RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 325 - Testo della trasmissione di lunedì 21 novembre 2005

 

 

Sommario

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Benedetto XVI alle Pontificie Accademie delle Scienze: coniugare etica cristiana e riflessione sull’uomo. La persona è  al centro dell’ordine sociale. Scoperto un busto in onore di Papa Wojtyla

 

Tredici martiri messicani beatificati ieri a Guadalajara. Il Papa li ha additati all’Angelus come esempio e stimolo per una testimonianza coerente della fede

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Dieci fa gli accordi di Dayton, che posero fine alla guerra di Bosnia: con noi il nuovo nunzio in Bosnia, l’arcivescovo Alessandro D’Errico, mons. Pero Sudar e Ingrid Badurina

 

La Chiesa celebra la Giornata per le claustrali: ce ne parla madre Cristina Pirro

 

Concluso il 1° Convegno internazionale sul diritto promosso dai Focolari: con noi Fausto Goria

 

CHIESA E SOCIETA’:

Nella Repubblica Democratica del Congo sono stati uccisi selvaggiamente un sacerdote e un laico della diocesi di Manono che erano andati a convincere un capo dei ribelli a deporre le armi

 

Far fronte all’effetto-serra è “una questione di coscienza”: così, 30 vescovi australiani, riuniti a Canberra per una conferenza sui mutamenti climatici

 

Messaggio di  Kofi Annan  nella Giornata per l’industrializzazione dell’Africa

 

L’università di Roma Tor Vergata conferirà la laurea honoris causa in medicina ai coniugi John ed Evelyn Billings, ideatori del metodo per la regolazione naturale della fertilità

 

Prende il via oggi in Campania, fino al 24 novembre, la carovana antimafia dell’Associazione Libera

 

A Roma, il  25 novembre, il seminario di studio sull’archivio generale dei Camilliani

Nel 2005, il numero di contagiati da HIV nel mondo ha raggiunto la quota record di 40,3 milioni: lo rivela il rapporto annuale dell’ONU sull’AIDS, diffuso oggi a Ginevra

 

24 ORE NEL MONDO:

In Israele, Sharon annuncia le dimissioni dal Likud e chiede lo scioglimento del Parlamento. Lo Stato ebraico andrà alle elezioni entro marzo

 

Oltre 11 milioni di persone chiamate al voto in Kenya per il referendum sulla Costituzione

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

21 novembre 2005

 

 

BENEDETTO XVI ALLE PONTIFICIE ACCADEMIE DELLE SCIENZE:

CONIUGARE ETICA CRISTIANA E RIFLESSIONE SULL’UOMO,

SOGGETTO AL CENTRO DELL’ORDINE SOCIALE.

SCOPERTO UN BUSTO IN ONORE DI PAPA WOJTYLA

 

Il concetto di persona umana è fondamentale per definire la centralità di ogni individuo nell’ordine sociale, in qualsiasi cultura. E la Dottrina sociale della Chiesa, con la sua visione rivelata da Cristo, può offrire un grande contributo agli studi in questo settore, non ultimo grazie alla ricchezza del magistero sviluppato da Giovanni Paolo II. E’ la riflessione offerta oggi da Benedetto XVI ai membri delle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali, quest’ultima impegnata in questi giorni, in Vaticano, nell’11.ma plenaria dedicata alla nozione di persona. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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L’uomo è per sua natura “al centro dell’ordine sociale”, e in quanto facente parte della natura, ma come soggetto libero e in possesso di “valori morali e spirituali”, oltrepassa la natura stessa. Questa realtà è “parte integrante del pensiero cristiano”, ed è anche una risposta diretta “ai tentativi di abolire il confine fra le scienze umane e le scienze naturali, spesso proposto nella società contemporanea”. Nel suo discorso ai membri delle Accademie Pontificie - tenuto nella Casina Pio IV sede della plenaria - Benedetto XVI prende subito posizione su un argomento che tocca da vicino il confronto tra pensiero scientifico e Dottrina sociale della Chiesa, che vede nell’uomo la suprema creatura di Dio.

 

Secondo il disegno del Creatore – ha ribadito Benedetto XVI – le persone “non possono essere separate dalla dimensione fisica, psicologica o spirituale” propria della natura umana.  “Anche se le culture cambiano col tempo - ha obiettato - sopprimere o ignorare la natura” può “avere serie conseguenze”. Del resto, specialmente per le istituzioni sociali o giuridiche, la nozione di persona è fondamentale per regolare lo spazio dell’agire sociale.A volte, tuttavia – ha proseguito Benedetto XVI - anche quando ciò è riconosciuto in dichiarazioni internazionali e statuti legali, determinate culture, specie se non toccate in profondità dal Vangelo, rimangono fortemente influenzate” da alcune ideologie o da visioni della società condizionate dall’individualismo o dalla secolarizzazione. A ciò si contrappone il pensiero sociale della Chiesa, che pone invece la persona umana “al centro ed alla sorgente dell’ordine sociale”.

 

E qui il Papa ha riconosciuto l’“indiscutibile contributo” al pensiero cristiano e antropologico dato da Giovanni Paolo II, fondatore nel 1994 della Pontificia Accademia delle Scienze sociali ma soprattutto autore di un magistero capace di “una profonda meditazione sulla persona”. Le sue encicliche e i suoi scritti, ha affermato Benedetto XVI, rappresentano “un patrimonio da ricevere, accogliere ed assimilare con cura”. E in onore di Papa Wojtyla, Benedetto XVI ha provveduto a scoprire nella Casina Pio IV un busto raffigurante il Pontefice scomparso, auspicando che l’attività accademica dei due atenei pontifici continui a produrre “uno scambio fruttuoso fra l'insegnamento della Chiesa sulla persona umana e le scienze sociali”.

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UDIENZE E NOMINE

 

Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani.

 

Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Bosnia ed Erzegovina l’arcivescovo Alessandro D'Errico, finora nunzio apostolico in Pakistan.

 

In Francia, il Pontefice ha nominato ausiliare della diocesi di Meaux il sacerdote Sac. Jean-Marie Le Vert, del clero dell’Arcidiocesi di Tours, finora responsabile della “Maison des Vocations”. Il neo presule, 46 anni, è originario di Papeete (Tahiti). Dopo gli studi di Matematica superiore e Matematica speciale presso la Scuola Sainte-Geneviève di Versailles, ha frequentato a Brest la Scuola Navale (1979-1981) e la Scuola di Applicazione degli Ufficiali di Marina (1982), conseguendo i diplomi di Ingegnere della Scuola Navale e di Ufficiale di Marina. Entrato quindi nella Comunità San Martino, ha iniziato gli studi teologici presso il Seminario Maggiore di Genova. Nel 1995 ha conseguito la Licenza in Teologia a Friburgo (Svizzera). Dopo l’ordinazione, ha ricoperto, tra gli altri, l’incarico di parroco e di docente di Teologia pastorale e del Mistero cristiano nel Seminario interdiocesano di Orléans. Dal 2001, è stato nominato Sacerdote accompagnatore della Pastorale dei Giovani adulti, e successivamente presidente della Missione studentesca cattolica nazionale.

 

 

TREDICI MARTIRI MESSICANI BEATIFICATI IERI A GUADALAJARA.

IL PAPA LI HA ADDITATI ALL’ANGELUS COME ESEMPIO E STIMOLO

PER UNA TESTIMONIANZA COERENTE DELLA FEDE.

IL CARDINALE MARTINS, IN MESSICO PER IL RITO DI BEATIFICAZIONE,

NELLA SUA OMELIA INVITA AD IMITARE LA LORO INTENSA VITA EUCARISTICA

 

Circa 70.000 persone hanno preso parte ieri a Guadalajara, in Messico, alla Beatificazione di 13 martiri vittime della persecuzione, agli inizi del XX secolo, contro la Chiesa cattolica. Ieri all’Angelus ha voluto ricordarli anche il Papa e le sue parole sono state ascoltate anche durante la celebrazione eucaristica. Il servizio di Tiziana Campisi.

 

 

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Siano esempio permanente e stimolo per una testimonianza coerente della fede nella società attuale. Benedetto XVI addita i 13 martiri messicani beatificati ieri a Guadalajara come modelli da imitare. Il suo messaggio è stato trasmesso, poco prima della conclusione del rito di Beatificazione, sui megaschermi istallati nello stadio dove si è svolta la celebrazione. La Messa è stata presieduta dal cardinale Juan Sandoval Iñiguez, arcivescovo di Guadalajara. A leggere la Lettera Apostolica del Papa che ha iscritto nell’albo dei Beati i tre sacerdoti e i dieci laici morti tra il 1926 e il 1929, durante la persecuzione alla Chiesa Cattolica, il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi José Saraiva Martins che nella sua omelia ha voluto ricordare quale significato ha la festa di Cristo Re per i messicani. Gridando “Viva Cristo Re” infatti, i nuovi Beati hanno voluto testimoniare con la loro vita la fedeltà alla Chiesa. In loro emerge chiara la coscienza che il regno di Cristo doveva essere istaurato anche a costo di versare il proprio sangue, ha detto il cardinale Saraiva Martins. Questi figli fedeli della Chiesa hanno dato una testimonianza lodevole degli impegni presi nel giorno del loro battesimo, ha sottolineato il porporato. Gran parte di essi erano laici, sposati, appartenenti a famiglie cristiane, particolarmente dediti all’adorazione eucaristica. Tre di loro erano membri dell’Associazione Notturna del Santissimo Sacramento. Proprio questa intensa vita eucaristica, ha osservato il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, deve incoraggiarci ad accrescere la nostra dedizione all’Eucaristia. Uomini che hanno lottato per difendere i diritti umani e la libertà religiosa questi martiri messicani tra cui anche il quattordicenne José Sanchez del Rio. Fu ucciso sotto gli occhi dei genitori ai quali rivolse le sue ultime parole: “Ci vedremo in cielo, Viva Cristo Re, Viva la Vergine di Guadalupe”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - "Alla luce della regalità di Cristo la 'Gaudium et Spes' interpreta la condizione dell'uomo contemporaneo": nel clima spirituale della solennità di Cristo Re dell'Universo, Benedetto XVI ricorda all'Angelus la Costituzione pastorale del Concilio promulgata 40 anni fa. 


Servizio vaticano - Il discorso del Papa ai membri delle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali: nell'occasione il Santo Padre ha ricordato il contributo indiscusso di Giovanni Paolo II al pensiero cristiano, frutto di una meditazione profonda sulla persona.

 

Servizio estero - Cina-Usa: Bush a Pechino difende la libertà religiosa.

 

Servizio culturale - "L'inquietudine di una coscienza religiosa" è il titolo dell'articolo di Marco Impagliazzo dedicato al recente volume di Pietro Scoppola "La democrazia dei cristiani. Il cattolicesimo politico nell'Italia unita".

 

Servizio italiano - In primo piano il tema dell'aborto: una normativa ancora non applicata. Scontro per la proposta d'inchiesta sulla 194.

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OGGI IN PRIMO PIANO

21 novembre 2005

 

 

 

A DIECI ANNI DAGLI ACCORDI DI DAYTON, CHE MISERO LA PAROLA FINE

ALLA GUERRA DI BOSNIA, PERMANGONO GLI OSTACOLI ALLO SVILUPPO

 E AL CONSOLIDAMENTO DELLA PACE NEL PAESE BALCANICO

- Con noi l’arcivescovo Alessandro D’Errico, mons. Pero Sudar e Ingrid Badurina -

 

Il 21 novembre di dieci anni fa, gli accordi di Dayton mettevano la parola fine alla guerra fratricida in Bosnia. Tre anni di atroci combattimenti, che hanno provocato circa 200 mila morti e 2 milioni tra profughi e sfollati. A dieci anni dalla fine di quel conflitto, la Bosnia-Erzegovina è ancora lontana da una condizione di “normalità”. Proprio oggi, il Consiglio dell'Unione Europea ha dato il via libera all'avvio dei negoziati con il Paese balcanico per un accordo di stabilizzazione e associazione, il primo passo formale verso la piena integrazione nell'Unione. Tuttavia, per i bosniaci sono tanti e gravi i problemi tuttora irrisolti, come sottolinea Ingrid Badurina, corrispondente del quotidiano “La Stampa” nei Balcani, intervistata da Salvatore Sabatino:

 

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R. – La situazione è quella di un Paese diviso in due entità politiche ben diverse. Da una parte, la Repubblica Srpska, dall’altra parte l’entità musulmana e croata, che hanno dei punti di vista politici completamente opposti.

 

D. – L’allora presidente statunitense Clinton, che aveva patrocinato la pace, riuscì nonostante tutto a fermare la strage. Oggi, come viene considerato quell’accordo?

 

R. – All’epoca sicuramente Dayton è stato un fatto importantissimo, perché è riuscito a fermare il conflitto. E questa era la cosa essenziale in quel momento. Oggi si vedono tutti gli aspetti negativi di questo accordo, ovvero il fatto di aver favorito questa divisione che lascia le tre nazionalità in Bosnia completamente separate. Da un lato, i serbi che all’epoca lo considerarono un tradimento, ma che in realtà hanno ottenuto la loro entità politica, che addirittura si chiama Repubblica, cosa già di per se stessa un controsenso. Dall’altra, i croati che si sentono traditi pure loro, perché si sentono inferiori rispetto agli altri. E i musulmani, che vorrebbero una Bosnia unitaria e vedono in contrapposizione la Repubblica Srpska Quindi, è questo il problema: manca l’unità.

 

D. – Forse uno dei grandi limiti degli accordi di Dayton fu quello di aver lasciato il potere ai “signori della guerra”. Questo elemento ha di fatto rallentato la pacificazione?

 

R. – I “signori della guerra” sono rimasti nel loro popolo considerati  in sostanza, degli eroi di guerra. Il problema è proprio quello di cambiare la mentalità, ma questa mentalità è in realtà collegata al fatto che c’è una divisione, cioè che i serbi della Repubblica Srpska non hanno mai avuto e non hanno sviluppato l’idea di far parte di una Bosnia unitaria.

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         Per i bosniaci, la povertà è uno degli ostacoli più irti da superare sulla via dello sviluppo e del consolidamento della pace. Ecco la riflessione del vescovo ausiliare di Sarajevo, mons. Pero Sudar, raccolta da Marta Vertse:

 

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R. - La situazione è molto difficile. Il tasso di disoccupazione è ufficialmente al 48%. D’altra parte anche molti lavoratori da mesi, o addirittura da anni, non ricevono il salario. Ci sono tante persone a Sarajevo che cercano ogni giorno di trovare qualcosa nei rifiuti.

 

D. – Si può dire che c’è una specie di discriminazione per quello che riguarda le nazionalità e le religioni?

 

R. – In questo senso qui tutto è diviso. Dayton ha diviso la Bosnia-Erzegovina in due, molto ingiustamente. Certamente le zone dove sono al potere i funzionari e i rappresentanti di un popolo preferiscono dare i pochi posti di lavoro a persone della propria etnia.Nessuno si fida ad investire nella Bosnia-Erzegovina, che è impoverita dalla guerra. Non ci si fida a causa della soluzione politica imposta a Dayton, che ha diviso il Paese proprio secondo ciò che la guerra ha mirato di fare.

 

D. – Quale la proposta della Chiesa? Come può aiutare, in queste situazioni, le persone?

 

R. – La Chiesa cerca di fare piccoli passi, di aiutare per quanto possibile. Purtroppo, la nostra Caritas, che è stata aiutata dalla Caritas internazionale, dalla Caritas europea, non può distribuire più nulla a questi poverissimi perché non ha i mezzi. Noi abbiamo offerto anche una nostra proposta in occasione dei dieci anni dopo Dayton. La Bosnia-Erzegovina dovrebbe essere organizzata in modo da diventare un Paese normale. Sembra però che quanti sono padroni della pace non è che vogliono vedere la realtà a causa dei loro piccoli interessi o a causa degli interessi dei loro amici qui.

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E proprio oggi, Benedetto XVI ha nominato il nuovo nunzio apostolico in Bosnia-Erzegovina. Si tratta dell’arcivescovo Alessandro D’Errico, fino ad ora nunzio in Pakistan. Raggiunto telefonicamente ad Islamabad da Alessandro Gisotti, mons. D’Errico spiega con quale spirito si appresta ad assumere questo nuovo incarico:

 

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Sono molto grato al Santo Padre per la fiducia riposta nella mia persona. Da parte mia posso assicurare che fin da ora mi preparo a questa nuova missione in uno spirito di servizio alla Santa Sede e alla Chiesa. Per molti aspetti credo che l’esperienza che ho maturato in Pakistan per quasi sette anni mi sarà molto utile. Cercherò di fare il possibile, per stabilire fraterni rapporti con l’episcopato e cordiali relazioni con le autorità civili. Ciò, evidentemente, per il bene della Chiesa e del Paese e per la promozione del dialogo ecumenico ed interreligioso.

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LA CHIESA CELEBRA LA GIORNATA PER LE CLAUSTRALI

NEL GIORNO DELLA PRESENTAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

- Intervista con madre Cristina Pirro -

 

Oggi, Memoria liturgica della Presentazione al Tempio della Beata Vergine Maria, la Chiesa celebra la Giornata pro orantibus, cioè per le comunità religiose di vita contemplativa. Ieri all’Angelus il Papa a nome di tutta la Chiesa ha espresso “gratitudine a quanti consacrano la loro vita alla preghiera nella clausura, offrendo un’eloquente testimonianza del primato di Dio e del suo Regno”. Benedetto XVI ha esortato i fedeli ad essere loro vicini con il  “sostegno spirituale e materiale”. Ma qual è il ruolo e la missione delle claustrali nel mondo di oggi? Giovanni Peduto lo ha chiesto a madre Cristina Pirro, abbadessa del monastero benedettino di Sant’Andrea Apostolo ad Arpìno, in provincia di Frosinone:

 

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R. - Le claustrali, nella radicalità della loro vita consacrata a Cristo, sono l'espressione vivente del Suo mistero di morte e Risurrezione. A Lui si uniscono, pur con la loro fragilità umana, nell'impegno quotidiano di conversione del cuore e di preghiera, di lode di Dio e d'intercessione per le necessità dei fratelli. La clausura, che caratterizza tale forma di vita, è un segno di totale appartenenza a Dio.

 

D -   Com'è cambiata la vita delle claustrali rispetto al passato?

 

R. -  Nulla è cambiato se pensiamo ai valori perenni della vita contemplativa: la pratica dei voti e l'osservanza della Regola, la preghiera liturgica e personale, ecc. Per quanto riguarda la clausura, invece, col documento "Verbi Sponsa" la Chiesa ha introdotto qualche modifica, che non elimina, però, la necessità di una certa separazione dal mondo, per un più intenso contatto col Signore.

 

D. - Come si svolge la giornata di una monaca di clausura?

 

R. - Scandita dal suono di una campana (o campanello elettrico, oggi) la giornata della monaca trascorre in un intreccio di preghiera, comunitaria e personale, e di lavoro che le viene affidato dall'obbedienza, che è partecipazione all'opera creatrice di Dio e una forma di solidarietà con i fratelli, che lavorano per il loro sostentamento quotidiano.

 

D. - Alla base della vostra vocazione c'è la fede nella forza della preghiera: ma la preghiera può cambiare il mondo?

 

R. - La preghiera non cambia il mondo, semplicemente perché è Dio che lo cambia con la potenza del Suo Santo Spirito, ma questa trasformazione non sempre è evidente, perchè ci ha creati liberi e rispetta la nostra libertà. La preghiera della claustrale, e quella di ogni credente, preme sul Suo Cuore di Padre, sempre preoccupato del nostro Bene, e l'induce ad esaudire ogni richiesta conforme alla Sua Volontà; pensiamo ad Abramo che intercede per Sodoma e Gomorra o a Mosè che prega per il suo popolo o al "Chiedete e vi sarà dato".

 

D. - Quali sono le principali difficoltà e necessità dei monasteri oggi?

 

R. - Oggi parliamo molto di carestia vocazionale, di problemi economici legati al deterioramento dei monasteri, spesso molto antichi e vasti per Comunità ridotte numericamente, e alla loro gestione e manutenzione, ma Cristo ci conforta col Suo invito: "Cercate prima il Regno di Dio e la Sua giustizia ed il resto vi sarà dato in sovrappiù" . L'unica vera difficoltà, invece, è nel nostro cuore, se contristiamo lo Spirito Santo, vanificando il Suo lavoro di purificazione e santificazione.

 

D. - Dai Monasteri si eleva a Dio in modo incessante anche la preghiera per l'unità dei cristiani: ci sono esperienze particolari al riguardo?

 

R. - Il Signore "che ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti ..... perché nessuno si glori dinanzi a Lui"  ha voluto utilizzarci per la fondazione del primo monastero cattolico della Romania e, tuttora, unico Monastero benedettino in terra ortodossa. Il cammino iniziò nel 1994, con una visita al nostro Monastero "S. Andrea Ap." di Arpino del Vescovo di Iasi, che ci invitò a presentare il nostro carisma benedettino alle giovani della sua diocesi, nella speranza che nascesse un giorno una comunità contemplativa. La Madre dell’Unità, alla quale è stato dedicato il monastero, ha guidato il progetto, ottenendo la vocazione monastica a delle giovani romene, ormai di voti solenni, e suscitando molti benefattori, che ci hanno sostenuto per la costruzione. A giugno del 2003, dopo tanti sacrifici, normali in ogni Fondazione a servizio della Chiesa, abbiamo inviato lì le prime monache. La chiesa e la foresteria del "Mater Unitatis" sono frequentate anche da fratelli ortodossi. Le visite più gradite sono quelle dei monaci ortodossi che stimano molto S. Benedetto e mostrano interesse per la nostra vita, nella quale ritrovano i loro valori. Siamo, però, ben convinte che, ancora più dell'ospitalità che pure è cara a S. Benedetto, il nostro contributo più importante, perché le Chiese sorelle raggiungano la piena comunione, è quello della preghiera e della conversione del cuore.

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LA FRATERNITÀ LINFA PER RIVITALIZZARE LE RELAZIONI

E UMANIZZARE LA GIUSTIZIA. L’IMPEGNO DI 700 OPERATORI DELLA GIUSTIZIA

A CONCLUSIONE DEL 1° CONVEGNO INTERNAZIONALE SUL DIRITTO

PROMOSSO DAL MOVIMENTO DEI FOCOLARI

- Intervista con il prof. Fausto Goria -

                                     

La fraternità può diventare nuova linfa per rivitalizzare le relazioni e umanizzare la giustizia. Apre nuove prospettive anche a livello culturale. E’ questo il dato più significativo e l’impegno emerso dalle 3 intense giornate di confronto tra circa 700 operatori del campo: magistrati, docenti universitari, avvocati e studenti convenuti a Castel Gandolfo da oltre 35 Paesi per interrogarsi sul tema: “Relazionalità nel diritto. Quale spazio per la fraternità?”. “E’ una rete di rapporti, legati dalla fraternità che si è intessuta in questi giorni di incontro – ha rilevato in conclusione il dott. Gianni Caso, già giudice alla Suprema Corte di Cassazione e presidente di “Comunione e diritto” del Movimento dei Focolari che ha promosso il convegno. Una rete che continuerà ad essere attiva anche a distanza con lo scambio di esperienze, riflessioni, elaborazioni culturali per lavorare ad una giustizia sempre più rispondente all’attuale esigenza di rinnovamento. Diritto e fraternità. Una novità lanciata da questo convegno o questo binomio ha alle spalle una storia antica da riscoprire? Risponde, al microfono di Carla Cotignoli, il prof. Fausto Goria, docente di diritto romano all’Università di Torino:

 

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R. - Nel diritto romano la fraternità era il rapporto tra fratelli della stessa famiglia e su questo rapporto si è modellato il concetto di società particolare in cui si mettevano in comune i beni. Certo era un fenomeno ristretto a piccoli gruppi. Questo legame tra società e fraternità è rimasto per molto tempo. Nel Medioevo si rifaceva all’affratellamento, allo scopo di mettere insieme le forze economiche. Questo fenomeno ha avuto una lunga storia sino a che è stato riscoperto su altre basi con la triade: libertà, uguaglianza e fraternità lanciato dalla rivoluzione francese.

 

D. - Ed ora la fraternità si sta riscoprendo su altre basi e in altra dimensione. In questi giorni se ne sono approfondite le implicazioni nel diritto penale e civile. Nel campo del diritto internazionale in cui si stanno aprendo tanti problemi con l’interdipendenza, la globalizzazione, quale apporto può dare la fraternità?

 

R. - Nel diritto internazionale si parla più di solidarietà che di fraternità. Il concetto di fraternità potrebbe dare un apporto importante qualora venisse inteso dai singoli popoli come l’esigenza di far propri i problemi, le difficoltà degli altri Paesi. Si potrebbe assistere a un completo cambiamento di prospettiva dei rapporti internazionali: dalla ricerca dell’utile per sé alla ricerca dell’utile condiviso. Si stanno facendo passi avanti in questo senso.

 

D. - Il convegno è stato aperto da un messaggio di Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari. Nelle sue parole, c’è una chiave che può illuminare il compito degli operatori del diritto, proprio nella direzione della fraternità?

 

R. - Certamente ha detto una cosa importantissima: che nel piano di Dio – come lei che è carismatica, lo vede – il rapporto tra le persone quello di essere un dono reciproco, ed è in questo rapporto di donazione reciproca che ognuno si realizza come persona. E questo vale anche per i gruppi, per gli Stati. Il fatto di tradurre in esperienza e poi in norma giuridica questo principio, credo che richiederà un certo numero di anni – ma potrà fornire una interessante e utile prospettiva di sviluppo.

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CHIESA E SOCIETA’

21 novembre 2005

 

 

NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO SONO STATI UCCISI SELVAGGIAMENTE

UN SACERDOTE E UN LAICO DELLA DIOCESI DI MANONO CHE ERANO ANDATI

A CONVINCERE UN CAPO DEI RIBELLI A DEPORRE LE ARMI

 

MANONO. = Secondo quanto riferisce l’agenzia Fides, nella Repubblica Democratica del Congo sono stati uccisi barbaramente il sacerdote Francois Djikulo, della diocesi di Manono, e un laico suo amico, che senza informare né richiedere l’autorizzazione del vescovo, mons. Vincent de Paul Kwanga, si erano recati in missione presso il temibile capo ribelle, Kyungu Kyungu, alias Gedeon, per convincerlo a deporre le armi e mettere fine al terrore cui sono soggette le popolazioni che vivono tra Manono, Mitwaba, Pweto e Dubie. Come informa il vescovo, “dal mese di agosto speravamo di vederlo un giorno ritornare”. Purtroppo invece, è arrivata la notizia che il sacerdote è stato “assassinato selvaggiamente: prima mutilato insieme al suo compagno Kayimbi, quindi bruciati vivi a Mutendele, territorio di Pweto, a 75 km dalla parrocchia di Dubie, diocesi di Kilwa Kasenga”. Il vescovo raccomanda l’anima del sacerdote e dell’amico che lo accompagnava alle ferventi preghiere di tutti. (S.C.)

 

FAR FRONTE ALL’EFFETTO-SERRA È “UNA QUESTIONE DI COSCIENZA”: COSI’,

30 VESCOVI AUSTRALIANI, RIUNITI A CANBERRA

PER UNA CONFERENZA SUI MUTAMENTI CLIMATICI

 

CANBERRA. = “Il dibattito sui mutamenti del clima non è di sinistra o di destra, né religioso o non religioso: si tratta piuttosto di rimanere legati a vecchi sistemi economici o di muoversi verso un futuro migliore”. Con queste parole, 30 vescovi australiani, riuniti a Canberra per una conferenza della “Catholic Earthcare Australia” sui mutamenti climatici, hanno invitato i 5 milioni di cattolici del Paese a combattere il degrado ambientale e la perdita della biodiversità. In una dichiarazione congiunta, presentata ieri da mons. Christopher Henry Toohey, vescovo Wilcannia-Forbes, i presuli sottolineano che far fronte all’effetto-serra è “una questione di coscienza”. Occorre quindi ratificare il Protocollo di Kyoto, approvato nel 1997, nel corso della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), che impegna gli Stati ad una riduzione delle emissioni inquinanti del 5,2 per cento rispetto a quelle del 1990, in un arco temporale fissato fra il 2008 e il 2012. Riferendosi ad un rapporto sul cambiamento climatico appena presentato a Bonn dal Segretariato delle Nazioni Unite, i presuli hanno espresso la loro preoccupazione per l’incremento del 23 per cento registrato nelle emissioni di gas serra in Australia, negli ultimi 13 anni. Di avviso contrario, è il ministro dell’Ambiente australiano, Ian Campbell: il suo governo si sarebbe impegnato a limitare l’aumento delle emissioni al 108 per cento dei livelli stabiliti nel 1990, per il periodo fra il 2008 e il 2012. Nel documento stilato dai vescovi australiani, che sarà diffuso in oltre 4 mila parrocchie, scuole e congregazioni, si sostiene che un fattore chiave per la risoluzione di questi problemi può essere costituito dallo sviluppo di pratiche alternative ai combustibili fossili, quali l’uso di riscaldamento a gas o solare e il riciclaggio delle acque grigie. Il Protocollo di Kyoto, entrato in vigore il 16 febbraio 2005, mostra tuttavia ancora assenze importanti fra gli Stati che hanno deciso di non ratificarlo: oltre all’Australia, gli Stati Uniti, l’Indonesia, il Kazakistan, il Principato di Monaco, le Filippine, e la Croazia. (A.R.)

 

“DOBBIAMO IMPEGNARCI A CREARE UN SISTEMA COMMERCIALE IN CUI IL LAVORO

 E LA RICCHEZZA NON AUMENTINO SOLO PER POCHI, MA PER MOLTI”: COSÌ,

 IL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU, KOFI ANNAN, NEL MESSAGGIO

PER L’ODIERNA GIORNATA PER L’INDUSTRIALIZZAZIONE DELL’AFRICA,

SUL TEMA: “SVILUPPARE LA COMPETITIVITÀ DELL’AFRICA PER UN ACCESSO SOSTENIBILE AL MERCATO”

 

NEW YORK. = “Un mercato aperto ed equo può rappresentare uno stimolo efficace per la crescita economica e per la riduzione della povertà”: è quanto afferma il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nel messaggio per l’odierna Giornata per l’industrializzazione dell’Africa, quest’anno sul tema. “Sviluppare la competitività dell’Africa per un accesso sostenibile al mercato”. Se l’Africa non ha ancora raggiunto un livello economico tale da consentirle di competere sui mercati globali, secondo Annan la responsabilità è da attribuire ai Paesi ricchi, “che limitano l’accesso ai loro mercati e adottano misure protezionistiche”. Il segretario generale dell’ONU esorta allora i Paesi industrializzati ad approfittare della Conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio, prevista per il mese prossimo, per “eliminare le restrizioni alle esportazioni dei Paesi meno sviluppati”. L’eliminazione delle barriere commerciali, però, non è sufficiente per consentire l’aumento delle esportazioni africane: “E’ ugualmente importante – sottolinea Annan – che i Paesi africani raggiungano un adeguato livello tecnologico, sociale ed economico, per poter trarre vantaggio da un accesso facilitato al mercato”. “Ciò può accadere – continua – solo quando sia le donne che gli uomini africani potranno godere dei benefici derivanti dall’educazione e dallo stato di diritto, da istituzioni statali efficaci, dalla trasparenza e dalla responsabilità nella gestione degli affari pubblici, dal rispetto per i diritti umani e dalla possibilità di poter partecipare alle decisioni che li coinvolgono”. Inoltre, la promozione dell’integrazione regionale, basata sul Nuovo Partenariato per lo Sviluppo dell’Africa (NEPAD), può contribuire a incentivare un ambiente economico favorevole all’iniziativa individuale e remunerativo per le imprese. “Tramite gli scambi commerciali interni – spiega Annan – le economie africane possono diversificare i prodotti esportati, sviluppare le capacità necessarie a competere sui mercati internazionali e beneficiare ai consumatori africani”. “Il commercio – continua il segretario generale dell’ONU – è una delle manifestazioni più evidenti della globalizzazione”. E conclude: “Oggi, dobbiamo impegnarci a creare un sistema commerciale in cui il lavoro e la ricchezza non aumentino solo per pochi, ma per molti”. (R.M.)

 

L’UNIVERSITÀ DI ROMA TOR VERGATA CONFERISCE LA LAUREA HONORIS CAUSA

IN MEDICINA AI CONIUGI JOHN ED EVELYN BILLINGS, IDEATORI DEL METODO DELL’OVULAZIONE BILLINGS,

PER LA REGOLAZIONE NATURALE DELLA FERTILITÀ

 

ROMA. = Il prossimo 24 novembre, la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Roma Tor Vergata conferirà a John J. Billings e alla moglie, Evelyn Thomas, la laurea honoris causa in Medicina. I coniugi sono gli ideatori del Metodo dell’ovulazione Billings per la regolazione naturale della fertilità, oggi conosciuto e diffuso in tutto il mondo. La genialità dei Billings, sulla base della semplice osservazione clinica di un fenomeno naturale per tutte le donne, ha precorso fondamentali acquisizioni nel campo della fisiopatologia della riproduzione umana. L’identificazione del “Sintomo del picco”, quale giorno di massima fertilità dei ciclo, si è rivelato inoltre di fondamentale importanza per la ricerca della gravidanza, soprattutto nei casi di infertilità di coppia. Forte è stato inoltre il contributo di questo metodo per la promozione della dignità della donna, soprattutto nei Paesi ad alta densità di popolazione, e per la difesa della vita umana. Dopo la cerimonia di giovedì prossimo, prenderanno il via i lavori del convegno internazionale “Scienza ed etica per una procreazione responsabile”, in programma all’Università Cattolica del Sacro Cuore, fino al 26 novembre. Il convegno è promosso dalle 5 Facoltà di Medicina e Chirurgia di Roma e vedrà la partecipazione, tra gli altri, di due illustri collaboratori dei Billings: il prof. James Brown, dell’Università di Melbourne, in Canada, e il prof. Erik Odeblad, dell’Università di Umea, in Svezia­. (R.M.)

 

PRENDE IL VIA OGGI IN CAMPANIA, FINO AL 24 NOVEMBRE, LA CAROVANA ANTIMAFIA DELL’ASSOCIAZIONE LIBERA. STAMANI,

 A TORRE ANNUNZIATA, UN CONVEGNO IN MEMORIA DI GIANCARLO SIANI, GIORNALISTA UCCISO NEL 1985 DALLA CAMORRA

 

NAPOLI. = Da oggi al 24 novembre, la Carovana antimafia, promossa dall’Associazione Libera, attraverserà diverse città della Campania. L’iniziativa ha preso il via nella mattinata a Torre Annunziata, in provincia di Napoli, con il convegno in memoria di Giancarlo Siani, il giornalista ucciso nel 1985 dalla criminalità organizzata, sul tema: “Informazione e camorra”. Nel pomeriggio, invece, si terrà una commemorazione delle vittime della criminalità e, in particolare, di Matilde Sorrentino, la mamma che denunciò il giro di pedofili di Torre Annunziata, uccisa qualche anno fa a pochi giorni dal processo contro la banda. Sempre oggi pomeriggio, a Scafati, sarà presentata la prima bozza per un consorzio sui beni confiscati in provincia di Salerno. Tra gli appuntamenti dei prossimi giorni, a Ercolano, il dibattito tra istituzioni, sindacati, associazioni e studenti su “Lavoro nero e lotta alla criminalità organizzata”, presso il centro “La Tenda”, ed esperienze a confronto tra comunità cristiane, territorio e impegno di lotta alla camorra, presso il centro di pastorale giovanile “La locanda di Emmaus”. Oltre a incontri con i familiari delle vittime, presentazione di libri e visione di film in diverse città campane, sono previste anche l’inaugurazione della Casa “Don Peppino Diana” a Casal di Principe, in provincia di Caserta, e l’intitolazione di un laboratorio di giornalismo nell’Istituto commerciale Ripa di Eboli a Giancarlo Siani. (R.M.)

 

IN PROGRAMMA A ROMA, VENERDI’ PROSSIMO, IL SEMINARIO DI STUDIO SULL’ARCHIVIO GENERALE DEI CAMILLIANI. TRA I TEMI IN AGENDA,

LO STATO DI DIGITALIZZAZIONE DEI DOCUMENTI DELL’ORDINE

 

ROMA. = La prima produzione documentaria che attesta la nascita dell’Ordine dei Camilliani, le carte del primo processo di canonizzazione negli anni compresi tra il 1625 e il 1629, tra cui la raccolta dei miracoli, e la bolla di Urbano VIII del 1624 che concede l’indulto ai sacerdoti professi dell’Ordine: questo e altro è raccolto nell’Archivio generale dei Ministri degli Infermi, fondato da San Camillo de Lellis sul finire del XVI secolo. E proprio l’Archivio generale è al centro del seminario internazionale di studio, in programma il prossimo 25 novembre presso l’Archivio di Stato di Roma. Nel corso dell’incontro, che sarà aperto dagli interventi del vice sindaco della capitale, Maria Pia Garavaglia, e dal superiore generale dei Camilliani, Frank Monks, sarà presentato il nuovo Centro Documentale on line, portale che offrirà sul web l’indice delle 60 mila schede archivistiche, contenenti lettere, libri e manoscritti di enorme valore, e le 2 mila biografie dei religiosi fino al 1885, oltre a ospitare gli indici dei vari archivi sparsi nel mondo. Il seminario sarà anche l’occasione per parlare delle origini dell’Archivio e per fare il punto della situazione sulle prime ricerche in tema di iconografia camilliana e per far conoscere la Biblioteca dell’Archivio e lo stato dei lavori di digitalizzazione dei documenti dell’Ordine. A tale proposito, l’Archivio generale dei Ministri degli Infermi è stato dichiarato dalla Soprintendenza archivistica del Lazio, il 9 marzo 2004, “di notevole interesse storico, in quanto testimonianza primaria dell’attività di un Ordine di grande importanza, di vita plurisecolare e diffusione mondiale”. Attualmente, l’Ordine dei Camilliani è presente nei cinque continenti, con 1200 religiosi che operano in 156 case. Oltre ad attività di assistenza, l’Ordine è impegnato nell’educazione e nella formazione del personale socio-sanitario. (R.M.)

 

NEL 2005, IL NUMERO DI CONTAGIATI DA HIV NEL MONDO HA RAGGIUNTO LA QUOTA RECORD DI 40,3 MILIONI: LO RIVELA IL RAPPORTO ANNUALE DEL PROGRAMMA CONGIUNTO DELLE NAZIONI UNITE SULL’HIV/AIDS, DIFFUSO OGGI A GINEVRA

 

GINEVRA. = Nel 2005, circa 5 milioni di uomini, donne e bambini sono stati contagiati dall’HIV, 3,2 milioni dei quali nell’Africa subsahariana, con un picco in Russia e nell’Europa Orientale: è quanto emerge nell’annuale rapporto sulla prevenzione dell’HIV del Programma congiunto delle Nazioni Unite sull’HIV/AIDS, reso noto oggi a Ginevra. Un rapporto inquietante, che rivela come quest’anno il numero di persone nel mondo contagiate da HIV abbia raggiunto la quota record di 40,3 milioni. Sono inoltre più di 3 milioni i morti a causa di malattie legate all’AIDS, tra cui 570 mila bambini con meno di 15 anni. “Recenti indagini – si legge nel documento – indicano che in alcuni Paesi l’incidenza dell’HIV è in calo tra la popolazione adulta grazie al ruolo chiave svolto dall’adozione di comportamenti più consapevoli volti ad evitare il contagio”. Il numero di persone sieropositive è tuttavia aumentato in tutte le regioni del mondo tranne una, i Caraibi, la seconda più colpita, dove la prevalenza non è mutata nel 2005 rispetto al 2003. Con 25,8 milioni di sieropositivi o malati, il 64 per cento del numero totale nel mondo, resta comunque l’Africa subsahariana la regione più colpita, mentre si registra un picco di contagi in Europa dell’Est, Asia Centrale e Federazione Russa. Nella regione, le infezioni dovute a trasmissione sessuale e all’uso di droga sono incrementate di un quarto, con 1,6 milioni di contagiati, e i decessi sono addirittura duplicati, con 62 mila morti nell’ultimo anno. Da quando la Sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) è stata identificata per la prima volta nel 1981, più di 25 milioni di persone ne sono morte nel mondo: un dato che ne fa una delle “epidemie più devastanti della storia”.

 

 

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24 ORE NEL MONDO

21 novembre 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Antonella Ratti -

 

 

         Terremoto politico in Israele: il premier Sharon ha ufficialmente annunciato le sue dimissioni dal Likud, partito da lui fondato insieme con Menachem Begin nel 1973, e ha chiesto lo scioglimento del Parlamento al presidente Katsav. Dopo l’incontro con Sharon, il capo di Stato israeliano ha detto che “occorre andare al voto “prima possibile”. Il nostro servizio:

 

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Ariel Sharon, dopo 32 anni, lascia il Likud. Il primo ministro, alla guida dell’esecutivo israeliano dal 2001, ha anche chiesto al presidente Katsav di autorizzare lo scioglimento del Parlamento e di anticipare le elezioni. “Il premier – ha detto Katsav - mi ha chiesto di sciogliere la Knesset, perché nella forma attuale non permette il funzionamento corretto del governo”. La decisione di Sharon è giunta poche ore dopo quella del comitato centrale laburista che, su richiesta del suo nuovo leader Amir Peretz, ha deciso di uscire dall’esecutivo di unità nazionale. In base alla legge israeliana, le elezioni si devono tenere entro 90 giorni dallo scioglimento del Parlamento. Il voto, quindi, dovrebbe svolgersi nei primi giorni di marzo. Sharon parteciperà alle prossime elezioni con una nuova formazione di centro-destra che, secondo anticipazioni rivelate dalla stampa, dovrebbe chiamarsi “Responsabilità nazionale”. L’uscita di scena di Sharon dal Likud, che si è fermamente opposto al suo piano di ritiro dalla Striscia di Gaza, è destinata a rivoluzionare il panorama politico israeliano. Secondo diversi osservatori, il premier potrebbe contare sul sostegno di almeno quindici deputati del Likud e di alcuni esponenti del partito laburista, tra i quali Shimon Peres, che non condividono la linea del nuovo leader Amir Peretz. Fonti citate dal quotidiano israeliano ‘Haaretz’ sostengono, infine, che il programma del nuovo partito di Sharon potrebbe includere anche lo sgombero di gran parte degli insediamenti dalla Cisgiordania.

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Ma che partito sarà quello fondato da Sharon? Risponde Marcella Emiliani, docente di Sviluppo politico del Medio Oriente all’Università di Bologna, intervistata da Giada Aquilino:

 

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R. - Sarà un partito sostanzialmente trasversale, che cercherà di aggregare attorno alla sua leadership gli scontenti e i critici del Likud nei confronti della linea dura, quella che non vuole la trattativa con i palestinesi. Ma assorbirà anche parte del Labour, quella che non si fida della leadership di Peretz. Sharon in fondo è l’uomo che le cose le ha fatte succedere, nel senso che si è ritirato da Gaza. Di lui gli israeliani si fidano, perché è un ex generale e comunque è riuscito in un certo senso a “tenere a bada” l’Intifada. Quindi ha buone possibilità di creare un partito tutto suo.

 

D. – Con l’uscita di Sharon dal Likud e la formazione di un nuovo partito, come cambiano gli equilibri politici in Israele?

 

R. – Non c’è alcuna forza, da decenni, che sia in grado da sola di tenere in piedi il governo. Quindi Sharon dovrà ributtarsi in una politica di coalizione, senza però avere più alle spalle un partito come il Likud che lo ricatti ovunque lui voglia andare. Questo è il punto fondamentale.

 

D. – Cosa si può pronosticare sul peso politico del nuovo leader laburista Peretz?

 

R. – Peretz è un sefardita, quindi è di origine diversa da quelli che hanno fatto lo Stato, che erano tutti askenaziti. Può darsi che attui politiche più populiste, più vicine alla gente. La sua popolarità gli deriva, non da un carisma come quello di Shimon Peres o del defunto Yitzhak Rabin, ma dal fatto di essere più vicino ad una parte dell’elettorato che in tutti questi anni - dopo aver votato laburista, aver sostenuto il Likud, e aver creato un partito apposito per i sefarditi, lo Shas - è rimasto comunque molto deluso.

 

D. – Ci saranno conseguenze nei rapporti di Israele con i palestinesi?

 

R. – In Israele è forte tutta una parte della società che non si fida ancora della leadership di Abu Mazen. Bisognerà vedere se chi vince le elezioni riuscirà a ricostruire un ponte con i palestinesi.

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Spostiamoci in Iraq dove si terrà a febbraio, a Baghdad, la Conferenza sulla Riconciliazione nazionale. Lo ha deciso ieri al Cairo, durante la riunione preliminare, la Lega Araba. Sul terreno, intanto, non si arrestano le violenze. Questa mattina cinque civili iracheni sono rimasti uccisi per l’esplosione di un’autobomba al passaggio di un convoglio militare statunitense. Un gruppo di 80 arabi di varie nazionalità che tentavano di infiltrarsi dal mare in Iraq, è stato arrestato inoltre dalle forze navali irachene.

 

L’Iran ha minacciato, ieri, di sospendere i controlli sul suo programma nucleare nel caso in cui i governatori dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (AIEA), consegnassero il “dossier Iran” al Palazzo di Vetro. In quel caso, infatti, il rischio di sanzioni contro la Repubblica Islamica diverrebbe concreto.

 

Due turisti europei sono stati rapiti nello Yemen. Lo ha reso noto oggi un funzionario del governo.  I turisti, che si ritiene siano due uomini svizzeri, sono stati sequestrati mentre si trovavano nella provincia di Maarib, a est della capitale. Fonti tribali nella zona hanno precisato che, probabilmente, i due uomini sono stati presi in ostaggio per esercitare pressioni sul governo in favore di cui alcuni esponenti di tribù arrestati.

 

In Egitto, il gruppo dei “Fratelli musulmani” ha annunciato di aver conquistato 13 seggi nella seconda fase delle elezioni legislative che si è svolta ieri. La Confraternita, ha già ottenuto 34 seggi nella prima fase. Un'altra trentina di candidati andrà sabato al ballottaggio. La terza fase delle legislative si terrà il prossimo primo dicembre.

 

Si è concluso con la visita lampo in Mongolia, il viaggio di 8 giorni in Asia del presidente americano Bush, che ha toccato anche Giappone, Corea del Sud e Cina. E proprio la tappa di Pechino riveste maggiore interesse. Nell’incontro con il presidente Hu Jitao, il capo della Casa Bianca ha auspicato che il Paese asiatico compia passi in avanti nel campo dei diritti umani e della libertà religiosa. Ma quali novità ha presentato la tappa di Bush in Cina per quanto riguarda i rapporti tra Washington e Pechino? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Bernardo Cervellera, direttore dell’agenzia AsiaNews:

 

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R. - Credo che la prima novità sia la franchezza con cui i due leader hanno dialogato sulle questioni, per esempio, dei diritti umani, sulla libertà religiosa e sulle questioni anche economiche. Quindi è in atto un dialogo più franco e più aperto.

 

D. - Come potrà rispondere la Cina all’esortazione di Bush ad allacciare rapporti più stretti con i leader religiosi?

 

R. - Alla morte di Giovanni Paolo II abbiamo visto che ci sono stati dei passi da parte della Cina per allacciare qualche rapporto. Poi però questo dialogo si è bloccato. Bush ha detto: “Fate dei passi più decisi”. Probabilmente, cercando di confortare Hu Jintao nel decidersi per la strada democratica lasciando il suo passato.

 

D. - Un viaggio che ha sullo sfondo il tema dell’economia di fronte ad una Cina in grande progresso. Questo viaggio significa che Bush sta cercando alleanze economiche con la Cina?

 

R. - Credo che Stati Uniti e Cina siano in qualche modo legati dentro la struttura economica globalizzata del mondo. Da una parte, la Cina possiede molta valuta dovuta appunto al fatto che commercia tantissimo con gli Stati Uniti. Dall’altra parte, gli Stati Uniti hanno in Cina un grande mercato e un luogo di produzione strategico. Penso che non possano fare a meno l’uno dell’altro. Per questo, al di là di tutti i problemi, sono stati tutti e due d’accordo nel cercare di superare insieme gli ostacoli. Gli Stati Uniti vogliono che il mercato cinese sia più aperto e che difenda di più il copyright dei prodotti americani. Ma è anche vero che la Cina ha bisogno di un’America amica perché ha delle tensioni sociali interne così forti che se tutti si mettono a ‘soffiare’, la Cina crolla.

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Il presidente russo, Vladimir Putin, è giunto ieri in Giappone per una visita di tre giorni destinata a promuovere la cooperazione fra Mosca e Tokyo. Sulla visita però, pesa la questione delle isole Curili, annesse alla Russia durante la Seconda Guerra Mondiale. La questione è stata sollevata durante l’incontro con il premier Koizumi.

 

Freddezza e scetticismo all'annuncio di una nuova proposta britannica sul bilancio dell' Unione Europea sono stati espressi dai ministri delle Finanze riuniti a Bruxelles durante il negoziato sulle prospettive finanziarie 2007-2013. Lo scoglio, sul quale si e' infranta la trattativa condotta dalla precedente presidenza lussemburghese, riguarda lo sconto britannico, che consente a Londra di risparmiare oltre 4 miliardi e mezzo di euro l'anno di versamenti nelle casse comunitarie. Una decisione sarà presa dai capi di Stato e di governo che si incontreranno per il Consiglio di fine presidenza il 15 e 16 dicembre prossimi.

 

E’ allarme in Vietnam per la diffusione dell’influenza aviaria. Il primo ministro Phan Van Khai critica le autorità provinciali per la debolezza degli interventi e teme un disastro sanitario nazionale. Intanto, nuovi casi di contagio sono stati segnalati in Cina, Indonesia e Romania.

 

Urne aperte in Kenya per oltre 11 milioni di cittadini chiamati ad approvare o respingere il progetto di una nuova costituzione. Il nostro servizio:

 

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La nuova bozza costituzionale istituisce la figura del primo ministro e ribadisce che il presidente resta la figura dominante della politica del Paese. Se il referendum verrà approvato, potranno inoltre avere accesso all’eredità non più solo i figli maschi. I sondaggi danno in vantaggio i sostenitori del ‘no’. Il presidente del Paese africano e la maggioranza dei ministri sono favorevoli al progetto costituzionale mentre sono contrari molti rappresentanti dell’opposizione. La vigilia del voto è stata caratterizzata da un clima di grande tensione: nel mese di luglio, almeno dieci persone sono morte per incidenti. Sulla proposta costituzionale si è anche espresso l’episcopato keniota. In un messaggio dello scorso 30 agosto, i vescovi del Kenya sostengono che la nuova bozza della Costituzione costituisce un passo in avanti rispetto all’attuale Carta fondamentale. Ma i presuli esprimono anche riserve su un articolo relativo ai diritti umani. In un altro documento, una Lettera Pastorale pubblicata lo scorso 10 novembre, si sottolinea poi l’importanza del passaggio referendario, un “esercizio storico espressione della maturità della nazione”. Nella lettera i vescovi condannano, inoltre, il clima di violenza fisica e psicologica che ha accompagnato il processo referendario ed esortano l’intera comunità a rimanere unita dopo il voto e a mantenere la pace.

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In Honduras, è salito ad 11 il numero delle vittime causate dalla tempesta tropicale “Gamma”. I senzatetto sono più di 11 mila.

 

 

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