RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
314 - Testo della trasmissione di giovedì 10 novembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il profondo
dolore del Papa in un telegramma al re di Giordania per gli attentati ad Amman
Stamane il Papa ha ricevuto in Vaticano il presidente
iracheno Jalal Talabani
Messaggio del Papa ai vescovi ucraini per i due nuovi Santi Bilczewski e Gorazdowski
Intervento
all’ONU di mons. Migliore sui rifugiati
OGGI IN PRIMO PIANO:
Numerosi
arresti per i tre attentati di ieri ad Amman: almeno 57 i morti. Con noi,
Guido Olimpio
Conferenza dell’OMS sulle emergenze dell’infanzia in Europa: con noi Mikael Ostergren
Ieri alla Lateranense, l’incontro del cardinale Ruini con i docenti universitari romani
CHIESA E SOCIETA’:
Assegnato il Premio Path to Peace
a Fra’ Andrew Bertie,
Gran Maestro dell’Ordine di Malta
Conclusa a Lourdes la plenaria
della Conferenza episcopale francese
Lettera
pastorale di mons. Bruno Forte sul tema: “La riconciliazione e la bellezza di
Dio”
Inaugurato a Nazareth un nuovo
centro multimediale dedicato a Maria
Iraq: 40 morti in
due attacchi kamikaze
10 novembre 2005
IL
PROFONDO DOLORE DEL PAPA IN UN TELEGRAMMA AL RE DI GIORDANIA
PER
GLI ATTENTATI COMPIUTI IERI SERA AD AMMAN CHE HANNO PROVOCATO
ALMENO
57 MORTI. BENEDETTO XVI AUSPICA UN INESAURIBILE CORAGGIO
PER
QUANTI OPERANO PER LA PACE
E PER
IL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI IN MEDIO ORIENTE
Il Papa ha
espresso il suo profondo dolore in seguito ai tre attentati compiuti ieri sera
ad Amman in Giordania che hanno provocato almeno 57
morti e 300 feriti. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato
Angelo Sodano inviato al Re di Giordania Abdullah,
Benedetto XVI parla di “crudeli atti di violenza” e di “mancanza di
rispetto della legge e della vita umana”. Le sue “sentite condoglianze” vanno
al Sovrano, alle famiglie delle vittime e all’intera Nazione. Il Pontefice
assicura le sue preghiere per le vittime e i feriti, invocando sui loro cari “i
doni divini della consolazione” e auspicando un “inesauribile coraggio” per quanti “operano
per una pace durevole e per il rispetto dei diritti umani in Medio Oriente”.
BENEDETTO XVI RICEVEIL PRESIDENTE IRACHENO JALAL
TALABANI
Mentre la violenza purtroppo infuria in Iraq, prosegue la
missione politica in Italia del suo presidente Jalal
Talabani, che dopo gli incontri con i vertici dello Stato e del Parlamento,
questa mattina è stato ricevuto in udienza privata dal Papa, accompagnato dalla
consorte e dal seguito. Servizio di Roberta Gisotti:
*********
Il nuovo Iraq “vuole democrazia,
diritti umani, libertà e uguaglianza” e “la continua presenza delle forze
multinazionali è assolutamente vitale per noi”: questo il messaggio che
Talabani ha portato in Italia e che certamente ha perorato anche oggi incontrando
per la prima volta Benedetto XVI. Speciali misure di sicurezza in tutta l’area intorno a
via della Conciliazione hanno protetto l’arrivo alle
11 del corteo presidenziale entrato in Vaticano dall’Arco delle Campane, con
qualche minuto di ritardo. Il colloquio tra Talabani e Benedetto XVI, svoltosi
nella Sala del Tronetto, è
durato circa mezz’ora, aperto dalle parole del presidente iracheno, che ha
espresso “grande piacere” al Papa per averlo ricevuto, e gli ha fatto dono di
un quadro, che era stato però dimenticato in auto, piccolo inconveniente che
non ha turbato la cordialità dell’incontro. Nessuna nota ufficiale della Santa
Sede è stata però emessa sui contenuti del colloquio. Ricordiamo che Talabani, leader curdo, è stato eletto il 6
aprile scorso dal nuovo Palamento votato dal popolo iracheno il 30 gennaio, e
che dopo la nuova Costituzione adottata il mese scorso si attende entro
quest’anno l’elezione di un governo non più provvisorio. Tra circa mezz’ora
inizierà comunque l’incontro di Talabani con i
giornalisti, previsto alle 14.30, mentre è appena iniziata la conferenza stampa
dei partecipanti al Sinodo della Chiesa caldea, in
corso fino a sabato a Roma, che ha riunito 20 vescovi cattolici dell’Iraq e
della diaspora. Tra i temi di certo in primo piano la presenza dei cristiani in
Iraq, circa 800 mila, una piccola minoranza ma molto attiva, soggetta a causa
del conflitto a forte emigrazione, e che può giocare un ruolo positivo per la causa della democrazia. A quanto si è
appreso, Talabani lascerà l’Italia domenica prossima.
**********
IN UDIENZA DAL PAPA IL PREMIER ALBANESE,
SALI BERISHA,
CHE IN
MATTINATA HA INSIGNITO LA RADIO VATICANA DELL’“ORDINE MADRE TERESA”,
UN
PREMIO PRESTIGIOSO PER GLI OLTRE 50 ANNI DI SERVIZIO
DELL’EMITTENTE
IN
FAVORE DELLA CRESCITA DEMOCRATICA E SPIRITUALE DEL PAESE BALCANICO
Oltre al presidente iracheno, l’agenda odierna di
Benedetto XVI prevedeva l’incontro con un’altra personalità istituzionale: il
primo ministro della Repubblica albanese, Sali Berisha,
ricevuto con la consorte e un piccolo seguito. Il colloquio si è svolto nella
Biblioteca del Pontefice ed è durato una quindicina di minuti, al termine dei quali il premier Berisha
ha donato al Papa una riproduzione in scala della statua di Madre Teresa di
Calcutta, il cui modello originale dovrebbe essere collocato
all’aeroporto di Tirana, secondo quanto spiegato dal primo ministro albanese a Bendetto XVI. Questi, a sua volta, ha offerto alla
delegazione alcune medaglie del Pontificato, per gli uomini, e dei rosari per
le donne.
Poco prima di recarsi in udienza dal Papa, lo stesso premier aveva voluto consegnare di persona al neo direttore
generale della Radio Vaticana, padre Federico Lombardi, il premio “Ordine Madre
Teresa”, come segno di stima e di riconoscimento per quanto fatto
dall’emittente pontificia in favore del Paese balcanico
in oltre 50 anni di rapporti. La cerimonia, svoltasi in Sala Marconi - alla presenza, tra gli altri, del cardinale
Roberto Tucci - ha visto anche un reciproco
scambio di doni. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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“Se noi riceviamo un’onorificenza
per i meriti del passato, noi la consideriamo un impegno anche per il nostro
lavoro del futuro”. E’ affiorata un po’ di commozione
tra le parole di padre Lombardi durante i brevi interventi che hanno scandito
il protocollo della consegna del premio, dove cordialità e amicizia con il
primo ministro albanese, Berisha, hanno
caratterizzato più delle formalità la cerimonia in Sala Marconi.
L’emozione ha avuto la meglio quando, oltre i
sentimenti di gratitudine, la memoria del premier Berisha
come del direttore generale della Radio è tornata a quei momenti storici che
hanno legato indissolubilmente la “Radio del Papa” alle vicende dell’Albania. Come nel 1993, durante la visita di Giovanni Paolo II nel Paese balcanico: un giorno di “risurrezione”, come lo definì Papa
Wojtyla, dopo la pagina buia del comunismo.
Un’epoca durante la quale la Radio Vaticana ha cominciato ad acquisire meriti
particolari, ricordati dallo stesso Berisha:
“Da sempre questa Radio è stata la voce della verità. Da
sempre questa radio ha difeso le verità più preziose per gli albanesi. E’ stata
la loro voce quando gli albanesi non potevano parlare.
Questo è il motivo principale per cui il presidente
della Repubblica ha accordato questo Ordine alla Radio Vaticana”.
Dal canto suo, padre Lombardi ha visto nel premio il
simbolo di un impegno che la Radio intende proseguire con coerenza:
“E’ un Ordine intitolato alla Madre Teresa, quindi un
Ordine di pace, di carità di dialogo, un Ordine di amore.
E questo è un grande messaggio. Noi vogliamo servire
il popolo albanese con questo stesso spirito, uno spirito
che aiuti una crescita nella pace e nel dialogo”.
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Dopo la cerimonia, il primo ministro albanese ha fatto un quadro dell’attuale situazione sociopolitica
e religiosa del suo Paese, a cominciare dallo speciale rapporto che l’Albania
ha coltivato e nutre tuttora nei confronti di una connazionale, Madre Teresa, divenuta
per il mondo un emblema di solidarietà e di servizio. Ascoltiamo il premier nell’intervista di Luca Collodi:
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R. – Io penso che la sua figura ogni anno che passa
diventa più grande. Durante la dittatura l’Albania
aveva negato la sua grande figlia, ma madre Teresa mai ha negato il suo Paese.
Quando è venuta io ho chiesto a Madre Teresa se avessi potuto
chiedere scusa pubblicamente a nome degli albanesi per ciò che il regime del
passato ha fatto contro di Lei mi ha risposto: mai, non è necessario. Io penso
che Madre Teresa è amata, venerata da tutti gli albanesi, indipendentemente dalla
loro religione. Questa è una verità. Lei non parlava mai di politica, soltanto
una volta nel 1995 quando ha detto: sono venuta per
augurare l’ingresso dell’Albania nel Consiglio d’Europa.
D. – Sali Berisha, come vede il
ruolo della Chiesa cattolica in Albania?
R. – Il ruolo della Chiesa cattolica è positivo.
Gli uomini di Chiesa di tutte le religioni hanno costruito durante questi anni,
con grandi difficoltà, l’infrastruttura spirituale della nazione. Hanno
restaurato la tradizione dell’armonia religiosa che esiste da sempre nel mio
Paese. Oggi l’Albania rappresenta un esempio di una eccellente
tolleranza religiosa.
D. – Lei teme infiltrazioni di un integralismo fondamentalista islamico in Albania o nei Balcani?
R. – No. Perché l’Islam albanese è
un Islam europeo, scritto in latino. Abbiamo vissuto le dittature, siamo
stati un regno, ma siamo stati da sempre uno Stato che ha rispettato le
religioni.
D. – Come deve cambiare la società la politica albanese?
R. – Prima di tutto deve salvare il Paese dalla
criminalità organizzata, dalla corruzione, che è un male che obbliga a lasciare
il Paese 100 mila albanesi all’anno in questi ultimi
tempi. Deve incoraggiare i valori, questo è vitale.
D. – Sali Berisha
qual è la sua posizione sul Kosovo?
R. – Il sogno dell’unificazione è stato sostituito con il
sogno dell’indipendenza. Penso che sia nell’interesse della pace, della
stabilità, della prosperità ed integrazione della ragione rispettare questo
sogno a condizione che i diritti delle minoranze serbe siano totalmente
garantiti, che il Kosovo diventi un Paese in cui
tutti i cittadini siano uguali. Io penso che questo sia un reale contributo per
la stabilità della Macedonia, dell’Albania e del Montenegro. Ho visitato questi
due ultimi Paesi in questo mese. Ho trovato identità
di vedute su questi sviluppi.
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ALTRE
UDIENZE
Sempre oggi il Papa ha ricevuto in successive udienze
alcuni presuli della Conferenza Episcopale di Bulgaria, in visita "ad Limina": il vescovo di Nicopoli
mons. Petko Jordanov Christov; il vescovo di Sofia e Plovdiv
mons. Gheorghi Ivanov Jovčev; mons. Christo Proykov, esarca apostolico per i cattolici di rito bizantino-slavo residenti in Bulgaria. Quindi
ha ricevuto l’arcivescovo George Antonysamy, nunzio
apostolico in Guinea, Liberia e Gambia, con i familiari. Questo pomeriggio
Benedetto XVI riceverà il cardinale Crescenzio Sepe,
prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione
dei Popoli.
NOMINE
Il Santo Padre ha nominato vescovo di Sioux City, negli
Stati Uniti, mons. Ralph Walker
Nickless, vicario generale e parroco dell’arcidiocesi
di Denver.
Mons. Ralph Walker Nickless è nato a Denver,
nel Colorado, il 28 maggio 1947. Ha studiato filosofia presso il Seminario di
San Tommaso di Denver e teologia presso il Pontificio Collegio Americano del
Nord e alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, conseguendovi nel 1973 la
Licenza in teologia. E’ stato ordinato sacerdote il 4 agosto 1973 per
l’arcidiocesi di Denver. E’ Prelato d’Onore di Sua Santità dal 16 giugno 1996.
Benedetto XVI ha quindi nominato il cardinale Péter Erdö, arcivescovo di Esztergom-Budapest, suo Inviato
speciale alle solenni celebrazioni giubilari che
avranno luogo nel Santuario di Mariapócs, in
Ungheria, il 3 dicembre 2005.
MESSAGGIO DEL PAPA
AI VESCOVI UCRAINI, CHE OGGI HANNO CELEBRATO
UNA LITURGIA DI RINGRAZIAMENTO PER I DUE NUOVI SANTI DEL
PAESE,
CANONIZZATI LO SCORSO 23 OTTOBRE
- A cura di Alessandro De
Carolis -
La Chiesa ucraina affidata ai suoi due nuovi modelli di santità:
l’arcivescovo Jozef Bilczewski
e il sacerdote Zygmunt Gorazdowski,
canonizzati lo scorso 23 ottobre. L’auspicio di Benedetto XVI è
contenuto in un messaggio indirizzato al cardinale ucraino, Jaworski,
che ha presieduto oggi a Kiev una liturgia di
ringraziamento per la cerimonia di venti giorni fa, a conclusione dei lavori
della Conferenza episcopale locale.
“Ricordando con ammirazione lo spirito di preghiera,
l’amore all’Eucaristia e la pratica della carità di questi due nuovi Santi –
scrive a nome del Papa il cardinale segretario di
Stato, Angelo Sodano – Sua Santità affida alla loro intercessione la vita e
l'impegno delle Chiese particolari latine dell’Ucraina”.
DOMENICA PROSSIMA IN SAN PIETRO SARA’ PROCLAMATA BEATA
MARIA PIA MASTÉNA,
FONDATRICE
DELLA CONGREGAZIONE DELLE SUORE DEL SANTO VOLTO
-
Intervista con
madre Tiziana Codello -
Domenica prossima 13 novembre la
Chiesa avrà 3 nuovi Beati: il sacerdote francese Charles de Foucauld, missionario in Africa tra i nomadi tuareg, Maria Crocifissa Curcio, fondatrice
delle Suore Carmelitane Missionarie di Santa Teresa del Bambin
Gesù, e Maria Pia Masténa,
fondatrice delle Suore del Santo Volto. La celebrazione sarà presieduta dal cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei
Santi, nella Basilica Vaticana a partire dalle 9.30.
Al termine della celebrazione Benedetto XVI
giungerà in Basilica per venerare le Reliquie dei nuovi Beati e rivolgere un
saluto ai presenti. Oggi parliamo di Maria Pia Masténa,
fondatrice delle Suore del Santo Volto. Giovanni Peduto ha intervistato
l’attuale superiora generale dell’Istituto, Madre Tiziana Codello,
chiedendole anzitutto un profilo biografico della nuova Beata:
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R. - Madre
Maria Pia Masténa è nata a Bovolone,
in provincia di Verona, il 7 dicembre 1881. Fin da piccola fu avvinta
dall’Eucaristia e dal Santo Volto. Queste due attrazioni sono cresciute in lei
fino a darle una forte spiritualità vissuta in tutta la sua vita e trasmessa
alla famiglia religiosa da lei fondata con il carisma di “propagare, riparare,
ristabilire il Volto di Gesù in tutti gli uomini del mondo”. Amò e soccorse
ogni genere di bisognosi e passò beneficando tutti. Visse “fortiter
et suaviter” fino alla
gioiosa immolazione di tutta se stessa. Si spense santamente a Roma il 28
giugno 1951. Le sue venerate spoglie mortali riposano presso la Casa Madre
dell’Istituto in San Fior, provincia di Treviso.
D. – Vuole descriverci l’ambiente in cui ha operato Maria
Pia Masténa?
R. - Maria Pia Masténa
visse tra la fine dell’800 e la prima metà del
Novecento in un ambiente familiare profondamente cristiano e in cittadine
prevalentemente rurali, provate da numerosi sconvolgimenti sociali, politici e
religiosi. Fattasi Sorella della Misericordia fu inviata nel trevigiano, a Miane, sede in cui
tutto era da organizzare tra una popolazione povera, priva di
ogni sostegno sociale, provata dalla sventura dell’analfabetismo e più
tardi da quella della prima guerra mondiale. La Madre si distinse per pietà e
operosità sia qui che a San Fior, dove ha fondato il suo Istituto dedicandosi,
assieme alle sue Figlie, ad elevare l’istruzione tra i fanciulli
e i giovani degli anni ’30 e ’40. Ha risposto alle crudeltà della seconda
guerra mondiale raccogliendo giovani e orfani nelle sue Case dando loro un
tetto, un pane e l’istruzione elementare e avviando molti all’apprendimento di
una professione. Scelse sempre di operare nei “Luoghi più poveri ed
abbandonati”, aprendo il suo cuore ai più bisognosi perché in loro vedeva il
Volto di Gesù abbandonato e sofferente da amare, servire e ristabilire.
D. – Quali sono le caratteristiche peculiari della
spiritualità della nuova Beata?
R. -
Al centro del carisma c’è il Volto di Gesù dolente da amare, da
riparare e da ristabilire nei volti dei fratelli sfigurati dal peccato e
dall’ingiustizia. Questo Volto è sorgente di una spiritualità riparatrice e
restauratrice. Non si limita cioè solo al riparare ma
va oltre: vuole reintrodurre l’immagine di Dio nelle anime. Tutto questo si
attua nell’amore all’Eucaristia, in prolungate adorazioni notturne,
nell’attingere la forza della missione, a volte difficile, da questo Pane. Il
Volto di Cristo presente nell’Ostia santa porta alla missione verso i fratelli
bisognosi che sono immagini viventi di Dio.
D. – Quale messaggio offre all’uomo d’oggi Maria Pia Masténa?
R. - La Madre ci ha affidato la missione di
“portare il Volto di Gesù in ogni angolo della terra”, tra i vicini e tra i
lontani. La società moderna non desidera tante parole e accoglie volentieri le
immagini, gli esempi di vita. A noi è stato dato di proporre il Volto di Colui che è “il più bello tra i figli dell’uomo”, che
serenamente dice amore, misericordia, perdono, pace, accoglienza, ad un mondo
che non è avvezzo a questi valori, che il più delle volte non li vive, ma
quando in essi si imbatte li accetta, li apprezza e molte volte finisce con il
difenderli e imitarli.
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RAFFORZARE L’IMPEGNO PER ALLEVIARE LE SOFFERENZE
DEI RIFUGIATI: E’ QUANTO
CHIEDE
ALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE, L’ARCIVESCOVO CELESTINO
MIGLIORE,
OSSERVATORE
PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO LE NAZIONI UNITE,
INTERVENUTO
IERI AL PALAZZO DI VETRO
Per
risolvere la questione umanitaria dei rifugiati servono azioni tempestive e un
adeguato finanziamento per far fronte alle emergenze. E’ il richiamo
dell’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede
presso le Nazioni Unite, intervenuto ieri sul rapporto annuale dell’Alto
Commissariato ONU per i Rifugiati. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
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Il
fenomeno dei rifugiati merita la massima attenzione da parte della comunità
internazionale. E’ quanto ribadito da mons. Celestino
Migliore al Palazzo di Vetro. Il presule ha lodato il lavoro dell’Agenzia
dell’ONU per i Rifugiati, che dà assistenza a 19
milioni di persone, tra cui anche molti richiedenti asilo. Ha poi sottolineato che “la protezione e l’assistenza di queste
persone devono andare di pari passo” assieme ad una lucida analisi delle cause
delle crisi umanitarie così da poter agire tempestivamente.
Il
principio di protezione, non solo la difesa dalle forze ostili, ha detto ancora
mons. Migliore, “tocca l’intero spettro dei diritti umani di coloro
che sono costretti a fuggire”. Diritti che vanno rispettati “durante
tutte le fasi dal rimpatrio alla reintegrazione”. Per questo, ha sottolineato, bisogna creare un “ambiente sicuro,
soprattutto per le donne, i bambini, gli anziani e i disabili”. Gli Stati
devono “garantire ai rifugiati la libertà di movimento, un alloggio e il
sostentamento”. Soffermandosi poi sul rimpatrio dei rifugiati, l’osservatore
vaticano ha affermato che il ritorno nella propria terra deve avvenire in
condizioni di sicurezza. Ma non solo. Vanno infatti curati anche gli aspetti economici e sociali della
ricostruzione laddove c’è stato un conflitto. Concretamente, ha detto mons. Migliore,
bisogna rimettere in piedi le infrastrutture, dal sistema sanitario a quello
educativo.
L’incapacità
nell’affrontare il problema degli sfollati interni, ha infine constatato il
presule, è uno dei più grandi fallimenti dei nostri tempi. Ha così esortato la
comunità internazionale a dar vita ad un sistema
capace di rispondere ai bisogni di sicurezza e protezione degli sfollati.
Compito, questo, che deve essere accompagnato da un adeguato finanziamento.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - La
Giordania nel mirino di “Al Qaeda”; decine di vittime in tre attentati contro
hotel occidentali ad Amman.
Il telegramma di
cordoglio di Benedetto XVI.
Servizio vaticano
- Un articolo di Michele Zappella dal titolo
“La bellezza. La Chiesa”: un prezioso volume del cardinale Joseph
Ratzinger edito nell’agosto
2005.
Una pagina dedicata al
cammino della Chiesa in America Latina.
Servizio estero –
L’intervento della Santa Sede, a New York, nel dibattito svoltosi
nel Comitato speciale sulla politica e la decolonizzazione in merito alle
attività dell’agenzia dell’ONU che si occupa dei rifugiati palestinesi in Medio
Oriente (UNRWA): “La violenza è inaccettabile, da qualunque parte venga”.
Servizio culturale - Un
articolo di Paolo Miccoli dal titolo “Soren Kierkegaard moderno
precursore dell’esistenzialismo religioso”: 150 anni dalla morte del grande filosofo.
Servizio italiano - In
rilievo il tema delle riforme.
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10
novembre 2005
NUMEROSI GLI ARRESTI PER
I TRE ATTENTATI IERI SERA AD AMMAN:
ALMENO 57 I
MORTI E 300 I FERITI.
LA RIVENDICAZIONE STAMANE DA PARTE DI AL ZARKAWI
- Con noi Guido Olimpio -
Le
autorità giordane hanno arrestato numerose persone sospettate di essere implicate
nei tre attentati compiuti ieri sera ad Amman, che hanno
provocato almeno 57 morti e 300 feriti. Il servizio di Fausta Speranza:
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Ha trovato conferma stamani con una
rivendicazione via Internet l'immediata ipotesi che
dietro al triplice attacco che ha devastato altrettanti alberghi ad Amman si
nascondesse la mano dei seguaci di Abu Musab al-Zarqawi, il leader di Al-Qaeda nel vicino Iraq di origine giordana. Gli inquirenti
giordani stanno vagliando l'autenticità del messaggio, ma già nella tarda
serata di ieri il vice premier Marwan
Muasher aveva dichiarato alla televisione di Stato Jordan Tv che Zarqawi era il
sospettato numero uno. La rivendicazione via Interner avalla inoltre l'ipotesi subito affacciata ieri
sera che il periferico albergo Days Inn sia stato scelto proprio per la sua vicinanza
all'ambasciata d'Israele e la sua clientiela
israeliana. Lo stesso numero due di Bin Laden aveva rivendicato ad agosto un attacco contro il
porto meridionale di Aqaba,
in cui era morto un soldato giordano. Molte le voci di condanna: dal
segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, e il ministro degli Esteri egiziano, Ahmed Aboul Gheit,
all'Alto rappresentante per la politica
estera e di sicurezza dell'UE, Javier Solana, il quale ha espresso solidarietà al popolo e alle
autorità giordane, e il governo iracheno per bocca del suo portavoce. E poi anche l'Iran
ha condannato gli attentati definendoli “contrari ad ogni insegnamento umano e
islamico”. Da parte sua, re Abdullah
II ha definito gli attentati terroristici “criminali”, assicurando che “la
giustizia punirà i responsabili” e introducendo lo stato di emergenza
in tutto il regno hashemita. Il segretario generale
dell’ONU, Kofi Annan, in
missione in Arabia Saudita, ha dovuto annullare la visita prevista per le prossime
ore in Giordania, sollecitando “un’azione collettiva contro il terrorismo”. Già
oggi il Consiglio di Sicurezza dovrebbe discutere della strage di Amman. La Giordania ha chiuso da ieri sera tutti i
valichi terrestri di frontiera, compreso quello con l'Iraq, mentre una
manifestazione contro il terrorismo è stata indetta
dopo la preghiera del mezzogiorno a partire dall'albergo Radisson
Sas, il primo colpito nei tre attentati di ieri sera
e a poche centinaia di metri dal Grand Hyatt, da dove i dimostranti raggiungeranno in corteo il Days Inn.
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Confermata la matrice di Al
Qaeda, ora ci si chiede perché il terrorismo internazionale abbia deciso di
colpire proprio la Giordania. Roberto Piermarini ne
ha parlato con l’esperto di terrorismo del Corriere della
Sera, Guido Olimpio:
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R. – La Giordania è uno dei
Paesi a rischio dell’area, in quanto è un ottimo alleato degli Stati Uniti: la sua intelligence collabora attivamente alla lotta contro
l’estremismo islamico. E’ uno dei Paesi dove i gruppi integralisti islamisti vorrebbero
estradare il califfato. Inoltre, la vicinanza con l’Iraq fa un terreno facile di azione. I terroristi hanno cercato più volte di fare
attentati di questo tipo, ma sono stati fermati in passato. Questa
volta invece ci sono riusciti.
D. –
Olimpio, perché, prima ancora della rivendicazione, i sospetti sul mandante di questo
attentato cadono inevitabilmente sul terrorista giordano Al Zarqawi?
R. – Perché è giordano. La sua campagna iniziale è sempre stata quella
di fare una guerra contro la monarchia. Detto questo, poi ha una presenza nel
Paese di simpatizzanti, di uomini, che gli rende
facile dare un ordine per compiere queste azioni. Diciamo
che ci sono state diverse segnalazioni, diversi elementi che portavano a
ritenere che stessero preparando qualcosa. Le altre volte li hanno fermati, ma
evidentemente stavolta sono stati molto decisi e sono riusciti a sorprendere la
polizia giordana.
D. –
Secondo te, che cosa si è voluto colpire con questo attentato
così grave?
R. –
Il simbolo è sempre il solito. Innanzitutto, si
colpisce il Paese dove si fa l’attentato. Questo è ovvio, ma comunque
si dà questa caratterizzazione. Colpendo gli hotel si cerca di colpire il Paese
sul fronte economico e al tempo stesso si cercano di colpire turisti o comunque luoghi che sono frequentati dagli stranieri. Per di
più questi alberghi, almeno due, sono degli alberghi
che appartengono a catene americane e, quindi, è un colpo anche contro
obiettivi americani. Non bisogna dimenticare il quarto elemento, e cioè che sono obiettivi facili. I terroristi non possono
attaccare una caserma o un palazzo reale. E quindi si
lanciano contro questi obiettivi facendo molte vittime. Sanno bene che l’eco è
fortissima, perché quando tu colpisci gli hotel immediatamente tutti si immedesimano in questi attentati. Quindi,
raggiungono lo scopo.
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EMERGENZE E PROBLEMATICHE DI BAMBINI E ADOLESCENTI
IN EUROPA AL CENTRO
DELLA CONFERENZA INTERNAZIONALE ORGANIZZATA, OGGI
E DOMANI A BRUXELLES, DALL’OMS, L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’
- Intervista con Mikael Ostergren -
"Futuri Europei – il giusto inizio della vita per bambini e
adolescenti in Europa”: è il tema della conferenza internazionale che si tiene
oggi e domani a Bruxelles presso il Comitato delle regioni dell’UE. Si discute
delle emergenze e problematiche denunciate dall’ultimo rapporto dell’OMS,
l’Organizzazione mondiale della sanità, presentato dal dottor Mikael Ostergren, responsabile
per l’area europea e per il settore infanzia e
adolescenza dell’OMS. Fausta Speranza lo ha intervistato:
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R.
– THERE ARE SEVERAL..
Ci sono diverse minacce
urgenti, ma le tre questioni che noi abbiamo sottolineato,
sia nel rapporto europeo sulla salute del 2005, ma anche nelle strategie
europee sulla salute dei bambini e degli adolescenti, sono state: l’HIV,
l’obesità e i problemi di salute mentale nei bambini e adolescenti delle
regioni europee. In relazione all’AIDS, c’è una
situazione relativamente stabile in termini di nuovi casi e di trasmissione
nell’Europa occidentale e nell’Europa centrale. Ma nella parte orientale c’è un
drammatico incremento nel numero dei casi, un incremento non riscontrabile in
nessun altro posto. In ogni caso, dobbiamo ricordare che il numero attuale dei
casi in Europa rimane comunque più basso per esempio
di quello dell’Africa o dell’Asia.
D. –
Riguardo ai disturbi legati alla salute mentale, ai casi di suicidio, cosa può
dirci?
R. – ACTUALLY, WE ARE
SEEING…
Stiamo veramente vedendo che
la salute mentale è anch’essa una questione urgente. Sappiamo che il 4 per
cento dei ragazzi di 17 anni e il 9 per cento dei ragazzi di 18 anni soffrono di depressione. Sappiamo anche che esiste un legame
tra la depressione e il numero dei suicidi. Se guardiamo a livelli globali, troviamo i numeri più alti nel mondo proprio nei
Paesi europei. Le popolazioni che sono più a rischio
si trovano soprattutto nell’Europa dell’Est.
D. –
La ricerca dell’OMS può dire qualcosa anche sulle ragioni, sulle cause?
R. – THERE ARE MANY
CAUSES…
Le cause sono molte. Prima di
tutto, aspetti genetici, ma anche cause ambientali. Ovviamente, penso che i
servizi medici oggi prestino un’attenzione maggiore alle malattie mentali, e
ciò vuol dire che avremo una maggiore prevenzione.
Nelle zone dell’Est inoltre vediamo che potrebbe esserci un legame tra le
malattie mentali ed i cambiamenti nella vita sociale, le transizioni sociali, che è uno dei fattori per le malattie mentali.
D. –
In questo momento la Francia sta avendo dei seri
problemi con i giovani che vivono nelle periferie, che sono nati con
nazionalità francese ma da famiglie di immigrati. In molti casi appartengono
alla terza generazione, ma non sono bene integrati. Può dirmi qualcosa della
percentuale di questi ragazzi e adolescenti in Europa o qualcosa sul fenomeno
della nuova generazione di immigrati in altri
Paesi?
R. – I THINK…WHAT I CAN
SAY…
Quello
che posso dire è che una delle questioni che stiamo affrontando in queste
strategie è proprio quella dell’ineguaglianza e dell’esclusione sociale.
Sappiamo che l’ineguaglianza e l’esclusione sociale portano a peggiori
condizioni di salute. Quello che stiamo vedendo in Francia può essere il risultato
di molti di questi fattori. Sappiamo che le condizioni in alcune popolazioni
immigrate sono a volte peggiori e questo è il motivo per cui
noi crediamo che non è abbastanza per nessun governo o ministro della salute
guardare solo alle medie nazionali riguardanti la salute, ma che debbano vedere
anche come indirizzare i bambini e i giovani che si trovano maggiormente nel
bisogno, intervenendo e aiutando quei giovani e le loro famiglie.
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INCONTRO DEL CARDINALE RUINI CON I DOCENTI
UNIVERSITARI ROMANI
“Il Concilio Vaticano II e le sfide culturali del
Terzo millennio. L’impegno dei docenti universitari.” È stato
questo il tema della relazione tenuta ieri dal cardinale Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana,
durante l’incontro con i docenti degli Atenei romani, svoltosi presso la
Pontificia Università Lateranense. Il convegno ha visto anche la firma di una
convenzione tra gli Atenei del Lazio e le Università Pontificie romane. C’era
per noi Isabella Piro.
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A 40
anni dalla sua chiusura, sono tre le linee di insegnamento
tracciate dal Concilio Vaticano II: la centralità dell’uomo, l’autonomia delle
realtà terrene, l’importanza della libertà. Le ha ribadite
il cardinale Camillo Ruini, parlando ai docenti delle
Università romane. Ascoltiamolo:
“Il senso profondo del
Concilio, secondo me, è concentrarsi sul mistero di Cristo vivente nella
Chiesa, tramite il recupero di quelle ricchezze che ci sono
nella Bibbia, nella liturgia, nei Padri della Chiesa. La seconda grande linea culturale del Concilio è quella dell’autonomia
delle realtà terrene, che il Concilio fonda e garantisce attraverso la
dipendenza da Dio creatore. Il terzo filone è quello della libertà. La libertà
religiosa è fondata dal Concilio sulla deità della persona umana”.
Ruini ha poi evidenziato le sfide che
i docenti universitari si trovano ad affrontare nel terzo millennio e tra
queste il confronto con la cultura laica. A questo proposito il cardinal Ruini ha ricordato le parole di Papa Benedetto XVI, pronunciate
pochi giorni prima dell’inizio del Conclave: “agire
come se Dio ci fosse”. Questo significa, in concreto, dialogare:
“Un dialogo che cerca soprattutto i punti di consenso sull’umanesimo,
sullo sviluppo della civiltà. Mentre Agostino diceva
che bisogna usare, ma non fruire, delle cose del mondo, il Concilio dice “Usare
e fruire”, amandole come sono uscite dalle mani di Dio”.
Al
termine del convegno, è seguita la firma di un protocollo di intesa
tra le Università del Lazio e gli Atenei Pontifici romani. Grazie ad esso, gli studenti potranno seguire corsi e sostenere esami
in qualsiasi sede universitaria, oltre ad avere libero accesso alle strutture
didattiche di entrambi i sistemi. Ascoltiamo mons. Mariano Fazio, presidente
della Conferenza dei rettori delle Università Pontificie
romane.
“Si
tratta anche della stretta collaborazione che ci deve essere tra Stato e Chiesa
e tra fede e ragione. Una cultura che non si apre a tutte le dimensioni dell’uomo è una cultura destinata a perire”.
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10
novembre 2005
ASSEGNATO
IERI A NEW YORK A FRA’ ANDREW BERTIE, PRINCIPE E GRAN
MAESTRO DELL’ORDINE DI MALTA, IL PREMIO PATH TO PEACE,
“PER LE ESEMPLARI DOTI DI
CARITÀ”
- A cura di Elena Molinari -
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NEW YORK. = “Abbiamo voluto riconoscere le sue esemplari opere di carità”:
con queste parole, ieri sera l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore
permanente della Santa Sede presso l’ONU, ha motivato la consegna del premio Path to Peace, sentiero per la pace, a fra’
Andrew Bertie, Principe e Gran Maestro del Sovrano
Ordine Militare di Malta. A ricevere il premio, durante la cerimonia presso lo Sky Club di New York, è stato il
Gran Cancelliere dell’Ordine, Jean-Pierre Mazery. Fra’ Bertie
era stato scelto all’unanimità dalla Fondazione della missione della Santa Sede
alle Nazioni Unite, che amministra il premio annualmente.
Nato a Londra, dal 1988 fra’
Bertie è Principe e Gran Maestro dell’Ordine di
Malta, un ordine religioso laico della Chiesa cattolica, riconosciuto
formalmente dal Papa nel 1113. Si tratta del quarto Ordine religioso più antico
della Chiesa, essendo stato fondato a Gerusalemme attorno al 1050. Anche se non
hanno professato alcun voto religioso, tutti i membri
sono votati all’esercizio della virtù e della carità cristiana e si impegnano
ad approfondire la propria spiritualità nell’ambito della Chiesa e a dedicare
le proprie energie al servizio del prossimo. Il motto dell’Ordine è infatti: “Difendere la fede e servire i poveri”. Un impegno
preso attualmente da più di 11 mila cavalieri e dame
nel mondo. L’anno scorso, il premio Path to Peace è
stato conferito al cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato
vaticano, per l’impegno della Santa Sede per la pace nel mondo e il dialogo tra
i popoli.
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“COLORO CHE VOGLIONO
ESPELLERE LE RELIGIONI DALLO SPAZIO SOCIALE
E RINCHIUDERLE NEL SOLO AMBITO DELLE
CONVINZIONI PRIVATE SONO FUORI
DAL TEMPO”: COSI’, IL PRESIDENTE DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE DI FRANCIA, MONS. JEAN-PIERRE
RICARD, INTERVENENDO ALL’ASSEMBLEA PLENARIA DEI VESCOVI FRANCESI, CONCLUSASI IERI A LOURDES
LOURDES.
= Dopo sei giorni di dibattito, si è chiusa ieri a Lourdes l’Assemblea plenaria
della Conferenza episcopale francese. Le priorità emerse dai lavori, ai quali
hanno partecipato 142 vescovi, sono le nuove strutture della vita sociale, la
missione della scuola cattolica, il ministero sacerdotale e la vita delle varie
comunità. L’episcopato francese ha anche presentato il nuovo testo di base
nazionale per la catechesi. Il testo, come di regola, viene
ora inviato a Roma per il nullaosta del competente dicastero. La novità,
rispetto ai testi precedenti, è che la catechesi viene
intesa come prima forma di evangelizzazione. Il presidente della Conferenza
episcopale di Francia, mons. Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux, nel suo discorso di
chiusura ha voluto fare un riferimento al prossimo centenario della legge
francese sulla separazione tra Chiesa e Stato, promulgata il 9 dicembre del
1905. Il presule ha evidenziato come oggi quella stessa società, che un secolo
fa vedeva la Chiesa come un’intrusa, appare spaccata ed i valori repubblicani
appaiono allo stesso modo fragili. Tanto che “coloro che vogliono espellere le religioni dallo spazio
sociale e rinchiuderle nel solo ambito delle convinzioni private sono fuori dal
tempo”.(A.M.)
“LA
RICONCILIAZIONE È IL SACRAMENTO DELL’INCONTRO CON CRISTO”: COSI’ L’ARCIVESCOVO
DI CHIETI-VASTO, MONS. BRUNO FORTE, NELLA LETTERA PASTORALE
DIFFUSA MARTEDI’ SCORSO, SUL TEMA: “LA RICONCILIAZIONE E LA BELLEZZA DI DIO”
CHIETI.
= “Il sacramento della riconciliazione è sorgente di vita
nuova”: lo afferma con forza l’arcivescovo di Chieti-Vasto,
mons. Bruno Forte, nella Lettera per l’anno pastorale 2005-2006, sul tema: “La
riconciliazione e la bellezza di Dio”. La Lettera, diffusa lo scorso 8
novembre, accompagna il fedele lungo un percorso di comprensione del senso della confessione, aprendolo poi all’esperienza del perdono
come “festa dell’incontro” con Dio. L’arcivescovo individua nel peccato la
caratteristica di “amore ripiegato su se stesso”, che si nega a Dio, di
“ingratitudine di chi risponde all’amore con l’indifferenza e il rifiuto”, ma
soprattutto di male reale che “fa male”. “Proprio per questo – avverte mons. Forte
– non si deve esitare a sottolineare quanto sia grande
la tragedia del peccato e quanto la perdita del senso del peccato (…) indebolisca
il cuore davanti allo spettacolo del male”. L’arcivescovo parla allora della
gioia provata nel dare, oltre che nel ricevere il perdono attraverso il
sacramento della riconciliazione: “Chiedere con convinzione, ricevere con
gratitudine e dare con generosità il perdono è sorgente di una pace impagabile,
perciò è giusto ed è bello confessarsi”. Scegliendo di inviare Suo Figlio nella
nostra carne, continua mons. Forte, il Signore ci invita
a confessare i nostri peccati a un sacerdote: “Come Lui è uscito da sé per
amore nostro ed è venuto a ‘toccarci’ con la sua carne – afferma – così noi
siamo chiamati a uscire da noi stessi per amore Suo e andare con umiltà e fede
(…) da chi il Signore ha scelto e inviato come ministro del perdono”. Questo “sacramento
dell’incontro con Cristo”, spiega l’arcivescovo, si articola in diversi stati
di coscienza che prevedono “la penitenza”, in cui il peccatore invoca il
perdono; “la confessione di lode”, “con cui facciamo memoria dell’amore divino
che ci precede e ci accompagna”; “la confessione del peccato”, “con la quale presentiamo al Padre il nostro cuore umile e
pentito”; e “la confessione di fede, infine, con cui ci apriamo al perdono che
libera e salva, offertoci con l’assoluzione”. “Allora – conclude
mons. Forte – i tuoi occhi si apriranno per riconoscere i segni della bellezza
di Dio presenti nel creato e nella storia e ti sgorgherà dall’anima il canto
della lode”. (R.M.)
LA
CORTE SUPREMA DEL RWANDA HA ANNUNCIATO L’ESTRADIZIONE DEL MISSIONARIO BELGA,
PADRE GUY THEUNIS, ACCUSATO DI COMPLICITA’ NEL GENOCIDIO DEL 1994.
PER
HUMAN RIGHTS WATCH LE AUTORITA’ RWANDESI NON HANNO PROVE SUFFICIENTI PER
GIUSTIFICARE L’ARRESTO DEL SACERDOTE
KIGALI. = Il missionario belga sessantenne, padre Guy Theunis, imputato di
complicità con le milizie estremiste nel genocidio del 1994 in Rwanda, che ha
provocato circa 800 mila morti, e detenuto da due mesi a Kigali,
sarà rinviato nella sua terra natale, dove verrà
sottoposto a giudizio: lo ha annunciato ieri il presidente della Corte suprema rwandese, Tharcisse Karugarama, senza precisare quando avverrà l’estradizione.
Padre Theunis è accusato di avere riprodotto estratti
di articoli che incitano al genocidio in una rivista
di cui era uno dei responsabili. Il sacerdote, che si dichiara non colpevole,
sostiene che gli articoli riprodotti rientrassero nel
quadro di una rivista della stampa rwandese
dell’epoca e che fossero destinati ad un gruppo ristretto di persone in Europa.
A inizio ottobre, le autorità rwandesi
hanno accettato di trasferire alla Giustizia belga la cartella del sacerdote.
Ieri, dopo l’annuncio dell’estradizione nella sua terra natale, padre Theunis si è detto contento di tornare in Belgio e
fiducioso nella giustizia locale. L’organizzazione Human
Rights Watch sostiene che
le autorità rwandesi non hanno prove sufficienti per
giustificare l’arresto di Theunis, membro della
Congregazione dei Padri Bianchi dal 1970 al 1994. (R.M.)
INAUGURATO
A NAZARETH UN NUOVO CENTRO MULTIMEDIALE DEDICATO A MARIA:
“E’ UN
PICCOLO MIRACOLO DI UNITÀ E PACE TRA LE CHIESE DELLA TERRA SANTA”,
AFFERMA
IL VESCOVO AUSILIARE DI GERUSALEMME DEI LATINI,
MONS.
GIACINTO-BOULOS MARCUZZO
NAZARETH.
= Il vescovo ausiliare di Gerusalemme dei Latini, mons. Giacinto-Boulos
Marcuzzo, sta promuovendo a Nazareth un nuovo centro
multimediale con tecnologie d’avanguardia dedicato a Maria. Un
progetto coordinato dall’Associazione francese “Maria di Nazareth” e realizzato
presso gli edifici limitrofi alla basilica dell’Annunciazione. Come ha
spiegato il presule all’agenzia di stampa ZENIT, il progetto è “un piccolo
miracolo” di “unità e pace”, perché per la prima volta ha unito le Chiese della
Terra Santa: cattolica, ortodossa e protestante. Mons.
Marcuzzo ha rivelato che le autorità ebraiche vedono
di buon occhio il progetto, che ha il sostegno dei musulmani che venerano la
Vergine Maria. “Quando sentite parlare di Terra Santa – ha sottolineato
– purtroppo sentite parlare di conflitti, di guerra, di terrorismo, di
violenza, di morte. Qui c’è un progetto che unisce i cristiani di tutte le
confessioni, compresi i protestanti, e anche i musulmani e gli ebrei”. Il
Vescovo non esita a definire “provvidenziale” il modo in cui è stato possibile
acquistare gli edifici vicini alla Basilica, “accanto al luogo in cui si è
realizzato il grande mistero dell’incarnazione”. Altri
dodici centri multimediali in altrettanti Paesi dei cinque continenti stanno nascendo per irradiare questo patrimonio universale
audiovisivo, documentale e testimoniale. Il centro di Nazareth, si
augura il presule, sarà di grande utilità per la Chiesa
locale, che “ne ha realmente bisogno”, per poter realizzare “una pastorale dei
Luoghi Santi”. (R.M)
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10 novembre 2005
- A cura di Fausta Speranza -
Continua implacabile la sequenza di morte e violenza in
Iraq, dove oggi due attacchi
kamikaze, uno in un ristorante di Baghdad, rivendicato da Al
Qaeda, e l’altro a Tikrit, con un’autobomba davanti a un centro di
reclutamento di poliziotti, hanno provocato circa 40 morti e altrettanti
feriti. E mentre il ministro degli esteri britannico,
Jack Straw, in visita non annunciata in Iraq per
motivi di sicurezza, incontra oggi il primo ministro iracheno, Ibrahim Jaafari, sono stati
scoperti vicino Kut, 175 chilometri a sud di Baghdad,
i corpi di 27 persone non ancora identificate, con mani e piedi legati e abiti
civili. Intanto, giunge oggi la notizia del sequestro, martedì scorso, del
fratello del presidente del parlamento iracheno, Hajem al-Hassani. Infine, in Italia
il partito di Rifondazione Comunista ha presentato una mozione parlamentare
sull’uso del fosforo bianco a Falluja da parte delle
forze armate USA nell’assedio della città irachena nel novembre del 2004, nel
corso del quale hanno perso la vita migliaia di civili.
Israele. Le primarie del
partito laburista sono state vinte a sorpresa, con il 41% dei suffragi, dal
53enne deputato Amir Perez.
Una vittoria di misura sul capo storico del partito Shimon
Peres. Queste primarie possono avere conseguenze
decisive sul quadro politico. Peres ha già annunciato
che domenica prossima vedrà il premier Sharon per chiedere un voto anticipato. Il servizio di Graziano Motta:
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Amir Perez si è presentato chiedendo
il ritiro del partito - da riportare alle sue origini socialiste - dalla coalizione governativa, per costringere quindi Sharon a
convocare elezioni anticipate, mentre Shimon Peres ha
riaffermato la permanenza nella coalizione con il partito Likud sino alla
scadenza della legislatura, cioè fino al novembre dell’anno venturo. Intanto si
delinea una certa apertura del movimento fondamentalista Hamas al negoziato
con Israele se – ha detto un suo leader, Mahmud Zahar – potrà portare alla liberazione di prigionieri e
alla ricostruzione di quanto è stato finora distrutto, pur ribadendo il rifiuto
di deporre le armi e non condannando i propositi del presidente dell’Iran sulla
cancellazione dello Stato ebraico dalle carte geografiche.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Il premier libanese Fuad Siniora è “uno schiavo di
uno schiavo”. A fare questa pesante affermazione è stato il presidente siriano Bashar al-Assad, in un discorso
pronunciato all’Università di Damasco. Il Libano, secondo il presidente
siriano, si sarebbe prestato a essere usato come “base
in un complotto” contro la Siria. Le indagini ONU sull’uccisione dell’ex premier libanese Rafik Hariri sarebbero state un pretesto e lo stesso sarebbe
l’altro “schiavo” assieme a Siniora. “Quello che sta
accadendo non ha nulla a che vedere con Hariri, i cui
sostenitori hanno accusato la Siria e assolto Israele”, ha proseguito Assad, sempre riferendosi alle indagini ONU sull’assassinio
dell’ex premier libanese, per cui la Siria è stata
messa sott’accusa. Per poi aggiungere che “il Libano è diventato un condotto,
un finanziatore e una fabbrica di complotti contro la Siria”. Ha poi assicurato
che la Siria coopererà alle indagini ONU sull’uccisione dell’ex premier libanese Rafik Hariri “sino alla fine della partita, perchè esse non sono
altro che una partita”. Ma Assad
ha anche affermato che il capo degli investigatori ONU, Detlev
Mehlis, ha rifiutato di sottoscrivere un memorandum
d’intesa con la Siria per la cooperazione nelle indagini.
Intanto, la Commissione speciale giuridica istituita dal
presidente siriano Bashar al-Assad
sta interrogando
i sei responsabili dei servizi di sicurezza di Damasco convocati in Libano dal
capo degli investigatori ONU che indagano sull'assassinio dell’ex premier
libanese Rafik Hariri. Lo
ha riferito Ibrahim al-Darraji,
portavoce della Commissione istituita due settimane fa. Citato stamani dalla
stampa siriana, Darraji ha dichiarato che i sei
responsabili “dovrebbero rimanere in Siria fino alla conclusione degli
interrogatori”, lasciando intendere che non potranno perciò recarsi in Libano come
richiesto dagli investigatori ONU, guidati dal magistrato tedesco Detlev Mehlis.
Il
piano di sicurezza messo a punto dal governo di Parigi sembra avere i suoi primi
effetti. Più calma la situazione nelle periferie delle principali città
francesi, dopo 14 giorni di violenti tumulti. Ma anche
la scorsa notte gli scontri non sono certo mancati. Da Parigi, ci aggiorna
Francesca Pierantozzi:
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Continua
la violenza nelle periferie francesi, ma continua anche a diminuire. Questa notte il coprifuoco previsto dallo
stato d’emergenza voluto dal governo è scattato in diversi comuni di cinque
dipartimenti. Non è stato necessario nella regione di Parigi, dove la situazione
sembra tornare lentamente verso la normalità. Sono state comunque
quasi 500 le auto incendiate e ancora diversi edifici pubblici e commerciali
sono stati dati alle fiamme un po’ ovunque. La polizia non ha segnalato nessuno
scontro diretto contro i giovani e parla di un importante riflusso delle
violenze urbane. Restano invece sempre importanti i fermi e gli interrogatori,
200 la notte scorsa, la 14.ma
dall’inizio dei tumulti. Il ministro dell’Interno, Nicola Sarkozy,
vede premiata la sua linea di fermezza e insiste. Ieri ha chiesto davanti ai
deputati dell’Assemblea nazionale che ogni straniero in situazione irregolare o
regolare coinvolto nei tumulti venga immediatamente espulso
verso il suo Paese di origine. Un provvedimento che ha provocato l’indignazione
sui banchi dell’opposizione.
Francesca Pierantozzi, da Parigi,
per la Radio Vaticana.
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In Europa “le prospettive per i Paesi con disavanzi eccessivi
destano grande preoccupazione”. L’allarme è lanciato dalla BCE, la Banca
Centrale Europea, che punta il dito sulla “costante attitudine a ricercare la
soluzione più indulgente”
nel mettere in atto il Patto di stabilità. La BCE quindi “esorta
i Paesi con squilibri di bilancio ad assegnare priorità alla loro tempestiva
correzione e all'applicazione rigorosa delle nuove regole del Patto”. E ricorda che “questa sarebbe la maniera più efficace per
migliorare le prospettive di crescita dell’area euro e per consolidare la
fiducia nelle finanze pubbliche prima di dover affrontare le sfide poste
dall’invecchiamento demografico”.
E in Italia in tema di economia
si pronuncia oggi il presidente della Repubblica. Ciampi Ciampi
invita “a guardare lontano”. Riafferma che “vi sono oggi segnali di una ripresa”, ma sottolinea che essa è “ancora debole, di natura
sostanzialmente ciclica”. Perchè possa diventare una vera
ripresa occorrono adeguate politiche. Chiede perciò “un vigoroso e rigoroso
governo del bilancio pubblico e dell’intera economia, ed anche interventi
strutturali in mercati finanziari”.
Ellen Johnson
Sirleaf ha ottenuto il 56,4% dei
voti contro il 43,6% raggiunto da George Weah dopo lo
spoglio dei due terzi dei voti delle elezioni presidenziali, ha annunciato
la presidenza della Commissione elettorale nazionale (NEC) della Liberia, Frances Johnson Morris. Ieri l’ex attaccante del Milan
ha denunciato frodi al ballottaggio, così come aveva
del resto fatto al primo turno. Le elezioni sono state “piene di irregolarità”, ha detto a una conferenza stampa nel suo quartier generale, mentre i suoi sostenitori gridavano: “No
George, no peace”. La presidente della Commissione
elettorale ha precisato che i
risultati che vedono in testa la signora Sirleaf,
ex ministro delle finanze, sono il risultato dello spoglio di circa mezzo milione di schede.
Si estende anche al Golfo
l’allarme per l’influenza aviaria. Due uccelli affetti
dal virus H5N1 sono stati scoperti anche in Kuwait. Gli accertamenti risalgono
alla scorsa settimana, ma la conferma è stata resa nota oggi
dalle autorità di Kuwait City. Intanto in Italia, dopo l’annuncio di un caso
nel nord, oggi viene confermato che le analisi
molecolari sul virus H5N1 effettuate nel centro di referenza per l’influenza
aviaria di Legnaro (Padova), hanno dimostrato che si
tratta di un ceppo poco aggressivo. Si tratta di un ceppo a bassa patogenicità, hanno spiegato gli esperti di Legnaro che hanno identificato il virus in un’anatra
selvatica campionata nella provincia di Modena. “Anche
se la sigla H5N1 è la stessa del virus asiatico - affermano - il virus isolato
è completamente diverso”. I test infatti non si sono limitati a identificare il nome e
cognome del virus (H ed N) ma hanno valutato anche altre differenze
significative tra il virus in questione e quello asiatico attraverso analisi bio-molecolari. In sostanza si tratta di un virus “a bassa patogenicità, quindi poco aggressivo e normalmente presente
nei volatili acquatici in Europa”.
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