RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 326 - Testo della trasmissione di martedì 22 novembre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa ha eretto una nuova diocesi in Vietnam: nuove speranze per i cattolici del Paese asiatico. Ai nostri microfoni il cardinale Crescenzio Sepe

 

Benedetto XVI vede nuovi spazi di dialogo con i non credenti sul tema della vita: la riflessione di mons. Bruno Forte

 

Presentato stamani in Sala Stampa vaticana il programma di manifestazioni per il quinto centenario di fondazione delle Guardie Svizzere Pontificie

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il dibattito in Italia intorno alla legge sull’interruzione volontaria della gravidanza: intervista con Carlo Casini

 

Il custode del Sacro Convento di Assisi, padre Vincenzo Coli, ci parla delle nuove norme stabilite dal Papa per le Basiliche francescane

 

Oggi a Roma l’apertura del Festival del cinema spirituale: con noi mons. Dario Viganò

 

CHIESA E SOCIETA’:

Le leggi economiche, per non essere leggi di rapina, non possono fare a meno della solidarietà: lo ha detto a Città del Messico il cardinale Martino

 

I vescovi spagnoli rilanciano il dialogo con il governo Zapatero sul tema della riforma scolastica

 

Con una Messa presieduta dal cardinale Szoka, inaugurata stamane in Vaticano la nuova centrale telefonica

 

Messaggio dei vescovi del Gabon in vista delle elezioni presidenziali

 

L’Accademia nazionale di Santa Cecilia festeggia la patrona della musica nel giorno a lei dedicato inaugurando la Bibliomediateca al Parco della musica di Roma

 

L’America scopre di avere “probabilmente” giustiziato un altro innocente in Texas nel 1993

 

24 ORE NEL MONDO:

In Israele presentato il nuovo partito di Sharon:Responsabilità Nazionale’. Secondo vari sondaggi, sarà il primo partito israeliano

 

 Da oggi Angela Merkel è la prima donna cancelliere della Germania

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

22 novembre 2005

 

ERETTA DAL PAPA UNA NUOVA DIOCESI IN VIETNAM.

DOMENICA IL CARDINALE SEPE PARTE PER UN VIAGGIO IN QUESTO PAESE ASIATICO

- Intervista con il cardinale Crescenzio Sepe -

 

 

Il Santo Padre ha eretto in Vietnam la diocesi di Ba Ria, con territorio dismembrato dalla diocesi di Xuân Lôc, rendendola suffraganea della Sede Metropolitana di Thành-Phô Chi Minh. Il Papa ha quindi nominato primo vescovo di Ba Ria mons. Thomas Nguên Văn Trâm, finora vescovo tit. di Ilta e ausiliare di Xuân Lôc. La nuova diocesi di Ba Ria  (nom. lat. Barianen /sis/), comprende tutto il territorio della Provincia Ba Ria - Vung Tau: ha un’estensione di 1.975 kmq e su una popolazione di 900 mila abitanti i cattolici sono circa 224 mila. Conta 78 parrocchie, 56 sacerdoti diocesani e 35 sacerdoti religiosi. L’attuale chiesa parrocchiale di Ba Ria, dedicata ai Santi Apostoli Giacomo e Filippo, diventa la Cattedrale. Per un commento su questo evento ci siamo rivolti al cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, che domenica prossima partirà proprio per un viaggio in Vietnam. Giovanni Peduto gli ha chiesto quale sia il significato dell’erezione di una nuova diocesi in questo Paese asiatico:

 

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R. – E’ un significato del tutto particolare, come si può immaginare, pensando che da circa 30 anni non si avevano delle nuove diocesi in questo Paese. E comunque quando c’è l’erezione di una nuova diocesi è sempre segno di vitalità cristiana delle comunità, le quali crescono e quindi hanno anche bisogno di avere un pastore in loco, soprattutto quando le diocesi madre hanno una estensione territoriale molto vasta, con difficoltà molto spesso di comunicazione, e una presenza più attiva del nuovo vescovo che, certamente, potrà alimentare meglio la vita cristiana di queste popolazioni, ciò che in fondo avviene ogni qual volta - e capita molto spesso - noi creiamo nuove diocesi nei nostri continenti, come Asia, Africa, America… In questo caso è un segno molto particolare, perché si può prevedere nel futuro la possibilità anche di suddividere altre diocesi che hanno particolarmente bisogno di una presenza di un vescovo in questi luoghi.

 

D. – Quindi, si può parlare di un miglioramento dei rapporti tra Santa Sede e Vietnam?

 

R. – Certamente, è un segno molto positivo ed è anche un’espressione dell’apertura da parte del governo verso questa realtà cristiana che cresce, si fa vitale, diventa sempre più protagonista della vita religiosa e anche della vita sociale nel Vietnam.

 

D. – Eminenza, può offrirci dei ragguagli su come vive la comunità cristiana in questo Paese?

 

R. – E’ una comunità molto attiva, molto dinamica. Si possono vedere alcune statistiche riguardanti le vocazioni, i seminari, che sono pieni, e che hanno bisogno sempre di nuovi locali, per poter accogliere le tante domande che vengono fatte; una vita, una partecipazione ai Sacramenti e alla vita della Chiesa con percentuali molto alte, che non si trovano più per esempio in Europa; il dinamismo della vita religiosa con tante nuove congregazioni che nascono; e direi anche un aspetto molto bello, quello della dimensione missionaria di questi cristiani del Vietnam, i quali già oggi sono in grado di inviare sacerdoti e religiosi ed anche qualche laico nei Paesi vicini per la prima evangelizzazione:  Cambogia,  Laos,  Myanmar, ecc …

 

D. – Eminenza, lei domenica prossima parte per il Vietnam. Quale lo scopo di questa visita e quali i suoi auspici?

 

R. – Lo scopo è sempre identico ogni qualvolta io visito una Chiesa nei nostri territori di missione. Lo scopo è essenzialmente pastorale, perché vuole essere un contatto con la realtà di questa Chiesa, far sentire loro la presenza del Santo Padre e della Chiesa universale e incoraggiare a crescere e a vivere la propria fede cristiana con quell’entusiasmo che è proprio di questi Paesi dove realmente il cristianesimo è  veramente vissuto in profondità. Quindi, pastorale nel senso di contatti che avrò con i vescovi, con i sacerdoti, con le religiose e i religiosi, con molti laici, sono incontri anche con i giovani, con le famiglie. E’ un modo di dire loro che il Papa e la Chiesa stanno insieme a loro e per entusiasmarli ancora di più a vivere con gioia, con entusiasmo, con fierezza la loro fede cristiana.

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BENEDETTO XVI VEDE NUOVI SPAZI DI DIALOGO CON I NON CREDENTI

SUL RISPETTO DELLA VITA. LA RIFLESSIONE DI MONS. BRUNO FORTE

 

Oggi si aprono nuovi spazi di “dialogo rispettoso e leale con i non credenti” sul rispetto della vita, nonostante la presenza di un “secolarismo radicale”. Hanno avuto ampia eco le parole del Papa pronunciate proprio  in questi giorni di accese polemiche in Italia sulla questione della vita nascente. Benedetto XVI ha sottolineato il fatto che oggi “anche uomini che non si riconoscono più come membri della Chiesa o che hanno perduto addirittura la luce della fede restano comunque attenti ai valori umani ed ai contributi positivi che il Vangelo può apportare al bene personale e sociale”. Ascoltiamo in proposito il commento dell’arcivescovo di Chieti-Vasto mons. Bruno Forte intervistato da Sergio Centofanti:

 

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R. – Io credo che la riflessione che il Santo Padre ci propone parte dalla situazione di post-ideologia – potremmo dire – nella quale di fatto la cultura contemporanea si trova. Le grandi certezze delle ideologie, queste visioni totalizzanti, sono naufragate nelle tragedie della violenza del Novecento. Ecco perché oggi ci troviamo tutti più poveri davanti alla pretesa della ragione umana di potere, da sola, risolvere i problemi dell’uomo. E questa maggiore umiltà, raggiunta a prezzo di grande sofferenza perché il Novecento è – sotto questo profilo – il secolo tragico, rende anche tutti più attenti ad una riscoperta della centralità, del valore della persona umana. In questo senso, molti pensatori – anche non credenti – si ritrovano affiancati al pensiero cristiano intorno alla centralità della persona e quindi intorno al valore assoluto, alla dignità infinita della vita umana.

 

D. – Accanto a questo nuovo dialogo tra credenti e non credenti, tra cattolici e laici, però, assistiamo anche all’inasprirsi di alcune polemiche: pensiamo alle accuse di ingerenze alla Chiesa. Ecco, perché, a suo avviso?

 

R. – Ci sono certamente dei motivi contingenti, per esempio il referendum sulla procreazione assistita ha portato un risultato che nessuno, a livello soprattutto dei grandi media, aveva previsto. Questo significa che c’è una stragrande maggioranza degli italiani che si è espressa attraverso l’astensione in una scelta per la vita, per la dignità assoluta della persona umana. E credo che questo abbia in qualche modo scalzato quelle persone che ritenevano invece scontato che la maggioranza degli italiani doveva pensarla nel senso di un ‘sì’ indiscriminato alla scienza  al di là di ogni confine etico. Questo ha comportato come contraccolpo una certa reazione di fronte ad una vittoria che nessuno si aspettava. Questa è certamente una componente. Una seconda componente è che di fronte ad un relativismo diffuso sul piano etico come anche sul piano teoretico un Papa come Benedetto, che afferma con chiarezza la forza della verità, in piena continuità per altro con Giovanni Paolo II, che attraverso anche le sue analisi culturali mette in evidenza come il relativismo sia la malattia dell’anima e quindi anche la malattia della coscienza in un tempo come il nostro, da una parte attira certamente l’attenzione seria e pensosa di molti laici che sono anch’essi preoccupati della causa del bene comune, ma in qualche modo anche inquieta e perfino in qualche modo provoca quei laici che, invece, volessero fare del relativismo la loro bandiera. Di fronte a questo come reagire? Direi proprio con lo stile che il Santo Padre sta mostrando, cioè l’assoluta serenità, la testimonianza della forza della verità, della bellezza del cristianesimo e il continuare sempre di fronte a tutte  le questioni a dare argomenti, a pensare. Non dimentichiamo mai che la grande  nemica della fede non è la conoscenza, non è la ragione pensosa, ma è l’ignoranza e la ragione negligente.

 

D. – Sembra a volte che i cattolici abbiano meno diritto di esprimere le loro idee rispetto ad altri …

 

R. – Quello che soprattutto lascia perplessi è che a volte dei cosiddetti laici pretendono di dover dettare le regole sulle quali si dovrebbero muovere il Papa, i vescovi o i credenti nei loro pronunciamenti. Gli stessi che caso mai rivendicano una assoluta libertà di coscienza, di intervento , poi la negano di fatto ad altri in quanto pretendono che altri dicano quello che loro vogliono che essi dicano o che comunque non dicano quello che essi non vogliono sentire. In altre parole è proprio in nome del laicissimo principio del rispetto in democrazia della libertà di ciascuno che io sento di dover contestare quelle posizioni che chiamo senz’altro integralistiche di chi in nome della laicità vuole negare il diritto di parola ai credenti e soprattutto ai pastori.

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PRESENTATO STAMANI IN SALA STAMPA VATICANA

IL PROGRAMMA DI MANIFESTAZIONI PER IL QUINTO CENTENARIO DI FONDAZIONE

DELLE GUARDIE SVIZZERE PONTIFICIE.

IL CULMINE DELL’EVENTO GIUBILARE SARA’ IL 6 MAGGIO DEL 2006 CON IL GIURAMENTO DELLE RECLUTE, PER LA PRIMA VOLTA NELLA STORIA, IN PIAZZA SAN PIETRO

 

Il 22 gennaio 2006, la Guardia Svizzera Pontificia celebrerà il suo quinto centenario della fondazione, voluta da Papa Giulio II. Stamani, nella Sala Stampa della Santa Sede si è tenuta la presentazione del programma di manifestazioni del Giubileo dell’“esercito del Papa”. Per l’occasione verrà anche emessa una serie di francobolli celebrativi. Alla conferenza stampa, sono intervenuti il colonnello Elmar Th. Mäder, Comandante della Guardia Svizzera Pontificia e il dott. Pier Paolo Francini, Capo Ufficio dell’Ufficio Filatelico e Numismatico del Governatorato della Città del Vaticano. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Da cinque secoli al fianco del Pontefice per garantirne la sicurezza nell’adempimento del suo Ministero Petrino. Un “piccolo esercito dai grandi ideali”, l’ha definito Benedetto XVI il 6 maggio scorso in occasione del giuramento delle reclute. Per celebrare il quinto centenario della nascita delle Guardie Svizzere sono in programma numerose manifestazioni, alcune di carattere straordinario. Il comandante Mäder ha ricordato come in un messaggio che ricorda la fondazione del Corpo, Benedetto XVI inviti “le guardie attive e le ex-guardie con le loro famiglie a festeggiare questo giubileo con riconoscenza verso il Dio trinitario e a meditare sulla propria vocazione al servizio del messaggio cristiano”. Si è così soffermato sul profondo significato di questo quinto centenario:

 

“Vogliamo ricordare l’inizio della nostra storia, profittare del presente per indirizzarci verso Cristo ed esprimere la nostra gratitudine, così come inviare un segnale motivante per il futuro. Il servizio per la Chiesa e il Papa è servizio a Cristo”.

 

Ha quindi passato in rassegna le iniziative per il Giubileo delle Guardie Svizzere: il giorno della fondazione, il 22 gennaio, sarà festeggiato con la Santa Messa nella Cappella Sistina, presieduta dal cardinale Segretario di Stato. La Messa sarà seguita da un picchetto d’onore in Piazza San Pietro. Il 29 marzo verrà inaugurata una mostra nel Braccio di Carlo Magno dal titolo “Guardia Svizzera Pontificia, 500 anni – storia – arte – vita”.  L’esposizione vuole far conoscere alle migliaia di visitatori della Città Eterna la storia, il senso e la funzione della Guardia. Dal 7 aprile al 4 maggio, sarà la volta della marcia commemorativa da Bellinzona a Roma, che attraverso la via Francigena ricorderà il percorso compiuto dalle Guardie Svizzere, cinque secoli fa. La distanza di 723 chilometri verrà percorsa in 27 giornate di marcia. Il culmine delle celebrazioni cadrà il 6 maggio del 2006 con una storica novità per le Guardie del Pontefice. Ecco l’annuncio del comandante Mäder:

 

“La festosa e tradizionale cerimonia avverrà per la prima volta nella storia in Piazza San Pietro, accompagnata da formazioni militari storiche e da un pubblico più numeroso del solito. Un contesto prestigioso e indimenticabile per il Corpo della Guardia!”

 

Al termine della cerimonia del giuramento, avrà luogo un incontro con la Guardia a Castel Sant’Angelo. In tarda serata, il cielo di Roma verrà poi illuminato dai colori della Guardia Svizzera, grazie a fuochi d’artificio che daranno il tocco finale ai festeggiamenti. Anche sotto il profilo numismatico e filatelico, l’evento avrà una portata storica. Da parte della Confederazione Elvetica è stata emessa una moneta commemorativa in oro per il quinto centenario. Per la prima volta, inoltre, ci sarà un’emissione congiunta di una serie di francobolli Svizzera – Città del Vaticano. La serie si compone di due distinti francobolli, realizzati dall’artista svizzero ed ex Guardia Svizzera Rudolf Mirer. Ciascun francobollo è racchiuso in un foglietto da sei valori, decorati, rispettivamente, con l’immagine di Papa Giulio II, fondatore del Corpo e con due Guardie Svizzere ritratte nella divisa nota in tutto il mondo. La tiratura dell’emissione vaticana è di 900 mila serie complete. Infine, è stato annunciato che la moneta commemorativa vaticana da 2 euro, in programma per il 2006, sarà dedicata proprio al Corpo della Guardia Svizzera Pontificia.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

La prima pagina si apre con la situazione in Iraq dove le violenze non conoscono tregua. Fonti della “BBC” riferiscono che il fosforo bianco è stato utilizzato anche a Nassiriya durante operazioni militari.

 
Servizio vaticano - Una pagina dedicata alle Lettere pastorali dei vescovi italiani.

 

Servizio estero - Germania: i due “primati” della Merkel, prima donna Cancelliere e prima persona originaria dell’Est a ricoprire la carica; con il voto del Bundestag nasce ufficialmente il Governo di grande coalizione.

 

Servizio culturale - Un articolo di Danilo Veneruso dal titolo “Tramonta ilprivilegio della vittoria’ nel giudizio sui crimini di guerra: a sessant’anni dall’inizio del processo di Norimberga.

Per l’“Osservatore libri” un articolo di Claudio Toscani dal titolo “La sofferta ricerca di valori nell’opera del padre delminimalismo’”: “Tutti i racconti” di Raymond Carver nella Collana “Mondatori”.

 

Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

22 novembre 2005

 

 

ACCESO DIBATTITO IN ITALIA SULLA LEGGE

SULL’INTERRUZIONE VOLONTARIA DELLA GRAVITANZA

- Intervista con Carlo Casini -

 

Centro destra e centro sinistra in polemica, in Italia, dopo le ipotesi del ministro della Salute Francesco Storace di un progetto di riforma dei consultori familiari e di una presenza più organica al loro interno dei volontari del Movimento per la vita. Oggi il ministro Storace ha voluto precisare che non è sua intenzione modificare la legge sull’interruzione volontaria della gravidanza. E L’Osservatore Romano scrive che la Legge 194 del ’78, nata per legalizzare l’aborto, avrebbe dovuto anche prevenirlo, ma fino ad ora, la normativa è stata mal applicata nella sua integralità, ne è stato violato lo spirito e si è ritenuto invece che l’unica forma di prevenzione all’interruzione volontaria della gravidanza fosse la contraccezione. La tutela della vita costituisce la misura della civiltà e della democrazia, scrive il quotidiano della Santa Sede, è misura dell’autentica libertà. E sulla normativa che riguarda i consultori familiari Tiziana Campisi ha chiesto al presidente del Movimento per la vita Carlo Casini quanto, in questi anni, ha trovato applicazione:

 

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R. – La legge su questo punto non è stata proprio applicata. Intanto, chi non si rivolge al consultorio, va dal medico di fiducia. Chi si rivolgerà al consultorio incontra qualcuno che gli dice: “Lei, è in stato interessante. Vuole abortire? Benissimo. Vediamo se siamo entro i tre mesi. Sì, siamo entro i tre mesi. Questo è il certificato”. Nessuna domanda sulle cause, nessuna verifica che sia possibile rimuovere queste cause.

 

D. – Come dovrebbero funzionare i consultori?

 

R. – Dovrebbero funzionare nel senso di essere gli strumenti predisposti dalle istituzioni per difendere la vita insieme alla donna, non contro la donna, non come giudici. Per far questo hanno bisogno di essere in rete con tutta una serie di strutture, anche volontarie, che esistono sul territorio.

 

D. – Lei pensa che la presenza di volontari cattolici nei consultori possa influire sulla libertà religiosa o sulla libertà di coscienza dell’individuo?

 

R. – Certamente no. Ma il punto di partenza è proprio quello. La questione è la vita, il diritto alla vita. L’esistenza di un bambino non è questione religiosa, non è questione di culto, è questione profondamente civile, di ragione laica. Quindi, il consultorio è lì perché le istituzioni, attraverso questa struttura, difendono la vita umana. Se la donna vuole abortire, nessuno glielo impedisce, ma deve essere aiutata con tutte le forze dalle istituzioni affinché non lo faccia.

 

D. – Qual è il suo giudizio personale sulle polemiche che si sono innescate in questi giorni, a proposito dell’applicazione della 194, in particolare proprio sui consultori?

 

R. – Il problema è sempre quello che sta dietro a tutto questo dibattito da più di 30 anni, da prima ancora che ci fosse la legge 194, ed è questo: dentro il seno di una donna, dopo il concepimento, c’è un essere umano, uno di noi, un figlio? Oppure c’è soltanto un grumo di cellule? Se la risposta logica e di ragione è che c’è un figlio, allora bisogna difendere la vita. Coloro che vogliono perseguire l’intento di una libertà che si realizza a qualsiasi costo, anche a costo di calpestare l’altro, hanno assoluto bisogno di cancellare il figlio. Questo figlio – dicono – non c’è e appena uno afferma che invece c’è, qualcosa si sconvolge dentro di loro. Fortunatamente, il referendum del giugno scorso ha dimostrato che, quanto meno, l’inquietudine, rispetto a questa presenza meravigliosa e misteriosa della vita umana che comincia, è largamente maggioritaria. Allora, noi oggi facciamo in modo, senza cambiare le leggi, di far sì che questo riconoscimento della vita umana emerga ed emerga nella forma della solidarietà di tutta la società.

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IL CUSTODE DEL SACRO CONVENTO DI ASSISI, PADRE VINCENZO COLI,

COMMENTA LE NUOVE NORME STABILITE DAL PAPA PER LE BASILICHE FRANCESCANE

 

Sabato scorso il Papa ha stabilito le nuove norme per le Basiliche di San Francesco e di Santa Maria degli Angeli in Assisi, affidandole alla giurisdizione del nuovo vescovo Domenico Sorrentino. Molto si è detto in questi giorni riguardo alla decisione di Benedetto XVI. Noi abbiamo sentito padre Vincenzo Coli, Custode del Sacro Convento di Assisi. L’intervista è di Fabio Colagrande:

 

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R. – La Basilica di San Francesco nei secoli ha avuto diverse forme di giurisdizione. L’ultimo documento del Papa io credo che sia un aggiornamento per riscoprire e vivere in modo più profondo la corresponsabilità, la condivisione e – direi – la collegialità, proprio perché ci inserisce in un modo molto chiaro sia nella vita della diocesi, sia nella vita della Conferenza episcopale umbra e quella nazionale.

 

D. – Come cambierà la vostra attività pastorale e spirituale?

 

R. – Intanto, io dovrò fare un elenco di quello che facciamo normalmente nell’arco dell’anno, e presentarlo al vescovo. Può darsi che ci sia inizialmente qualche complicazione di carattere organizzativo, io credo. Poi, per alcune iniziative più eclatanti spiegheremo meglio ancora perché sono nate e sulla scia dello spirito di Assisi, se saranno ancora viste bene, se dovranno subire delle modifiche, e rilanciarle. Non so: questo la pratica ce lo dirà. L’importante è che si mantenga in noi tutti la passione forte per il mistero di Dio, per l’uomo e per la natura. Credo che questi siano i tre valori che possiamo ancora portare avanti perché siamo convinti che possano costituire un punto di riferimento per tutti i credenti per un cammino più unitario della famiglia umana.

 

D. – Proprio sui giornali di domenica scorsa abbiamo letto alcuni titoli che parlavano di una “ribellione” dei Frati di Assisi. Come li commenta?

 

R. – No, no, no: non parlo della testata, perché quella è una sciocchezza numero uno. Noi abbiamo sempre detto, con il Vangelo e con San Francesco: l’obbedienza al Santo Padre non si tocca.

 

D. – Padre Coli,qualcuno ha rimproverato in particolare voi Conventuali della Basilica di San Francesco di avere troppi legami con il mondo politico. Io volevo un suo commento anche su queste “accuse” che vi sono state rivolte …

 

R. – Io credo che non sia vero niente: in un incontro con i giornalisti, fin dall’inizio del mio incarico, ho detto che non avrebbero dovuto aspettarsi atteggiamenti né di destra né di sinistra ma se il Signore lo avesse a noi concesso per grazia, l’atteggiamento di riferimento forte, vivo, attuale, dinamico al Vangelo nella maniera in cui l’ha vissuto Francesco: nient’altro. Naturalmente, ci sono le strumentalizzazioni, noi siamo convinti che si rischia, ma bisogna pur agire. Il nostro impegno molto forte a che cosa è dovuto? Anche agli insegnamenti della CEI, no? Nel Documento di Palermo, per esempio, al numero 23, accogliendo l’insegnamento di Papa Wojtyla che cosa si dice? Che coloro che frequentano sono sì e no il 10 per cento, e gli altri? E noi abbiamo tentato di lanciare un ponte verso tutti gli uomini di buona volontà che hanno un particolare riferimento a San Francesco, di simpatia od altro, proprio per fare insieme un cammino più unitario, più profondo su alcuni valori che possono essere condivisi per esempio addirittura anche con i laici, no?

 

D. – Questo “Motu proprio” del Papa ha in qualche modo, sui giornali italiani, sollevato un dibattito sulla reale figura storica di San Francesco. Mi riferisco a quanto ha riportato ieri “La Stampa” in un’intervista a Vittorio Messori, lo scrittore cattolico, che dice: San Francesco, in realtà, non era pacifista, non era animalista né ecologista. Anzi: non era pacifista e partecipò alle Crociate.

 

R. – Siamo d’accordo che non era pacifista come lo si intende oggi, siamo d’accordo che era un amante del Creato ma che questo Creato nasce da Dio come punto di riferimento essenziale. Ha partecipato alla Crociata però l’ha vissuta poi in un modo molto diverso: cioè, ha cercato il dialogo mantenendo chiara e forte la propria identità. E questo che noi abbiamo detto continuamente: il dialogo sì, ma attraverso una forte e chiara identità, perché altrimenti non c’è nessun dialogo, no?, sennò ci svendiamo! Solo che dobbiamo avere quell’atteggiamento di grande comprensione, di grande bontà alla realtà dell’altro come ci insegna Gesù nel Vangelo.

 

D. – Padre Coli, la ringrazio per questa intervista; grazie e buon proseguimento di lavoro, di attività pastorale, a tutti i Frati Francescani.

 

R. – Anche a voi, l’augurio più bello: pace e bene, il Signore ci accompagni sempre!

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OGGI A ROMA L’APERTURA DEL FESTIVAL DEL CINEMA SPIRITUALE

“TERTIO MILLENNIO”

- Intervista con mons. Dario Vigano -

 

Si apre nel pomeriggio di oggi, con un Convegno presso l’Università Roma Tre, la IX edizione del Festival del Cinema Spirituale “Tertio Millennio” promossa dall’Ente dello Spettacolo in collaborazione con i Pontifici Consigli della Cultura e delle Comunicazioni Sociali. Il tema della manifestazione – che prevede un convegno, incontri con gli autori e una corposa rassegna con alcune anteprime – è dedicato alla “Tentazione di credere”, ossia al confronto con il divino che il cinema contemporaneo affronta con grande diversità di stili e di mezzi. Il servizio di Luca Pellegrini:

 

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La ricerca di Dio, la nostalgia dell’Assoluto e il modo in cui il cinema postmoderno sta fotografando questo processo, del quale esso stesso è protagonista, sono al centro della IX edizione della rassegna cinematografica di quest’anno, descritta proprio con queste parole dal cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Il tentativo è quello di stabilire e studiare una possibile relazione tra l’individuo nella sua complessità di esigenze spirituali e il cinema, attraverso le immagini che esso riesce a dare e comunicare del soprannaturale, del sacrificio e della carità tra persone e popoli. Temi, insomma, profondi, aspetti diversi dell’esistenza, culturalmente coinvolgenti ed umanamente universali. Passando dalla “tentazione del dubbio”, come spiega mons. Dario Viganò, Presidente dell’Ente dello Spettacolo, all’inaspettata ed attuale “tentazione del credere”:

 

R. – La formulazione del tema è decisamente paradossale, “Tentazione di credere”. Perché questo? Perché mi pare che ci sia un risveglio globale nella cultura di domanda del senso, che non è proprio una tentazione di credere già cristianamente determinata, però molto spesso siamo di fronte a film, a romanzi che aprono squarci sulla possibilità di aprire un legame con il trascendente, con il mistero. Ecco che credo che proprio lo sforzo in questo senso è andare alla ricerca di quel cinema che sia nella tradizione autoriale che in quella contemporanea presenta un testo cinematografico capace di aprire spazi per letture dello scacco della fede.

 

D. – L’esigenza insopprimibile del sacro, iscritta nel cuore dell’uomo, come si manifesta oggi nel cinema?

 

R. – Io credo laddove si racconta la vicenda umana, anche una vicenda che a volte è molto problematica e fangosa e terrigna, però al termine l’invito è quello di alzare lo sguardo da terra per guardare lo squarcio del cielo.

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CHIESA E SOCIETA’

22 novembre 2005

 

 

LE LEGGI ECONOMICHE, PER NON ESSERE LEGGI DI RAPINA,

NON POSSONO FARE A MENO DELLA SOLIDARIETA’:

LO HA SOSTENUTO IL CARDINALE RENATO RAFFAELE MARTINO,

PRESENTANDO IL “COMPENDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA”, ALL’INCONTRO CONTINENTALE PER L’AMERICA,

INAUGURATO IERI A CITTA’ DEL MESSICO

- A cura di Paolo Scappucci -

 

 

CITTA’ DEL MESSICO. =  Si è aperto ieri nella capitale messicana, alla presenza del Capo dello Stato, Vicente Fox Quesada, un incontro continentale per l’Ame-rica promosso dal Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, dall’arcidiocesi di México e dall’Istituto messicano di Dottrina sociale per la presentazione ufficiale del “Compendio della Dottrina sociale della Chiesa”, pubblicato lo scorso anno dal dicastero vaticano. Salutando i numerosi prelati, esperti, politici e operatori pastorali partecipanti al raduno, il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio, ha sostenuto che costruire una cultura, un’economia e una politica aperte alla solidarietà è l’imperativo urgente per rispondere alle attese di giustizia e di pace del continente americano. Svolgendo successivamente la lezione magistrale  sul significato e il valore del “Compendio”, il porporato ha rilevato che la complessa realtà sociale del continente americano è un campo fecondo per l’analisi e l’applicazione dei principi universali della dottrina sociale della Chiesa. Il porporato ha precisato che il “Compendio” non è un manuale di ricette sociali, non propone risposte concrete alle singole questioni, ma piuttosto rappresenta “uno sguardo sul destino dell’uomo dentro la società, alla luce del disegno di Dio sulla famiglia umana e di quanto la stessa ragione ed esperienza ci dicono su chi noi siamo e su come dobbiamo rapportarci gli uni nei riguardi degli altri per essere pienamente uomini”. Il cardinale Martino ha quindi sottolineato che, secondo la dottrina sociale cattolica, la solidarietà deve sposarsi con l’efficienza dell’agire, ma quest’ultima non deve mai tradursi in efficientismo, dimenticando i valori umani in gioco. “Se il profitto – ha detto il presidente di Giustizia e Pace – diventa l’unico criterio dell’agire economico, si cade in questo efficientismo, che dimentica i valori. Se il valore della solidarietà cancella il criterio del profitto, finisce per dimenticare la concretezza dei bisogni e diventa inefficace, quindi poco solidale. Secondo il “Compendio”, la solidarietà non nega le leggi economiche, ma le leggi economiche per essere veramente tali e non leggi di rapina, non possono fare a meno della solidarietà. Una solidarietà che viene prima dei diritti individuali e li fonda: essi non devono vedersi come beni soggettivi di cui godere privatamente, ma come valorizzazione di talenti da mettere a disposizione per un progetto comune, assunto come dovere. L’incontro continentale di Città del Messico si concluderà oggi. Il cardinale Martino, successivamente, dal 26 novembre al 1° dicembre, sarà a San Pietroburgo e Mosca, su invito dell’arcivescovo Kondrusiewicz, per presentare lo stesso “Compendio” presso la Casa della cultura a Mosca, che ospita la mostra del Libro culturale russo.

 

 

I VESCOVI SPAGNOLI RILANCIANO IL DIALOGO CON IL GOVERNO ZAPATERO

SUL TEMA DELLA RIFORMA SCOLASTICA, AUSPICANDO PER VOCE DEL PRESIDENTE

DEI VESCOVI, MONS. BLAZQUEZ, UN DIALOGO “RAGIONEVOLE E DURATURO”,

A SERVIZIO DEL BENE COMUNE

 

MADRID. = Un accordo “ragionevole e duraturo” con il governo in tema di riforma scolastica: è l’auspicio espresso dal presidente della Conferenza episcopale spagnola, mons. Ricardo Blazquez, in apertura ieri dell’85ma Assemblea plenaria dei vescovi. I presuli rilanciano dunque il dialogo su uno dei temi che hanno suscitato maggiore tensione tra l’esecutivo di José Luis Rodriguez Zapatero e la Chiesa in Spagna, riguardo il Progetto della Legge organica dell’educazione    (LOE). La Chiesa spagnola non invoca solo che sia riconosciuto “adeguatamente” l’insegnamento della religione cattolica, ma che sia garantita la libertà educativa e più in generale che l’istruzione “tanto prostrata attualmente” sia migliorata perché da essa dipende “in buona misura il presente e il futuro” della società e di ogni persona. L’impegno “per costruire tutti insieme una società giusta e rispettosa delle legittime differenze, colta, solidale - ha detto mons. Blazquez - deve prendere forma e corpo, costantemente, in accordi al servizio del bene comune”. Il presidente dei vescovi ha ricordato anche il ruolo della Chiesa durante gli anni della transizione verso la piena democrazia: proprio oggi la Spagna festeggia i 30 anni della monarchia parlamentare, dopo il regime franchista. La Chiesa che riuscì a compiere “un buon servizio nella transizione” nonostante “innumerevoli difficoltà” – ha sottolineato il presule - vuole continuare ad essere “fermento di solidarietà, concordia e speranza”. Le dichiarazioni di mons. Blazquez giungono dopo la grande manifestazione popolare svoltasi il 12 novembre a Madrid, indetta dal mondo cattolico contro il nuovo Progetto di legge governativo sulla scuola. (R.G.)

 

 

CON UNA MESSA PRESIEDUTA DAL CARDINALE EDMUND CASIMIR SZOKA,

PRESIDENTE DEL GOVERNATORATO, INAUGURATA STAMANE IN VATICANO

LA NUOVA CENTRALE TELEFONICA

 

CITTA’ DEL VATICANO. = E’ stata inaugurata questa mattina la nuova centrale telefonica vaticana. La cerimonia si è svolta nel 75.mo anniversario dell’inaugu-razione, il 19 novembre del 1930, della prima centrale telefonica benedetta da Pio XI alla presenza del senatore Guglielmo Marconi. I locali della nuova centrale sono stati ricavati all’interno del nuovo edificio nel parcheggio di Santa Rosa. La cerimonia di inaugurazione è stata preceduta da una Santa Messa presieduta dal cardinale Edmund Casimir Szoka, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. All’inaugurazione hanno partecipato anche il prefetto della Congregazione per i vescovi, cardinale Giovanni Battista Re, il presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, cardinale Attilio Nicora, e il direttore dei servizi tecnici delle telecomunicazioni, l’ingegner Massimo Stoppa. Un ringraziamento particolare è stato riservato alla Società San Paolo, alla quale è affidata la direzione della centrale, e alle suore Pie Discepole del Divin Maestro, che prestano al loro opera ai centralini vaticani. (A.L.)

 

 

MESSAGGIO DEI VESCOVI DEL GABON IN VISTA DELLE ELEZIONE PRESIDENZIALI

NEL PAESE AFRICANO, IL 25 E 27 NOVEMBRE. I PRESULI CHIEDONO

ALLA CLASSE POLITICA GARANZIE PER LO SVOLGIMENTO PACIFICO

DELLA CONSULTAZIONE E SOLLECITANO TUTTI I CITTADINI, IN PARTICOLARE

I CRISTIANI, A RIFIUTARE LA CORRUZIONE E LA MENZOGNA E PROMUOVERE INVECE

LA GIUSTIZIA, LA VERITA’ E LA PACE

 

LIBREVILLE. = In vista delle prossime elezioni presidenziali in Gabon, il 25 e 27 novembre, l’episcopato locale ha pubblicato un messaggio in cui rivolge un pressante appello alla calma e per lo svolgimento pacifico dello scrutinio. Nel documento, il cui contenuto è stato diffuso dal quotidiano filo-governativo “L’Union”, i sei presuli del Paese africano chiedono in particolare alla classe politica gabonese di fare il possibile per garantire la massima trasparenza del processo elettorale, “fondamento – affermano – della legittimità e della legalità  di un regime democratico”. In questo senso, i leader politici vengono esortati a non soffermarsi su “questioni secondarie” e a pronunciarsi piuttosto su punti essenziali quali “il rispetto della vita umana e i diritti fondamentali”, poiché, sottolinea il messaggio, “è meno importante vincere le elezioni che vincere insieme la lunga battaglia per lo sviluppo, la pace sociale, la concordia nazionale e la sicurezza delle persone e dei beni”. Rivolgendosi quindi agli elettori cristiani, i presuli gabonesi rilevano come essi non possano “assistere passivamente o partecipare attivamente alla menzogna, alla delazione, alla corruzione, alla violenza, alle uccisioni, ai sacrifici umani”. In conclusione, essi invitano tutti i compatrioti “a comportarsi da persone ragionevoli, giuste e religiose, a mettere in atto comportamenti semplici, autentici e coraggiosi che promuovano la giustizia, la verità, la fratellanza e la pace”. Governato da presidenti autocratici fin dalla sua indipendenza dalla Francia, il Gabon ha introdotto un sistema multipartitico e una nuova costituzione all’inizio degli anni ‘90, che non ha comunque impedito all’attuale presidente El Hadj Omar Bongo Ondimba, in carica dal 1967 e principale favorito anche a queste elezioni, di restare al potere, nonostante il crescente malcontento popolare. Da parte dei vescovi non sono mancate in passato critiche alla sua gestione e in particolare alla corruzione e ai fenomeni di arricchimento illecito diffusi nel suo entourage. (L. Z.)

 

 

L’ACCADEMIA NAZIONALE DI SANTA CECILIA

FESTEGGIA LA PATRONA DELLA MUSICA NEL GIORNO A LEI DEDICATO INAUGURANDO

LA BIBLIOMEDIATECA AL PARCO DELLA MUSICA DI ROMA

- A cura di A.V. -

 

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ROMA. =  Un patrimonio di 20.000 volumi, fra cui 6.000 manoscritti, oltre un chilometro di documenti, registri, carteggi, locandine e manifesti, più di 20.000 fotografie, e poi gli archivi sonori, di etnomusicologia, il Museo strumentale e una sezione riservata ai bambini con libri, CD-Rom, CD e DVD di repertorio didattico musicale e ricreativo. Inaugurando oggi alla presenza del Sindaco di Roma, Walter Veltroni, la Bibliomediateca all’Auditorium Parco della Musica, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia festeggia così la patrona della musica cui è intitolata, nel giorno a lei dedicato. Fondata nel 1874, e sinora ospitata nell’antica sede di Via dei Greci, presso il Conservatorio di Santa Cecilia, la biblioteca si è recentemente arricchita di donazioni e acquisizioni di biblioteche di celebri direttori e compositori (come Bellezza, Molinari, Mortari, Petrassi), musicologi (come D’Amico) ed etnomusicologi (come Carpitella e Vandor), che offrono un segno del gusto interpretativo, della critica e delle ricerche che hanno caratterizzato la cultura musicale del Novecento. “La nascita di una biblioteca è sempre un segno di grande civiltà perché rappresenta la possibilità per tutti di poter accedere alla conoscenza” – ha dichiarato il prof. Bruno Cagli, presidente dell’Accademia – “In questo caso Santa Cecilia mette finalmente a disposizione un patrimonio di grandissimo valore, costituito non solo da volumi di carattere musicale (partiture, libretti, manoscritti ecc.) ma anche da straordinari documenti di archivio dal 1650 ad oggi che non erano mai stati ordinati e resi pubblici”. L’accesso è reso possibile tramite le postazioni multimediali e le salette riservate per la consultazione di manoscritti e audiovisivi; è inoltre in fase di allestimento il Laboratorio sonoro.

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L’AMERICA SCOPRE DI AVERE PROBABILMENTE GIUSTIZIATO UN ALTRO INNOCENTE

 IN TEXAS NEL 1993.  IL CASO DI RUBEN CANTU RIAPRE IL DIBATTITO SULLA PENA

 DI MORTE, MA INTANTO IN VIRGINIA IL 30 NOVEMBRE SARA’ MESSO A MORTE

IL MILLESSIMO CONDANNATO, DA QUANDO NEL 1976 VENNE RIPRISTINATA

 LA CONDANNA CAPITALE

 

HOUSTON. = L'America, che si avvia alla millesima esecuzione da quando nel 1976 venne ripristinata la pena capitale, scopre che probabilmente ha messo a morte un altro innocente, in Texas. Secondo il quotidiano locale “Houston Chronicle”, Ruben Cantu, giustiziato a Huntsville nell'estate 1993, era estraneo all'omicidio per cui è stato condannato. Tra l'altro, oggi, la sua esecuzione non sarebbe stata possibile poiché qualche mese fa la Corte Suprema, ha dichiarato incostituzionale la pena capitale per i delitti compiuti da minorenni. Ruben che aveva 17 anni all'epoca del crimine, 18 quando venne condannato, e 26 quando fu messo a morte, si è sempre protestato innocente dell’omicidio nel 1984 di Pedro Gomez, a scopo di rapina. Ruben, cresciuto a San Antonio, pur non avendo precedenti penali era stato descritto alla giuria come un ladro violento, che aveva sparato nove volte con un fucile prima di riversare l’arma contro un altro uomo, che a mala pena era sopravvissuto per testimoniare. Ma passati 12 anni dall'esecuzione, il giudice, il pubblico ministero, il capo della giuria e l'avvocato difensore del ragazzo hanno ammesso in coro che la condanna a morte venne costruita su omissioni e bugie. David Garza, il coimputato al processo che aveva appena 15 anni al momento del crimine, ha firmato una dichiarazione giurata in cui ammette che all'epoca lasciò che Cantu venisse accusato falsamente e che non era neppure con lui la notte dell'omicidio. Mentre l’unico testimone ha ritrattato la sua versione, dicendosi sicuro che la persona che aprì il fuoco non era Cantu, ma che si sentì costretto dalla polizia ad accusare il ragazzo. Questo caso riapre il dibattito e solleva polemiche sulla pena di morte. Sono ormai 122 i casi di condannati, scagionati al momento dell’esecuzione. Ma intanto salvo colpi di scena o rinvii Robin Lovitt, che come Cantu ha sempre proclamato la sua innocenza, sarà il millesimo giustiziato, in Virginia il 30 novembre.  (R.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

22 novembre 2005

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

“Elezioni il più presto possibile”. E’ quanto ha auspicato in Israele il presidente, Moshe Katzav, al termine dell’incontro di ieri con il premier, Ariel Sharon, che ha esplicitamente chiesto lo scioglimento della Knesset. Sulla nuova linea politica di Sharon, che ha fondato e presentato un nuovo partito, il nostro servizio:

 

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Dopo le dimissioni del premier Sharon dal Likud, il Parlamento israeliano ha votato ieri il proprio scioglimento, avviando Israele verso le elezioni politiche anticipate. Si voterà in primavera, ma la vera rivoluzione è la nascita di un nuovo partito di centro guidato da Sharon. Dopo questa decisione, lo scenario politico israeliano appare completamente ridisegnato: l’iniziativa del primo ministro rompe, infatti, il tradizionale bipartitismo che ha regolato sin qui la politica dello Stato ebraico, introducendo un terzo elemento, dichiaratamente centrista e capace, nelle intenzioni, di riunire  quanti intendano portare a compimento il processo negoziale con i palestinesi. “Il nostro partito lavora per la pace”, ha  dichiarato Sharon, svelando il nome del nuovo partito:Responsabilità Nazionale’. Al partito dovrebbero aderire almeno 15 deputati del Likud e alcuni esponenti della formazione laburista che non condividono la linea del nuovo leader Amir Peretz. Secondo diversi sondaggi pubblicati da quotidiani locali, il nuovo schieramento potrebbe diventare il primo partito israeliano, seguito dalla formazione laburista. Il Likud, che Sharon ha contribuito a fondare nel 1973, dovrebbe invece restare un partito sotto la tutela della destra ortodossa: uno schieramento in buona parte ostile al primo ministro e contrario ad ulteriori concessioni ai palestinesi e al ritiro unilaterale da Gaza voluto da Sharon.

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Con l’impegno a convocare una conferenza di riconciliazione per l’Iraq nel 2006, si è chiusa ieri la riunione del Cairo che per la prima volta ha visto sedute intorno ad un tavolo le fazioni rivali irachene. I partecipanti hanno chiesto di fissare un calendario per il ritiro delle truppe straniere, potenziando le forze armate irachene. Sul terreno, intanto, rimane alta la tensione. Un proiettile di mortaio è esploso oggi durante la cerimonia di consegna agli iracheni dei palazzi di Saddam Hussein a Tikrit.

 

In Iran, il presidente iracheno, Talabani, ha visitato stamani a Teheran il mausoleo dell’ayatollah Khomeini, fondatore della Repubblica islamica. Talabani, in Iran per una visita ufficiale di tre giorni, è il primo presidente iracheno a recarsi in Iran in quasi 40 anni e, in particolare, dopo la guerra tra i due Paesi, durata dal 1980 al 1988.

 

In Germania Angela Merkel è stata eletta nuovo cancelliere. La leader dei cristiano democratici (CDU) è stata eletta con una maggioranza di 397 voti su 612 al Bundestag, il Parlamento tedesco. E’ la prima donna cancelliere della storia della Germania e guiderà una “grande coalizione” fra cristiano democratici e socialdemocratici. Nel pomeriggio, Angela Merkel sarà ricevuta dal presidente tedesco, Horst Koehler, e successivamente presterà giuramento davanti al Bundestag. Domani è prevista, inoltre, la sua prima visita ufficiale all’estero: il neo cancelliere si recherà a Parigi per incontrare il presidente francese, Jacques Chirac.

 

Il tabloid britannico ‘Mirror,’ citando un memorandum riservato di Down-ing Street, ha rivelato che il presidente americano, George Bush, voleva bombardare l’emittente araba al Jazeera, in Qatar. Secondo il tabloid, l’intervento in ex-tremis del premier britannico, Tony Blair, avrebbe dissuaso il presidente statunitense.

 

L’Ucraina ricorda oggi con una serie di manifestazioni l’inizio della rivoluzione arancione, che esattamente un anno fa portò all’occupazione pacifica delle principali piazze di Kiev per chiedere l’annullamento del secondo turno delle presidenziali. I manifestanti vinsero e ad essere eletto come presidente fu il loro leader Vikyor Yushenko. Cos’è rimasto oggi di quella ventata di libertà? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Fulvio Scaglione, vice-direttore di Famiglia Cristiana ed esperto dell’area sovietica.

 

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R. – Credo che si possa, con analoga giustificazione, dire che è rimasto molto ed è rimasto poco. E’ rimasto poco certamente se andiamo a rileggere i giornali dell’epoca delle elezioni di Yushenko, perché la cosiddetta Rivoluzione Arancione è stata bombardata dall’interno, con una serie di scandali per corruzione veramente incredibili, in così poco tempo, e dall’esterno, nel senso che la Russia ci ha messo del suo. L’esasperato nazionalismo della Timoshenko certamente non poteva andar bene a Mosca e la Timoshenko è rapidamente sparita di scena. Però, nel contempo, è rimasto molto, perché certamente quella ventata di manifestazioni più o meno spontanee non è stata dimenticata, non è stata cancellata. E certamente, comunque, anche all’interno dell’Europa dell’Est, che ancora ha legami forti con la Russia, i meccanismi di un tempo non possono essere replicati.

 

D. – La rottura tra il presidente Yushenko e la Timoshenko, l’altra leader della protesta, quanto può avere influito sulla delusione degli ucraini oggi?

 

R. – Io credo che la rottura tra Yushenko e la Timoshenko fosse inevitabile nel medio periodo. Yushenko è un moderato, è un politico molto scaltro e scafato. La Timoshenko è una donna di potere, con questo esasperato nazionalismo che la portava in rotta di collisione con la Russia. Il problema è che l’Ucraina dipende dagli approvvigionamenti energetici dalla Russia e non si può governare l’Ucraina contro la Russia. Questa è una realtà, palese, lampante; la Timoshenko ha pagato soprattutto questo. C’è anche da dire una cosa: il fatto che una buona metà del Paese sia di lingua anche russa ed abbia dei rapporti molto stretti con la Russia, non rende questa metà del Paese necessariamente antidemocratica; né d’altra parte, da quella degli Arancioni, c’era tutta la parte efficiente e democratica del Paese. Era una cosa molto mista. Questa interconnessione rende in Ucraina le cose molto più complicate di quanto noi possiamo pensare.

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In Giappone, il partito liberaldemocratico del premier Koizumi ha presentato la bozza finale della nuova Costituzione. Nel testo si riconosce il diritto al possesso di un vero Esercito operativo anche nel quadro di alleanze di difesa.

 

Il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, conferma che la BCE è pronta a rialzare i tassi di interesse. “Dopo aver mantenuto per due anni e mezzo di tassi a un livello storicamente basso - si legge nel comunicato presentato da Trichet alla Commissione economica e monetaria del Parlamento europeo - ritengo che il Consiglio direttivo sia pronto a modificare i tassi e ad aumentarli moderatamente rispetto all'attuale livello per far fronte ai rischi alla stabilità dei prezzi”.

 

Il presidente italiano, Carlo Azeglio Ciampi, è arrivato ad Ankara per la sua visita di Stato in Turchia. Questa mattina il capo di Stato ha visitato il mausoleo di Ataturk, padre fondatore della Repubblica turca. Nel pomeriggio sono previsti incontri con il presidente turco, Ahmet Necdet Sezer, e il premier Tayyp Erdogan.

 

In Italia, maxi sequestro di latte avariato: il corpo forestale ha sequestrato trenta milioni di litri di latte per bambini della società ‘Nestlè’. Le analisi hanno accertato che tutte le confezioni, con scadenza ‘settembre 2006’, sono contaminate e per questo sono state ritirate dal mercato. Il latte risulta avariato da una sostanza presente nella confezione. I prodotti con scadenza da ottobre 2006 in poi non presentano alcuna alterazione.

 

Restiamo in Italia, teatro di una imponente operazione antimafia: a Caltanissetta almeno 42 persone sono state arrestate con l’accusa di associazione mafiosa. Tra i fermati, figurano anche il presidente del Consiglio comunale di Riesi, Vincenzo Giannone (UDC), e l’imprenditore di Gela, Francesco Russello. Dall’inchiesta condotta dai carabinieri, sono emersi legami tra boss mafiosi, esponenti della politica locale, imprenditori e commercianti.

 

In Kenya, è stato respinto il progetto di una nuova Costituzione sostenuto dal presidente, Mwai Kibaki, e osteggiato dall’opposizione. Nel referendum tenutosi ieri, i voti contrari alla bozza costituzionale, che avrebbe confermato i poteri presidenziali e istituito la figura del premier, sono stati quasi il 50 per cento. I voti favorevoli sono stati, invece, poco più 30 per cento. L’affluenza è stata alta: si sono recati alle urne più di 6 milioni e mezzo di persone su oltre 11 milioni di elettori. In vista del referendum, il primo nella storia del Paese, i vescovi del Kenya avevano lanciato un appello invocando un’alta partecipazione al voto. L’affermazione dei ‘no’ potrebbe prefigurare un rovesciamento dell’attuale assetto parlamentare alle prossime elezioni politiche del 2007.

 

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