RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 328 - Testo della trasmissione di giovedì 24 novembre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Ogni persona ha diritto di essere libera dalla fame: lo ha ricordato Benedetto XVI ricevendo stamane i partecipanti alla conferenza della FAO. Il progresso tecnico, pur necessario, non è tutto, occorre garantire sempre la dignità dell’essere umano

 

Domani Benedetto XVI in visita al Policlinico Gemelli per l’inaugurazione  dell’Anno accademico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore: ce ne parla Lorenzo Ornaghi

 

Convegno a Roma sulle relazioni tra Santa Sede e Repubblica Slovacca: interviste con mons. Giovanni Lajolo, Eduard Kukan e mons. František Tondra

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Conferita stamani, presso l’Università di Roma Tor Vergata, la laurea Honoris Causa  ai coniugi  Billings, ideatori del metodo  per la regolazione naturale della fertilità: con noi,  Elena Giacchi

 

L’appello del Papa contro la piaga dell’usura: il commento di padre Massimo Rastrelli

 

Al via oggi nella provincia filippina di Mindanao la settimana della pace per il dialogo tra cristiani e musulmani: ai nostri microfoni padre Rino Venturin

 

I 117 martiri vietnamiti, ricordati dalla liturgia di oggi, radice e orgoglio di una Chiesa recentemente ristrutturata da Benedetto XVI con la creazione di una nuova diocesi

 

CHIESA E SOCIETA’:

L’Ordine dei Frati Minori ribadisce l’accoglienza fiduciosa delle nuove norme sulle Basiliche francescane di Assisi

 

Messaggio dei vescovi tailandesi nel 60°  della Giornata nazionale della pace e dei diritti umani

 

Il vescovo della diocesi pakistana di Islamabad-Rawalpindi, Anthony Lobo, vuole costruire un orfanotrofio per aiutare i molti bambini rimasti senza genitori dopo il terremoto

 

Aperto oggi a Roma il summit mondiale dei Nobel per la Pace

 

Secondo un Rapporto presentato al Parlamento europeo, sono i Rom il gruppo etnico più discriminato nei Paesi dell'UE

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq almeno 30 morti per l’esplosione di una bomba davanti ad un ospedale

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 novembre 2005

 

OGNI PERSONA HA DIRITTO DI ESSERE LIBERA DALLA FAME: LO HA RICORDATO

BENEDETTO XVI RICEVENDO STAMANE I PARTECIPANTI ALLA CONFERENZA DELLA FAO.

IL PROGRESSO TECNICO, PUR NECESSARIO, NON E’ TUTTO,

OCCORRE GARANTIRE SEMPRE LA DIGNITA’ DELL’ESSERE UMANO

        

“Liberare l’umanità dalla fame”: questo da 60 anni il mandato della FAO, “a servizio di un grande ideale”, come ha sottolineato stamane Benedetto XVI, ricevendo in udienza i partecipanti alla 33ma Conferenza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, in corso a Roma, fino a sabato prossimo. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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Ogni persona ha diritto di “essere libera dalla fame”: lo ha ribadito il Papa, accogliendo i 450 delegati di 188 Paesi, membri della FAO, chiamati in questi giorni ad approvare la riforma dell’organizzazione per rispondere alle sfide del XXI secolo, su proposta di Jacques Diouf, appena rieletto per il terzo mandato. Benedetto XVI ha espresso “sincero apprezzamento” per le attività della FAO, augurando che l’esperienza accumulata possa suggerire metodi atti “ad affrontare con successo la lotta alla fame e alla povertà”, con “concreto realismo”:

 

HUMANITY IS PRESENTLY …

“L’umanità vive in questo tempo uno dei paradossi più preoccupanti: da una parte si raggiungono sempre nuovi e positivi traguardi in campo economico, scientifico e tecnologico, ma dall’altra si constata la crescita continua della povertà”.

 

Secondo l’ultimo Rapporto della FAO sono oltre 850 milioni gli affamati nel mondo, di cui massima parte, ovvero 815 milioni, nei Paesi in via di sviluppo, e a pagare il prezzo più alto sono i bambini, quasi 6 milioni i piccoli malnutriti che muoiono ogni anno. Questo perché il mondo “non rispetta gli impegni presi”, ha denunciato Diouf, presentando il rapporto, martedì scorso.

 

Benedetto XVI ha lodato in particolare l’impegno della FAO “nel dialogo”:

        

TODAY MORE THAN EVER …

“Oggi più che mai c’è bisogno di strumenti in grado di vincere le ricorrenti tentazioni di conflitto tra diverse visioni culturali, etniche e religiose”.

 

E per questo occorre “fondare i rapporti internazionali sul rispetto della persona” e sul reciproco accogliersi dei popoli” nell’unica famiglia umana. E bisogna anche riconoscere che “il progresso tecnico,  pur necessario, non è tutto”:

        

TRUE PROGRESS IS THAT ALONE …

“Vero progresso è solo quello che salvaguarda la dignità dell’essere umano nella sua interezza e consente ad ogni popolo di condividere le proprie risorse spirituali e materiali, a beneficio di tutti”.

 

In questo contesto, il Santo Padre ha segnalato “le comunità indigene, troppo spesso oggetto di indebite appropriazioni finalizzate al profitto”, ed ha stigmatizzato l’indifferenza dell’opinione pubblica verso tanti conflitti dimenticati, “perché ritenuti interni, etnici e tribali”, mentre altre “aree vengono sottoposte a misure e controlli internazionali”.

 

Un discorso quello di Benedetto XVI fitto di riferimenti: così anche alla riforma agraria, in discussione alla FAO, per sostenere i piccoli agricoltori, parte rilevante nei Paesi in via di sviluppo. E poi una raccomandazione finale in vista dei prossimi negoziati dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), ad Hong Kong:

 

THE HOLY SEE IS CONFIDENT THAT …

“La Santa Sede auspica che a prevalere, responsabilmente, sia il senso di solidarietà verso chi è più svantaggiato e che si abbandonino interessi locali e logiche di potenza”.

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ALTRE UDIENZE

 

Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, dieci presuli polacchi in visita ad Limina e l’arcivescovo di Sherbrooke, presidente della Conferenza dei vescovi del Canada, insieme al vicepresidente, mons. Vernon James Weisgerber, arcivescovo di Winnipeg, e al segretario generale, mons. Mario Paquette. Nel pomeriggio, è prevista l’udienza del Papa ad un secondo gruppo di vescovi polacchi in visita ad Limina.

 

 

DOMANI MATTINA BENEDETTO XVI IN VISITA AL POLICLINICO GEMELLI

PER L’INAUGURAZIONE DELL’ANNO ACCADEMICO

DELL’UNIVERSITA’ CATTOLICA  DEL SACRO CUORE.

CON NOI, IL RETTORE DELLA “CATTOLICA”, LORENZO ORNAGHI

 

Domani mattina alle 11.00 Benedetto XVI si recherà in visita al Policlinico Gemelli di Roma per l’inaugurazione dell’Anno accademico 2005/2006 dell’Uni-versità Cattolica del Sacro Cuore. Forte di cinque sedi (Milano, Brescia, Piacenza-Cremona, Roma e Campobasso) e 14 Facoltà, l’Università Cattolica, fondata nel 1921 da padre Agostino Gemelli, conta oggi 42 mila studenti. Una delegazione studentesca in rappresentanza di ogni sede sarà presente a Roma per l’incontro con il Papa. Alessandro Gisotti ha intervistato il rettore della Cattolica, il prof. Lorenzo Ornaghi, che sottolinea il rapporto speciale tra il suo ateneo e gli ultimi Pontefici e si sofferma sul ruolo di Benedetto XVI nel dialogo tra Chiesa e mondo della cultura:

 

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D. – Con quali sentimenti si prepara ad accogliere Benedetto XVI?

 

R. – Sentimenti davvero di grande attesa, soprattutto da parte dei miei studenti che incontrano il Papa. Sentimenti di gratitudine, perché nonostante i molti impegni che riempiono l’agenda del Santo Padre, Benedetto XVI ha trovato il tempo per l’Ateneo dei cattolici italiani. Si conferma così una lunghissima tradizione dei Pontefici, a partire da Benedetto XV, Pio XI fino poi a quel rapporto specialissimo che ha legato Giovanni Paolo II all’Università Cattolica.

 

D. – Benedetto XVI sarà al Policlinico Gemelli. Nei suoi primi mesi di Pontificato il Papa ha sottolineato con forza che la scienza, la medicina, devono essere al servizio dell’uomo, e ha ribadito la sacralità della vita umana dal concepimento alla morte naturale. Cosa pensa di questa sfida lanciata da Benedetto XVI, se vogliamo rinnovata, in continuità con il Magistero del suo amato predecessore?

 

R. –  Questo rinnovamento è un punto davvero fondamentale, non solo perché tutte le questioni della vita sono ormai diventate, senza magari che noi ce lo aspettassimo, le questioni fondamentali su cui si gioca il futuro della società. Ma anche perché la sottolineatura continua che Papa Benedetto XVI sta facendo ci mette in guardia su un rischio che noi corriamo, cioè il rischio che le scienze, soprattutto quelle di cui percepiamo un diretto rapporto con noi, una rilevanza immediata, - pensiamo appunto alla medicina, alle scienze biotecnologiche – rischiano davvero di sfuggire alla capacità dell’uomo di finalizzarle a quella che è la finalità vera della scienza, il servizio al bene della persona e dell’umanità.

 

D. – Come lei anticipava, la sede romana dell’Università Cattolica è stata visitata dai Papi Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II. Ora è la volta di Benedetto XVI. Quanto conta, secondo lei, per gli studenti e il corpo docente della “Cattolica”, questa attenzione particolare mostrata dai Pontefici negli anni?

 

R. – Conta moltissimo, perché l’Università Cattolica è nata - così la volle padre Gemelli – al servizio della Chiesa, della Chiesa italiana, della società italiana. Questo rapporto stretto, però, è stato un dono speciale che l’Università Cattolica ha sempre avuto. Quindi, in questo senso, c’è moltissima attesa soprattutto da parte dei più giovani. E’ un rapporto che fa parte della storia dell’Ateneo dei cattolici italiani.

 

D. – Quali sono le peculiarità dell’Università Cattolica? Cosa, insomma, la contraddistingue nel panorama accademico?   

 

R. – Rispetto agli altri Atenei cerchiamo di tener ferma una tradizione, lo sviluppo delle scienze, la qualità della formazione, il saper legare la formazione degli studenti e i risultati scientifici ad un progetto culturale. Una visione culturale, dunque, che consenta, non solo di scrutare dove stanno andando questi grandi cambiamenti che talvolta ci spaventano, ma dove sta da cattolici la possibilità di orientarli.

 

D. – Grande uomo di cultura, Benedetto XVI si distingue per la capacità di dialogo con intellettuali di differenti scuole di pensiero. Lei, che guida una Università così importante, come valuta questo aspetto della figura del Papa?

 

R. – Grande uomo di cultura davvero! Lo vediamo soprattutto adesso che un po’ tutti noi siamo andati a rileggere anche le sue opere meno recenti. Quello del Papa è un dialogo, nel senso proprio del dialogo, quindi non soltanto un mettere accanto l’una accanto all’altra la propria posizione, ma attraverso il dialogo perseguire la verità. Direi che la cultura di oggi ha bisogno di cercare la verità, forse più che in altre stagioni storiche.

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CONCLUSO A CITTA’ DEL MESSICO L’INCONTRO CONTINENTALE PER L’AMERICA 

SULLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA: GLI AUSPICI DEL PAPA

AFFINCHE’ DIA FRUTTI ABBONDANTI PER VIVERE IN SPIRITO CRISTIANO

LA SETE DI GIUSTIZIA E FOMENTARE L’IMPEGNO SOLIDALE VERSO I  BISOGNOSI

- A cura di Paolo Scappucci -

 

Due giorni di intensa riflessione che hanno aiutato a comprendere come il Vangelo sia la fonte di ogni autentica liberazione  e di ogni vera promozione umana: così il Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Martino, ha sintetizzato l’Incontro continentale per l’America conclusosi martedì sera a Città del Messico per la presentazione del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa pubblicato lo scorso anno dal dicastero vaticano.

 

Alla qualificata assemblea di prelati, esperti, politici  e operatori pastorali, onorata dalla presenza del Presidente messicano, Vicente Fox Quesada, il Santo Padre Benedetto XVI aveva fatto pervenire un messaggio autografo di incoraggiamento, definendo il Compendio “un valido strumento, che facilita nei vari ambiti uno studio più profondo e sistematico  degli orientamenti della Chiesa in campo politico, sociale ed economico, favorendone al tempo stesso l’applicazione pratica nel contesto concreto di ciascun Paese o continente con le proprie peculiarità”. Egli aveva anche auspicato frutti abbondanti dell’Incontro, come “occasione propizia per vivere con spirito cristiano la sete di giustizia e fomentare  l’impegno solidale  con i bisognosi e l’irrinunciabile impulso della carità”.

 

Dal canto suo, il cardinale Martino a conclusione del convegno ha rimarcato che “in Gesù, Via, Verità e Vita,  incontriamo le ragioni più appropriate per ogni impegno sociale e politico, ispirato da un umanesimo integrale e solidale, pronto a dare un futuro di giustizia e di pace al mondo di oggi”. Egli ha ribadito che “la dottrina sociale della Chiesa, esposta nel Compendio, non è un programma politico, sociale od economico; essa si propone di formare le menti e i cuori affinché con libertà e autonomia si decidano a realizzare quelle opzioni sociali, economiche e politiche che servono a concretizzare l’ideale di un umanesimo integrale e solidale”. Il porporato ha anche sottolineato che la democrazia per essere autentica deve avere un riferimento essenziale ai valori, che trovano la loro base nei diritti e doveri fondamentali e il loro orizzonte nel bene comune. Per questo la peggiore nemica della democrazia è la corruzione, che mina la fiducia dei cittadini nel sistema democratico e nella sua stessa credibilità.

 

In proposito, il Presidente di Giustizia e Pace ha annunciato  che  al tema della corruzione, così ampiamente trattato nel Compendio, il Pontificio Consiglio dedicherà nel prossimo anno un incontro internazionale. Dopo aver riassunto la dettagliata strategia scaturita dal convegno di Città del Messico per una diffusione capillare del documento, il cardinale Martino ha formulato la speranza  che il Compendio ispiri testimoni credibili e, al tempo stesso, uomini e donne di pensiero e d’azione capaci di modificare i meccanismi della società attuale incarnando la logica evangelica dell’amore nella logica umana e razionale dell’economia, della politica e della società.

 

Il cardinale Martino, che nella capitale messicana è stato accompagnato dal segretario del dicastero, vescovo Giampaolo Crepaldi, si recherà nei giorni prossimi a Mosca, su invito dell’arcivescovo Kondrusiewicz, per presentare sempre insieme a mons. Crepaldi il Compendio nella Casa della Cultura della capitale russa.

 

 

CONVEGNO OGGI A ROMA SUI RAPPORTI TRA SLOVACCHIA E SANTA SEDE

-Interviste con mons. Giovanni Lajolo, Eduard Kukan e mons. Frantiszek Tondra-

 

Le relazioni bilaterali tra Slovacchia e Santa Sede e gli ultimi accordi stipulati tra le due parti sono stati oggetto di un convegno svoltosi oggi a Roma all’Istituto Patristico Augustinianum. “La Slovacchia e la Santa Sede nel XX secolo”, questo il tema dell’incontro cui ha preso parte il segretario per i Rapporti con gli Stati mons. Giovanni Lajolo. C’era per noi Tiziana Campisi.

 

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L’arcivescovo Giovanni Lajolo ha sottolineato nel suo intervento che “la Slovacchia è chiamata a portare  alla costruzione della nuova identità dell’Europa il contributo della sua ricca tradizione cristiana”. Il presule ha ripercorso le principali tappe della storia del Paese segnate in particolare dall’evangelizzazione nel nono secolo, dal periodo comunista con la persecuzione della Chiesa, e poi, con l’avvento della democrazia, dalle visite di Giovanni Paolo II  e la firma dell’Accor-do Base del 2000 che regola i rapporti  tra la Repubblica Slovacca e la Santa Sede e che “ha aperto un nuovo, positivo” capitolo nelle relazioni Stato-Chiesa”. Ascoltiamo lo stesso mons. Lajolo al microfono di padre Leopold Slaninka, responsabile del Programma slovacco della Radio Vaticana:

 

D. – Esso regola la posizione giuridica della Chiesa Cattolica e delle sue istituzioni e garantisce alla Chiesa il libero esercizio della sua missione, in particolare per quanto riguarda il culto, il governo pastorale, l'insegnamento e altri aspetti di vita ecclesiale. Tale impostazione dei rapporti tra Chiesa e Stato si è rivelata fruttuosa ed è di reciproca soddisfazione.

 

R. – Come vede Lei il progresso dell’Accordo fra la Santa Sede e la Repubblica Slovacca durante gli ultimi cinque anni?

 

D. – Proprio sul fondamento dell'Accordo Base si e potuto pervenire alla firma e alla ratifica di due altri accordi: uno sull'assistenza religiosa ai fedeli cattolici nelle Forze Armate e nei Corpi di Polizia, ed un altro sull'educazione e sull'istruzione religiosa. Si stanno attualmente negoziando altri due accordi: sul diritto all'obiezione di coscienza e su questioni economiche. A parte questo, v'e uno scambio di rapporti che permette la collaborazione su grandi questioni internazionali. In particolare, la Santa Sede ha apprezzato l'impegno del Governo slovacco in favore di una menzione delle radici cristiane nel preambolo del Trattato costituzionale europeo, cosi come ne apprezza l'impegno a favore della vita umana, anche nelle istanze internazionali.

 

Ma che anni ha vissuto la Chiesa in Slovacchia durante il regime comunista? Risponde mons. Frantiszek Tondra, presidente della Conferenza episcopale slovacca:

 

(parole in slovacco)

“La Chiesa ha subito fortemente l’influsso del regime comunista, che voleva dominare anche nella Chiesa e voleva esercitare una forte influenza su vescovi e sacerdoti affinché anche essi appoggiassero il regime comunista. I vescovi ed i sacerdoti che invece erano contrari al regime non volevano questo influsso del regime totalitario e per questo sono stati perseguitati; alcuni sono finiti in prigione. Di questi, Giovanni Paolo II ne ha beatificati alcuni qualche anno fa”.

 

La Slovacchia da un anno e mezzo fa parte dell’Unione Europea. Abbiamo chiesto al ministro slovacco degli Affari Esteri, Eduard Kukan, come sta vivendo il Paese questa nuova realtà:

 

R. – (parole in slovacco)

“I cittadini della Repubblica slovacca sono convinti da sempre che la partecipazione della Slovacchia all’Unione Europea possa portare dei vantaggi alla Nazione”.

 

D. – Gli Accordi con la Santa Sede, in che modo hanno influito nell’apparato statale?

 

R. – (parole in slovacco)

“La Slovacchia ha firmato un Accordo di base con la Santa Sede, sulla cui scorta sono stati firmati altri due Accordi. Dobbiamo firmare ancora due Accordi parziali che sono stati all’origine di qualche discussione a livello di governo, ma esso si sta impegnando per realizzare quegli impegni presi nell’Accordo di base tra la Repubblica slovacca e Santa Sede”.

 

Ricordiamo che sugli oltre cinque milioni di abitanti della Slovacchia, il 70 % è costituito da cattolici di rito latino cui si aggiunge un 4% di cattolici di rito bizantino. La Repubblica Slovacca fa parte dell’Unione Europea dal 1° maggio 2004. Dal 1° gennaio 2006 la Slovacchia occuperà il seggio di membro non permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Apre la prima pagina il titolo “Ogni persona ha il diritto di essere ‘libera dalla fame’. Si abbandonino interessi locali e logiche di potenza”: il vibrante appello di Benedetto XVI alla coscienza del mondo durante l’udienza ai partecipanti alla 33.ma Conferenza della FAO.

 

Servizio vaticano - Una pagina sul tema: “25 novembre 2005: memoria liturgica dei beati Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi nel centenario del loro matrimonio”.

 

Servizio estero - In rilievo l’Iraq con un articolo dal titolo “Ancora una strage di civili innocenti”. Anche una foto-didascalia dal titolo: “Ferite profonde”.

 

Servizio culturale - Un articolo di Giuseppe Degli Agosti in merito alla mostra, a Milano, sul tema “Caravaggio e l’Europa”.

 

Servizio italiano - In primo piano un articolo dal titolo “Esteso apprezzamento per le parole di Ciampi”: “Voglio solo concludere con dignità il mio mandato”.

 

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 novembre 2005

 

 

CONFERITA STAMANI, PRESSO L’UNIVERSITÀ DI ROMA TOR VERGATA,

LA LAUREA HONORIS CAUSA IN MEDICINA AI CONIUGI JOHN ED EVELYN BILLINGS,

IDEATORI DEL “METODO DELL’OVULAZIONE BILLINGS”,

PER LA REGOLAZIONE NATURALE DELLA FERTILITÀ

- Con noi, la dott.ssa Elena Giacchi -

 

E’ stata conferita stamani, presso l’Università di Roma Tor Vergata, la laurea Honoris Causa in medicina ai coniugi australiani, John ed Evelyn Billings, ideatori del metodo di regolazione naturale della fertilità basato sull’osservazione del muco cervicale. Il “Metodo dell’ovulazione Billings” individua infatti, attraverso il cosiddetto “sintomo del picco”, il giorno di massima fertilità del ciclo. Nel pomeriggio, poi, prenderà il via il Convegno internazionale su “Scienza ed etica per una procreazione responsabile”, promosso fino al 26 novembre dalle 5 Facoltà di Medicina e Chirurgia di Roma. Ma quali risultati ha portato il Metodo Billings sul fronte scientifico? Risponde, al microfono di Roberta Moretti, la dott.ssa Elena Giacchi, coordinatrice del Centro Studi di Regolazione Naturale della Fertilità dell’Università Cattolica del Sacro Cuore:

 

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R.- Penso che sia la possibilità di utilizzare i metodi naturali in ogni situazione della vita fertile della donna e in particolare nei cicli irregolari, nei cicli anovulatori, durante l’allattamento al seno, in pre-menopausa. Insomma in tutte quelle situazioni in cui l’ovulazione può ritardare anche di settimane, di mesi o anche mancare completamente. Un altro traguardo importante mi sembra però anche l’elevata efficacia sia per ottenere la gravidanza, sia per evitarla. I più recenti studi scientifici degli anni Novanta confermano un’efficacia pari al 98-99%. Ultimo, ma non meno importante, può essere l’aiuto che il metodo Billings può offrire alle coppie con ridotta fertilità sia perché può aiutare ad identificare il momento più fertile del ciclo della donna, sia perché può dare un valido contributo alla diagnosi soprattutto in casi di disfunzioni ormonali o di patologie cervico-vaginali.

 

D. – Il metodo Billings nasce per individuare il periodo di massima fertilità della donna, ma da alcuni viene considerato, invece, come metodo contraccettivo. C’è dunque una certa ambiguità?

 

R. – C’è una sostanziale differenza tra il metodo Billings e i contraccettivi. Il metodo Billings viene sempre insegnato come uno strumento adeguato per sviluppare un atteggiamento di apertura alla vita. Poi la scelta dei metodi naturali incide anche positivamente sul rapporto di coppia perché stimola un dialogo più profondo, un atteggiamento di ascolto, di rispetto tra l’uomo e la donna.

 

D. – E’ possibile stimare quante coppie nel mondo si avvalgono del metodo Billings?

 

R. – Non è facile perché solo pochi Paesi hanno messo a punto dei sistemi di raccolta di dati. E’ interessante, però, riportare i dati forniti dalla Cina, aggiornati al 2003, dove è stato messo in atto un programma di diffusione del metodo dell’ovulazione Billings. Questi dati parlano di 50.320 insegnanti in tutto il Paese e di 3.645.000 coppie fertili che usano il metodo. Questo sta a dimostrare cheil metodo non è esclusivamente per i cattolici, ma portatore di valori profondamente umani, a cui anche popolazioni non credenti aderiscono perché risponde alle loro intime esigenze.

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L’APPELLO DEL PAPA CONTRO LA PIAGA DELL’USURA:

IL COMMENTO DI PADRE MASSIMO RASTRELLI

 

Sono oltre 600 mila le famiglie taglieggiate dall'usura in Italia, con tassi di interesse che  vanno dal 180% fino a raggiungere  il 450%. E’ l’allarme lanciato dalla Consulta nazionale antiusura i cui rappresentanti ieri erano in Piazza San Pietro all’udienza generale. Benedetto XVI, salutandoli, ha espresso il suo apprezzamento “per la coraggiosa e generosa opera” che svolgono in favore di famiglie e persone colpite da questa  “piaga sociale”. Il Papa ha quindi auspicato che in molti sostengano questo “encomiabile impegno sul piano della prevenzione, della solidarietà e della educazione alla legalità”. Impegno che dura ormai da numerosi anni. Ma ascoltiamo la testimonianza di padre Massimo Rastrelli, presidente della Consulta nazionale antiusura, intervistato da Giovanni Augello:

 

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R. – Sono stati anni di accompagnamento efficace di uomini senza occhi, perché uscissero dalla disperazione. Parlo della mia Fondazione. 45 miliardi di cauzioni messe in essere, prestiti dati, usure debellate, famiglie ricostituite e una controtendenza rispetto al guardare senza fare, al deplorare i mali senza lasciarsi coinvolgere. Dove ognuno guarda l’altro e lo lascia a se stesso, è lasciato a se stesso lui stesso. E’ la cultura della disgregazione, che oggi proviene da molti modelli.

 

D. – Io le volevo chiedere per quanto riguarda la legislazione italiana, possiamo dire che tuteli in modo adeguato le vittime degli usurai?

 

R. – Ci sono due leggi: la 108 del ’96 e la 44 del ’99. La 108 però non viene rifinanziata ed è quindi resa inoperosa nella parte in cui dovrebbe esprimere solidarietà. Per quanto riguarda i tribunali che fanno parte della legge, ho detto chiaramente che ci sono le prescrizioni, peggio, ci sono le archiviazioni. Quando un disperato denuncia, un giudice deve avere occhi per leggere quello che scrive, perché ha la facoltà di derubricare con insindacabile giudizio. Allora, il reato non esiste. E’ stata una fantasia del denunziante. Quando le estorsioni sono subite, non può dire un giudice che non sono mai avvenute.

 

D. – Abbiamo visto nei dati, comunque, che c’è un abbassamento per quanto riguarda le denunce …

 

R. – Ma la denuncia è nociva. Se uno denuncia deve pagare l’avvocato. E chi lo paga? Il denunziante non ha il patrocinio gratuito. Deve pagare i bolli, appena va a fare la denuncia.

 

D. – La Chiesa come si pone, che cosa può fare di fronte al fenomeno dell’usura?

 

R. – Agisce con migliaia di persone che si mettono vicino al cieco per prenderlo per mano e portarlo fuori dalla fossa. Lo fa cacciando i soldi dalla propria tasca. Perciò dico a quelli che mi ascoltano, date il vostro piccolo contributo ai fondi antiusura, perché con il poco di molti possiamo fare il molto per tutti. Il futuro è costruito dall’opera di ogni uomo. L’uomo che fa vivere un uomo, assicura la propria vita. Io spero che gli italiani capiscano. Il male, lasciato correre, domani ti arriva a casa.

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AL VIA OGGI NELLA PROVINCIA FILIPPINA DI MINDANAO LA SETTIMANA DELLA PACE

 PER IL DIALOGO TRA CRISTIANI E MUSULMANI

- Intervista con padre Rino Venturin -

 

“Gli obiettivi del Millennio per lo sviluppo: le donne e i giovani, artefici della Pace”. Questo il tema scelto quest’anno per la Settimana della Pace nella provincia filippina di Mindanao, iniziata oggi. L’appuntamento annuale, promosso dal 1998 dalla Conferenza episcopale e dagli Ulema musulmani locali, testimonia la volontà di dialogo e di pace tra musulmani e cristiani nell’isola. Ma qual è la situazione oggi a Mindanao sul fronte del dialogo? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a padre Rino Venturin, missionario dehoniano nella regione:

 

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R. – Sul fronte del dialogo si fanno passi in avanti. Posso dirvi un’esperienza diretta che ho avuto la settimana scorsa, per la prima volta. Il movimento che ha promosso questa settimana di pace ha indetto qui una settimana di incontro per cristiani e musulmani sul dialogo. Ho avuto l’occasione di mandare i miei postulanti a partecipare. Mi hanno detto che è stata un’esperienza bellissima, con i musulmani, generalmente molto restii al dialogo, per formazione dottrinale o per pregiudizi culturali; nel vedere che i cristiani non promuovono il dialogo per tattica di proselitismo, ma per scelta di fede, perché rispettano anche la fede degli altri, un po’ alla volta smussano gli spigoli e si crea un ambiente più disteso. C’è la convinzione che si possa vivere insieme e si possa essere diversi, rispettandosi reciprocamente.

 

D. – Le Filippine sono inserite fra gli Stati che entro il 2015 dovrebbero sradicare la povertà. Questo elemento in quei luoghi quanto influisce sul processo di pace?

 

R. – Di fatto la povertà aumenta qui, come in tante altre parti del Terzo mondo. E’ un sogno che sarà possibile se si ripensa la strategia mondiale. Ad ogni modo il clima, al di là dei conflitti armati che continuano – purtroppo qui il terrorismo è molto diffuso e radicato, anche a causa degli abusi o dell’assenza delle forze armate – non credo che implichi una mentalità di terrorismo da parte della gente. Sono situazioni, purtroppo, radicate, ma sono sempre situazioni di minoranza. La gente si rispetta, vive insieme. Ed i pregiudizi, un po’ alla volta, con questa mentalità, io sono convinto, lo vedo anche, stanno scemando.

 

D. – Qual è il ruolo della Chiesa in una realtà come quella di Mindanao?

 

R. – Io credo, prima di tutto, che ci sia la coscienza che la Chiesa debba occuparsi del sociale. Non c’è dubbio. Sanno che il parroco è la figura più determinante per questi elementi di integrazione culturale, di promozione del benessere sociale. In quel senso la Chiesa è rispettata, perché ha un ruolo attivo ed è in prima linea. Dai preti, ai laici soprattutto, c’è questa coscienza a Mindanao. Negli ultimi 30 anni hanno preso sul serio il Vaticano II in questa dimensione di Chiesa per i poveri, di Chiesa per il popolo. I laici sono cresciuti moltissimo e fanno sentire il loro peso.

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I 117 MARTIRI VIETNAMITI, RICORDATI DALLA LITURGIA DI OGGI,

RADICE E ORGOGLIO DI UNA CHIESA RECENTEMENTE

RISTRUTTURATA DA BENEDETTO XVI CON LA CREAZIONE DI UNA NUOVA DIOCESI

 

Da qualche giorno il Vietnam ha una nuova diocesi: Ba Ria. Benedetto XVI ha voluto modificare l’assetto territoriale precedente, per consentire una migliore crescita dei cattolici della zona, oggi 225 mila su 900 mila abitanti. L’avvenimento è tanto più importante se si considera che non si verificava da circa 30 anni. E tra due giorni, il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei Popoli, partirà per il Vietnam, per rinsaldare i vincoli della Chiesa locale con Roma. Una Chiesa passata, ai suoi albori, attraverso periodi di sofferenza indicibili, con numerosissimi martiri dei quali la Chiesa fa oggi memoria. Ripercorriamone le vicende con questo servizio di Alessandro De Carolis:

        

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(musica)

 

Sedicesimo secolo: il simbolo di Cristo arriva in Vietnam. Un missionario francese, padre Alessandro de Rodhes, impianta le prime radici della Chiesa in questa zona dell’Asia, all’epoca distinta in tre regioni: Tonchino, Annam e Cocincina. A metà del Seicento, il clima per i cattolici diventa però irrespirabile. Dal 1645 al 1886, 55 editti vengono emanati dai vari regnanti intenzionati a sopprimere un culto altrimenti fiorente, grazie all’opera di molti missionari che curano clero locale e catechisti approfittando di qualche periodo di pace. Il 19.mo secolo se non il peggiore è certamente il più cruento. La persecuzione diventa spietata. Anche proteggere un cristiano vuol dire condanna a morte certa. Sotto il regno di Tuc-Duc, sovrano nella seconda metà dell’Ottocento, tutto ciò che è francese ed europeo, religione compresa, viene visto con odio. E le misure repressive diventano raffinate e perfino allettanti per la popolazione locale. Catturare un missionario valeva 300 once d’argento, mentre il religioso veniva ucciso e buttato nel fiume con la testa spaccata. Senza contare le infinite torture cui altri venivano sottoposti. E la scala delle crudeltà era articolata in gerarchie: i sacerdoti vietnamiti finivano sgozzati, i catechisti marchiati a fuoco sulla guancia con la scritta “Ta dao” cioè “falsa religione”, ai semplici fedeli veniva offerta la salvezza a patto che calpestassero la croce davanti al giudice.

 

(musica)

        

E’ in quest’epoca di violenze senza quartiere, che l’eroismo dei cristiani vietnamiti mostra la sua tempra. Una fede che resta indomita anche quando, per rappresaglia, molte famiglie vengono smembrate – mariti da una parte, mogli dall’altra, genitori divisi dai figli – i beni confiscati e infine l’onta dell’esilio. I martiri di questa stagione sono fitti come può esserlo un esercito armato solo di coraggio e fiducia in Cristo. Già Leone XIII ai primi del ‘900 ne promuove la beatificazione di oltre settanta. Venti lo sono nel 1909 da San Pio X, 25 nel ’51 da Pio XII. Ma è Giovanni Paolo II a canonizzare l’intero gruppo di 117 martiri nel 1988. Il capofila è Andrea Dung-Lac, uno delle prime vocazioni sacerdotali fiorita sul posto: più volte arrestato e scampato da morte grazie alla solidarietà dei cristiani che ne pagano il riscatto, viene decapitato del 1839. Il suo culto è tra i più diffusi in Vietnam, ma anche le storie degli altri martiri, tra cui 8 vescovi, parlano di una fedeltà rimasta incrollabile fino al colpo fatale degli aguzzini.

 

In una lettera per certi versi drammatica – nella quale viene raccontato l’“inferno” del carcere per i prigionieri cristiani – Paolo Le-Bao-Tinh, uno dei futuri Santi in quel momento in catene, scrive agli alunni di un seminario: “Ecco, la tua croce è calpestata dai piedi dei pagani! Dov’è la tua gloria? Vedendo tutto questo preferisco, nell'ardore della tua carità, aver tagliate le membra e morire in testimonianza del tuo amore”. E poco più avanti, cercando di rinfrancare i giovani seminaristi : “Vi scrivo tutto questo, perché la vostra e la mia fede formino una cosa sola. Mentre infuria la tempesta getto l’àncora fino al trono di Dio: speranza viva, che è nel mio cuore (...) Venite in mio soccorso con le vostre preghiere, perché possa combattere secondo la legge, anzi sostenere sino alla fine la buona battaglia, per concludere felicemente la mia corsa.”

 

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CHIESA E SOCIETA’

24 novembre 2005

 

 

L’Ordine dei Frati Minori ribadisce la propria fiducia

per le nuove norme di Papa Benedetto XVI che affidano le Basiliche

di San Francesco e di S. Maria degli Angeli di Assisi alla giurisdizione

del nuovo vescovo, Domenico Sorrentino

 

ASSISI. = “Siamo fiduciosi che il provvedimento permetterà una più proficua cooperazione pastorale e un’efficace comunione ecclesiale tra i Frati operanti nel Santuario e la Chiesa diocesana”. E’ quanto sottolineato dal ministro provinciale dell’Ordine dei Francescani dell’Umbria, Fr. Massimo Reschilian, e dal ministro generale dell’Ordine, Josè Rodriguez Carballo in un documento in cui si specifica, soprattutto, il desiderio di proseguire su questo percorso di collaborazione. Accettando con pieno favore quanto stabilito dal “Motu Prorio” di Papa Benedetto XVI, i Frati richiamano inoltre la fruttuosa esperienza di collaborazione, maturata negli anni scorsi, fra i responsabili della Basilica di S. Maria degli Angeli e il Vescovo di Assisi, Nocera Umbra e Gualdo Tadino, Sergio Goretti. “Come Frati Minori – si legge nella nota - abbiamo a cuore, prima di tutto, l’annuncio del Vangelo e l’accoglienza dei tanti pellegrini”. In questo quadro i Frati sono certi “che la Chiesa si propone di custodire e far conoscere la ricchezza del carisma di S. Francesco e di S. Chiara, testimoni autentici di una vita rinnovata nell'amore, nella pace e nella riconciliazione tra tutti gli uomini”. Abbandonando dunque le polemiche riportate dalla stampa locale, che nei giorni scorsi parlava di “ribellione dei Frati di Assisi”, il documento ribadisce in conclusione la piena comunione con il nuovo vescovo, Domenico Sorrentino, designato dal Papa per la gestione giuridica delle Basiliche. (E. B.)

 

 

per una società pacifica bisogna promuovere comprensione reciproca

e giustizia sociale. così la conferenza episcopale thailandese in occasione del 60. esimo anniversario della Giornata della pace

 e dei diritti umani nel paese asiatico

 

Bangkok. =  Solo attraverso “il perdono e la comprensione”, e con un autentico sforzo nel cercare in ognuno la “libertà e giustizia”, si può rendere la società in cui viviamo “giusta e pacifica”. E’ questo il senso del dibattito che si è svolto a Bangkok, lo scorso 19 novembre, a margine della conferenza dal titolo “Perdono e riconciliazione, strade verso la vera pace”, organizzata dalla Commissione giustizia e pace della Conferenza episcopale thailandese. Secondo gli organizzatori, obiettivo primario del dibattito è stato quello di “stimolare la ricerca di una via verso la vera pace e solidarietà fra tutti gli esseri umani, senza distinzione di razza, religione o cultura”. Mons. Michael Bunluen Mansap, prefetto della Commissione, nel suo messaggio ha sottolineato che “solo quando le persone sono determinate nel cercare il perdono e la riconciliazione si può avere vera pace nella società”. Dal canto suo, il professor Sanay Jamarik, membro della commissione nazionale per la difesa dei diritti umani, si è interrogato su come i fedeli di tutte le religioni possano proteggere i diritti umani. “Oltre a praticare realmente gli insegnamenti della fede – ha spiegato – dobbiamo… aprire i nostri cuori alla comprensione reciproca.” (E. B.)

 

 

Costruire un orfanotrofio per aiutare i bambini colpiti dal terremoto,

che lo scorso 8 ottobre ha devastato il Pakistan. è il progetto

del vescovo di Islamabad-Rawalpindi, Anthony Lobo, dopo il ritrovamento di molti bambini in zone non ancora raggiunte dagli aiuti

 

ISLAMABAD. =  Nei giorni scorsi, parlando ad “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS) mons. Anthony Lobo, vescovo di Islamabad-Rawalpindi, diocesi situata nella zona del Kashmir controllata dal Pakistan, ha raccontato che un’équipe di volontari guidati dalla Chiesa, insieme con esperti della regione del Kashmir, ha avuto accesso ad aree che non erano state ancora raggiunte dai soccorsi. Così, dopo aver trovato molti bambini abbandonati e dimenticati, i leader cattolici hanno progettato di costruire un orfanotrofio per ospitarli.  Il progetto è nella fase iniziale, infatti, non è stato ancora deciso dove verrà costruito. Mons Lobo ha tuttavia specificato che i volontari avranno un ruolo fondamentale per aiutare a selezionare i bambini che hanno più bisogno di aiuto. L’8 ottobre scorso il terremoto ha provocato la morte di 73mila persone lasciandone mezzo milione senza casa. L’inverno nella regione si fa ogni giorno più rigido, rendendo sempre più urgente l’intervento umanitario. Si stima che il sisma abbia spazzato via “un’intera generazione” uccidendo almeno 35mila bambini, molti di quali rimasti sepolti nelle scuole. (E. B.)

 

 

STAMANI E PER TRE GIORNI L’ITALIA È TORNATA AD ESSERE LUOGO DEL DIALOGO

E DEL CONFRONTO SULLA PACE MONDIALE. CON IL VI SUMMIT MONDIALE DEI NOBEL PER LA PACE, APERTOSI OGGI A ROMA E PROMOSSO

 DA MIKHAIL GORBACIOV E DAL SINDACO WALTER VELTRONI, L’ATTENZIONE

SI SPOSTA QUEST’ANNO SULL’EMERGENZA AFRICA

- A cura di Stefano Leszczynski -

 

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ROMA. =  Oltre 20 i Nobel per la pace che partecipano quest’anno al summit di Roma e che hanno contribuito a cambiare la storia dell’umanità con un impegno vero e quotidiano. Il tema di quest’anno è dedicato alle emergenze del continente africano dove 400 milioni di persone soffrono per la malnutrizione, la mancanza di accesso all’acqua. 120 milioni i bambini africani che non vanno a scuola e 6 mila i giovani che ogni giorno contraggono il virus dell’HIV. Disboscamento, inquinamento, desertificazione: questi i problemi ambientali che affliggono l’Africa. Per il sindaco di Roma, Walter Veltroni, passare all’azione per contrastare il ritardo africano significa mutare le regole ed i meccanismi degli scambi commerciali e impegnare finalmente in aiuti allo sviluppo lo 0,7 per cento del Pil di ogni Paese. Nelson Mandela, collegato in video-conferenza, rimarca il grande impegno dell’Africa per uscire dalla povertà e assicura che ormai almeno i due terzi dei governi del continente hanno natura democratica. Rinsaldare i diritti umani e la democrazia, svilupparla là dove non è ancora arrivata è per Mandela la sfida possibile. Una sfida che vede le Nazioni Unite in prima linea, secondo il messaggio di Kofi Annan, nel promuovere  e proteggere i diritti umani. Al termine dei lavori della mattinata, la consegna del riconoscimento “Man for peace 2005” alla rockstar Bob Geldof per le sue importanti iniziative umanitarie dirette a contrastare i problemi che affliggono il continente africano.

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Sono i rom il gruppo etnico più discriminato nei Paesi dell'Unione europea.

E' quanto emerge dal rapporto annuale dell'Osservatorio europeo

per fenomeni razzisti e xenofobi (Eumc),

presentato ieri al parlamento europeo

 

VIENNA. = Secondo quanto affermato nel rapporto, i Rom, oltre ad essere vittime di violenze razziste, vengono anche discriminati nel campo del lavoro, delle abitazioni e dell’istruzione. In molti Paesi Europei, un’altra categoria oggetto di pesanti discriminazioni è inoltre quella dei lavoratori stranieri, provenienti da Africa, Medio Oriente, Asia e America Latina ma anche dalla Russia e dall’Ucraina. Secondo quanto affermato da Anastasia Crickley, presidente del Consiglio di amministrazione dell’EUMC, i casi di disuguaglianza contro le minoranze arrivano fino alla segregazione di certi gruppi etnici in scuole speciali e a uffici di collocamento che, su richiesta dei datori di lavoro, non trasmettono domande d’assunzione di aspiranti di origine straniera. Le statistiche nazionali dei Paesi europei dimostrano - si legge nel rapporto - che gli “stranieri vivono più spesso della popolazione di maggioranza in abitazioni sovraffollate e in condizioni poco igieniche”. Riguardo al tema delle legislazioni, invece, il documento constata che la maggioranza dei 25 ha già attuato le direttive europee contro la discriminazione, anche se Austria, Germania, Lussemburgo e Finlandia devono ancora rispondere a denuncie davanti alla Corte europea per non essere in piena regola con le norme richieste. Per Crickley, il quadro dipinto nelle 100 pagine del documento dimostra che per combattere l’emarginazione in Europa, “bisogna accelerare il processo di integrazione delle minoranze”. (E. B.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

24 novembre 2005

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq, almeno trenta persone sono morte per l’esplosione di un’autobomba avvenuta davanti a veicoli militari americani, nei pressi dell’ospedale di Mahmudiyah, a sud di Baghdad. Il nostro servizio:

 

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L’autobomba era stata parcheggiata di fronte all’ospedale, vicino a mezzi militari statunitensi, ed è saltata in aria mentre all’esterno della struttura sanitaria sostavano due pattuglie della polizia irachena. Ancora non è chiaro se sia stato un attentato suicida. Subito dopo l’attacco, quattro insorti sono stati uccisi a sud di Baghdad, nel corso di un’operazione congiunta condotta da soldati americani e iracheni. L’attentato di oggi a Mahmudiyah è l’ultimo, a partire dalla scorsa settimana, di una dura offensiva lanciata dalla guerriglia. Violenze si registrano anche a Baghdad, dove sono stati assassinati 4 poliziotti iracheni. A nord della capitale, l’esplosione di un ordigno  ha causato, inoltre, la morte di due soldati iracheni. I ribelli puntano ad ostacolare il processo democratico e le elezioni parlamentari del prossimo 15 dicembre. Da venerdì scorso, sono state uccise dagli insorti quasi 200 persone, tra le quali molti civili. Intanto, negli Stati Uniti, il segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, ha giudicato “verosimile” la riduzione delle truppe americane dopo il voto iracheno. Le dichiarazioni di Rumsfeld fanno seguito a quelle precedenti del segretario di Stato Condoleezza Rice, per la quale gli Stati Uniti non dovranno mantenere in Iraq “molto a lungo” i livelli di truppe attuali.

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La difficile situazione dell’Iraq è stata al centro dell’incontro di ieri tra il nuovo cancelliere tedesco, Angela Merkel, con il segretario della NATO, Jaap De Hoop Scheffer. La Germania – ha detto Angela Merkel – non cambia posizione e continuerà a non partecipare al programma dell’Alleanza atlantica per l’addestra-mento di ufficiali iracheni in Iraq. Dopo l’incontro di ieri con il presidente francese, Jacques Chirac, e la visita alla NATO e all’Europarlamento a Bruxelles, Angela Merkel si recherà questa sera a Londra per colloqui con il premier Tony Blair, presidente di turno dell’Unione Europea.

 

Ancora tempo all’Iran per compiere un passo indietro sul proprio programma nucleare. Lo concede oggi il Consiglio dei governatori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, riunito fino a domani a Vienna. L’AIEA infatti non deciderà sull’eventuale deferimento del dossier sulla Repubblica islamica al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, per far sì che la crisi possa essere risolta attraverso una nuova mediazione portata avanti in queste ore dalla Russia. Il direttore generale dell’AIEA, El Baradei, in un rapporto, ha comunque sollecitato Teheran a chiarire tutte “le questioni aperte”, perché al momento non emerge una rinuncia spontanea dell’Iran all'arricchimento di uranio. Le speranze sono quindi affidate all’intervento diretto della Russia per una soluzione pacifica delle tensioni, grazie anche ad una riunione con i rappresentanti iraniani in programma per il 6 dicembre. Ce ne parla Pierantonio Lacqua, responsabile della sede ANSA di Mosca, intervistato da Giada Aquilino:

 

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R. – La Russia ha un potere di influenza su Teheran che chiaramente l’Occidente non possiede. Questo perché ci sono dei rapporti di amicizia consolidati anche da grossi contratti sia sul piano delle armi convenzionali, sia su quello nucleare. Proprio la Russia sta costruendo un grande impianto atomico in Iran, che dovrebbe essere pronto per la fine del 2006. Già una decina di giorni fa, il consigliere per la Sicurezza nazionale di Putin, Ivanov, è stato a Teheran per lanciare una proposta: la Russia è pronta a farsi carico dell’arricchimento dell’uranio iraniano. Mosca, quindi, prenderebbe a proprio carico tutta quella parte di tecnologia nucleare che è più suscettibile ad un uso di tipo bellico.

 

D. – Le attività iraniane per l’arricchimento dell’uranio verrebbero trasferite in Russia?

 

R. – Sì, sarebbe un altro servizio offerto da Mosca, peraltro molto gradito all’Occidente. In questo modo, la tecnologia nucleare iraniana sarebbe sotto il controllo russo.

 

D. – Perché adesso questa decisione della Russia, quando invece la posizione dell’Unione Europea nei confronti di Teheran rimane ancora molto rigida? Forse si sente stretta tra due fuochi?

 

R. – Il business atomico si valuta che frutti perlomeno 800 - 900 milioni di dollari alla Russia, che dovrebbe tra l’altro, una volta ultimata la centrale atomica adesso in costruzione in Iran, realizzarne altre. Il Cremlino però non ha alcun interesse al fatto che Teheran sviluppi armi atomiche, perché si troverebbe con un Paese musulmano a sud, potenzialmente pericoloso. Quindi, c’è anche un interesse strategico in comune con l’Occidente.

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Dopo lo scioglimento del Parlamento e l’indizione di elezioni anticipate, con il decreto firmato ieri dal presidente Moshe Katsav, è stata ufficializzata oggi in Israele la nascita del nuovo partito di centrodestra guidato dal premier Ariel Sharon. La Radio israeliana ha annunciato che è stato scelto il nome “Kadima”, che significa “avanti”. La delegazione incaricata della registrazione ha presentato una lista di oltre 140 membri fondatori. Questa sera, intanto, si svolgerà a Tel Aviv la prima riunione senza Sharon del comitato centrale del Likud. E’ prevista una decisione sulla la data delle primarie per scegliere il nuovo leader dopo Sharon.

 

Il re di Giordania, Abdallah II, ha chiesto al capo della sicurezza nazionale, Maaruf Bakhit, di formare un nuovo governo dopo le dimissioni del primo ministro, Adnan Badran. La decisione arriva due settimane dopo il triplice attentato, costato la vita ad oltre 50 persone, contro alberghi frequentati da stranieri ad Amman. Secondo una fonte governativa, il nuovo esecutivo avrà il compito di  procedere con le riforme e incrementare le misure di sicurezza.

 

Primi colloqui, oggi, con i vertici del governo serbo per l’inviato speciale dell’ONU, Martti Ahtisaari, incaricato di gestire gli imminenti negoziati internazionali sulla definizione dello status del Kosovo, provincia della Serbia a maggioranza albanese amministrata dall’ONU fin dalla guerra dl 1999.

 

In Italia, il Consiglio dei ministri ha approvato la riforma del TFR. Lo ha riferito, al termine della riunione di governo, il ministro degli Esteri, Gianfranco Fini. Il vicepremier ha anche annuciato che la riforma entrerà in vigore a partire dal primo gennaio 2008.

 

L’ex presidente cileno, Augusto Pinochet, che domani compirà 90 anni, è stato sottoposto agli arresti domiciliari per frode fiscale. Pinochet, che durante gli anni del regime ha aperto vari conti bancari negli Stati Uniti evadendo il fisco cileno, è stato dichiarato colpevole di evasione tributaria, falsificazione di atti pubblici, falsificazione di passaporti e omessa dichiarazione di beni. Per questi capi di imputazione, gli è stata anche revocata l’immunità parlamentare. Nei prossimi giorni è atteso, inoltre, il verdetto di un processo contro Pinochet sulla cosiddetta “Operazione Colombo”: l’ex dittatore è accusato di aver autorizzato l’uccisione, nel 1975, di 119 oppositori. L’ex generale Augusto Pinochet ha governato il Cile dall’11 settembre 1973, data del colpo di Stato che rovesciò il governo del presidente socialista Salvador Allende, fino al 1990.

 

In Kenya, il presidente Mwai Kibaki, uscito sconfitto dalla consultazione referendaria di lunedì scorso sulla riforma costituzionale, ha deciso di sciogliere il suo governo. Il servizio di Antonella Ratti:

 

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Il presidente del Kenya, Mwai Kibaki, ha annunciato ieri sera, in un discorso alla nazione, lo scioglimento dell’esecutivo. L’esito negativo della consultazione referendaria di lunedì scorso sul progetto di una nuova Carta costituzionale ha reso necessaria, secondo Kibaki, una riorganizzazione della compagine governativa per salvaguardare l’unità del Paese. La vittoria dei “no” alla proposta referendaria, che mirava a confermare le prerogative presidenziali e ad istituire la figura di un primo ministro privo di potere decisionale, è stata interpretata come una sconfitta della coalizione governativa. Quest’ultima, non avrebbe infatti mantenuto le promesse fatte alla fine del 2002 per combattere corruzione e povertà, dopo 24 anni di potere autocratico di Daniel arap Moi. Alle dichiarazioni del presidente, potrebbe ora conseguire un semplice rimpasto ministeriale, o la costituzione di un governo di unità nazionale aperto alle opposizioni, in grado di condurre il Paese fino alla presidenziali del 2007. Questa seconda ipotesi è sostenuta dalla comunità internazionale. L’opposizione chiede, invece, elezioni anticipate. Il segretario generale del principale partito dell’opposizio-ne, William Ruto, ha detto che “il Parlamento è ora screditato e il presidente deve scioglierlo” per consentire la formazione di un nuovo assetto politico nel Paese.

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Nuovo appello dell’organizzazione Medici Senza Frontiere (MSF) per il nord Uganda, area sconvolta da violenze e tensioni. Il servizio di Giulio Albanese:

 

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Nel nord Uganda, la guerra continua ed è la gente locale a patire le conseguenze di un conflitto che dalla fine degli anni Ottanta ha portato morte e distruzione. E’ quanto si legge in un comunicato dell’organizza-zione Medici Sena Frontiere, che denuncia la crescente insicurezza nelle regioni settentrionali dell’Uganda, dove si continuano a registrare violenti attacchi contro veicoli civili. Solo negli ultimi 5 giorni, 20 persone sono state uccise e almeno 14 ferite. E proprio a Kitcum, nel nord-est del vasto territorio popolato dall’etnia Acholi, in un’imboscata perpetrata dai ribelli del Lord Resistance Army, 4 pazienti provenienti dalla clinica di MSF, in località Goro, sono stati coinvolti dalla violenza dei ribelli. Naturalmente MSF, unitamente ad altre organizzazioni missionarie e umanitarie, continua a portare assistenza agli sfollati nei campi allestiti in vari distretti. Intanto, il governo di Kampala ha ottenuto proprio ieri il permesso dalle autorità di Khartoum di far operare il proprio esercito nei territori del Sudan meridionale. Le truppe di Kampala potranno spingersi per 100 chilometri all’interno dalla linea di confine, per scovare le basi dei ribelli del famigerato Esercito di resistenza del signore guidato da Joseph Kony.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese, Nairobi.

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La Casa Bianca ha annunciato oggi la decisione del presidente degli Stati Uniti, George Bush, di congelare i conti bancari e il patrimonio personale posseduto negli Stati Uniti da 128 persone dello Zimbabwe e da 33  società, che ostacolano il processo di democratizzazione del Paese africano. Il provvedimento restrittivo va ad aggiungersi ad uno adottato già nel marzo 2003 nei confronti di una lista di 77 persone, fra le quali lo stesso presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe.

 

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