RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 286 - Testo della trasmissione di giovedì 13 ottobre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Al termine degli interventi in aula dei Padri sinodali, nella Conferenza stampa di stamani si è parlato, tra l’altro, di comunione per i divorziati risposati e di celibato sacerdotale. Tra i temi di questi giorni, una riflessione sulla prevista riconsegna alla Custodia di Terra Santa dell’edificio del Cenacolo: con noi, padre David Jaeger

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In Iraq sarà pubblico il processo a Saddam Hussein: l’annuncio a due giorni dal referendum sulla Costituzione. Del testo parliamo con il prof. Luigi Bonanate

 

“La ricerca per curare e prendersi cura”. Questo il titolo del VII Congresso nazionale dell’Associazione Fatebenefratelli per la ricerca biomedica e sanitaria svoltosi recentemente a Benevento: ai nostri microfoni Paolo Maria Rossini

 

Il rapporto speciale tra Papa Wojtyla e la capitale al centro della mostra “Giovanni Paolo II e Roma”, presentata ieri: con noi Walter Veltroni, mons. Luigi Moretti e Alessandro Nicosia

 

CHIESA E SOCIETA’:

Appello di alcune organizzazioni cristiane all’Unione Europea perché vengano rispettati i diritti dei migranti e di quanti chiedono asilo

 

Koïchiro Matsuura rieletto direttore generale dell’UNESCO

 

Al drammaturgo inglese Harold Pinter il Nobel per la Letteratura

 

Il governo israeliano cede 50 ettari di terreno per la realizzazione di un parco sulla vita di Gesù

 

Save the Children si mobilita per aiutare i bambini e le loro famiglie colpiti in Pakistan, India e Afghanistan dal terremoto di sabato scorso

 

      Da domani in calabria il via al XVIII Colloquio internazionale di mariologia

 

24 ORE NEL MONDO:

 Nella repubblica russa di Kabardino-Balkariya, almeno 60 morti in scontri tra ribelli e agenti di polizia

 

Il Pakistan colpito nella notte da un’altra scossa. Almeno 25 mila i morti per il terremoto di sabato

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

13 ottobre 2005

 

 

DOPO I SINGOLI INTERVENTI, I PADRI SINODALI STUDIANO IN GRUPPI

LE PROPOSTE FINALI DA SOTTOPORRE AL VOTO DELL’ASSEMBLEA. IERI POMERIGGIO,

LA RELAZIONE DEL CARDINALE SCOLA AL TERMINE DEL DIBATTITO IN AULA

- A cura di Alessandro De Carolis e Giovanni Peduto -

 

Dopo una decina di giorni quasi ininterrotti di sessioni plenarie in Aula, i partecipanti al Sinodo sull’Eucaristia dedicano oggi l’intera giornata alle riunioni per gruppi linguistici, i cosiddetti “circoli minori”, destinati a produrre le relazioni da sottoporre poi al voto dell’assemblea. Intanto, nella tarda mattinata di oggi, il cardinale Arinze e altri padri sinodali hanno fatto il punto sui lavori dell’assise incontrando i giornalisti in Sala stampa vaticana e rispondendo alle loro domande sui temi “caldi” del Sinodo. Alessandro De Carolis:

 

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La comunione ai divorziati risposati, il celibato sacerdotale, la crisi occidentale che porta i credenti, con la perdita del senso del sacro, a non comprendere più il mistero dell’Eucaristia. Il cardinale Francis Arinze ha affrontato con l’ausilio di quattro padri sinodali, tra cui i cardinali Sandoval e Toppo e l’arcivescovo John Foley, alcuni degli argomenti del Sinodo che in questi giorni hanno interessato maggiormente stampa e media. Tra i primi interventi, il cardinale Juan Sandoval Iñiguez, arcivescovo messicano di Guadalajara, ha voluto sottolineare con gratitudine l’atteggiamento tenuto da Benedetto XVI durante questa prima parte del Sinodo:

 

“Con tanta semplicità, ha voluto anche lui parlare in Aula. Ha voluto fare la prima riflessione spirituale lunedì: una bellissima riflessione, così, a braccio, senza testo... Ci ha lasciati tutti con un sapore spirituale molto profondo. Poi, la sera c’era un’ora libera, dalle sei alle sette, per intervenire per alzata di mano, e anche lui ha voluto partecipare, per mettere in luce qualche punto, con tanta saggezza, come se fosse uno di noi. Mi è sembrato un uomo in carne ed ossa e molto 'pastore'”.

 

Al cardinale Arinze è toccato invece ribadire, tra l’altro, la posizione della Chiesa in merito alla delicata questione della comunione ai divorziati risposati:

 

“Non vediamo questo come legge della Chiesa, ma come legge di Dio. La questione è: se due persone sono sposate, e se quel matrimonio è valido davanti a Dio e davanti alla Chiesa, però quel matrimonio non è riuscito, eh bè, è così: non abbiamo il potere di sciogliere un matrimonio che è valido davanti a Dio e alla Chiesa. Che cosa fare? Una cosa è avere compassione per loro perché soffrono, tutt’altra cosa dire che possono trovare un altro marito o un’altra moglie e vivere insieme e ricevere la comunione. Perché quello che fanno adesso non riflette più quell’immagine di matrimonio che la nostra fede ci insegna. Sono membri della Chiesa ma in quello stato non possono con verità di vita accedere alla comunione. Noi siamo solo ministri, e dobbiamo rispondere davanti a Dio: ecco il problema”.

 

Sul tema del celibato sacerdotale, che ha sollecitato diversi interventi durante le relazioni in Aula, il vescovo ucraino, Sofron Stefan Mudry, illustrando lo scenario del suo Paese, ha riferito delle “gravi difficoltà sociali” e dei problemi pratici cui vanno incontro gli uomini sposati ordinati al sacerdozio, dalla carenza di case, all’impossibilità talvolta di spostarsi da una parrocchia a un’altra a causa, ad esempio, dei figli in età scolare. Situazioni che, ha osservato, contrastano con la dedizione che il ministero richiede:

 

“E’ un problema, non una soluzione. Voi sapete che nelle Chiese orientali cattoliche ci sono sacerdoti sposati; tre-quattro padri di queste Chiese sono intervenuti dicendo che nonostante sia previsto il matrimonio dei sacerdoti, ci sono egualmente crisi vocazionali, i sacerdoti non hanno tempo per studiare, devono lavorare molto per la moglie ed i figli; a volte divorziano, a volte chiedono che il vescovo mantenga il sacerdote, la moglie ed i figli...”

 

Un giornalista, quindi, ha sollevato la questione se il Sinodo abbia voluto restringere la possibilità di animare la liturgia eucaristica con canti o espressioni più legate al folklore locale. Il cardinale Arinze ha risposto che di restrizione si può parlare se ciò significa impedire liturgie “metà ricreazione e metà Messa”. Pur se giusto che i riti liturgici abbiano “il sapore della cultura del popolo” che li celebra, l’inculturazione che ne è alla base – ha soggiunto il cardinale Sandoval Iñiguez – deve suscitare “non il divertimento ma l’interiorizzazione”. L’inculturazione “è esigente” – ha ripreso il cardinale Arinze – ed ha bisogno di uno studio interdisciplinare che va dalla teologia all’etnologia. Un altro capitolo ha riguardato il rapporto con la tradizione orientale. Sempre il cardinale Arinze ha messo in guardia dalla “tentazione di copiare elementi da un rito e di trasferirli in un altro”, ad esempio dalla liturgia orientale a quella latina. Ciò che è importante – ha affermato – è “capire il proprio rito e viverlo e celebrarlo con fedeltà, fede e devozione”. Mons. Mudry, inoltre, ha voluto chiarire la proposta di un Sinodo delle Chiese orientali avanzata in aula dal cardinale ucraino Husar: tale Sinodo riguarderebbe le Chiese cattoliche orientali e non quelle ortodosse.

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Ieri i lavori sinodali erano arrivati al giro di boa con la relatio post disceptationem del relatore generale, cardinale Angelo Scola, che ha offerto in aula la sintesi degli interventi dei giorni scorsi elencando elementi, orientamenti, problemi, emersi nei nove giorni di dibattito. Ci riferisce Giovanni Peduto:

 

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In linea di massima, dagli interventi dei Padri è emerso un orientamento di fondo: il superamento di ogni dualismo fra dottrina e pastorale, fra teologia e liturgia. Non esiste una dottrina avulsa dalla vita; né si può pensare alla concreta esistenza cristiana indipendentemente dal contenuto normativo della fede. Numerosi interventi hanno rilevato le oggettive difficoltà che il popolo cristiano, immerso in una cultura secolarizzata, incontra ai nostri giorni nel credere e celebrare l’Eucaristia. E, tuttavia, questo stesso mondo è profondamente assetato di bellezza e di verità. Pertanto in aula è emersa con forza la grave responsabilità dei pastori in ordine all’evangelizzazione e alla nuova evangelizzazione.

 

Il relatore ha ricordato poi l’articolata discussione avvenuta in aula sul rapporto tra il carattere di dono proprio dell’Eucaristia e il diritto dei fedeli di ricevere dai pastori la Parola di Dio e i sacramenti, principalmente l’Eucaristia che esprime in modo supremo l’amore di Cristo per il Padre e l’amore del Padre per Lui. Dato per scontato che nelle ‘sacre specie’ Gesù Cristo è realmente e sostanzialmente presente, si è rilevata l’opportunità di un approfondimento teologico e catechetico della presenza reale’, in considerazione pure del fatto che l’ecclesiologia eucaristica può gettare nuova luce anche su talune questioni di grande attualità per il cammino ecumenico. Più interventi hanno suggerito di  approfondire meglio l’intero percorso dell’iniziazione cristiana e principalmente il legame fra Eucaristia e Penitenza, su cui si sono soffermati numerosi Padri. La responsabilità del vescovo nei confronti della vita liturgica della diocesi e, soprattutto, della celebrazione dell’Eucaristia, è stata ricordata in aula più volte, assieme al ruolo della parrocchia come dimora e scuola di preghiera, luogo di riferimento fondamentale per il Popolo di Dio.

 

Altro tema ricorrente è stato il rapporto fra Eucaristia e missione, in quanto l’Eucaristia è la sorgente vitale della missione; così pure la connessione fra Eucaristia e martirio, Eucaristia e dialogo interreligioso, Eucaristia e cultura. Altri Padri hanno sottolineato la dimensione antropologica, cosmologica e sociale dell’Eucaristia. Non pochi di essi hanno ricordato con gratitudine il benefico influsso che la riforma liturgica, attuata a partire dal Concilio Vaticano II, ha avuto per la vita della Chiesa. Si è rilevata pure l’importanza dell’arte e dell’architettura sacra per l’azione liturgica, ma soprattutto, nel contesto dei numerosi richiami alla catechesi liturgica, ha trovato posto di rilievo il tema della mistagogia. Posto privilegiato negli interventi ha avuto la Liturgia della Parola in funzione dell’Eucaristia, e l’omelia come elemento costitutivo della Liturgia della Parola. Quanto alla partecipazione dei fedeli alla liturgia eucaristica i Padri hanno affermato che si deve vigilare perché essa non si limiti ad un atteggiamento esteriore ma, sulle orme di Maria ‘donna eucaristica’, diventi un vero ‘agire’ liturgico, un lasciarsi incorporare, attraverso l’Eucaristia, alla comunione della Chiesa. Per ogni Chiesa particolare il modo di vivere l’Eucaristia è poi inseparabile dalla propria cultura e dalla propria storia.

 

Oltre alla più volte citata questione della scarsità dei sacerdoti, diversi Padri hanno domandato in aula chiarimenti circa la natura e la struttura delle assemblee domenicali in attesa di sacerdote, soprattutto in riferimento alla distribuzione della santa Comunione. Il frutto del secondo tratto del cammino sinodale saranno le ‘Propositiones’ che i Padri offriranno al successore di Pietro.

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Durante i lavori del Sinodo sull’Eucaristia, si è parlato della riconsegna alla Custodia di Terra Santa dell’edificio del Cenacolo, sorto in epoca bizantina sul luogo della casa in cui Cristo istituì l’Eucarestia ed avvenne la Pentecoste. Il servizio di Roberto Piermarini:

 

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E’ stato il patriarca di Gerusalemme, mons. Michael Sabbah, a ricordare martedì ai padri sinodali “la promessa di restituzione del Cenacolo fatta dal governo israeliano che poi  - ha detto – non ha mantenuto la parola”. Considerato uno dei quattro luoghi più santi della cristianità – con le basiliche del Santo Sepolcro a Gerusalemme, dell’Annunciazione a Nazareth e della Natività a Betlemme – il Cenacolo è l’unico non aperto al culto, pur essendo stato di proprietà dal 1342 dei Frati francescani ai quali fu sottratto nel 1551 dal governo turco e poi successivamente da quello israeliano. “Così – ha detto con rammarico mons. Sabbah nel suo intervento al Sinodo – proprio nel luogo dove è stata istituita l’Eucaristia, ancora oggi non c’è una presenza eucaristica”. La sua riconsegna sembrava vicina con la storica visita di Giovanni Paolo II in Terra Santa nel 2000, ma poi non è arrivato nessun segnale dalle autorità israeliane. Ora l’intesa potrebbe essere applicata tra breve, prima dell’Accordo globale bilaterale, come ci spiega il padre David Jaeger, della Custodia di Terra Santa, che partecipa ai negoziati tra Santa Sede e Stato d’Israele:

 

R. – La Chiesa universale è in fondo la proprietaria legittima del Cenacolo a partire dal 1342, quando lo avevano comprato i re di Napoli, Roberto e Sancha, e con l’approvazione del Papa lo diedero ai francescani che vi stabilirono la loro casa madre in Terra Santa. E infatti, il titolo primario del superiore francescano in Terra Santa è Guardiano del Sacro Monte Sion. Gli esperti delle due parti della Chiesa cattolica e dello Stato d’Israele, nel contesto dei negoziati che hanno luogo tra le parti, hanno da qualche tempo elaborato il meccanismo giuridico che permetterebbe al governo israeliano, anche nelle condizioni attuali, di restituire il possesso del Cenacolo alla Chiesa cattolica per mezzo della Custodia francescana. Adesso basta solo che il governo d’Israele decida di farlo e l’occasione attuale fornita dal Sinodo sarebbe un momento favorevole, purché lo faccia.

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UDIENZE E NOMINE

 

Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive      udienze, nove presuli della Conferenza episcopale dell’Etiopia in visita ad Limina.

 

Il Papa ha nominato consultori della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti mons. Aloysius M. Sutrisnaatmaka, vescovo di Palangkaraya (Indonesia), e i sacerdoti mons. Vojtech Nepšinský, rettore del Seminario e presidente della Commissione liturgica diocesana di Banská Bystrica (Slovacchia); Michael Kunzler, professore di Liturgia presso la Facoltà Teologica di Paderborn (Germania); il padre gesuita José Raimundo Pinto de Melo, membro della Commissione liturgica nazionale (Brasile) e il padre cappuccino Konstantin Morozov, (Ucraina).

 

Il Pontefice ha nominato membro del Pontificio Comitato per i Congressi eucaristici internazionali padre Jesús Castellano Cervera, dei Carmelitani Scalzi, professore presso il Pontificio Istituto di Spiritualità Teresianum in Roma.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - Russia: decine di morti in un attacco armato nella Repubblica della Cabardino-Balkaria; gli indipendentisti ceceni rivendicano l’assalto.  

 

Servizio vaticano - Il resoconto della XV Congregazione generale del Sinodo dei Vescovi.

 

Servizio estero – L’intervento della Santa Sede alla 33 sessione della Conferenza generale dell’UNESCO: “Concorrere al bene dell'uomo in tutte le dimensioni del suo essere”.   

Pakistan: estratti vivi dalle macerie quattro giorni dopo il devastante terremoto.

 

Servizio culturale - Un articolo di Angelo Marchesi dal titolo “Relativismo, verità e libertà”.

Una monografica dal titolo “Cinquecento anni dalla riedificazione ‘ab imis’ della Basilica di San Pietro”.

 

Servizio italiano - In rilievo il tema della legge elettorale.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

13 ottobre 2005

 

IN IRAQ SARA’ PUBBLICO IL PROCESSO A SADDAM HUSSEIN.

L’ANNUNCIO A DUE GIORNI DAL REFERENDUM SULLA COSTITUZIONE.

DEL TESTO PARLIAMO CON IL  PROF. LUIGI BONANATE

 

Il processo a Saddam Hussein, che si aprirà il prossimo 19 ottobre, sarà pubblico e aperto agli osservatori internazionali. Lo ha annunciato stamani il portavoce del Tribunale speciale iracheno (TSI) incaricato di giudicare l’ex rais. Intanto, nel Paese del Golfo non si ferma la violenza: ieri 30 persone sono morte e altrettante rimaste ferite a Tal Afar, non lontano dal confine siriano, in un attentato rivendicato da Al Qaeda. Tre ribelli sono rimasti uccisi nel nord di Bagdad durante scontri con l’esercito iracheno, che ha arrestato almeno 23 miliziani, tra cui un aspirante kamikaze. Sul fronte politico, dopo l’accordo di ieri sera sulla Costituzione da parte di sciiti, curdi e una parte di sunniti, sono iniziate stamani nelle prigioni le operazioni di voto. Ma che cosa sa la comunità internazionale di questo testo costituzionale che sarà sottoposto a referendum in Iraq sabato prossimo? Fausta Speranza lo ha chiesto al prof. Luigi Bonanate, docente di Relazioni Internazionali all’Università di Torino:

 

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R. – Cosa ci sia scritto non lo sa nessuno, solo pochi addetti ai lavori. Più che altro il problema è che viene da chiedersi con quale consapevolezza gli elettori andranno a votare a questo referendum. All’inizio di quest’anno abbiamo assistito a elezioni in cui i cittadini non sapevano chi fossero i candidati. Adesso, sono invitati ad approvare una Costituzione di cui né loro né altri conoscono il contenuto. Attenzione: se questo è il modello di democrazia che stiamo comunicando all’Iraq, temo che stiamo facendo dei grossi errori.

 

D. – Va detto che questo referendum cade in un momento in cui in Iraq è mattanza, è carneficina giornaliera…

 

R. – E’ spaventoso. Come si può pensare di discutere di cose, in fondo, “raffinate”, come i contenuti di una Costituzione nel momento in cui 50,20,30 persone vengono uccise ogni giorno.

 

D. – Fino adesso si è parlato di Costituzione provvisoria, ma quella che voteranno sabato gli iracheni si può definire un testo definitivo?

 

R. – No, anche perché il punto dell’accordo che ha portato i sunniti a dare il via libera alle votazioni di sabato non è un accordo su dei contenuti, ma è un accordo sul fatto che in futuro si possa modificare la Costituzione. Qui siamo di fronte, veramente, a un paradosso sul quale proprio non c’è da scherzare. L’unica clausola che ha consentito ai sunniti di approvare questo testo è che si è garantito loro che anche dopo l’approvazione sarà possibile procedere a modifiche. Ora, tutti sappiamo, con la nostra esperienza costituzionalistica, che è evidente che si possa, a seconda della natura di una costituzione, rigida od elastica, e utilizzando determinati istituti, procedere a delle modifiche istituzionali. Ma votare una Costituzione dicendo di non preoccuparsi perché poi tanto la si può modificare, significa partire col piede sbagliato.

 

D. – Sembra che in questi giorni la CIA stia in qualche modo rimproverando Bush ricordandogli che la CIA l’aveva detto che sarebbe stato molto difficile il dopo guerra in Iraq. Comunque, se si ricorda la guerra, la dittatura, il termine “costituzione” oggi come suona? Ha pur sempre una portata positiva?

 

R. – Dovremmo dire che apparteniamo quasi tutti alla CIA, perché in tanti l’abbiamo detto fin dall’inizio che l’avventura irachena rischiava di trasformarsi in una tragedia! Detto questo, la parola Costituzione in questo momento non ha molto senso. Vorremmo sentir parlare di pacificazione piuttosto. E’ questo tutti quanti vorremmo e che sicuramente anche gli Stati Uniti vogliono. Bisogna innanzitutto capire bene la situazione: quale sia la situazione politica, strutturale, economica, finanziaria e – non dimentichiamo mai – petrolifera di quel Paese.

 

D. – Professore, pensando al ruolo della comunità internazionale, viene in mente che questa carneficina si fa comunque con armi, con bombe, con esplosivo. Come entra tutto questo arsenale in Iraq?

 

R. – Entra da tutte le parti. Il commercio di armi, o meglio il contrabbando di armi, è una delle professioni più antiche della storia e nessuno ha bisogno che in questo momento gli venga insegnato come far arrivare le armi in Iraq. Il punto piuttosto è: chi le produce? Sono grandi multinazionali occidentali a produrre le armi. Il fatto è che quello delle armi è uno dei mercati più floridi, fiorenti e più redditizi che esistano al mondo. E, quindi, o impariamo ad aprire gli occhi su questa dimensione, oppure siamo condannati a continuare a vedere queste cose.

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‘La ricerca per curare e prendersi cura’: e’ stato il tema del

 VII CONGRESSO NAZIONALE DELL’ASSOCIAZIONE FATEBENEFRATELLI

 PER LA RICERCA BIOMEDICA E SANITARIA svoltosi recentemente a Benevento

- Intervista con il prof. Paolo Maria Rossini -

 

Migliorare la qualità del rapporto umano con il paziente. E’ una delle sfide cui oggi deve rispondere la ricerca in campo medico. Proprio a questo tema, è stato dedicato il congresso Nazionale dell’Associazione Fatebenefratelli per la Ricerca Biomedica e Sanitaria (Afar), tenutosi di recente a Benevento. L’incontro, dal titolo “La ricerca per curare e prendersi cura”, ha riunito oltre 300 ricercatori provenienti da tutta Europa fornendo un’occasione di confronto sulle attività di ricerca condotte dai 14 centri Fatebenefratelli sparsi sul territorio Nazionale. Diversi i temi trattati: dalla prevenzione delle malattie mentali alle implicazioni etiche dell’uso delle cellule staminali. Presentato, inoltre, uno studio sugli aspetti etici del dolore, realizzato dall’Ospedale San Pietro di Roma. Eugenio Bonanata ne ha parlato con il prof. Paolo Maria Rossini, direttore scientifico dell’AFAR:

 

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R. – Naturalmente l’alleanza che si crea tra l’équipe curante e il malato gioca un ruolo molto importante in questo ambito. Un ruolo non secondario, inoltre, è quello degli aspetti spirituali di questo rapporto. Cioè la capacità dell’équipe di rapportarsi con il paziente anche su grandi temi della spiritualità, della vita e della morte, per esempio, sollevandolo così da tutti quei contenuti di ansia, che in genere si somatizzano moltiplicando come un volano il dolore somatico.

 

D. – L’aspetto etico è sempre centrale anche quando si parla dell’impiego delle cellule staminali. Cosa è emerso al riguardo?

 

R. – Sono state riportate tutta una serie di ricerche sull’uso di cellule staminali di provenienza non embrionale. Questo è poi il succo del dibattito etico. L’importanza delle cellule provenienti dal cordone ombelicale, ad esempio, suggerisce la possibilità di organizzare un sistema di raccolta capillare che permetta da questa naturale fonte di derivazione la raccolta di un numero sufficiente di cellule staminali per un uso terapeutico.

 

D. – Professore, come è possibile prevenire le malattie mentali? E quali sono i mezzi a disposizione?

 

R. – Quasi tutte le più importanti malattie mentali, dalla depressione maggiore alla schizofrenia, alle fobie, hanno un importante componente ereditaria. Quindi molto della ricerca si concentra sulla capacità di identificare soggetti a rischio, perché portatori di fattori genetici di trasmissione della malattia, per  iniziare su questi soggetti e su queste famiglie un’azione di prevenzione e di terapia, prima che i sintomi prendano il sopravvento. Il secondo aspetto è naturalmente quello della prevenzione di tipo ambientale. E’ altrettanto indubbio, infatti, che ci siano situazioni familiari e situazioni sociali che sono proprio un terreno di cultura per la crescita e lo sviluppo di problemi psichiatrici imponenti. Un intervento radicale, dunque, che riesca a modificare i fattori di rischio ambientali può permettere una riduzione dell’impatto di queste malattie. Malattie che – lo ricordo – affliggono milioni di persone nel nostro Paese e con dei costi, dal punto di vista delle cure e del contenimento sociale, estremamente importanti.

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IL RAPPORTO SPECIALE TRA PAPA WOJTYLA E LA CAPITALE AL CENTRO DELLA

MOSTRA “GIOVANNI PAOLO II E ROMA”, PRESENTATA IERI IN CAMPIDOGLIO

- Con noi, Walter Veltroni, mons. Luigi Moretti e Alessandro Nicosia -

 

Testimoniare il rapporto speciale tra Papa Wojtyla e la Capitale: questo l’obiettivo della mostra “Giovanni Paolo II e Roma”, presentata ieri in Campidoglio. Ospitata dal Museo del Vittoriano dal 22 ottobre all’8 gennaio, l’esposizione, ad accesso gratuito, permetterà ai visitatori di rivivere qualcosa della vita del Papa scomparso il 2 aprile scorso attraverso fotografie, video ed oggetti rari. Il servizio di Isabella Piro:

 

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“Damose da fa’, volemose bene, semo romani”. Così Giovanni Paolo II salutò i prelati romani in visita in Vaticano il 24 febbraio 2004. Queste parole in dialetto romanesco, testimoni di un legame speciale tra Papa Wojtyla e la Città eterna, fanno da filo conduttore alla mostra “Giovanni Paolo II e Roma”, ospitata al Vittoriano. Un atto di gratitudine della capitale nei confronti del Santo Padre: così il sindaco di Roma Walter Veltroni ha presentato l’evento che ricorda un pontificato vivissimo nella memoria di tutti:

 

“Giovanni Paolo II amava molto Roma e Roma amava molto Giovanni Paolo II. L’accoglienza che Roma ha fatto nei confronti dei pellegrini discende anche dal cuore di una città che in quel momento sentiva tutto intero un bisogno di esprimere gratitudine nei confronti di questo Papa”.

 

Veltroni ha poi sottolineato le numerose visite, ben 300, di Papa Wojtyla nelle parrocchie della città, un modo per essere sempre vicino alla sua comunità ecclesiastica:

 

“Ci sono stati centinaia di incontri, di occasioni, nelle quali i quartieri si sono stretti attorno a Giovanni Paolo II e Giovanni Paolo II con quel tratto di umanità, di intensità, che era capace di trasmettere a chiunque lo incontrasse, ha saputo stabilire con ognuna di queste comunità un legame”.

 

Ma cosa ha lasciato a Roma, in particolare, Papa Wojtyla? Ci risponde mons. Luigi Moretti, vicegerente del vicariato di Roma:

 

“La possibilità di crescere con una Chiesa viva, aperta, fedele al Vangelo, capace di guardare fuori dai confini di Roma. Questo significa anche favorire l’accoglienza, l’attenzione a ciò che succede e a chi ci cammina accanto, come Chiesa capace di ripartire dagli ultimi, di farsi carico delle attese delle persone. Una Chiesa che deve essere per la gente, tra la gente e con la gente”.

 

La mostra sarà articolata in 8 sezioni, corrispondenti a varie fasi della vita di Giovanni Paolo II. Tantissime le opere esposte, tra cui alcune rarità come le schede elettorali e l’urna utilizzate per la votazione del Pontefice; il suo pastorale, il sigillo personale e il Vangelo collocato sulla bara durante i suoi solenni funerali. Ma per allestire una mostra su una figura carismatica come quella di Giovanni Paolo II cosa occorre? Ce lo spiega Alessandro Nicosia, curatore della rassegna:

 

“Ci vuole rigore, se pensiamo all’importanza di quella sezione curata direttamente dal vicariato sul Sinodo romano, sulla missione cittadina. Ma nello stesso tempo può essere letta in maniera popolare. E tantissima gente nelle centinaia di foto che noi presentiamo si riconoscerà: tutte quelle persone che sono state toccate dal Papa, cui ha stretto la mano, cui ha dato un segno di affetto, che è servito per proseguire nel cammino quotidiano”.

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CHIESA E SOCIETA’

13 ottobre 2005

 

 

APPELLO DI ALCUNE ORGANIZZAZIONI CRISTIANE ALL’UNIONE EUROPEA

 PERCHÉ VENGANO RISPETTATI I DIRITTI DEI MIGRANTI E DI QUANTI CHIEDONO ASILO. INVIATA UNA LETTERA AL CONSIGLIO GIUSTIZIA E AFFARI INTERNI

 

ROMA. = Alcune organizzazioni cristiane hanno indirizzato una lettera al Consiglio giustizia e affari interni dell’Unione Europea perché intervenga a difendere il rispetto dei diritti dell’uomo nella politica sulle migrazioni e sulle richieste d’asilo. Il documento viene dopo gli abusi denunciati, nelle isole di Ceuta e Melilla, nei confronti di alcuni clandestini. Nella lettera firmata dalla Caritas Europa, dalla Commissione delle chiese dei migranti in Europa (CCM), dal segretariato della Commissione dell’episcopato della comunità europea (COMECE), dalla Commissione cattolica internazionale della migrazione (ICMC), dal Servizio dei Gesuiti per i rifugiati (JRS Europa) e dal Consiglio Quaker per gli affari europei, viene sottolineata la situazione di quanti tentano di entrare nei territori dell’Unione Europea. “Abbattere delle persone non armate nelle frontiere dell’UE è deplorevole – scrivono le organizzazioni cristiane – una inchiesta giudiziaria approfondita esamini gli avvenimenti di Ceuta e Melilla”. L’Unione Europea – si legge in un comunicato stampa della commissione dell’episcopato della Comunità europea – ha il dovere di rispettare i diritti umani, in particolare quando vengono negoziati accordi di riammissione con un altro Paese o quando vengono rafforzati i partenariati con i Paesi di transito o di origine. (T.C.)

 

 

 

KOÏCHIRO MATSUURA RIELETTO DIRETTORE GENERALE DELL’UNESCO.

IL GIAPPONESE È AL SUO SECONDO MANDATO: TRA I SUOI OBIETTIVI

 RISPONDERE EFFICACEMENTE AI BISOGNI DEL MONDO

 

PARIGI. = Il giapponese Koïchiro Matsuura è stato rinominato ieri direttore generale dell’UNESCO della Conferenza generale dell’organizzazione che annovera 191 Paesi aderenti. Eletto una prima volta per questa carica nel 1999, per sei anni, Matsuura resterà in carica questa volta per quattro anni. Una riforma della 29.ma Sessione della Conferenza generale ha infatti cambiato la durata del mandato. Koïchiro Matsuura è nato nel 1937 a Tokyo, ha studiato negli Stati Uniti e nel 1959 ha cominciato la sua carriera diplomatica. La conferenza generale, organo decisionale supremo, ha il compito di confermare le scelte del Consiglio esecutivo. Matsuura ha ricevuto 151 voti favorevoli e 3 contrari. Nove le astensioni. All’annuncio della sua rielezione il diplomatico giapponese ha espresso la sua viva emozione confessando di sentirsi fiero per la fiducia che gli Stati membri hanno rinnovato nei suoi confronti. La cerimonia ufficiale per l’insediamento del direttore generale si svolgerà il 21 ottobre. Koïchiro Matsuura ha detto di voler perseguire l’obiettivo di fare dell’UNESCO un’organizzazione sempre più efficace e attenta ai bisogni di un mondo in continua evoluzione. (T.C.)

 

 

AL DRAMMATURGO INGLESE HAROLD PINTER IL NOBEL PER LA LETTERATURA.

NEI SUOI SCRITTI RACCONTA L’IPOCRISIA DELLA SOCIETA’

 E LA DIFFICOLTA’ DELL’UOMO DI COMUNICARE

- A cura di Vincenzo Lanza -

 

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STOCCOLMA. = L’Accademia svedese di Stoccolma ha attribuito il Premio Nobel 2005 per la Letteratura allo scrittore e drammaturgo inglese Harold Pinter che, secondo gli accademici svedesi, “ha messo allo scoperto il precipizio che sta sotto alle chiacchiere giornaliere, penetrando nelle stanze chiuse dell’oppressione”. Nato il 10 ottobre 1930 nel quartiere londinese di Hackney, figlio di un sarto ebreo, Harold Pinter ha dovuto affrontare, nei suoi giovani anni, le manifestazioni di antisemitismo, cosa che è risultata poi importante nel suo evolversi come drammaturgo. Il debutto di Pinter come scrittore risale al 1957 con due pièces, “La stanza” e “Festa di compleanno”, rappresentate a Bristol. L’Accademia svedese ribadisce quello che si dice generalmente di Harold Pinter: è il più importante rappresentante della drammaturgia britannica della seconda metà del XX secolo. Dal 1973, Pinter viene considerato come strenuo difensore dei diritti umani parallelamente ai suoi scritti, e si parla di posizioni controverse. Molti sono i manoscritti realizzati dall’odierno Nobel per la Letteratura, Harold Pinter, sia per la radio, sia per il cinema e la televisione. Tra le sue pièces più conosciute e trasferite in film, si ricordano “Il servitore” del 1963, “L’incidente” del 1967, “La donna del tenente francese” del 1981. Pinter ha avuto molto successo anche come regista.

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IL GOVERNO ISRAELIANO CEDE 50 ETTARI DI TERRENO PER LA REALIZZAZIONE

DI UN PARCO SULLA VITA DI GESÙ. SARANNO RAPPRESENTATI ALCUNI CAPITOLI

 DEL NUOVO TESTAMENTO

 

GERUSALEMME. = Il governo israeliano ha annunciato la cessione di un appezzamento di circa 50 ettari per la creazione di un parco tematico sulla vita di Gesù Cristo. A finanziarlo, come riferisce l’agenzia Misna, saranno alcuni gruppi evangelici con un investimento previsto tra i 45 e i 65 milioni di euro circa. Il terreno sorge sul mare di Galilea, in una zona compresa tra Cafarnaum, Tabgha e il Monte della Beatitudine; le strutture che vi saranno realizzate serviranno per illustrare alcuni tra i più rilevanti passi mossi da Cristo, dalla nascita alla crocifissione e risurrezione. Secondo stime iniziali, circa 1,5 milioni di turisti l’anno potrebbero visitare il parco nel quale saranno rappresentati i principali capitoli del Nuovo Testamento. (T.C.)

 

 

SAVE THE CHILDREN SI MOBILITA PER AIUTARE I BAMBINI E LE LORO FAMIGLIE COLPITI  IN PAKISTAN, INDIA E AFGHANISTAN, DAL TERREMOTO DI SABATO SCORSO

 

ROMA. = L’organizzazione internazionale “Save the Children” raccoglie fondi per l’invio di aiuti ai minori e alle loro famiglie colpiti dal terremoto di sabato scorso in Asia. È possibile rispondere all’appello della Onlus anche sul sito www.savethechildren.it. Save the Children è la più grande organizzazione internazionale indipendente che difende e promuove i diritti dei bambini. Opera in oltre 100 Paesi nel mondo con una rete di 27 organizzazioni nazionali e un ufficio di coordinamento internazionale: la “International Save the Children Alliance”. Save the Children sviluppa progetti che consentono miglioramenti sostenibili e di lungo periodo a beneficio dei bambini, lavorando a stretto contatto con le comunità locali; porta aiuti immediati, assistenza e sostegno alle famiglie e ai bambini in situazioni di emergenza, createsi a causa di calamità naturali o di guerre; parla a nome dei bambini e promuove la loro partecipazione attiva, intervenendo per far pressione su governi e istituzioni nazionali e internazionali. Il numero dei bambini deceduti a causa della catastrofe naturale cresce di ora in ora e i sopravvissuti rischiano di morire se non riceveranno al più presto cibo, acqua, cure mediche e un rifugio. Il portavoce di Save the Children Italia, Filippo Ungaro, spiega che nella provincia occidentale del Pakistan sono già arrivati mille kit per famiglie, contenenti una tenda, coperte, teli di plastica e cibo per una settimana. “In questa fase ci concentreremo sulla distribuzione di aiuti di prima emergenza – ha precisato Ungaro – mentre stiamo effettuando sopralluoghi e valutazioni per creare aree sicure per i bambini all’interno delle strutture temporanee”. L’organizzazione internazionale, presente nella zona dagli anni 80, sta operando in stretto rapporto con il governo pakistano, i governi nazionali, le Nazioni Unite e le ONG, per poter far fronte ai bisogni di tutti i Paesi in difficoltà a causa del terremoto. (R.R.)

 

 

IL SACERDOZIO MINISTERO DA RISCOPRIRE ALLA LUCE DELL’ESEMPIO DI MARIA.

SU QUESTO TEMA DA DOMANI IN CALABRIA IL VIA

AL XVIII COLLOQUIO INTERNAZIONALE DI MARIOLOGIA

 

GERACE-SAN LUCA. = Un colloquio di studio per approfondire il tema del sacerdozio come ministero dei fedeli, sintetizzato in modo eccellente dalla persona di Maria. Avrà inizio domani, a Gerace-San Luca, in provincia di Reggio Calabria. “Popolo sacerdotale in cammino con Maria”: questo il titolo del XVIII Colloquio internazionale di mariologia che si concluderà domenica. L’iniziativa si inserisce nell’ambito delle iniziative che concludono, nella diocesi di Locri, l’anno dedicato all’Eucaristia. Il Convegno è stato organizzato dall’Associazione Mariologica Interdisciplinare Italiana (AMI) che, avvalendosi della collaborazione di padre Stefano De Fiores, docente di mariologia alla Pontificia Università Gregoriana, ha convocato esperti appartenenti a varie confessioni cristiane, tra cui l’evangelico prof. Gottfried Hammann di Neuchâtel (Svizzera); l’ortodosso prof. Costantino Charalampidis, ordinario di archeologia bizantina alla facoltà di Teologia dell'Università di Tessaloniki, in Grecia; il cardinale Javier Lozano Barragán, arcivescovo emerito di Zacatecas (Mexico), presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute. Al porporato si affiancheranno, tra gli altri teologi cattolici, i professori Antonio Staglianò e Ignazio Schinella, docenti all’Istituto teologico calabro. Fra gli approfondimenti del Congresso quello sui vescovi, preti e monaci italo-greci che sono vissuti nella Locride e si sono impegnati nella preghiera continua, nella celebrazione della sacra liturgia secondo il rito greco-bizantino e nella difesa delle classi povere ed oppresse. Previste anche la proiezione del film sul vescovo Oscar Romero e una veglia ecumenica nella cattedrale di Gerace con la partecipazione di cattolici, ortodossi, valdesi e protestanti. (T.C.)

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24 ORE NEL MONDO

13 ottobre 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Nalchik, la capitale della repubblica caucasica russa di Kabardino-Balkaria, è stata teatro stamani di scontri tra la polizia e un commando di terroristi. Durante le azioni terroristiche, rivendicate dalla guerriglia cecena, sono morti almeno 50 ribelli e una dozzina di civili. Sono stati assaltati edifici governativi e l’aeroporto. L’attacco a Naltchik ha riportato in primo piano l’estremismo islamico e la guerriglia cecena. Ma perché ora l’ennesima azione armata? Risponde al microfono di Giada Aquilino, il responsabile della sede Ansa di Mosca, Pierantonio Lacqua:

 

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R. – Le repubbliche caucasiche sono sempre più in preda ad un crescente rafforzamento di queste tendenze islamiche estremiste. C’è chiaramente anche un sogno di costruire quello che dovrebbe essere una specie di ‘califfato’ che copra tutto il Caucaso. Abbiamo la piaga aperta della Cecenia, dove sappiamo da più di un decennio delle tendenze secessioniste nei confronti della Russia, ma anche tutte queste altre repubbliche autonome del Caucaso, sia a livello politico che sociale, presentano questi segnali. C’è molta povertà, c’è anche molto odio interetnico. E’ veramente un babelico coacerbo di piccoli popoli che abitano quelle zone e basta, quindi, la minima scintilla per creare situazioni di guerriglia urbana come quella di oggi.

 

D. – Poco più di un anno fa, Beslan, quindi l’Ossezia del Nord, il Daghestan, l’Inguscezia; adesso quest’altra repubblica caucasica. Qual è la linea del presidente Putin?

 

R. – E’ quella di considerare tutte queste forme di violenza come parte di una strategia più ampia. Infatti, parla sempre di terrorismo internazionale, di legami con al Qaeda, di mercenari stranieri. Questo vuol dire anche che, come nel caso della Cecenia, non c’è nessuna intenzione di aprirsi ad un dialogo politico con i settori indipendentisti. E’ difficile dire se questa sia una strategia vincente, a lungo termine. Certamente, i problemi in quella zona si sono rivelati di difficile soluzione anche con negoziati pacifici.

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E’ di almeno 25mila morti l’ultimo bilancio, ancora provvisorio, fornito dalle autorità di Islamabad sul terremoto che ha devastato il Pakistan. A questo dramma si aggiunge anche quello dei sopravvissuti: secondo l’UNICEF, sono almeno 4 milioni i senzatetto ed almeno 120 mila persone, tra le quali molti bambini, hanno urgente bisogno di assistenza. In questo tragico scenario, un nuovo movimento tellurico ha riportato il panico tra la popolazione del Kashmir, già duramente colpita dal sisma sabato scorso. Questa nuova scossa non sembra fortunatamente aver provocato danni o vittime. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:

 

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I soccorsi hanno raggiunto, per ora, solo i principali centri. Ma molte vallate, inaccessibili anche per gli elicotteri, sono ancora isolate. Tra i superstiti del Kashmir pakistano e delle regioni del nord-ovest, cresce il risentimento contro il governo. Durante la notte, la terra ha di nuovo tremato. Una scossa di assestamento di magnitudo 5,8 ha seminato il panico tra gli sfollati. Il totale degli aiuti internazionali ammonta a circa 350 milioni di dollari a cui vanno aggiunti 16 milioni donati dai cittadini pakistani in patria e quelli emigrati. La segretaria di Stato americana Condoleeza Rice, ieri ad Islamabad per una visita fuori programma, ha assicurato ulteriori stanziamenti aggiungendo che gli Stati Uniti invieranno altri elicotteri da trasporto. Da segnalare, infine, un episodio particolare: ieri alcuni soldati indiani hanno attraversato la linea di confine che divide i due versanti del Kashmir per aiutare i loro colleghi pakistani a ricostruire i loro bunker.

 

Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Il giorno dopo il ritrovamento del cadavere del ministro degli Interni siriano, Kanaan, che secondo la polizia di Damasco si è tolto la vita, sulla stampa libanese si fanno ipotesi diverse dal suicidio. Il nostro servizio:

 

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La polizia siriana ha riferito che il ministro si è suicidato. Prima di morire, Kanaan aveva concesso un’intervista ad una emittente radiofonica libanese e aveva annunciato che quella sarebbe stata la sua “ultima dichiarazione. La stampa libanese ha sollevato dubbi sulla versione del suicidio sostenendo che il ministro siriano potrebbe essere stato ucciso o costretto a togliersi la vita. Il presidente siriano Bashar al Assad ha dichiarato in un’intervista rilasciata all’emittente statunitense CNN che la Siria e i servizi segreti di Damasco non sono in alcun modo coinvolti nell’assassinio di Hariri e nel decesso di Kanaan. Assad ha anche criticato la politica dell’amministrazione americano in Iraq precisando che dopo la caduta del regime di Saddam Hussein nel Paese del Golfo non è migliorata la stabilità e il terrorismo ha fatto registrare un’impennata. Subito dopo la morte di Kanaan, il presidente americano Bush ha lanciato ieri un monito alla Siria sottolineando come il mondo libero rispetti la sovranità libanese e si aspetti che il governo di Damasco onori quella democrazia. La Siria – ha avvertito Bush – non interferisca nel processo di pace in Medio Oriente. Intanto tensione alta in Israele, dove è stata rafforzata la sicurezza per l’allarme di attentati in occasione dello Yom Kippur, la giornata dell’Espiazione e del digiuno, la solennità più importante del calendario ebraico. Nei Territori palestinesi sono stati rilasciati, infine, i 2 giornalisti - un americano e un britannico - rapiti ieri pomeriggio a Gaza da miliziani palestinesi.

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In Germania, il presidente del partito socialdemocratico, Franz Müntefering, uomo vicino a Gerhard Schröder, sarà vice cancelliere e ministro degli Affari Sociali e del Lavoro nel futuro governo di grande coalizione, guidato dalla cristianodemocratica Angela Merkel.  

 

Le autorità romene sono in massima allerta dopo i risultati positivi dei test effettuati la notte scorsa nei laboratori di Bucarest  sul virus dell’influenza aviaria. Da Bruxelles, intanto, il Comitato per l’igiene alimentare e la salute dell’Unione europea ha prorogato le misure di salvaguardia nei confronti della Turchia, per evitare la diffusione del virus. E’ stato reso noto, intanto, che il tipo di virus dell’influenza dei polli riscontrato nella Turchia nordoccidentale è quello più pericoloso: dal 2003 ad oggi ha già provocato in Asia la morte di oltre 60 persone e di milioni di volatili.

 

 

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