RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 330 - Testo della trasmissione di sabato 26 novembre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Strettissima collaborazione tra Chiesa, famiglia, scuola e istituzioni laiche per formare i giovani: la richiesta di Benedetto XVI, durante l’udienza ai vescovi polacchi in visita ad Limina

 

Oggi alle 17.00 Benedetto XVI presiederà nella Basilica di San Pietro la celebrazione dei primi vespri della prima Domenica di Avvento: ce ne parla l'arcivescovo Angelo Comastri

 

All’indomani del discorso di Benedetto XVI all’Università Cattolica per l’inaugurazione dell’anno accademico, una riflessione dello storico Giorgio Rumi

                                         

Partito stamani per la Russia il cardinale Renato Raffaele Martino: incontrerà il Patriarca di Mosca Alessio II

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In un Convegno a Roma il cardinale Ruini sottolinea la necessità di difendere la dignità dell’uomo  dagli inquietanti scenari della produzione di esseri umani da usare come cavie

 

Domani in Armenia il referendum costituzionale: il commento di  Fulvio Scaglione

 

I Frati Minori Cappuccini festeggiano i quattro decenni in Ciad: con noi padre Aldo Broccato

 

Oggi a Roma la conclusione del Festival di musica sacra con il concerto dei Wiener Philharmoniker  nella Basilica di San Paolo fuori le Mura: ce ne parla Hans Albert Curtial

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

L’allarme dei vescovi della Repubblica Democratica del Congo: si rischia una nuova guerra

 

La Conferenza episcopale salvadoregna denuncia l’aumento della violenza nel Paese

 

La Federazione delle Conferenze Episcopali Asiatiche nomina il suo nuovo presidente

 

Inizia oggi a Roma, nella Basilica di S. Maria in Via Lata, il ciclo di incontri del “Sabato mariano”

 

Promossa dalla Caritas e da altre organizzazioni non governative, riparte in Spagna la campagna per la cancellazione del debito estero dei Paesi più poveri

 

24 ORE NEL MONDO:

Al via oggi l’apertura del valico di Rafah che consente ai palestinesi di andare e tornare dall’estero senza dover chiedere il permesso di Israele

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 novembre 2005

 

STRETTISSIMA COLLABORAZIONE TRA CHIESA, FAMIGLIA, SCUOLA E ISTITUZIONI LAICHE PER FORMARE I GIOVANI:

LA RICHIESTA DI BENEDETTO XVI, DURANTE L’UDIENZA AI VESCOVI POLACCHI

 

L’educazione dei giovani alla fede è stato il tema al centro del discorso del Papa nell’udienza stamane ai vescovi polacchi in visita ad Limina. Il servizio di Roberta Gisotti.

 

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I giovani, loro il futuro della Polonia e per questo Benedetto XVI ha dedicato loro l’intero discorso, lungo articolato, che chiama in causa i pastori della Chiesa, le famiglie, la scuola, l’università, i media.

 

Anzitutto, ha detto il Papa, seguendo l’insegnamento di Giovanni Paolo II occorre incontrare l’uomo, quindi il giovane, prima ascoltandolo e comprendendolo, poi valutando l’ambito familiare prioritario nella formazione della persona, e le condizioni sociali, considerando le difficoltà economiche e la disoccupazione che incidono oggi nella vita di numerose famiglie polacche:

 

“L’educazione alla fede deve consistere prima di tutto nello sviluppare ciò che nell’uomo è buono”. 

 

Occorre quindi valorizzare i fenomeni positivi, la propensione di tanti giovani verso il volontariato ed il desiderio diffuso di approfondire questioni religiose e fare esperienza di Dio. Il Papa ha raccomandato di “abituare i bambini e i giovani al gusto della preghiera” e di avviare nelle parrocchie scuole di preghiera e centri di esercizi spirituali, “senza badare al costo materiale”, “accessibili a tutti”:

 

“La formazione della giovane generazione è un compito che spetta ai genitori, alla Chiesa e allo Stato. Perciò, rispettando un’opportuna autonomia, è necessaria una strettissima collaborazione della Chiesa con la scuola, con gli atenei e con altre istituzioni laiche che si occupano dell’educazione della gioventù”.

 

Ma riguardo la religione e la catechesi a scuola Benedetto XVI ha puntualizzato che non si possono ridurre questa materie a “scienze di religione”:

 

“L’insegnamento della religione a scuola svolto dai docenti chierici e laici, sostenuto dalla testimonianza dei docenti credenti, deve conservare la sua autentica dimensione evangelica di trasmissione e di testimonianza di fede”.

 

Infine ancora l’urgenza per la Chiesa polacca di non disperdere il ricco patrimonio culturale di valori cristiani di fronte all’avanzata del secolarismo, rafforzando i media cattolici e stabilendo benevoli contatti con gli ambienti dei giornalisti e degli altri operatori dei media.

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OGGI ALLE 17.00 BENEDETTO XVI PRESIEDERA’ NELLA BASILICA DI SAN PIETRO

LA CELEBRAZIONE DEI PRIMI VESPRI DELLA PRIMA DOMENICA DI AVVENTO

- Intervista  con l'arcivescovo Angelo Comastri -

 

Oggi alle 17.00 nella Basilica di San Pietro Benedetto XVI presiederà la Celebrazione dei Primi Vespri della 1a Domenica d’Avvento. La Radio Vaticana trasmetterà la cronaca dell’evento a partire dalle 16.50 sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza   di 105 MHz.

 

Inizia dunque un nuovo Anno Liturgico. L’Avvento è un tempo forte della fede. Si vive con maggiore intensità l’attesa della venuta di Cristo: la prima venuta nella grotta di Betlemme, l’avvento glorioso alla fine dei tempi, nella preghiera costante perché il Signore venga ogni giorno nei nostri cuori. Sul significato di questo tempo liturgico Giovanni Peduto ha intervistato l'arcivescovo Angelo Comastri, vicario del Papa per lo Stato della Città del Vaticano:

 

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R. -  L’Avvento e il Natale sono due eventi cristiani che oggi sono molto spesso sommersi dal detrito e dal chiasso di una società consumistica. Il Natale è una delle feste cristiane più a rischio di incomprensione perché il Natale cristiano è il momento in cui Dio, l’eterno entra dentro questo tempo “malvagio” ed entra in punta di piedi. Entra con la povertà, entra con la mitezza, entra con la potenza vera che Dio possiede, che è la potenza della bontà disarmata. Betlemme è già in sintesi tutta la vita di Gesù. Gesù nasce a Betlemme nel più assoluto disagio. Maria, la donna  più grande di tutta la storia umana, non ha neanche le minime cose che possiede una qualsiasi madre quando nasce un figlio. Dice l’evangelista Luca che Maria lo avvolse in fasce, ma non pensiamo a fasce di marca. Erano sicuramente poveri panni preparati con tanto cuore ma poveri panni con i quali Maria avvolse il corpicino di Gesù e lo depose in una mangiatoia. In greco è scritto en fatne che è la parte più interna della grotta dove abitualmente c’è fieno e sterco di bestie. E’ impressionante! Il figlio di Dio che entra dentro la storia umana e trova questa accoglienza, trova questo luogo. Che cosa ci vuole dire Dio a Betlemme? Perché Dio nasce povero? L’approfondimento del mistero della povertà ci porta a capire la novità di Dio che Gesù ci ha svelato. Perché Gesù nasce povero? Dobbiamo partire dalla grande rivelazione che Gesù ci ha fatto: Dio è amore.  Ma se Dio è amore, Dio è dono infinito di sé, perché l’amore è dono. Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio. Cristo mi ha amato e ha dato se stesso.  Ma se l’amore è dono, Dio è dono infinito di sé, ed ecco il passaggio: chi dona non possiede, proprio perché dona. Dio è colui che non possiede perché Dio è tutto dono. L’unica azione di cui Dio è capace è l’azione del dono. Dio è l’altruismo infinito. Dio è l’opposto di ogni egoismo. Proprio perché allora Dio, è dono infinito di sé, Dio non possiede. Dio è povero. E la povertà di Betlemme traduce il mistero di Dio che non possiede ma dona perché Dio è il dono infinito di sé. E’ chiaro che tutto questo poi converge nella Croce e nella Croce troverà la sua massima espressione.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza l’arcivescovo Vsevolod di Scopelos, della Chiesa Ortodossa Ucraina negli Stati Uniti d’America con il seguito. Oggi pomeriggio il Papa riceverà il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

 

In Madagascar, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Farafangana, padre Benjamin Marc Ramaroson, Superiore Provinciale dei Padri Lazzaristi nel Paese africano.

 

A Malta, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Gozo, presentata da mons. Nikol J. Cauchi,  per sopraggiunti limiti d’età. Il Santo Padre ha nominato suo successore mons. Mario Grech, del clero della medesima diocesi, finora vicario giudiziale e parroco di Kercem.

 

In Spagna, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi delle Islas Canarias, presentata da mons. Ramón Echaren Ystúriz, per sopraggiunti limiti d’età. Benedetto XVI ha nominato suo successore mons. Francisco Cases Andreu, finora vescovo di Albacete.

 

Sempre in Spagna, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Orihuela-Alicante, presentata da mons. Victorio Oliver Domingo, per sopraggiunti limiti d’età. Al suo posto, ha nominato mons. Rafael Palmero Ramos, finora vescovo di Palencia.

 

 

ALL’INDOMANI DEL DISCORSO DI BENEDETTO XVI ALL’UNIVERSITA’ CATTOLICA

 PER L’INAUGURAZIONE DELL’ANNO ACCADEMICO, UNA RIFLESSIONE

DELLO STORICO GIORGIO RUMI SUL CONTRIBUTO OFFERTO DAI CATTOLICI AL MONDO DELLA CULTURA

- Intervista con Giorgio Rumi -

 

La grande sfida delle Università cattoliche è “fare scienza nell'orizzonte di una razionalità vera, aperta al trascendente, a Dio”. E’ uno dei passaggi chiave del discorso che Benedetto XVI ha pronunciato ieri alla “Cattolica” per l’apertura dell’Anno accademico. Un’occasione nella quale il Papa ha messo l’accento sul contributo che i cattolici possono offrire al mondo della cultura. D’altro canto, il Pontefice ha sottolineato che coniugare scienza e fede è possibile alla luce della rivelazione di Cristo che ha unito a sé Dio e uomo. Proprio da questo passaggio del discorso del Papa, muove la riflessione dello storico Giorgio Rumi, docente all’Università Statale di Milano ed editorialista dell’Osservatore Romano, al microfono di Alessandro Gisotti:

 

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R. – Il Papa ha detto bene. Non si capisce perché l’uomo contemporaneo, così audace nella ricerca, dovrebbe trascurare a priori una dimensione – la vita dello spirito – cui invece deve dedicarsi con uguale limpidezza di cuore.

 

D. - Il Papa ha sottolineato anche il rapporto fondamentale offerto dalle Università cattoliche alla cultura dell’Europa. Qual è – secondo lei – il contributo più significativo che i cristiani hanno dato e continuano a dare al mondo del sapere nel vecchio continente?

 

R. – Nel Vecchio Continente, rifacendomi anche alla mia esperienza personale, le Università cattoliche si sono distinte per l’attenzione alle scienze sociali. Da questo, era partito anche Gemelli, accanto – nel caso di Gemelli e della “Cattolica” – alle scienze neurologiche. Difatti il sogno della sua vita era quello della facoltà di medicina, che poi si realizzò. Questo riferimento alla questione sociale poi non si esaurisce: c’è tutto un modo di porsi rispetto al tempo, non egoistico, ma altruistico, aperto agli uomini in difficoltà che ci sono e se non sbaglio il Vangelo dice che ci saranno sempre…! Il Papa fa giustizia di un pregiudizio anticristiano perché le Università, dall’alba del Medioevo fino adesso, sono state istituzioni tipicamente religiose. In molti luoghi le lauree toccava assegnarle al vescovo. Non era un fatto cerimoniale, era un ricondurre naturalmente gli studi alla religione. Poi ci sono state le incomprensioni dell’Ottocento, ma questa è un’altra storia.

 

D. – “Il fatto di essere cattolica – ha affermato il Papa – non mortifica in nulla l’università, piuttosto la valorizza al massimo”. Un richiamo all’identità degli atenei cattolici. In fondo, identità e dialogo viaggiano insieme...

 

R. – Gli atenei cattolici sanno benissimo qual è il loro impegno, quale è questa antica tradizione. Certamente, come le case vanno tenute in ordine, pulite, lustrate tutti i giorni, è giusto il richiamo alla consapevolezza che veniamo da lontano e che abbiamo tutti i titoli per dare il nostro contributo all’avanzamento delle scienze.

 

D. – Come valuta questo rinnovato confronto fra laici e cattolici, ravvivato dal grande interesse che tutti, credenti o meno, hanno per una figura culturalmente stimolante quale è Benedetto XVI?

 

R. – Questa questione del laico è impropria, in certi casi addirittura offensiva perché sembra ci sia quasi una melior condicio del laico sul cattolico. Tutti siamo laici! Tutti abbiamo un’idea religiosa, magari negativa, magari negazionista. Quindi mi pare ci sia un po’ di montatura e poi questa distinzione è qualcosa di molto italiano. Se lei va in Germania, anche in Francia e parla di laico non capiscono di che cosa stia parlando. Laicista è un’altra questione. Se tu fai per esempio dell’ateismo un’arma di battaglia allora è chiaro che il discorso cambia.

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PARTITO STAMANI PER LA RUSSIA IL CARDINALE RENATO RAFFAELE MARTINO,

CHE PRESENTERA’ A SAN PIETROBURGO E A MOSCA

IL COMPENDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

- Servizio di Paolo Scappucci -

 

Il Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Raffaele Martino, nella tarda mattinata di oggi è partito per la Russia dove, a San Pietroburgo e a Mosca, su invito dell’arcivescovo Kondrusiewicz, presenterà il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, pubblicato lo scorso anno dal Dicastero vaticano e di cui esiste già la traduzione in russo, dopo quelle in francese, inglese, spagnolo, portoghese, cinese e coreano.

 

Il porporato, che è accompagnato dal segretario del Pontificio Consiglio, vescovo Giampaolo Crepaldi, arriverà a San Pietroburgo in serata e domattina celebrerà la Messa della prima domenica d’Avvento nella Chiesa di Santa Caterina, tenendo l’omelia. Domenica sera, dopo una visita all’Ermitage, parlerà ai seminaristi della città.

 

Lunedì 28 novembre, al mattino, in un convegno inaugurato dal nunzio apostolico Antonio Mennini, rappresentante della Santa Sede nella Federazione Russa, il cardinale Martino illustrerà le linee portanti del Compendio, che Benedetto XVI nel messaggio per una analoga presentazione in Messico ha  definito “un valido strumento che facilita nei vari ambiti uno studio più profondo e sistematico degli orientamenti della Chiesa in campo politico, sociale ed economico, favorendone al tempo stesso l’applicazione pratica nel contesto concreto di ciascun Paese”. Dopo il cardinale Martino, parleranno del documento anche l’arcivescovo Kondrusiewicz, un rappresentante della Chiesa ortodossa russa e il Padre Jean-Yves Calves del Centre Sevres di Parigi.

 

La mattina di martedì 29 novembre, a Mosca il cardinale Martino incontrerà il metropolita di Smolensk e Kaliningrad, Kirill, presidente del Dipartimento dei rapporti esterni della Chiesa ortodossa russa, e nel pomeriggio il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II. La sera di martedì 30 novembre il Presidente di Giustizia e Pace celebrerà la Messa nella cattedrale dell’Immacolata Concezione di Mosca, tenendo l’omelia, e il giorno successivo, 1° dicembre, presenterà l’insegnamento sociale della Chiesa Cattolica contenuto nel Compendio presso il Centro Casa della Cultura della capitale russa, nell’ambito della Mostra del libro culturale russo. Il rientro a Roma del porporato è previsto per il 2 dicembre.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo "La questione dell'educazione cristiana": l'udienza di Benedetto XVI ai vescovi della Polonia. Il Papa ha ricordato che Giovanni Paolo II è stato per noi un modello perfetto di educazione cristiana, basata sull'incontro diretto e personale con l'uomo, sulla testimonianza da persona a persona.  

 

Servizio vaticano - Il Messaggio del Santo Padre al cardinale Norberto Rivera Carrera, arcivescovo di Mexico; la missione evangelizzatrice della Chiesa in America: primato della verità sull'uomo, sua inviolabile dignità e diritti umani.

 

Servizio estero - Uganda: appello a fermare le atrocità dei ribelli dell'Lra,  dopo vent'anni di sistematiche stragi.

 

Servizio culturale - Un elzeviro di Mario Gabriele Giordano dal titolo "L'antica e sempre nuova funzione della fiaba".

 

Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

26 novembre 2005

 

        

IN UN CONVEGNO A ROMA IL CARDINALE RUINI SOTTOLINEA LA NECESSITA’

DI DIFENDERE LA DIGNITA’ DELL’UOMO DAGLI INQUIETANTI SCENARI

DELLA PRODUZIONE DI ESSERI UMANI DA USARE COME CAVIE

 

Si è concluso oggi il Congresso internazionale sul valore scientifico, culturale e sociale dei metodi naturali in occasione del centenario del matrimonio dei Beati Beltrame Quattrocchi e del conferimento della laurea honoris causa in Medicina a Tor Vergata ai coniugi Billings, ideatori dell’omonimo metodo per la regolazione naturale della fertilità. L’iniziativa è stata promossa dall’Ufficio per la Pastorale universitaria del Vicariato e dalle cinque facoltà di Medicina degli atenei romani (Università Cattolica, Tor Vergata, La Sapienza I e II, Campus Biomedico). L’intervento del Presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Camillo Ruini, ha aperto la sessione conclusiva del Congresso internazionale che ha avuto per tema “L’amore umano e il dono della vita”. Ce ne parla Davide Dionisi:

 

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Concludendo i lavori del Congresso su Scienza ed etica per una procreazione responsabile, il presidente della Conferenza episcopale italiana ha sottolineato che “è in via di ultimazione la mappatura del genoma umano che certamente rappresenta una grande acquisizione con conseguenze di estremo interesse per il futuro dell’uomo, ma proprio ora  sembra che si stia smarrendo la mappa dell’esistere umano, che  si stiano perdendo le coordinate della dignità e del destino  della vita umana. Conoscere di più l’uomo dal punto di vista scientifico - ha aggiunto - non equivale automaticamente a saperne di più sul valore e sul senso della sua esistenza, anzi, la molteplicità degli approcci con la tendenza ad assolutizzare il punto di vista di ciascuno di essi può far perdere di vista ciò che è essenziale”. Da qui il deciso ‘no’ al “dominio sui processi generativi, frutto di nuove capacità tecnologiche, che va ben al di là del legittimo aiuto alla procreazione umana” e che “apre inquietanti scenari sulla produzione di esseri umani da usare come cavie o sulla clonazione”.

 

In merito al matrimonio, il porporato ha specificato che “è in discussione il senso dell’unidualità uomo-donna: esso appare minato dal diffondersi di una visione che riduce la differenza sessuale a fattore culturale e di costume. C’è inoltre una diffusa tendenza a depotenziare il valore dell’istituto del matrimonio” -  ha continuato il cardinale Ruini - “assimilando ad esso altri tipi di unione e convivenze, con il risultato che il matrimonio non viene più percepito come espressione e garanzia della natura stessa dell’amore umano, ma come frutto di convenzioni e accordi facilmente modificabili. Infine -  ha aggiunto il cardinale - “nel contesto della vita sociale, tra gli esiti più pericolosi e dalle conseguenze difficilmente prevedibili è da annoverare la perdita della centralità della famiglia in quanto tale e dei valori tipicamente familiari sia per il sostanziale modellarsi dell’organizzazione e dei servizi più sugli individui che sui nuclei familiari”.

 

Poi il presidente della Conferenza episcopale italiana ha lanciato un appello agli scienziati e ai governanti invitandoli a non disgiungere mai una riflessione sull'uomo e sulla sua dignità dalle delicate scelte che si stanno compiendo nel campo della ricerca scientifica, in particolare per quanto concerne le tecniche di riproduzione.

 

Infine l’appello alla difesa della vita umana e della famiglia. Un appello, come ha tenuto a sottolineare lo stesso Vicario di Roma, rivolto non solo ai cattolici: “È utile ribadire che l’impegno per favorire una maggiore e più corretta attenzione ai temi della vita umana e della famiglia, non è, e non può essere, esclusivo dei cattolici” - ha evidenziato - “proprio perché tali problematiche non sono questioni cattoliche, ma rappresentano aspetti decisivi per la vita di tutti”. In questa prospettiva -  ha concluso il Presidente della CEI -  “la difesa e la promozione della vita umana e della famiglia costituiscono uno dei capisaldi della vita sociale e della democrazia e rappresentano la condizione imprescindibile di uno sviluppo autenticamente umano, incentrato sulla persona creata ad immagine di Dio”.

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DOMANI IN ARMENIA IL REFERENDUM SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE

- Intervista con Fulvio Scaglione -

        

Giornata di consultazione referendaria domani in Armenia. Oltre due milioni di elettori sono chiamati ad esprimersi su una riforma costituzionale che prevede maggiori poteri al Parlamento e al governo, a scapito di quelli del presidente, una più ampia indipendenza del sistema giudiziario e il reintegro della doppia nazionalità. Un referendum simile nel 2003 era stato invalidato per la forte astensione alle urne. Sul progetto di riforma, Giada Aquilino ha raccolto il commento di Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana ed esperto di area ex sovietica:

 

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R. – La Costituzione armena ha – abbastanza chiaramente – bisogno di una mano di vernice in senso un po’ più democratico, e in secondo luogo perché nel frattempo in Armenia si è sviluppato un dibattito politico e culturale che è stato accompagnato dall’intervento delle istituzioni europee, particolarmente della Commissione di Venezia e del Consiglio d’Europa, che ha contribuito intanto a rendere la popolazione più cosciente dell’argomento e, in secondo luogo, anche a migliorare e perfezionare proprio gli strumenti tecnici con cui questa riforma costituzionale dovrebbe essere realizzata.

 

D. – Cosa significa per l’Armenia ridurre i poteri del presidente, assicurare l’indipendenza della giustizia e reintegrare la doppia nazionalità?

 

R. – I primi due vanno nella direzione di una maggiore normalità e funzionalità democratica; gli straordinari poteri presidenziali conferiti appunto dalla Costituzione armena al presidente sono il frutto di anni durissimi, di anni di grandissima instabilità, di guerre intestine, di tentativi di colpo di Stato per cui una guida ‘forte’ era “quasi quasi” obbligatoria, o per lo meno necessaria. Adesso, si spera di dare un impulso ad una transizione più democratica spostando l’equilibrio dei poteri più a favore del Parlamento. Invece, per quanto riguarda il bando sulla doppia nazionalità, c’è naturalmente il tentativo di coinvolgere più profondamente gli armeni della diaspora, che sono spesso potenti e sono comunque molto legati alla sorte della Madrepatria, della loro terra d’origine, di legarli più strettamente, appunto, alle vicende concrete, quotidiane dell’Armenia. Il bando sulla doppia nazionalità, di fatto, li tiene fuori, impedisce loro di avere incarichi pubblici e comunque di giocare un ruolo che forse loro si sentono in grado di giocare.

 

D. – Ma, al di là del referendum, quali sono le emergenze per l’Armenia, come Paese?

 

R. – Certamente, la situazione economica resta precaria e direi che l’Armenia ha bisogno, soprattutto, di rientrare in un flusso di rapporti internazionali che la tirino un po’ fuori da questo isolamento forzato in cui poi non riesce a decollare né da un punto di vista economico, né da un punto di vista politico. Purtroppo per l’Armenia, nonostante la sua posizione sia geografica sia strategica, piazzata com’è ai confini con il mondo islamico, patisce il fatto di non essere economicamente decisiva. Il confinante Azerbaigian, che ha il petrolio e ha risorse naturali molto più interessanti, gode di rapporti internazionali molto più convenienti.

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DA QUATTRO DECENNI IN CIAD PER COSTRUIRE LA CHIESA LOCALE:

I FRATI MINORI CAPPUCCINI DELLA PROVINCIA RELIGIOSA DI S. ANGELO E PADRE PIO

 FESTEGGIANO IL TRAGUARDO E RILANCIANO IL LORO IMPEGNO MISSIONARIO

- Intervista con padre Aldo Broccato -

 

Quarant’anni in Ciad per i Frati Minori Cappuccini della Provincia di Sant’Angelo e Padre Pio, missionari in Africa dal 1965. Una realtà, quella africana, che li ha visti impegnati nella costruzione di nuove diocesi, l’ultima quella di Gorè, e in una pastorale che si è dovuta confrontare con svariati problemi socio-politici. Al microfono di Tiziana Campisi, il ministro provinciale dei Frati Minori della Provincia, padre Aldo Broccato, racconta la storia di questa missione:

 

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R. – Anzitutto, abbiamo collaborato con la Chiesa locale per la nascita e la crescita di una Chiesa del Ciad, che sta oggi diventando sempre più autonoma  e che ha molti sacerdoti diocesani. Adesso, c’è anche una vice-provincia che comprende il Ciad-Centroafrica e che quindi ha una certa autonomia e un’identità propria con un cammino di formazione. Comincia già a dare i suoi frutti: abbiamo i primi frati ciadiani e i primi sacerdoti frati, anch’essi del Ciad. Infine, un altro risultato importante è che dall’antica diocesi di Moundou, da cui si è staccata la diocesi di Doba, è nata un’altra diocesi, la diocesi di Goré, dove, tra l’altro, nel 1999 è stato chiamato ad essere vescovo il nostro confratello, Rosario Pio Ramolo.

 

D. – In quali specifiche attività pastorali siete impegnati?

 

R. – A livello pastorale, naturalmente siamo impegnati nell’evangelizzazione, in ragione anche di quelle che sono le modalità delle diocesi stesse, soprattutto attraverso la collaborazione dei catechisti e dei laici, perché lì c’è carenza di sacerdoti. In alcuni villaggi, addirittura, la Messa viene celebrata una volta l’anno, se il missionario riesce a raggiungerli. Ci sono, invece, comunità vive che ogni domenica celebrano la Parola, che si radunano ogni domenica.

 

D. – Che tipo di problemi affrontate ogni giorno?

 

R. – C’è il confronto con le carenze a livello sanitario. Tante sono le malattie: quelle più tradizionali, legate un po’ al clima tropicale, come la malaria, o ancor più, adesso, l’AIDS, sempre più diffuso. Come missionari, siamo stati sempre impegnati attraverso i dispensari, nel restauro e nella costruzione ex novo di alcuni presidi ospedalieri. Poi c’è l’altro settore, quello della formazione e della scuola. Certamente, c’è un confronto anche con l’islam, perché in Ciad è sempre crescente la diffusione della religione musulmana. Il contatto avviene attraverso gli arabi che vengono dalla Libia e che scendono giù, e che sostanzialmente in questi ultimi anni detengono il potere politico ma soprattutto economico. C’è un confronto che ha avuto anche dei momenti abbastanza tesi, però, in qualche modo, si è giunti ad una buona convivenza. Bene o male si collabora, al di là di tutto, per costruire comunque un Ciad che possa avere un minimo di dignità come Paese, come popolazione, e che possa mettere a frutto le proprie risorse.

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I WIENER PHILHARMONIKER CHIUDONO QUESTA SERA NELLA BASILICA DI SAN PAOLO FUORI LE MURA A ROMA IL FESTIVAL DI MUSICA SACRA

- Intervista con Hans Albert Curtial -

 

Con la prestigiosa orchestra dei Wiener Philharmoniker e il Wiener Singverein diretti dal giapponese Seiji Ozawa per la Nona Sinfonia e il Te Deum di Bruckner, si chiude questa sera alla Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma il IV Festival Internazionale di Musica e Arte Sacra. Il concerto, trasmesso in diretta da Rai-Radio3 alle ore 21, sarà preceduto dall’inaugurazione dopo il restauro della Cappella di San Benedetto. Dal Presidente della Fondazione Pro Musica e Arte Sacra, Hans Albert Curtial, al microfono di A.V., le ragioni del Festival e un ricordo della prima edizione coi Wiener Philharmoniker:

 

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R. - Abbiamo una grande fascia di persone in tutto il mondo che si sono allontanate dalla Chiesa, non vorrei dire da Dio, però dalla Chiesa. Per riconquistare questa gente stiamo cercando attraverso il Festival di Musica Sacra di fare questo famoso connubio fra musica e arte sacra nelle Basiliche di Roma  con l’intento di farla tornare…

 

D. - L’arte in qualche modo ci parla di Dio...

 

R. -  Quando i Wiener Philharmoniker hanno eseguito per noi nel 2000,per la prima volta, nella Basilica di San Pietro la Messa d’Incoronazione, sotto la direzione di Riccardo Muti, a gran parte di questi 120 musicisti, abituati a suonare per i re, per grandi personaggi, alle prime note sono spuntate le lacrime agli occhi. Ciò significa che sono stati toccati dalla presenza di Dio in questo tempio ed è esattamente quello che vogliamo accada alla gente.

 

D. - Il Festival internazionale di musica e arte sacra si è dato fin dalla nascita, quattro anni fa, un compito: riportare l’utilizzo della musica sacra in chiesa, nella liturgia e in seno alla tradizione ecclesiale da cui proviene...

 

R. – Noi siamo molto felici di aver come Papa Joseph Ratzinger perché capisce la musica, ama la musica, sopratutto Mozart e tanti altri compositori. Siamo certi che il Papa condivide il nostro progetto e il nostro desiderio di portare la bella musica nelle chiese. E’ nostra intenzione fare una piccola Salisburgo a Roma e forse non siamo tanto lontani.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani 27 novembre, 1a Domenica d’Avvento, la Liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù, riferendosi alla fine dei tempi, invita i discepoli a vegliare nell’attesa del suo ritorno glorioso:

 

“Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!”.

 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:

 

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Il senso della vocazione dell’uomo è l’amore. Qualsiasi cosa facciamo che non sia nell’amore, non serve a nulla. Ma l’amore ha la sua origine e fonte in Dio. Perciò, il senso della nostra vita è la comunione con Dio. Lungo la vita possono subentrare molte cose che si pongono con priorità ed urgenza, e all’improvviso ci si può accorgere dell’assenza di Dio. Sembra di vivere un tempo in cui Dio è assente, invece è un tempo di purificazione da tutti i surrogati, dai fondamenti falsi e dalle consolazioni illusorie. Anche questo nostro tempo sembra far sentire le assenze di Dio, l’agitazione dei popoli e la stanchezza dell’attesa. Ma Dio viene sempre, e prima o poi verrà definitivamente per ognuno, come pure per tutta la storia. Questo tempo liturgico ci richiama a rivedere quel rapporto d’amore con Dio, che ci rende attenti e in grado di riconoscerlo. Solo l’amore è in grado di tenerci svegli e farci riposare.

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CHIESA E SOCIETA’

26 novembre 2005

 

 

CONFLITTI E VIOLENZE ALL’ORDINE DEL GIORNO NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA

DEL CONGO. MENTRE CONTINUANO GLI SCONTRI NELL’AREA DEI GRANDI LAGHI,

 SI DIFFONDONO VOCI DELLA POSSIBILE ESPLOSIONE DI UNA NUOVA GUERRA.

 LA CHIESA CATTOLICA CONGOLESE CHIEDE AI FEDELI DI TUTTO IL MONDO DI RIUNIRSI IN PREGHIERA PER LA PACE NEL PAESE

 

KINSHASA. = “Siamo preoccupati per i messaggi che circolano sulla possibilità che nella Repubblica democratica del Congo si stia preparando una nuova guerra, in concomitanza con l’avvicinarsi delle elezioni generali previste per il 30 giugno 2006”. Per voce dell’arcivescovo Laurent Monsengwo, la Chiesa cattolica del Congo Kinshasa ha lanciato un appello ai fedeli del mondo intero affinché riservino una preghiera speciale, la prima domenica d’avvento, per la pace nel Paese e in particolare nella regione dei Grandi Laghi . “Una zona - ha ricordato il presidente della conferenza episcopale del Congo - che ha vissuto una crisi di inimmaginabili proporzioni con la morte di centinaia di migliaia di persone, atrocità spaventose, violazione dei diritti umani e lo spostamento di intere popolazioni”. Sono passati oramai sei anni dalla pace formalmente sancita a Lusaka, che avrebbe dovuto mettere formalmente fine al sanguinoso conflitto che ha coinvolto l’esercito regolare, varie milizie ribelli, e sei altri Paesi africani interessati. Eppure le violenze non sono ancora cessate per questo Paese ricco di risorse minerarie. Solo nell’ultima settimana cinquanta persone sono morte in un’operazione dell’esercito regolare nella regione dei Grandi Laghi al confine con l’Uganda. Questa zona non è la sola tuttavia a essere sconquassata dalla presenza di gruppi  armati. Continuano infatti a giungere notizie allarmanti anche dal Katanga, altra zona ricca di diamanti nel sud del Paese, dove dal 12 novembre è in atto uno scontro tra le forze armate e le milizie Mayi Mayi. Circa 60 mila persone sono fuggite dai loro villaggi per trovare rifugio nelle città vicine.  “Le milizie Mayi Mayi commettono da diverso tempo crimini orribili contro la popolazione civile” ha denunciato mons. Fulgence Mateba, vescovo di Kilwa-Kasenga, preoccupato anche della situazione degli sfollati. “Le località di Dubie e i suoi dintorni” ha detto il vescovo “sono invasi da una marea umana che sta aggravando un dramma già pesante. Questa gente ha bisogno di cibo, vestiti, alloggi, sementi, cure sanitarie”. (A.C.)

 

 

AUMENTA IL NUMERO DI OMICIDI IN SALVADOR. DI FRONTE ALLA SPIRALE

DI VIOLENZA IN CUI VIVE IL PAESE, LA CONFERENZA EPISCOPALE

DEL SALVADOR ESORTA A NON CADERE NELLA TRAPPOLA DELL’ABITUDINE

AD ABUSI, MALTRATTAMENTI, UCCISIONI

 

SAN SALVADOR.= “Si uccide per rubare; si uccide per vendetta; si uccide su commissione; si uccide sotto l’effetto dell’alcool o delle droghe”. La conferenza episcopale del Salvador ha scelto di intervenire pubblicamente sulla terribile spirale di violenza che avvolge il Paese Centroamericano. E lo ha fatto con una lettera aperta che sprona la società e le autorità a superare questa difficile situazione. Sullo sfondo le statistiche rese note, solo poche settimane fa, con i dati sull’incremento degli atti violenti in tutto il Paese. Secondo la polizia nazionale, nei primi dieci mesi del 2005, ne sarebbero stati compiuti oltre 3000, su 6 milioni appena di abitanti. Un dato allarmante, che supera abbondantemente quello dello scorso anno, in cui si erano registrate quasi 1000 uccisioni in meno. “Dobbiamo rassegnarci alla violenza?” chiedono i prelati, che riconoscono nell’abitudine agli episodi violenti uno dei principali pericoli insinuatisi nella società salvadoregna. “Forse la cosa più grave - si legge nella lettera - è che ci siamo abituati a considerare la violenza come qualcosa di inevitabile, con cui siamo costretti a convivere”. Ma la strada perché il bene vinca sul male è un'altra, sottolineano i vescovi. Quella dell’analisi in primo luogo di una situazione molto complessa. In Salvador la maggior parte degli atti di violenza sono attribuiti alle maras, bande giovanili particolarmente attive nei quartieri più degradati della capitale. “Ma quello delle maras - avvertono i presuli - è un problema grave e complesso, che ha bisogno di essere analizzato per essere compreso”. Altro punto fondamentale per tentare di far uscire il Paese da una pratica quotidiana di violenza, è l’attuazione di politiche che mirino alla prevenzione, alla riabilitazione e all’inserimento sociale dei giovani. E poi la necessità di modificare la legislazione troppo permissiva sulla vendita e possesso di armi da fuoco. “Le armi da fuoco - spiega la conferenza episcopale - sono un fattore decisivo per l’elevato numero di omicidi. La legislazione permissiva e la vendita libera di questi strumenti di morte devono essere oggetto di un profondo esame”. Non da ultimo viene ricordato il ruolo delle famiglie. “Per vincere il male con il bene è indispensabile l’apporto della famiglia, della scuola, dei mezzi di comunicazione sociale, dei cristiani e degli stessi che sono direttamente coinvolti in azioni violente”, sottolineano i vescovi salvadoregni. (A.C.)

 

 

LA FEDERAZIONE DELLE CONFERENZE EPISCOPALI ASIATICHE NOMINA

IL SUO NUOVO PRESIDENTE. E’ MONS. ORLANDO QUEVEDO EX PRESIDENTE

 DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLE FILIPPINE.

TRA I COMPITI CHE IL NUOVO PRESIDENTE DOVRA’ AFFRONTARE,

 L’ORGANIZZAZIONE DEL CONGRESSO MISSIONARIO ASIATICO PER IL 2006

 

BANGKOK. = Mons. Orlando Quevedo, arcivescovo di Cotabato ed ex presidente della conferenza episcopale delle Filippine è da venerdì il nuovo segretario generale della Federazione delle conferenze episcopali dell’Asia. A deciderlo è stato il Comitato centrale della Federazione, che si era riunito nei giorni scorsi a  Hu Hin, in Thailandia. A sessantasei anni mons. Quevedo è stato nominato a sostituire il suo predecessore, mons. Oswald Gomis, arcivescovo di Colombo, per la sua profonda conoscenza delle problematiche che coinvolgono le Chiese in Asia e il contributo dato alla Federazione. Istituita a Hong Kong con il consenso della Santa Sede, la Federazione si è fatta promotrice in questi anni di iniziative importanti. Tra queste, l’organizzazione del primo incontro internazionale delle donne asiatiche, avvenuto nell’agosto del 2005 a Hong Kong e l’Asia Youth Day, che dal 1999 punta a ripetere per i giovani asiatici l’esperienza delle Giornate Mondiali della Gioventù. Tanti gli appuntamenti importanti per il nuovo presidente della Federazione delle conferenze episcopali asiatiche. A cominciare dalla preparazione del Copngresso Missionario Asiatico, che si svolgerà in Thailandia nell’ottobre 2006. Il tema dell’incontro, organizzato con la collaborazione della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, sarà “La storia di Gesù Cristo in Asia. Una celebrazione di fede e di vita”.

 

 

DALL’AVVENTO ALLA PENTECOSTE. INIZIA OGGI IL CICLO DI INCONTRI

DEL “SABATO MARIANO”, IN SANTA MARIA IN VIA LATA,

ORGANIZZATI DAL CENTRO DI CULTURA MARIANA “MADRE CHIESA”

ROMA.= Inizia oggi, nella Basilica di Santa Maria in via Lata, il ciclo di incontri dal titolo “Il Sabato Mariano, dall’avvento alla pentecoste”, organizzato dal Centro di cultura Mariana “Madre Chiesa” di Roma. L’obiettivo degli incontri è quello di diffondere una solida conoscenza di Maria, secondo la dottrina della Chiesa, e formare persone spiritualmente impegnate a lavorare con Lei “per un mondo nuovo”. Giunto al suo ventottesimo anno di esperienza il “Sabato mariano” ha raccolto attorno a sé, sacerdoti, religiosi e laici. Anche quest’anno l’iniziativa si prefigge di mantenere viva la memoria di Santa Maria in Sabato. Come ricorda l’associazione è infatti un uso liturgico della Chiesa latina di consacrare il sabato alla Vergine, quale memoria di quel “grande sabato”, in cui in Maria si raccolse tutta la fede della Chiesa e dell’umanità, nell’attesa della Risurrezione di Cristo. L’incontro di questo sabato, sarà guidato da mons. Angelo Amato, segretario della Congregazione per la Dottrina della fede. (A.C.)

 

 

PROMOSSA DALLA CARITAS E DA ALTRE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE,

RIPARTE IN SPAGNA LA CAMPAGNA PER LA CANCELLAZIONE

DEL DEBITO ESTERO DEI PAESI PIU’ POVERI

 

MADRID.= “Debito esterno debito eterno?”. Questo il titolo della campagna lanciata in Spagna da alcune organizzazioni cristiane, per l’abolizione del debito che i Paesi più poveri hanno contratto nei decenni passati nei confronti di Paesi industrializzati e organizzazioni multilaterali. “Il debito estero accumulato dai Paesi in via di sviluppo - denunciano Caritas, Justicia y Paz, Manos Unidas insieme alle altre organizzazioni promotrici della campagna - è cresciuto in maniera esponenziale anche in questi ultimi cinque anni. Oggi questo debito pesa come un fardello sulle spalle della gente più povera, impedendo l’emancipazione da condizioni di miseria e il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo per il millennio, fissati dall’ONU nel 2000”. L’obiettivo della nuova campagna, che è partita lo scorso 25 novembre è di sensibilizzare l’opinione pubblica affinché cresca la pressione sui governi occidentali per la cancellazione del debito. (A.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

26 novembre 2005

 

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

Prosegue il passaggio di poteri nei Territori occupati da Israele all’Autorità Nazionale Palestinese. Al via oggi l’apertura del valico di Rafah che consente ai palestinesi di andare e tornare dal vicino Egitto senza dover chiedere il permesso di Israele. Secondo gli accordi, la sorveglianza del confine spetterà ai palestinesi, con la super visione di una settantina di osservatori europei. Il nostro servizio:

 

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Una giornata importante per i palestinesi che, per la prima volta nella loro tormentata storia, hanno potuto attraversare liberamente il confine con l’Egitto. Così il primo gruppo di passeggeri di un pullman ha segnato l’entrata in funzione del primo valico palestinese, mentre centinaia di altre presone attendevano il proprio turno. Soprattutto è la prima volta, da 38 anni, che non ci sono più le forze dello Stato ebraico a controllare il valico. Un compito, questo, che da oggi spetta ai soldati palestinesi, sebbene sotto la supervisione di un gruppo di osservatori europei. Israele potrà controllare quello che succede alla frontiera esclusivamente a distanza. A vigilare costantemente il posto ci saranno infatti le telecamere che invieranno immagini in tempo reale ad un centro di monitoraggio situato a 3 chilometri di distanza. Questo è il solo valico che collega Gaza con uno Stato terzo. In questo quadro la speranza dell’Autorità Nazionale Palestinese è che la fine dell’isolamento possa portare la rinascita economica dell’area, dove il tenore di vita è spesso ai margini della sussistenza. Al momento la Striscia non ha altri sbocchi verso il mondo esterno. Non c’è un porto, anche se l’intesa mediata da Condoleeza Rice ne prevede la costruzione. Per la riattivazione dell’aeroporto - bombardato 4 anni fa - si prevedono tempi molto lunghi. Provvisoriamente, il traffico sia di passeggeri sia di merci sarà limitato a sole quattro ore giornaliere, ma l’apertura si estenderà via via che la missione europea sarà completamente operativa.

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Il presidente israeliano, Katsav, ha affermato che le prossime elezioni politiche saranno un vero referendum. Abbandonata Gaza, ha specificato il presidente alla radio israeliana, il voto di marzo diventa automaticamente una consultazione sulla sorte degli altri territori palestinesi.

 

Si intensifica la violenza in Iraq in vista delle elezioni politiche, previste per il 15 dicembre. A Baghdad un’autobomba è esplosa al passaggio di una pattuglia americana, uccidendo quattro passanti. Sei iracheni sono stati uccisi inoltre in un attentato suicida contro una stazione di benzina a Samara, nel nord del Paese. Intanto, attraverso volantini distribuiti in diverse moschee di Ramadi, il braccio iracheno di Al-Qaeda ha annunciato l’arrivo nel Paese di miliziani stranieri “decisi a unirsi ai mujahiddin”.

 

In Afghanistan è morto uno dei quattro soldati svedesi feriti in un attentato nella parte settentrionale del Paese. Un altro soldato è in gravi condizioni. I militari appartengono all’ISAF, la forza multinazionale presente nel Paese con circa 9 mila unità. 

 

In Cina è di almeno 14 morti e circa 400 feriti il bilancio provvisorio del violento terremoto, di magnitudo 5,7 della scala Richter, che stamani ha scosso la provincia di Jiangxi, nella parte orientale del Paese. Ingenti i danni materiali: più di 8 mila le case distrutte e 130 mila quelle danneggiate. Oltre 400 mila sono gli evacuati per i quali sono stati allestiti dei campi con tende.

 

Afflitta da oltre 10 anni di guerra civile tra indipendentisti ed esercito filo russo, la Cecenia si reca domani alle urne per le elezioni legislative. Nella corsa ai 40 seggi dell’Assemblea del Popolo e ai 18 del Consiglio della Repubblica è favoritissimo lo schieramento “Russia Unita”, che fa quadrato attorno al presidente russo Putin. La commissione elettorale auspica una partecipazione attorno al 60-70% degli  elettori. Il timore di attentati o di una massiccia offensiva militare da parte dei guerriglieri indipendentisti ha spinto i cittadini a fare incetta di viveri, mentre i circa 24 mila fra agenti e soldati russi battono a tappeto ogni angolo della città.

 

La Siria ha deciso, ieri, di collaborare con le Nazioni Unite nell’ambito dell’inchiesta sulla morte dell’ex-premier libanese Rafik Hariri. Cinque dei suoi esponenti, sospettati di aver preso parte all’attentato, verranno interrogati a Vienna. Escluso dall’inchiesta, però, il capo dei servizi segreti militari.

 

In Gabon, è grande l’attesa per le elezioni presidenziali di domani. Secondo le previsioni, il capo di Stato in carica, Omar Bongo Ondimba, al potere da 38 anni, sarà confermato per un ulteriore mandato. Quattro candidati sfidano il presidente uscente alla guida di un Paese ricco di giacimenti petroliferi, dove però la metà della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno. La commissione elettorale nazionale ha sottolineato la mancanza di riferimenti certi sul numero degli aventi diritto al voto, mentre l’opposizione denuncia carenze organizzative.     

            

Al via oggi nello Zimbabwe le elezioni per il Senato. Circa 3,3 milioni di elettori sono chiamati a scegliere 50 dei 66 membri che compongono l’organo. I restanti 16 saranno invece designati dal capo dello Stato, Robert Mugabe, al potere dal 1980. Secondo gli esperti, le elezioni non faranno altro che rafforzare la posizione del presidente senza tuttavia comportare miglioramenti sostanziali della situazione politico-economica del Paese. Forti divisioni si sono determinate nel principale partito dell’opposizione, il Movimento per il cambiamento democratico (MDC): il suo leader, Morgan Tsvangirai, ha infatti espulso 26 suoi collaboratori che avevano deciso di presentarsi allo scrutinio.   

 

In Algeria, le elezioni parziali di giovedì scorso per il rinnovo di 131 consigli municipali e due consigli regionali della regione berbera di Cabilia  vedono in testa i due principali partiti dell’opposizione. In prima linea il Fronte delle Forze socialiste (Ffs), seguito dal suo rivale, “Rassemblement pour la culture et la democratie (Rcd)”. Scarsa è stata tuttavia l’affluenza alle urne.

 

Il ministro dell’Interno senegalese ha oggi disposto l’arresto dell’ex-presidente del Ciad, Hissène Habré. Accusato di crimini contro l’umanità, l’ex-capo di Stato, in esilio in Senegal dalla caduta del suo regime nel 1990, era stato liberato proprio ieri dopo dieci giorni di detenzione. 

 

L’Indonesia ha confermato il 12.mo caso umano di influenza aviaria in un ragazzo che vive nella parte ovest della provincia di Java. Un responsabile del ministero della Sanità locale ha affermato che l’esito delle analisi è stato confermato contemporaneamente sia da medici locali che dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il ragazzo è ricoverato in ospedale dal 15 novembre; mentre sono già 7 le persone morte in Indonesia a causa del virus.

 

 

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