

 

Servizio italiano - In rilievo il tema della devolution

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

20 ottobre 2005

 

 

“LA 'NDRANGHETA HA VOLUTO UMILIARE QUESTA TERRA”:

 COSI’ IERI IL VESCOVO DI LOCRI – GERACE, MONS. GIANCARLO MARIA BREGANTINI.

AI FUNERALI DI FRANCESCO FORTUGNO, UCCISO DOMENICA SCORSA

- Intervista con mons. Giancarlo Maria Bregantini -

 

Almeno otto mila persone hanno partecipato ieri, a Locri, ai funerali di Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio regionale calabrese ucciso domenica scorsa. Il ministro dell’Interno italiano, Giuseppe Pisanu, ha confermato stamani che si è trattato di un delitto di stampo mafioso e ha detto che servono risposte non emotive ma dure. Nell’omelia, il vescovo di Locri-Gerace, mons. Giancarlo Maria Bregantini, ha sottolineato ieri che l’omicidio di Fortugno non deve essere subito ma trasformato. Ma in che modo? Ascoltiamo proprio il presule intervistato da Amedeo Lomonaco:

 

**********

R. – Attraverso una “presa di coscienza” che passa tramite tre scelte: una Chiesa più profetica; una società meno assistita e più consapevole; una politica più attenta alle esigenze della gente e più capace di vegliare sul cammino del denaro, in modo da orientare il cammino per il bene di tutti.

 

D. – Queste scelte fondamentali sono, dunque, l’annuncio, la denuncia e la rinuncia…

 

R. – Io ho indicato la bellissima omelia del Papa Benedetto XVI sulla spianata di Marienfeld ai giovani: bisogna inchinarsi a Cristo, non ai potenti, non ai mafiosi, non a chi ti offre un posto; bisogna denunciare, con coraggio, soprattutto dove c’è l’usura. E poi bisogna saper rinunciare.

 

D. – Le opzioni criminali sono invece l’intimidazione, la violenza e il controllo del territorio. Perché in Calabria questo iter criminale viene percorso da molti malavitosi?

 

R. – Questa è una domanda amara, perché purtroppo questa è la situazione della Calabria. Per tante ragioni che affondano in una storia antichissima di abbandono e di dimenticanza di questa terra. E poi per il clima di paura che la mafia crea e che a sua volta dà spazio alla mafia. Lentamente si sta cercando di uscire da questa situazione. I germogli ci sono e sono molto positivi, ma non sono ancora adeguati per fare un salto definitivo.

 

D. – La ‘ndrangheta vuole, dunque, dominare e sottomettere la politica. E il mondo politico come reagisce?

 

R. – Ieri ha reagito benissimo. C’è stata la solidarietà di tutta l’Italia. Siamo stati veramente consapevoli che la politica ha voluto dire di ‘no’ a questi atti di intimidazione, al punto tale che questo gesto potrebbe alla fine rivelarsi un ‘autogol’ della mafia stessa, se noi saremo in grado di reagire positivamente alla violenza subita.

 

D. – Lei ha indicato nella purificazione socio-culturale, frutto maturo della purificazione spirituale, la leva per superare il circolo vizioso dell’assistenzialismo e della speculazione…

 

R. – Ritengo che la mentalità assistenzialistica, prodotta da tante situazioni assurde, specie in Calabria e in certe zone come la nostra, abbia devastato la cultura etica: la cultura dell’impegno, del lanciarsi nella sfida, dell’essere capaci di prendere le proprie responsabilità e di non additare gli altri. Non basta dire ‘voi’, bisogna dire ‘noi’. Non basta dire ‘tu’, ma ‘io’. La vera risposta alla mafia è questa presa di coscienza della logica etica positiva.

 

D. – La ‘ndrangheta, realtà calabrese e italiana, è anche la metafora di un mondo ingiusto…

 

R. – Si potrebbe chiamare terrorismo mafioso. Come c’è il terrorismo in Iraq o in altre zone del mondo, c’è questo terrorismo, che va combattuto insieme.

**********         

 

        

RAPPRESENTANTI DELL’AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI AVRANNO UNA PRESENZA

 COSTANTE NEI CENTRI DI PERMANENZA TEMPORANEA DI LAMPEDUSA E DEL SUD ITALIA: E’ IL FRUTTO DELL’INCONTRO, IERI A ROMA, TRA L’ALTO COMMISSARIO ONU, GUTERRES,  CON I MINISTRI DEGLI ESTERI E DEGLI INTERNI ITALIANI

- Con noi Antonio Guterres e Laura Boldrini -

 

Garantire i diritti e la dignità delle persone che raggiungono l’Italia per chiedere asilo. Questo il tema dell’incontro a Roma tra l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Antonio Guterres; il ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini, e il ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu. In base agli accordi raggiunti, i rappresentanti dell’agenzia delle Nazioni Unite avranno una presenza costante all’interno dei centri di permanenza temporanea di Lampedusa e del sud Italia. Sempre ieri, nel pomeriggio, l’Alto Commissario ONU è stato ricevuto dal presidente della Repubblica Ciampi. Il servizio è di Stefano Leszczynski:

 

*********

Tra il governo italiano e l'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati si apre "un capitolo nuovo" dopo le polemiche sulla possibilità dell'agenzia internazionale di accedere ai centri di permanenza temporanea per immigrati, in particolare quello di Lampedusa. L’Agenzia delle Nazioni Unite avrà insieme con la Croce Rossa e l'Organizzazione internazionale delle migrazioni "un accesso pieno e una presenza permanente" nella struttura di Lampedusa che rimane, comunque, - nel giudizio dell’Alto Commissario Guterres - un'area non adatta all’espletamento delle procedure per l’esame della domanda d’asilo. L’Alto Commissario, inoltre, ha chiesto all’Italia di rispettare i principi internazionali a tutela dei richiedenti asilo ed in particolare il principio del non respingimento verso Paesi che non sono considerati sicuri. Senza entrare nel merito degli accordi italo-libici sul rimpatrio dei clandestini, Guterres ha comunque ribadito che, secondo l’agenzia dell’ONU, la Libia non può essere considerato un Paese in grado di fornire sufficienti garanzie di tutela nei confronti dei richiedenti asilo:

 

“LYBIA IS NOT A SAFE DESTINATION FOR REFUGEES…”

 

Per le Nazioni Unite tuttavia il problema del controllo delle frontiere comuni e della gestione dei flussi verso l’Europa deve essere condiviso dall’intera Unione con maggiore consapevolezza e non può essere affidato unicamente a Paesi di frontiera, come l’Italia e Malta. Tuttavia, la situazione italiana resta complessa come ci spiega Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato in Italia:

 

“In Italia, purtroppo, non c’è una legge organica sull’asilo. Questa è un carenza antica e le conseguenze di questo ricadono sui richiedenti asilo, sugli operatori ma anche sulle stesse forze dell’Ordine. Per cui sarebbe auspicabile che si giungesse quanto prima a questa legge”.

 

In Italia i rifugiati sono circa 15 mila, ma nel mandato dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite rientrano anche i richiedenti asilo, i rifugiati rimpatriati, gli apolidi e una parte degli sfollati di tutto il mondo per una cifra complessiva di 9,2 mln di persone:

 

“Non dobbiamo in qualche modo perorare questa causa della crisi da assedio o del fatto che vengono tutti in Italia. Non è così, ci sono Paesi europei dove il numero è ben più alto. Quindi, si tratta di considerare il fenomeno e di governarlo senza considerarsi abbandonati dal resto dell’Europa”.

**********

 

 

LA PROSSIMA SETTIMANA SI DISCUTE IN SEDE DI UNIONE EUROPEA SUI DOSSIER

CHE RIGUARDANO ROMANIA E BULGARIA: PAESI CANDIDATI AD ENTRARE IL 1 GENNAIO 2007 CHE FORSE, PERO’, NON HANNO ANCORA TUTTE LE CARTE IN REGOLA.

PARLIAMO OGGI DI BULGARIA

- Intervista con Valery Marinov -

 

La prossima settimana l’Unione Europea farà il punto dei dossier che riguardano Romania e Bulgaria, Paesi candidati ad entrare a far parte dell’Unione il 1 gennaio 2007. Delle speranze ed attese della Romania abbiamo parlato la settimana scorsa. Oggi ci occupiamo della Bulgaria, Paese che si estende a sud est dell’Europa  su un territorio di quasi 111 km2 e che conta quasi 8 milioni di abitanti. Confina con Romania, Grecia, Turchia, alcuni Paesi Balcanici e il Mar Nero. L’alfabeto è cirillico. Per quanto riguarda la religione, i cristiani ortodossi sono l’85% della popolazione, i musulmani il 13% e i cattolici l’1%.

 

A proposito dell’entrata ufficiale nell’Unione Europea, si parla di un possibile slittamento di un anno perché ci sarebbero standard richiesti dall’UE che la Bulgaria stenta a raggiungere. In particolare, in tema di corruzione. Ma quali misure ha preso il governo? E potranno soddisfare i criteri dell’UE? Risponde Valery Marinov, giornalista della TV bulgara BTV, raggiunto telefonicamente da Fausta Speranza a Sofia: 

 

**********

R. – I DO HOPE WHATEVER…

Spero davvero che qualsiasi cosa il governo faccia, questo rispetti i criteri dell’Unione Europea, perché la corruzione è un serio problema che ha messo in pericolo un po’ tutto l’assetto. Nessuno vuole la corruzione, perché influenza in maniera negativa gli affari, le iniziative imprenditoriali e la possibilità per le persone di ottenere lavori migliori, cose a loro volta importanti. Non vorremmo si arrivasse al caso di dover pagare qualcuno per avere un buon lavoro.

 

D. – Quali altri campi sono critici, secondo lei, o hanno bisogno di essere affrontati per permettere l’entrata del Paese nell’Unione Europea?

 

R. – BASICLY, THE MOST…

Di base, gli aspetti più delicati sono quelli giudiziari. Durante l’ultima visita del commissario dell’Unione Europea per l’allargamento, il signor Olli Rehn, il Parlamento ha votato per un nuovo codice penale necessario per poter raggiungere i requisiti europei. Quindi, la Bulgaria ha fatto ciò che è stato richiesto dall’Unione. Speriamo questo funzioni e dia buoni risultati. Anche se bisogna dire questa legge sarà attiva entro sei mesi.

 

D. – Quali sono le speranze dei bulgari riguardo all’entrata nell’Unione Europea e cosa pensano dell’Unione Europea in generale?

 

R. – THE EUROPEAN UNION

L’Unione Europea, per buona parte della popolazione, è più o meno una nuova speranza per ottenere standard di vita migliori, per abbassare il numero dei disoccupati e aumentare le opportunità di lavoro. Quindi: migliori condizioni di vita, più lavoro e migliori opportunità di lavoro. Riguardo alle speranze della gente è stata fatta una ricerca, un sondaggio interessante, diversi mesi fa, secondo il quale la maggior parte della popolazione considerava l’entrata nell’Unione Europea come una cosa utile, che avrebbe cambiato la sua vita in meglio. Allo stesso tempo, però, curiosamente e paradossalmente, la maggior parte della popolazione non pensava che avrebbe influenzato il suo modo di vivere. Quindi, sperava che la sua vita sarebbe cambiata in meglio, ma non pensava che questi cambiamenti l’avrebbero influenzata personalmente.

 

D. – Pensa che la popolazione bulgara conosca abbastanza l’Europa? 

 

R. – MANY PEOPLE HAVE NOW…

Molte persone oggi hanno l’opportunità di viaggiare, di vedere l’Unione Europea, per svariate ragioni, per turismo o qualsiasi altra questione li porti nell’Unione Europea a vedere come la gente vive. Lo so per esperienza personale e non perché riportato da altri. Quindi, la gente è interessata ad avere una propria esperienza personale dell’Europa. C’è poi quello che Bruxelles potrebbe fare che per la gente è importante. Per esempio, la questione del visto che permetterà alle persone di viaggiare più facilmente e dare loro l’opportunità di conoscere l’Europa. D’altra parte, al momento le decisioni amministrative di Bruxelles non sono per le persone tanto importanti da influenzare le loro vite. Più decisioni si prenderanno, tali da influenzare le vite della gente in maniera positiva, meglio sarà per Bruxelles.

**********  

 

=======ooo=======

 

 

CHIESA E SOCIETA’

20 ottobre 2005

 

 

PER LA CONCLUSIONE DELL’ANNO DELL’EUCARISTIA,

SI TERRÀ IL PROSSIMO 29 OTTOBRE A CAFARNAO, IN TERRA SANTA,

UNA CELEBRAZIONE INCENTRATA SUL TEMA ‘IO SONO IL PANE DELLA VITA’

 

CAFARNAO. = “Io sono il pane della vita”. E’ questo il tema scelto dalla Custodia di Terra Santa per la celebrazione che si terrà a Cafarnao il prossimo 29 ottobre, a conclusione dell’Anno dell’Eucaristia. Dobbiamo imparare a spezzare il pane non solo con i pochi cristiani che sono qui, ma anche con gli ebrei e i musulmani, spiega all’Agenzia SIR il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa. “Spero – aggiunge - che quest’anno ci abbia insegnato a tornare alle origini, a Gesù, al mistero dell’Eucaristia, all’adorazione”. La nostra vita – spiega padre Pizzaballa - deve diventare una conseguenza di questa adorazione del Signore che si fa pane. “Niente di ciò che facciamo – precisa il custode di Terra Santa - ha valore se non è fondato sull’adorazione e sulla presenza eucaristica”. Anche qui – avverte padre Pizzaballa - c’è il rischio di dimenticarsi di queste origini. La scelta di Cafarnao non è casuale: molti anni prima che la Custodia vi costruisse il convento, i frati di Terra Santa venivano qui in pellegrinaggio quando in tutta la Chiesa Cattolica di rito latino riceveva larga eco il discorso di Gesù sul pane della vita. Ed è proprio in continuità con questa vivente tradizione che la Custodia di Terra Santa, a conclusione dell’Anno dell’Eucaristia, ha promosso questa celebrazione. “Possa ravvivare – conclude padre Pizzaballa - in quanti vi partecipano la certezza che qui, una volta per sempre, a tutti Gesù ha detto: Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete”. (A.L.)

 

 

ALMENO 20 MILA BAMBINI SONO ‘VENDUTI’ OGNI ANNO, IN ETIOPIA,

PER UNO O DUE EURO. LO RIVELA L’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE

PER LE MIGRAZIONI CHE DENUNCIA IL DRAMMATICO E CRESCENTE TRAFFICO

DI ESSERI UMANI NEL PAESE AFRICANO

 

ADDISA ABEBA. = Vite vendute per uno o due euro. E’ la triste sorte che tocca ad almeno 20 mila bambini o adolescenti ogni anno in Etiopia. Lo ha reso noto ieri, ad Addis Abeba, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM). La tragedia colpisce, soprattutto, bambini e ragazzi di un’età compresa tra i 10 e i 18 anni che provengono da famiglie poverissime. Secondo lo IOM, due terzi di questo turpe commercio è organizzato da trafficanti che promettono ai genitori di far lavorare o studiare i loro figli. Ma dietro queste parole si cela un drammatico inganno. I ragazzi vengono spesso sfruttati e trattati come schiavi e le adolescenti vengono nella maggioranza dei casi costrette a prostituirsi. Un altro agghiacciante dato rivela che in un terzo dei casi sono i membri della stessa famiglia ad essere coinvolti nel traffico. Un altro triste dato riguarda il crescente numero di donne etiopi costrette a prostituirsi: secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, sono almeno 10 mila quelle condotte, con la forza o con l’inganno, nei Paesi arabi. In questi Stati una giovane etiope – denuncia lo IOM – viene ‘venduta’ per 800 euro. In Etiopia l’85 per cento della popolazione, circa 71 milioni, sopravvive con un’agricoltura di sussistenza. Il reddito medio annuo nel Paese africano è di circa 100 dollari. (A.L.)

 

 

CRESCE L’ATTESA A FRANCOFORTE PER LA PROSSIMA APERTURA AL PUBBLICO

DELLA ‘BUCHMESSE’, LA FIERA DEL LIBRO PIU’ GRANDE DEL MONDO INAUGURATA IERI

E DEDICATA, QUEST’ANNO, ALLA COREA

- A cura di Giovanni Del Re -

 

**********

FRANCOFORTE. = Oltre mille gli autori presenti, tra cui star come Ken Follet e il fisico inglese Steven Hawking. Solo il primo giorno, già oltre 10 mila visitatori hanno visitato la Fiera, ma la massa arriverà nel fine settimana, quando la “Buchmesse” sarà aperta al pubblico. Ma la grande attrazione è il Paese ospite di quest’anno, la Corea, che inventò la stampa nel XIV secolo, prima di Gutenberg. Una scelta complessa, quella di invitare la Corea: gli organizzatori non sono infatti riusciti a convincere la Corea del Nord, nonostante i grandi sforzi. Ci sarà dunque solo la parte del Sud, anche se saranno presenti pubblicazioni dell’altra parte della penisola, mentre i 40 autori coreani presenti vengono tutti dalla parte meridionale. “Siamo tristi – ha detto Ko Un, il più celebre poeta e scrittore coreano – ma ci consoliamo della presenza di letteratura nord-coreana accanto alla nostra”. Martedì, giorno della cerimonia di inaugurazione, inoltre, il premier di Seoul, Lee Hae Chan, aveva lamentato la perdurante separazione tra Occidente e Oriente, divisi ancora –diceva – da una solida parete.

**********

 

 

PRESENTATA A SEOUL, DOPO 17 ANNI DI LAVORI, LA SEONGGYEONG,

PRIMA BIBBIA IN LINGUA COREANA SCRITTA DA SOLI CATTOLICI

 

SEOUL. = Dopo 17 anni di lavoro è stata presentata, a Seoul, in Corea del Sud, la prima traduzione della Bibbia in lingua coreana (“Seonggyeong”) scritta interamente da cattolici. Alla presentazione, svoltasi nei giorni scorsi, hanno partecipato i vescovi della Conferenza episcopale coreana. Alla cerimonia hanno assistito circa 200 persone fra studiosi delle Sacre scritture, esperti di lingua coreana e leader protestanti. “La Bibbia è la parola di Dio scritta con l’ispirazione dello Spirito Santo e credo che anche i 17 anni di sforzi per completare questa traduzione siano stati guidati dallo Spirito Santo”. Con queste parole il presidente della Conferenza episcopale, mons. Andreas Choi Chang-mou, ha dato inizio alla presentazione della “Seonggyeong”. L’arcivescovo emerito di Seoul, il cardinale Stephen Kim, ha reso omaggio, durante il suo intervento, a padre Joseph Im Seung- pil, che ha dedicato la sua vita alla traduzione della Bibbia e che è morto nel 2003. Il segretario generale della Società biblica coreana, invece, ha voluto sottolineare alcuni cambiamenti rispetto alle traduzioni precedenti come per esempio “Junim” (Dio) al posto di “Yahweh”, o il titolo che, letteralmente, significa Sacra scrittura. (R.R.) 

 

 

IN COLOMBIA INDIGENI OCCUPANO DIVERSE TERRE NELLA REGIONE DEL CAUCA

RIVENDICANDO  CIRCA 12 MILA ETTARI

 

BOGOTÀ. = Circa 17 mila indigeni Guambianos hanno ripreso l’occupazione di alcune proprietà agricole in quattro comuni della regione del Cauca, nel sud-ovest della Colombia. Già la settimana scorsa la polizia, dopo lunghi scontri, era riuscita a respingere i Guambianos che avevano invaso alcune fattorie. Le autorità locali – riferisce l’agenzia MISNA – avvertono che la situazione “è difficile e rischia di finire fuori controllo”; per questo motivo è stato ordinato il dispiegamento degli agenti antisommossa. Nel dipartimento del Cauca ci sono tre gruppi indigeni - paeces, guambianos e ambaló - che rivendicano circa 12 mila ettari di terra. Il senatore indigeno, Gerardo Jumí, sostiene che diversi anni fa il governo colombiano ha promesso di cedere agli indigeni quei terreni, ma questi hanno ricevuto solo 4 mila ettari. Il ministero dell’Agricoltura e il governatore della regione, Juan José Chaux, hanno ricordato all’agenzia AP che, nella loro regione, gli indigeni sono il 14 per cento della popolazione, ma posseggono il 30 per cento della terra e perciò non possono occupare quelle di altre comunità. I Guambianos si difendono sostenendo che la maggior parte delle loro terre non sono coltivabili, perché si trovano nella selva amazzonica e in zone desertiche. “Non vogliamo colpire piccoli agricoltori, poveri come noi”, prosegue un rappresentante degli indigeni, “chiediamo solo il rispetto dei diritti economici, sociali e culturali delle comunità indigene, afro-colombiane e contadine della regione, già colpite dalla miseria e dalla violenza dei gruppi armati”. (R.R.)      

 

 

PRESENTATO A SYDNEY IL LIBRO DEL PRESIDENTE EMERITO

DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI,

CARDINALE EDWARD CASSIDY,

SU ECUMENISMO E DIALOGO INTERRELIGIOSO

 

SYDNEY. = “Riscoprire il Vaticano II – Ecumenismo e dialogo interreligioso”. E’ il titolo del volume del presidente emerito del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, cardinale Edward Cassidy, presentato oggi nella Grande Sinagoga di Sydney in occasione di una cerimonia interreligiosa nel 40.mo anniversario della dichiarazione conciliare ‘Nostra aetate, promulgata dal Concilio Vaticano II il 28 ottobre del 1965. L’opera del cardinale Cassidy è incentrata sui rapporti della Chiesa con le religioni non cristiane e sul lavoro finora svolto in questo campo. Non avremmo potuto realizzare nessun progresso nel dialogo interreligioso – scrive il proprorato nella presentazione del libro - senza la coraggiosa risposta di leader cristiani, ebrei e musulmani al nuovo approccio della Chiesa cattolica dopo il Concilio Vaticano II. Riferendosi in particolare al dialogo tra cristiani ed ebrei, il cardinale sottolinea come la via ora sia aperta e si possano  consolidare i passi compiuti in uno spirito di amicizia, rispetto reciproco, cooperazione e comprensione. Abbiamo lo stesso Dio – aggiunge il porporato - e i nostri valori morali hanno la stessa fonte nella Torah o nell’antico Testamento e abbiamo la stessa visione del mondo in cui viviamo. A presentare il libro sono stati il cardinale Cassidy ed il presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani e della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo, il cardinale Walter Kasper. (A.L.)

 

 

IN PROGRAMMA A BARI PER QUESTO FINE SETTIMANA IL V MEETING INTERNAZIONALE PER LA PACE FRA LE NAZIONI SUL TEMA “LA LUCE CHE VIENE DALL'ORIENTE”

- A cura di Giovanni Peduto -

 

BARI. = Da domani a domenica prossima Bari ospiterà il V Meeting internazionale per la pace fra le nazioni presso la Fiera del Levante: un’iniziativa della Comunità di Gesù in collaborazione con la Conferenza episcopale pugliese. La Comunità di Gesù è un gruppo del Rinnovamento Carismatico, con sede a Bari, che opera attivamente sul piano ecumenico, sotto la direzione del prof. Matteo Calisi. Il Meeting avrà come oggetto di riflessione la ricerca del dialogo e della comunione con la Chiesa d’Oriente. Nello stesso tempo, si propone di mettere in rilievo i vincoli di comunione che la lega alla Chiesa Cattolica quali l’Eucaristia, il Sacerdozio, la memoria dei Martiri, la grande Tradizione liturgica e spirituale, i Santi Padri, il Monachesimo, ecc. È convinzione di molti credenti che le legittime diversità e il carattere specifico della sviluppo storico non si oppongono affatto all’unità della Chiesa, anzi ne accrescono il decoro e contribuiscono non poco al compimento della sua missione. A seguito dell’allargamento dell’Unione Europea ai Paesi dell’Est Europeo, urge il reciproco scambio di doni e delle ricchezze spirituali fra la Chiesa d’Oriente e d’Occidente, affinché la Chiesa del continente ritorni a respirare con i due polmoni e tutta l’Europa possa riscoprire le proprie radici cristiane. Molti osservatori ecumenici intravedono una nuova stagione per la riconciliazione e il riavvicinamento dei cristiani. Infatti, il Meeting si svolgerà a pochi mesi dalla conclusione dello storico Congresso Eucaristico Nazionale di Bari, dove il Santo Padre Benedetto XVI ha ribadito “la volontà di assumere come impegno fondamentale quello di lavorare con tutte le energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo”. Il Meeting vedrà la partecipazione di oratori provenienti da diverse nazioni tra i quali: il cardinale Ignace I Moussa Daoud, prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali; il cardinale Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore di Kiev-Halyc della Chiesa greco-cattolica in Ucraina; Sua Eminenza Siluan, vescovo vicario per l’Italia e rappresentante al Meeting di Sua Beatitudine il Patriarca Teoctis della Chiesa ortodossa romena; numerosi altri esponenti sia cattolici che ortodossi.

 

 

 

=======ooo=======

 

 

24 ORE NEL MONDO

20 ottobre 2005

 

- A cura di Andrea Cocco -

 

Un processo storico che ha profondamente scosso le coscienze degli iracheni, quello che si è aperto ieri a Baghdad ai danni di Saddam Hussein e di sette altri dignitari del regime. Mentre l’ex dittatore compariva nell’aula del tribunale all’interno della zona verde della capitale, i suoi sostenitori hanno manifestato a Tikrit, chiedendone l’immediata liberazione. Sciiti e kurdi hanno invece manifestato per la condanna a morte del rais. La prossima udienza del processo è stata rinviata al 28 novembre.  Il servizio di Barbara Schiavulli:

**********

Non credono più al suo volto austero, eppure tutti hanno ancora un fremito di paura quando Saddam Hussein pronuncia parole che nessuno vuole più sentire. “Io sono il presidente dell’Iraq”. “Un mostro”, gli risponde Said, come se dall’altra parte dello schermo Saddam potesse sentirlo. In una sala di un ristorante, un gruppetto di camerieri, come tutti gli iracheni, hanno interrotto le loro faccende per assistere al processo. Stanno incollati alla tv e vedono Saddam, e dietro di lui, scorrere le loro vite. Questo processo ha emozionato, tirato fuori i sentimenti più nascosti e profondi della gente. “La polizia segreta, vent’anni fa, portò via il mio vicino di casa. Lo conoscevamo bene: non ha mai fatto nulla. Era solo un uomo molto religioso, e questo non piaceva a Saddam”, racconta George,un cristiano, in quella che, davanti all’immagine di Saddam, sembra diventare una terapia di gruppo. “Io non ho mai conosciuto mio padre”, interrompe Mohammad, mentre tutti lo guardano come se lo scoprissero per la prima volta. “Anche lui è stato portato via dalla polizia insieme a tre dei suoi cugini. Mia madre non ha saputo più nulla di lui, fino alla caduta del regime, quando sono state abbattute le porte del Mukhabarah, della polizia segreta. Lo abbiamo trovato lì. Il suo nome, intendo, tra le pagine di un dossier. Lo avevano torturato con l’elettricità e lui aveva confessato di avere cospirato contro Saddam. Lo hanno portato nel Sud, abbandonato in una prigione per poi gettarlo in una fossa comune”. Rabbia e dolore mostrano per una volta un Iraq che si sforza di fare i conti con il passato, per alleviare le proprie ferite.

 

Barbara Schiavulli, da Baghdad, per la Radio Vaticana.

**********

 

E intanto nel Paese torna l’incubo degli attacchi alla stampa. A Baghdad è stato ucciso il numero due del sindacato dei giornalisti, Mohammad Haroun. Salgono così a 68 i giornalisti uccisi dall’inizio del conflitto in Iraq. Ancora nessuna notizia certa invece sull’irlandese Rory Carroll, l’inviato del quotidiano britannico, The Guardian, rapito mercoledì a Baghdad mentre conduceva una serie di interviste alle vittime del regime di Saddam Hussein. Nel resto del Paese sono proseguite le violenze con due attentati, a seguito dei quali sono morte almeno 10 persone.

 

Prosegue la visita del presidente palestinese Abu Mazen negli Stati Uniti. Oggi il leader dell’Autorità nazionale palestinese incontrerà il presidente statunitense George W. Bush alla Casa Bianca. Per Abu Mazen rimane prioritaria la richiesta alla Casa Bianca di fare pressioni su Israele affinché proceda a ulteriori ritiri dai territori occupati. Quanto a Bush, stando alle notizie diffuse dall’agenzia statunitense Ap, chiederà al governo palestinese di obbligare i candidati delle   elezioni di gennaio a rinunciare alla violenza contro Israele. Ma c’è la speranza che l’incontro di oggi possa rilanciare il processo di pace israelo-palestinese? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera, esperto dell’area mediorientale:

 

**********

R. – E’ qualcosa di più di una speranza da parte palestinese. Quindi, è molto probabile che qualcosa potrebbe sbloccarsi. E qui ci sono due problemi, anzi tre. Il primo è la volontà di chiedere agli Stati Uniti ancora una volta che si riavvii la Road map dopo il ritiro da Gaza. Il secondo problema è legato a Hamas. Mahmud Abbas vorrebbe il sostegno americano per fare in modo che Hamas entri nel processo elettorale ed entri come forza politica, sperando appunto che Hamas con il fatto di essere cancellato dalla lista dei movimenti terroristici accetti di diventare soprattutto un soggetto puramente politico. La terza cosa sono gli aiuti economici: fare in modo che una riduzione sensibile della disoccupazione renda meno attraente la scelta di una resistenza armata che poi rischia di sconfinare nel terrorismo.

 

D. – Hai la sensazione che gli Stati Uniti si stiano riproponendo con nuova energia quali mediatori principali nella vicenda israelo-palestinese?

 

R. – Sì, è chiaro che anche gli Stati Uniti hanno capito bene che visto che gli altri fronti non stanno andando bene, in fondo hanno bisogno, per difendere i loro interessi nella regione, anche di una robusta operazione di immagine. E questa operazione di immagine non può che essere un rinnovato sostegno al processo di pace e alla realizzazione di quello che Bush presentava come la sua visione di due Stati che vivano l’uno accanto all’altro, Israele e Palestina, in pace e sicurezza.

**********  

 

In America resta alta l’allerta per l’uragano Wilma che nella notte di mercoledì si è avvicinato alle coste dello Yucatan, in Messico e alle coste di Cuba. Le autorità dell’Avana hanno già provveduto all’evacuazione di 250 mila persone, dalla provincia di Pinar del Rio, mentre in Messico il governo ha invitato gli oltre 70 mila turisti presenti nelle zone orientali a partire. Secondo gli esperti del National Hurricane Center di Miami, nonostante sia passato dalla categoria 5 alla 4, il ciclone potrebbe nuovamente crescere di intensità. Da New York, Paolo Mastrolilli:

 

**********

Wilma è più potente di Katrina, che alla fine di agosto aveva devastato la Louisiana e il Mississippi. I suoi effetti mortali si sono già visti a Haiti, dove oltre 10 persone sono morte, e in Giamaica, dove c’è stata un’altra vittima. In aggiunta a questi due Paesi, ordini di evacuazione sono stati emessi a Cuba, in Honduras e in Messico. Le autorità locali hanno già ordinato ai turisti di abbandonare le “Keys”, le isole a sud di Miami, ma il governatore Jeb Bush sta preparando tutto lo Stato ad assorbire l’eventuale colpo. La Casa Bianca, scottata dalle polemiche sulla lentezza degli aiuti per l’uragano Katrina, ha detto che il governo federale sta seguendo la situazione per mobilitare tutte le sue risorse. Con l’arrivo di Wilma, quella in corso è diventata la stagione di cicloni più intensa mai registrata, e purtroppo non è ancora finita.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

**********

 

Il presidente colombiano Alvaro Uribe potrà presentarsi alle prossime   elezioni presidenziali per ottenere un secondo mandato. E’ quanto ha stabilito la Corte Suprema di Bogotá, giudicando infondati i dubbi dell’opposizione sulla costituzionalità di una riforma recentemente approvata dal parlamento. La nuova normativa, suggellata ieri dalla Corte, abolisce il divieto per il presidente di ripresentarsi alle urne. Secondo gli ultimi sondaggi Uribe, il più solido alleato degli Stati Uniti in America del Sud, è in assoluto il candidato favorito per le consultazioni che si svolgeranno nel 2006.

 

Resta alta l’allerta per la febbre aviaria, con l’annuncio di una nuova vittima del virus in Thailandia e il primo caso di volatili infetti a Taiwan. Il comitato tecnico dell’Unione europea, in attesa di una decisione da parte della Commissione, ha proposto stamattina il blocco delle importazioni dalla Russia, dove ieri era stata confermata la presenza del virus dei polli. Buone notizie invece dalla Grecia. I primi test condotti sul campione prelevato all’isola di Chio, è risultato negativo. “Non possiamo ancora escludere la presenza dell’aviaria in Grecia”, ha però spiegato la portavoce della Commissione UE, Pia Ahrenlink. I ministri della Salute della UE si incontrano oggi a Londra per discutere dei piani d’emergenza in caso di diffusione della pandemia.

 

L’economia cinese continua a crescere a pieni ritmi, nonostante i pronostici degli economisti che avevano previsto un rallentamento di fine anno. Nei primi nove mesi del 2005 la crescita del Pil cinese ha raggiunto il 9,4 per cento.

 

Sale tragicamente il bilancio delle vittime del terremoto dello scorso 8 ottobre in Pakistan. Secondo quanto affermato stamattina dal capo pakistano delle operazioni di soccorso, sono oltre 49 700 i morti, mentre i feriti sono arrivati a 74 mila. “Una situazione peggiore di quella che ha seguito lo tsunami dello scorso dicembre” ha detto il responsabile ONU per l’emergenza, Jan Egeland, che ha   aspramente criticato la lentezza dei soccorsi. Secondo l’ONU, i fondi per l’emergenza sono ancora troppo pochi e l’organizzazione logistica è stata fino ad ora un vero incubo.

 

 

=======ooo=======