RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
328 - Testo della trasmissione di giovedì 24 novembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
L’appello del Papa contro la piaga dell’usura: il
commento di padre Massimo Rastrelli
CHIESA E SOCIETA’:
Messaggio dei vescovi
tailandesi nel 60° della Giornata
nazionale della pace e dei diritti umani
Aperto
oggi a Roma il summit mondiale dei Nobel per la Pace
In Iraq almeno 30 morti per l’esplosione di una bomba davanti ad un
ospedale
24 novembre 2005
OGNI PERSONA HA DIRITTO DI ESSERE LIBERA DALLA
FAME: LO HA RICORDATO
BENEDETTO
XVI RICEVENDO STAMANE I PARTECIPANTI ALLA CONFERENZA DELLA FAO.
IL
PROGRESSO TECNICO, PUR NECESSARIO, NON E’ TUTTO,
OCCORRE
GARANTIRE SEMPRE LA DIGNITA’ DELL’ESSERE UMANO
“Liberare l’umanità dalla fame”: questo da 60 anni il
mandato della FAO, “a servizio di un grande ideale”, come ha sottolineato
stamane Benedetto XVI, ricevendo in udienza i partecipanti alla 33ma Conferenza
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, in
corso a Roma, fino a sabato prossimo. Il servizio di Roberta Gisotti:
**********
Ogni persona ha diritto di “essere libera dalla fame”: lo
ha ribadito il Papa, accogliendo i 450 delegati di 188 Paesi, membri della FAO,
chiamati in questi giorni ad approvare la riforma dell’organizzazione per
rispondere alle sfide del XXI secolo, su proposta di Jacques Diouf, appena
rieletto per il terzo mandato. Benedetto XVI ha espresso “sincero
apprezzamento” per le attività della FAO, augurando che l’esperienza accumulata
possa suggerire metodi atti “ad affrontare con successo la lotta alla fame e
alla povertà”, con “concreto realismo”:
HUMANITY
IS PRESENTLY …
“L’umanità vive in questo tempo uno dei paradossi più
preoccupanti: da una parte si raggiungono sempre nuovi e positivi traguardi in
campo economico, scientifico e tecnologico, ma dall’altra si constata la
crescita continua della povertà”.
Secondo l’ultimo Rapporto della FAO sono oltre 850 milioni
gli affamati nel mondo, di cui massima parte, ovvero 815 milioni, nei Paesi in
via di sviluppo, e a pagare il prezzo più alto sono i bambini, quasi 6 milioni
i piccoli malnutriti che muoiono ogni anno. Questo perché il mondo “non
rispetta gli impegni presi”, ha denunciato Diouf, presentando il rapporto,
martedì scorso.
Benedetto XVI ha lodato in particolare l’impegno della FAO
“nel dialogo”:
TODAY MORE
THAN EVER …
“Oggi più che mai c’è bisogno di strumenti in grado di
vincere le ricorrenti tentazioni di conflitto tra diverse visioni culturali,
etniche e religiose”.
E per questo occorre “fondare i rapporti internazionali
sul rispetto della persona” e sul reciproco accogliersi dei popoli” nell’unica
famiglia umana. E bisogna anche riconoscere che “il progresso tecnico, pur necessario, non è tutto”:
TRUE
PROGRESS IS THAT ALONE …
“Vero progresso è solo quello che salvaguarda la dignità
dell’essere umano nella sua interezza e consente ad ogni popolo di condividere
le proprie risorse spirituali e materiali, a beneficio di tutti”.
In questo contesto, il Santo Padre ha segnalato “le
comunità indigene, troppo spesso oggetto di indebite appropriazioni finalizzate
al profitto”, ed ha stigmatizzato l’indifferenza dell’opinione pubblica verso
tanti conflitti dimenticati, “perché ritenuti interni, etnici e tribali”,
mentre altre “aree vengono sottoposte a misure e controlli internazionali”.
Un discorso quello di Benedetto XVI fitto di riferimenti:
così anche alla riforma agraria, in discussione alla FAO, per sostenere i
piccoli agricoltori, parte rilevante nei Paesi in via di sviluppo. E poi una
raccomandazione finale in vista dei prossimi negoziati dell’Organizzazione
Mondiale del Commercio (WTO), ad Hong Kong:
THE HOLY
SEE IS CONFIDENT THAT …
“La Santa Sede auspica che a prevalere, responsabilmente,
sia il senso di solidarietà verso chi è più svantaggiato e che si abbandonino
interessi locali e logiche di potenza”.
**********
ALTRE
UDIENZE
Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in
successive udienze, dieci presuli polacchi in visita ad Limina e l’arcivescovo di
Sherbrooke, presidente della
Conferenza dei vescovi del Canada, insieme al vicepresidente,
mons. Vernon James Weisgerber, arcivescovo di Winnipeg,
e al segretario generale, mons. Mario Paquette. Nel
pomeriggio, è prevista l’udienza del Papa ad un secondo gruppo di vescovi
polacchi in visita ad Limina.
DOMANI MATTINA BENEDETTO XVI IN VISITA AL
POLICLINICO GEMELLI
PER L’INAUGURAZIONE DELL’ANNO ACCADEMICO
DELL’UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL
SACRO CUORE.
CON
NOI, IL RETTORE DELLA “CATTOLICA”, LORENZO ORNAGHI
Domani
mattina alle 11.00 Benedetto XVI si recherà in visita al Policlinico Gemelli di
Roma per l’inaugurazione dell’Anno accademico 2005/2006 dell’Uni-versità
Cattolica del Sacro Cuore. Forte di cinque sedi (Milano, Brescia,
Piacenza-Cremona, Roma e Campobasso) e 14 Facoltà, l’Università Cattolica,
fondata nel 1921 da padre Agostino Gemelli, conta oggi 42 mila studenti. Una
delegazione studentesca in rappresentanza di ogni sede sarà presente a Roma per
l’incontro con il Papa. Alessandro Gisotti ha intervistato il rettore della
Cattolica, il prof. Lorenzo Ornaghi, che sottolinea il rapporto speciale tra il
suo ateneo e gli ultimi Pontefici e si sofferma sul ruolo di Benedetto XVI nel
dialogo tra Chiesa e mondo della cultura:
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D. – Con
quali sentimenti si prepara ad accogliere Benedetto XVI?
R. –
Sentimenti davvero di grande attesa, soprattutto da parte dei miei studenti che
incontrano il Papa. Sentimenti di gratitudine, perché nonostante i molti
impegni che riempiono l’agenda del Santo Padre, Benedetto XVI ha trovato il
tempo per l’Ateneo dei cattolici italiani. Si conferma così una lunghissima
tradizione dei Pontefici, a partire da Benedetto XV, Pio XI fino poi a quel
rapporto specialissimo che ha legato Giovanni Paolo II all’Università
Cattolica.
D. – Benedetto XVI sarà al Policlinico Gemelli. Nei suoi primi mesi di
Pontificato il Papa ha sottolineato con forza che la scienza, la medicina,
devono essere al servizio dell’uomo, e ha ribadito la sacralità della vita
umana dal concepimento alla morte naturale. Cosa pensa di questa sfida lanciata
da Benedetto XVI, se vogliamo rinnovata, in continuità con il Magistero del suo
amato predecessore?
R. – Questo rinnovamento è un punto davvero fondamentale, non solo
perché tutte le
questioni della vita sono ormai diventate, senza magari che noi ce lo
aspettassimo, le questioni fondamentali su cui si gioca il futuro della
società. Ma anche perché la sottolineatura continua che Papa Benedetto XVI sta
facendo ci mette in guardia su un rischio che noi corriamo, cioè il rischio che
le scienze, soprattutto quelle di cui percepiamo un diretto rapporto con noi,
una rilevanza immediata, - pensiamo appunto alla medicina, alle scienze
biotecnologiche – rischiano davvero di sfuggire alla capacità dell’uomo di
finalizzarle a quella che è la finalità vera della scienza, il servizio al bene
della persona e dell’umanità.
D. – Come lei anticipava, la sede romana dell’Università
Cattolica è stata visitata dai Papi Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo
II. Ora è la volta di Benedetto XVI. Quanto conta, secondo lei, per gli
studenti e il corpo docente della “Cattolica”, questa attenzione particolare
mostrata dai Pontefici negli anni?
R. – Conta moltissimo, perché l’Università Cattolica è
nata - così la volle padre Gemelli – al servizio della Chiesa, della Chiesa
italiana, della società italiana. Questo rapporto stretto, però, è stato un
dono speciale che l’Università Cattolica ha sempre avuto. Quindi, in questo
senso, c’è moltissima attesa soprattutto da parte dei più giovani. E’ un
rapporto che fa parte della storia dell’Ateneo dei cattolici italiani.
D. – Quali sono le peculiarità dell’Università Cattolica?
Cosa, insomma, la contraddistingue nel panorama accademico?
R. – Rispetto agli altri Atenei cerchiamo di tener ferma
una tradizione, lo sviluppo delle scienze, la qualità della formazione, il
saper legare la formazione degli studenti e i risultati scientifici ad un
progetto culturale. Una visione culturale, dunque, che consenta, non solo di
scrutare dove stanno andando questi grandi cambiamenti che talvolta ci
spaventano, ma dove sta da cattolici la possibilità di orientarli.
D. – Grande uomo di cultura, Benedetto XVI si distingue
per la capacità di dialogo con intellettuali di differenti scuole di pensiero.
Lei, che guida una Università così importante, come valuta questo aspetto della
figura del Papa?
R. – Grande uomo di cultura davvero! Lo vediamo
soprattutto adesso che un po’ tutti noi siamo andati a rileggere anche le sue
opere meno recenti. Quello del Papa è un dialogo, nel senso proprio del
dialogo, quindi non soltanto un mettere accanto l’una accanto all’altra la
propria posizione, ma attraverso il dialogo perseguire la verità. Direi che la
cultura di oggi ha bisogno di cercare la verità, forse più che in altre
stagioni storiche.
**********
CONCLUSO A CITTA’ DEL MESSICO L’INCONTRO CONTINENTALE PER
L’AMERICA
SULLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA: GLI AUSPICI DEL PAPA
AFFINCHE’ DIA FRUTTI ABBONDANTI PER VIVERE IN SPIRITO
CRISTIANO
LA SETE DI GIUSTIZIA E FOMENTARE L’IMPEGNO SOLIDALE VERSO
I BISOGNOSI
- A cura di
Paolo Scappucci -
Due giorni di intensa riflessione che hanno aiutato a
comprendere come il Vangelo sia la fonte di ogni autentica liberazione e di ogni vera promozione umana: così il
Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale
Renato Martino, ha sintetizzato l’Incontro continentale per l’America
conclusosi martedì sera a Città del Messico per la presentazione del Compendio della Dottrina Sociale della
Chiesa pubblicato lo scorso anno dal dicastero vaticano.
Alla qualificata assemblea di prelati, esperti,
politici e operatori pastorali, onorata
dalla presenza del Presidente messicano, Vicente Fox Quesada, il Santo Padre
Benedetto XVI aveva fatto pervenire un messaggio autografo di incoraggiamento,
definendo il Compendio “un valido
strumento, che facilita nei vari ambiti uno studio più profondo e
sistematico degli orientamenti della
Chiesa in campo politico, sociale ed economico, favorendone al tempo stesso
l’applicazione pratica nel contesto concreto di ciascun Paese o continente con
le proprie peculiarità”. Egli aveva anche auspicato frutti abbondanti
dell’Incontro, come “occasione propizia per vivere con spirito cristiano la
sete di giustizia e fomentare l’impegno
solidale con i bisognosi e
l’irrinunciabile impulso della carità”.
Dal canto suo, il cardinale Martino a conclusione del
convegno ha rimarcato che “in Gesù, Via, Verità e Vita, incontriamo le ragioni più appropriate per
ogni impegno sociale e politico, ispirato da un umanesimo integrale e solidale,
pronto a dare un futuro di giustizia e di pace al mondo di oggi”. Egli ha
ribadito che “la dottrina sociale della Chiesa, esposta nel Compendio, non è un programma politico,
sociale od economico; essa si propone di formare le menti e i cuori affinché
con libertà e autonomia si decidano a realizzare quelle opzioni sociali,
economiche e politiche che servono a concretizzare l’ideale di un umanesimo
integrale e solidale”. Il porporato ha anche sottolineato che la democrazia per
essere autentica deve avere un riferimento essenziale ai valori, che trovano la
loro base nei diritti e doveri fondamentali e il loro orizzonte nel bene
comune. Per questo la peggiore nemica della democrazia è la corruzione, che
mina la fiducia dei cittadini nel sistema democratico e nella sua stessa
credibilità.
In proposito, il Presidente di Giustizia e Pace ha
annunciato che al tema della corruzione, così ampiamente
trattato nel Compendio, il Pontificio
Consiglio dedicherà nel prossimo anno un incontro internazionale. Dopo aver
riassunto la dettagliata strategia scaturita dal convegno di Città del Messico
per una diffusione capillare del documento, il cardinale Martino ha formulato
la speranza che il Compendio ispiri testimoni credibili e, al tempo stesso, uomini e
donne di pensiero e d’azione capaci di modificare i meccanismi della società
attuale incarnando la logica evangelica dell’amore nella logica umana e
razionale dell’economia, della politica e della società.
Il cardinale Martino, che nella capitale messicana è stato
accompagnato dal segretario del dicastero, vescovo Giampaolo Crepaldi, si
recherà nei giorni prossimi a Mosca, su invito dell’arcivescovo Kondrusiewicz,
per presentare sempre insieme a mons. Crepaldi il Compendio nella Casa della Cultura della capitale russa.
CONVEGNO
OGGI A ROMA SUI RAPPORTI TRA SLOVACCHIA E SANTA SEDE
-Interviste
con mons. Giovanni Lajolo, Eduard Kukan e mons. Frantiszek Tondra-
Le relazioni bilaterali tra Slovacchia e Santa Sede e gli ultimi
accordi stipulati tra le due parti sono stati oggetto di un convegno svoltosi
oggi a Roma all’Istituto Patristico Augustinianum. “La Slovacchia e la Santa
Sede nel XX secolo”, questo il tema dell’incontro cui ha preso parte il
segretario per i Rapporti con gli Stati mons. Giovanni Lajolo. C’era per noi
Tiziana Campisi.
**********
L’arcivescovo Giovanni Lajolo ha sottolineato nel suo
intervento che “la Slovacchia è chiamata a portare alla costruzione della nuova identità dell’Europa il contributo della
sua ricca tradizione cristiana”. Il presule ha ripercorso le principali tappe
della storia del Paese segnate in particolare dall’evangelizzazione nel nono
secolo, dal periodo comunista con la persecuzione della Chiesa, e poi, con
l’avvento della democrazia, dalle visite di Giovanni Paolo II e la firma dell’Accor-do Base del 2000 che
regola i rapporti tra la Repubblica
Slovacca e la Santa Sede e che “ha aperto un nuovo, positivo” capitolo nelle
relazioni Stato-Chiesa”. Ascoltiamo lo stesso mons. Lajolo al microfono di
padre Leopold Slaninka, responsabile del Programma slovacco della Radio
Vaticana:
D. – Esso regola la
posizione giuridica della Chiesa Cattolica e delle sue istituzioni e garantisce
alla Chiesa il libero esercizio della sua missione, in particolare per quanto
riguarda il culto, il governo pastorale, l'insegnamento e altri aspetti di
vita ecclesiale. Tale impostazione dei rapporti tra Chiesa e Stato si è rivelata fruttuosa ed è di
reciproca soddisfazione.
R. – Come vede
Lei il progresso dell’Accordo fra
D. – Proprio sul
fondamento dell'Accordo Base si e potuto pervenire alla firma e alla
ratifica di due altri accordi: uno sull'assistenza religiosa ai fedeli
cattolici nelle Forze Armate e nei Corpi di Polizia, ed un altro sull'educazione
e
sull'istruzione
religiosa. Si stanno attualmente negoziando altri due accordi: sul
diritto all'obiezione di coscienza e su questioni economiche. A parte
questo, v'e uno scambio di rapporti che permette la collaborazione su grandi
questioni internazionali. In particolare,
Ma che anni ha vissuto la Chiesa in Slovacchia durante il
regime comunista? Risponde mons. Frantiszek Tondra, presidente della Conferenza
episcopale slovacca:
(parole in slovacco)
“La Chiesa ha subito fortemente l’influsso del regime
comunista, che voleva dominare anche nella Chiesa e voleva esercitare una forte
influenza su vescovi e sacerdoti affinché anche essi appoggiassero il regime
comunista. I vescovi ed i sacerdoti che invece erano contrari al regime non
volevano questo influsso del regime totalitario e per questo sono stati
perseguitati; alcuni sono finiti in prigione. Di questi, Giovanni Paolo II ne
ha beatificati alcuni qualche anno fa”.
La Slovacchia da un anno e mezzo fa parte dell’Unione
Europea. Abbiamo chiesto al ministro slovacco degli Affari Esteri, Eduard
Kukan, come sta vivendo il Paese questa nuova realtà:
R. – (parole in slovacco)
“I cittadini della Repubblica slovacca sono convinti da
sempre che la partecipazione della Slovacchia all’Unione Europea possa portare
dei vantaggi alla Nazione”.
D. – Gli Accordi con la Santa Sede, in che modo hanno
influito nell’apparato statale?
R. – (parole in slovacco)
“La Slovacchia ha firmato un Accordo di base con la Santa
Sede, sulla cui scorta sono stati firmati altri due Accordi. Dobbiamo firmare
ancora due Accordi parziali che sono stati all’origine di qualche discussione a
livello di governo, ma esso si sta impegnando per realizzare quegli impegni
presi nell’Accordo di base tra la Repubblica slovacca e Santa Sede”.
Ricordiamo che sugli oltre cinque milioni di abitanti
della Slovacchia, il 70 % è costituito da cattolici di rito latino cui si
aggiunge un 4% di cattolici di rito bizantino.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il
titolo “Ogni persona ha il diritto di essere ‘libera dalla fame’. Si
abbandonino interessi locali e logiche di potenza”: il vibrante appello di
Benedetto XVI alla coscienza del mondo durante l’udienza ai partecipanti alla
33.ma Conferenza della FAO.
Servizio vaticano - Una
pagina sul tema: “25 novembre 2005: memoria liturgica dei beati Luigi e Maria
Beltrame Quattrocchi nel centenario del loro matrimonio”.
Servizio estero - In rilievo
l’Iraq con un articolo dal titolo “Ancora una strage di civili innocenti”.
Anche una foto-didascalia dal titolo: “Ferite profonde”.
Servizio culturale - Un
articolo di Giuseppe Degli Agosti in merito alla mostra, a Milano, sul tema
“Caravaggio e l’Europa”.
Servizio italiano - In
primo piano un articolo dal titolo “Esteso apprezzamento per le parole di
Ciampi”: “Voglio solo concludere con dignità il mio mandato”.
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24 novembre 2005
CONFERITA STAMANI, PRESSO L’UNIVERSITÀ DI ROMA TOR VERGATA,
LA
LAUREA HONORIS CAUSA IN MEDICINA AI
CONIUGI JOHN ED EVELYN BILLINGS,
IDEATORI
DEL “METODO DELL’OVULAZIONE BILLINGS”,
PER LA
REGOLAZIONE NATURALE DELLA FERTILITÀ
- Con
noi, la dott.ssa Elena Giacchi -
E’ stata conferita stamani, presso l’Università di Roma
Tor Vergata, la laurea Honoris
Causa in medicina ai coniugi australiani, John ed Evelyn Billings,
ideatori del metodo di regolazione naturale della fertilità basato
sull’osservazione del muco cervicale. Il “Metodo dell’ovulazione Billings” individua infatti,
attraverso il cosiddetto “sintomo del picco”, il giorno di massima fertilità
del ciclo. Nel pomeriggio, poi, prenderà il via il Convegno internazionale su
“Scienza ed etica per una procreazione responsabile”, promosso fino al 26 novembre
dalle 5 Facoltà di Medicina e Chirurgia di Roma. Ma quali risultati ha portato il
Metodo Billings sul fronte scientifico? Risponde, al microfono di Roberta
Moretti, la dott.ssa Elena Giacchi, coordinatrice del Centro Studi di
Regolazione Naturale della Fertilità dell’Università Cattolica del Sacro Cuore:
*********
R.- Penso che
sia la possibilità di utilizzare i metodi naturali in ogni situazione della
vita fertile della donna e in particolare nei cicli irregolari, nei cicli
anovulatori, durante l’allattamento al seno, in pre-menopausa. Insomma in tutte
quelle situazioni in cui l’ovulazione può ritardare anche di settimane, di mesi
o anche mancare completamente. Un altro traguardo importante mi sembra però
anche l’elevata efficacia sia per ottenere la gravidanza, sia per evitarla. I
più recenti studi scientifici degli anni Novanta confermano un’efficacia pari
al 98-99%. Ultimo, ma non meno importante, può essere l’aiuto che il metodo
Billings può offrire alle coppie con ridotta fertilità sia perché può aiutare
ad identificare il momento più fertile del ciclo della donna, sia perché può
dare un valido contributo alla diagnosi soprattutto in casi di disfunzioni
ormonali o di patologie cervico-vaginali.
D. – Il metodo
Billings nasce per individuare il periodo di massima fertilità della donna, ma
da alcuni viene considerato, invece, come metodo contraccettivo. C’è dunque una
certa ambiguità?
R. – C’è una
sostanziale differenza tra il metodo Billings e i contraccettivi. Il metodo
Billings viene sempre insegnato come uno strumento adeguato per sviluppare un
atteggiamento di apertura alla vita. Poi la scelta dei metodi naturali incide
anche positivamente sul rapporto di coppia perché stimola un dialogo più profondo,
un atteggiamento di ascolto, di rispetto tra l’uomo e la donna.
D. – E’
possibile stimare quante coppie nel mondo si avvalgono del metodo Billings?
R. – Non è facile perché solo pochi Paesi hanno
messo a punto dei sistemi di raccolta di dati. E’ interessante, però, riportare
i dati forniti dalla Cina, aggiornati al 2003, dove è stato messo in atto un
programma di diffusione del metodo dell’ovulazione Billings. Questi dati
parlano di 50.320 insegnanti in tutto il Paese e di 3.645.000 coppie fertili
che usano il metodo. Questo sta a dimostrare cheil metodo non è esclusivamente
per i cattolici, ma portatore di valori profondamente umani, a cui anche
popolazioni non credenti aderiscono perché risponde alle loro intime esigenze.
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L’APPELLO
DEL PAPA CONTRO LA PIAGA DELL’USURA:
IL
COMMENTO DI PADRE MASSIMO RASTRELLI
Sono oltre 600 mila le famiglie taglieggiate dall'usura in
Italia, con tassi di interesse che
vanno dal 180% fino a raggiungere
il 450%. E’ l’allarme lanciato dalla Consulta nazionale antiusura i cui
rappresentanti ieri erano in Piazza San Pietro all’udienza generale. Benedetto
XVI, salutandoli, ha espresso il suo apprezzamento “per la coraggiosa e
generosa opera” che svolgono in favore di famiglie e persone colpite da
questa “piaga sociale”. Il Papa ha
quindi auspicato che in molti sostengano questo “encomiabile impegno sul piano
della prevenzione, della solidarietà e della educazione alla legalità”. Impegno
che dura ormai da numerosi anni. Ma ascoltiamo la testimonianza di padre
Massimo Rastrelli, presidente della Consulta nazionale antiusura, intervistato
da Giovanni Augello:
**********
R. – Sono stati anni di accompagnamento efficace di uomini
senza occhi, perché uscissero dalla disperazione. Parlo della mia Fondazione.
45 miliardi di cauzioni messe in essere, prestiti dati, usure debellate,
famiglie ricostituite e una controtendenza rispetto al guardare senza fare, al
deplorare i mali senza lasciarsi coinvolgere. Dove ognuno guarda l’altro e lo
lascia a se stesso, è lasciato a se stesso lui stesso. E’ la cultura della
disgregazione, che oggi proviene da molti modelli.
D. – Io le volevo chiedere per quanto riguarda la
legislazione italiana, possiamo dire che tuteli in modo adeguato le vittime
degli usurai?
R. – Ci sono due leggi: la 108 del ’96 e la 44 del ’99. La
108 però non viene rifinanziata ed è quindi resa inoperosa nella parte in cui
dovrebbe esprimere solidarietà. Per quanto riguarda i tribunali che fanno parte
della legge, ho detto chiaramente che ci sono le prescrizioni, peggio, ci sono
le archiviazioni. Quando un disperato denuncia, un giudice deve avere occhi per
leggere quello che scrive, perché ha la facoltà di derubricare con
insindacabile giudizio. Allora, il reato non esiste. E’ stata una fantasia del
denunziante. Quando le estorsioni sono subite, non può dire un giudice che non
sono mai avvenute.
D. – Abbiamo visto nei dati, comunque, che c’è un
abbassamento per quanto riguarda le denunce …
R. – Ma la denuncia è nociva. Se uno denuncia deve pagare
l’avvocato. E chi lo paga? Il denunziante non ha il patrocinio gratuito. Deve
pagare i bolli, appena va a fare la denuncia.
D. – La Chiesa come si pone, che cosa può fare di fronte
al fenomeno dell’usura?
R. – Agisce con migliaia di persone che si mettono vicino
al cieco per prenderlo per mano e portarlo fuori dalla fossa. Lo fa cacciando i
soldi dalla propria tasca. Perciò dico a quelli che mi ascoltano, date il
vostro piccolo contributo ai fondi antiusura, perché con il poco di molti
possiamo fare il molto per tutti. Il futuro è costruito dall’opera di ogni
uomo. L’uomo che fa vivere un uomo, assicura la propria vita. Io spero che gli
italiani capiscano. Il male, lasciato correre, domani ti arriva a casa.
**********
AL VIA
OGGI NELLA PROVINCIA FILIPPINA DI MINDANAO LA SETTIMANA DELLA PACE
PER IL DIALOGO TRA CRISTIANI E MUSULMANI
-
Intervista con padre Rino Venturin -
“Gli obiettivi del Millennio
per lo sviluppo: le donne e i giovani, artefici della Pace”.
Questo il tema scelto quest’anno per la Settimana della Pace nella provincia
filippina di Mindanao, iniziata oggi. L’appuntamento annuale, promosso dal 1998
dalla Conferenza episcopale e dagli Ulema musulmani locali, testimonia la
volontà di dialogo e di pace tra musulmani e cristiani nell’isola. Ma qual è la
situazione oggi a Mindanao sul fronte del dialogo? Salvatore Sabatino lo ha
chiesto a padre Rino Venturin, missionario dehoniano nella regione:
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R. – Sul fronte del dialogo si fanno passi in avanti. Posso
dirvi un’esperienza diretta che ho avuto la settimana scorsa, per la prima
volta. Il movimento che ha promosso questa settimana di pace ha indetto qui una
settimana di incontro per cristiani e musulmani sul dialogo. Ho avuto l’occasione
di mandare i miei postulanti a partecipare. Mi hanno detto che è stata
un’esperienza bellissima, con i musulmani, generalmente molto restii al
dialogo, per formazione dottrinale o per pregiudizi culturali; nel vedere che i
cristiani non promuovono il dialogo per tattica di proselitismo, ma per scelta
di fede, perché rispettano anche la fede degli altri, un po’ alla volta
smussano gli spigoli e si crea un ambiente più disteso. C’è la convinzione che
si possa vivere insieme e si possa essere diversi, rispettandosi
reciprocamente.
D. – Le Filippine sono inserite fra gli Stati che entro il
2015 dovrebbero sradicare la povertà. Questo elemento in quei luoghi quanto
influisce sul processo di pace?
R. – Di fatto la povertà aumenta qui, come in tante altre parti
del Terzo mondo. E’ un sogno che sarà possibile se si ripensa la strategia
mondiale. Ad ogni modo il clima, al di là dei conflitti armati che continuano –
purtroppo qui il terrorismo è molto diffuso e radicato, anche a causa degli
abusi o dell’assenza delle forze armate – non credo che implichi una mentalità
di terrorismo da parte della gente. Sono situazioni, purtroppo, radicate, ma
sono sempre situazioni di minoranza. La gente si rispetta, vive insieme. Ed i
pregiudizi, un po’ alla volta, con questa mentalità, io sono convinto, lo vedo
anche, stanno scemando.
D. – Qual è il ruolo della Chiesa in una realtà come quella
di Mindanao?
R. – Io credo, prima di tutto, che ci sia la coscienza che
la Chiesa debba occuparsi del sociale. Non c’è dubbio. Sanno che il parroco è
la figura più determinante per questi elementi di integrazione culturale, di
promozione del benessere sociale. In quel senso la Chiesa è rispettata, perché
ha un ruolo attivo ed è in prima linea. Dai preti, ai laici soprattutto, c’è questa
coscienza a Mindanao. Negli ultimi 30 anni hanno preso sul serio il Vaticano II
in questa dimensione di Chiesa per i poveri, di Chiesa per il popolo. I laici
sono cresciuti moltissimo e fanno sentire il loro peso.
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I 117
MARTIRI VIETNAMITI, RICORDATI DALLA LITURGIA DI OGGI,
RADICE
E ORGOGLIO DI UNA CHIESA RECENTEMENTE
RISTRUTTURATA
DA BENEDETTO XVI CON LA CREAZIONE DI UNA NUOVA DIOCESI
Da qualche giorno il Vietnam ha una nuova diocesi: Ba Ria.
Benedetto XVI ha voluto modificare l’assetto territoriale precedente, per
consentire una migliore crescita dei cattolici della zona, oggi 225 mila su 900
mila abitanti. L’avvenimento è tanto più importante se si considera che non si
verificava da circa 30 anni. E tra due giorni, il cardinale Crescenzio Sepe,
prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei Popoli, partirà per il
Vietnam, per rinsaldare i vincoli della Chiesa locale con Roma. Una Chiesa
passata, ai suoi albori, attraverso periodi di sofferenza indicibili, con
numerosissimi martiri dei quali la Chiesa fa oggi memoria. Ripercorriamone le
vicende con questo servizio di Alessandro De Carolis:
**********
(musica)
Sedicesimo secolo: il simbolo di Cristo arriva in Vietnam.
Un missionario francese, padre Alessandro de Rodhes, impianta le prime radici
della Chiesa in questa zona dell’Asia, all’epoca distinta in tre regioni:
Tonchino, Annam e Cocincina. A metà del Seicento, il clima per i cattolici
diventa però irrespirabile. Dal 1645 al 1886, 55 editti vengono emanati dai
vari regnanti intenzionati a sopprimere un culto altrimenti fiorente, grazie
all’opera di molti missionari che curano clero locale e catechisti
approfittando di qualche periodo di pace. Il 19.mo secolo se non il peggiore è
certamente il più cruento. La persecuzione diventa spietata. Anche proteggere
un cristiano vuol dire condanna a morte certa. Sotto il regno di Tuc-Duc,
sovrano nella seconda metà dell’Ottocento, tutto ciò che è francese ed europeo,
religione compresa, viene visto con odio. E le misure repressive diventano
raffinate e perfino allettanti per la popolazione locale. Catturare un
missionario valeva 300 once d’argento, mentre il religioso veniva ucciso e
buttato nel fiume con la testa spaccata. Senza contare le infinite torture cui
altri venivano sottoposti. E la scala delle crudeltà era articolata in
gerarchie: i sacerdoti vietnamiti finivano sgozzati, i catechisti marchiati a
fuoco sulla guancia con la scritta “Ta dao” cioè “falsa religione”, ai semplici
fedeli veniva offerta la salvezza a patto che calpestassero la croce davanti al
giudice.
(musica)
E’ in quest’epoca di violenze senza quartiere, che
l’eroismo dei cristiani vietnamiti mostra la sua tempra. Una fede che resta
indomita anche quando, per rappresaglia, molte famiglie vengono smembrate –
mariti da una parte, mogli dall’altra, genitori divisi dai figli – i beni
confiscati e infine l’onta dell’esilio. I martiri di questa stagione sono fitti
come può esserlo un esercito armato solo di coraggio e fiducia in Cristo. Già
Leone XIII ai primi del ‘900 ne promuove la beatificazione di oltre settanta.
Venti lo sono nel 1909 da San Pio X, 25 nel ’51 da Pio XII. Ma è Giovanni Paolo
II a canonizzare l’intero gruppo di 117 martiri nel 1988. Il capofila è Andrea
Dung-Lac, uno delle prime vocazioni sacerdotali fiorita sul posto: più volte
arrestato e scampato da morte grazie alla solidarietà dei cristiani che ne
pagano il riscatto, viene decapitato del 1839. Il suo culto è tra i più diffusi
in Vietnam, ma anche le storie degli altri martiri, tra cui 8 vescovi, parlano
di una fedeltà rimasta incrollabile fino al colpo fatale degli aguzzini.
In una lettera per certi versi drammatica – nella quale
viene raccontato l’“inferno” del carcere per i prigionieri cristiani – Paolo
Le-Bao-Tinh, uno dei futuri Santi in quel momento in catene, scrive agli alunni
di un seminario: “Ecco, la tua croce è calpestata dai piedi dei pagani! Dov’è
la tua gloria? Vedendo tutto questo preferisco, nell'ardore della tua carità,
aver tagliate le membra e morire in testimonianza del tuo amore”. E poco più
avanti, cercando di rinfrancare i giovani seminaristi : “Vi scrivo tutto
questo, perché la vostra e la mia fede formino una cosa sola. Mentre infuria la
tempesta getto l’àncora fino al trono di Dio: speranza viva, che è nel mio
cuore (...) Venite in mio soccorso con le vostre preghiere, perché possa
combattere secondo la legge, anzi sostenere sino alla fine la buona battaglia,
per concludere felicemente la mia corsa.”
(musica)
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24
novembre 2005
L’Ordine dei Frati Minori ribadisce la propria
fiducia
per le nuove norme di Papa Benedetto XVI che affidano
le Basiliche
di San Francesco e di S. Maria degli Angeli di Assisi
alla giurisdizione
del nuovo vescovo, Domenico Sorrentino
ASSISI. = “Siamo fiduciosi che
il provvedimento permetterà una più proficua cooperazione pastorale e
un’efficace comunione ecclesiale tra i Frati operanti nel Santuario e la Chiesa
diocesana”. E’ quanto sottolineato dal ministro provinciale dell’Ordine dei
Francescani dell’Umbria, Fr. Massimo Reschilian, e dal ministro generale
dell’Ordine, Josè Rodriguez Carballo in un documento in cui si specifica,
soprattutto, il desiderio di proseguire su questo percorso di collaborazione.
Accettando con pieno favore quanto stabilito dal “Motu Prorio” di Papa
Benedetto XVI, i Frati richiamano inoltre la fruttuosa esperienza di
collaborazione, maturata negli anni scorsi, fra i responsabili della Basilica
di S. Maria degli Angeli e il Vescovo di Assisi, Nocera Umbra e Gualdo Tadino,
Sergio Goretti. “Come Frati Minori – si legge nella nota - abbiamo a cuore,
prima di tutto, l’annuncio del Vangelo e l’accoglienza dei tanti pellegrini”.
In questo quadro i Frati sono certi “che la Chiesa si propone di custodire e far
conoscere la ricchezza del carisma di S. Francesco e di S. Chiara, testimoni
autentici di una vita rinnovata nell'amore, nella pace e nella riconciliazione
tra tutti gli uomini”. Abbandonando dunque le polemiche riportate dalla stampa
locale, che nei giorni scorsi parlava di “ribellione dei Frati di Assisi”, il
documento ribadisce in conclusione la piena comunione con il nuovo vescovo,
Domenico Sorrentino, designato dal Papa per la gestione giuridica delle
Basiliche. (E. B.)
per una società pacifica bisogna promuovere
comprensione reciproca
e giustizia sociale. così la conferenza episcopale
thailandese in occasione del 60. esimo anniversario della Giornata della pace
e dei diritti
umani nel paese asiatico
Bangkok. = Solo attraverso “il perdono e la
comprensione”, e con un autentico sforzo nel cercare in ognuno la “libertà e
giustizia”, si può rendere la società in cui viviamo “giusta e pacifica”. E’
questo il senso del dibattito che si è svolto a Bangkok, lo scorso 19 novembre,
a margine della conferenza dal titolo “Perdono e riconciliazione, strade verso
la vera pace”, organizzata dalla Commissione giustizia e pace della Conferenza
episcopale thailandese. Secondo gli organizzatori, obiettivo primario del
dibattito è stato quello di “stimolare la ricerca di una via verso la vera pace
e solidarietà fra tutti gli esseri umani, senza distinzione di razza, religione
o cultura”. Mons. Michael Bunluen Mansap, prefetto della Commissione, nel suo
messaggio ha sottolineato che “solo quando le persone sono determinate nel
cercare il perdono e la riconciliazione si può avere vera pace nella società”.
Dal canto suo, il professor Sanay Jamarik, membro della commissione nazionale
per la difesa dei diritti umani, si è interrogato su come i fedeli di tutte le
religioni possano proteggere i diritti umani. “Oltre a praticare realmente gli
insegnamenti della fede – ha spiegato – dobbiamo… aprire i nostri cuori alla
comprensione reciproca.” (E. B.)
Costruire un orfanotrofio per aiutare i bambini
colpiti dal terremoto,
che lo scorso 8 ottobre ha devastato il Pakistan. è
il progetto
del vescovo di Islamabad-Rawalpindi, Anthony Lobo,
dopo il ritrovamento di molti bambini in zone non ancora raggiunte dagli aiuti
ISLAMABAD. = Nei giorni scorsi, parlando ad “Aiuto alla
Chiesa che Soffre” (ACS) mons. Anthony Lobo, vescovo di Islamabad-Rawalpindi,
diocesi situata nella zona del Kashmir controllata dal Pakistan, ha raccontato
che un’équipe di volontari guidati dalla Chiesa, insieme con esperti della
regione del Kashmir, ha avuto accesso ad aree che non erano state ancora
raggiunte dai soccorsi. Così, dopo aver trovato molti bambini abbandonati e
dimenticati, i leader cattolici hanno progettato di costruire un orfanotrofio
per ospitarli. Il progetto è nella fase
iniziale, infatti, non è stato ancora deciso dove verrà costruito. Mons Lobo ha
tuttavia specificato che i volontari avranno un ruolo fondamentale per aiutare
a selezionare i bambini che hanno più bisogno di aiuto. L’8 ottobre scorso il
terremoto ha provocato la morte di 73mila persone lasciandone mezzo milione
senza casa. L’inverno nella regione si fa ogni giorno più rigido, rendendo
sempre più urgente l’intervento umanitario. Si stima che il sisma abbia
spazzato via “un’intera generazione” uccidendo almeno 35mila bambini, molti di
quali rimasti sepolti nelle scuole. (E. B.)
STAMANI E PER TRE GIORNI L’ITALIA È TORNATA AD
ESSERE LUOGO DEL DIALOGO
E DEL CONFRONTO SULLA PACE MONDIALE. CON IL VI
SUMMIT MONDIALE DEI NOBEL PER LA PACE, APERTOSI OGGI A ROMA E PROMOSSO
DA MIKHAIL
GORBACIOV E DAL SINDACO WALTER VELTRONI, L’ATTENZIONE
SI SPOSTA QUEST’ANNO SULL’EMERGENZA AFRICA
- A cura
di Stefano Leszczynski -
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ROMA. = Oltre 20 i Nobel per la pace che partecipano
quest’anno al summit di Roma e che hanno contribuito a cambiare la storia
dell’umanità con un impegno vero e quotidiano. Il tema di quest’anno è dedicato
alle emergenze del continente africano dove 400 milioni di persone soffrono per
la malnutrizione, la mancanza di accesso all’acqua. 120 milioni i bambini
africani che non vanno a scuola e 6 mila i giovani che ogni giorno contraggono
il virus dell’HIV. Disboscamento, inquinamento, desertificazione: questi i
problemi ambientali che affliggono l’Africa. Per il sindaco di Roma, Walter
Veltroni, passare all’azione per contrastare il ritardo africano significa
mutare le regole ed i meccanismi degli scambi commerciali e impegnare
finalmente in aiuti allo sviluppo lo 0,7 per cento del Pil di ogni Paese.
Nelson Mandela, collegato in video-conferenza, rimarca il grande impegno
dell’Africa per uscire dalla povertà e assicura che ormai almeno i due terzi
dei governi del continente hanno natura democratica. Rinsaldare i diritti umani
e la democrazia, svilupparla là dove non è ancora arrivata è per Mandela la
sfida possibile. Una sfida che vede le Nazioni Unite in prima linea, secondo il
messaggio di Kofi Annan, nel promuovere
e proteggere i diritti umani. Al termine dei lavori della mattinata, la
consegna del riconoscimento “Man for peace 2005” alla rockstar Bob Geldof per
le sue importanti iniziative umanitarie dirette a contrastare i problemi che
affliggono il continente africano.
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Sono i rom il gruppo etnico più discriminato nei
Paesi dell'Unione europea.
E' quanto emerge dal rapporto annuale
dell'Osservatorio europeo
per fenomeni razzisti e xenofobi (Eumc),
presentato ieri al parlamento europeo
VIENNA. = Secondo quanto
affermato nel rapporto, i Rom, oltre ad essere vittime di violenze razziste,
vengono anche discriminati nel campo del lavoro, delle abitazioni e
dell’istruzione. In molti Paesi Europei, un’altra categoria oggetto di pesanti
discriminazioni è inoltre quella dei lavoratori stranieri, provenienti da
Africa, Medio Oriente, Asia e America Latina ma anche dalla Russia e
dall’Ucraina. Secondo quanto affermato da Anastasia Crickley, presidente del
Consiglio di amministrazione dell’EUMC, i casi di disuguaglianza contro le
minoranze arrivano fino alla segregazione di certi gruppi etnici in scuole
speciali e a uffici di collocamento che, su richiesta dei datori di lavoro, non
trasmettono domande d’assunzione di aspiranti di origine straniera. Le
statistiche nazionali dei Paesi europei dimostrano - si legge nel rapporto - che
gli “stranieri vivono più spesso della popolazione di maggioranza in abitazioni
sovraffollate e in condizioni poco igieniche”. Riguardo al tema delle
legislazioni, invece, il documento constata che la maggioranza dei 25 ha già
attuato le direttive europee contro la discriminazione, anche se Austria,
Germania, Lussemburgo e Finlandia devono ancora rispondere a denuncie davanti
alla Corte europea per non essere in piena regola con le norme richieste. Per
Crickley, il quadro dipinto nelle 100 pagine del documento dimostra che per
combattere l’emarginazione in Europa, “bisogna accelerare il processo di
integrazione delle minoranze”. (E. B.)
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24
novembre 2005
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq, almeno trenta persone sono
morte per l’esplosione di un’autobomba avvenuta davanti a veicoli militari
americani, nei pressi dell’ospedale di Mahmudiyah, a sud di Baghdad. Il nostro
servizio:
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L’autobomba era
stata parcheggiata di fronte all’ospedale, vicino a mezzi militari
statunitensi, ed è saltata in aria mentre all’esterno della struttura sanitaria
sostavano due pattuglie della polizia irachena. Ancora non è chiaro se sia
stato un attentato suicida. Subito dopo l’attacco, quattro insorti sono stati uccisi a sud di Baghdad, nel
corso di un’operazione congiunta condotta da soldati americani e iracheni. L’attentato
di oggi a Mahmudiyah è l’ultimo, a partire dalla scorsa settimana, di una dura
offensiva lanciata dalla guerriglia. Violenze si registrano anche a Baghdad,
dove sono stati assassinati 4 poliziotti iracheni. A nord della capitale,
l’esplosione di un ordigno ha causato,
inoltre, la morte di due soldati iracheni. I ribelli puntano ad ostacolare il
processo democratico e le elezioni parlamentari del prossimo 15 dicembre. Da
venerdì scorso, sono state uccise dagli insorti quasi 200 persone, tra le quali
molti civili. Intanto, negli Stati Uniti, il segretario alla Difesa,
Donald Rumsfeld, ha giudicato “verosimile” la riduzione delle truppe americane
dopo il voto iracheno. Le dichiarazioni di Rumsfeld fanno seguito a quelle
precedenti del segretario di Stato Condoleezza Rice, per la quale gli Stati
Uniti non dovranno mantenere in Iraq “molto a lungo” i livelli di truppe
attuali.
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La difficile situazione dell’Iraq è
stata al centro dell’incontro di ieri tra il nuovo cancelliere tedesco, Angela
Merkel, con il segretario della NATO, Jaap De Hoop Scheffer. La Germania – ha
detto Angela Merkel – non cambia posizione e continuerà a non partecipare al programma
dell’Alleanza atlantica per l’addestra-mento di ufficiali iracheni in Iraq.
Dopo l’incontro di ieri con il presidente francese, Jacques Chirac, e la visita
alla NATO e all’Europarlamento a Bruxelles, Angela Merkel si recherà questa
sera a Londra per colloqui con il premier Tony Blair, presidente di turno
dell’Unione Europea.
Ancora tempo all’Iran per
compiere un passo indietro sul proprio programma nucleare. Lo concede oggi il Consiglio dei governatori dell’Agenzia internazionale per
l’energia atomica, riunito fino a domani a Vienna. L’AIEA infatti non deciderà
sull’eventuale deferimento del dossier sulla Repubblica islamica al Consiglio
di sicurezza delle Nazioni Unite, per far sì che la crisi possa essere risolta
attraverso una nuova mediazione portata avanti in queste ore dalla Russia. Il
direttore generale dell’AIEA, El Baradei, in un rapporto, ha comunque sollecitato
Teheran a chiarire tutte “le questioni aperte”, perché al momento non emerge
una rinuncia spontanea dell’Iran all'arricchimento di uranio. Le speranze sono quindi affidate all’intervento diretto
della Russia per una soluzione pacifica delle tensioni, grazie anche ad una
riunione con i rappresentanti iraniani in programma per il 6 dicembre. Ce ne
parla Pierantonio Lacqua, responsabile della sede ANSA di Mosca, intervistato
da Giada Aquilino:
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R. – La Russia ha
un potere di influenza su Teheran che chiaramente l’Occidente non possiede.
Questo perché ci sono dei rapporti di amicizia consolidati anche da grossi
contratti sia sul piano delle armi convenzionali, sia su quello nucleare.
Proprio la Russia sta costruendo un grande impianto atomico in Iran, che
dovrebbe essere pronto per la fine del 2006. Già una decina di giorni fa, il
consigliere per la Sicurezza nazionale di Putin, Ivanov, è stato a Teheran per
lanciare una proposta: la Russia è pronta a farsi carico dell’arricchimento
dell’uranio iraniano. Mosca, quindi, prenderebbe a proprio carico tutta quella
parte di tecnologia nucleare che è più suscettibile ad un uso di tipo bellico.
D. – Le attività
iraniane per l’arricchimento dell’uranio verrebbero trasferite in Russia?
R. – Sì, sarebbe un
altro servizio offerto da Mosca, peraltro molto gradito all’Occidente. In questo
modo, la tecnologia nucleare iraniana sarebbe sotto il controllo russo.
D. – Perché adesso
questa decisione della Russia, quando invece la posizione dell’Unione Europea
nei confronti di Teheran rimane ancora molto rigida? Forse si sente stretta tra
due fuochi?
R. – Il business atomico si valuta che frutti
perlomeno 800 - 900 milioni di dollari alla Russia, che dovrebbe tra l’altro,
una volta ultimata la centrale atomica adesso in costruzione in Iran,
realizzarne altre. Il Cremlino però non ha alcun interesse al fatto che Teheran
sviluppi armi atomiche, perché si troverebbe con un Paese musulmano a sud,
potenzialmente pericoloso. Quindi, c’è anche un interesse strategico in comune
con l’Occidente.
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Dopo lo scioglimento del Parlamento e
l’indizione di elezioni anticipate, con il decreto firmato ieri dal presidente
Moshe Katsav, è stata ufficializzata oggi in Israele la nascita del nuovo
partito di centrodestra guidato dal premier Ariel Sharon. La Radio israeliana
ha annunciato che è stato scelto il nome “Kadima”, che significa “avanti”. La
delegazione incaricata della registrazione ha presentato una lista di oltre 140
membri fondatori. Questa sera, intanto, si svolgerà a Tel Aviv la prima
riunione senza Sharon del comitato centrale del Likud. E’ prevista una
decisione sulla la data delle primarie per scegliere il nuovo leader dopo
Sharon.
Il re di Giordania, Abdallah II, ha
chiesto al capo della sicurezza nazionale, Maaruf Bakhit, di formare un nuovo
governo dopo le dimissioni del primo ministro, Adnan Badran. La decisione
arriva due settimane dopo il triplice attentato, costato la vita ad oltre 50
persone, contro alberghi frequentati da stranieri ad Amman. Secondo una fonte
governativa, il nuovo esecutivo avrà il compito di procedere con le riforme e incrementare le misure di sicurezza.
Primi
colloqui, oggi, con i vertici del governo serbo per l’inviato speciale
dell’ONU, Martti Ahtisaari, incaricato di gestire gli imminenti negoziati
internazionali sulla definizione dello status del Kosovo, provincia della
Serbia a maggioranza albanese amministrata dall’ONU fin dalla guerra dl 1999.
In Italia,
il Consiglio dei ministri ha approvato la riforma del TFR. Lo ha riferito, al
termine della riunione di governo, il ministro degli Esteri, Gianfranco Fini.
Il vicepremier ha anche annuciato che la riforma entrerà in vigore a partire
dal primo gennaio 2008.
L’ex
presidente cileno, Augusto Pinochet, che domani compirà 90 anni, è stato
sottoposto agli arresti domiciliari per frode fiscale. Pinochet, che
durante gli anni del regime ha aperto vari conti bancari negli Stati Uniti
evadendo il fisco cileno, è stato dichiarato colpevole di evasione tributaria,
falsificazione di atti pubblici, falsificazione di passaporti e omessa
dichiarazione di beni. Per questi capi di imputazione, gli è stata anche
revocata l’immunità parlamentare. Nei prossimi giorni è atteso, inoltre, il
verdetto di un processo contro Pinochet sulla cosiddetta “Operazione Colombo”:
l’ex dittatore è accusato di aver autorizzato l’uccisione, nel 1975, di 119
oppositori. L’ex generale Augusto Pinochet ha governato il Cile dall’11
settembre 1973, data del colpo di Stato che rovesciò il governo del presidente
socialista Salvador Allende, fino al 1990.
In
Kenya, il presidente Mwai Kibaki, uscito sconfitto dalla consultazione
referendaria di lunedì scorso sulla riforma costituzionale, ha deciso di
sciogliere il suo governo. Il servizio di Antonella Ratti:
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Il presidente del Kenya, Mwai Kibaki, ha annunciato ieri
sera, in un discorso alla nazione, lo scioglimento dell’esecutivo. L’esito
negativo della consultazione referendaria di lunedì scorso sul progetto di una
nuova Carta costituzionale ha reso necessaria, secondo Kibaki, una
riorganizzazione della compagine governativa per salvaguardare l’unità del
Paese. La vittoria dei “no” alla proposta referendaria, che mirava a confermare
le prerogative presidenziali e ad istituire la figura di un primo ministro
privo di potere decisionale, è stata interpretata come una sconfitta della coalizione
governativa. Quest’ultima, non avrebbe infatti mantenuto le promesse fatte alla
fine del 2002 per combattere corruzione e povertà, dopo 24 anni di potere
autocratico di Daniel arap Moi. Alle dichiarazioni del presidente, potrebbe ora
conseguire un semplice rimpasto ministeriale, o la costituzione di un governo
di unità nazionale aperto alle opposizioni, in grado di condurre il Paese fino
alla presidenziali del 2007. Questa seconda ipotesi è sostenuta dalla comunità
internazionale. L’opposizione chiede, invece, elezioni anticipate. Il
segretario generale del principale partito dell’opposizio-ne, William Ruto, ha
detto che “il Parlamento è ora screditato e il presidente deve scioglierlo” per
consentire la formazione di un nuovo assetto politico nel Paese.
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Nuovo appello dell’organizzazione Medici Senza Frontiere
(MSF) per il nord Uganda, area sconvolta da violenze e tensioni. Il servizio di
Giulio Albanese:
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Nel nord Uganda,
la guerra continua ed è la gente locale a patire le conseguenze di un conflitto
che dalla fine degli anni Ottanta ha portato morte e distruzione. E’ quanto si
legge in un comunicato dell’organizza-zione Medici Sena Frontiere, che denuncia
la crescente insicurezza nelle regioni settentrionali dell’Uganda, dove si
continuano a registrare violenti attacchi contro veicoli civili. Solo negli
ultimi 5 giorni, 20 persone sono state uccise e almeno 14 ferite. E proprio a
Kitcum, nel nord-est del vasto territorio popolato dall’etnia Acholi, in
un’imboscata perpetrata dai ribelli del Lord Resistance Army, 4 pazienti
provenienti dalla clinica di MSF, in località Goro, sono stati coinvolti dalla
violenza dei ribelli. Naturalmente MSF, unitamente ad altre organizzazioni
missionarie e umanitarie, continua a portare assistenza agli sfollati nei campi
allestiti in vari distretti. Intanto, il governo di Kampala ha ottenuto proprio
ieri il permesso dalle autorità di Khartoum di far operare il proprio esercito
nei territori del Sudan meridionale. Le truppe di Kampala potranno spingersi
per 100 chilometri all’interno dalla linea di confine, per scovare le basi dei
ribelli del famigerato Esercito di resistenza del signore guidato da Joseph
Kony.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese, Nairobi.
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La Casa Bianca ha annunciato oggi la decisione del
presidente degli Stati Uniti, George Bush, di congelare i conti bancari e il
patrimonio personale posseduto negli Stati Uniti da 128 persone dello Zimbabwe
e da 33 società, che ostacolano il
processo di democratizzazione del Paese africano. Il provvedimento restrittivo
va ad aggiungersi ad uno adottato già nel marzo 2003 nei confronti di una lista
di 77 persone, fra le quali lo stesso presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe.
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