RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
315 - Testo della trasmissione di venerdì 11 novembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Benedetto XVI presiede la Messa per i
cardinali e presuli defunti nel 2005
Domenica, la Beatificazione di Maria Crocifissa
Curcio: ce ne parla suor Maria Nerina De Simone
Si è aperto oggi il primo seminario sullo
sport promosso da un dicastero vaticano
OGGI IN PRIMO PIANO:
Si è concluso oggi a Lione
il Congresso mondiale di Signis: intervista con padre Federico Lombardi
CHIESA E SOCIETA’:
150 anni fa moriva il filosofo danese Søren
Kierkegaard
Si apre oggi a Roma la IX Assemblea del MEIC, il Movimento ecclesiale di impegno culturale
“Premio Sidney per la pace”
all’ugandese Olara Otunnu
Pakistan: una ONG chiede l’adozione di 500 bambini
orfani a causa del terremoto
La Conferenza dei Superiori Maggiori ha eletto presidente
il salesiano don Alberto Lorenzelli
Ondata di arresti in
Giordania dopo gli attentati in tre alberghi di Amman
11 novembre 2005
E’ CRISTO L’AMICO DELL’UOMO, CHE LO ACCOMPAGNA NEL
VIAGGIO DELLA VITA
FINO
ALLA CASA DEL PADRE: COSI’ BENEDETTO XVI NELLA MESSA
PER I
CARDINALI E PRESULI DEFUNTI NEL 2005.
COMMOSSO
RICORDO DEL PAPA PER GIOVANNI PAOLO II
Una Messa nel ricordo particolare di Papa Wojtyla, primo
della schiera di cardinali e vescovi scomparsi nel 2005 per i quali Benedetto
XVI ha celebrato stamattina, nella Basilica di San Pietro, una liturgia
eucaristica di suffragio. La Messa si colloca, ha detto il Papa, nel
particolare periodo spirituale di novembre e invita alla confidenza in Dio
attraverso Gesù, fratello e amico che “prende per mano” l’uomo. Il servizio di
Alessandro De Carolis.
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Cinque cardinali, molti tra vescovi e arcivescovi, ma
soprattutto il primo Pastore della Chiesa: Giovanni Paolo II. La tradizionale
Messa per i cardinali e i vescovi defunti durante l’anno, presieduta questa
mattina da Benedetto XVI, ha avuto un tono e un’atmosfera diversi dal consueto,
con la memoria dei concelebranti tornata per qualche istante a quella sera del
2 aprile scorso e ai fatti commoventi e straordinari vissuti nei giorni a
seguire, nei quali la Chiesa ha pianto per un padre tornato alla casa del Padre
e gioito per l’arrivo del suo successore. “La grande famiglia della Chiesa, ha
detto il Papa all’omelia, vive in questo periodo “un tempo di grazia” per la
“peculiare tonalità spirituale” con cui il mese di novembre si è aperto, tra la
Solennità di tutti i Santi e la Commemorazione dei fedeli defunti. E levando un
pensiero di suffragio per le anime dei cinque cardinali e dei presuli morti nel
2005, la preghiera di Benedetto XVI si è trasformata presto in ricordi di
gratitudine e di affetto:
“Per lungo tempo ho
fatto parte del Collegio cardinalizio, del quale sono stato anche decano per
due anni e mezzo. Mi sento pertanto particolarmente legato a questa singolare
comunità, che ho avuto l’onore di presiedere anche nei giorni indimenticabili
seguiti alla dipartita dell’amato Papa Giovanni Paolo II. Egli ci ha lasciato,
tra gli altri luminosi esempi, quello preziosissimo della preghiera, e anche in
questo momento noi raccogliamo la sua eredità spirituale, consapevoli che la
sua intercessione continua ancora più intensa dal Cielo”.
Il Pontefice ha proseguito l’omelia commentando le
Scritture proposte dalla liturgia. Il connotato più ricorrente, ha osservato,
parla della fiducia in Dio, che appare tanto vera quanto certa se la si guarda
attraverso l’Uomo-Dio che l’ha resa visibile agli uomini, Cristo:
“Il cuore umano,
sempre inquieto finché non trova un approdo sicuro al suo peregrinare,
raggiunge qui finalmente la solida roccia dove fermarsi e riposare. Chi si fida
di Gesù, pone la sua fiducia in Dio stesso. Gesù infatti è vero Uomo, ma in lui
possiamo avere fede piena e incondizionata (…) Noi esseri umani abbiamo bisogno
di un amico, di un fratello che ci prenda per mano e ci accompagni fino alla
“casa del Padre”; abbiamo bisogno di uno che conosca bene la strada. E Dio, nel
suo amore “sovrabbondante”, ha mandato il suo Figlio, non solo a indicarcela,
ma a farsi egli stesso “la via”.
La Sapienza divina, ha affermato ancora Benedetto XVI, è
una compagna indispensabile per l’uomo “che attraversa le vicissitudini della
vita”. E più ancora per chi ha scelto di servire l’Autore stesso della
Sapienza:
“Chi si pone al
servizio del Signore e spende la vita nel ministero ecclesiale non è esentato
dalle prove, anzi, ne incontra di più insidiose, come ampiamente dimostra
l’esperienza dei santi. Ma vivere nel timore di Dio libera il cuore da ogni
paura e lo immerge nell’abisso del suo amore”.
“Inestimabile, dunque, è il dono che il Padre ha fatto
all’umanità inviando il Figlio Unigenito”, ha commentato il Papa, che ha
precisato: “A questo dono corrisponde una responsabilità, che è tanto maggiore
quanto più stretto è il rapporto che ne è derivato con Gesù”. Per questo
motivo, ha concluso, “mentre rendiamo grazie a Dio per tutti i benefici che ha
elargito ai nostri confratelli defunti, offriamo per essi i meriti della
passione e morte di Cristo, perché colmino le lacune dovute all’umana
fragilità”.
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UDIENZE
E NOMINE
Benedetto XVI riceverà nel pomeriggio l’arcivescovo
William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede,
con il segretario del medesimo dicastero, l’arcivescovo Angelo Amato.
In Nigeria, il Papa ha nominato vescovo di Lokoja il
sacerdote Martin Dada Abejide Olorunmolu, docente di Sacra Scrittura presso
l’Istituto Cattolico del West Africa (CIWA), a Port Harcourt. Il neo presule ha 58 anni. Ha studiato
in Camerun, dove ha conseguito il diploma in "Integrated Rural Development, concentrating in
Training/Communication ". A Yaoundé ha lavorato presso la Radio
locale, dove coordinava un programma speciale di notizie. Ha poi conseguito il
dottorato in Teologia Biblica presso il Catholic
Institute of West Africa " (CIWA) a Port-Harcourt. Ha svolto, tra
l’altro, il ministero di parroco ed è stato per un anno cappellano militare.
La diocesi di Lokoja, cerata
nel 1964, ha una superficie di circa 25 mila kmq, con un milione e mezzo di
abitanti: 36.500 sono cattolici, distribuiti in 16 parrocchie, con 38 sacerdoti,
due fratelli religiosi, quattro diaconi permanenti, 43 religiose e 21
seminaristi maggiori.
In Perú, il Pontefice ha nominato vicario apostolico di
Jaén il sacerdote gesuita, padre Santiago María García De la Rasilla Domínguez,
finora superiore della Casa “San Pedro” a Lima. Mons. De la Rasilla Domínguez,
è originario di Madrid, dov’è nato nel 1936.
E’ entrato nella Compagnia di Gesù all’età di 17 anni. Ha ottenuto la Licenza e
la Teologia a Granada, e quindi il Baccellierato. Tra il 1976 e il 1977 ha
studiato Pastorale nell’Istituto Paolo VI dell’Università di Salamanca. Dopo
l’ordinazione sacerdotale fu inviato in Perù. Tra gli altri incarichi, è stato
parroco, docente, consigliere dei “Cursillos” e del “Movimiento Familiar
Cristiano”, membro del gruppo promotore del Servizio di Animazione Comunitaria
“Movimento per un Mondo Migliore” (1998-2005).
DOMENICA PROSSIMA IN SAN PIETRO LA BEATIFICAZIONE
DI
MARIA CROCIFISSA CURCIO, FONDATRICE
DELLE
CARMELITANE MISSIONARIE DI S. TERESA DEL BAMBIN GESU’
-
Intervista con suor Maria Nerina De Simone -
Domenica prossima nella Basilica Vaticana, insieme con
Charles de Foucauld e Maria Pia Masténa, verrà beatificata anche Maria
Crocifissa Curcio, fondatrice delle Suore Carmelitane Missionarie di Santa Teresa
del Bambin Gesù. Nata a Ispica (provincia di Ragusa) in Sicilia nel 1877 e
vissuta 80 anni, la nuova Beata scoperto la sua vocazione leggendo la vita di
Santa Teresa d’Avila. La sua spiritualità è incentrata sul Cuore Eucaristico di
Gesù e sulla scelta privilegiata dei poveri. Ha aperto missioni anche in
Brasile. Ma sulla figura di Maria Crocifissa Curcio ascoltiamo suor Maria
Nerina De Simone, dell’Istituto fondato dalla nuova Beata. L’intervista è di
Giovanni Peduto:
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R. – Apparteneva a una famiglia della media borghesia
siciliana. Il padre era un anticlericale, ma lei potè frequentare un ambiente
ecclesiale impregnato di grande fervore religioso. La povertà dei molti che le
vivevano accanto nel paese natìo e ovunque ha vissuto l’ha sempre toccata
profondamente, per cui fu sempre attenta alle moltissime necessità materiali,
morali e spirituali che non mancavano anche fra i poveri contadini che formavano
la popolazione di Santa Marinella, nei pressi di Roma, dove si trasferì. Lei e
le sue suore sono ricordate come “suore operaie” che vivevano di poche cose e
andavano di casa in casa per raccogliere i bambini per la catechesi, offrivano
la scuola materna gratuita e instancabilmente si dedicavano alle ragazze
ospitate nel loro Istituto. Sensibile e attenta agli avvenimenti storici ed
ecclesiali, soffriva particolarmente l’indifferenza religiosa di molti abitanti
del luogo, per i quali pregava e si offriva al Signore. Trasmise la stessa attenzione
sociale ed ecclesiale alle figlie che inviò in Italia e all’estero.
D. – La caratteristica peculiare della santità della
Curcio ...
R. – Lesse appassionatamente gli scritti di Santa Teresa
d’Avila e della giovane Teresa di Lisieux. Il vescovo Blandini la introdusse
alla migliore spiritualità del Cuore di Gesù che divenne il centro propulsore
della sua ricchissima vita spirituale. Integrando in modo molto personale tutti
questi elementi sotto l’influsso della sua vocazione a “riunirsi con le sue
compagne per far rifiorire il Carmelo” in ogni parte del mondo, divenne una
vera “contemplativa nell’azione”: nell’incontro personale con Gesù e la sua “tenera Madre”, prima ancora che
dall’osservazione di persone e situazioni di bisogno, comprendeva cosa fare e
come farlo. Così crebbe costantemente nell’attitudine a collaborare alla
redenzione e “restaurazione dell’umanità”,
“offrendosi insieme con il gran Martire d’amore” del quale percepiva
vivamente il dolore per l’incorrispondenza degli uomini al suo Amore totale e generoso.
Tutto ciò si trasfondeva in uno stile di vita caratterizzato dalla preghiera
continua e dalla grande carità verso tutti.
D. – Qual è il suo messaggio per l’uomo d’oggi?
R. – La Beata Maria Crocifissa ha molto da dire a tutti
noi, tentati di concentrare l’attenzione del fare e dell’amare su ciò che è
appariscente e potente. In lei rifulge l’assoluto primato del rapporto con la
Trinità nell’amore di Gesù e in compagnia della Vergine Maria. Tale rapporto
costituisce il “mondo interiore” ricco d’amore e di luce a partire dal quale
ella ha vissuto nel “mondo terreno” con un grande senso pratico coniugato a una
finissima carità e a una grande forza di carattere nell’affrontare
contraddizioni e difficoltà di ogni genere. Così, dal suo esempio, impariamo
che vivere nello Spirito non è un’evasione dalle “banali” cose terrene, ma un
modo più autentico di affrontare la vita quotidiana senza lasciarsene
travolgere o abbagliare, bensì esprimendo nella libertà dei figli di Dio il
meglio di sé. In questo, come lei, troveremo un aiuto e una guida inesauribile
nella “tenera Madre” Maria, vera maestra di cose spirituali e di cose terrene.
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LO SPORT SIA UNA SCUOLA DI UMANITA’ E DI VIRTU’.
LO HA DETTO IL PRESIDENTE
DEL
PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI, MONS. STANISLAW RYLKO,
APRENDO
IL SEMINARIO “IL MONDO DELLO SPORT OGGI:
CAMPO
DI IMPEGNO CRISTIANO”
Un’analisi
del mondo dello sport nella società contemporanea in rapporto tra sport ed evangelizzazione.
E’ questo l’ambito tematico del seminario internazionale “Il mondo dello sport
oggi: un campo di impegno cristiano” promosso dal Pontificio Consiglio per i
laici. Con questo seminario che si concluderà domani inizia la sua attività la
sezione Chiesa e sport del dicastero per i laici, istituita nel 2004 per
volontà di Giovanni Paolo II. Il servizio di Amedeo Lomonaco.
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La Chiesa esperta in umanità e buona samaritana
dell’umanità può dare un contributo alla soluzione dei gravi e urgenti problemi
che affliggono oggi il mondo dello sport. Lo ha detto il presidente del
Pontificio Consiglio per i laici, mons. Stanislaw Rylko, sottolineando come lo
sport nell’era della globalizzazione sia in grado di superare barriere geografiche,
sociali ed economiche, ma anche di creare un’industria del tempo libero che
produce sogni di potenza e di successo. Per molte persone – ha aggiunto mons.
Rylko – lo sport è diventato uno stile di vita e per non pochi uomini e donne è
un vero e proprio surrogato dell’esperienza religiosa. Nella società
secolarizzata – ha spiegato il presule – gli spettacoli sportivi hanno assunto
il carattere di rituali collettivi. Stadi e palestre diventano così templi del
nuovo culto. A questo processo si accompagna poi un cambiamento del rapporto
dell’uomo con il proprio corpo. Dalla cura del corpo – ha detto mons. Rylko –
si è passati al culto del corpo. Altre ombre che colpiscono lo sport sono le
interferenze economiche e politiche, il fenomeno del doping. Il ritratto del
mondo dello sport tracciato da mons. Rylko si è concluso analizzando sfide e
opportunità. Ci sono schiere di persone per le quali lo sport è una vera scuola
di umanità. Queste persone – ha detto il presule – sono una potente risorsa per
rinnovare il mondo dello sport.
Dal Palazzo di
San Callisto, per la Radio Vaticana, Amedeo Lomonaco.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina – “Nella
luce del mistero della comunione dei Santi”: Benedetto XVI presiede la
concelebrazione eucaristica in suffragio dei cardinali e dei vescovi defunti
nell’anno.
Servizio vaticano - Un
articolo sulla concelebrazione eucaristica presieduta da padre Pasquale
Borgomeo nella Cappella di Radio Vaticana: lascia la direzione generale dopo 35
anni di servizio
Una pagina dedicata al
cammino della Chiesa in Italia.
Servizio estero - Un
articolo di Gabriele Nicolò dal titolo “Dolorosa memoria e profonda
riconoscenza per i caduti di Nassiriya”: due anni fa il sacrificio di diciannove
tra soldati e civili italiani
Un articolo di Marcello
Filotei dal titolo “Le prospettive del negoziato dopo la scomparsa di Arafat”:
l’11 novembre 2004 moriva il leader storico palestinese.
Servizio culturale - Un
articolo di Marco Impagliazzo dal titolo “Un taglio innovativo che supera
antichi stereotipi”: concluso a Roma il Convegno su “Judei de Urbe”.
Servizio italiano - In
rilievo il tema della finanziaria.
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11 novembre 2005
LA NUOVA COSTITUZIONE DELL’IRAQ E LA DIFESA DELLA
LIBERTA’ RELIGIOSA
AL CENTRO DELLA CONFERENZA STAMPA TENUTA IERI
DAL PRESIDENTE IRACHENO
TALABANI
ASSIEME AL PATRIARCA EMMANUEL DELLY,
DOPO
L’INCONTRO CON BENEDETTO XVI
- Con
noi, mons. Louis Sako -
Il
presidente Talabani, dopo l’incontro con Benedetto XVI in Vaticano, si è recato
ieri pomeriggio in visita ai vescovi caldei iracheni e della diaspora riuniti a
Roma per il loro Sinodo. Il presidente iracheno ha tenuto una conferenza stampa
assieme al Patriarca Emmanuel Delly. A seguire l’evento, nella sede dell’Opera
della Chiesa, c’era per noi Alessandro Gisotti:
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“THE POPE WAS VERY KIND TO THE IRAQI PEOPLE …”
“Il
Papa – ha detto Talabani – segue con molta attenzione le vicende del popolo
iracheno”. Nella conferenza stampa, il presidente si è soffermato sulla
costituzione approvata recentemente con referendum, un tema assieme alle
elezioni, oggetto del colloquio di ieri con il Pontefice:
“ALL KIND OF FREEDOM WIL BE …”
“La
libertà religiosa sarà garantita per tutti gli iracheni”, ha assicurato
Talabani che ha anche voluto esprimere la sua solidarietà al popolo giordano
colpito dal terrorismo. “I criminali che hanno fatto strage ad Amman - ha
affermato - sono gli stessi che operano ogni giorno contro il popolo iracheno”.
Dal canto suo, il patriarca caldeo Emmanuel Delly ha
sottolineato come la Chiesa dell’Iraq lavori per un futuro di pace, senza
divisioni:
“Tutti noi siamo iracheni, nello stesso modo, senza
distinzioni: questo è musulmano, questo è caldeo, questo è siriano, questo è
cattolico … Il governo lo stimiamo ed ecco, il presidente tra di noi. Tutti noi
siamo una sola famiglia: famiglia irachena”.
La nuova Costituzione dell’Iraq resta
dunque al centro del confronto politico. Nonostante le rassicurazioni del
presidente Talabani, la comunità cristiana è preoccupata per il riferimento
alla legge islamica come fonte principale di diritto. Preoccupazione espressa,
ai nostri microfoni, da mons. Louis
Sako, arcivescovo di Kirkuk:
“Abbiamo una
speranza, perché dopo quattro mesi ci saranno – speriamo! – modifiche. Ma anche
la Chiesa deve fare qualcosa: chiedere di modificare questi articoli. Una legge
musulmana è contraria alla democrazia. E’ detto, per esempio, che la donna non
è uguale all’uomo, ed altre cose simili. Dunque, o democrazia o l’Islam; la
coesistenza: non c’è altro per una civiltà o una società civile. Non
secolarista come in Europa, non religiosa come in Iran. E’ necessario tenere le
due cose separate. Non si deve parlare di minoranza o di maggioranza: bisogna
parlare di un’entità, di un popolo solo. Forse, se l’unità irachena viene
salvata, l’Iraq potrà diventare un modello per tutta la zona”.
Ma
mons. Sako si è anche soffermato sulle altre sfide per i presuli dell’Iraq,
dall’emigrazione dei cristiani al proliferare di sette evangeliche:
“Come
sfide, la prima è la sicurezza, poi c’è l’emigrazione dei cristiani verso i
Paesi vicini: se ne vanno in Giordania, in Siria, o ancora più lontano … Anche
le sette evangeliche sono tante, e sono per noi un’altra sfida. Immagini a
Baghdad, solo a Baghdad ci sono 16 nuove chiese! Trovano un ortodosso, un
cattolico, trovano un iracheno, gli danno del denaro e trasformano la sua casa
in una chiesa …”
Il Sinodo dei vescovi caldei si
conclude domani. Tra i temi chiave dell’assise ecclesiale la situazione della
comunità cristiana in Iraq e la riforma della liturgia.
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DOMANI A MADRID GRANDE MANIFESTAZIONE
CONTRO IL PROGETTO DI LEGGE
SULLA
SCUOLA DEL GOVERNO ZAPATERO,
CONSIDERATO
CONTRARIO ALLA LIBERTA’ EDUCATIVA
- Interviste con Antonio Pelayo e padre
Manuel de Castro -
La Confederazione Cattolica
Spagnola dei Padri di famiglia e degli Alunni, ha indetto per domani pomeriggio
a Madrid una grande manifestazione in segno di protesta per il Progetto di
legge sull’Istruzione avanzato dal governo Zapatero. L’ordinamento viene ritenuto
contrario al diritto dei genitori a scegliere per i loro figli, il tipo di insegnamento
che meglio si accordi con i loro principi morali e religiosi. Con un
comunicato, la Conferenza episcopale spagnola ha espresso il proprio sostegno
all’iniziativa, definendola “un mezzo legittimo con cui i genitori ed altri
agenti educativi, si adoperano per difendere i loro diritti conculcati dal
progetto di legge sull’istruzione”. Sugli scopi della manifestazione, Roberto
Piermarini ha intervistato il corrispondente di “Antena Tres”, Antonio Pelayo:
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R. – C’è una questione di fondo sulla quale bisogna molto
insistere, ed è che la legge – come altre leggi che l’hanno preceduta – rapisce
– se così possiamo dire – il diritto dei padri a scegliere il tipo di
educazione che vogliono per i loro figli, cioè lo Stato si assume un ruolo determinante,
un ruolo ingiusto che di fatto obbliga i padri a scegliere un tipo di
istruzione contro un altro. Questa è una ragione di fondo. Poi, bisogna dire
anche che questa legge non risolve il disastro della educazione in Spagna:
l’Unione Europea ha appena pubblicato uno studio secondo il quale la Spagna è
ai primi posti in tutta l’Europa comunitaria sulla percentuale dei giovani che
abbandonano gli studi prima di averli terminati. Siamo superati soltanto da
Grecia e Malta. Poi, terza ragione, c’è una protesta contro il disprezzo reale,
pratico, dell’in-segnamento della religione in questo curriculum previsto dalla
nuova legge.
D. – Rischia, con questa legge, l’ora di religione nelle
scuole pubbliche spagnole?
R. – Rischia perché anche se teoricamente esiste la
possibilità di offrirla agli studenti, è offerta in tali circostanze e con tali
modi che si renderà inaccettabile per tantissimi ragazzi e dunque praticamente
irrilevante nel curriculum generale dei suoi studi. Quindi, è teoricamente
salvo il diritto a fare l’ora di religione, ma in pratica sarà molto difficile
attuarla.
D. – Che cosa hanno detto i vescovi spagnoli a proposito
di questa manifestazione e di questo progetto di legge?
R. – Intanto, i vescovi hanno detto una cosa che mi sembra
molto ragionevole: questa non è una manifestazione di vescovi! Alcuni ci
saranno, altri no, altri hanno detto che non vogliono andare, ma tutti insieme
– su questo non c’è stata nessuna discrepanza – appoggiano il diritto dei
padri, dei cittadini di un Paese democratico, a manifestare in piazza le
proprie opinioni. Anche perché i vescovi condividono una gran parte delle
critiche che queste associazioni hanno rivolto al progetto di legge, e poi
condividono soprattutto la reale mancata volontà di dialogo del governo, con
questi settori che rappresentano la società spagnola.
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Oggi in Spagna sono il 67,5% gli studenti che frequentano
gli istituti pubblici ed il 32,5% quelli privati. I centri privati associati
alla FERE-CECA (centri di religiosi o di ispirazione cattolica) sono 1.871,
frequentati da 1.037.928 studenti. In questi centri privati insegnano 60.564
insegnanti tra laici e religiosi. Segretario generale dell’Associazione è il
padre salesiano Manuel de Castro al quale Padre Ignazio Arregui ha chiesto
quali sono le problematiche dell’attuale progetto di legge del governo spagnolo
sull’istruzione.
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R. – HAY CUESTIONES QUE HACEN REFERENCIA GENERAL A LA
CALIDAD …
Ci sono questioni che riguardano in generale la qualità
dell’educazione. In Spagna esiste un problema di qualità dell’educazione, c’è
un disastro dell’educazione e la Legge Organica dell’Educazione (LOE)
pretenderebbe risolvere tutti questi problemi. Tuttavia noi crediamo che tale
legge, così come si presenta, non risolva il problema della qualità e del
miglioramento dei risultati scolastici. Questo è il primo problema. Ma oltre a
ciò questa legge, con la scusa di voler migliorare la qualità dell’istruzione,
limita la libertà d’educazione e crea ostacoli all’insegnamento “concertado” parificato,
in concreto all’insegnamento cattolico.
D. – In base all’attuale progetto di legge
sull’educazione, rimane invariata la libertà dei padri di scegliere il centro
scolastico più appropriata per i loro figli?
R. - EN REALIDAD QUEDA MERMADA. NO SE DICE EXPRESAMENTE …
In realtà viene ridotta. Non viene detto espressamente, né
viene limitata esplicitamente, anche perché tale libertà è riconosciuta dalla
Costituzione. Però si introduce una serie di elementi che in pratica la
limitano. Ad esempio viene riconosciuta al ministero della cultura la facoltà
di decidere se un centro possa essere riconosciuto o no e se possiede tutti i
requisiti legali necessari. Inoltre si stanno predisponendo modalità di
ammissione degli studenti alle scuole private per cui in pratica è il ministero
della cultura a decidere in che modo distribuire gli alunni nei vari centri.
D. – I religiosi hanno una parte importante in tutta la
struttura educativa della Spagna. Qual è stato il loro contributo come
educatori nell’elaborazione della nuova legge?
R. – LA REALIDAD ES QUE NOS HAN HECHO TRABAJAR A TODOS
MUCHO, …
In realtà ci hanno fatto lavorare molto, ma in pratica il
testo finale della legge attualmente in esame è quello voluto dal governo,
mentre tutti i nostri contributi alla fine non sono stati presi in considerazione.
D. – Come spiegare questa riforma? Risponde ad una
esigenza della società?
R. - ESTA CLARO CHE OBEDECE A OBJETIVOS POLITICOS. …
E’ chiaro che obbedisce ad obiettivi politici.
Innanzitutto c’è stata la sorpresa dell’inatteso cambiamento di governo. Il
precedente partito al potere, il Partito popolare, aveva appena varato una nuova legge sull’educazione, che
cominciava ad essere messa in pratica molto gradualmente, ma che comunque si
era incominciato ad applicare. Il governo attuale, per interessi politici, ne
ha sospeso l’applicazione, l’ha rinviata e si è proposto di modificarla. Qual
è stata la motivazione che ha dato? Che
la precedente legge non era stata adottata con il consenso di tutta la società
mentre il nuovo governo voleva approntare un legge con l’approvazione di tutti.
In pratica non è così, non è la legge di tutti. Questo cambiamento non è
giustificato, non era richiesto da nessuno, né dai genitori né dagli alunni, né
dai professori.
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SI E’ CONCLUSO OGGI A LIONE IL CONGRESSO MONDIALE DI
SIGNIS,
L’ASSOCIAZIONE CATTOLICA MONDIALE PER LA
COMUNICAZIONE
- Intervista con padre Federico Lombardi -
Si è concluso oggi a Lione, in
Francia, il Congresso mondiale di Signis, l’Associazione cattolica mondiale per
la comunicazione: si tratta di un organizzazione non governativa fondata nel
2001 e presente in 140 Paesi. Durante i lavori è stata pubblicata una Dichiarazione in cui si
chiede un cambiamento forte nel modo di comunicare attraverso i mass media “per
contribuire ad un mondo di pace, rispetto e solidarietà”.
Nell’ambito del Congresso si sono svolti dei seminari
professionali riservati agli “addetti
ai lavori” con l’obiettivo di sviluppare
una collaborazione sempre più stretta tra gli operatori di televisione,
radio, cinema e Internet. Al seminario sulle radio ha partecipato il direttore
generale della nostra emittente padre Federico Lombardi. Sergio Centofanti lo
ha intervistato:
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R. – Lo scopo principale era riflettere sulle reti di
radio, sui network radiofonici. Questo è un punto importante perché in molte
parti del mondo le radio cattoliche nascono pullulando un po’ da una parte e un
po’ dall’altra in modo disordinato. Poi, però, quando si raggiunge una certa
maturità si capisce che soprattutto nell’area di una certa regione, di una
certa nazione devono organizzarsi costituendo proprio una rete, collegata tra
loro, in modo tale da mettere in comune le risorse sia dal punto di vista
tecnico, da un punto di vista di formazione, da un punto di vista di programmazione.
Allora le esperienze che si comunicavano in questi due giorni riguardavano
proprio la costituzione di reti di radio cattoliche in diversi Paesi.
Soprattutto erano rappresentate l’Africa e l’America Latina. L’America Latina è
già più avanti perché la radiofonia cattolica è nata da molto tempo, da diversi
decenni. Invece, in Africa siamo proprio in un tempo di crescita, di inizio in
molti Paesi, e anche i problemi di grande povertà, di scarsità di risorse,
rendono la questione piuttosto bruciante, piuttosto attuale ed era molto
importante scambiarsi informazioni, consigli su come muoversi in questa situazione.
D. – In questo senso, quindi, quale può essere il ruolo
delle radio, in particolare della Radio Vaticana, nel mondo?
R. – La Radio Vaticana si presenta – e questo seminario lo
conferma – come una radio sorella maggiore centrale che da Roma appoggia e
fornisce contenuti che riguardano la vita della Chiesa e dell’umanità in una
prospettiva universale, mentre a livello locale o anche nazionale le radio
locali e le reti che esse costituiscono sviluppano naturalmente una
programmazione più vicina alle necessità locali e più ricca di informazioni di
carattere locale. Queste radio sentono moltissimo il bisogno del contributo
di un orizzonte più ampio sulla realtà internazionale e sulla vita della Chiesa
nel mondo. Effettivamente il seminario è stato per noi molto confortante perché
si è visto come praticamente tutte le realtà radiofoniche della francofonia nel
mondo, da Guadalupe al Quebec francese, alla Francia, naturalmente, al Belgio,
fino alla Polinesia francese e a tutta l’Africa francofona, stanno utilizzando
in modo intensissimo tutta la nostra programmazione. Qui naturalmente nascono i
problemi anche di carattere tecnologico, cioè come si fa a far arrivare questa
programmazione da Roma nelle diverse parti del mondo e come si fa a connettere in rete, in regioni magari
povere, delle radio distanti fra di loro. C’è quindi l’aspetto di
consapevolezza, di coscientizzazione della necessità di lavorare insieme, c’è
l’aspetto organizzativo – connettere le proprie forze – c’è l’aspetto proprio
tecnologico, cioè come ci si scambiano concretamente le informazioni e i
contenuti. Internet sta dando delle nuove possibilità. Noi siamo ritrasmessi a
Tahiti con i nostri programmi francesi perché adesso ci sono le linee ADSL che
portano tranquillamente il materiale via Internet: questo fino a poco tempo fa
non era possibile. La tecnologia dà nuove possibilità.
D. – Nel mondo quante sono le radio che ritrasmettono la
Radio Vaticana?
R. – Contando anche delle realtà piuttosto piccole, siamo
già decisamente al di sopra del migliaio.
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IL
GRAZIE COMMOSSO DELLA RADIO VATICANA
A
PADRE PASQUALE BORGOMEO, NEL GIORNO DEL SUO CONGEDO,
DOPO
35 ANNI AL SERVIZIO DELL’EMITTENTE PONTIFICIA
DI CUI
20 DA DIRETTORE GENERALE
“Un’appassionante
avventura” al servizio della Chiesa e del suo Supremo Pastore: così padre
Pasquale Borgomeo ha definito i suoi 35 anni alla Radio Vaticana. Lo ha fatto
stamani, durante l’omelia della Messa tenutasi nella Cappella
dell’Annunciazione della nostra emittente, per il suo congedo, dopo vent’anni
alla direzione della Radio del Papa. Un momento pieno di emozione su cui ci riferisce Alessandro Gisotti:
**********
Un saluto
commosso a quella che ha sempre chiamato la “grande famiglia della Radio Vaticana”.
Padre Pasquale Borgomeo ha ringraziato quanti in questi lunghi anni di suo servizio
hanno fatto sì che lo sviluppo della Radio non rimanesse soltanto un “pio e
frustrato desiderio”. Ed ha voluto sottolineare l’importanza di ritrovarsi
assieme, ancora una volta, attorno al Banchetto eucaristico:
“Credo che questo sia il modo migliore, il più autentico,
il più profondo di condividere l’Eucaristia in questo momento. E anche il luogo
migliore nel quale – molti di voi ricorderanno – molte volte abbiamo condiviso
dolore e speranza, fede e solidarietà, sperimentando in maniera autentica quel
vincolo di unità che fa della Radio Vaticana e una comunità”.
Padre Borgomeo
ha così tracciato un bilancio di eventi ed emozioni che hanno caratterizzato
metà della sua vita al servizio della Radio Vaticana:
“Nel momento
del congedo, quello che domina in me è un sentimento di stupore prima ancora
che di gratitudine. Stupore e gratitudine per il dono inestimabile che mi è
stato fatto di poter servire la Chiesa ed il suo Supremo Pastore in tempi tanto
cruciali per la storia dell’umanità, e di veder crescere, giorno dopo giorno,
in maturità, in motivazione, in professionalità, in efficacia, il magnifico
strumento di evangelizzazione che è la Radio del Papa”.
Dopo la Messa,
la comunità della Radio ha salutato padre Borgomeo alla Sala Marconi. Incontro
pieno di commozione che ha voluto anche essere un passaggio di testimone, in
famiglia, al nuovo direttore generale, padre Federico Lombardi. Nel suo saluto,
padre Borgomeo ha esortato quanti proseguono il proprio lavoro all’emittente
pontificia a “mantenere alla Radio Vaticana il suo carattere universale”.
“Pensate universale - ha detto padre Borgomeo – guardate il mondo” al servizio
della Chiesa.
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11
novembre 2005
150 anni fa moriva il
filosofo danese Søren KierKegaard.
Pensatore cristiano e autore di diverse
opere, intese la scrittura
come dedizione alla causa della verità che
riconobbe in Gesù Cristo
- A cura di Tiziana Campisi -
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ROMA. = L’unica cosa necessaria
per lui era la salvezza dell’anima. A 150 anni dalla sua morte - Søren
Kierkegaard morì l’11 novembre del 1855 - il filosofo danese dice ancora
all’uomo di oggi che di fronte alla libertà
assoluta è possibile trovare la pace solo nella fede in Dio. Ritenne
illusoria e menzognera la filosofia idealistica tedesca, soprattutto di
Shelling ed Hegel, e si scagliò contro i discorsi cattedratici ma senza
effettiva incidenza nell’anima delle persone. Due i concetti fondamentali del
suo pensiero: l’esistenza umana non può ridursi alla logica; il singolo vale
unicamente di fronte a Dio, ne è infatti sua immagine ma creatura libera.
Kierkegaard insegna la necessità della conversione del cuore, che deve portare
l’individuo a testimoniare la fede pubblicamente come scelta di vita. La fede autentica, per lui, è rischio, coraggio di
fronte all'ignoto. Consiste nell’accettazione del paradosso e della prova. L’atto di
fede implica una rottura con la razionalità ed esige un salto. Il suo oggetto
urta contro la ragione che pretende di spiegare e di esaurire tutto e non
ammette nulla sopra di sé. La ragione vuole solo comprendere, spiega Kierkegaard,
e la fede di fronte ad essa diviene scandalo perché non ha giustificazione in alcuna logica, ma è
alla fede che l'uomo sa di doversi necessariamente affidare per essere salvato.
Proprio la fede salda, questa decisione sofferta e paradossale di credere nella
salvezza, permette agli uomini di allontanare il sentimento dell’angoscia
provocato dalla solitudine dinanzi alle scelte. E nel discernimento quale aiuto
migliore se non quello della Scrittura per Søren Kierkegaard. Diceva: “Si deve leggere
la Bibbia così come il giovane legge la lettera dell’amata: La Bibbia è scritta
per me”.
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CONCORDATO, RIFORME
COSTITUZIONALI, IMPEGNO DEI CATTOLICI IN POLITICA,
VALORIZZAZIONE DEL
CONCILIO VATICANO II: SONO ALCUNI DEI TEMI
DELLA IX ASSEMBLEA DEL
MOVIMENTO ECCLESIALE DI IMPEGNO CULTURALE
CHE SI APRE OGGI A ROMA
ROMA.
= “La Chiesa non può essere ridotta a potere tra i poteri”. È l’appello lanciato
dal presidente del Movimento ecclesiale di impegno culturale (MEIC) Renato
Balduzzi. Concordato, riforme costituzionali, impegno dei cattolici in
politica, valorizzazione del Concilio Vaticano II, sono alcuni dei temi che
Balduzzi affronterà nella relazione introduttiva alla IX assemblea nazionale
del Movimento, che si apre questo pomeriggio a Roma alle 16.30 alla Domus
Mariae. “Parlarsi per non morire. Sentieri interrotti del Concilio e dialogo
tra le culture”, questo il tema del convegno che si protrarrà fino a domenica.
“La Chiesa del Vaticano II – osserva Balduzzi - è una Chiesa convinta che nuove
sintesi tra fede e storia, tra Vangelo e cultura dovranno passare non
attraverso la creazione di blocchi difensivi di ‘civiltà’”, ma attraverso
profonde inculturazioni con la post-modernità di una fede fermento e lievito e
di una Chiesa sempre meno ‘istituzione’ e sempre più comunione del popolo di
Dio”. “Una Chiesa capace di siffatta
mediazione alta – prosegue Balduzzi - è anche più credibile quando valorizza e
difende (e lo fa del tutto legittimamente) lo strumento concordatario, inteso come
quello strumento ‘realistico’ che non concede privilegi, ma che meglio di altri
strumenti consente di affermare al tempo stesso l’indipendenza dello Stato
laico ‘nel proprio ordine’ e il concorso indipendente della Chiesa in tutte
quelle materie dove la condizione di cittadino e quella di fedele si intersecano”. Domani, alle 10.30, alla
Facoltà di Scienze Politiche dell’Università La Sapienza, si svolgerà una
tavola rotonda dal titolo “Quale soggettività culturale e civile dei cattolici
italiani? “Sarà anche inaugurata la mostra “Intellettuali cattolici e società
italiana dal 1932 al 2005”. (T.C.)
“PREMIO
SIDNEY PER LA PACE” CONSEGNATO OGGI ALL’UGANDESE OLARA OTUNNU,
GIÀ
SOTTOSEGRETARIO GENERALE DELLE NAZIONI UNITE, PER IL SUO IMPEGNO
CONTRO
LO SFRUTTAMENTO DEI BAMBINI IN GUERRA
SIDNEY.
= È l’ugandese Olara Otunnu a ricevere oggi il “Premio Sidney per la pace”, istituito
nel 1998 e già assegnato a personalità note per il lavoro svolto a sostegno
degli emarginati del Sud del mondo, come la scrittrice e attivista indiana,
Arundhati Roy, e la palestinese Hanan Ashrawi. Otunnu, già sottosegretario
generale dell’ONU ed ex-rappresentante speciale delle Nazioni Unite per
l'infanzia e i conflitti armati, si è distinto per il
suo impegno contro lo sfruttamento dei bambini in guerra. Su tale problema ha redatto
un importante rapporto sui Paesi e sulle organizzazioni che se ne rendono responsabili.
Nel discorso pronunciato in occasione della consegna del premio, Otunnu ha reso
nota l’intenzione di voler dar vita alla “Fondazione LBL”, per difendere i
diritti dell’infanzia. Nella sigla la “L” vuole ricordare l’arcivescovo e
martire ugandese Janani Luwumvery; la “B” il filosofo, poeta ed antropologo
Okot p’ Bitek; la “L” finale il dottor Matthew Lukwiya, morto per curare i malati
di ebola. Dati riportati dall’agenzia Misna parlano di circa 25.000 bambine e
bambini nord ugandesi costretti dai ribelli dell’Esercito di Liberazione del
signore (Lord resistance army, Lra) ad imbracciare le armi. Un documento
stilato per l’ONU lo scorso 9 novembre da un gruppo di 50 organizzazioni non governative
rivela che ogni settimana sarebbero 1000 le persone che muoiono nei campi
profughi, dove 2 milioni di sfollati civili si sono rifugiati per sfuggire ai
soprusi dell’LRA. Ma proseguono, nell’area dei Grandi Laghi, anche gli sforzi
della missione diplomatica ONU. Nel Burundi, i rivoltosi delle Forze nazionali
di Liberazione (FNL) sono stati invitati a deporre le armi per facilitare il
processo di pace, mentre sanzioni sono state previste a carico dei gruppi separatisti
tuttora operanti nella Repubblica Democratica del Congo. (A. R.)
PAKISTAN: UN’ORGANIZZAZIONE UMANITARIA CHIEDE AL
GOVERNO LA POSSIBILITA’
DI ADOTTARE 500 BAMBINI RIMASTI ORFANI DOPO IL
TERREMOTO DELL’8 OTTOBRE
PER OFFRIRE LORO OSPITALITÀ ED ISTRUZIONE
BALAKOT. = Cinquecento bambini rimasti orfani in
Pakistan dopo il terremoto dell’8 ottobre potrebbero essere adottati dall’All
Pakistan Minorities Alliance. L’APMA, organizzazione non governativa che riunisce le
minoranze etniche e religiose del Pakistan, ha chiesto l’autorizzazione al
governo. In un comunicato, riferisce l’agenzia Asianews, Khalid Gill, capo
organizzatore del campo base dell’Apma a Balakot, 40 chilometri da Mansehra,
conferma: “Shabbaz Bhatti, il nostro presidente ha chiesto al governo pakistano
di potersi assumere, come associazione, la responsabilità di 500 orfani:
possiamo dare loro rifugio, cibo ed educazione”. L’APMA è stata in prima linea
nelle operazioni di primo soccorso e di ricerca dei superstiti, oltre ad
essersi occupata del trasporto dei feriti nelle zone fornite di ospedali. Il 12
ottobre, la stessa Onlus ha inaugurato un campo base a Boli, un villaggio a 4
chilometri da Balakot, nel distretto della provincia della frontiera
nord-ovest. Sono circa 50 i volontari che vi lavorano per aiutare i
sopravvissuti feriti. “Abbiamo aperto anche una scuola-tenda – ha detto Gill –
dove 150 orfani possono proseguire il corso scolastico. In questa scuola sono impegnati
5 insegnanti”. L’All Pakistan Minorities Alliance ha pure
messo in piedi e reso operativa un’equipe veterinaria per prendersi cura degli
animali feriti, soprattutto asini e muli, fondamentali per i trasporti nelle
zone montuose. “Il mondo deve pregare per i sopravvissuti e per coloro che
operano volontariamente qui - ha concluso Khalid Gill – ci aspettano anni molto
duri che dovremo dedicare alla ricostruzione. Gli aiuti non devono cessare e la
nostra forza non deve mai venire meno”. (T.C.)
LA CONFERENZA ITALIANA SUPERIORI MAGGIORI HA
ELETTO IL SUO NUOVO
PRESIDENTE. È IL SALESIANO DON ALBERTO LORENZELLI,
NOMINATO NEL CORSO
DELLA QUARANTACINQUESIMA ASSEMBLEA GENERALE
SVOLTASI A MONOPOLI
- A cura di padre Egidio Picucci -
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MONOPOLI. = È terminata questa
mattina a Monopoli, in provincia di Bari, la 45.ma assemblea generale della
Conferenza italiana superiori maggiori, CISM. I lavori si sono conclusi con una
relazione del presidente uscente, don Mario Aldegani, che ha chiarito quanto si
è discusso sul tema proposto, cioè “Il ruolo del Superiore maggiore e del suo
Consiglio”, visto nella luce di un servizio evangelico ai confratelli del
proprio istituto: servizio di comunione e di corresponsabilità. I 170
partecipanti hanno eletto nel corso dell’incontro il nuovo presidente della
Conferenza, che resterà in carica per i prossimi quattro anni. A don Mario è
subentrato il salesiano don Alberto Lorenzelli, già vicepresidente della Conferenza
stessa. Don Lorenzelli è nato a Buenos Aires il 2 settembre 1953 da immigrati
italiani ed è entrato nell’Istituto salesiano a 20 anni, nel 1973. Oltre alla licenza
in Teologia e Dogmatica, ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento delle
materie letterarie ed è stato docente di lettere e religione per 22 anni.
Qualche anno fa, inoltre, è stato nominato preside dell’Istituto tecnico
industriale e del Liceo scientifico don Bosco di Genova, dove è tra i
soci-fondatori dell’Università della Terza Età, cappellano del carcere minorile
e preside della FIDAE ligure. È suo merito esclusivo la fondazione del Liceo
scientifico sportivo, il primo in Italia. Nel 2002, don Lorenzelli è stato
eletto superiore provinciale della Ispettoria ligure-toscana e presidente
regionale della Conferenza italiana superiori maggiori. La Conferenza riunisce,
a livello nazionale, 130 Istituti con circa 22 mila religiosi.
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11
novembre 2005
- A cura
di Eugenio Bonanata -
In Giordania, la capitale Amman è
ancora stordita dopo il triplice attacco che mercoledì scorso ha provocato 57
morti e circa 100 feriti. Mentre cresce la condanna internazionale, il
segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, è giunto stamani ad Amman per portare
la solidarietà delle Nazioni Unite. La visita, prevista per ieri, era stata
rimandata dopo le stragi. Il nostro servizio:
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“Nessuna causa può giustificare
questi atti”. È quanto ribadito dal numero uno del Palazzo di Vetro che in
serata parlerà con re Abdallah della “situazione in Iraq e della lotta al
terrorismo”. Dopo l'ondata di arresti avvenuta nelle ore immediatamente
successive agli attentati, gli inquirenti proseguono le indagini,
concentrandosi nella caccia a due uomini con accento iracheno, individuati da
testimoni poco prima delle esplosioni. Ed è salito a 60 il numero delle
vittime, compresi i tre attentatori. Fra i 13 cittadini stranieri, anche due statunitensi
hanno perso la vita. Al coro di condanna si è unita, intanto, anche
l’Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI) che in un messaggio ha sottolineato
come “L’uccisione di civili innocenti è terrorismo e distruzione sulla terra,
che meritano le più dure prese di posizione”. Di fronte al nuovo comunicato di
al Qaeda, in cui si precisa che i kamikaze erano 4 iracheni, re Abdullah
risponde che “La Giordania non si piega al ricatto”. Dopo le manifestazioni
spontanee di ieri, nel pomeriggio ad Amman è in programma un grande corteo
contro il terrorismo che ha raccolto molte adesioni fra partiti, sindacati e
associazioni.
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“Un secondo assassinio di
Hariri”. Così un nutrito gruppo di politici libanesi ha definito il discorso
del presidente siriano, Bashar al-Assad, che ieri si era scagliato contro gli
accusatori del suo Paese in relazione all’assassinio dell’ex premier libanese,
Rafik Hariri. Ribadendo l’estraneità di Damasco alla vicenda, Assad aveva
lanciato diverse accuse al Libano, definendolo l’origine di tutti i complotti.
La situazione in Libano, intanto, resta tesa: molti deputati continuano a
chiedere le dimissioni del presidente Emile Lahoud.
Nell’ambito del suo viaggio in
Medio Oriente, il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, è giunta a
Mossul, nel nord dell'Iraq, per una visita a sorpresa. A cinque settimane dalle
elezioni nel Paese, la Rice ha esortato gli iracheni a superare le divergenze
fra le varie comunità. Sul terreno, tuttavia, la violenza non conosce sosta: a
Baquba, 60 km a nord di Baghdad, tre poliziotti sono stati uccisi in
un’imboscata. L’esercito americano ha annunciato, inoltre, di aver smantellato
una cellula di kamikaze, a Baghdad, uccidendo sette persone e arrestandone
cinque.
Il nuovo leader del partito
laburista israeliano, Amir Peretz, punta all’uscita del suo partito dalla
coalizione di governo formata con il premier Sharon. Domenica è previsto un suo
incontro proprio con Sharon nel quale si concorderà la data delle elezioni anticipate.
Sul versante palestinese, oggi si commemora il primo anniversario della morte di Yasser Arafat, scomparso in
Francia l’11 novembre 2004.
E’ di oltre 400 auto incendiate,
centinaia di fermi e 7 poliziotti feriti il bilancio della 15esima notte di
disordini nelle 'banlieue' francesi. La situazione sembra, tuttavia, tornare
gradualmente sotto controllo, anche grazie allo stato d’emergenza e al
coprifuoco ordinato in una trentina di sobborghi. Da Parigi il servizio di
Francesca Pierantozzi:
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La situazione è praticamente
stazionaria nelle periferie francesi dove circa 400 auto sono state bruciate
questa notte, e 170 persone fermate. E’ in vigore lo stato d’emergenza con il
coprifuoco in atto in diversi dipartimenti, mentre resta alta la mobilitazione
delle forze dell’ordine: 12 mila agenti sono scesi in campo di nuovo, questa
notte, nei quartieri sensibili, e saranno 2.200 a sorvegliare lo svolgimento
della cerimonia sugli Champs Elysés per commemorare l’armistizio franco-tedesco
alla fine della Prima Guerra Mondiale. Ieri il presidente Jacques Chirac si è
espresso, dopo un lungo silenzio criticato da più parti. Il presidente ha spiegato
che la priorità resta ancora per il momento il ristabilimento dell’ordine
pubblico e che parlerà della crisi e delle soluzioni, quando lo giudicherà più
opportuno. “Siamo tutti figli della Repubblica”, ha detto Chirac, facendo
appello al senso di responsabilità di ognuno, in particolare a quello dei
genitori “dei troppo numerosi minorenni – ha aggiunto – coinvolti nei tumulti”.
Francesca Pierantozzi, da
Parigi, per la Radio Vaticana.
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Potrebbe passare alla storia
come la prima donna ad assumere la massima carica in un Paese africano. È Ellen
Johnson-Sirleaf, l’economista che alle elezioni presidenziali di martedì scorso
ha sfidato il campione di calcio George Weah. A scrutinio quasi ultimato, l'ex
ministro delle Finanze di Monrovia è saldamente in testa col 59% delle preferenze,
mentre Weah è fermo al 41%. Ma chi è Ellen Johnson-Sirleaf? Risponde padre
Carmine Curci, direttore della rivista missionaria dei Comboniani ‘Nigrizia’,
intervistato da Giada Aquilino:
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R. – Ellen Johnson-Sirleaf è
un’economista che ha un grande seguito all’estero e che ha focalizzato la
campagna elettorale sulla lotta alla corruzione. Ci sono comunque alcuni
elementi che possono creare dei dubbi sulla sua figura come presidente. Innanzitutto,
il suo collegamento con l’establishment di finanza internazionale; poi, la
scelta dei suoi collaboratori: quindi le persone che sceglierà in materia di
politica estera e soprattutto di economia.
D. – Una delle prime emergenze
per la Liberia è la corruzione. C’è il rischio che la Sirleaf, per governare,
debba scendere a patti con personaggi ‘discussi’?
R. – A Monrovia ci sono ancora
tanti ‘signori della guerra’ che girano indisturbati: è un fatto significativo.
Poi, non dobbiamo dimenticare che molti di questi uomini sono legati ancora
all’ex presidente Charles Taylor, che - dal suo esilio dorato in Nigeria -
continua ad influenzare la politica della Liberia. Ora, quali sono le grandi
sfide che dovranno essere affrontate? A parte la corruzione, la necessità di
dare trasparenza allo sfruttamento delle risorse naturali e la garanzia
dell’indipendenza dei tre poteri dello Stato.
D. – Dopo oltre un decennio di
guerra civile, la Liberia in che condizioni vive?
R. – Il 90 per cento della gente
è disoccupata; la capitale Monrovia dagli anni Novanta non ha elettricità né
acqua corrente …
D. – Qual è il ruolo della
Chiesa in Liberia, oggi?
R. – Secondo la Conferenza
episcopale – ci sono solo tre vescovi e tre diocesi in Liberia - la grande
priorità del Paese africano è ora la difesa della pace, ancora molto debole. Bisogna
ricostruire la Liberia e soprattutto le comunità cristiane.
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Il nuovo governo della Polonia
post-comunista ha ottenuto ieri sera la fiducia del Parlamento grazie
all'appoggio dei partiti minori, euroscettici e poco propensi alle riforme di
liberalizzazione del mercato. Con il voto della Camera bassa all’esecutivo di
centro destra guidato dal premier Marcinkiewicz, inizia così l’era dei fratelli
Kaczynski: Jaroslaw, leader del partito “Giustizia e Diritto” vincitore delle
politiche del 25 settembre scorso, e Lech, che il prossimo 23 dicembre si
insedierà come presidente.
Oltre trecento clandestini sono
giunti a Lampedusa dopo essere stati soccorsi nella notte nel Canale di
Sicilia. Gli immigrati, tra cui alcune donne, sono stati trasbordati sulle
unità di soccorso della Capitaneria di Porto di Plermo, mentre l'imbarcazione
e' stata lasciata alla deriva. In questo momento sono in corso le procedure per il
conteggio e l'identificazione degli immigrati che subito dopo saranno
trasferiti nel centro di prima accoglienza dell'isola. La struttura, che può
contenere fino a un massimo di 190 persone, si trova dunque già in emergenza.
La quinta sessione dei colloqui
sul piano di denuclearizzazione della Corea del Nord si è conclusa senza
risultati di rilievo. I partecipanti si sono impegnati a riprendere le
trattative “il piu' presto possibile”, senza indicare una data precisa. La
Corea del Nord, secondo quanto dichiarato dal suo capo negoziatore, Kim Gye-Gwan, non potrà rinunciare al
proprio programma nucleare fino a quando gli Stati Uniti manterranno le
sanzioni imposte ad un nutrito numero di aziende nordcoreane.
I tre kamikaze autori degli
attentati del primo ottobre a Bali hanno lasciato un video postumo nel quale
spiegano le ragioni del loro gesto. Nel video, secondo la polizia indonesiana,
i tre kamikaze spiegano hanno agito 'per nobile causa' e che a loro e' stato
'promesso il paradiso'. Negli attacchi del primo ottobre, nelle stazioni
balneari di Jimbaran e Kuta, sono morte 20 persone e ne sono state ferite 150.
Un nuovo focolaio di influenza
aviaria è stato scoperto nel Nordest della Cina. Ed è stato confermato un caso
di contagio del virus H5N1 anche in Kuwait, dove un fenicottero migratore
trovato morto su una spiaggia aveva contratto il ceppo letale dell’influenza
aviaria. Sul versante italiano non cambia la strategia
contro il rischio di un’eventuale pandemia dopo l’accertamento della presenza
del virus H5N1 in un’anatra selvatica nella provincia di Modena. Il virus
isolato, hanno confermato ieri gli esperti e il ministro della Salute,
Francesco Storace, è infatti scarsamente pericoloso e nulla ha a che fare con
la variante asiatica del virus H5N1.
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