RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 292 - Testo della trasmissione di mercoledì 19  ottobre 2005

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Dio perdona l’uomo e non vuole la sua condanna: il Papa all’udienza generale parla del Salmo 129 e invita i credenti ad accostarsi al sacramento della Confessione

 

Ultimi giorni di lavori al Sinodo sull’Eucaristia: intervista con mons. Rino Fisichella

 

Un parroco calabrese, padre Gaetano Catanoso, tra i nuovi 5 santi che il Papa proclamerà domenica prossima, 23 ottobre. Ce ne parla mons. Giuseppe D’Ascola

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Sei mesi fa, l’elezione al Soglio Pontificio del cardinale Joseph Ratzinger: con noi, mons. Bruno Forte e il prof. Andrea Riccardi

 

CHIESA E SOCIETA’:

“Vi sono buone speranze per il futuro della Chiesa in Afghanistan”: così, il nunzio apostolico in Pakistan, l’arcivescovo Alessandro D’Errico, di ritorno da Kabul

 

“Più coerenza nelle politiche demografiche”: è quanto chiedono all’UE i vescovi europei

 

Allarme per il virus dell’influenza aviaria anche in Africa

 

I sopravvissuti allo tsunami in Asia, tra cui molti bambini, vittime di violenze

 

Gli scienziati coreani presentano una “carta etica” che tutela il rispetto della vita umana nella ricerca sulle cellule staminali embrionali

 

Al via a Francoforte, in Germania, la Fiera del libro dedicata quest’anno alla Corea

 

24 ORE NEL MONDO:

Iniziato a Baghdad il processo a Saddam Hussein: l’ex dittatore iracheno si dichiara non colpevole

 

Il terremoto riapre le relazioni tra India e Pakistan

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

19 ottobre 2005

 

 

 

DIO PERDONA L’UOMO E NON VUOLE LA SUA CONDANNA:

IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE PARLA DEL SALMO 129 E INVITA I CREDENTI

AD ACCOSTARSI AL SACRAMENTO DELLA CONFESSIONE

 

Un canto della misericordia divina, che racconta di un Dio pronto al perdono in ogni generazione umana. E’ il messaggio che scaturisce dalla catechesi di Benedetto XVI all’udienza generale di oggi, che ha visto 40 mila persone di quattro continenti sfidare la pioggia per ascoltare la riflessione del Papa sul Salmo 129. Durante l’udienza, Benedetto XVI ha ribadito l’importanza del Sacramento della confessione. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Dio non è “un sovrano inesorabile pronto a condannare il colpevole”, ma un Padre buono, che preferisce perdonare le sue creature. Le parole del Papa rovesciano un sentire comune ancora diffuso in molte persone, credenti o meno. Così, l’udienza generale di oggi diventa occasione per un grande insegnamento che la Chiesa riverbera da duemila anni. Le strofe del Salmo 129, il celebre De profundis, rivelano, nella spiegazione di Benedetto XVI, un aspetto diverso da quello comunemente noto di componimento funebre. I tre momenti del Salmo, spiega il Pontefice, parlano di peccato e di perdono, e del “timore di Dio”, spesso confuso con la paura di Dio:

 

“È significativo il fatto che a generare il timore, atteggiamento di rispetto misto ad amore, non sia il castigo ma il perdono. Più che la collera di Dio, deve provocare in noi un santo timore la sua magnanimità generosa e disarmante. Dio, infatti, non è un sovrano inesorabile che condanna il colpevole, ma un padre amoroso, che dobbiamo amare non per paura di una punizione, ma per la sua bontà pronta a perdonare”.

 

Nella parte finale, il Salmo 129 passa dalla descrizione della salvezza personale a quella di tutto il popolo d’Israele, “redento – osserva il Papa – non solo dalle angustie dell’oppressione egiziana, ma anche 'da tutte le colpe'”. Una redenzione, ha aggiunto il Pontefice, che oggi è rivolta alla Chiesa:

 

“Pensiamo che il popolo della elezione è il popolo di Dio. Adesso siamo noi e anche la nostra fede si innesta nella fede comune della Chiesa e proprio così ci dà la certezza che Dio è buono con noi, ci libera dalle nostre colpe”.

 

Anche le parole di Sant’Ambrogio gettano una luce profonda sui “motivi che spingono a invocare da Dio il perdono” e Benedetto XVI le ripete, ribadendo l’importanza di una pratica religiosa troppo spesso trascurata da chi si professa cristiano:

 

'Abbiamo un Signore buono che vuole perdonare a tutti', egli (Sant’Ambrogio, ndr) ricorda nel trattato su La penitenza, e aggiunge: ‘Se vuoi essere giustificato, confessa il tuo misfatto: un'umile confessione dei peccati scioglie l'intrico delle colpe... Tu vedi con quale speranza di perdono ti spinga a confessare’. E così il Salmo diventa un invito alla confessione e al dono della riconciliazione”.

 

Tra i gruppi di pellegrini salutati durante le sintesi della catechesi nelle varie lingue, Benedetto XVI ha rivolto parole particolari, tra gli altri, ai polacchi di Cracovia nella festa del loro patrono, ai Pellegrini del Rosario accompagnati dai Domenicani ed ha ricordato, rivolgendosi particolarmente ai giovani, il quarto centenario della Beatificazione di S. Luigi Gonzaga, patrono mondiale della gioventù. “Carissimi – ha concluso - la sua eroica testimonianza evangelica vi sostenga nell’impegno di quotidiana fedeltà a Cristo”.

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Poco prima dell’udienza, mentre si recava in Piazza San Pietro, Benedetto XVI si è fermato per benedire la statua di Santa Mariana de Jesus Paredes y Flores (Quito, Ecuador 1618-1645), beatificata il 20 novembre 1853 da Papa Pio IX e canonizzata il 4 giugno 1950 da Papa Pio XII. La statua è opera dello scultore ecuadoriano Mario Tapia ed è collocata in una delle nicchie che circondano la Basilica di San Pietro, dal lato di via delle Fondamenta, nella zona dietro l’abside.

 

 

ULTIMI GIORNI DI LAVORI AL SINODO SULL’EUCARISTIA: OGGI LA PREPARAZIONE

DEGLI EMENDAMENTI DELLE PROPOSIZIONI

- Intervista con mons. Rino Fisichella -

 

Ultimi giorni di lavori in Vaticano per il Sinodo sull’Eucaristia. Domenica prossima Benedetto XVI chiuderà solennemente l’assemblea sinodale con una Messa in Piazza San Pietro. Oggi proseguono i cosiddetti Circoli minori con la preparazione degli emendamenti delle “Proposizioni”, ovvero le proposte che saranno presentate al Papa. Questa sera dopo le 19.00 i padri sinodali avranno la possibilità di assistere all’anteprima della fiction televisiva sulla figura di San Pietro del regista Giulio Base. Ma che si può dire fin qui del Sinodo? Giovanni Peduto lo ha chiesto al vescovo Rino Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense, presente ai lavori:

 

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R. -  Direi che questo Sinodo è stato un’intelligenza ancora più profonda di quello che noi conosciamo ed è stato anche una esperienza di condivisione e di comunione. L’Eucaristia deve sempre suscitare in noi stupore, meraviglia. Stupore e meraviglia – come già dicevano gli antichi filosofi – sono l’inizio di una sempre nuova conoscenza. Quando ci si pone dinanzi ad un mistero cosi grande come quello dell’Eucaristia, che è la presenza reale, vera, concreta di Cristo risorto in mezzo a noi, in mezzo alla sua Chiesa. Allora quello che si può riflettere, si può dire, si può pensare, quello che deve diventare anche preghiera non è mai sufficiente. 

 

D. - Lei ha parlato in sede di assemblea sinodale del rapporto tra Eucaristia e cultura…

 

R. - Il mistero eucaristico fa cultura e può generare nuova cultura. Sono profondamente convinto di questo. Penso innanzitutto alla grande sfida che noi abbiamo oggi in questo particolare, peculiare momento storico. Noi viviamo alcune difficoltà. Siamo in un momento di passaggio culturale, siamo in un momento di chiusura di un’epoca e di apertura di una nuova. Ritengo che ci siano alcuni valori che vanno conservati perché in questo particolare momento sono obnubilati. Penso in modo particolare al tema della gratuità. Oggi è difficile verificare questa presenza. Tutto sembra essere avvolto all’interno di una concezione, di una cultura del possesso. L’Eucaristia mostra, perché è un dono, in che modo dobbiamo rapportarci alla gratuità e quindi può essere sorgente di gratuità. Penso ad una società come la nostra dove l’individualismo e il relativismo portano sempre di più a vivere rinchiusi in se stessi e a non dare segni di perdono e di amore. Ebbene l’Eucaristia è il segno del perdono che viene dato e dell’amore. Quindi può essere sorgente ancora di nuova cultura di perdono. Ma penso anche che, oltre a questi aspetti, ci siano anche quelli più concreti, quelli più coerenti con il vivere quotidiano. Penso alla costruzione, ad esempio delle nuove chiese; penso a quante chiese brutte purtroppo noi oggi abbiamo e che non indicano più lo spazio del sacro e non esprimono più la bellezza del mistero che noi siamo chiamati a celebrare. E da ultimo io direi anche abituiamoci a verificare la bellezza del mistero come una sorgente di sempre nuova conoscenza, come dicevo prima, e quindi lo spazio del silenzio che deve emergere. La nostra è una società che vive solo di chiasso e che vuole invece recuperare lo spazio del silenzio. Una società che ha bisogno sempre più di espressioni di solidarietà che diventino però carità e non soltanto forme di affabilità, di amabilità. L’Eucaristia esprime, invece, un amore pieno nei confronti degli altri e quindi trasformazione del mondo, un impatto perché ci sia sempre più pace e giustizia.

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UN PARROCO CALABRESE, PADRE GAETANO CATANOSO, TRA I NUOVI 5 SANTI

 CHE IL PAPA PROCLAMERA’ DOMENICA PROSSIMA 23 OTTOBRE:

VEDEVA NEI PIU’ POVERI IL VOLTO SFIGURATO DI CRISTO CROCIFISSO

- Intervista con mons. Giuseppe D’Ascola -

 

Domenica prossima 23 ottobre, Benedetto XVI proclamerà 5 nuovi santi: tra questi il Beato Gaetano Catanoso, sacerdote calabrese, nato nel 1879 e morto nel 1963. E’ stato parroco in un piccolo paese dell’Aspromonte e fondatore della Congregazione delle Suore Veroniche del Volto Santo. Tutte le sue opere partono dalla preghiera e dalla contemplazione: il volto di Cristo – affermava – è la mia forza. Ha speso la vita per i suoi parrocchiani, con cui ha condiviso una vita di stenti e di privazioni, come ci riferisce il postulatore della causa, mons. Giuseppe D’Ascola, che è stato figlio spirituale del nuovo Santo. L’intervista è di Giovanni Peduto:

 

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R. – Premetto che ho conosciuto il Beato Gaetano Catanoso nell’ottobre del 1940, quando io, entrando in seminario, me lo sono trovato là come padre spirituale. Perciò molte cose delle quali dirò sono testimone diretto. Gaetano Catanoso è un parroco aspromontano, nato a Corio di San Lorenzo, piccolo centro dell’Aspromonte. E’ stato parroco in Aspromonte, a Pentidattilo, per tanti anni. Padre Catanoso era un vulcano di iniziative.  E’ stato confessore di tutti i monasteri della città di Reggio. E’ stato confessore delle carceri di Reggio. E’ stato apostolo del Volto Santo. Padre Catanoso era ovunque, perché là dove non era disponibile un sacerdote, era disponibile padre Catanoso.

 

D. – A questo proposito, mons. D’Ascola, vuole illustrarci la caratteristica precipua della sua santità…

 

R. – Sì, la caratteristica precipua della santità di padre Catanoso è la devozione all’Eucaristia e al Volto Santo. Padre Catanoso è vissuto in un piccolo centro dove regnava la miseria, la malavita, la mafia, la ‘ndrangheta. I bambini erano abbandonati a se stessi, in mezzo alla strada, nessuno si curava della loro educazione. Padre Catanoso, quindi, vedeva nel volto sfigurato di questi bambini il volto sfigurato del Cristo. E allora, ecco la sua devozione al Volto Santo. “Io vedo in questi bambini – diceva - il volto sfigurato di Gesù”. Ed ebbe la felice idea di fondare una congregazione religiosa femminile, che fosse come la Veronica che avendo visto il volto sfigurato di Gesù si avvicinò ad asciugare quel volto insanguinato. Così le Suore Veroniche dovevano avvicinare questi bambini, vedendo in loro il volto sfigurato di Gesù.

 

D. – Lei è stato figlio spirituale del Catanoso, vuole raccontarci almeno un episodio della sua vita, che più l’ha colpito…

 

R. – Di episodi ce ne sono tanti, ma tanti. Uno che mi è rimasto molto impresso è questo: il modo in cui lui si comportava con i figli della gente e li difendeva dai soprusi dei signorotti del Paese. Un signorotto di Pentidattilo avvicinò padre Catanoso e gli disse: “Tu questo matrimonio non lo dovrai fare”. Era successo che il figlio di questo signorotto aveva abusato di una povera contadina. Questi due ragazzi desideravano sposarsi, ma il padre si opponeva. Padre Catanoso gli disse: “Tu potrai uccidermi, ma io questo matrimonio lo benedirò”. Questo signorotto se ne andò e padre Catanoso andò in Chiesa e si mise a pregare. Alle due di notte il signorotto si presentò da padre Catanoso e padre Catanoso gli disse: “Sei venuto ad uccidermi? Sono qua, prendimi”. Il signorotto di contro: “Non intendo insistere nella mia richiesta, perché la frase che tu mi hai detto mi ha colpito profondamente”. Padre Catanoso gli aveva detto: “Io sto difendendo questa ragazza. E se il papà di questa ragazza fossi stato tu? Avresti preteso che io benedicessi questo matrimonio”. I due si abbracciarono e padre Catanoso l’indomani benedisse il matrimonio.

 

D. - Il messaggio di padre Catanoso per l’uomo di oggi …

 

R. – Padre Catanoso è grande, è veramente il prete di oggi. Ha una parola per i sacerdoti. Egli non disse mai di “no” al vescovo. Diversi vescovi lo hanno scelto come loro confessore. Ubbidiva sempre. Non cercava i primi posti. Ha una parola per le suore, perché nelle Costituzioni egli scrisse che le sue suore dovevano cercare i posti che le altre religiose rifiutavano: “Le mie suore non avranno bisogno di giardino o di una casa lussuosa, purché abbiano un letto per dormire e un posto di lavoro per lavorare”. Padre Catanoso ha una parola anche per i laici: la fedeltà al Papa, la fedeltà al vescovo. Oggi si mette in discussione questa autorità. I laici è bene che riscoprano padre Catanoso e la sua fedeltà al Papa, la sua fedeltà alla Chiesa.

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NOMINA

 

Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Cuautitlán, in Messico, mons. Guillermo Rodrigo Teodoro Ortiz Mondragón, finora vescovo titolare di Novabarbara e ausiliare di México.

 

Mons. Ortiz Mondragón è nato a Toluca, allora arcidiocesi di México, il 13 marzo 1947. A Roma ha ottenuto la Licenza in psicologia presso la Pontificia Università Salesiana. E’ stato ordinato sacerdote il 5 giugno 1976 e consacrato vescovo il 4 marzo 2000.

        

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l’udienza generale.

 

Servizio vaticano - Due pagine dedicate al tema dell’Eucaristia.

 

Servizio estero - Iraq: si è aperto a Baghdad il processo contro l’ex dittatore Saddam Hussein.

 

Servizio culturale - Un articolo di Paola Baioni sulla visione cristiana nelle ultime poesie di Mario Luzi.

Un articolo di Marco Impagliazzo dal titolo “Sarajevo: il dovere di non dimenticare”; un volume di Alberto Bobbio ripropone drammatiche scene di vita nella città durante la guerra.

 

Servizio italiano - Voto: non ci sarà l’“election day”; Berlusconi respinge la proposta di Prodi.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

19 ottobre 2005

 

 

SEI MESI FA L’ELEZIONE AL SOGLIO PONTIFICIO DEL CARDINALE RATZINGER

- Interviste con mons. Bruno Forte e il prof. Andrea Riccardi -

 

Sei mesi fa, il 19 aprile scorso, il cardinale Joseph Ratzinger veniva eletto 264.mo Successore di Pietro. Riviviamo i primi momenti di questi mesi di Pontificato di Benedetto XVI nel servizio di Sergio Centofanti:

 

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“Habemus papam…” (Annuncio del cardinale protodiacono Jorge Arturo Medina Estévez)

 

(Prime parole di Benedetto XVI)

“Cari fratelli e care sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere, nella gioia del Signore risorto, fiduciosi del Suo aiuto permanente. Andiamo avanti, il Signore ci aiuterà, e Maria, Sua Santissima Madre, sta dalla nostra parte. Grazie.”

 

Benedetto XVI si presenta in modo semplice alla Loggia centrale della Basilica Vaticana, poco prima delle 19.00. Chiede a tutti di pregare per lui. Appena il giorno prima aveva presieduto la Missa pro eligendo Romano Pontifice pregando il Signore perché donasse alla Chiesa un pastore secondo il cuore di Giovanni Paolo II, “un pastore – aveva detto – che ci guidi alla conoscenza di Cristo, al suo amore, alla vera gioia”, facendo “la verità nella carità”. Il giorno dopo durante la Messa nella Cappella Sistina indica alcune priorità del suo Pontificato: proseguire decisamente nell’attuazione del Concilio Vaticano II, l’ecumenismo, che definisce “impegno primario”, il dialogo aperto e rispettoso con le altre religioni e con tutta l’umanità, in particolare i giovani, la pace e lo sviluppo autentico per tutto il mondo. Domenica 24 aprile, celebra la Messa solenne di inizio Pontificato e parla del suo programma:

 

“Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia”.

 

Quindi riprende le parole di Giovanni Paolo II: “Non abbiate paura, aprite anzi spalancate le porte a Cristo!”:

 

“Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura - se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a lui – paura che Egli possa portar via qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura di rinunciare a qualcosa di grande, di unico, che rende la vita così bella? Non rischiamo di trovarci poi nell’angustia e privati della libertà? Ed ancora una volta il Papa voleva dire: no! chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla – assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No! solo in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera. Così, oggi, io vorrei, con grande forza e grande convinzione, a partire dall’esperienza di una lunga vita personale, dire a voi, cari giovani: non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo – e troverete la vera vita. Amen”.

 

Ma su questi primi sei mesi di Pontificato ascoltiamo due brevi testimonianze: quella dell’arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte e del fondatore della Comunità di Sant’Egidio il prof. Andrea Riccardi. Le interviste sono di Tiziana Campisi:

 

D. – Mons. Forte, come leggere questo Pontificato? Che cosa emerge della personalità di Benedetto XVI?

 

R. – Se stesso, cioè un uomo di fede profonda, di straordinaria intelligenza e preparazione teologica, di grande sobrietà nei gesti, che è proprio così perché è se stesso, perché non ha nulla di estrinseco alla verità del suo cuore. Riesce ad andare dritto al cuore della gente.

 

D. – Secondo lei, verso quali nuovi orizzonti sta andando la Chiesa con questo Pontificato?

 

R. – Verso l’orizzonte di una più grande corresponsabilità di tutti i battezzati, di una collegialità viva dei vescovi, nel servizio comune della causa del Vangelo, che è offrire al mondo la verità, cioè l’amore di Dio in Gesù Cristo, come speranza e salvezza degli uomini.

 

D. – Professor Riccardi, a sei mesi dall’elezione di Benedetto XVI cosa si può dire?

 

R. – Mi sembra sia un Pontificato della “parola”. E per capire questo Pontificato bisogna ascoltare. Questo è il punto fondamentale di questo Pontificato.

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CHIESA E SOCIETA’

19 ottobre 2005

 

“VI SONO BUONE SPERANZE PER IL FUTURO DELLA CHIESA IN AFGHANISTAN”:

COSÌ IL NUNZIO APOSTOLICO IN PAKISTAN, L’ARCIVESCOVO ALESSANDRO D’ERRICO,

DI RITORNO DA KABUL. IL PRESULE PARLA DI MIGLIORAMENTI NEL PAESE

A LIVELLO SOCIALE, ECONOMICO E SPIRITUALE

 

 

ISLAMABAD/KABUL. = “Sono molto contento di quello che ho visto e che ho udito. Vi sono buone speranze per il futuro della Chiesa in Afghanistan”: è quanto ha dichiarato il nunzio apostolico in Pakistan, l’arcivescovo Alessandro D’Errico, a conclusione del suo viaggio pastorale in Afghanistan, il 12 ottobre scorso. Il presule ha visitato la comunità cattolica di Kabul, composta da missionari, diplomatici, operatori umanitari, funzionari di organizzazioni internazionali e militari. Giunto all’aeroporto della capitale afghana il 9 ottobre, l’arcivescovo è stato ospitato presso Camp Invicta, sede del contingente “Italfor 11”, dove ha incontrato i soldati italiani e celebrato la Santa Messa alla presenza delle autorità civili e militari. Mons. D’Errico ha anche avuto l’occasione di osservare l’attività umanitaria curata dalle truppe italiane a favore dei bambini di una scuola nel villaggio di Kamarì, a pochi chilometri da Kabul. In questa occasione, l’arcivescovo ha sottolineato i miglioramenti del Paese a livello sociale, economico e spirituale, rispetto all’ultima visita compiuta due anni fa. Il nunzio ha ringraziato padre Giuseppe Moretti, superiore della Missio sui iuris in Afghanistan e ha assicurato l’apprezzamento della Santa Sede per il prezioso lavoro compiuto da oltre 70 anni nel Paese dai Frati Barnabiti. Un ringraziamento speciale è stato rivolto poi all’Ambasciata Italiana a Kabul, unica sede diplomatica che ospita una cappella e un cappellano ufficialmente riconosciuti dal governo afghano. L’arcivescovo ha indicato poi le priorità per la Chiesa in Afghanistan: prima di tutto, il contributo per la ricostruzione del Paese, che significa continuare nell’impegno profuso in opere di carità e solidarietà. La seconda priorità è favorire il dialogo interreligioso e l’ecumenismo, continuando a costruire ponti di amicizia con le altre religioni, per cercare il bene autentico di ogni persona e della società. “Anche nei rapporti islamo-cristiani – ha detto l’arcivescovo D’Errico – occorre riaffermare i valori di reciproco rispetto, solidarietà e pace, sostenendo la sacralità della vita di ogni esser umano e la dignità di ogni persona”. Il presule ha ricordato la presenza del presidente afghano, Hamid Garzai, alla cerimonia funebre di Giovanni Paolo II, esprimendo l’auspicio che presto si possano stabilire piene relazioni diplomatiche fra la Santa Sede e la Repubblica di Afghanstan. (R.M.)

 

 

“PIÙ COERENZA NELLE POLITICHE DEMOGRAFICHE”: È QUANTO CHIEDONO

ALL’UNIONE EUROPEA LE CHIESE E LE ORGANIZZAZIONI CRISTIANE D’EUROPA

CHE SI OCCUPANO DI IMMIGRATI E DI GIOVANI

 

BRUXELLES. = “Maggiore coerenza” nelle politiche demografiche dell’Unione europea: è quanto chiedono la Conferenza delle Chiese europee (CEC), la Commissione delle Chiese per i migranti in Europa (CCME), il Consiglio ecumenico dei giovani in Europa (EYCE) ed Eurodiaconia, federazione di 43 organizzazioni di solidarietà, in riferimento al Libro Verde dell’Unione sui cambiamenti demografici. Salutando con favore gli sforzi della Commissione europea in questo ambito, le Chiese e le organizzazioni cristiane chiedono “soluzioni per una nuova qualità di relazioni tra le generazioni, tra il tempo dedicato alla famiglia e al lavoro e per l’integrazione dei migranti”. Il contributo dei cristiani evidenzia, infatti, “una mancanza di coesione nelle politiche europee nei confronti dei cambiamenti demografici”. Andrebbero riviste, a loro avviso, le “linee guida integrate sulla crescita e il lavoro”, “tenendo presenti le sfide dei cambiamenti demografici e la necessità di una migliore coesione delle politiche sociali, economiche e ambientali”. "Le politiche migratorie europee – sottolineano – non dovrebbero considerare solo i benefici economici o i problemi delle migrazioni, ma avere attenzione anche per i diritti e i bisogni dei migranti, tenendo presente cosa rappresenta la sfida delle migrazioni per le società che accolgono e gli effetti delle migrazioni sui Paesi d’origine”. Le Chiese e le organizzazioni cristiane appoggiano la scelta di un “approccio amichevole e familiare” nelle politiche europee, ossia “politiche coerenti che tengano conto delle condizioni di vita delle famiglie in ogni ambito”. (R.M.)

 

 

ALLARME IN EUROPA PER IL VIRUS DELL’INFLUENZA AVIARIA, DOPO CHE ALCUNI CEPPI VIRALI SONO STATI TROVATI IN ROMANIA, TURCHIA E GRECIA. LE AUTORITÀ EUROPEE AL LAVORO PER EVITARE UNA PANDEMIA. INTANTO, LA FAO AVVERTE:

E' AUMENTATO IL RISCHIO CHE IL VIRUS POSSA DIFFONDERSI ANCHE IN MEDIO ORIENTE E NEI PAESI AFRICANI

- A cura di Giovanni Del Re -

 

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LUSSEMBURGO. = “Occorre una reazione internazionale coordinata per far fronte alla minaccia mondiale costituita dall’influenza aviaria”: è un messaggio chiaro e allarmato quello lanciato dai ministri degli Esteri dei 25, riuniti ieri a Lussemburgo per un vertice straordinario. Un incontro avvenuto dopo la scoperta del virus dell’Influenza aviaria anche in Grecia, ormai dunque nell’Unione Europea, dopo i casi in Turchia e Romania. In quest’ultimo Paese – va aggiunto – è stato trovato un secondo focolaio. Sospetti anche per la Macedonia. “Non possiamo proteggerci singolarmente, occorre un’azione coordinata”, ha detto anche il commissario europeo alla Sanità, Markos Kyprianou. Tuttavia lo stesso commissario ha voluto precisare che la scoperta del virus anche in Grecia non aumenta di per sé i rischi di una pandemia in Europa di un’influenza passata all’uomo. “Il passaggio all’uomo – ha detto comunque il ministro degli Esteri britannico, Jack Straw, presidente di turno dell’Unione Europea – ancora non c’è stato e non bisogna dunque diffondere il panico, anche se – ha aggiunto il ministro – bisogna prepararsi”. Per questo, la presidenza britannica sta elaborando un piano di azione completo che sarà sottoposto a breve agli esperti e conterrà azioni a livello comunitario per prevenire e controllare una diffusione dell’influenza aviaria e misure per migliorare la preparazione a un’emergenza pandemia. Intanto, gli Stati membri stanno seguendo l’appello del commissario Kyprianou a dotarsi di scorte di antivirale con l’obiettivo di raggiungere il livello minimo indicato dall’Organizzazione mondiale della Sanità di una copertura del 25 per cento della popolazione. Domani, nuovo vertice, questa volta in Inghilterra, con i ministri della Sanità.

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I SOPRAVVISSUTI ALLO TSUNAMI DEL 26 DICEMBRE NEL SUDEST ASIATICO SONO

ANCORA VITTIME DI VIOLENZE SESSUALI E ARRESTI ARBITRARI: E’ QUANTO EMERGE DA UNO STUDIO PUBBLICATO OGGI DA 3 ORGANIZZAZIONI PER I DIRITTI UMANI.

INCOMPETENTI E CORROTTI I FUNZIONARI ADDETTI ALLA RICOSTRUZIONE

 

LOS ANGELES. = Mentre gli ufficiali governativi, corrotti o incompetenti, sprecano i fondi destinati alla ricostruzione, i sopravvissuti allo tsunami dello scorso 26 dicembre nel sudest asiatico subiscono ancora gravi violazioni dei diritti umani, come violenze sessuali e arresti arbitrari: è quanto denunciano il Centro per i diritti umani di Berkeley, in California; la California University e il Centro East-West delle Hawaii, in un rapporto pubblicato oggi, dopo un ricerca condotta in India, Indonesia, Sri Lanka, Thailandia e Maldive. “I bambini che vivono nelle zone di conflitto militare – viene sottolineato nel rapporto – sono stati arruolati a forza nelle milizie locali ed in alcuni casi i governi hanno impedito di portare aiuti alle popolazioni che vivono nelle zone dove opera l’esercito”. La denuncia punta il dito anche contro la “diffusa ingiustizia” nella distribuzione degli aiuti dovuta a favoritismi, influenza politica, incompetenza o affiliazione a caste. (R.M.)

 

 

GLI SCIENZIATI COREANI PRESENTANO UNA “CARTA ETICA” CHE TUTELA IL RISPETTO DELLA VITA UMANA NELLA RICERCA SULLE CELLULE STAMINALI EMBRIONALI

 

SEOUL. = La Società coreana per la biologia molecolare e cellulare (SCBMC) ha redatto una “Carta etica per gli studiosi di scienze biologiche” dove vengono fissate alcune linee guida che tutelano gli embrioni umani. Lo ha reso noto in questi giorni Park Sang-chul, direttore della SCBMC e docente all’Università nazionale di Seoul. “Questa carta etica – ha detto Park – è un insieme di regole che noi scienziati ci siamo dati per garantire il massimo rispetto della vita umana negli studi scientifici. È una semplice dichiarazione, ma è molto significativa. Inoltre abbiamo in programma di concordare nuove linee guida con altri gruppi di scienziati organizzati”.  In Corea è già in vigore una legge a tutela degli embrioni umani, ma questa è la prima volta che gli scienziati di una nazione redaggono una carta etica di propria iniziativa. Con più di 5000 membri, fra cui Hwang Woo-suk, pioniere della ricerca sulle cellule staminali, la SCBMC è la più grande associazione di scienziati della Corea. (R.M.)

 

 

AL VIA OGGI FINO AL 23 OTTOBRE A FRANCOFORTE, IN GERMANIA, LA 57.MA EDIZIONE DELLA “BUCHMESSE”, LA FIERA DEL LIBRO PIU’ GRANDE DEL MONDO,

DEDICATA QUEST’ANNO ALLA COREA

 

FRANCOFORTE. = Dedicata quest’anno alla Corea, si è aperta oggi a Francoforte, in Germania, la 57.ma edizione della “Buchmesse”, la Fiera del libro più grande del mondo. Alla rassegna partecipano 110 nazioni con 7200 espositori. I visitatori attesi sono circa 270 mila. In vista dei campionati mondiali di calcio 2006, che si terranno la prossima estate in Germania, un intero padiglione si occupa solo di libri sul calcio di tutto il mondo e sono previste anche partite tra scrittori tedeschi e coreani. L’Italia è rappresentata a Francoforte dal ministro per i Beni e le Attività culturali, Rocco Buttiglione, accompagnato dal nuovo ambasciatore in Germania, Antonio Puri Purini. Un momento importante della presenza italiana alla Buchmesse è rappresentato dal premio per la migliore guida tedesca sull’Italia, che quest’anno è stato assegnato a Peter Amann, autore di un manuale di viaggio sulle isole Eolie, edito dalla Iwanowski’s Reisebuchverlage. Alla cerimonia di apertura della Buchmesse il presidente del  Pen-Club tedesco, Johano Strasser, ha ricordato i 700 casi di maltrattamenti o incriminazioni di scrittori, giornalisti e editori registrati nel mondo  solo nella prima metà del 2005. Tra questi 15 sono stati uccisi, 12 sono dispersi e 10 rapiti. Si tratta di violazioni avvenute non solo in Stati asiatici, sudamericani o arabi, ha detto Strasser, ricordando che anche in Occidente, nell’ambito della lotta al terrorismo, si ricorre ora spesso a limitazioni della libertà di opinione e di pubblicazione. La Fiera di Francoforte si concluderà con la tradizionale consegna, domenica 23 ottobre, del premio per la pace dei librai tedeschi, attribuito quest’anno allo scrittore turco, Orhan Pamuk. (R.M.)

 

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

19 ottobre 2005

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

E’ iniziato stamani a Baghdad il processo, aperto al pubblico e alla stampa, contro l’ex presidente iracheno, Saddam Hussein, accusato di crimini contro l’umanità. Il processo si svolge in una sala di un ex museo che custodiva i doni offerti dai dignitari stranieri all’ex rais. Il nostro servizio:

 

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“Conservo i miei diritti costituzionali come presidente dell’Iraq”. Dopo queste parole Saddam ha definito “illegale” il tribunale che lo deve giudicare e ha rifiutato di fornire le sue generalità. Rivolgendosi al magistrato ha detto: “Tu sai chi sono. Tu sei iracheno e sai molto bene che non mi arrendo”. “Per rispetto al glorioso popolo iracheno - ha aggiunto - mi rifiuto di rispondere”. Saddam, apparso dimagrito, è entrato per ultimo nell’aula, con passo lento e con il Corano sotto il braccio. L’ex dittatore poco prima dell’apertura si è incontrato con alcuni alti funzionari del governo iracheno e poi si è seduto accanto al fratellastro Barzan al-Tikriti, ex capo dei servizi segreti. L’udienza è stata poi brevemente sospesa per problemi all'impianto audio. Durante il processo dovrà rispondere a imputazioni per crimini di guerra e contro l’umanità, tra le quali anche il massacro di migliaia di curdi nel 1988. Il primo capo d’accusa riguarda la strage di sciiti avvenuta l’8 luglio del 1982 nel villaggio di Dujail. Su questa strage, Saddam si è dichiarato “non colpevole”. Quel giorno Saddam, dopo essere uscito illeso da un’imboscata nei pressi di Dujail, ordinò di deportare 900 persone in un lager in mezzo al deserto. Dopo un processo sommario, 143 persone furono condannate a morte e uccise. Il tribunale speciale iracheno ha deciso di esaminare per primo questo drammatico episodio ritenendo di disporre di una documentazione ampia e chiara. Prima dell’inizio del procedimento giudiziario, proprio gli abitanti di Dujail hanno sfilato, stamani, contro Saddam. Tra le strade di Tikrit, città sunnita di origine dell’ex rais, si è tenuta invece una manifestazione in favore del deposto presidente iracheno. La difesa di Saddam, che rischia di essere condannato a morte, è stata assunta per l’udienza di oggi da un avvocato sunnita di 42 anni che ha già anticipato di voler richiedere un rinvio del processo di qualche settimana. Il legale ha anche detto che “la sentenza è stata già scritta”. I giudici sono cinque e come presidente del collegio dei giudici è stato nominato un magistrato di etnia curda. Gli avvocati dell’accusa e della difesa non sono autorizzati a procedere ad interrogatori diretti, ma devono far richiesta al giudice, l’unico autorizzato a condurre l’interrogatorio. A Baghdad, infine, si deve registrare un grave episodio: uomini armati hanno assassinato il sindaco della capitale irachena.

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Ma che tipo di processo è questo a Saddam? Risponde al microfono di Amedeo Lomonaco il professore di diritto internazionale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Ugo Draetta:

 

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R. – E’ un processo iracheno, dello Stato iracheno, che ha istituito un tribunale speciale per giudicare un iracheno per crimini commessi in Iraq. Non è il tribunale penale internazionale, il quale non avrebbe potuto essere utilizzato, perché i crimini commessi sono stati posti in essere prima dell’istituzione del Tribunale penale internazionale. Né Iraq, né Stati Uniti hanno inoltre sottoscritto il trattato che l’ha istituito. Quindi, non è un tribunale internazionale. Non è nemmeno assimilabile al processo di Norimberga, perché il processo di Norimberga fu un processo tedesco, gestito dalle potenze occupanti. Quindi, l’autorità la esercitavano i quattro Stati vincitori. Questo è un tribunale iracheno, dello Stato iracheno, e la presenza americana lì non lo qualifica come un tribunale delle potenze occupanti.

 

D. – Uno degli avvocati difensori di Saddam ha detto che la sentenza è già stata scritta. Può essere davvero così?

 

R. – E’ ovvio che il difensore dica queste cose. Non so se la sentenza sia stata scritta. Non credo, anzi. Non so come i giudici valuteranno i crimini di Saddam. Certo la sentenza non sarà stata scritta, ma è presumibile la sentenza di condanna. E’ importante, però, che il processo ci sia e non ci sia giustizia sommaria.

 

D. – Le decisioni di avviare il processo e di affidare il giudizio di Saddam ad un tribunale iracheno sono, quindi, i due passi fondamentali di questo procedimento giudiziario?

 

R. – Saddam è giudicato dai suoi concittadini, i quali sono chiamati a fare i conti con il loro passato per avviarsi su questo faticoso cammino della democrazia, che non può cominciare se non si fanno i conti con il passato. Il fatto che l’Iraq lo processi è una buona cosa e che siano gli iracheni a farlo è un barlume di speranza in un’area ancora così conflittuale.

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Venti persone sono state arrestate in Iran in relazione agli attentati di sabato scorso ad Ahvaz, nel sud del Paese. Lo ha annunciato il governo iraniano, che ha anche accusato la Gran Bretagna di essere coinvolta negli attacchi. Due ordigni erano esplosi in un quartiere commerciale della città, causando la morte di sei persone. Da Londra è stato seccamente smentito qualsiasi coinvolgimento.

 

Una forte scossa di assestamento, che fortunatamente non sembra aver provocato vittime, è stata avvertita in Pakistan, nelle zone colpite dal disastroso terremoto dello scorso 8 ottobre che ha ucciso, secondo un ultimo bilancio ancora provvisorio, oltre 47 mila persone. In un dramma così grande, il terremoto sembra comunque aver influito in modo positivo nelle relazioni tra India e Pakistan. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:

 

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Il governo indiano ha accolto con qualche perplessità la proposta del presidente pachistano, Pervez Musharraf, di aprire i confini in Kashmir per permettere a chiunque di prestare aiuto e soccorso alle vittime del sisma, che lo scorso 8 ottobre ha devastato la regione himalayana. Il presidente pakistano ha lanciato l’idea ieri, in una conferenza stampa, nel suo secondo discorso televisivo alla nazione. E’ un annuncio storico. Da oltre mezzo secolo la linea di controllo, la trincea che divide i due territori contesi del Kashmir, è uno dei posti più militarizzati del mondo, dove India e Pakistan hanno combattuto tre guerre. In un comunicato diffuso ieri sera il ministro degli Esteri indiano ha detto che si aspetta di vedere le proposte concrete di Islamabad. La diplomazia del terremoto, come è stata soprannominata da alcuni giornali indiani, ha già portato ad alcuni avvicinamenti. L’India finora ha inviato tre carichi di aiuti umanitari e proprio ieri lo Stato di Jammu e Kashmir ha ripristinato alcuni collegamenti telefonici con il versante pakistano. Intanto, per quanto riguarda le operazioni di soccorso nel nord del Pakistan la situazione è ancora drammatica. Ci sarebbero mezzo milione di terremotati ancora isolati. Una bimba di sei anni è stata trovata ieri da alcuni soccorritori chiusa in un armadio, sotto le macerie della sua casa, a Balakot.

 

Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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L’uragano Wilma si è rafforzato ulteriormente, raggiungendo nel giro di poche ore il massimo grado di pericolosità registrato finora, ovvero il livello 5. Lo ha annunciato il centro statunitense di monitoraggio degli uragani, basato a Miami. I venti di Wilma, secondo l’ultima registrazione, soffiano alla velocità di 280 chilometri all’ora. L’uragano si trova a 280 km a sud/sud-ovest delle isole Cayman e a 655 km a sud-est di Cozumel nel Messico e sembra stia virando lentamente verso lo  Yucatan. Potrebbe entrare nel Golfo del Messico e dirigersi in direzione nord-est, facendo rotta sulla Florida. Anche alcune aree di Cuba, secondo gli esperti, sono a rischio. Wilma, la ventunesima tempesta tropicale dell’Atlantico e il dodicesimo uragano di questa stagione (che si concluderà tra sei settimane), con le sue piogge torrenziali ha già fatto una decina di morti per frane e smottamenti a Haiti. 

 

In Italia si voterà il prossimo 9 aprile. Lo ha confermato il ministro dell’Interno. Il leader dell’Unione, Romano Prodi, propone di accorpare la votazione per le politiche con quella per le amministrative. Il premier Silvio Berlusconi non è però d’accordo. Intanto il presidente italiano, Carlo Azeglio Ciampi, ha reso ieri l’ultimo omaggio al vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Fortugno, ucciso domenica scorsa in un seggio di Locri. Rivolgendosi ai calabresi Ciampi ha detto: “Reagite con fermezza, non siete soli, l’Italia tutta è con voi”.

 

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