RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
319 - Testo della trasmissione di martedì 15 novembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
A Roma, tavola rotonda sulle mine
anti-uomo
Pubblicato a
Baghdad il Rapporto della missione umanitaria dell’ONU in Iraq
Con una Messa a
Manila, festeggiati i 25 anni dei programmi di “Radio Veritas”
in lingua bengalese
L’Unione Europea si avvia a
rafforzare le misure di sicurezza aerea
Formalizzato l’accordo israelo-palestinese sull’apertura del valico di Rafah
In Germania, caduti tutti
gli ostacoli per la Grande Coalizione
In
Uganda, scontri in varie città dopo l’arresto del leader dell’opposizione
15
novembre 2005
POSSESSO CARDINALIZIO
Il cardinale Carlo Furno, Gran Maestro dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro
di Gerusalemme, arciprete emerito della Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore,
prenderà possesso, domenica 20 novembre, alle 12.00, del titolo del Sacro Cuore di Cristo Re, Diaconia elevata pro hac vice a Titolo Presbiterale, situata in Roma, Viale
Mazzini, 32. Lo conferma una nota dell'Ufficio delle Celebrazioni
Liturgiche del Sommo Pontefice.
NOMINE
In Messico, il Papa ha nominato
ausiliare dell’arcidiocesi di Guadalajara il
sacerdote mons. José Leopoldo González González, finora vicerettore dell’Università Cattolica di Guadalajara. Il neo presule, 50 anni, ha studiato nel
Seminario Maggiore di Guadalajara e quindi a Roma,
dove ha conseguito la licenza in Teologia morale presso la Pontificia Accademia
Alfonsiana. E’ stato, tra l’altro, parroco, prefetto
e professore nel Seminario maggiore di Guadalajara.
Dal 1993 al 2000 è stato Addetto del Pontificio Consiglio della Giustizia e
della Pace presso la Santa Sede. Attualmente ricopre
anche la carica di segretario della Commissione dottrinale della Conferenza
episcopale messicana.
In Slovenia, il Pontefice ha nominato ausiliare di Ljubljana il sacerdote mons. Anton
Jamnik, rettore del Liceo arcidiocesano S. Stanislao
di Šentvid, Ljubljana. Mons. Jamnik ha 44 anni. Dopo
l’ordinazione sacerdotale, nel 1987, è stato vice-parroco a Kočevje
(Ljubljana) per tre anni e, per
quattro, segretario dell’arcivescovo Šuštar,
predecessore di S.E. Rodé a Ljubljana.
Dottore in Teologia, con la specializzazione in
Filosofia, è da anni professore di Filosofia alla Facoltà Teologica di Ljubljana. E’ inoltre Prelato d’Onore di Sua Santità.
STUDIARE IL GENOMA UMANO ED
ESPLORARNE LE POSSIBILITA
DI
INTERVENTO TERAPEUTICO, PURCHE’ LA RICERCA
SCIENTIFICA
SIA SEMPRE AL SERVIZIO DELL’UOMO. IL TEMA E’ AL
CENTRO
DELLA XX CONFERENZA INTERNAZIONALE, PROMOSSA DAL
PONTIFICIO CONSIGLIO
DELLA SALUTE E PRESENTATA OGGI IN CONFERENZA
STAMPA
Il genoma umano, come
scrigno che racchiude il mistero della vita, e la riflessione etica necessaria
per gestire le informazioni che riguardano aspetti delicati, come le prevenzione delle malattie, la medicina fetale, la
terapia genetica. Sono alcuni degli argomenti di dibattito della
20.ma Conferenza internazionale promossa dal
Pontificio Consiglio per la Pastorale della salute, in programma in Vaticano
dal 17 al 19 novembre prossimi. L’evento, che vedrà 700 partecipanti di 81
Paesi, è stato presentato questa mattina in Sala stampa della Santa Sede da
un’equipe guidata dal presidente del dicastero organizzatore, il cardinale Javier Lozano Barragán. Questi, a
margine della presentazione, ha ribadito ai
giornalisti che lo sollecitavano in merito alla pillola abortiva che il suo
utilizzo, piccolo o grande che sia, è “sempre un aborto, quindi un omicidio
della peggiore specie”. Sui contenuti della conferenza, il servizio di Alessandro De Carolis:
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Ad approvare per la Conferenza internazionale un
tema all’avanguardia dal punto di vista scientifico quanto morale era stato Giovanni Paolo II nel gennaio scorso. Un retroscena
che il cardinale Javier Lozano
Barragán
ha voluto sottolineare in apertura di conferenza
stampa, prima di presentare ai giornalisti le modalità con le quali scienziati,
medici e ricercatori di ogni parte del mondo affronteranno, da giovedì a sabato
prossimi, la riflessione sul “genoma umano”, definito
dal presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della salute,
l’elemento organizzativo del corpo umano, “nelle sue dimensioni individuali ed
ereditarie”.
A dare
conto della risonanza che questo tema riveste presso la comunità scientifica bastano alcuni dati: più di 200 esperti solo
dall’Italia e dalla Spagna, 10 dal Burkina Faso, ma anche – inedito storico e quindi tanto più
rimarcabile - un rappresentante del Patriarca ortodosso russo, Alessio II, e
uno della Chiesa ortodossa di Grecia. Il tema - ha affermato il cardinale Barragán - “è molto ampio e soggetto a nuove ricerche e
riscoperte” e dunque la Conferenza lo tratterà sotto l’aspetto specifico della
salute, con particolare attenzione all’aspetto terapeutico:
“Esamineremo
la situazione attuale della Genetica in questo ordine:
Genomica e post Genomica;
gli errori genetici e le malattie congenite; le malattie monogeniche, poligeniche e plurifattoriali; la
predisposizione al cancro ed alle malattie latenti; l’assistenza medica ai
malati ed alle loro famiglie; il giudizio, l’errore e la negligenza; gli
aspetti genetici nella medicina materno fetale; lo screening genetico delle
popolazioni; la geneterapia. Studieremo anche i
problemi della Genetica umana ed il suo statuto giuridico internazionale, della
ricerca genetica e della cooperazione internazionale (…) Speriamo
che il nostro sforzo possa apportare un solido contributo all’orientamento del
mondo attuale su una materia che lascia già intravedere l’apparizione eclatante
di un futuro imminente”.
Un futuro, in parte già presente e in
rapidissima trasformazione, che interpella le coscienze e la Chiesa sotto il
profilo umano e pastorale. Lo
studio sui meccanismi meno visibili che rendono la vita una realtà
non può prescindere da un’impostazione etica. Lo ha riaffermato mons.
José L. Redrado, segretario
del Pontificio Consiglio:
“Nell’aspetto della ricerca
scientifica dobbiamo cercare soprattutto che la tecnica sia
al servizio dell’uomo. Questo è sacro. La seconda idea è che non tutto è
negativo. Il positivo e il negativo dipenderanno dalle
scelte etiche che verranno fatte. La terza idea è che operando nel campo genetico
è necessario salvaguardare la vita e l’identità genetica di ogni
individuo umano, perché intangibile”.
Chiariti i presupposti antropologici e morali, la
ricerca scientifica può procedere su binari più certi,
spingendosi ad esplorare aree sconosciute che lasciano intravedere possibilità
terapeutiche straordinarie dal punto di vista genico. Lo ha spiegato il prof.
Angelo Serra, professore emerito di Genetica umana all’Università Cattolica del
Sacro Cuore di Roma:
“Siamo, da un punto di vista
tecnico, ancora lontani dal poter dire che riusciremo
presto, esaminando un soggetto, un embrione, a dire ‘ha questa o quell’altra malattia’. Primo, dovrebbe essere un dovere per la medicina
lavorare per riuscire ad ottenere anzitutto la conoscenza vera - c’è o non c’è la malattia – e, secondo, capire qual è la via
che noi possiamo usare per correggere le anomalie. Ed
è precisamente il problema della geneterapia. Siamo
ancora lontani, ma si sta lavorando intensamente”.
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ALLA PONTIFICIA UNIVERSITA’
GREGORIANA UN CONVEGNO HA RIPERCORSO
I
RAPPORTI TRA SANTA SEDE E POLONIA NEL XX SECOLO. TRA I RELATORI,
IL
CARDINALE ACHILLE SILVESTRINI E L’ARCIVESCOVO LAJOLO,
SEGRETARIO VATICANO PER I RAPPORTI CON GLI STATI
- Ai nostri microfoni mons. Józef
Kowalczyk -
Una ricognizione storica sulla vita recente della
Polonia e dell’Europa, vista con lo sguardo della Chiesa. E’ quanto offerto
dal convegno tenutosi stamani alla Pontificia Università Gregoriana in
occasione dell’80.mo
anniversario del primo concordato tra la Repubblica polacca e la Santa Sede. Molti i relatori, alcuni dei quali hanno arricchito la loro analisi
con ricordi personali. L’incontro è stato aperto dall’introduzione
dell’arcivescovo Giovanni Lajolo, che ha svolto una
disamina sulla diplomazia concordataria della Santa Sede attraverso i secoli.
Alla Gregoriana c’era per noi, Alessandro Gisotti:
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L’arcivescovo
Lajolo ha messo l’accento sulla notevole attività
internazionale che ha caratterizzato il Pontificato di Giovanni Paolo II. Impegno evidenziato dall’istituzione di molte nuove rappresentanze
pontificie nei cinque continenti. A volte - è stata la riflessione del
segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati - si è rimproverato alla Santa
Sede di aver “accettato di concludere accordi anche
con regimi totalitari, dando loro in qualche modo un avallo morale”. In realtà
- ha affermato - “va però precisato anzitutto che con tali accordi la Santa
Sede non ha mai riconosciuto un determinato regime”. Chi stipula l’accordo - ha
proseguito - “è lo Stato che resta e non il governo o il regime che invece
passa. Né si può dimenticare che la Santa Sede nel concludere degli accordi
mira a proteggere la libertà della Chiesa in un Paese” e ciò “può risultare
ancora più necessario proprio quando chi governa lo
Stato non rispetta pienamente i diritti fondamentali”. A margine della
conferenza, interpellato dai giornalisti, il presule ha sottolineato
l’attenzione con la quale la Santa Sede segue la questione del nucleare
iraniano.
Il
nunzio apostolico in Polonia, mons. Jozef Kowalczyk, si è invece soffermato sull’importanza del
Concordato del 1993 tra Santa Sede e Repubblica polacca. Quindi, ai nostri
microfoni, ha evidenziato quanto sia viva l’eredità di
Giovanni Paolo II nelle relazioni diplomatiche, al di là della storia recente
della Polonia:
“Il Santo Padre cercava
di rispettare quello che la dottrina del Concilio Vaticano II ci indica, cioè di leggere i segni dei tempi e rispondere.
Uno dei segni era rispettare l’autonomia dello Stato e rispettare, però, anche
la libertà religiosa dei fedeli che fanno parte di uno
Stato civile. In questo senso, Giovanni Paolo II ci ha tracciato una linea ben
chiara e duratura”.
Dal
canto suo, il cardinale Achille Silvestrini, prefetto
emerito della congregazione per le Chiese Orientali è intervenuto sui rapporti
della Santa Sede con Varsavia dalla prospettiva dell’Ostpolitik
vaticana. Il porporato ha ricordato la grande figura
del Primate di Polonia, il cardinale Wyszynski, che - ha detto - “ha sempre avuto una visione
della Chiesa e del destino della sua nazione”. Quindi,
ha indicato nell’elezione di Papa Wojtyla e nel suo primo viaggio in Polonia
nel 1979 dei momenti dirompenti per il blocco sovietico. Con Giovanni Paolo II
- ha aggiunto - venivano amplificati tutti i motivi di
rivendicazione della Chiesa e della società polacca, a partire dalla libertà
religiosa. “La Chiesa della Polonia – ha affermato il
cardinale Silvestrini – ha vinto grazie alla forza
d’animo” del Papa polacco che “non si è mai scoraggiato”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l'Iraq. Blair ritiene possibile un
graduale ritiro delle truppe britanniche nel 2006; Bush ribadisce:
"Resteremo all'offensiva finché la vittoria non sarà completa".
Sempre in prima, un articolo di mons. Lorenzo Chiarinelli, vescovo di Viterbo, dal titolo "Amico di
Gesù, fratello per tutti": la beatificazione di Charles de Foucauld.
Servizio
vaticano - La conferenza stampa di presentazione della Conferenza
internazionale sul tema "Il genoma umano"
Servizio
estero - Francia: per Chirac la rivolta nelle
periferie parigine testimonia una crisi di identità e
un malessere profondo.
Servizio
culturale - Un articolo di Maurizio Sannibale dal
titolo "La cultura pluridisciplinare di un 'etruscologo da campo' ": un
Convegno a dieci anni dalla morte di Massimo Pallottino.
Per
l'"Osservatore libri" un articolo di Angelo Mundula dal titolo "Una scrittura segnata da un
inconfondibile nitore stilistico": "Memorie, racconti, poemetti in
prosa" di Carlo Betocchi, edito da "Le
Lettere".
Servizio italiano - Conferenza episcopale italiana:
in un'ampia sintesi la prolusione del Cardinale Camillo Ruini
all'Assemblea generale straordinaria
in corso ad Assisi.
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15
novembre 2005
FORMAZIONE PRESBITERALE, PASTORALE SANITARIA,
TERRORISMO,
CATASTROFI NATURALI, TUTELA DELLA VITA: AL CENTRO
DELLA PROLUSIONE
DEL CARDINALE RUINI PER LA 55ª ASSEMBLEA GENERALE
DELLA CEI, IERI AD ASSISI
La
formazione presbiterale, il rilancio della pastorale sanitaria, il terrorismo,
le catastrofi naturali e la tutela della vita. Questi alcuni temi al centro della prolusione del cardinale Camillo
Ruini ieri ad Assisi per la 55ª Assemblea Generale
della Conferenza Episcopale Italiana. Ruini
parlando “a quanti temono o lamentano una eccessiva
presenza o anche ingerenza nella vita pubblica italiana” ha ribadito
che alla Chiesa “sta a cuore la pace civile e religiosa” e che è
“consapevole di dover essere fattore di unità e non di divisione dell'Italia”.
Massimiliano Menichetti:
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Il cardinale Ruini
è tornato a difendere la vita proprio mentre in Italia
si discute dell’introduzione della Ru-486 in alcune regioni come Toscana,
Liguria e Piemonte. Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana senza
esitazioni ha rimarcato che la pillola abortiva “sopprime la vita umana innocente”.
Alla prolusione per la 55ª Assemblea Generale della CEI, Ruini
ha mostrato anche preoccupazione per il comparto economico italiano, ha auspicato
interventi per il mezzogiorno ed a sostegno delle famiglie. Il pensiero del
cardinale, in apertura, è comunque andato alla
Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia 2005 e al recente Sinodo dei
vescovi: rimarcata la fecondità dei doni dello Spirito Santo e il grande
respiro della riforma liturgica del Concilio Vaticano II, di cui ricorre il
40esimo dalla conclusione.
Parlando della formazione al
ministero presbiterale, ha detto che bisogna assumere
“una più marcata caratterizzazione missionaria”, così da consentire ai
sacerdoti di essere capaci di ''capire le persone, i contesti sociali e
culturali in cui si è chiamati ad operare”. Sulla Chiesa e il mondo della Salute,
ha evidenziato un nuovo slancio sia nell’assistenza agli ammalati sia alle loro
famiglie, per promuovere “un’autentica cultura della vita e della solidarietà”
incentrata in Cristo. In questo campo tre le osservazioni:
migliorare le condizioni della sanità nelle regioni meridionali; potenziare
l’assistenza ai malati cronici e sostenere le famiglie che affrontano casi di
vere e proprie patologie psichiche. Quindi riferendosi ai tragici eventi
internazionali, il presidente dei vescovi si è soffermato sugli attentati di
matrice islamica in Giordania, nel Caucaso, in
Indonesia, in India, in Medio Oriente, notando che in Iraq si sta percorrendo
un lento progresso verso la stabilizzazione. Positivo
anche lo sguardo sull’Afghanistan in cui, nonostante la tragica morte del
militare italiano Michele Sanfilippo, le elezioni
parlamentari si sono svolte con regolarità e una buona partecipazione.
Il porporato ha quindi
evidenziato come in Egitto e in Indonesia siano avvenute uccisioni di cristiani
ed è stata attaccata anche una chiesa. Ruini ha
quindi analizzato le devastazioni naturali causate dagli uragani in America
Centrale, che hanno causato migliaia di vittime, e il terremoto dell’8 ottobre
scorso in Kashmir dove - ha sottolineato – c’è stata
limitata copertura mediatica e limitati aiuti. Poi, i
mali dell’Africa: malattie, povertà e i tanti tentativi per stabilire
condizioni di pace e di autentico sviluppo. Sui problemi
d’integrazione il riferimento è andato alle violenze di questi giorni nelle
periferie parigine e, tornando all’Italia, ha presentato il dibattito sulla
nuova legge elettorale, le elezioni interne ai partiti, la riforma della
docenza universitaria e le molte manifestazioni di protesta che si sono
succedute “con forme - ha precisato - non sempre accettabili”. Ha ricordato
l’omicidio a Locri di Francesco Fortugno,
vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, ha ribadito
la condanna della Chiesa contro la criminalità organizzata e il crescente
fenomeno delle droghe.
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I CAMPI ELETTROMAGNETICI NON SONO NOCIVI PER LA
SALUTE E NON PROVOCANO
TUMORI:
COSÌ, AI NOSTRI MICROFONI, L’ONCOLOGO UMBERTO VERONESI,
DIRETTORE SCIENTIFICO DELL'ISTITUTO EUROPEO DI ONCOLOGIA
DI MILANO
- Intervista con Umberto
Veronesi -
I campi elettromagnetici non
provocano tumori. La ricerca scientifica
inizia ad offrire risposte chiare sugli effetti delle onde elettromagnetiche
sulla salute umana. L'Organizzazione Mondiale della Sanità, ma anche altre
agenzie internazionali, sono infatti ormai concordi
nell'affermare con ragionevole certezza che le emissioni radio non hanno
"capacità mutagene", cioè la possibilità di modificare il DNA umano
escludendo l'insorgere di tumori che rappresentano l'ansia maggiore per le
popolazioni. Al microfono di Luca Collodi l'oncologo prof. Umberto Veronesi,
Direttore scientifico dell'Istituto Europeo di Oncologia
di Milano:
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R. – Direi
che queste conclusioni confermano quanto già sembrava ormai acquisito scientificamente.
Ricordo che proprio quattro anni fa, da ministro della
Salute, in Italia avevo istituito una Commissione che era giunta esattamente
alle stesse conclusioni. Naturalmente, erano ancora dati in qualche
maniera provvisori ma a noi sembravano convincenti. Perché, convincenti? Perché era chiaro che le onde
elettromagnetiche non hanno quelle che noi chiamiamo le “capacità mutagene”, cioè di modificare il DNA; cioè, non sono “genotossiche”. E questa è una cosa fondamentale, perché se
una sostanza o un’azione o un agente fisico non è “genotossico”,
cioè non incide sul DNA, si può già escludere che possano
avvenire od occorrere dei tumori che sono la causa di ansia maggiore. Lei
ricorderà che il pericolo dell’elettrosmog era quello
della leucemia dei bambini, ma le leucemie necessitano
di un’alterazione del DNA. Quindi, già allora tutto
questo era chiaro. Poi, in questi ultimi anni, sono arrivati una quantità di incontri, di commissioni, di relazioni, di studi, di
ricerche e, come vede, le conclusioni sono esattamente le stesse.
D. – Professor
Veronesi, la comunità scientifica mondiale conferma la non nocività dei
campi elettromagnetici ?
R. – C’è ormai una presa di coscienza e anche di necessità informativa da parte
delle grandi organizzazioni internazionali. Quindi,
l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha già deciso e, in un certo
senso, ha già mostrato dei documenti – diciamo conclusivi per quanto riguarda
le commissioni organizzate dall’OMS stessa - che arrivano a questa definizione
di non nocività. Lo stesso hanno fatto le altre agenzie: europee, americane, quella internazionale sul cancro di Lione, che sono tutte concordi.
Quindi, la valutazione sulle alte frequenze, ma anche sulle basse frequenze, su
tutte queste diversità di azione possibili, sono tutte
di senso univoco.
D. – Se
ho capito bene, la comunità scientifica ci dice con ragionevole certezza che i
campi elettromagnetici non sono dannosi per la salute umana. Ma
perchè, allora, la gente scende ancora in strada e protesta …
R. – Ma, vede, la gente, la
popolazione è spesso preda di paure non controllate, come se ci fosse sempre il
pericolo di una grande catastrofe che incombe: è una
cosa che ci portiamo dietro da millenni. Bene, qualche volta, qualcosa di non perfettamente
comprensibile da un punto di vista scientifico da parte della popolazione
genera la paura, come la paura delle antenne per le gigantesche azioni
elettromagnetiche che emanano con le radiazioni. Ma le
radiazioni, l’elettromagnetismo, il magnetismo, fanno parte della condizione
stessa dell’universo. Siamo tutti immersi in campi magnetici, viviamo in campi
magnetici, la Terra stessa è un gigantesco elettromagnete, basti pensare alla
forza di attrazione che ha la forza di gravità. E quindi, questa paura della gente è un bisogno psicologico.
Non è una realtà facilmente contrastabile, proprio perché è un’esplosione che
si basa non su dati solidi ma su condizioni emotive.
D. – Professor
Veronesi, lei è un oncologo ma è stato anche ministro della Salute pubblica.
Oggi ci sono istituzioni locali, ultima in ordine di tempo la Regione Lazio,
che lavorano a leggi contro l’inquinamento elettromagnetico. Come guarda ad
Istituzioni che rispondono alla paura della gente con leggi, diciamo, “ad hoc” ?
R. – Ma, vede, le istituzioni
locali, qualche volta, accontentano le persone; se la gente ha paura, bè, accontentiamole eliminando la causa di questa paura. E’
un discorso fin troppo semplicistico ma
sostanzialmente è così. Quindi, molto dipende da come
le persone sono informate, anche dai mezzi di comunicazione!
D. – Quindi,
rischiamo leggi strumentali?
R. – Molte leggi sono
strumentali. In fondo, è compito del legislatore anche di avere una popolazione
soddisfatta, tranquilla, serena e quindi è anche comprensibile, sotto una certa
ottica. Naturalmente, bisogna vedere se questa tranquillità che si offre alla
popolazione non costa poi alla popolazione stessa,
perché c’è un costo collettivo che va sostenuto se si cambiano certe regole. I
costi, tecnologicamente parlando, diventano giganteschi! Quindi,
qualcuno deve pur sopportarli, che poi alla fine è sempre la popolazione con le
tasse che deve pagare! Quindi bisognerebbe che la popolazione fosse informata
intelligentemente, adeguatamente, ma qui la stampa e le televisioni non ci vengono in aiuto perché per definizione i giornali e i mezzi
di comunicazione sono alla ricerca di sensazione, di sensazionalismo,
e tutto viene amplificato, tutto viene ingigantito … Poi, il giornalista non
guarda tanto se una data affermazione viene da una Commissione di 50 membri di
grande prestigio oppure viene da una semplice affermazione di un isolato
personaggio che in quel momento ha avuto questa uscita! Quindi,
è molto difficile!
D. – Quindi,
ad esempio, conta di più un Comitato di cittadini contro l’elettrosmog
che non una ricerca scientifica che confermi la non correlazione tra salute
pubblica e campi elettromagnetici?
R. – Dal punto
di vista giornalistico, sì! Persone che scendono in piazza e fanno grande baccano sono riportate su otto colonne, il risultato
di un comitato scientifico … mah, forse neanche su tre righe! E quindi c’è un divario e la popolazione percepisce di più
gli aspetti – diciamo – emotivi e reattivi del problema. E’ un circolo vizioso che in qualche maniera, prima o dopo, andrà comunque
risolto e interrotto!
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GOVERNI, SOCIETÀ CIVILE
E PRIVATI LEGATI ALL’INFORMAZIONE
DA DOMANI
INSIEME A TUNISI NEL SUMMIT INTERNAZIONALE DELL’ONU
SULLA SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE
- Intervista con Paolo Serventi Longhi -
Con
la partecipazione dei governi ma anche della società civile e del settore privato
legato al mondo dell’informazione, prenderà il via domani a Tunisi il Summit internazionale delle Nazioni Unite sulla società
dell’informazione (WSIS). Presente ai lavori anche una Delegazione
della Santa Sede guidata dall’arcivescovo
John Foley,
presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali. Tra gli argomenti del
vertice, che proseguirà fino a venerdì prossimo, vi sono la gestione delle
nuove tecnologie, le problematiche legate all'accesso
all'informazione, allo sviluppo dei media e all'etica
della comunicazione. Andrea Cocco ne ha parlato con Paolo Serventi Longhi,
segretario generale della Federazione nazionale della stampa italiana:
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R. – Noi, sindacato italiano e
sindacato mondiale dei giornalisti, siamo preoccupati per lo stato del sistema
della comunicazione a livello globale. Abbiamo un
problema, e, secondo noi, dovrebbe essere un problema centrale del Wsis: quello della riduzione del numero complessivo delle reti, dentro le quali gli operatori ufficiali e
indipendenti possano portare i loro contenuti. Sempre meno grandi imprese
controllano il sistema e questo è pericoloso, perché rischia di frenare il
pluralismo. Chi c’è dietro, per esempio, i grandi portali informativi, da Google a Yahoo? Vi sono pochi
imprenditori e azionisti, prevalentemente nordamericani.
D. – La concentrazione mediatica, quindi, è uno dei principali problemi che
saranno affrontati. Ci sono delle proposte?
R. – Sì,
noi abbiamo, sia come Federazione italiana che come
federazione internazionale, ipotizzato reti libere. Penso a quei Paesi che
devono aprirsi al Web, e non solo. Penso al Sud America, al mondo arabo ed anche alla Cina e alla
situazione russa, che è una situazione molto delicata.
D. – Come si riflette questa
concentrazione a livello internazionale sulla qualità dell’informazione, per
esempio in relazione alla drammatica situazione della
guerra?
R. – E’ proprio questo il punto.
Una guerra, come quella in Iraq, non può essere raccontata a senso unico. Penso
appunto alla coalizione anglo-americana e agli alleati
che controllano la stragrande maggioranza delle reti e degli strumenti di
comunicazione. Viviamo un momento assolutamente tragico per il mondo. Vedo
molta preoccupazione sul terrorismo ed è giusto, ma con l’alibi e con il
pretesto del terrorismo si rischia di mettere il bavaglio all’informazione.
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15 novembre 2005
TAVOLA
ROTONDA, OGGI A ROMA, SULLE MINE ANTIUOMO: CIRCA 20 MILA
LE
VITTIME OGNI ANNO, PER L’85 PER CENTO CIVILI, DI CUI 3 MILA BAMBINI
- A cura di Massimiliano Menichetti -
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ROMA. = Ospitata stamane alla Camera dei
Deputati, a Roma, una Tavola rotonda sull’utilizzo delle mine anti-uomo.
Presenti numerose personalità, tra le quali Elisabeth Reusse de Crey, presidente
dell’Organizzazione non Governativa “Ginevra Call”,
in prima linea nella difesa dei rifugiati e contro le torture e le mine
anti-uomo. Molto si sta facendo contro le mine, ma bisogna arrivare alla totale
messa al bando. Questa la sfida rilanciata alla Tavola rotonda organizzata
dalla Campagna italiana contro le mine. Presentato un quadro organico della
situazione. Nel 1997, grazie alla campagna mondiale contro le mine, 122 Paesi
hanno firmato ad Ottawa la Convenzione che proibisce la produzione e l’uso
delle mine. Secondo i dati, circa 20 mila persone ogni anno
sono vittime delle mine: 85 per cento civili, 3 mila sono bambini. I
Paesi coinvolti in maggioranza nel 2002: Cecenia e
Afghanistan. Doppio il piano di lavoro: far sì che tutti gli Stati aderiscano
al trattato di Ottawa perché oggi sono ancora fuori
Cina, Stati Uniti, Russia e altri 44 Paesi. L’altro piano cerca di coinvolgere
i gruppi armati non statali. Secondo il rapporto sull’uso di
questi ordigni nel 2004, 65 gruppi, tra cui paramilitari e ribelli, in
19 Paesi, tra cui Sudan, Colombia, India, Afghanistan e Iraq, hanno usato mine.
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RAPPORTO
DELLA MISSIONE UMANITARIA DELL’ONU IN IRAQ:
SOTTO
ACCUSA ANCHE LE FORZE GOVERNATIVE
CHE NON
GARANTISCONO ORDINE, SICUREZZA E RISPETTO DEI DIRITTI UMANI
BAGHDAD. = Milizie e gruppi criminali e terroristici
minacciano la sicurezza della popolazione civile in Iraq, dove vaste regioni
sono spesso abbandonate all'anarchia. Lo denuncia la Missione umanitaria delle
Nazioni Unite in Iraq (UNAMI). In un rapporto pubblicato a Baghdad, è scritto che “vaste
regioni continuano a soffrire a causa della totale mancanza di legge e ordine,
con conseguente generalizzato uso della violenza”. Nel rapporto si critica
anche il modo di agire delle Forze governative. L’ONU rileva che “centinaia di
civili sono stati uccisi o feriti in seguito ad
attacchi terroristici, ad assassinii mirati o esecuzioni extra-giudiziarie”. Aggiunge,
inoltre, che “le grandi operazioni per il perseguimento della sicurezza”
condotte dalla Polizia e dalle Forze speciali irachene “continuano ad ignorare
le istruzioni indicate ad agosto 2005 dal ministro degli Interni, con lo scopo
di rispettare le garanzie individuali”. Il rapporto stima anche che gli
attacchi ripetuti dai gruppi armati contro i civili e le moschee accrescano “i
timori che le relazioni tra le comunità possano degenerare in una situazione di
paura, di odio e di vendetta”. L’ONU ritiene d'altra parte
che le operazioni militari in corso, specialmente nella parte ovest e in quella nord dell’Iraq, abbiano “un effetto devastante
sulla popolazione civile” e contribuiscano a provocare spostamenti di
popolazione”. Per l’UNAMI, “la proliferazione di milizie ed organizzazioni
criminali e terroristiche che agiscono senza essere punite costituisce il
maggiore impedimento” ad un ritorno alla normalità. Si sottolinea
infine che “il gran numero di persone detenute nel Paese resta un elemento
preoccupante” e che “il numero totale delle persone arrestate continua ad
aumentare”. (R.G.)
FESTEGGIATI I 25 ANNI DEI
PROGRAMMI DI “RADIO VERITAS” IN LINGUA BENGALESE, CON UNA MESSA A MANILA PRESIEDUTA
DALL’ARCIVESCOVO DI DACCA
DACCA.
= Con una solenne Eucaristia celebrata a Manila da mons. Paulinus
Costa, arcivescovo di Dacca, capitale del Bangladesh, si sono festeggiati ieri i 25 anni di servizio
di “Radio Veritas” in lingua bengalese,
come riferisce l’Agenzia Fides. In questa occasione il
presule ha sottolineato che i cristiani del Bangladesh,
costretti a vivere in condizioni di estremo disagio e povertà, traggono dai programmi
dell’emittente in lingua bengalese lo stimolo per
rafforzare la loro fede e la loro speranza. Da Manila la Radio cattolica trasmette
in diversi Paesi dell’Asia. Riceve numerosi consensi in tutto il Bangladesh, anche fra i non-cristiani, “perché essa – ha
ricordato l’arcivescovo di Dacca - diffonde parole di
verità. I cristiani vi trovano un sostegno per la loro fede, i non cristiani la
stimano perché non è una radio confessionale, ma trasmette programmi molo
interessanti per tutti”. Definendola come “la prima missionaria d’Asia”, mons.
Costa ha incoraggiato l’emittente a proseguire nella sua opera di diffusione
dei precetti evangelici di amore e solidarietà.
Un’opera necessaria in un Paese come il Bangladesh,
dove su 140 milioni di abitanti solo il 10 per cento è
di religione cristiana (l’85 per cento è musulmano). Preoccupanti sono poi i
dati riguardanti la povertà: quasi la metà della popolazione vive con meno di
un dollaro al giorno. (A. R.)
UNA
“LUCE PER RICOSTRUIRE LA NAZIONE”: COSÍ L’EPISCOPATO ARGENTINO
ESPRIME
ALLA 90a ASSEMBLEA PLENARIA A PILAR, A NORD DI BUENOS AIRES,
LA SUA
CONCEZIONE DELLA CONOSCENZA E DELLO STUDIO
DELLA
DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA
BUENOS AIRES.
= In una Lettera
pastorale presentata lo scorso 12 novembre nel corso della 90ª Assemblea
Plenaria svoltasi a Pilar, la Conferenza episcopale argentina
ha invitato allo studio della Dottrina sociale della Chiesa, considerandola
una “luce per ricostruire la Nazione”. Il documento, di circa 20 cartelle, è
stato illustrato nelle sue linee principali dal presidente uscente della
Commissione episcopale di Pastorale sociale, mons. Carmelo Juan
Giaquinta, amministratore apostolico di Resistencia, capitale della provincia del Chaco. Nel testo i presuli argentini precisano che non è
nelle loro intenzioni “affrontare tutti i capitoli della Dottrina sociale”,
sviscerarne “tutte le implicazioni che questi hanno per la vita sociale argentina”.
“Vogliamo semplicemente” – si legge nel messaggio, riportato dall’Agenzia Zenit
– “mostrare
l’organicità dei principi e valori che sostengono questa Dottrina”. L’obiettivo
è quello di far sì che tutti i cristiani possano essere resi
partecipi della “comprensione, elaborazione e applicazione” di questi
insegnamenti. “E questo” – aggiungono i vescovi
argentini – “per stimolare tutti allo studio della Dottrina sociale della
Chiesa, analizzare alla sua luce alcuni aspetti della situazione del Paese e,
allo stesso tempo, con la scienza e l’esperienza, applicarla al momento
presente”. Solo in questo modo sarà possibile, secondo l’episcopato argentino,
dare un contributo effettivo “alla ricostruzione del tessuto
sociale, rafforzare il senso di appartenenza alla Nazione e aumentare la
consapevolezza di essere cittadini”. Si tratta di un chiaro metodo catechistico:
a partire dall’espo-sizione di un principio o un
valore, si auspica la sua applicazione da parte del lettore ad una situazione
concreta. Ad esempio, nella prospettiva di un principio
come quello del bene comune, collocato al primo posto, è possibile – si
domandano i vescovi – “misurare la nostra volontà di ricostruire la Nazione?”. Allo stesso modo, una volta esposto il principio del destino
universale dei beni, i presuli argentini pongono il problema del superamento
della povertà. A questo proposito mons. Giaquinta,
ricorda tutte le questioni a ciò connesse, “relative alla politica demografica,
al rafforzamento dei comuni dell’interno e delle economie regionali, alla
riforma agraria a favore dei piccoli e medi produttori, alla concretezza delle
leggi che riconoscono il diritto degli indigeni alla terra produttiva e alla
proprietà comunitaria, alla preservazione dell’ambiente”. (A.R.)
L’UNIONE
EUROPEA SI AVVIA A RAFFORZARE LE MISURE DI SICUREZZA AEREA.
PRESTO
IL VARO DI UN’UNICA LISTA NERA DELLE COMPAGNIE A RISCHIO,
OLTRE
ALL’APPLICAZIONE DELLE STESSE NORME COMUNITARIE PER PILOTI E VETTORI
DI
PAESI TERZI CHE VOLANO SULL’EUROPA.
MAGGIORI
POTERI ALL’AGENZIA EUROPEA PER LA SICUREZZA
BRUXELLES. = Prosegue l’impegno
dell’Unione europea per garantire cieli più sicuri: dopo la proposta di creare
una lista ‘nera’ unica europea delle compagnie a rischio, Bruxelles si appresta ad
affidare maggiori poteri all'Agenzia europea per la sicurezza area (EASA) di
Colonia per controllare anche le compagnie, i piloti e i vettori dei Paesi
terzi, che effettuano voli all'interno dell’UE. L’obiettivo della proposta,
oggi sul tavolo dall’esecutivo UE a Strasburgo, è di creare un meccanismo di
verifica efficace che si applichi non solo (come avviene al momento) alle
compagnie aeree degli Stati membri, ma anche agli apparecchi immatricolati in
altri Paesi. In pratica, le nuove misure estendono a tutti gli aeroplani che atterrano
nell’UE gli obblighi attualmente in vigore per i
vettori europei, affidando all’Agenzia europea di Colonia la responsabilità di
verificare che tali norme vengano adottate e rispettate, evitando pure che gli Stati membri applichino con diverso rigore
e margine di tolleranza le norme sulla sicurezza aerea. Gli aerei di Paesi
terzi dovranno quindi ottenere un certificato che attesti il rispetto delle
regole comunitarie, in particolare per la strumentazione di bordo, come ad esempio i radar
anti-collisione, le apparecchiature radio e i controlli sulla quantità e la
qualità del carburante. Anche le licenze dei piloti
saranno sottoposte a verifiche più accurate. Le nuove misure di controllo
saranno presto affiancate dalle norme UE in materia di compagnie ed aeroplani
cui è proibito volare nell’UE per questioni di sicurezza. La normativa sulla
lista ‘nera’ unica europea è infatti in fase d'arrivo
e sarà votata nei prossimi giorni dal Parlamento europeo. Il via libera
definitivo è atteso dal Consiglio dei ministri dei Trasporti dell’UE nella
prima settimana di dicembre.(R.G.)
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15 novembre 2005
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Sarà
aperto il prossimo 25 novembre il valico di Rafah, fra Gaza e Egitto. La decisione, presa al termine di intense trattative tra israeliani e palestinesi, è stata
resa nota dal segretario di Stato americano, Condoleeza
Rice. Il servizio di Giada Aquilino:
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Lo aveva annunciato senza giri di parole: Condoleeza Rice non sarebbe ripartita
da Gerusalemme se prima non fosse riuscita ad ottenere un’intesa sul valico di Rafah. E così è stato. L’accordo è
arrivato stamani, dopo un incontro tra la Rice e il
ministro israeliano della Difesa, Mufaz, e ha
giudicato la misura come un rafforzamento della fiducia reciproca con i
palestinesi. L’inviata di Washington ha spiegato che il provvedimento riguarda
non solo l’accesso alla Striscia di Gaza, ma anche la libertà di movimento. Si
tratta di un’intesa determinante per il bilancio dell’economia
palestinese e dell’intero processo di pace mediorientale. Nel dettaglio, gli israeliani
hanno accettato il passaggio di convogli palestinesi sia passeggeri, sia merci,
che faciliteranno i collegamenti tra Gaza e Cisgiordania. Il governo israeliano
ha anche accordato il permesso all’Autorità nazionale palestinese ( ANP) per
l’esportazione da Gaza di tutti i generi agricoli prodotti durante il 2005.
Sarà inoltre consentito il funzionamento ininterrotto dei valichi di confine
lungo l’intero perimetro della Striscia, chiusi nelle scorse settimane per il
moltiplicarsi di incidenti armati fra miliziani dell’Intifada e pattuglie di confine israeliane.
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Omri Sharon, figlio del premier
israeliano Ariel Sharon, si è dichiarato colpevole nella vicenda dei
finanziamenti in nero alla campagna elettorale del padre. Omri
Sharon si è dichiarato colpevole in tribunale per “falsa testimonianza”. Per la
campagna elettorale del padre nel 1999 Omri Sharon ha raccolto finanziamenti molto oltre i limiti
imposti dalla legge.
Ennesimo attacco terroristico in
Pakistan: l’esplosione di un’autobomba davanti ad un fast food a Karachi, nel sud del Paese, ha provocato la morte di almeno
tre persone. L’onda d’urto, causata dalla deflagrazione, ha distrutto due
agenzie di banca e il locale di ristoro, appartenente ad una catena di
ristorazione americana.
In Iraq, almeno sei poliziotti
sono rimasti uccisi in due distinti attentati condotti dalla guerriglia a
Baghdad. Il primo attacco ha provocato la morte di quattro agenti iracheni
caduti in un’imboscata tesa da ribelli alla periferia orientale della capitale.
Poco dopo, altri due poliziotti sono morti per l’esplosione di un’autobomba nei
pressi di un ristorante. Sempre a Baghdad, uomini armati hanno assassinato un
docente universitario di letteratura araba.
In Afghanistan, gli inquirenti
sospettano il coinvolgimento della rete terroristica ‘al Qaeda’
nell’organizzazione dei due attentati di ieri a Kabul contro la missione ISAF della NATO. “Solo al Qaeda ha la capacità di portare a
termine un
attacco coordinato di questo tipo”, ha dichiarato il comandante della polizia afgana.
Gli attacchi kamikaze, rivendicati dai talebani, hanno causato la morte di nove
persone, tra le quali un soldato tedesco, una donna e un bambino.
Torna
lentamente alla normalità la situazione nelle periferie francesi, dopo 19 notti
di tumulti. Più di 160 i
veicoli che sono stati dati alle fiamme la notte scorsa, e almeno 40 persone
sono state arrestate dalla polizia. Intanto, il governo ha chiesto ieri al parlamento una proroga di tre mesi della scadenza delle misure d’emergenza per fronteggiare la rivolta. Il
presidente Chirac, rivolgendosi ieri sera alla
nazione, ha detto inoltre che i ragazzi dei quartieri difficili “sono tutti figli
della Francia”.
In Germania, dopo l’approvazione del programma di governo
da parte di cristiano-democratici, cristiano-sociali e socialdemocratici, è
stato tolto ieri l’ultimo ostacolo alla nascita della Grande Coalizione
guidata da Angela Merkel. Il servizio di Giovanni Del
Re:
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E’ stato un via libera pieno quello che i Congressi di
CDU, CSU e SPD hanno dato alla seconda grande
coalizione della storia tedesca. Il ‘sì’ è arrivato compatto.
Solo tre voti negativi nella CDU; 15 ‘no’ su un totale
di 500 votanti fra i social democratici e unanime il consenso dei
cristiano-sociali bavaresi. “La grande coalizione - ha
ribadito la cancelliere designata, Angela Merkel - è
l’unica prospettiva responsabile per il Paese”. Angela Merkel
ha inoltre attaccato i critici: “Questa alleanza – ha
detto – merita una chance”. I social democratici, dal
canto loro, hanno dovuto ammettere dolorose concessioni, come il rallentamento
della tutela dei lavoratori dal licenziamento o l’aumento dell’IVA di tre punti
entro il 2007. Tuttavia, il cancelliere uscente, Gerhard
Schröder, ancora una volta ha voluto mostrarsi
soddisfatto. Nel suo ultimo discorso, di fronte ad un Congresso di partito
della Merkel, ha detto che “l’accordo
di coalizione reca una netta impronta social-democratica”. Intanto, però, vi
sono forti polemiche: la stampa, ma anche tre partiti di opposizione,
i liberali, i verdi, sinistra estrema,
lamentano la stangata prevista per i cittadini dall’accordo di coalizione. Il
provvedimento, in base a queste critiche, non sarebbe accompagnato
da un vero stimolo per l’economia. Polemiche che, ormai, non impediranno la
firma ufficiale del patto di coalizione venerdì e
l’elezione al Bundestag, il 22 novembre, di Merkel a primo cancelliere donna della storia tedesca.
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“Sulla Finanziaria non cambio
nulla”. Lo ha detto il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Silvio Berlusconi, dopo la decisione della consulta
sull’illegittimità dei tagli agli enti locali previsti dalla finanziaria 2006.
Il capo di governo ha anche annunciato un piano di cinque anni
per dare la casa a tutti gli sfrattati.
In Cina, il partito comunista
celebrerà in modo ufficiale il 90.mo anniversario della nascita di Hu Yaobang, leader riformista nato il 20 novembre del 1915.
L’iniziativa, annunciata stamani dal portavoce del ministero degli Esteri di
Pechino, intende riabilitare la figura di Hu Yaobang, che nel 1987 fu costretto
a rassegnare le dimissioni da segretario generale del partito comunista. Dopo la
sua morte, avvenuta nell’aprile del 1989, gli studenti manifestarono in favore
della democrazia in piazza Tienanmen.
Le rivendicazioni studentesche furono represse nel sangue dall’esercito e
morirono centinaia di giovani.
Con una riunione ministeriale preparatoria si è aperto
oggi a Pusan, in Corea del Sud, il forum dell’Associazione
per la cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC).
In vista del summit annuale dei 21 Paesi membri, venerdì
e sabato, i ministri del Commercio si sono incontrati, stamani, con il
direttore generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), Pascal Lamy. Il vertice vedrà
anche la partecipazione del presidente statunitense, George Bush,
in questi giorni in visita diplomatica in Asia.
Crisi
diplomatica tra Venezuela e Messico. Il presidente venezuelano, Hugo Chavez, ed il capo di Stato
messicano, Vicente Fox,
hanno deciso, ieri, di ritirare i rispettivi ambasciatori. La presa di
posizione arriva dopo le aspre polemiche che hanno animato il Vertice delle Americhe, svoltosi la
settimana scorsa a Mar del Plata, in Argentina. In quella occasione, Chavez aveva
duramente criticato il progetto dell’ALCA, l’area di libero commercio proposta
dagli Stati Uniti, e aveva definito il presidente Fox
un “suddito” del capo della Casa Bianca, George Bush.
Varie
città dell’Uganda sono state teatro di violenti
scontri tra forze dell’ordine e sostenitori del leader dell’opposizione Kizza Besigye, arrestato a
Kampala con l’accusa di tradimento. Besigye,
ritornato in patria dopo quattro anni di esilio in Sud
Africa, viene considerato come l’unica alternativa al regime del presidente Museveni, ininterrottamente al potere dal gennaio del 1986.
Il servizio di Giulio Albanese:
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Besigye sapeva bene di rischiare, ma ha voluto rientrare in Uganda per iscriversi alla tornata
elettorale per le presidenziali, in programma il prossimo anno. Besigye dovrebbe comparire oggi davanti al giudice di
un’Alta Corte per rispondere dell’accusa di aver tentato di destituire il governo
di Kampala alla guida del sedicente Esercito di redenzione del popolo, milizia
ribelle di stanza nella Repubblica democratica del Congo.
Al suo ritorno in Uganda il mese scorso, Besigye aveva dichiarato
ai giornalisti che i tempi sono ormai maturi per porre termine a quella che
chiama la dittatura di Museveni. Un tempo, i due contendenti
erano grandi amici militando insieme nei ranghi del ‘National Resistence Army’. Besigye era il medico personale di Museveni
e appoggiò la sua leadership fin quando non si rese conto
che il presidente stava trasformando il governo in una sorta di regime oligarchico di stampo familiare, tradendo gli
ideali della rivoluzione che lo aveva portato al potere. Besigye
è accusato di tradimento con altre 22 persone, un reato punibile con la pena di
morte. Appena diffusa la notizia del suo arresto, centinaia di sostenitori di Besigye ieri hanno dato vita ad
una violenta protesta a Kampala, scontrandosi con le forze dell’ordine. Ma anche in altre parti del Paese sono stati registrati disordini.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Il servizio veterinario
cinese ha reso noto che il governo di Pechino intende
procedere alla vaccinazione di tutti i 14 miliardi di polli contro l'influenza
aviaria. Intanto, almeno 50 uccelli sono morti in un centro di quarantena
in Gran Bretagna per il virus dell’influenza aviaria. Lo ha reso
noto il ministero dell’Ambiente britannico.
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