RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 282 - Testo della trasmissione di domenica 9 ottobre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

       Il Papa plaude al cardinale Clemens August von Galen, beatificato questa mattina nella Basilica Vaticana durante una Messa presieduta dal cardinale Saraiva Martins. Coraggioso oppositore del nazismo è stato un grande testimone della fede capace di resistere alla tirannia – ha detto Benedetto XVI scendendo in Basilica al termine del rito.  All’Angelus il Papa esprime il suo profondo dolore per le vittime del terremoto in Asia e delle inondazioni in America centrale

 

        Ieri pomeriggio la commemorazione del 40° anniversario dell’istituzione del Sinodo. Domani riprendono i lavori dell’assemblea sinodale: ai nostri microfoni mons. Bruno Forte

 

        La Santa Sede chiede il rispetto dei diritti di rifugiati e immigrati: con noi mons. Silvano Tomasi

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

        Il terremoto in Asia. Forse 30 mila morti in Pakistan. Colpite anche regioni dell’India e     dell’Afghanistan: la testimonianza da Rawalpindi di Veronica Semmler

 

        La Chiesa colombiana al fianco degli indios “nasa”: intervista con padre Antonio Bonanomi

 

        Dialogo su pace, guerra e spiritualità: ai nostri microfoni Amos Oz e il priore di Bose Enzo Bianchi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Inaugurato ieri a Roma l’anno accademico della Pontificia Università Gregoriana

 

Centroamerica devastato dall’uragano Stan. Forse 3000 i morti in un solo villaggio del Guatemala

 

Oggi a Possagno, in Italia, l’ultimo saluto a mons. Ettore Cunial , vice Camerlengo emerito di Santa Romana Chiesa

 

Si celebra oggi in Italia la Giornata nazionale della persona con sindrome di Down

 

24 ORE NEL MONDO:

       Elezioni presidenziali oggi in Polonia: tutto si gioca all’interno del centro-destra

 

 

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

9 ottobre 2005

 

 

 

BENEDETTO XVI PLAUDE AL CARDINALE TEDESCO VON GALEN, BEATIFICATO QUESTA MATTINA DURANTE UNA MESSA PRESIEDUTA NELLA BASILICA VATICANA DAL CARDINALE SARAIVA MARTINS. VON GALEN – HA RICORDATO – E’ STATO UN CORAGGIOSO

OPPOSITORE DEL NAZISMO. SEGNO CHE LA FEDE NON E’ UN SENTIMENTO PRIVATO,

DA NASCONDERE QUANDO E’ SCOMODA, MA IMPLICA UNA TESTIMONIANZA PUBBLICA.

IL DOLORE DEL PAPA, ALL’ANGELUS, PER LE VITTIME DEL TERREMOTO IN ASIA

E DELLE INONDAZIONI IN AMERICA CENTRALE

 

 

Alcune migliaia di pellegrini giunti dalla Germania hanno partecipato questa mattina nella Basilica Vaticana alla Beatificazione  del cardinale tedesco Clemens August von Galen, strenuo oppositore di Hitler durante il nazismo. La Messa è stata presieduta dal cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, alla presenza di numerosi cardinali e vescovi tedeschi. Il Papa è giunto in Basilica al termine del rito per salutare i fedeli. Successivamente, all’Angelus, Benedetto XVI ha espresso  il suo “profondo dolore”  per le vittime del terremoto in Asia, in particolare in Pakistan, dove sono morte forse 30 mila persone,  e per quelle causate in America centrale dalle inondazioni in seguito all’uragano “Stan”. Il servizio di Sergio Centofanti:

 

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“It was with deep sadness that I learned…

 

Parlando all’Angelus in inglese e poi in spagnolo il Papa ha espresso il suo  “profondo dolore”   per le  vittime del terremoto in Asia e delle inondazioni in America centrale. Regioni tanto distanti accomunate da due catastrofi naturali che hanno provocato così tante  vittime e  danni  in Pakistan, India e Afghanistan e poi in El Salvador, Guatemala, Hinduras e Nicaragua.  Il Papa ha affidato “all'amore  misericordioso di Dio”  tutto coloro che sono morti -  e ha rivolto  il suo piu' affettuoso pensiero ai feriti e a quanti hanno perso i cari.

 

“I pray that the international community will be swift and generous…”

 

In particolare il Papa ha pregato affinche' la comunita' internazionale possa rispondere con prontezza, solidarietà e generosità a questi disastri,  e ha chiesto al Signore  di dare ''forza e coraggio a tutti coloro che sono impegnati  nelle operazioni di soccorso e ricostruzione''.

  

In precedenza Benedetto XVI aveva parlato della Beatificazione del cardinale tedesco Clemens August von Galen avvenuta questa mattina  nella Basilica di San Pietro, durante una Messa presieduta dal cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, alla presenza di varie migliaia di pellegrini giunti dalla Germania.  Von Galen, nato nel 1878 e vescovo di Münster dal 1933, è stato intrepido oppositore del regime nazista. Benedetto XVI è giunto in Basilica alla fine del rito per venerare le reliquie del Beato e per salutare e benedire i fedeli. A braccio, in tedesco, ha detto:

 

“Siamo tutti grati, soprattutto noi tedeschi, che Dio ci ha regalato questo grande testimone della fede che ha innalzato in tempi bui la luce della Verità e che ha mostrato il coraggio di resistere alla tirannia. Ci dobbiamo anche domandare da dove gli veniva questo discernimento  in un periodo in cui persone intelligenti venivano accecate, da dove gli veniva la forza di resistere in un momento in cui anche persone forti si mostravano deboli e vigliacche. Questo discernimento e questo coraggio sono venuti dalla fede che gli ha mostrato la Verità e gli aperto gli occhi e il cuore e perché temeva Dio più degli uomini. Una  fede che gli ha dato il coraggio di dire e fare ciò che gli altri non osavano”.

 

Poi all’Angelus, in una Piazza San Pietro piena di sole e affollata di pellegrini di tutto il mondo, ha tracciato ancora un profilo del cardinale von Galen:

 

“In nome di Dio, denunciò l’ideologia neopagana del nazionalsocialismo, difendendo la libertà della Chiesa e i diritti umani gravemente violati, proteggendo gli ebrei e le persone più deboli, che il regime considerava rifiuti da eliminare. Sono note le tre celebri prediche che quell’intrepido Pastore pronunciò nel 1941. Il Papa Pio XII lo creò Cardinale nel febbraio 1946 e, appena un mese dopo, egli morì, circondato dalla venerazione dei fedeli, che riconobbero in lui un modello di coraggio cristiano. Proprio questo è il messaggio sempre attuale del beato von Galen: la fede non si riduce a sentimento privato, magari da nascondere quando diventa scomoda, ma implica la coerenza e la testimonianza anche in ambito pubblico in favore dell’uomo, della giustizia, della verità”.

 

Durante l’omelia della Messa il cardinale Saraiva Martins aveva sottolineato che il cardinale von Galen ha tratto dall’Eucaristia la forza per la sua testimonianza: “In contrasto agli assordanti suoni della musica marziale e alle vuote frasi degli altoparlanti provenienti dalle tribune oratorie – ha detto il porporato - egli contrappose la venerazione della santa Eucaristia, la silenziosa adorazione contemplativa del Signore fattosi pane. Dinanzi al Signore presente sacramentalmente nel pane eucaristico, apparentemente indifeso e così poco riconoscibile, egli trovò la forza e il nutrimento, che solo potevano riempire in modo durevole il desiderio di vita degli uomini”.

 

E all’Eucaristia il Papa si è riferito sempre all’Angelus parlando del Sinodo in corso in Vaticano e che costituirà – ha detto -  il suo principale impegno in questi giorni. Benedetto XVI ha chiesto ai fedeli di pregare per il Sinodo “affinché possa portare i frutti sperati”. In particolare “in questo mese di ottobre, nel quale ogni comunità ecclesiale è chiamata a rinnovare il proprio impegno missionario”,  ha invitato a vivere l’Eucaristia - secondo quanto affermava  Giovanni Paolo II -  come “principio e progetto di missione”:

 

“L’incontro con Cristo, continuamente approfondito nell’intimità eucaristica, suscita nella Chiesa e in ciascun cristiano l’urgenza di testimoniare e di evangelizzare”. Lo sottolinea il congedo alla fine della Messa: “Ite, missa est”, che richiama la “missio”, il compito per chi ha partecipato alla celebrazione di portare a tutti la Buona Notizia ricevuta e di animare con essa la società”.

 

Il Papa ha affidato questa intenzione “all’intercessione di Maria Santissima e di san Daniele Comboni, che domani verrà ricordato nella liturgia. Egli, che è stato insigne evangelizzatore e protettore del continente africano – ha detto -  aiuti la Chiesa del nostro tempo a rispondere con fede e con coraggio al mandato del Signore Risorto, che la invia ad annunciare a tutti i popoli l’amore di Dio”.

 

Quindi il Papa si è rivolto agli insegnanti di religione cattolica provenienti da tutta Italia, che hanno tenuto in questi giorni il loro primo incontro nazionale:

 

“Cari amici, il vostro impegno nella scuola è un prezioso contributo alla formazione delle nuove generazioni e alla loro maturazione nella conoscenza della tradizione e della cultura cattolica, nella consapevolezza delle responsabilità personali e nell’adesione ai valori della convivenza civile”.

 

Infine Benedetto XVI ha salutato  i “Ragazzi per l’Unità”, del Movimento dei Focolari, che oggi danno vita  a Roma e in molte città del mondo a una staffetta sportiva per l’unità e la pace. “Cari ragazzi e ragazze – ha detto - rimanete sempre uniti a Gesù e sarete costruttori di vera fraternità”.

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IERI POMERIGGIO LA COMMEMORAZIONE Del 40° ANNIVERSARIO DELL’ISTITUZIONE DEL SINODO. DOMANI RIPRENDONO

 LE CONGREGAZIONI GENERALI.

DA GIOVEDI’ I CIRCOLI MINORI PER LA PREPARAZIONE

DELLE PROPOSTE DA CONSEGNARE AL PAPA

- Intervista con mons. Bruno Forte -

 

Dopo la pausa odierna riprendono domani in Vaticano le Congregazioni Generali del Sinodo sull’Eucaristia. Da giovedì inizieranno i Circoli minori per la preparazione delle “proposizioni”, ovvero le proposte da presentare al Papa per la elaborazione di un documento, che tradizionalmente viene chiamato “esortazione post-sinodale”. Ieri pomeriggio invece si è svolta  la commemorazione per i 40 anni dell’istituzione del Sinodo. Ce ne parla Giovanni Peduto:

 

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Al cardinale Jozef Tomko, che fu già segretario generale del Sinodo dei vescovi dal 1979 al 1985, é toccato tenere il primo discorso celebrativo dei 40 anni dalla istituzione del Sinodo dei vescovi, germogliata dal fertile terreno del Concilio Vaticano II e grazie alla sensibile mente di Paolo VI che accolse l'idea dei Padri conciliari di un Consiglio stabile dei vescovi che affiancasse il Papa e la Curia Romana nel reggere la Chiesa universale. Nell'aprire l'ultima sessione del Vaticano II il 15 settembre 1965 solennemente istituiva il Sinodo dei vescovi con il motu proprio 'Apostolica sollicitudo'. Lo scopo era di rafforzare con più stretti vincoli l'unione tra Papa e vescovi e Giovanni Paolo II ne ha approfondito la teologia, consolidata l'autonomia, accresciuta l'autorità e collegialità.

 

Attraverso l'istituzione del Sinodo dei vescovi - ha detto il cardinale Tomko - il primato valorizza l'episcopato e la collegialità, ma quasi di ritorno ne esce valorizzata la stessa funzione primaziale, a beneficio dell'intero organismo vivo della Chiesa. Il cardinale ungherese Péter Erdò, arcivescovo di Eszergom-Budapest, ha poi messo a fuoco la natura giuridica del Sinodo dei vescovi, cui il vigente Codice di diritto canonico dedica un intero capitolo. Risulta prima di tutto che esso rende possibile che i grandi problemi della vita della Chiesa e del mondo vengano affrontati in un ambiente dove tutti hanno la possibilità di esprimere il proprio pensiero e di conoscere quello degli altri. L'esperienza di 40 anni dimostra che il Sinodo è uno strumento utile che ha reso grandi servizi al rafforzamento della comunione della Chiesa e al miglioramento dell'esercizio del ministero pastorale, pur non rappresentando giuridicamente l'intero Collegio dei vescovi.

 

Alla commemorazione non si è voluto dare un tono trionfalistico, tuttavia non si è mancato di risaltare i frutti delle assemblee sinodali speciali: Paesi Bassi, Africa, Libano, America, Asia, Oceania ed Europa, con un breve intervento ciascuno.

 

Dall'Aula del Sinodo, Giovanni Peduto, Radio Vaticana.

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Sta partecipando ai lavori sinodali anche mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti e Vasto. Giovanni Peduto gli ha chiesto una sua impressione su questa prima fase del Sinodo sull’Eucaristia:

 

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R. – Una grande ricchezza di esperienza e uno stile di collegialità, perché soprattutto l’inserimento delle interventiones libere, come si dice, da parte di Papa Benedetto, ha consentito una grande possibilità di confronto, di ascolto, di dialogo. Questo mi sembra molto positivo ed è un segno della ricchezza della Chiesa cattolica.

 

D. – Possiamo già parlare di una ‘raccolta’ di temi che stanno più a cuore dei Pa dri sinodali, più ricorrenti?

 

R. – Distinguerei tre ambiti principali. L’ambito teologico: è venuto fuori il tema dell’ecclesiologia eucaristica, cioè di che cosa significa il rapporto Chiesa-Eucaristia per la vita e la prassi concreta della Chiesa, per esempio la sinodalità, la collegialità ... Poi, sono venuti i temi teologici dell’Eucaristia-sacrificio, dell’eucaristia-convito, il rapporto con la Trinità, e così via. Temi pastorali – secondo ambito –, come annunciare la buona novella che è l’Eucaristia, il dono della presenza di Cristo, dunque, l’incontro con l’amato; Eucaristia-bellezza di Dio, Eucaristia-vita cristiana, Eucaristia e pastorale. Quale rapporto tra diritto all’Eucaristia e le esigenze della rigorosità nel rispettare la teologia e le norme della Chiesa. Questo ci porta al terzo ambito, l’ambito disciplinare, dove molte questioni sono state poste proprio perché l’Eucaristia sia celebrata con verità, con sobrietà, nella fedeltà alla Chiesa.

 

D. – L’intervento che l’ha maggiormente colpita?

 

R. – Ma, proprio quello del Santo Padre all’inizio dei lavori, la sua meditazione iniziale che è stata di straordinaria bellezza perché ci ha richiamato i termini essenziali della questione di cui ci occupiamo. Non stiamo parlando di qualcosa ma di qualcuno che ci è vicino, si fa presente, ci viene incontro: l’Eucaristia è questo.

 

D. – Si sta parlando anche della situazione dei divorziati risposati ...

 

R. – Il problema è molto avvertito, anche perché le situazioni di sofferenza di persone credenti che si trovano, appunto, in questo stato, noi tutti pastori le avvertiamo, le sentiamo. Ecco perché mi sembra ovvio che se ne parli e si cerchi di capire in che modo aiutare le persone a riscoprire, per esempio, il legame profondo con la Chiesa anche in queste situazioni. Diversi hanno fatto riferimento alla comunione spirituale, cioè a quella profonda unione che sa anche tendere con spirito di sacrificio quando non è possibile avvicinarsi all’Eucaristia, partecipando però ugualmente alla Messa in una profonda attitudine di amore verso il Signore presente.

 

D. – Cosa pensa lei, eccellenza, di un anno dedicato al Sacramento della Penitenza?

 

R. – Sarebbe certamente utile e positivo, probabilmente, ad una certa distanza, però, da questo dell’Eucaristia, in modo da non accavallare, proprio per dare il tempo anche di recepire i frutti di questo Anno eucaristico e di preparare quello sul Sacramento della Riconciliazione.

 

D. – Cosa si può fare di più per rimettere al centro della vita l’Eucaristia? I suoi suggerimenti unitamente alla sua esperienza dell’Eucaristia?

 

R. – Io insisto molto sull’idea che l’Eucaristia è il dono dell’amore di Dio, della sua presenza, della sua bellezza. Io credo che sia giusto dire che è precetto la Messa festiva ma è ancora più importante, probabilmente, far capire perché, e cioè fare innamorare i fedeli dell’Eucaristia. Come mia esperienza, a parte la centralità dell’Eucaristia quotidiana che, grazie a Dio, non è mai mancata in nessun giorno della mia vita di presbitero e di vescovo, e dell’adorazione prolungata, quest’anno ho scritto una lettera sull’Eucaristia e la bellezza di Dio, che ha avuto tanta diffusione tra il mio popolo e che è servita proprio per cercare di far riscoprire la bellezza di questo dono e innamorarci di Gesù, presente nell’Eucaristia. Vangelo ed Eucaristia sono inseparabili come Eucaristia e Carità.

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LA SANTA SEDE RICHIAMA LA NECESSITA’ DI GARANTIRE

IL RISPETTO DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELLA PERSONA,

NEGLI OLTRE 200 CENTRI DI DENTENZIONE PER RIFUGIATI E IMMIGRATI,

PRESENTI IN EUROPA

- Intervista con l’arcivescovo Silvano Tomasi -

 

Scende il numero dei rifugiati nel mondo, ma sale il numero delle persone sotto la protezione dell’ACNUR, l’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati, che di recente ha lanciato - insieme al Programma Alimentare Mondiale - un appello alla comunità internazionale: entro il 2005 servono 181 milioni di dollari per fare fronte alle crescenti necessità di assistenza delle due agenzie. Come si spiega questa apparente contraddizione? Roberta Gisotti lo ha chiesto all’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede, presso le Nazioni Unite a Ginevra, dove in questi giorni si è riunito l’organo esecutivo dell’ACNUR:

 

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R. -  E’  emerso chiaramente che le cause che spingono tanta gente a sradicarsi dal proprio posto di nascita o di abitazione per cercare sopravvivenza altrove stanno crescendo: conflitti, fame, o altri situazioni di carattere politico forzano la gente a partire. Mentre il numero dei rifugiati - secondo la definizione della Convenzione del 1951 - è fortunatamente diminuito, il numero invece delle persone che sono di responsabilità dell’ACNUR sta crescendo, purtroppo. Vediamo queste situazioni disperate nei titoli dei mezzi di comunicazione quasi ogni giorno. Quindi la preoccupazione di dare protezione a queste persone è una sfida nuova, che si pone alla comunità internazionale in genere.

 

D. –  Quali sono i problemi più urgenti nei campi profughi, spesso anche al centro di contestazioni e polemiche da parte di organismi umanitari?

 

R. – La politica di molti Paesi è quella di relegare in centri di detenzione le persone che cercano asilo, perché si fa un po’ di confusione tra richiedenti asilo ed immigrati irregolari e cioè persone che cercano di entrare in un Paese semplicemente perché vogliono un lavoro, una situazione di vita migliore. Davanti a questo fatto, che tra il Portogallo e l’Ucraina ci sono più di 200 di questi centri di detenzione, due domande emergono: come mantenere il diritto di asilo per le persone che ne hanno veramente bisogno e quindi evitare che si faccia una totale confusione tra le varie tipologie di persone che cercano di entrare nel territorio di Paesi più sviluppati? E la seconda, una volta che queste persone vengono messe in questi centri di detenzione, come proteggere i loro diritti fondamentali, fare in modo che abbiano cibo sufficiente, che abbiano il diritto di avere visite e che vi sia accesso da parte di operatori pastorali, dei medici e così via?

 

D. –    Eccellenza, le varie politiche internazionali di sicurezza antiterrorismo hanno forse ulteriormente aggravato la situazione dei rifugiati o comunque di persone in certa di condizioni di vita migliori. Da parte della Santa Sede, lei si è fatto portavoce di quali raccomandazioni particolari?

 

R. – Per trovare un nuovo equilibrio forse dobbiamo partire da un concetto nuovo: la sicurezza non è semplicemente protezione da conflitti armati, occorre anche vi siano elementi addizionali che rendano la qualità di vita tollerabile. Partendo allora da una definizione più ampia di sicurezza, in modo parallelo possiamo parlare di un più ampio raggio di protezione di cui la comunità internazionale si deve assumere la responsabilità, provvedendo anche che le persone abbiano il minimo per sopravvivere.

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OGGI IN PRIMO PIANO

9 ottobre 2005

 

 

TERREMOTO IN ASIA.

Morte e distruzione in pakistan: 30mila le vittime

- Intervista con Veronica Semmier -

 

Si aggrava il bilancio delle vittime del sisma di magnitudo 7,6 che ieri ha colpito Pakistan, India e Afghanistan. Potrebbero arrivare a 30 mila i morti nella regione pakistana del Kashmir, secondo una stima provvisoria del governo di Islamabad. In molte aree, inoltre, sarà difficile arrivare per mesi. Per far fronte alla tragedia il presidente pakistano, Musharraf, ha chiesto l'aiuto della comunità internazionale. Sul versante indiano si contano, invece, oltre 500 morti. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:

 

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A oltre 24 ore dalla catastrofe che ha colpito la regione himalayana, contesa da Pakistan e India, emerge l’enorme entità dei danni. Le zone più devastate, dove ci sono interi villaggi rasi al suolo, si trovano intorno a Mussafarabad, la capitale del Kashmir pakistano, dove c’è stato l’epicentro del sisma di magnitudo 7,6. Metà della popolazione della regione, quasi 2 milioni e mezzo di persone, sono rimaste senza tetto. Ma a preoccupare sono quel 40 per cento di aree non ancora raggiunte dai soccorsi, che vanno a rilento a causa delle strade di accesso, bloccate da frane e crolli e da ieri sera anche dal maltempo. Il presidente Musharraf ha rivolto un appello alla comunità internazionale chiedendo soprattutto elicotteri per trasportare team di soccorso e il materiale nelle aree terremotate. In alcune impervie vallate, al confine afghano, nella provincia di frontiera del nord-ovest, nota per essere rifugio degli estremisti di Al Qaeda e dei talebani non ci sarebbero neppure le vie di accesso ai villaggi. La situazione è quindi ancora molto confusa, ma come è noto in questi casi le prossime 72 ore saranno cruciali per salvare eventuali superstiti. Le Nazioni Unite, gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno stanziato una prima tranche di aiuti. Il presidente Bush ha promesso 100 mila dollari. Un team di 60 medici britannici è arrivato per primo a Islamabad stamattina per soccorrere decine di persone che si troverebbero ancora sotto le macerie di due palazzi residenziali del complesso Margalla Towers. Anche l’India, dove ci sarebbero oltre 500 vittime nello Stato di Jamuo e Kashmir, ha offerto di inviare aiuti e squadre di soccorso.

 

         Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Sul terremoto in Pakistan ascoltiamo la testimonianza di Veronica Semmier, una Focolarina che vive a Rwalpindi, una città vicina all’epicentro del sisma. L’intervista è di Sergio Centofanti:

 

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R.- E’ stata forte, una scossa molto forte. E credo che il numero delle vittime crescerà. Non si ha un quadro preciso della situazione perché ci sono zone dove non si è potuto ancora arrivare, dato che le strade sono bloccate, l’elettricità e i telefoni non funzionano. Quindi, in questi giorni, si potranno avere maggiori notizie. Per ora, non c’è niente di sicuro perché sono troppi i posti dove non si può arrivare con i mezzi normali: ci si arriva solo in elicottero. Poi, dato che tutta la notte ha piovuto molto forte, nelle strade, già bloccate, il terreno franato si è trasformato con l’acqua in fango rendendo ancora più difficile raggiungere i luoghi isolati.

 

D. – La zona del Kashmir è stata quella più colpita: qual è la situazione nel Kashmir?

 

R. – La popolazione del Kashmir è continuamente provata. E’ una tragedia sulla tragedia.

 

D. – C’è povertà nel Kashmir?

 

R. – Certo che c’è povertà. E la povertà si trova dappertutto nel Paese. Ci sono pochi ricchi e tanti poveri. Questi disastri colpiscono sempre i più poveri, che hanno le case meno sicure, le prime a crollare. Però nella gente c’è tantissima generosità,dappertutto. Tutti cercano di aiutare dove possono e come possono.

 

D. – Una nota positiva è stato detto il riavvicinamento tra India e Pakistan per questa tragedia?

 

R. – Sì, senz’altro. In questi casi c’è solo l’aiuto reciproco.

 

D. – Cosa chiedete?

 

R. – In questo momento una preghiera. E’ la prima cosa. Cercheranno di inviare, senz’altro, tutti gli aiuti necessari, ma prima di tutto adesso chiediamo la preghiera.

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LA CHIESA AL FIANCO DEGLI INDIOS NASA, PICCOLA ETNIA COLOMBIANA DELLE ANDE,

MINACCIATA DALLO SCONTRO TRA GUERRIGLIA ED ESERCITO

- Intervista con padre Antonio Bonanomi -

 

In Colombia, gli scontri tra esercito regolare e guerriglia non risparmiano le comunità indigene. Dalla primavera scorsa, in particolare nella regione centromeridionale del Paese, è in corso un’offensiva delle truppe governative che cercano di riconquistare terreno. In mezzo ai contendenti, vive un popolo che ora teme per la propria stessa sopravvivenza e per il quale la Chiesa si spende da anni in sua difesa. Ascoltiamo in proposito il servizio di Lucas Dùran:

 

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         I Nasa sono una popolazione indigena della Colombia. Il loro numero è compreso tra le 100 - 200 mila unità. Vivono in un territorio corrispondente alla Cordigliera centrale delle Ande, nel sud del Paese, una zona controllata dal oltre 40 anni dalle FARC, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia. Nell’aprile scorso, l’esercito regolare ha sferrato un’offensiva, in parte riuscita, mirante a riprendere il controllo dell’area. Il costo dell’operazione è un alto numero di vittime e non solo tra i belligeranti. A fare le spese del conflitto pluridecennale sono proprio i Nasa, accusati dalla guerriglia di collaborare con il governo solo per il fatto di non aderire all’azione violenta propugnata dalle FARC. Il governo, a sua volta, li sospetta di sostenere la guerriglia a causa della loro opposizione alla politica di Bogotà, che difenderebbe i diritti degli indios solo sulla carta. A sensibilizzare opinione pubblica e media italiani sulla drammatica situazione dei Nasa è in questi giorni nel nostro Paese, padre Antonio Bonanomi, missionario della Consolata, da 28 anni in Colombia e da 18 con i Nasa:

 

“Il popolo indio, e specialmente il popolo Nasa – che vuol dire “essere vivente” – ha resistito, non si è mai lasciato vincere. Molte volte ha dovuto piegare la testa, però non ha mai piegato il cuore di fronte né alla conquista, né alla colonizzazione, né alle invasioni delle multinazionali. In questi ultimi 30 anni, approfittando anche della nuova Costituzione politica del Paese, ha rivendicato una autonomia, il diritto ad essere padrone del proprio territorio, padre del suo destino e a decidere sul progetto di sviluppo che vuole. Non un progetto di sviluppo capitalista, un progetto di sviluppo di sfruttamento degli altri, ma un progetto di sviluppo che sia solidale, che sia comunitario, che sia rispettoso anche delle risorse naturali, non sia a danno della terra, perché l’indio considera la terra sua madre”.

 

La coscienza di una propria identità da far rispettare è cresciuta nei Nasa come in molte delle circa 80 comunità indigene colombiane anche grazie all’azione di uomini come padre Bonanomi. In particolare, i Nasa propongono un modello di autonomia basato su cinque capisaldi: famiglia, progetto economico ambientale, educazione, salute, sistema politico organizzativo fondato sulla non violenza e sul richiamo al messaggio evangelico.

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PACE, GUERRA, SPIRITUALITA’:

DIALOGO FRA LO SCRITTORE ISRAELIANO AMOS OZ

E PADRE ENZO BIANCHI, PRIORE DELLA COMUNITÀ DI BOSE

 

C’è stata grande partecipazione di pubblico nei giorni scorsi a Torino  per l’incontro sui temi del conflitto e della pace fra lo scrittore israeliano Amos Oz e padre Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose, moderato dalla giornalista Miriam Mafai. Al Teatro Carignano di Torino, nell’ambito della rassegna “Torino Spiritualità”, c’era per noi A.V.:

 

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Un ebreo e un cattolico si interrogano sulle ragioni del fondamentalismo e sulle possibilità della riconciliazione. Quali sono le radici del fanatismo? Amos Oz :

 

R. – I THINK IT BEGINS WITH…

Credo cominci con l’ossessione di cambiare le altre persone. Questo accade a volte all’interno delle famiglie, all’interno della comunità e naturalmente fra le religioni e le ideologie. C’è sempre questa ossessione di cambiare la persona che ci sta accanto per il suo bene.

 

D. – E ora Enzo Bianchi:

 

R. – Certamente sono origini che stanno all’interno del cuore di ogni uomo, ma quando c’è intolleranza verso gli altri, verso le posizioni ideologiche o addirittura di fede e religione, allora si innesta un fondamentalismo il quale pretende poi, a volte, una lettura dei testi della Bibbia che, certamente, non tiene conto di tutti gli elementi critici. Altre volte è una mescolanza tra ideologia, nazionalismo e religione. Insomma, ci sono tante possibilità. Altre volte è il pensare che Dio è un Dio con noi e gli si dà un volto perverso come il Dio castigatore o il Dio che guida le guerre o il Dio che combatte il nostro nemico. Tutta la storia e tutte le vicende hanno conosciuto diverse forme che sono ancora presenti anche ai nostri giorni.

 

D. - Qual è la via della pace, della riconciliazione? Ancora Enzo Bianchi:

 

R. – Quella proposta tante volte: quella dell’ascolto reciproco, della conoscenza reciproca, del dialogo, di arrivare ad un confronto per percorrere insieme vie di pace e di giustizia. Qualche volta è anche necessaria la riconciliazione e il perdono, perché le storie sono così imbrattate di male che, se non si ha il coraggio della riconciliazione, non è possibile progettare insieme la pace.

 

D. - Può essere Israele un esempio di questo cammino e una speranza per il futuro? Amos Oz:

 

R. – WELL, I HOPE…   

Spero che Israele e la Palestina rappresentino un esempio. Ma questo non accadrà domani, ci vorrà del tempo, come una lenta ripresa dopo una grave malattia. Credo che nel momento in cui sei in grado di vedere te stesso nella stessa maniera in cui gli altri ti vedono, allora non sei più un fanatico. Il momento in cui tu sei in grado di immaginare gli altri, non essere sempre d’accordo con gli altri, non amare gli altri, ma semplicemente sei in grado di immaginarli, diventerà più semplice risolvere il conflitto. E se sei anche in grado di ridere di te stesso, allora ti trovi sulla strada più veloce verso la riconciliazione.

 

D. - Che cosa teme, invece, per il futuro Enzo Bianchi?

 

R. – Una mancanza di ascolto reciproco, di conoscenza, il rischio di creare un nemico immaginario all’orizzonte, il quale poi diventa davvero il male da combattere ed è quello al quale, alla fin fine, come un idolo, sacrifichiamo la vita e il meglio della nostra convivenza. 

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CHIESA E SOCIETA’

9 ottobre 2005

 

 

 

INAUGURATO A ROMA L’ANNO ACCADEMICO 2005-2006 DELLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ GREGORIANA. FONDATA DA SANT’IGNAZIO DI LOYOLA COMPIE QUEST’ANNO 455 ANNI.

IL RETTORE PADRE GIANFRANCO GHIRLANDA: DOCENTI E STUDENTI A SERVIZIO DELLA MISSIONE DELLA CHIESA NELLA PROMOZIONE DEL SAPERE E DEL DIALOGO FRA CULTURE

 

- A cura di Tiziana Campisi –

 

ROMA. = Solenne celebrazione ieri pomeriggio a Roma, nella Chiesa di Sant’Ignazio, per l’inaugurazione dell’anno accademico 2005-2006 della Pontificia Università Gregoriana, che festeggia 455 anni. Voluta nel 1551 da Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, è stata la prima scuola dei padri gesuiti e oggi, come università, vuole essere al servizio delle Chiese d'ogni parte del mondo. La sua finalità è formare persone provenienti da tutte le culture, perché sappiano trovare Dio là dove vivranno in futuro e, secondo la propria vocazione, perché possano portare il mondo a Dio. Come Università, cerca l'eccellenza nell'insegnamento, nella riflessione personale e nella ricerca. Conscia della interrelazione delle scienze e della continua evoluzione del sapere, favorisce l'interdisciplinarietà con metodo di ricerca. Coltiva oltre alle scienze teologiche, canoniche e filosofiche, altre scienze umane per approfondire sempre di più il Mistero di Dio che rivela se stesso e il suo disegno di salvezza nella realtà dell'uomo, della storia e della Chiesa. Come università ecclesiastica pontificia affronta con fedeltà al magistero della Chiesa, rigore scientifico e decisione, le nuove sfide che provengono da un mondo sempre in cambiamento. Collabora strettamente con il ministero petrino coltivando l'unità della fede nel rispetto delle diverse culture. “In vaste parti del mondo, anche quelle di tradizione cristiana, lo spirito nichilista invade la società – ha detto il rettore padre Gianfranco Ghirlanda nella sua relazione accademica – per cui i valori fondamentali che debbono presiedere ad una vita degna dell’uomo sono deprezzati. Spesso, dove per reazione risorge un desiderio di spiritualità, si cade in forme di religiosità emotiva ed irrazionale”. Di fronte a tale realtà, ha osservato padre Ghirlanda, la Chiesa ha il compito di condurre gli uomini verso l’amicizia con il Figlio di Dio. “È questa una missione di cui tutte le componenti dell’università – ha proseguito il rettore – i professori, col loro insegnamento e la loro ricerca, e gli studenti, con la loro applicazione allo studio, si debbono sentire investiti. I programmi accademici e le strutture amministrative dell’università sono volte a quest’unico scopo, che è la ragione stessa per cui essa ha coscienza di esistere”. Come università affidata alla Compagnia di Gesù e quindi animata dallo spirito ignaziano, la Gregoriana si caratterizza per la sua disponibilità al servizio della Santa Sede. La sua pedagogia, fondata sulla relazione personale e professionale tra docente e studente, insiste più nell'assimilazione del sapere che nella molteplicità delle conoscenze. Tra i suoi obiettivi quello di trasmettere, con fedeltà creativa, il senso sociale della fede che opera pace, verità e giustizia; il dialogo con il mondo della cultura e della scienza; l'incontro con le altre confessioni cristiane e le altre religioni; il valore e la dignità di ogni persona e del creato. Come università al servizio di tutte le chiese del mondo prende a cuore la necessaria incarnazione del messaggio evangelico, anima ed incoraggia tutti i membri della comunità universitaria perché, attenti e fedeli al magistero della Chiesa e alle circostanze particolari delle Chiese locali, s'impegnino a vivere la solidarietà di figli al cospetto dell'unico Padre. L’università gregoriana comprende sei facoltà: Teologia, Diritto Canonico, Filosofia, Missiologia, Scienze Sociali e Storia e Beni culturali della Chiesa, approvata dalla Santa Sede il 28 aprile di quest’anno. Da giugno ha attivato corsi di insegnamento a distanza della lingua italiana fruibili on-line e per sostenere gli studenti ha incrementato il fondo delle borse di studio. (T.C.)

 

 

CENTROAMERICA DEVASTATO DALLA TEMPESTA TROPICALE STAN: FORSE TREMILA I  MORTI IN UN SOLO VILLAGGIO DEL GUATEMALA PER UNA FRANA. MIGLIAIA GLI SFOLLATI E I SENZATETTO.  DIFFICILE, A CAUSA DI INONDAZIONI E SMOTTAMENTI,

IL LAVORO DEI SOCCORRITORI.

 

- A cura di Rosa Praticò -

 

CITTA’ EL GUATEMALA.= Morte, fango e macerie. È questo il volto del centroamerica dopo il passaggio della tempesta tropicale Stan. Ieri in Guatemala un intero villaggio è stato inghiottito da una frana provocata dalle piogge torrenziali: potrebbero essere tremila i morti  sotto la montagna di fango spessa 12 metri.  Ma  si tratta di un bilancio ancora provvisorio a cui vanno aggiunte anche circa 500  vittime registrate nel resto del Paese. “Il numero totale è ancora una triste incognita” ha commentato il presidente del Guatemala Oscar Berger che sta visitando i centri più colpiti della regione.  I dispersi, infatti, sono centinaia e decine di località dell’ovest e del sud ovest sono rimaste isolate perché inondazioni e smottamenti hanno distrutto le strade.  Grave anche la situazione nel Salvador, dove Stan ha provocato danni all’agricoltura per oltre 10 miliardi di dollari.  A complicare il tutto,  l’eruzione di un vulcano e ieri una forte scossa di terremoto. Nel sud del Messico, invece, almeno un milione di persone ha subito danni. Sono soprattutto poveri, quelli che vivono in case fatiscenti vicino ai fiumi o sui pendii delle montagne. Come gli abitanti dei 400 villaggi del Chiapas non ancora raggiunti dai soccorritori. 300 mila persone sono senza tetto e oltre 30 mila evacuate e trasferite in centinaia di alberghi. Sono sopravvissuti ma per loro ora c’è il rischio epidemie. Intanto si moltiplicano gli appelli delle autorità locali alla comunità internazionale. Ieri la notizia secondo cui per la ricostruzione la Banca interamericana di sviluppo e la Banca Mondiale potrebbero concedere un prestito rispettivamente di 20  e  10 milioni di dollari.

 

 

OGGI NELLA CITTA’ ITALIANA DI POSSAGNO L’ULTIMO SALUTO  A 

MONS. ETTORE CUNIAL, VICE CAMERLENGO EMERITO DI SANTA ROMANA CHIESA.

 

ROMA.= Avrebbe compiuto cento anni il prossimo 16 novembre ma mons. Cunial si è spento lo scorso giovedì sera. Oggi alle 15.30 il vescovo di Treviso, Andrea Bruno Mazzolato, ne celebrerà i funerali nella cittadina italiana di Possagno, in provincia di Treviso. Proprio Possagno, infatti, ha dato i natali all’arcivescovo che venne inviato a Roma dopo essere stato ordinato sacerdote nel 1929.  Rettore del Seminario minore, per 17 anni è stato parroco a Santa Lucia.  Nel 1953  Papa Pio XII lo ha nominato vicegerente della diocesi di Roma. Un compito, questo, che mons. Cunial ha rivestito per venti anni. Poi, l’incarico di vice Camerlengo di Santa Romana Chiesa, Canonico Vaticano e Assistente Ecclesiastico del Circolo di S. Pietro.  (R.P.)

 

 

IN PIAZZA PER LA GIORNATA NAZIONALE DELLA PERSONA CON SINDROME DI DOWN. OBIETTIVO: PIU’ RISPETTO, PIU’ SOSTEGNO, PIU’ OPPORTUNITA’

 

ROMA. = Hanno un nome e un cognome. Amano, soffrono, ridono, piangono. In una parola sono delle persone. Eppure spesso vengono definiti per quello che non hanno. Sono chiamati ciechi, sordi, disabili, handicappati. E sono circondati da stereotipi e pregiudizi. Per questo oggi in Italia si celebra la Giornata nazionale della persona con sindrome di Down. Nelle piazze di 80 città italiane le associazioni riunite in CoorDown organizzeranno incontri e attività ricreative per far conoscere la malattia e sensibilizzare le istituzioni a garantire più sostegno, rispetto e opportunità alle persone con SD.  Si mobiliteranno, insomma, per far capire che avere un cromosoma in più (47 invece di 46) ritarda lo sviluppo mentale, fisico e motorio ma non pregiudica la possibilità di raggiungere l’autonomia necessaria ad avere una buona qualità della vita. Non la pregiudica purché le persone affette da questa sindrome abbiano a disposizione  servizi competenti e opportunità di inserimento sociale. Oggi, si potranno sostenere le attività di CoorDown acquistando dagli stand in piazza, al prezzo di cinque euro, un “messaggio di cioccolato”: un prodotto artigianale realizzato con il cacao del commercio ecquo e solidale. (R.P.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

9 ottobre 2005

 

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

 

● In Polonia, fino alle 20 di questa sera, 30 milioni di cittadini si recheranno alle urne per eleggere il capo dello Stato. I candidati in lizza sono nominalmente 12 ma, secondo i sondaggi, tutto si risolverà in un testa a testa fra il leader liberale di Piattaforma Civica (Po), Donald Tusk, e il conservatore Lech Kaczynski, leader di Giustizia e Diritto (Pis). Se nessuno otterrà la metà più uno dei voti si andrà al ballottaggio, fissato per il 23 ottobre prossimo. Il nostro servizio:

 

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A due settimane dal voto che ha riconsegnato il Paese alla destra, gli elettori sono chiamati a scegliere il successore, Aleksandr Kwasniewski, il presidente uscente che sebbene molto popolare, non può presentarsi per un terzo mandato. Si profila un duello tutto interno al centro-destra. Gli ultimi sondaggi danno il leader di Piattaforma Civica, Tusk, in leggero vantaggio, tuttavia, sembra che nessuno dei due otterrà la maggioranza al primo turno. Con tutta probabilità si andrà al ballottaggio. A favore di Tusk gioca il fatto che una parte dei polacchi è spaventata dalla eventualità di affidare tutto il potere del Paese nelle mani di un partito, Giustizia e Diritto, e di due gemelli, mentre a favore di Kaczynski gioca il suo impegno negli ultimi tre anni da sindaco di Varsavia.  La sinistra è fuori gioco dopo che il proprio candidato, Cimoszewicz, coinvolto da uno scandalo finanziario, si è fatto da parte. Per l’esito sarà dunque determinante il voto dell’elettorato di sinistra. E In questo terreno il gemello Kaczynski sembra svantaggiato viste anche le sue posizioni, ad esempio, sulla permanenza dell’esercito in Iraq e sul ripristino della pena di morte. Tuttavia molto, anche in questa occasione, dipenderà dal tasso di affluenza alle urne, che già alle politiche ha toccato il minimo storico, sfiorando il 40%. La Commissione Elettorale prevede di diffondere i primi dati parziali intorno alle 23.00, per quelli definitivi, invece, bisogna attendere lunedì.

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● In Indonesia un bambino di quattro anni è risultato positivo alle analisi sull'influenza  dei polli. Lo ha riferito il ministro della Sanità indonesiano, specificando che se confermato, questo caso sarebbe il sesto nel Paese. Intanto, cresce l’allarme anche Europa. In Romania, nel Delta del Danubio, ieri stata accertata la morte di altri tre volatili per il virus dell’influenza aviaria, dopo i tre casi documentati venerdì scorso. Ed è allarme anche in Turchia dove circa duemila tacchini sono morti per sospetta influenza aviaria, nel nord ovest del Paese.

 

● Il ministro della salute italiano, Storace, intende chiedere una convocazione dei colleghi dell'Unione Europea per un confronto sulle misure da assumere contro l'influenza aviaria. “In questo momento - ha spiegato il ministro - qualunque notizia fa pensare all'influenza aviaria e non dobbiamo sottovalutare la situazione”. La convocazione dei ministri dell’Unione Europea “servirà per affrontare a livello politico la questione perchè – ha precisato ancora il ministro – è bene ci sia una rapida verifica sulle misure da affrontare”.

 

● A Bassora, nell’Iraq meridionale, un bambino è morto ed altre tre persone sono rimaste ferite quando un'autobomba  e' esplosa vicino ad una sede di una milizia sciita Secondo fonti della polizia, l'esplosione ha lasciato un grosso cratere ed ha danneggiato l'edificio che ospita membri del movimento Badr, legato ad uno dei partiti sciiti che sostiene il governo di Baghdad. I sunniti hanno spesso accusato il movimento Badr di avere formato squadre, con il beneplacito del governo, per attaccare i sunniti. Un'accusa respinta sia dal movimento che dal governo.

 

In Medio Oriente, dopo due settimane di chiusura, è stato riaperto il valico commerciale di Karni fra Gaza e il territorio israeliano.  Il provvedimento è giunto mentre dirigenti israeliani e palestinesi sono impegnati anche oggi a preparare il vertice fra il premier, Sharon, e il presidente palestinese, Abu Mazen. Nell’odierna seduta del consiglio dei ministri israeliani, Sharon ha ordinato al ministro della difesa, Mofaz, di fare il massimo per consentire ai palestinesi che lo desiderano di recarsi in pellegrinaggio alla Mecca. Sharon ha ordinato in particolare che ai fedeli islamici non siano opposti intralci ai valichi di transito. In Cisgiordania, intanto, un militante delle 'Brigate Martiti di Al Aqsa”, è rimasto ucciso  in una sparatoria con militari israeliani.

 

L'inviato americano per il Medio Oriente David ha detto oggi che gli Stati Uniti sono preoccupati per le ingerenze della Siria in Iraq, in Libano e nel conflitto israelo-palestinese, ma Damasco ignora i richiami e non cambia atteggiamento. Lo ha affermato l’inviato americano per il Medio Oriente, Welch, dopo l'incontro con il presidente egiziano Mubarak. Gli Stati Uniti accusano la Siria di interferire negli affari interni del Libano, anche dopo il ritiro delle sue truppe, e minacciano Damasco di isolameno se non coopera sulla sicurezza con il governo di Baghdad. Inoltre Washington accusa la Siria, che rinvendica dei territori occupati da Israele, di aiutare i militanti palestinesi.

 

Il nucleo antiterrorismo della polizia britannica ha arrestato ieri 10 persone nel corso di un'operazione effettuata in tre diverse zone della periferia di Londra e in due altre città del Paese. Lo ha riferito un portavoce di Scotland Yard precisando che l’operazione, pur essendo legata ad un'inchiesta su presunte attività terroristiche, non ha alcuna relazione con gli attentati del 7 luglio scorso a Londra.