RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
292 - Testo della trasmissione di mercoledì 19 ottobre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Ultimi giorni di lavori al Sinodo sull’Eucaristia: intervista
con mons. Rino Fisichella
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
“Più coerenza nelle politiche demografiche”: è
quanto chiedono all’UE i vescovi europei
Allarme
per il virus dell’influenza aviaria anche in Africa
I sopravvissuti allo tsunami in Asia, tra cui molti bambini,
vittime di violenze
Al via a Francoforte, in
Germania, la Fiera del libro dedicata quest’anno alla Corea
Iniziato a Baghdad il processo a Saddam Hussein: l’ex dittatore iracheno
si dichiara non colpevole
Il terremoto riapre le relazioni tra India e Pakistan
19
ottobre 2005
DIO PERDONA L’UOMO E
NON VUOLE LA SUA CONDANNA:
IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE PARLA DEL SALMO 129 E
INVITA I CREDENTI
AD ACCOSTARSI AL SACRAMENTO DELLA CONFESSIONE
Un
canto della misericordia divina, che racconta di un Dio pronto al perdono in
ogni generazione umana. E’ il messaggio che scaturisce dalla catechesi di
Benedetto XVI all’udienza generale di oggi, che ha visto 40 mila persone di
quattro continenti sfidare la pioggia per ascoltare la riflessione del Papa sul
Salmo 129. Durante l’udienza, Benedetto XVI ha ribadito l’importanza del
Sacramento della confessione. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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Dio non è “un sovrano
inesorabile pronto a condannare il colpevole”, ma un Padre buono, che
preferisce perdonare le sue creature. Le parole del Papa rovesciano un sentire
comune ancora diffuso in molte persone, credenti o meno. Così, l’udienza
generale di oggi diventa occasione per un grande insegnamento che la Chiesa
riverbera da duemila anni. Le strofe del Salmo 129, il celebre De profundis, rivelano, nella
spiegazione di Benedetto XVI, un aspetto diverso da quello comunemente noto di
componimento funebre. I tre momenti del Salmo, spiega il Pontefice, parlano di
peccato e di perdono, e del “timore di Dio”, spesso confuso con la paura di
Dio:
“È significativo il fatto che a generare
il timore, atteggiamento di rispetto misto ad amore, non sia il castigo ma il
perdono. Più che la collera di Dio, deve provocare in noi un santo timore la
sua magnanimità generosa e disarmante. Dio, infatti, non è un sovrano
inesorabile che condanna il colpevole, ma un padre amoroso, che dobbiamo amare
non per paura di una punizione, ma per la sua bontà pronta a perdonare”.
Nella parte finale, il Salmo 129
passa dalla descrizione della salvezza personale a quella di tutto il popolo
d’Israele, “redento – osserva il Papa – non solo dalle angustie
dell’oppressione egiziana, ma anche 'da tutte le colpe'”. Una redenzione, ha
aggiunto il Pontefice, che oggi è rivolta alla Chiesa:
“Pensiamo che il popolo della
elezione è il popolo di Dio. Adesso siamo noi e anche la nostra fede si innesta
nella fede comune della Chiesa e proprio così ci dà la certezza che Dio è buono
con noi, ci libera dalle nostre colpe”.
Anche le parole di Sant’Ambrogio
gettano una luce profonda sui “motivi che spingono a invocare da Dio il
perdono” e Benedetto XVI le ripete, ribadendo l’importanza di una pratica
religiosa troppo spesso trascurata da chi si professa cristiano:
“'Abbiamo un Signore buono che vuole perdonare a tutti', egli (Sant’Ambrogio, ndr) ricorda nel trattato
su La penitenza, e
aggiunge: ‘Se vuoi essere giustificato, confessa il tuo misfatto: un'umile
confessione dei peccati scioglie l'intrico delle colpe... Tu vedi con quale
speranza di perdono ti spinga a confessare’. E così il Salmo diventa un
invito alla confessione e al dono della riconciliazione”.
Tra i gruppi di pellegrini
salutati durante le sintesi della catechesi nelle varie lingue, Benedetto XVI
ha rivolto parole particolari, tra gli altri, ai polacchi di Cracovia nella
festa del loro patrono, ai Pellegrini del Rosario accompagnati dai Domenicani
ed ha ricordato, rivolgendosi particolarmente ai giovani, il quarto centenario
della Beatificazione di S. Luigi Gonzaga, patrono mondiale della gioventù.
“Carissimi – ha concluso - la sua eroica testimonianza evangelica vi sostenga
nell’impegno di quotidiana fedeltà a Cristo”.
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Poco prima dell’udienza, mentre
si recava in Piazza San Pietro, Benedetto XVI si è fermato per benedire la
statua di Santa Mariana de Jesus Paredes y Flores (Quito, Ecuador 1618-1645),
beatificata il 20 novembre 1853 da Papa Pio IX e canonizzata il 4 giugno 1950
da Papa Pio XII. La statua è opera dello scultore ecuadoriano Mario Tapia ed è
collocata in una delle nicchie che circondano la Basilica di San Pietro, dal
lato di via delle Fondamenta, nella zona dietro l’abside.
ULTIMI
GIORNI DI LAVORI AL SINODO SULL’EUCARISTIA: OGGI LA PREPARAZIONE
DEGLI
EMENDAMENTI DELLE PROPOSIZIONI
- Intervista con mons. Rino Fisichella -
Ultimi giorni di lavori in
Vaticano per il Sinodo sull’Eucaristia. Domenica prossima Benedetto XVI
chiuderà solennemente l’assemblea sinodale con una Messa in Piazza San Pietro.
Oggi proseguono i cosiddetti Circoli minori con la preparazione degli
emendamenti delle “Proposizioni”, ovvero le proposte che saranno presentate al
Papa. Questa sera dopo le 19.00 i padri sinodali avranno la possibilità di
assistere all’anteprima della fiction televisiva sulla figura di San Pietro del
regista Giulio Base. Ma che si può dire fin qui del Sinodo? Giovanni Peduto lo
ha chiesto al vescovo Rino Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense,
presente ai lavori:
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R. - Direi che questo Sinodo è stato un’intelligenza ancora più
profonda di quello che noi conosciamo ed è stato anche una esperienza di condivisione
e di comunione. L’Eucaristia deve sempre suscitare in noi stupore, meraviglia.
Stupore e meraviglia – come già dicevano gli antichi filosofi – sono l’inizio
di una sempre nuova conoscenza. Quando ci si pone dinanzi ad un mistero cosi
grande come quello dell’Eucaristia, che è la presenza reale, vera, concreta di
Cristo risorto in mezzo a noi, in mezzo alla sua Chiesa. Allora quello che si
può riflettere, si può dire, si può pensare, quello che deve diventare anche
preghiera non è mai sufficiente.
D. - Lei ha parlato in sede di
assemblea sinodale del rapporto tra Eucaristia e cultura…
R. - Il mistero eucaristico fa
cultura e può generare nuova cultura. Sono profondamente convinto di questo.
Penso innanzitutto alla grande sfida che noi abbiamo oggi in questo
particolare, peculiare momento storico. Noi viviamo alcune difficoltà. Siamo in
un momento di passaggio culturale, siamo in un momento di chiusura di un’epoca
e di apertura di una nuova. Ritengo che ci siano alcuni valori che vanno
conservati perché in questo particolare momento sono obnubilati. Penso in modo
particolare al tema della gratuità. Oggi è difficile verificare questa
presenza. Tutto sembra essere avvolto all’interno di una concezione, di una
cultura del possesso. L’Eucaristia mostra, perché è un dono, in che modo
dobbiamo rapportarci alla gratuità e quindi può essere sorgente di gratuità.
Penso ad una società come la nostra dove l’individualismo e il relativismo
portano sempre di più a vivere rinchiusi in se stessi e a non dare segni di
perdono e di amore. Ebbene l’Eucaristia è il segno del perdono che viene dato e
dell’amore. Quindi può essere sorgente ancora di nuova cultura di perdono. Ma
penso anche che, oltre a questi aspetti, ci siano anche quelli più concreti,
quelli più coerenti con il vivere quotidiano. Penso alla costruzione, ad
esempio delle nuove chiese; penso a quante chiese brutte purtroppo noi oggi abbiamo
e che non indicano più lo spazio del sacro e non esprimono più la bellezza del
mistero che noi siamo chiamati a celebrare. E da ultimo io direi anche
abituiamoci a verificare la bellezza del mistero come una sorgente di sempre
nuova conoscenza, come dicevo prima, e quindi lo spazio del silenzio che deve
emergere. La nostra è una società che vive solo di chiasso e che vuole invece
recuperare lo spazio del silenzio. Una società che ha bisogno sempre più di
espressioni di solidarietà che diventino però carità e non soltanto forme di
affabilità, di amabilità. L’Eucaristia esprime, invece, un amore pieno nei
confronti degli altri e quindi trasformazione del mondo, un impatto perché ci
sia sempre più pace e giustizia.
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UN PARROCO CALABRESE, PADRE
GAETANO CATANOSO, TRA I NUOVI 5 SANTI
CHE IL
PAPA PROCLAMERA’ DOMENICA PROSSIMA 23 OTTOBRE:
VEDEVA NEI PIU’ POVERI IL VOLTO SFIGURATO DI
CRISTO CROCIFISSO
- Intervista con mons. Giuseppe D’Ascola -
Domenica prossima 23 ottobre, Benedetto XVI proclamerà 5 nuovi santi: tra
questi il Beato Gaetano Catanoso, sacerdote calabrese, nato nel 1879 e morto
nel 1963. E’ stato parroco in un piccolo paese dell’Aspromonte e fondatore
della Congregazione delle Suore Veroniche del Volto Santo. Tutte le sue opere
partono dalla preghiera e dalla contemplazione: il volto di Cristo – affermava
– è la mia forza. Ha speso la vita per i suoi parrocchiani, con cui ha
condiviso una vita di stenti e di privazioni, come ci riferisce il postulatore
della causa, mons. Giuseppe D’Ascola, che è stato figlio spirituale del nuovo
Santo. L’intervista è di Giovanni Peduto:
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R. – Premetto che ho conosciuto
il Beato Gaetano Catanoso nell’ottobre del 1940, quando io, entrando in
seminario, me lo sono trovato là come padre spirituale. Perciò molte cose delle
quali dirò sono testimone diretto. Gaetano Catanoso è un parroco aspromontano,
nato a Corio di San Lorenzo, piccolo centro dell’Aspromonte. E’ stato parroco
in Aspromonte, a Pentidattilo, per tanti anni. Padre Catanoso era un vulcano di
iniziative. E’ stato confessore di
tutti i monasteri della città di Reggio. E’ stato confessore delle carceri di
Reggio. E’ stato apostolo del Volto Santo. Padre Catanoso era ovunque, perché
là dove non era disponibile un sacerdote, era disponibile padre Catanoso.
D. – A questo proposito, mons.
D’Ascola, vuole illustrarci la caratteristica precipua della sua santità…
R. – Sì, la caratteristica
precipua della santità di padre Catanoso è la devozione all’Eucaristia e al
Volto Santo. Padre Catanoso è vissuto in un piccolo centro dove regnava la
miseria, la malavita, la mafia, la ‘ndrangheta. I bambini erano abbandonati a
se stessi, in mezzo alla strada, nessuno si curava della loro educazione. Padre
Catanoso, quindi, vedeva nel volto sfigurato di questi bambini il volto
sfigurato del Cristo. E allora, ecco la sua devozione al Volto Santo. “Io vedo
in questi bambini – diceva - il volto sfigurato di Gesù”. Ed ebbe la felice
idea di fondare una congregazione religiosa femminile, che fosse come la
Veronica che avendo visto il volto sfigurato di Gesù si avvicinò ad asciugare
quel volto insanguinato. Così le Suore Veroniche dovevano avvicinare questi
bambini, vedendo in loro il volto sfigurato di Gesù.
D. – Lei è stato figlio
spirituale del Catanoso, vuole raccontarci almeno un episodio della sua vita,
che più l’ha colpito…
R. – Di episodi ce ne sono
tanti, ma tanti. Uno che mi è rimasto molto impresso è questo: il modo in cui
lui si comportava con i figli della gente e li difendeva dai soprusi dei
signorotti del Paese. Un signorotto di Pentidattilo avvicinò padre Catanoso e
gli disse: “Tu questo matrimonio non lo dovrai fare”. Era successo che il
figlio di questo signorotto aveva abusato di una povera contadina. Questi due
ragazzi desideravano sposarsi, ma il padre si opponeva. Padre Catanoso gli
disse: “Tu potrai uccidermi, ma io questo matrimonio lo benedirò”. Questo
signorotto se ne andò e padre Catanoso andò in Chiesa e si mise a pregare. Alle
due di notte il signorotto si presentò da padre Catanoso e padre Catanoso gli
disse: “Sei venuto ad uccidermi? Sono qua, prendimi”. Il signorotto di contro:
“Non intendo insistere nella mia richiesta, perché la frase che tu mi hai detto
mi ha colpito profondamente”. Padre Catanoso gli aveva detto: “Io sto
difendendo questa ragazza. E se il papà di questa ragazza fossi stato tu?
Avresti preteso che io benedicessi questo matrimonio”. I due si abbracciarono e
padre Catanoso l’indomani benedisse il matrimonio.
D. - Il messaggio di padre
Catanoso per l’uomo di oggi …
R. – Padre Catanoso è grande, è
veramente il prete di oggi. Ha una parola per i sacerdoti. Egli non disse mai
di “no” al vescovo. Diversi vescovi lo hanno scelto come loro confessore. Ubbidiva
sempre. Non cercava i primi posti. Ha una parola per le suore, perché nelle
Costituzioni egli scrisse che le sue suore dovevano cercare i posti che le
altre religiose rifiutavano: “Le mie suore non avranno bisogno di giardino o di
una casa lussuosa, purché abbiano un letto per dormire e un posto di lavoro per
lavorare”. Padre Catanoso ha una parola anche per i laici: la fedeltà al Papa,
la fedeltà al vescovo. Oggi si mette in discussione questa autorità. I laici è
bene che riscoprano padre Catanoso e la sua fedeltà al Papa, la sua fedeltà alla
Chiesa.
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NOMINA
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo di Cuautitlán, in Messico, mons. Guillermo Rodrigo Teodoro Ortiz
Mondragón, finora vescovo titolare di Novabarbara e ausiliare di México.
Mons. Ortiz Mondragón è nato a
Toluca, allora arcidiocesi di México, il 13 marzo 1947. A Roma ha ottenuto la
Licenza in psicologia presso la Pontificia Università Salesiana. E’ stato
ordinato sacerdote il 5 giugno 1976 e consacrato vescovo il 4 marzo 2000.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l’udienza generale.
Servizio
vaticano - Due pagine dedicate al tema dell’Eucaristia.
Servizio
estero - Iraq: si è aperto a Baghdad il processo contro l’ex dittatore Saddam
Hussein.
Servizio
culturale - Un articolo di Paola Baioni sulla visione cristiana nelle ultime
poesie di Mario Luzi.
Un
articolo di Marco Impagliazzo dal titolo “Sarajevo: il dovere di non
dimenticare”; un volume di Alberto Bobbio ripropone drammatiche scene di vita
nella città durante la guerra.
Servizio
italiano - Voto: non ci sarà l’“election day”; Berlusconi respinge la proposta
di Prodi.
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19
ottobre 2005
SEI MESI FA L’ELEZIONE AL SOGLIO PONTIFICIO DEL
CARDINALE RATZINGER
- Interviste con mons. Bruno Forte e il prof.
Andrea Riccardi -
Sei mesi fa, il 19 aprile
scorso, il cardinale Joseph Ratzinger veniva eletto 264.mo Successore di
Pietro. Riviviamo i primi momenti di questi mesi di Pontificato di Benedetto
XVI nel servizio di Sergio Centofanti:
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“Habemus papam…” (Annuncio del
cardinale protodiacono Jorge Arturo Medina Estévez)
(Prime
parole di Benedetto XVI)
“Cari fratelli e care sorelle,
dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un
semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il
Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi
affido alle vostre preghiere, nella gioia del Signore risorto, fiduciosi del
Suo aiuto permanente. Andiamo avanti, il Signore ci aiuterà, e Maria, Sua
Santissima Madre, sta dalla nostra parte. Grazie.”
Benedetto XVI si presenta in
modo semplice alla Loggia centrale della Basilica Vaticana, poco prima delle
19.00. Chiede a tutti di pregare per lui. Appena il giorno prima aveva
presieduto la Missa pro eligendo Romano Pontifice pregando il Signore
perché donasse alla Chiesa un pastore secondo il cuore di Giovanni Paolo II,
“un pastore – aveva detto – che ci guidi alla conoscenza di Cristo, al suo
amore, alla vera gioia”, facendo “la verità nella carità”. Il giorno dopo
durante la Messa nella Cappella Sistina indica alcune priorità del suo
Pontificato: proseguire decisamente nell’attuazione del Concilio Vaticano II,
l’ecumenismo, che definisce “impegno primario”, il dialogo aperto e rispettoso
con le altre religioni e con tutta l’umanità, in particolare i giovani, la pace
e lo sviluppo autentico per tutto il mondo. Domenica 24 aprile, celebra la
Messa solenne di inizio Pontificato e parla del suo programma:
“Il
mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire
mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e
della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso
a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia”.
Quindi riprende le parole di Giovanni Paolo II:
“Non abbiate paura, aprite anzi spalancate le porte a Cristo!”:
“Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura - se lasciamo entrare
Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a lui – paura che
Egli possa portar via qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura di
rinunciare a qualcosa di grande, di unico, che rende la vita così bella? Non
rischiamo di trovarci poi nell’angustia e privati della libertà? Ed ancora una
volta il Papa voleva dire: no! chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla –
assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No! solo
in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia si
dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in
quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera. Così, oggi,
io vorrei, con grande forza e grande convinzione, a partire dall’esperienza di
una lunga vita personale, dire a voi, cari giovani: non abbiate paura di
Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo.
Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo – e troverete la vera vita. Amen”.
Ma su questi primi sei mesi di Pontificato
ascoltiamo due brevi testimonianze: quella dell’arcivescovo di Chieti-Vasto
Bruno Forte e del fondatore della Comunità di Sant’Egidio il prof. Andrea
Riccardi. Le interviste sono di Tiziana Campisi:
D. –
Mons. Forte, come leggere questo Pontificato? Che cosa emerge della personalità
di Benedetto XVI?
R. – Se stesso, cioè un uomo di fede profonda, di
straordinaria intelligenza e preparazione teologica, di grande sobrietà nei
gesti, che è proprio così perché è se stesso, perché non ha nulla di estrinseco
alla verità del suo cuore. Riesce ad andare dritto al cuore della gente.
D. –
Secondo lei, verso quali nuovi orizzonti sta andando la Chiesa con questo
Pontificato?
R. – Verso l’orizzonte di una più grande corresponsabilità
di tutti i battezzati, di una collegialità viva dei vescovi, nel servizio
comune della causa del Vangelo, che è offrire al mondo la verità, cioè l’amore
di Dio in Gesù Cristo, come speranza e salvezza degli uomini.
D. –
Professor Riccardi, a sei mesi dall’elezione di Benedetto XVI cosa si può dire?
R. – Mi
sembra sia un Pontificato della “parola”. E per capire questo Pontificato
bisogna ascoltare. Questo è il punto fondamentale di questo Pontificato.
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19 ottobre 2005
“VI SONO BUONE SPERANZE
PER IL FUTURO DELLA CHIESA IN AFGHANISTAN”:
COSÌ IL NUNZIO APOSTOLICO IN PAKISTAN,
L’ARCIVESCOVO ALESSANDRO D’ERRICO,
DI RITORNO DA KABUL. IL PRESULE PARLA DI
MIGLIORAMENTI NEL PAESE
A LIVELLO SOCIALE, ECONOMICO E SPIRITUALE
ISLAMABAD/KABUL. = “Sono molto
contento di quello che ho visto e che ho udito. Vi sono buone speranze per il
futuro della Chiesa in Afghanistan”: è quanto ha dichiarato il nunzio apostolico
in Pakistan, l’arcivescovo Alessandro D’Errico, a conclusione del suo viaggio
pastorale in Afghanistan, il 12 ottobre scorso. Il presule ha visitato la
comunità cattolica di Kabul, composta da missionari, diplomatici, operatori
umanitari, funzionari di organizzazioni internazionali e militari. Giunto
all’aeroporto della capitale afghana il 9 ottobre, l’arcivescovo è stato ospitato
presso Camp Invicta, sede del contingente “Italfor 11”, dove ha incontrato i
soldati italiani e celebrato la Santa Messa alla presenza delle autorità civili
e militari. Mons. D’Errico ha anche avuto l’occasione di osservare l’attività umanitaria
curata dalle truppe italiane a favore dei bambini di una scuola nel villaggio
di Kamarì, a pochi chilometri da Kabul. In questa occasione, l’arcivescovo ha
sottolineato i miglioramenti del Paese a livello sociale, economico e
spirituale, rispetto all’ultima visita compiuta due anni fa. Il nunzio ha
ringraziato padre Giuseppe Moretti, superiore della Missio sui iuris in
Afghanistan e ha assicurato l’apprezzamento della Santa Sede per il prezioso
lavoro compiuto da oltre 70 anni nel Paese dai Frati Barnabiti. Un ringraziamento
speciale è stato rivolto poi all’Ambasciata Italiana a Kabul, unica sede
diplomatica che ospita una cappella e un cappellano ufficialmente riconosciuti
dal governo afghano. L’arcivescovo ha indicato poi le priorità per la Chiesa in
Afghanistan: prima di tutto, il contributo per la ricostruzione del Paese, che
significa continuare nell’impegno profuso in opere di carità e solidarietà. La
seconda priorità è favorire il dialogo interreligioso e l’ecumenismo,
continuando a costruire ponti di amicizia con le altre religioni, per cercare
il bene autentico di ogni persona e della società. “Anche nei rapporti
islamo-cristiani – ha detto l’arcivescovo D’Errico – occorre riaffermare i
valori di reciproco rispetto, solidarietà e pace, sostenendo la sacralità della
vita di ogni esser umano e la dignità di ogni persona”. Il presule ha ricordato
la presenza del presidente afghano, Hamid Garzai, alla cerimonia funebre di
Giovanni Paolo II, esprimendo l’auspicio che presto si possano stabilire piene
relazioni diplomatiche fra la Santa Sede e la Repubblica di Afghanstan. (R.M.)
“PIÙ COERENZA NELLE POLITICHE
DEMOGRAFICHE”: È QUANTO CHIEDONO
ALL’UNIONE
EUROPEA LE CHIESE E LE ORGANIZZAZIONI CRISTIANE D’EUROPA
CHE SI
OCCUPANO DI IMMIGRATI E DI GIOVANI
BRUXELLES. = “Maggiore coerenza”
nelle politiche demografiche dell’Unione europea: è quanto chiedono la
Conferenza delle Chiese europee (CEC), la Commissione delle Chiese per i
migranti in Europa (CCME), il Consiglio ecumenico dei giovani in Europa (EYCE)
ed Eurodiaconia, federazione di 43 organizzazioni di solidarietà, in
riferimento al Libro Verde dell’Unione sui cambiamenti demografici. Salutando
con favore gli sforzi della Commissione europea in questo ambito, le Chiese e
le organizzazioni cristiane chiedono “soluzioni per una nuova qualità di
relazioni tra le generazioni, tra il tempo dedicato alla famiglia e al lavoro e
per l’integrazione dei migranti”. Il contributo dei cristiani evidenzia,
infatti, “una mancanza di coesione nelle politiche europee nei confronti dei
cambiamenti demografici”. Andrebbero riviste, a loro avviso, le “linee guida
integrate sulla crescita e il lavoro”, “tenendo presenti le sfide dei cambiamenti
demografici e la necessità di una migliore coesione delle politiche sociali,
economiche e ambientali”. "Le politiche migratorie europee – sottolineano
– non dovrebbero considerare solo i benefici economici o i problemi delle
migrazioni, ma avere attenzione anche per i diritti e i bisogni dei migranti,
tenendo presente cosa rappresenta la sfida delle migrazioni per le società che
accolgono e gli effetti delle migrazioni sui Paesi d’origine”. Le Chiese e le
organizzazioni cristiane appoggiano la scelta di un “approccio amichevole e
familiare” nelle politiche europee, ossia “politiche coerenti che tengano conto
delle condizioni di vita delle famiglie in ogni ambito”. (R.M.)
ALLARME
IN EUROPA PER IL VIRUS DELL’INFLUENZA AVIARIA, DOPO CHE ALCUNI CEPPI VIRALI
SONO STATI TROVATI IN ROMANIA, TURCHIA E GRECIA. LE AUTORITÀ EUROPEE AL LAVORO
PER EVITARE UNA PANDEMIA. INTANTO, LA FAO AVVERTE:
E' AUMENTATO IL RISCHIO CHE IL
VIRUS POSSA DIFFONDERSI ANCHE IN MEDIO ORIENTE E NEI PAESI AFRICANI
- A cura di Giovanni Del
Re -
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LUSSEMBURGO.
= “Occorre una reazione internazionale coordinata per far fronte alla minaccia
mondiale costituita dall’influenza aviaria”: è un messaggio chiaro e allarmato
quello lanciato dai ministri degli Esteri dei 25, riuniti ieri a Lussemburgo
per un vertice straordinario. Un incontro avvenuto dopo la scoperta del virus
dell’Influenza aviaria anche in Grecia, ormai dunque nell’Unione Europea, dopo
i casi in Turchia e Romania. In quest’ultimo Paese – va aggiunto – è stato
trovato un secondo focolaio. Sospetti anche per la Macedonia. “Non possiamo
proteggerci singolarmente, occorre un’azione coordinata”, ha detto anche il
commissario europeo alla Sanità, Markos Kyprianou. Tuttavia
lo stesso commissario ha voluto precisare che la scoperta del virus anche in
Grecia non aumenta di per sé i rischi di una pandemia in Europa di un’influenza
passata all’uomo. “Il passaggio all’uomo – ha detto comunque il ministro degli
Esteri britannico, Jack Straw, presidente di turno dell’Unione Europea – ancora
non c’è stato e non bisogna dunque diffondere il panico, anche se – ha aggiunto
il ministro – bisogna prepararsi”. Per questo, la presidenza britannica sta
elaborando un piano di azione completo che sarà sottoposto a breve agli esperti
e conterrà azioni a livello comunitario per prevenire e controllare una
diffusione dell’influenza aviaria e misure per migliorare la preparazione a
un’emergenza pandemia. Intanto, gli Stati membri stanno seguendo l’appello del
commissario Kyprianou a dotarsi di scorte di antivirale
con l’obiettivo di raggiungere il livello minimo indicato dall’Organizzazione
mondiale della Sanità di una copertura del 25 per cento della popolazione.
Domani, nuovo vertice, questa volta in Inghilterra, con i ministri della
Sanità.
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I SOPRAVVISSUTI ALLO TSUNAMI DEL 26 DICEMBRE NEL SUDEST
ASIATICO SONO
ANCORA
VITTIME DI VIOLENZE SESSUALI E ARRESTI ARBITRARI: E’ QUANTO EMERGE DA UNO
STUDIO PUBBLICATO OGGI DA 3 ORGANIZZAZIONI PER I DIRITTI UMANI.
INCOMPETENTI
E CORROTTI I FUNZIONARI ADDETTI ALLA RICOSTRUZIONE
LOS ANGELES. = Mentre gli ufficiali governativi, corrotti o
incompetenti, sprecano i fondi destinati alla ricostruzione, i sopravvissuti
allo tsunami dello scorso 26 dicembre nel sudest asiatico subiscono ancora
gravi violazioni dei diritti umani, come violenze sessuali e arresti
arbitrari: è quanto denunciano il Centro per i diritti umani di Berkeley, in
California; la California University e il Centro East-West delle Hawaii, in un
rapporto pubblicato oggi, dopo un ricerca condotta in India, Indonesia,
Sri Lanka, Thailandia e Maldive. “I bambini che vivono nelle zone di conflitto
militare – viene sottolineato nel rapporto – sono stati arruolati a forza nelle
milizie locali ed in alcuni casi i governi hanno impedito di portare aiuti alle
popolazioni che vivono nelle zone dove opera l’esercito”. La denuncia punta il
dito anche contro la “diffusa ingiustizia” nella distribuzione degli aiuti
dovuta a favoritismi, influenza politica, incompetenza o affiliazione a caste.
(R.M.)
GLI SCIENZIATI COREANI PRESENTANO UNA
“CARTA ETICA” CHE TUTELA IL RISPETTO DELLA VITA UMANA NELLA RICERCA SULLE
CELLULE STAMINALI EMBRIONALI
SEOUL. = La Società coreana per la
biologia molecolare e cellulare (SCBMC) ha redatto una “Carta etica per gli
studiosi di scienze biologiche” dove vengono fissate alcune linee guida che
tutelano gli embrioni umani. Lo ha reso noto in questi giorni Park
Sang-chul, direttore della SCBMC e docente all’Università nazionale di
Seoul. “Questa carta etica – ha detto Park – è un insieme di regole che noi
scienziati ci siamo dati per garantire il massimo rispetto della vita umana
negli studi scientifici. È una semplice dichiarazione, ma è molto
significativa. Inoltre abbiamo in programma di concordare nuove linee guida con
altri gruppi di scienziati organizzati”. In Corea è già in vigore una
legge a tutela degli embrioni umani, ma questa è la prima volta che gli
scienziati di una nazione redaggono una carta etica di propria iniziativa. Con
più di 5000 membri, fra cui Hwang Woo-suk, pioniere della ricerca sulle cellule
staminali, la SCBMC è la più grande associazione di scienziati della Corea.
(R.M.)
AL VIA
OGGI FINO AL 23 OTTOBRE A FRANCOFORTE, IN GERMANIA, LA 57.MA EDIZIONE DELLA
“BUCHMESSE”, LA FIERA DEL LIBRO PIU’ GRANDE DEL MONDO,
DEDICATA
QUEST’ANNO ALLA COREA
FRANCOFORTE. = Dedicata quest’anno alla Corea, si è
aperta oggi a Francoforte, in Germania, la 57.ma edizione della “Buchmesse”, la
Fiera del libro più grande del mondo. Alla rassegna partecipano 110 nazioni con
7200 espositori. I visitatori attesi sono circa 270 mila. In vista dei
campionati mondiali di calcio 2006, che si terranno la prossima estate in Germania,
un intero padiglione si occupa solo di libri sul calcio di tutto il mondo e
sono previste anche partite tra scrittori tedeschi e coreani. L’Italia è rappresentata
a Francoforte dal ministro per i Beni e le Attività culturali, Rocco Buttiglione,
accompagnato dal nuovo ambasciatore in Germania, Antonio Puri Purini. Un momento
importante della presenza italiana alla Buchmesse è rappresentato dal premio
per la migliore guida tedesca sull’Italia, che quest’anno è stato assegnato a
Peter Amann, autore di un manuale di viaggio sulle isole Eolie, edito dalla
Iwanowski’s Reisebuchverlage. Alla cerimonia di apertura della Buchmesse il
presidente del Pen-Club tedesco, Johano
Strasser, ha ricordato i 700 casi di maltrattamenti o incriminazioni di
scrittori, giornalisti e editori registrati nel mondo solo nella prima metà del 2005. Tra questi 15 sono stati uccisi,
12 sono dispersi e 10 rapiti. Si tratta di violazioni avvenute non solo in
Stati asiatici, sudamericani o arabi, ha detto Strasser, ricordando che anche
in Occidente, nell’ambito della lotta al terrorismo, si ricorre ora spesso a
limitazioni della libertà di opinione e di pubblicazione. La Fiera di
Francoforte si concluderà con la tradizionale consegna, domenica 23 ottobre,
del premio per la pace dei librai tedeschi, attribuito quest’anno allo
scrittore turco, Orhan Pamuk. (R.M.)
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19 ottobre 2005
- A cura di Amedeo Lomonaco -
E’ iniziato stamani a
Baghdad il processo, aperto al pubblico e alla stampa, contro l’ex presidente
iracheno, Saddam Hussein, accusato di crimini contro l’umanità. Il processo si
svolge in una sala di un ex museo che custodiva i doni offerti dai dignitari
stranieri all’ex rais. Il nostro servizio:
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“Conservo i miei
diritti costituzionali come presidente dell’Iraq”. Dopo queste parole Saddam ha
definito “illegale” il tribunale che lo deve giudicare e ha rifiutato di
fornire le sue generalità. Rivolgendosi al magistrato ha detto: “Tu sai chi
sono. Tu sei iracheno e sai molto bene che non mi arrendo”. “Per rispetto al glorioso
popolo iracheno - ha aggiunto - mi rifiuto di rispondere”. Saddam, apparso dimagrito,
è entrato per ultimo nell’aula, con passo lento e con il Corano sotto il braccio.
L’ex dittatore poco prima dell’apertura si è incontrato con
alcuni alti funzionari del governo iracheno e poi si è seduto accanto al fratellastro Barzan
al-Tikriti, ex capo dei servizi segreti. L’udienza è stata poi brevemente sospesa
per problemi all'impianto audio. Durante il processo dovrà rispondere a
imputazioni per crimini di guerra e contro l’umanità, tra le quali anche il
massacro di migliaia di curdi nel 1988. Il primo capo d’accusa riguarda la
strage di sciiti avvenuta l’8 luglio del 1982 nel villaggio di Dujail. Su questa
strage, Saddam si è dichiarato “non colpevole”. Quel giorno Saddam, dopo essere
uscito illeso da un’imboscata nei pressi di Dujail, ordinò di deportare 900
persone in un lager in mezzo al deserto. Dopo un processo sommario, 143 persone
furono condannate a morte e uccise. Il tribunale speciale iracheno ha deciso di
esaminare per primo questo drammatico episodio ritenendo di disporre di una
documentazione ampia e chiara. Prima dell’inizio del procedimento giudiziario,
proprio gli abitanti di Dujail hanno sfilato, stamani, contro Saddam. Tra le
strade di Tikrit, città sunnita di origine dell’ex rais, si è tenuta invece una
manifestazione in favore del deposto presidente iracheno. La difesa di Saddam,
che rischia di essere condannato a morte, è stata assunta per l’udienza di oggi
da un avvocato sunnita di 42 anni che ha già anticipato di voler richiedere un
rinvio del processo di qualche settimana. Il legale ha anche detto che “la sentenza è stata già scritta”. I giudici sono cinque e
come presidente del collegio dei giudici è stato nominato un magistrato di
etnia curda. Gli avvocati dell’accusa e della difesa non
sono autorizzati a procedere ad interrogatori diretti, ma devono far richiesta
al giudice, l’unico autorizzato a condurre l’interrogatorio. A Baghdad, infine,
si deve registrare un grave episodio: uomini armati hanno assassinato il
sindaco della capitale irachena.
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Ma che tipo di processo è questo a Saddam? Risponde
al microfono di Amedeo Lomonaco il professore di diritto internazionale
all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Ugo Draetta:
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R. – E’
un processo iracheno, dello Stato iracheno, che ha istituito un tribunale speciale
per giudicare un iracheno per crimini commessi in Iraq. Non è il tribunale penale
internazionale, il quale non avrebbe potuto essere utilizzato, perché i crimini
commessi sono stati posti in essere prima dell’istituzione del Tribunale penale
internazionale. Né Iraq, né Stati Uniti hanno inoltre sottoscritto il trattato
che l’ha istituito. Quindi, non è un tribunale internazionale. Non è nemmeno
assimilabile al processo di Norimberga, perché il processo di Norimberga fu un
processo tedesco, gestito dalle potenze occupanti. Quindi, l’autorità la esercitavano
i quattro Stati vincitori. Questo è un tribunale iracheno, dello Stato iracheno,
e la presenza americana lì non lo qualifica come un tribunale delle potenze
occupanti.
D. – Uno degli avvocati
difensori di Saddam ha detto che la sentenza è già stata scritta. Può essere
davvero così?
R. – E’ ovvio che il difensore
dica queste cose. Non so se la sentenza sia stata scritta. Non credo, anzi. Non
so come i giudici valuteranno i crimini di Saddam. Certo la sentenza non sarà
stata scritta, ma è presumibile la sentenza di condanna. E’ importante, però,
che il processo ci sia e non ci sia giustizia sommaria.
D. – Le decisioni di avviare il
processo e di affidare il giudizio di Saddam ad un tribunale iracheno sono,
quindi, i due passi fondamentali di questo procedimento giudiziario?
R. – Saddam è giudicato dai suoi
concittadini, i quali sono chiamati a fare i conti con il loro passato per
avviarsi su questo faticoso cammino della democrazia, che non può cominciare se
non si fanno i conti con il passato. Il fatto che l’Iraq lo processi è una
buona cosa e che siano gli iracheni a farlo è un barlume di speranza in un’area
ancora così conflittuale.
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Venti persone sono
state arrestate in Iran in relazione agli attentati di sabato scorso ad Ahvaz,
nel sud del Paese. Lo ha annunciato il governo iraniano, che ha anche accusato
la Gran Bretagna di essere coinvolta negli attacchi. Due ordigni erano esplosi
in un quartiere commerciale della città, causando la morte di sei persone. Da
Londra è stato seccamente smentito qualsiasi coinvolgimento.
Una forte scossa di
assestamento, che fortunatamente non sembra aver provocato vittime, è stata
avvertita in Pakistan, nelle zone colpite dal disastroso terremoto dello scorso
8 ottobre che ha ucciso, secondo un ultimo bilancio ancora provvisorio, oltre
47 mila persone. In un dramma così grande, il terremoto sembra comunque aver
influito in modo positivo nelle relazioni tra India e Pakistan. Il servizio di
Maria Grazia Coggiola:
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Il
governo indiano ha accolto con qualche perplessità la proposta del presidente
pachistano, Pervez Musharraf, di aprire i confini in Kashmir per permettere a
chiunque di prestare aiuto e soccorso alle vittime del sisma, che lo scorso 8 ottobre
ha devastato la regione himalayana. Il presidente pakistano ha lanciato l’idea
ieri, in una conferenza stampa, nel suo secondo discorso televisivo alla nazione.
E’ un annuncio storico. Da oltre mezzo secolo la linea di controllo, la trincea
che divide i due territori contesi del Kashmir, è uno dei posti più militarizzati
del mondo, dove India e Pakistan hanno combattuto tre guerre. In un comunicato
diffuso ieri sera il ministro degli Esteri indiano ha detto che si aspetta di
vedere le proposte concrete di Islamabad. La diplomazia del terremoto, come è
stata soprannominata da alcuni giornali indiani, ha già portato ad alcuni avvicinamenti.
L’India finora ha inviato tre carichi di aiuti umanitari e proprio ieri lo
Stato di Jammu e Kashmir ha ripristinato alcuni collegamenti telefonici con il
versante pakistano. Intanto, per quanto riguarda le operazioni di soccorso nel
nord del Pakistan la situazione è ancora drammatica. Ci sarebbero mezzo milione
di terremotati ancora isolati. Una bimba di sei anni è stata trovata ieri da
alcuni soccorritori chiusa in un armadio, sotto le macerie della sua casa, a
Balakot.
Da New Delhi, per la Radio
Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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L’uragano Wilma si è rafforzato
ulteriormente, raggiungendo nel giro di poche ore il massimo grado di
pericolosità registrato finora, ovvero il livello 5. Lo ha annunciato il centro
statunitense di monitoraggio degli uragani, basato a Miami. I venti di Wilma, secondo
l’ultima registrazione, soffiano alla velocità di 280 chilometri all’ora.
L’uragano si trova a 280 km a sud/sud-ovest delle isole Cayman e a 655 km a
sud-est di Cozumel nel Messico e sembra stia virando lentamente verso lo Yucatan. Potrebbe entrare nel Golfo del Messico
e dirigersi in direzione nord-est, facendo rotta sulla Florida. Anche alcune aree
di Cuba, secondo gli esperti, sono a rischio. Wilma, la ventunesima tempesta
tropicale dell’Atlantico e il dodicesimo uragano di questa stagione (che si
concluderà tra sei settimane), con le sue piogge torrenziali ha già fatto una
decina di morti per frane e smottamenti a Haiti.
In Italia si voterà il
prossimo 9 aprile. Lo ha confermato il ministro dell’Interno. Il leader
dell’Unione, Romano Prodi, propone di accorpare la votazione per le politiche
con quella per le amministrative. Il premier Silvio Berlusconi non è però
d’accordo. Intanto il presidente italiano, Carlo Azeglio Ciampi, ha reso ieri
l’ultimo omaggio al vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria,
Francesco Fortugno, ucciso domenica scorsa in un seggio di Locri. Rivolgendosi
ai calabresi Ciampi ha detto: “Reagite con fermezza, non siete
soli, l’Italia tutta è con voi”.
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