RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
325 - Testo della trasmissione di lunedì 21 novembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
La Chiesa celebra la
Giornata per le claustrali: ce ne parla madre Cristina Pirro
Concluso il 1° Convegno internazionale sul diritto promosso
dai Focolari: con noi Fausto Goria
CHIESA E SOCIETA’:
Messaggio di
Kofi Annan nella Giornata per
l’industrializzazione dell’Africa
Prende il via oggi in Campania, fino al 24 novembre,
la carovana antimafia dell’Associazione Libera
A Roma, il 25 novembre, il seminario di studio sull’archivio generale dei
Camilliani
In Israele, Sharon annuncia le dimissioni dal Likud e chiede lo
scioglimento del Parlamento. Lo Stato ebraico andrà alle elezioni entro marzo
Oltre 11 milioni di persone chiamate al voto in Kenya per il referendum
sulla Costituzione
21
novembre 2005
BENEDETTO XVI ALLE PONTIFICIE ACCADEMIE DELLE
SCIENZE:
CONIUGARE ETICA CRISTIANA E RIFLESSIONE SULL’UOMO,
SOGGETTO AL CENTRO DELL’ORDINE SOCIALE.
SCOPERTO UN BUSTO IN ONORE DI PAPA WOJTYLA
Il concetto di persona umana è
fondamentale per definire la centralità di ogni individuo nell’ordine sociale,
in qualsiasi cultura. E la Dottrina sociale della Chiesa, con la sua visione
rivelata da Cristo, può offrire un grande contributo agli studi in questo
settore, non ultimo grazie alla ricchezza del magistero sviluppato da Giovanni
Paolo II. E’ la riflessione offerta oggi da Benedetto XVI ai membri delle
Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali, quest’ultima impegnata
in questi giorni, in Vaticano, nell’11.ma plenaria dedicata alla nozione di
persona. Il servizio di Alessandro De
Carolis:
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L’uomo è per sua natura “al
centro dell’ordine sociale”, e in quanto facente parte della natura, ma come
soggetto libero e in possesso di “valori morali e spirituali”, oltrepassa la
natura stessa. Questa realtà è “parte integrante del pensiero cristiano”, ed è
anche una risposta diretta “ai tentativi di abolire il confine fra le scienze
umane e le scienze naturali, spesso proposto nella società contemporanea”. Nel
suo discorso ai membri delle Accademie Pontificie - tenuto nella Casina Pio IV
sede della plenaria - Benedetto XVI prende subito posizione su un argomento che
tocca da vicino il confronto tra pensiero scientifico e Dottrina sociale della
Chiesa, che vede nell’uomo la suprema creatura di Dio.
Secondo il disegno del Creatore
– ha ribadito Benedetto XVI – le persone “non possono essere separate dalla
dimensione fisica, psicologica o spirituale” propria della natura umana. “Anche se le culture cambiano col tempo - ha
obiettato - sopprimere o ignorare la natura” può “avere serie conseguenze”. Del
resto, specialmente per le istituzioni sociali o giuridiche, la nozione di
persona è fondamentale per regolare lo spazio dell’agire sociale. “A volte,
tuttavia – ha proseguito Benedetto XVI - anche quando ciò è riconosciuto in dichiarazioni
internazionali e statuti legali, determinate culture, specie se non toccate in
profondità dal Vangelo, rimangono fortemente influenzate” da alcune ideologie o
da visioni della società condizionate dall’individualismo o dalla
secolarizzazione. A ciò si contrappone il pensiero sociale della Chiesa, che
pone invece la persona umana “al centro ed alla sorgente dell’ordine sociale”.
E qui il Papa ha riconosciuto
l’“indiscutibile contributo” al pensiero cristiano e antropologico dato da
Giovanni Paolo II, fondatore nel 1994 della Pontificia Accademia delle Scienze
sociali ma soprattutto autore di un magistero capace di “una profonda
meditazione sulla persona”. Le sue encicliche e i suoi scritti, ha affermato
Benedetto XVI, rappresentano “un patrimonio da ricevere, accogliere ed
assimilare con cura”. E in onore di Papa Wojtyla, Benedetto XVI ha provveduto a
scoprire nella Casina Pio IV un busto raffigurante il Pontefice scomparso, auspicando
che l’attività accademica dei due atenei pontifici continui a produrre “uno
scambio fruttuoso fra l'insegnamento della Chiesa sulla persona umana e le
scienze sociali”.
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UDIENZE E NOMINE
Benedetto XVI ha ricevuto nel
corso della mattinata il cardinale
Walter Kasper, presidente del
Pontificio Consiglio per la
Promozione dell'Unità dei Cristiani.
Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Bosnia ed
Erzegovina l’arcivescovo Alessandro D'Errico, finora nunzio apostolico in
Pakistan.
In Francia, il Pontefice ha
nominato ausiliare della diocesi di Meaux il sacerdote Sac. Jean-Marie Le Vert,
del clero dell’Arcidiocesi di Tours, finora responsabile della “Maison des
Vocations”. Il neo presule, 46 anni, è originario di Papeete (Tahiti). Dopo gli
studi di Matematica superiore e Matematica speciale presso la Scuola
Sainte-Geneviève di Versailles, ha frequentato a Brest la Scuola Navale
(1979-1981) e la Scuola di Applicazione degli Ufficiali di Marina (1982), conseguendo
i diplomi di Ingegnere della Scuola Navale e di Ufficiale di Marina. Entrato
quindi nella Comunità San Martino, ha iniziato gli studi teologici presso il
Seminario Maggiore di Genova. Nel 1995 ha conseguito la Licenza in Teologia a
Friburgo (Svizzera). Dopo l’ordinazione, ha ricoperto, tra gli altri,
l’incarico di parroco e di docente di Teologia pastorale e del Mistero
cristiano nel Seminario interdiocesano di Orléans. Dal 2001, è stato nominato
Sacerdote accompagnatore della Pastorale dei Giovani adulti, e successivamente
presidente della Missione studentesca cattolica nazionale.
TREDICI
MARTIRI MESSICANI BEATIFICATI IERI A GUADALAJARA.
IL
PAPA LI HA ADDITATI ALL’ANGELUS COME ESEMPIO E STIMOLO
PER
UNA TESTIMONIANZA COERENTE DELLA FEDE.
IL
CARDINALE MARTINS, IN MESSICO PER IL RITO DI BEATIFICAZIONE,
NELLA
SUA OMELIA INVITA AD IMITARE LA LORO INTENSA VITA EUCARISTICA
Circa 70.000 persone hanno preso
parte ieri a Guadalajara, in Messico, alla Beatificazione di 13 martiri vittime
della persecuzione, agli inizi del XX secolo, contro la Chiesa cattolica. Ieri
all’Angelus ha voluto ricordarli anche il Papa e le sue parole sono state
ascoltate anche durante la celebrazione eucaristica. Il servizio di Tiziana
Campisi.
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Siano esempio
permanente e stimolo per una testimonianza coerente della fede nella società
attuale. Benedetto XVI addita i 13 martiri messicani beatificati ieri a
Guadalajara come modelli da imitare. Il suo messaggio è stato trasmesso, poco
prima della conclusione del rito di Beatificazione, sui megaschermi istallati
nello stadio dove si è svolta la celebrazione. La Messa è stata presieduta dal
cardinale Juan Sandoval Iñiguez, arcivescovo di Guadalajara. A leggere la
Lettera Apostolica del Papa che ha iscritto nell’albo dei Beati i tre sacerdoti
e i dieci laici morti tra il 1926 e il 1929, durante la persecuzione alla
Chiesa Cattolica, il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi José
Saraiva Martins che nella sua omelia ha voluto ricordare quale significato ha
la festa di Cristo Re per i messicani. Gridando “Viva Cristo Re” infatti, i
nuovi Beati hanno voluto testimoniare con la loro vita la fedeltà alla Chiesa.
In loro emerge chiara la coscienza che il regno di Cristo doveva essere
istaurato anche a costo di versare il proprio sangue, ha detto il cardinale Saraiva
Martins. Questi figli fedeli della Chiesa hanno dato una testimonianza lodevole
degli impegni presi nel giorno del loro battesimo, ha sottolineato il porporato.
Gran parte di essi erano laici, sposati, appartenenti a famiglie cristiane,
particolarmente dediti all’adorazione eucaristica. Tre di loro erano membri
dell’Associazione Notturna del Santissimo Sacramento. Proprio questa intensa vita
eucaristica, ha osservato il Prefetto della Congregazione delle Cause dei
Santi, deve incoraggiarci ad accrescere la nostra dedizione all’Eucaristia. Uomini
che hanno lottato per difendere i diritti umani e la libertà religiosa questi
martiri messicani tra cui anche il quattordicenne José Sanchez del Rio. Fu
ucciso sotto gli occhi dei genitori ai quali rivolse le sue ultime parole: “Ci
vedremo in cielo, Viva Cristo Re, Viva la Vergine di Guadalupe”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima
pagina - "Alla luce della regalità di Cristo la 'Gaudium et Spes'
interpreta la condizione dell'uomo contemporaneo": nel clima spirituale
della solennità di Cristo Re dell'Universo, Benedetto XVI ricorda all'Angelus
la Costituzione pastorale del Concilio promulgata 40 anni fa.
Servizio vaticano - Il discorso del Papa ai membri delle Pontificie Accademie
delle Scienze e delle Scienze Sociali: nell'occasione il Santo Padre ha ricordato
il contributo indiscusso di Giovanni Paolo II al pensiero cristiano, frutto di
una meditazione profonda sulla persona.
Servizio
estero - Cina-Usa: Bush a Pechino difende la libertà religiosa.
Servizio
culturale - "L'inquietudine di una coscienza religiosa" è il
titolo dell'articolo di Marco Impagliazzo dedicato al recente volume di Pietro
Scoppola "La democrazia dei cristiani. Il cattolicesimo politico
nell'Italia unita".
Servizio
italiano - In primo piano il tema dell'aborto: una normativa ancora non
applicata. Scontro per la proposta d'inchiesta sulla 194.
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21
novembre 2005
A DIECI ANNI DAGLI ACCORDI DI DAYTON, CHE MISERO
LA PAROLA FINE
ALLA GUERRA DI BOSNIA, PERMANGONO GLI OSTACOLI
ALLO SVILUPPO
E AL
CONSOLIDAMENTO DELLA PACE NEL PAESE BALCANICO
- Con noi l’arcivescovo Alessandro D’Errico, mons. Pero Sudar e Ingrid
Badurina -
Il 21 novembre di dieci anni fa, gli accordi di Dayton mettevano la
parola fine alla guerra fratricida in Bosnia. Tre anni di atroci combattimenti,
che hanno provocato circa 200 mila morti e 2 milioni tra profughi e sfollati. A
dieci anni dalla fine di quel conflitto, la Bosnia-Erzegovina è ancora lontana
da una condizione di “normalità”. Proprio oggi, il Consiglio dell'Unione
Europea ha dato il via libera all'avvio dei negoziati con il Paese balcanico
per un accordo di stabilizzazione e associazione, il primo passo formale verso
la piena integrazione nell'Unione. Tuttavia, per i bosniaci sono tanti e gravi
i problemi tuttora irrisolti, come sottolinea Ingrid Badurina, corrispondente
del quotidiano “La Stampa” nei Balcani, intervistata da Salvatore Sabatino:
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R. – La situazione è quella di un Paese diviso in
due entità politiche ben diverse. Da una parte, la Repubblica Srpska,
dall’altra parte l’entità musulmana e croata, che hanno dei punti di vista
politici completamente opposti.
D. – L’allora presidente
statunitense Clinton, che aveva patrocinato la pace, riuscì nonostante tutto a
fermare la strage. Oggi, come viene considerato quell’accordo?
R. – All’epoca sicuramente
Dayton è stato un fatto importantissimo, perché è riuscito a fermare il
conflitto. E questa era la cosa essenziale in quel momento. Oggi si vedono
tutti gli aspetti negativi di questo accordo, ovvero il fatto di aver favorito
questa divisione che lascia le tre nazionalità in Bosnia completamente separate.
Da un lato, i serbi che all’epoca lo considerarono un tradimento, ma che in
realtà hanno ottenuto la loro entità politica, che addirittura si chiama
Repubblica, cosa già di per se stessa un controsenso. Dall’altra, i croati che
si sentono traditi pure loro, perché si sentono inferiori rispetto agli altri.
E i musulmani, che vorrebbero una Bosnia unitaria e vedono in contrapposizione
la Repubblica Srpska Quindi, è questo il problema: manca l’unità.
D. – Forse uno dei grandi limiti
degli accordi di Dayton fu quello di aver lasciato il potere ai “signori della
guerra”. Questo elemento ha di fatto rallentato la pacificazione?
R. – I “signori della guerra”
sono rimasti nel loro popolo considerati in sostanza, degli eroi di guerra. Il problema è proprio quello di
cambiare la mentalità, ma questa mentalità è in realtà collegata al fatto che
c’è una divisione, cioè che i serbi della Repubblica Srpska non hanno mai avuto
e non hanno sviluppato l’idea di far parte di una Bosnia unitaria.
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Per
i bosniaci, la povertà è uno degli ostacoli più irti da superare sulla via
dello sviluppo e del consolidamento della pace. Ecco la riflessione del vescovo
ausiliare di Sarajevo, mons. Pero
Sudar, raccolta da Marta Vertse:
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R. - La situazione è molto
difficile. Il tasso di disoccupazione è ufficialmente al 48%. D’altra parte
anche molti lavoratori da mesi, o addirittura da anni, non ricevono il salario.
Ci sono tante persone a Sarajevo che cercano ogni giorno di trovare qualcosa nei
rifiuti.
D. – Si
può dire che c’è una specie di discriminazione per quello che riguarda le nazionalità
e le religioni?
R. – In questo senso qui tutto è
diviso. Dayton ha diviso la Bosnia-Erzegovina in due, molto ingiustamente.
Certamente le zone dove sono al potere i funzionari e i rappresentanti di un
popolo preferiscono dare i pochi posti di lavoro a persone della propria etnia.Nessuno
si fida ad investire nella Bosnia-Erzegovina, che è impoverita dalla guerra.
Non ci si fida a causa della soluzione politica imposta a Dayton, che ha diviso
il Paese proprio secondo ciò che la guerra ha mirato di fare.
D. – Quale la proposta della
Chiesa? Come può aiutare, in queste situazioni, le persone?
R. – La Chiesa cerca di fare
piccoli passi, di aiutare per quanto possibile. Purtroppo, la nostra Caritas,
che è stata aiutata dalla Caritas internazionale, dalla Caritas europea, non
può distribuire più nulla a questi poverissimi perché non ha i mezzi. Noi
abbiamo offerto anche una nostra proposta in occasione dei dieci anni dopo
Dayton. La Bosnia-Erzegovina dovrebbe essere organizzata in modo da diventare
un Paese normale. Sembra però che quanti sono padroni della pace non è che
vogliono vedere la realtà a causa dei loro piccoli interessi o a causa degli
interessi dei loro amici qui.
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E
proprio oggi, Benedetto XVI ha nominato il nuovo nunzio apostolico in
Bosnia-Erzegovina. Si tratta dell’arcivescovo Alessandro D’Errico, fino ad ora
nunzio in Pakistan. Raggiunto telefonicamente ad Islamabad da Alessandro Gisotti,
mons. D’Errico spiega con quale spirito si appresta ad assumere questo nuovo incarico:
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Sono molto grato al Santo Padre
per la fiducia riposta nella mia persona. Da parte mia posso assicurare che fin
da ora mi preparo a questa nuova missione in uno spirito di servizio alla Santa
Sede e alla Chiesa. Per molti aspetti credo che l’esperienza che ho maturato in
Pakistan per quasi sette anni mi sarà molto utile. Cercherò di fare il
possibile, per stabilire fraterni rapporti con l’episcopato e cordiali relazioni
con le autorità civili. Ciò, evidentemente, per il bene della Chiesa e del
Paese e per la promozione del dialogo ecumenico ed interreligioso.
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LA CHIESA CELEBRA LA GIORNATA PER LE CLAUSTRALI
NEL GIORNO DELLA PRESENTAZIONE DELLA BEATA VERGINE
MARIA
- Intervista con madre Cristina Pirro -
Oggi,
Memoria liturgica della Presentazione al Tempio della Beata Vergine Maria, la
Chiesa celebra la Giornata pro orantibus, cioè per le comunità religiose di
vita contemplativa. Ieri all’Angelus il Papa a nome di tutta la Chiesa ha
espresso “gratitudine a quanti consacrano la loro vita alla preghiera nella
clausura, offrendo un’eloquente testimonianza del primato di Dio e del suo
Regno”. Benedetto XVI ha esortato i fedeli ad essere loro vicini con il “sostegno spirituale e materiale”. Ma qual è
il ruolo e la missione delle claustrali nel mondo di oggi? Giovanni Peduto lo
ha chiesto a madre Cristina Pirro, abbadessa del monastero benedettino di
Sant’Andrea Apostolo ad Arpìno, in provincia di Frosinone:
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R. - Le claustrali, nella radicalità della loro vita consacrata a
Cristo, sono l'espressione vivente del Suo mistero di morte e Risurrezione. A
Lui si uniscono, pur con la loro fragilità umana, nell'impegno quotidiano di
conversione del cuore e di preghiera, di lode di Dio e d'intercessione per le
necessità dei fratelli. La clausura, che caratterizza tale forma di vita, è un
segno di totale appartenenza a Dio.
D - Com'è cambiata la vita
delle claustrali rispetto al passato?
R. - Nulla è cambiato se
pensiamo ai valori perenni della vita contemplativa: la pratica dei voti e
l'osservanza della Regola, la preghiera liturgica e personale, ecc. Per quanto
riguarda la clausura, invece, col documento "Verbi Sponsa" la Chiesa
ha introdotto qualche modifica, che non elimina, però, la necessità di una
certa separazione dal mondo, per un più intenso contatto col Signore.
D. - Come si svolge la giornata di una monaca di clausura?
R. - Scandita dal suono di una campana (o campanello elettrico, oggi)
la giornata della monaca trascorre in un intreccio di preghiera, comunitaria e
personale, e di lavoro che le viene affidato dall'obbedienza, che è
partecipazione all'opera creatrice di Dio e una forma di solidarietà con i
fratelli, che lavorano per il loro sostentamento quotidiano.
D. - Alla base della vostra vocazione c'è la fede nella forza della
preghiera: ma la preghiera può cambiare il mondo?
R. - La preghiera non cambia il mondo, semplicemente perché è Dio che
lo cambia con la potenza del Suo Santo Spirito, ma questa trasformazione non
sempre è evidente, perchè ci ha creati liberi e rispetta la nostra libertà. La
preghiera della claustrale, e quella di ogni credente, preme sul Suo Cuore di
Padre, sempre preoccupato del nostro Bene, e l'induce ad esaudire ogni richiesta
conforme alla Sua Volontà; pensiamo ad Abramo che intercede per Sodoma e
Gomorra o a Mosè che prega per il suo popolo o al "Chiedete e vi sarà
dato".
D. - Quali sono le principali difficoltà e necessità dei monasteri
oggi?
R. - Oggi parliamo molto di carestia vocazionale, di problemi
economici legati al deterioramento dei monasteri, spesso molto antichi e vasti
per Comunità ridotte numericamente, e alla loro gestione e manutenzione, ma
Cristo ci conforta col Suo invito: "Cercate prima il Regno di Dio e la Sua
giustizia ed il resto vi sarà dato in sovrappiù" . L'unica vera
difficoltà, invece, è nel nostro cuore, se contristiamo lo Spirito Santo,
vanificando il Suo lavoro di purificazione e santificazione.
D. - Dai Monasteri si eleva a Dio in modo incessante anche la
preghiera per l'unità dei cristiani: ci sono esperienze particolari al
riguardo?
R. - Il Signore "che ha scelto ciò che nel mondo è debole per
confondere i forti ..... perché nessuno si glori dinanzi a Lui" ha voluto utilizzarci per la fondazione del
primo monastero cattolico della Romania e, tuttora, unico Monastero benedettino
in terra ortodossa. Il cammino iniziò nel 1994, con una visita al nostro
Monastero "S. Andrea Ap." di Arpino del Vescovo di Iasi, che ci
invitò a presentare il nostro carisma benedettino alle giovani della sua diocesi,
nella speranza che nascesse un giorno una comunità contemplativa. La Madre
dell’Unità, alla quale è stato dedicato il monastero, ha guidato il progetto,
ottenendo la vocazione monastica a delle giovani romene, ormai di voti solenni,
e suscitando molti benefattori, che ci hanno sostenuto per la costruzione. A
giugno del 2003, dopo tanti sacrifici, normali in ogni Fondazione a servizio
della Chiesa, abbiamo inviato lì le prime monache. La chiesa e la foresteria
del "Mater Unitatis" sono frequentate anche da fratelli ortodossi. Le
visite più gradite sono quelle dei monaci ortodossi che stimano molto S.
Benedetto e mostrano interesse per la nostra vita, nella quale ritrovano i loro
valori. Siamo, però, ben convinte che, ancora più dell'ospitalità che pure è
cara a S. Benedetto, il nostro contributo più importante, perché le Chiese
sorelle raggiungano la piena comunione, è quello della preghiera e della
conversione del cuore.
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LA FRATERNITÀ LINFA PER RIVITALIZZARE
LE RELAZIONI
E UMANIZZARE LA GIUSTIZIA. L’IMPEGNO
DI 700 OPERATORI DELLA GIUSTIZIA
A CONCLUSIONE DEL 1° CONVEGNO
INTERNAZIONALE SUL DIRITTO
PROMOSSO DAL MOVIMENTO DEI FOCOLARI
- Intervista con il prof. Fausto Goria -
La fraternità può diventare nuova linfa per
rivitalizzare le relazioni e umanizzare la giustizia. Apre nuove prospettive
anche a livello culturale. E’ questo il dato più significativo e l’impegno
emerso dalle 3 intense giornate di confronto tra circa 700 operatori del campo:
magistrati, docenti universitari, avvocati e studenti convenuti a Castel
Gandolfo da oltre 35 Paesi per interrogarsi sul tema: “Relazionalità nel diritto. Quale spazio per la fraternità?”. “E’
una rete di rapporti, legati dalla fraternità che si è intessuta in questi
giorni di incontro – ha rilevato in conclusione il dott. Gianni Caso, già
giudice alla Suprema Corte di Cassazione e presidente di “Comunione e diritto”
del Movimento dei Focolari che ha promosso il convegno. Una rete che continuerà
ad essere attiva anche a distanza con lo scambio di esperienze, riflessioni,
elaborazioni culturali per lavorare ad una giustizia sempre più rispondente
all’attuale esigenza di rinnovamento. Diritto e fraternità. Una novità
lanciata da questo convegno o questo binomio ha alle spalle una storia antica
da riscoprire? Risponde, al microfono di Carla Cotignoli, il prof. Fausto
Goria, docente di diritto romano all’Università di Torino:
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R. - Nel diritto romano la fraternità era il rapporto tra fratelli della
stessa famiglia e su questo rapporto si è modellato il concetto di società
particolare in cui si mettevano in comune i beni. Certo era un fenomeno
ristretto a piccoli gruppi. Questo legame tra società
e fraternità è rimasto per molto tempo. Nel Medioevo si rifaceva
all’affratellamento, allo scopo di mettere insieme le forze economiche. Questo
fenomeno ha avuto una lunga storia sino a che è stato riscoperto su altre basi
con la triade: libertà, uguaglianza e fraternità lanciato dalla rivoluzione
francese.
D. -
Ed ora la fraternità si sta riscoprendo su altre basi e in altra dimensione. In
questi giorni se ne sono approfondite le implicazioni nel diritto penale e civile.
Nel campo del diritto internazionale in cui si stanno aprendo tanti problemi
con l’interdipendenza, la globalizzazione, quale apporto può dare la
fraternità?
R. - Nel diritto internazionale si parla più di solidarietà che di
fraternità. Il concetto di fraternità potrebbe dare un apporto importante
qualora venisse inteso dai singoli popoli come l’esigenza di far propri i
problemi, le difficoltà degli altri Paesi. Si potrebbe assistere a un completo
cambiamento di prospettiva dei rapporti internazionali: dalla ricerca
dell’utile per sé alla ricerca dell’utile condiviso. Si stanno facendo passi
avanti in questo senso.
D. -
Il convegno è stato aperto da un messaggio di Chiara Lubich, fondatrice dei
Focolari. Nelle sue parole, c’è una chiave che può illuminare il compito degli
operatori del diritto, proprio nella direzione della fraternità?
R. -
Certamente ha detto una cosa importantissima: che nel piano di Dio – come lei
che è carismatica, lo vede – il rapporto tra le persone quello di essere un
dono reciproco, ed è in questo rapporto di donazione reciproca che ognuno si
realizza come persona. E questo vale anche per i gruppi, per gli Stati. Il
fatto di tradurre in esperienza e poi in norma giuridica questo principio, credo
che richiederà un certo numero di anni – ma potrà fornire una interessante e
utile prospettiva di sviluppo.
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21
novembre 2005
NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO SONO STATI
UCCISI SELVAGGIAMENTE
UN SACERDOTE E UN LAICO DELLA DIOCESI DI MANONO
CHE ERANO ANDATI
A CONVINCERE UN CAPO DEI RIBELLI A DEPORRE LE ARMI
MANONO. = Secondo quanto
riferisce l’agenzia Fides, nella Repubblica Democratica del Congo sono stati
uccisi barbaramente il sacerdote Francois Djikulo, della diocesi di Manono, e
un laico suo amico, che senza informare né richiedere l’autorizzazione del
vescovo, mons. Vincent de Paul Kwanga, si erano recati in missione presso il
temibile capo ribelle, Kyungu Kyungu, alias Gedeon, per convincerlo a deporre
le armi e mettere fine al terrore cui sono soggette le popolazioni che vivono
tra Manono, Mitwaba, Pweto e Dubie. Come informa il vescovo, “dal mese di
agosto speravamo di vederlo un giorno ritornare”. Purtroppo invece, è arrivata
la notizia che il sacerdote è stato “assassinato selvaggiamente: prima mutilato
insieme al suo compagno Kayimbi, quindi bruciati vivi a Mutendele, territorio
di Pweto, a 75 km dalla parrocchia di Dubie, diocesi di Kilwa Kasenga”. Il
vescovo raccomanda l’anima del sacerdote e dell’amico che lo accompagnava alle
ferventi preghiere di tutti. (S.C.)
FAR FRONTE ALL’EFFETTO-SERRA È “UNA QUESTIONE DI
COSCIENZA”: COSI’,
30 VESCOVI AUSTRALIANI, RIUNITI A CANBERRA
PER UNA CONFERENZA SUI MUTAMENTI CLIMATICI
CANBERRA. = “Il dibattito sui mutamenti del clima non è di
sinistra o di destra, né religioso o non religioso: si tratta piuttosto di
rimanere legati a vecchi sistemi economici o di muoversi verso un futuro
migliore”. Con queste parole, 30 vescovi australiani, riuniti a
Canberra per una conferenza della “Catholic Earthcare Australia” sui mutamenti
climatici, hanno invitato i 5 milioni di cattolici del Paese a combattere il
degrado ambientale e la perdita della biodiversità. In una dichiarazione
congiunta, presentata ieri da mons. Christopher Henry Toohey, vescovo
Wilcannia-Forbes, i presuli sottolineano che far fronte all’effetto-serra è
“una questione di coscienza”. Occorre quindi ratificare il Protocollo di Kyoto,
approvato nel 1997, nel corso della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui
cambiamenti climatici (UNFCCC), che impegna gli Stati ad una riduzione delle
emissioni inquinanti del 5,2 per cento rispetto a quelle del 1990, in un arco
temporale fissato fra il 2008 e il 2012. Riferendosi ad un rapporto sul
cambiamento climatico appena presentato a Bonn dal Segretariato delle Nazioni
Unite, i presuli hanno espresso la loro preoccupazione per l’incremento del 23
per cento registrato nelle emissioni di gas serra in Australia, negli ultimi 13
anni. Di avviso contrario, è il ministro dell’Ambiente australiano, Ian
Campbell: il suo governo si sarebbe impegnato a limitare l’aumento delle
emissioni al 108 per cento dei livelli stabiliti nel 1990, per il periodo fra
il 2008 e il 2012. Nel documento stilato dai vescovi australiani, che sarà
diffuso in oltre 4 mila parrocchie, scuole e congregazioni, si sostiene che un
fattore chiave per la risoluzione di questi problemi può essere costituito
dallo sviluppo di pratiche alternative ai combustibili fossili, quali l’uso di
riscaldamento a gas o solare e il riciclaggio delle acque grigie. Il Protocollo
di Kyoto, entrato in vigore il 16 febbraio 2005, mostra tuttavia ancora assenze
importanti fra gli Stati che hanno deciso di non ratificarlo: oltre
all’Australia, gli Stati Uniti, l’Indonesia, il Kazakistan, il Principato di
Monaco, le Filippine, e la Croazia. (A.R.)
“DOBBIAMO IMPEGNARCI A CREARE UN SISTEMA
COMMERCIALE IN CUI IL LAVORO
E LA
RICCHEZZA NON AUMENTINO SOLO PER POCHI, MA PER MOLTI”: COSÌ,
IL
SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU, KOFI ANNAN, NEL MESSAGGIO
PER L’ODIERNA GIORNATA PER L’INDUSTRIALIZZAZIONE
DELL’AFRICA,
SUL TEMA: “SVILUPPARE LA COMPETITIVITÀ DELL’AFRICA
PER UN ACCESSO SOSTENIBILE AL MERCATO”
NEW
YORK. = “Un mercato aperto ed equo può rappresentare uno stimolo efficace per
la crescita economica e per la riduzione della povertà”: è quanto afferma il
segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nel messaggio per
l’odierna Giornata per l’industrializzazione dell’Africa, quest’anno sul tema.
“Sviluppare la competitività dell’Africa per un accesso sostenibile al
mercato”. Se l’Africa non ha ancora raggiunto un livello economico tale da
consentirle di competere sui mercati globali, secondo Annan la responsabilità è
da attribuire ai Paesi ricchi, “che limitano l’accesso ai loro mercati e
adottano misure protezionistiche”. Il segretario generale dell’ONU esorta
allora i Paesi industrializzati ad approfittare della Conferenza ministeriale
dell’Organizzazione mondiale del commercio, prevista per il mese prossimo, per
“eliminare le restrizioni alle esportazioni dei Paesi meno sviluppati”.
L’eliminazione delle barriere commerciali, però, non è sufficiente per
consentire l’aumento delle esportazioni africane: “E’ ugualmente importante –
sottolinea Annan – che i Paesi africani raggiungano un adeguato livello
tecnologico, sociale ed economico, per poter trarre vantaggio da un accesso
facilitato al mercato”. “Ciò può accadere – continua – solo quando sia le donne
che gli uomini africani potranno godere dei benefici derivanti dall’educazione
e dallo stato di diritto, da istituzioni statali efficaci, dalla trasparenza e
dalla responsabilità nella gestione degli affari pubblici, dal rispetto per i
diritti umani e dalla possibilità di poter partecipare alle decisioni che li
coinvolgono”. Inoltre, la promozione dell’integrazione regionale, basata sul
Nuovo Partenariato per lo Sviluppo dell’Africa (NEPAD), può contribuire a
incentivare un ambiente economico favorevole all’iniziativa individuale e
remunerativo per le imprese. “Tramite gli scambi commerciali interni – spiega
Annan – le economie africane possono diversificare i prodotti esportati,
sviluppare le capacità necessarie a competere sui mercati internazionali e beneficiare
ai consumatori africani”. “Il commercio – continua il segretario generale
dell’ONU – è una delle manifestazioni più evidenti della globalizzazione”. E
conclude: “Oggi, dobbiamo impegnarci a creare un sistema commerciale in cui il
lavoro e la ricchezza non aumentino solo per pochi, ma per molti”. (R.M.)
L’UNIVERSITÀ
DI ROMA TOR VERGATA CONFERISCE LA LAUREA HONORIS
CAUSA
IN MEDICINA AI CONIUGI JOHN ED EVELYN BILLINGS,
IDEATORI DEL METODO DELL’OVULAZIONE BILLINGS,
PER LA REGOLAZIONE NATURALE DELLA FERTILITÀ
ROMA. =
Il prossimo 24 novembre, la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di
Roma Tor Vergata conferirà a John J. Billings e alla moglie, Evelyn Thomas, la laurea honoris causa in Medicina. I coniugi
sono gli ideatori del Metodo dell’ovulazione Billings per la regolazione naturale
della fertilità, oggi conosciuto e diffuso in tutto il mondo. La genialità dei
Billings, sulla
base della semplice osservazione
clinica di un fenomeno naturale per tutte le
donne, ha precorso fondamentali acquisizioni nel campo della fisiopatologia
della riproduzione umana. L’identificazione del “Sintomo del picco”, quale giorno di massima fertilità dei
ciclo, si è rivelato inoltre di fondamentale
importanza per la ricerca della gravidanza, soprattutto nei casi di infertilità
di coppia. Forte è stato inoltre il contributo di questo metodo per la promozione della dignità della donna,
soprattutto nei Paesi ad alta densità
di popolazione, e per la difesa della vita umana. Dopo la cerimonia di giovedì
prossimo, prenderanno il via i lavori del convegno internazionale “Scienza ed
etica per una procreazione responsabile”, in programma all’Università Cattolica
del Sacro Cuore, fino al 26 novembre. Il convegno è promosso dalle 5 Facoltà di
Medicina e Chirurgia di Roma e vedrà la partecipazione, tra gli altri, di due
illustri collaboratori dei Billings: il prof. James Brown, dell’Università
di Melbourne, in Canada, e il prof. Erik Odeblad, dell’Università di
Umea, in Svezia. (R.M.)
PRENDE IL VIA OGGI IN CAMPANIA, FINO AL 24
NOVEMBRE, LA CAROVANA ANTIMAFIA DELL’ASSOCIAZIONE LIBERA. STAMANI,
A TORRE
ANNUNZIATA, UN CONVEGNO IN MEMORIA DI GIANCARLO SIANI, GIORNALISTA UCCISO NEL
1985 DALLA CAMORRA
NAPOLI. = Da oggi al 24
novembre, la Carovana antimafia, promossa dall’Associazione Libera,
attraverserà diverse città della Campania. L’iniziativa ha preso il via nella
mattinata a Torre Annunziata, in provincia di Napoli, con il convegno in
memoria di Giancarlo Siani, il giornalista ucciso nel 1985 dalla criminalità
organizzata, sul tema: “Informazione e camorra”. Nel pomeriggio, invece, si
terrà una commemorazione delle vittime della criminalità e, in particolare, di
Matilde Sorrentino, la mamma che denunciò il giro di pedofili di Torre
Annunziata, uccisa qualche anno fa a pochi giorni dal processo contro la banda.
Sempre oggi pomeriggio, a Scafati, sarà presentata la prima bozza per un consorzio
sui beni confiscati in provincia di Salerno. Tra gli appuntamenti dei prossimi
giorni, a Ercolano, il dibattito tra istituzioni, sindacati, associazioni e
studenti su “Lavoro nero e lotta alla criminalità organizzata”, presso il centro
“La Tenda”, ed esperienze a confronto tra comunità cristiane, territorio e
impegno di lotta alla camorra, presso il centro di pastorale giovanile “La
locanda di Emmaus”. Oltre a incontri con i familiari delle vittime,
presentazione di libri e visione di film in diverse città campane, sono
previste anche l’inaugurazione della Casa “Don Peppino Diana” a Casal di
Principe, in provincia di Caserta, e l’intitolazione di un laboratorio di giornalismo
nell’Istituto commerciale Ripa di Eboli a Giancarlo Siani. (R.M.)
IN PROGRAMMA A ROMA, VENERDI’
PROSSIMO, IL SEMINARIO DI STUDIO SULL’ARCHIVIO GENERALE DEI CAMILLIANI. TRA I
TEMI IN AGENDA,
LO STATO DI DIGITALIZZAZIONE DEI DOCUMENTI
DELL’ORDINE
ROMA. = La prima produzione
documentaria che attesta la nascita dell’Ordine dei Camilliani, le carte del
primo processo di canonizzazione negli anni compresi tra il 1625 e il 1629, tra
cui la raccolta dei miracoli, e la bolla di Urbano VIII del 1624 che concede
l’indulto ai sacerdoti professi dell’Ordine: questo e altro è raccolto
nell’Archivio generale dei Ministri degli Infermi, fondato da San Camillo de
Lellis sul finire del XVI secolo. E proprio l’Archivio generale è al centro del
seminario internazionale di studio, in programma il prossimo 25 novembre presso
l’Archivio di Stato di Roma. Nel corso dell’incontro, che sarà aperto dagli
interventi del vice sindaco della capitale, Maria Pia Garavaglia, e dal
superiore generale dei Camilliani, Frank Monks, sarà presentato il nuovo Centro
Documentale on line, portale che offrirà sul web l’indice delle 60 mila schede
archivistiche, contenenti lettere, libri e manoscritti di enorme valore, e le 2
mila biografie dei religiosi fino al 1885, oltre a ospitare gli indici dei vari
archivi sparsi nel mondo. Il seminario sarà anche l’occasione per parlare delle
origini dell’Archivio e per fare il punto della situazione sulle prime ricerche
in tema di iconografia camilliana e per far conoscere la Biblioteca
dell’Archivio e lo stato dei lavori di digitalizzazione dei documenti
dell’Ordine. A tale proposito, l’Archivio generale dei Ministri degli Infermi è
stato dichiarato dalla Soprintendenza archivistica del Lazio, il 9 marzo 2004,
“di notevole interesse storico, in quanto testimonianza primaria dell’attività
di un Ordine di grande importanza, di vita plurisecolare e diffusione
mondiale”. Attualmente, l’Ordine dei Camilliani è presente nei cinque continenti,
con 1200 religiosi che operano in 156 case. Oltre ad attività di assistenza,
l’Ordine è impegnato nell’educazione e nella formazione del personale
socio-sanitario. (R.M.)
NEL 2005, IL NUMERO DI CONTAGIATI DA HIV NEL MONDO
HA RAGGIUNTO LA QUOTA RECORD DI 40,3 MILIONI: LO RIVELA IL RAPPORTO ANNUALE DEL
PROGRAMMA CONGIUNTO DELLE NAZIONI UNITE SULL’HIV/AIDS, DIFFUSO OGGI A GINEVRA
GINEVRA. = Nel 2005, circa 5
milioni di uomini, donne e bambini sono stati contagiati dall’HIV, 3,2 milioni
dei quali nell’Africa subsahariana, con un picco in Russia e nell’Europa
Orientale: è quanto emerge nell’annuale rapporto sulla prevenzione dell’HIV del
Programma congiunto delle Nazioni Unite sull’HIV/AIDS, reso noto oggi a
Ginevra. Un rapporto inquietante, che rivela come quest’anno il numero di
persone nel mondo contagiate da HIV abbia raggiunto la quota record di 40,3
milioni. Sono inoltre più di 3 milioni i morti a causa di malattie legate
all’AIDS, tra cui 570 mila bambini con meno di 15 anni. “Recenti indagini – si
legge nel documento – indicano che in alcuni Paesi l’incidenza dell’HIV è in
calo tra la popolazione adulta grazie al ruolo chiave svolto dall’adozione di
comportamenti più consapevoli volti ad evitare il contagio”. Il numero di
persone sieropositive è tuttavia aumentato in tutte le regioni del mondo tranne
una, i Caraibi, la seconda più colpita, dove la prevalenza non è mutata nel
2005 rispetto al 2003. Con 25,8 milioni di sieropositivi o malati, il 64 per
cento del numero totale nel mondo, resta comunque l’Africa subsahariana la
regione più colpita, mentre si registra un picco di contagi in Europa dell’Est,
Asia Centrale e Federazione Russa. Nella regione, le infezioni dovute a trasmissione
sessuale e all’uso di droga sono incrementate di un quarto, con 1,6 milioni di
contagiati, e i decessi sono addirittura duplicati, con 62 mila morti
nell’ultimo anno. Da quando la Sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) è
stata identificata per la prima volta nel 1981, più di 25 milioni di persone ne
sono morte nel mondo: un dato che ne fa una delle “epidemie più devastanti
della storia”.
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21
novembre 2005
- A cura
di Amedeo Lomonaco e Antonella Ratti -
Terremoto
politico in Israele: il premier Sharon ha ufficialmente annunciato le sue
dimissioni dal Likud, partito da
lui fondato insieme con Menachem Begin nel 1973, e ha chiesto lo scioglimento del
Parlamento al presidente Katsav. Dopo l’incontro con Sharon, il capo di Stato
israeliano ha detto che “occorre andare al voto “prima possibile”. Il
nostro servizio:
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Ariel Sharon, dopo 32 anni,
lascia il Likud. Il primo ministro, alla guida dell’esecutivo israeliano dal
2001, ha anche chiesto al presidente Katsav di autorizzare lo scioglimento del
Parlamento e di anticipare le elezioni. “Il premier – ha
detto Katsav - mi ha chiesto di sciogliere la Knesset, perché nella forma
attuale non permette il funzionamento corretto del governo”. La decisione di Sharon è giunta poche ore dopo
quella del comitato centrale laburista che, su richiesta del suo nuovo leader
Amir Peretz, ha deciso di uscire dall’esecutivo di unità nazionale. In base
alla legge israeliana, le elezioni si devono tenere entro 90 giorni dallo
scioglimento del Parlamento. Il voto, quindi, dovrebbe svolgersi nei primi
giorni di marzo. Sharon parteciperà alle prossime elezioni con una nuova
formazione di centro-destra che, secondo anticipazioni rivelate dalla stampa,
dovrebbe chiamarsi “Responsabilità nazionale”. L’uscita di scena di Sharon dal
Likud, che si è fermamente opposto al suo
piano di ritiro dalla Striscia di Gaza, è destinata a rivoluzionare il panorama politico israeliano. Secondo
diversi osservatori, il premier potrebbe contare sul sostegno di almeno
quindici deputati del Likud e di alcuni esponenti del partito laburista, tra i
quali Shimon Peres, che non condividono la linea del nuovo leader Amir Peretz.
Fonti citate dal quotidiano israeliano ‘Haaretz’ sostengono, infine, che il
programma del nuovo partito di Sharon potrebbe includere anche lo sgombero di
gran parte degli insediamenti dalla Cisgiordania.
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Ma
che partito sarà quello fondato da Sharon? Risponde Marcella Emiliani, docente
di Sviluppo politico del Medio Oriente all’Università di Bologna, intervistata
da Giada Aquilino:
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R. - Sarà un partito sostanzialmente trasversale, che
cercherà di aggregare attorno alla sua leadership gli scontenti e i critici del
Likud nei confronti della linea dura, quella che non vuole la trattativa con i
palestinesi. Ma assorbirà anche parte del Labour, quella che non si fida della
leadership di Peretz. Sharon in fondo è l’uomo che le cose le ha fatte
succedere, nel senso che si è ritirato da Gaza. Di lui gli israeliani si fidano,
perché è un ex generale e comunque è riuscito in un certo senso a “tenere a
bada” l’Intifada. Quindi ha buone possibilità di creare un partito tutto suo.
D. – Con l’uscita di Sharon dal Likud e la formazione di
un nuovo partito, come cambiano gli equilibri politici in Israele?
R. – Non c’è alcuna forza, da decenni, che sia in grado da
sola di tenere in piedi il governo. Quindi Sharon dovrà ributtarsi in una
politica di coalizione, senza però avere più alle spalle un partito come il
Likud che lo ricatti ovunque lui voglia andare. Questo è il punto fondamentale.
D. – Cosa si può pronosticare sul peso politico del nuovo
leader laburista Peretz?
R. – Peretz è un sefardita, quindi è di origine diversa da
quelli che hanno fatto lo Stato, che erano tutti askenaziti. Può darsi che attui politiche
più populiste, più vicine alla gente. La sua popolarità gli deriva, non da un
carisma come quello di Shimon Peres o del defunto Yitzhak
Rabin, ma dal fatto di essere più vicino ad una parte dell’elettorato
che in tutti questi anni - dopo aver votato laburista, aver sostenuto il Likud,
e aver creato un partito apposito per i sefarditi, lo Shas
- è rimasto comunque molto deluso.
D. – Ci saranno conseguenze nei rapporti di Israele con i
palestinesi?
R. – In Israele è forte tutta una parte della società che
non si fida ancora della leadership di Abu Mazen. Bisognerà vedere se chi vince
le elezioni riuscirà a ricostruire un ponte con i palestinesi.
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Spostiamoci
in Iraq dove si terrà a febbraio, a Baghdad, la Conferenza sulla Riconciliazione
nazionale. Lo ha deciso ieri al Cairo, durante la riunione preliminare, la Lega
Araba. Sul terreno, intanto, non si arrestano le violenze. Questa mattina cinque civili iracheni sono rimasti uccisi
per l’esplosione di un’autobomba al passaggio di un convoglio militare
statunitense. Un gruppo di 80 arabi di varie nazionalità che tentavano
di infiltrarsi dal mare in Iraq, è stato arrestato inoltre dalle forze navali
irachene.
L’Iran ha minacciato, ieri, di sospendere i controlli sul suo
programma nucleare nel caso in cui i governatori dell’Agenzia Internazionale
dell’Energia Atomica (AIEA), consegnassero il “dossier Iran” al Palazzo di
Vetro. In quel caso, infatti, il rischio di sanzioni contro la Repubblica
Islamica diverrebbe concreto.
Due turisti europei sono stati rapiti nello Yemen. Lo ha reso noto
oggi un funzionario del governo. I
turisti, che si ritiene siano due uomini svizzeri, sono stati sequestrati
mentre si trovavano nella provincia di Maarib, a est della capitale. Fonti
tribali nella zona hanno precisato che, probabilmente, i due uomini sono stati
presi in ostaggio per esercitare pressioni sul governo in favore di cui alcuni
esponenti di tribù arrestati.
In
Egitto, il gruppo dei “Fratelli musulmani” ha
annunciato di aver conquistato 13 seggi nella seconda fase delle elezioni
legislative che si è svolta ieri. La Confraternita, ha già ottenuto 34 seggi
nella prima fase. Un'altra trentina di candidati andrà sabato al ballottaggio.
La terza fase delle legislative si terrà il prossimo primo dicembre.
Si è
concluso con la visita lampo in Mongolia, il viaggio di 8 giorni in Asia del presidente
americano Bush, che ha toccato anche Giappone, Corea del Sud e Cina. E proprio
la tappa di Pechino riveste maggiore interesse. Nell’incontro con il presidente
Hu Jitao, il capo della Casa Bianca ha auspicato che il Paese asiatico compia
passi in avanti nel campo dei diritti umani e della libertà religiosa. Ma quali
novità ha presentato la tappa di Bush in Cina per quanto riguarda i rapporti
tra Washington e Pechino? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Bernardo
Cervellera, direttore dell’agenzia AsiaNews:
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R. - Credo che la prima novità
sia la franchezza con cui i due leader hanno dialogato sulle questioni, per
esempio, dei diritti umani, sulla libertà religiosa e sulle questioni anche economiche.
Quindi è in atto un dialogo più franco e più aperto.
D. - Come potrà rispondere la
Cina all’esortazione di Bush ad allacciare rapporti più stretti con i leader
religiosi?
R. - Alla morte di Giovanni
Paolo II abbiamo visto che ci sono stati dei passi da parte della Cina per
allacciare qualche rapporto. Poi però questo dialogo si è bloccato. Bush ha
detto: “Fate dei passi più decisi”. Probabilmente, cercando di confortare Hu
Jintao nel decidersi
per la strada democratica lasciando il suo passato.
D. - Un viaggio che ha sullo
sfondo il tema dell’economia di fronte ad una Cina in grande progresso. Questo
viaggio significa che Bush sta cercando alleanze economiche con la Cina?
R. - Credo che Stati Uniti e
Cina siano in qualche modo legati dentro la struttura economica globalizzata
del mondo. Da una parte, la Cina possiede molta valuta dovuta appunto al fatto
che commercia tantissimo con gli Stati Uniti. Dall’altra parte, gli Stati Uniti
hanno in Cina un grande mercato e un luogo di produzione strategico. Penso che
non possano fare a meno l’uno dell’altro. Per questo, al di là di tutti i
problemi, sono stati tutti e due d’accordo nel cercare di superare insieme gli
ostacoli. Gli Stati Uniti vogliono che il mercato cinese sia più aperto e che
difenda di più il copyright dei prodotti
americani. Ma è anche vero che la Cina ha bisogno di un’America amica perché ha
delle tensioni sociali interne così forti che se tutti si mettono a ‘soffiare’,
la Cina crolla.
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Il presidente
russo, Vladimir Putin, è giunto ieri in Giappone per una visita di tre giorni
destinata a promuovere la cooperazione fra Mosca e Tokyo. Sulla visita però,
pesa la questione delle isole Curili, annesse alla Russia durante la Seconda
Guerra Mondiale. La questione è stata sollevata durante l’incontro con il
premier Koizumi.
Freddezza e scetticismo
all'annuncio di una nuova proposta britannica sul bilancio dell' Unione Europea
sono stati espressi dai ministri delle Finanze riuniti a Bruxelles durante il
negoziato sulle prospettive finanziarie 2007-2013. Lo scoglio, sul quale si e'
infranta la trattativa condotta dalla precedente presidenza lussemburghese,
riguarda lo sconto britannico, che consente a Londra di risparmiare oltre 4
miliardi e mezzo di euro l'anno di versamenti nelle casse comunitarie. Una decisione
sarà presa dai capi di Stato e di governo che si incontreranno per il Consiglio
di fine presidenza il 15 e 16 dicembre prossimi.
E’ allarme in Vietnam per la
diffusione dell’influenza aviaria. Il primo ministro Phan Van Khai critica le
autorità provinciali per la debolezza degli interventi e teme un disastro sanitario
nazionale. Intanto, nuovi casi di contagio sono stati segnalati in Cina,
Indonesia e Romania.
Urne aperte in Kenya per oltre 11 milioni di cittadini
chiamati ad approvare o respingere il progetto di una nuova costituzione. Il
nostro servizio:
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La nuova bozza costituzionale istituisce la figura del
primo ministro e ribadisce che il presidente resta la figura dominante della
politica del Paese. Se il referendum verrà approvato, potranno inoltre avere
accesso all’eredità non più solo i figli maschi. I sondaggi danno in vantaggio
i sostenitori del ‘no’. Il presidente del Paese africano e la maggioranza dei
ministri sono favorevoli al progetto costituzionale mentre sono contrari molti
rappresentanti dell’opposizione. La vigilia del voto è stata caratterizzata da
un clima di grande tensione: nel mese di luglio, almeno dieci persone sono
morte per incidenti. Sulla proposta costituzionale si è anche espresso
l’episcopato keniota. In un messaggio dello scorso 30 agosto, i vescovi
del Kenya sostengono che la nuova bozza della Costituzione costituisce un passo
in avanti rispetto all’attuale Carta fondamentale. Ma i presuli esprimono anche
riserve su un articolo relativo ai diritti umani. In un altro documento,
una Lettera Pastorale pubblicata lo scorso 10 novembre, si sottolinea poi
l’importanza del passaggio referendario, un “esercizio storico espressione
della maturità della nazione”. Nella lettera i vescovi condannano, inoltre, il
clima di violenza fisica e psicologica che ha accompagnato il processo
referendario ed esortano l’intera comunità a rimanere unita dopo il voto e a
mantenere la pace.
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In Honduras, è salito ad 11 il numero delle vittime
causate dalla tempesta tropicale “Gamma”. I senzatetto sono più di 11 mila.
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