RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
312 - Testo della trasmissione di martedì 8 novembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Elezioni parlamentari domani in Egitto: il commento di Luigi Serra
Ieri a Roma il convegno su “Etica
e ambiente”: intervista con il cardinale Renato
Raffaele Martino
In corso l’Assemblea generale dei Superiori Maggiori (CISM): con noi,
padre Fidenzio Volpi
CHIESA E SOCIETA’:
Proseguirà l’impegno dei vescovi etiopici per una transizione
pacifica alla democrazia
Il Consiglio d'Europa avvia un’inchiesta sulle “prigioni
della CIA” nell’Est europeo
L’isola di Mindanao, nel
Sud delle Filippine, apre nuovamente le porte alla “Settimana della pace”
Allarme dell’ONU: in forte aumento
nel Benin il banditismo di strada, con furti, rapine
e omicidi
La visita del nunzio apostolico in India nelle regioni
nord-orientali del Paese
Un mese fa il disastroso terremoto nella regione
pakistana del Kashmir. Oltre 70 mila i morti. E 100
mila persone aspettano ancora i soccorsi
8 novembre 2005
ETICA
SOCIALE E MUTUO RISPETTO PER UNA REALE CONVIVENZA
CIVILE
E INTERRELIGIOSA:
L’AUSPICIO
DI BENEDETTO XVI IN UN MESSAGGIO AL CARDINALE KASPER,
SUO
INVIATO ALLA CONFERENZA DI ISTANBUL
PROMOSSA
DAL PATRIARCATO DI COSTANTINOPOLI
“Soltanto con il dialogo può esservi la speranza che il
mondo si trasformi in un posto di pace e fraternità”, la democrazia da sola non
basta. Sono due pensieri contenuti nel Messaggio che Benedetto XVI ha inviato
al cardinale Walter Kasper. Il presidente del Pontificio
Consiglio per l’Unità dei cristiani rappresenta il Papa a
Istanbul dove da ieri, e fino a domani, si tiene la Conferenza internazionale
su pace e tolleranza nel Sud-Est europeo, nel Caucaso e nell’Asia centrale,
promossa dal Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. Sui contenuti
del Messaggio, il servizio di Alessandro De Carolis.
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Cattolicesimo e ortodossia che incrociano le strade con
l’islam: incontri che non sempre, in alcune zone del mondo, producono esempi di
convivenza pacifica, di rispetto religioso come di integrazione
sociale. Benedetto XVI ne è consapevole e l’occasione
della Conferenza di Istanbul gli ha offerto l’opportunità per ribadire che i
temi della pace e della tolleranza “sono di importanza basilare in un mondo in
cui gli atteggiamenti rigidi provocano spesso incomprensioni e sofferenza”,
talvolta fino a violenze che significano la morte.
Il dialogo, scrive al contrario il Papa, è “chiaramente
indispensabile” per trovare soluzioni ai conflitti nocivi e alle tensioni che
danneggiano la società. Ed è “dovere di ogni persona
di buona volontà – aggiunge - e particolarmente di ogni credente, contribuire a
sviluppare una società pacifica e a superare la tentazione di un confronto
aggressivo ed inutile fra le diverse culture ed i gruppi etnici”, che invece
hanno, nessuno escluso, la precisa responsabilità di contribuire “alla pace e
all’armonia, mettendo a disposizione – dice il Papa - la propria eredità
spirituale e culturale ed i valori etici al servizio della famiglia umana nel
mondo intero”. Benedetto XVI nota pure che questo obiettivo
non può essere raggiunto se non ponendo “al centro dello sviluppo economico,
sociale e culturale di ogni comunità” un “adeguato rispetto per la vita e per
la dignità di ogni persona umana”. Ovvero: animando
con valori morali ogni forma di civile convivenza. Purtroppo, obietta il
Pontefice, “il relativismo morale insidia i funzionamenti della democrazia, che
da sola non è sufficiente per garantire la tolleranza ed il rispetto fra la
gente”, e dunque nemmeno una pace stabile.
“Ogni persona di buona volontà ha il dovere di lavorare
per questo obiettivo”, ripete ancora una volta
Benedetto XVI. “È questo - sottolinea - è tanto più
urgente per coloro che riconoscono in Dio il Padre di tutti, che dona
liberamente a tutti la sua misericordia, che giudica con giustizia ed offre a
tutti la sua amicizia”. Il Papa conclude chiedendo al
cardinale Kasper di riaffermare, durante i lavori di
Istanbul, “l'impegno forte della Chiesa cattolica a lavorare instancabilmente
per la cooperazione fra la gente, le culture e le religioni”.
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NOMINE
Benedetto XVI ha nominato membro
della Congregazione per la Dottrina della fede il
cardinale Julián Herranz,
presidente del Pontificio Consiglio per i Testi legislativi. Il Papa, inoltre,
ha nominato consultore del Pontificio Consiglio della Cultura il prof. John Haldane, ordinario di Filosofia nell’Università di Saint
Andrews,
in Gran Bretagna.
La diocesi di Nha Trang, creata nel 1960, ha
una superficie di 9.500 kmq e un milione e mezzo di abitanti,
di cui 185 mila cattolici. Conta 69 parrocchie, 144 sacerdoti (98 diocesani, 46
religiosi), 82 seminaristi maggiori, 56 fratelli religiosi, 363 religiose, un Seminario
Maggiore Interdiocesano. La Diocesi è retta dal ‘75 da mons. Paul Nguyen Van Hoà,
che è anche presidente della Conferenza Episcopale del Vietnam per il secondo
mandato.
“CORDIALI E
PROFICUI” GLI INCONTRI DI MONS. LAJOLO
CON IL PATRIARCATO ORTODOSSO RUSSO NEL SUO RECENTE
VIAGGIO A MOSCA
- Intervista con mons. Giovanni Lajolo
-
Sono stati “cordiali e proficui” gli incontri
dell’arcivescovo Giovanni Lajolo durante la sua
recente visita a Mosca dal 26 al 30 ottobre scorsi. Il segretario per i Rapporti
con gli Stati ha incontrato autorità politiche ed esponenti ecclesiali, sia
della Chiesa ortodossa russa che di quella cattolica. Ma ascoltiamo lo stesso mons. Lajolo,
intervistato da Giovanni Peduto:
**********
D.
– Eccellenza, c’era molta attesa per questo suo viaggio a Mosca, anche per
saggiare il clima in Russia dopo l’elezione di Benedetto XVI. Che bilancio fa di questa visita?
R.
– La visita è avvenuta su invito del
Ministro degli Affari Esteri Lavrov, e questo già indica
il clima amichevole che ha caratterizzato il mio incontro con lui, lo scorso 28
ottobre. Cordiali e proficui sono stati anche gli incontri
del giorno prima e dei giorni successivi con altre personalità
politiche, con i quattro Vescovi cattolici nella sede della Nunziatura Apostolica,
e con il Metropolita Kyrill, Presidente del Comitato
per le Relazioni religiose esterne del Patriarcato, nella sua sede. Stampa,
televisione e radio ne hanno riferito con interesse ed in senso positivo.
D. – Nella sua
visita a Mosca ha potuto incontrare la comunità cattolica russa a partire dall’Arcivescovo Kondrusiewicz.
Qual è oggi la situazione dei cattolici nella Federazione Russa?
R.
– La comunità cattolica in Russia è
piccola: 600.000 fedeli, sparsi su di uno sconfinato territorio, di fronte ad
una popolazione di circa 144 milioni di abitanti, in
gran parte ortodossi. È una comunità piccola di numero, ma
grande di fede, convinta, vivace; ma posta anche di fronte a problemi
oggettivamente difficili, quali la scarsità di sacerdoti. I rapporti con gli
ortodossi sono talvolta complicati dalla differente storia che sta alle spalle
delle due comunità e dalla diversa sensibilità rispetto a problemi pastorali
concreti; sarebbe però sbagliato dimenticare che sovente sono anche rapporti positivi. La piccola Chiesa cattolica in Russia ha bisogno
della simpatia, dell’appoggio morale, del sostegno e di frequenti contatti
fraterni da parte delle grandi comunità cattoliche di altri
Paesi.
D. – Veniamo ai
momenti più significativi di questa visita. Lei ha
incontrato il Ministro degli Esteri russo Lavrov, con
il quale ha firmato un comunicato congiunto. Quali i punti di convergenza con
il Cremlino in politica estera?
R.
– Non è stato difficile stabilirlo:
l’impegno per la pace là dove è messa in pericolo; l’azione concertata a livello
internazionale contro i flagelli della povertà, della fame, delle pandemie; una
più intensa reciproca attenzione in seno alla grandi
organizzazioni internazionali, quali l’ONU, il Consiglio d’Europa e la
OSCE.
D. – Lei ritiene che ci sia la ragionevole speranza
di un ulteriore miglioramento delle relazioni
diplomatiche tra Mosca e la Santa Sede, fino al traguardo del perfezionamento
dei rapporti con la Federazione Russa?
R.
– Attualmente
i rapporti sono contraddistinti dalla presenza a Mosca e a Roma di due Missioni
con carattere speciale, a capo delle quali v’è rispettivamente un Nunzio
Apostolico ed un Ambasciatore. Questi svolgono già un’opera eccellente, così
che dal punto di vista sostanziale la Santa Sede ed il Governo russo
intrattengono rapporti fluidi e proficui. L’attuale forma dei rapporti provoca
un certo disagio soltanto dal punto di vista protocollare, perché questo
“carattere speciale” sembra quasi esprimere la presenza di riserve nei
reciproci confronti, riserve che non ci sono. Penso che
sia logico progredire verso una soluzione di piena normalità, ma, per diverse
ragioni, non è ancora possibile fissare un calendario.
R. – Uno dei momenti forti in questo suo viaggio, di particolare
significato ecumenico, è stato l’incontro con il Metropolita Kyrill. Alla luce anche di questo colloquio, come giudica
lo stato attuale dei rapporti con il Patriarcato ortodosso di Mosca?
R. – È mio convincimento, anzitutto, che il Patriarcato desideri, così
come la Santa Sede, che i reciproci rapporti siano sempre più fraterni, aperti,
fiduciosi. Vi sono difficoltà reciproche oggettive che richiedono uno studio
più profondo. Lo strumento della Commissione Mista, istituita qualche tempo fa
per l’esame delle divergenze, dovrebbe essere usato con costanza e regolarità
periodica, senza lasciarsi scoraggiare da occasionali difficoltà, del resto
inevitabili; esso non mancherà di dare i suoi frutti.
D. –
Intervistato dall’agenzia di stampa russa “Blagovest-Info”,
lei ha affermato che un viaggio apostolico del Papa in Russia “costituirebbe un
evento ecumenico molto significativo ed importante”,
aggiungendo che “dovrebbe rappresentare un motivo di gioia e di speranza non
solo per i cattolici, ma per tutta la Russia”. Lei pensa che Benedetto XVI
possa realizzare quello che è stato un grande
desiderio mancato del suo predecessore?
R. – I cattolici russi attendono il Papa. La sua visita
sarebbe per loro di grande incoraggiamento e li riempirebbe di
entusiasmo. È ovvio però che essa può avvenire solo nel contesto ecumenico. L’incontro del Santo Padre con il
Patriarca deve essere una testimonianza di fraternità cristiana di fronte a
tutto il mondo e dovrebbe essere pieno di gioia ed aprire le porte ad una più
intensa collaborazione nei campi in cui ciò sia
possibile. Potrà realizzarsi? Preghiamo. Non v’è ostacolo che possa resistere al soffio dello Spirito!
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NOTA DELLA SALA STAMPA
VATICANA
SULLA VICENDA DELLA DOPPIA APPARTENENZA
CONFESSIONALE
– CATTOLICA E PROTESTANTE – DELL’ESEGETA TEDESCO
KLAUS BERGER
DI HEIDELBERG.
L’ALLORA CARDINALE RATZINGER NON ERA A CONOSCENZA
DELLA VICENDA,
AL CONTRARIO DI QUANTO AFFERMANO ALCUNE NOTIZIE
APPARSE SULLA STAMPA TEDESCA
La Sala Stampa vaticana, con un comunicato
del suo direttore Joaquín Navarro-Valls,
è intervenuta oggi sulla vicenda dell’appartenenza confessionale dell’esegeta
tedesco Klaus Berger di Heidelberg, che si ritiene cattolico e – secondo quanto
adesso è reso noto pubblicamente – nel 1968, partecipando alla Cena protestante è
diventato “membro della Chiesa evangelica-luterana”.
Alcune notizie apparse sulla stampa tedesca affermano che l’allora cardinale
Joseph Ratzinger avrebbe avuto precisa conoscenza
“della vicenda secondo il suo aspetto formale” e “non avrebbe sollevato alcuna
obiezione”: tale asserzione – afferma Navarro-Valls – “è falsa”. “Fino
all’insorgere dell’attuale discussione – prosegue la nota vaticana – non erano
giunte al cardinale, ora Papa, informazioni che andassero oltre
quello che era comunemente noto; di una duplice appartenenza confessionale
non si aveva alcuna conoscenza”. Il cardinale Ratzinger “non aveva perciò alcun
motivo di prendere posizione sulla questione
dell’appartenenza confessionale del signor Berger, e
di fatto su ciò egli non si è mai pronunciato”.
“È ovvio – ricorda ancora il comunicato –
che le norme del diritto canonico cattolico, che escludono un’appartenenza
simultanea alla Chiesa cattolica e ad una ‘Landeskirche’
protestante, rimangono pienamente in vigore senza alcuna eccezione
e valgono quindi anche nel caso nominato. Da questa regola della Chiesa – conclude Navarro-Valls
– non si può ottenere dispensa neanche nel Sacramento della riconciliazione”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina la
drammatica situazione in Francia; il governo decide il coprifuoco. Indicate dal
Primo Ministro de Villepin le misure per fronteggiare
i tumulti. Promesse iniziative sociali per le periferie degradate.
Servizio vaticano - Il
messaggio di Benedetto XVI al cardinale Kasper in
occasione della seconda Conferenza internazionale sulla Pace e sulla Tolleranza in corso ad
Istanbul.
Servizio estero - Due
interventi della Santa Sede rispettivamente su “Ricordare la Shoah per
purificare la memoria”; “Riconoscere il legame tra la salvaguardia
dell’ambiente, la promozione dello sviluppo e la riduzione della povertà”.
Per la rubrica
dell’“Atlante geopolitica” un articolo di Giuseppe M. Petrone
dal titolo “Nucleare: speranze nei colloqui a sei”.
Servizio culturale –
“Una passione educativa ed evangelica” è il titolo dell’articolo di Giulio
Colombi in ricordo di mons. Enzo Giammancheri.
Per l’“Osservatore
libri” un articolo di Antonio Manfredi su “Forme e
modelli della tradizione manoscritta della Bibbia” a cura di Paolo Cherubini.
Servizio italiano - In
rilievo il tema della finanziaria.
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8
novembre 2005
DODICESIMA NOTTE DI VIOLENZE NELLE PERIFERIE
DELLE CITTA’ FRANCESI: OLTRE MILLE MACCHINE
DISTRUTTE,
DODICI
POLIZIOTTI FERITI. IL GOVERNO AUTORIZZA
IL COPRIFUOCO PER RISTABILIRE L’ORDINE
- Con noi, mons. Aldo Giordano e Paolo Romani -
Dodicesima notte di paura e violenza nelle periferie delle città
francesi: 1100
autovetture sono state distrutte, mentre dodici poliziotti sono rimasti feriti.
Dal canto loro, le forze dell’ordine hanno provveduto all’arresto di 143
persone. I rivoltosi hanno lanciato una bottiglia incendiaria contro la
facciata di un ospedale a Vitry-Sur-Seine.
In fiamme scuole materne e altri edifici a Bordeaux e Sevran.
Una troupe della televisione italiana SKY TG24
è stata aggredita a Clichy-sous-Bois. Per far fronte
ad una situazione che sembra ormai fuori controllo, il governo di Parigi ha
approvato oggi eccezionali misure di sicurezza. Grazie ad una legge del 1955,
applicata durante la guerra di Algeria, i prefetti hanno
il potere di imporre il coprifuoco nelle città più a rischio. La drastica misura era stata annunciata già ieri sera, in
diretta tv, dal primo ministro Dominique de Villepin. Intanto, in Francia si discute animatamente sul
fallimento dell’integrazione degli immigrati, come sottolinea
il corrispondente a Parigi di Famiglia Cristiana, Paolo Romani,
raggiunto telefonicamente nella capitale francese da Fabio Colagrande:
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R. – E’ il naufragio di questo
modello di integrazione francese, un modello di cui la
Francia era molto orgogliosa, che contrapponeva spesso e volentieri al ‘comunitarismo’ americano. Ora il naufragio
di questo modello è sotto gli occhi di tutto il mondo,
perché chiaramente questi giovani della seconda o terza generazione che sono
poi cittadini francesi, si sentono emarginati, si sentono trattati come
cittadini di serie B o di serie C e quindi reagiscono. Lo fanno con la violenza
oppure ghettizzandosi ancor di più, insomma, richiudendosi nelle loro banlieue,
dando vita ad una specie di ‘contro-società’ …
D. – Come sta reagendo il Paese?
R. – Il Paese è, secondo me,
sgomento più che altro, perché non credo che si aspettasse una simile ondata di
violenza, anche se solo gli ignari possono essere stati colti di sorpresa. Gli
ingredienti di questa ‘intifada’, di questa fiammata
di violenza, c’erano tutti, erano tutti presenti da un
bel po’ di tempo! In queste banlieue, la disoccupazione
giovanile sfiora il 50 per cento, mentre è del 20-25 per cento a livello
nazionale. C’è poi il problema degli alloggi: la mancanza di case
popolari, dei cosiddetti ‘alloggi sociali’, come si
chiamano in Francia. Negli ultimi 15 anni, ogni governo che si è succeduto, di
destra o di sinistra che fosse, ha messo in cantiere dei
progetti per queste banlieue, queste periferie, tutti progetti che sono rimasti
lettera morta o non sono stati completamente applicati!
**********
Le
violenze che stanno scuotendo le periferie di Parigi e di molte altre città della Francia riportano drammaticamente in primo piano il
fenomeno del disagio sociale, in particolare giovanile, che caratterizza molte
città europee, non solo francesi. Su questo tema, Alessandro Gisotti ha
raccolto la riflessione di mons. Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio
delle Conferenze episcopali europee:
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R. – Questi fenomeni rivelano
che abbiamo una grossa domanda di senso della vita, di domanda su quale futuro,
su quali valori costruiamo una società e la nostra esistenza … Io non so quanto
noi oggi in Europa abbiamo curato questa domanda: ‘Perché
siamo fratelli?’. Credo che ci sia una qualche parentela tra questa violenza
esplosa a Parigi e quella violenza diffusa che noi
respiriamo oggi anche in Europa: dalla violenza agli stadi alla violenza della
città di notte, ai suicidi – 50 mila suicidi l’anno, in Europa! – questa
violenza diffusa rimanda ad un malessere, ad un’inquietudine, ad un disagio che
è molto più profondo. Il fatto dell’emigrazione ci sta creando una generazione
che vive sul confine: il confine tra i popoli, il
confine tra culture, religioni eccetera, e stando sul confine non si appartiene
più a nessuno, non c’è più un’appartenenza, un’identità!
D. – A Berlino, la scorsa notte,
sono state bruciate delle macchine: vede il pericolo di un’espansione delle
violenze che scuotono le notti parigine, anche nelle periferie di altre città europee?
R. – Sì. Direi
che la violenza è già diffusa: nelle nostre città c’è la violenza. Noi dovremmo
forse ritornare come politici, ma anche come intellettuali, a riprendere più
sul serio il fatto che c’è una generazione che è inquieta, che è a disagio; riprendere
forse una certa umiltà, in Europa: cioè, l’Europa deve
perdere – direi – la superbia intellettuale di sapere dove stanno le risposte,
di pensare che abbiamo la luce sufficiente, perché abbiamo la ragione, abbiamo
la scienza, e rimetterci alla ricerca.
D. – Quanto sta succedendo in
Francia interroga profondamente l’Europa sul tema dell’immigrazione. Quali sono
le proposte delle Conferenze episcopali europee, al riguardo?
R. – Le Chiese sono preoccupate
di dare all’Europa il senso della fratellanza universale. Quindi, se noi
riuscissimo a creare questa cultura di fondo, poi
verrebbero fuori anche le politiche.
**********
ELEZIONI
PARLAMENTARI DOMANI IN EGITTO. SCONTATA LA VITTORIA
DEL
PARTITO NAZIONAL DEMOCRATICO DEL PRESIDENTE MUBARAK.
L’OPPOSIZIONE DENUNCIA POSSIBILI BROGLI IN
TUTTO IL PAESE
- Intervista con Luigi Serra -
Due mesi dopo le presidenziali che hanno confermato con l'89% dei
voti Hosni Mubarak alla presidenza del Paese, oltre
trenta milioni di egiziani sono chiamati domani alle
urne per eleggere un nuovo parlamento. 5.310 i candidati - solo 23 le donne - che si contendono i
444 seggi dell’assemblea, che ne conta altri dieci riservati a nomine presidenziali. E mentre l’opposizione già denuncia possibili brogli in tutto il
Paese, l'unica novità rilevante è data dalla presenza dei ”Fratelli musulmani”,
l'organizzazione proibita da mezzo secolo, ma tollerata e oggi di fatto uscita dalla illegalità. Ma che
elezioni saranno? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al prof.
Luigi Serra, preside dell’Università Orientale di Napoli:
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R. – Saranno delle lezioni indubbiamente condizionate
dal grandissimo successo del presidente uscente riconfermato che, come in ogni
Paese arabo, costituisce un punto di riferimento, di richiamo, se non di
condizionamento.
D. – Il partito nazional-democratico di
Mubarak, che oggi detiene l’85 per cento dei seggi,
secondo tutti gli osservatori è destinato a conservare la maggioranza assoluta.
Perché l’opposizione non riesce ad imporsi in nessun
modo?
R. – E’ ben evidente che per imporsi in quanto opposizione contro
un livello di percentuale pari a quello che lei ha richiamato, necessitano nel Paese strumenti di democrazia gestibili. Al di là di quello che è l’assetto mediamente moderato della
condizione politica in quel Paese, gli assetti di democrazia disponibili sono
oggettivamente ridotti nella misura in cui una opposizione possa far valere la
sua voce.
D. – Quali potrebbero essere, dunque, le mosse giuste
dell’opposizione?
R. – Fare più cultura politica e meno
opposizione tout court, nel senso che l’opposizione tout court è
destinata in Egitto.
D. – L’Egitto, comunque, continuerà ad
avere un ruolo importantissimo nello scacchiere mediorientale…
R. – L’Egitto è un grande Paese, per la sua storia, per il peso e
per il ruolo politico e socioeconomico che recita all’interno del Medio
Oriente, del mondo arabo musulmano e del Mediterraneo, è destinato ad avere un grande peso. Potrebbe averne di più nel senso che
sposterebbe il baricentro della sua influenza determinante
anche verso l’ovest, intendo dire verso le connotazioni politiche e
geopolitiche di marchio prettamente occidentale, se l’innalzamento del tasso di
democrazia, la risoluzione dei problemi sul filo di quelli che sono i modelli
più accreditati a livello universale, prendesse corpo.
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L’AGIRE UMANO NEI CONFRONTI DELLA NATURA SIA
ETICAMENTE ORIENTATO.
E’ QUESTO L’APPELLO LANCIATO IERI DAL CARDINALE
RENATO RAFFAELE MARTINO
DURANTE IL CONVEGNO A ROMA SU “ETICA E AMBIENTE”
- Intervista con il porporato -
Si deve rispettare non solo la natura
mediante un’ecologia naturale, ma anche la degna vita morale dell’uomo mediante
una “ecologia umana”. Lo ha detto il presidente del Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace, cardinale Renato Raffaele Martino intervenendo al
convegno “Etica e ambiente”, tenutosi ieri a Roma al
Pontificio Ateneo “Regina Apostolorum”. “Il problema
ecologico – ha aggiunto il porporato – va percepito come un problema etico”. La
questione ambientale - ha spiegato – è un problema antropologico che propone la
complementarietà, sempre più evidente, tra ambiente naturale e mondo dell’uomo.
Ma cosa si intende per “ecologia umana”? Ascoltiamo,
al microfono di Amedeo Lomonaco, il cardinale Renato
Raffaele Martino:
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R. – La creazione è un dono, ma
non un dono di cui possiamo disporre senza rispettare
la natura. E’ un dono all’umanità, che è stato dato all’uomo dal Signore.
L’essere umano è al centro delle preoccupazioni per l’ambiente e lo sviluppo.
Ma questa preoccupazione non vuol dire che l’uomo è il
padrone e può fare tutto quello che vuole dell’ambiente. Deve essere un saggio
amministratore. Tutto questo è un dono a tempo: dobbiamo trasmetterlo intatto
alle generazioni future.
D. – Eminenza, come far
convergere l’impegno politico, il patrimonio etico e la difesa dell’ambiente?
R. – L’ecologia sociale,
ambientale, politica, umana sono ormai interdipendenti; c’è una
interrelazione indispensabile e necessaria perché tutti questi ambiti
devono cooperare affinché l’uomo sia al centro, nel rispetto della natura.
D. – Il rispetto della natura è,
dunque, un obiettivo prioritario. Ma come far fronte, a partire
dalla visione cristiana, alle forme di idolatria della natura?
R. – Tutto quello che Dio ha
creato non è un’imposizione, ma è al servizio dell’uomo che deve amministrare
la natura. Perciò, è impossibile che si cada in un nuovo paganesimo di adorazione della natura. Adoriamo Dio, che ha creato la
natura.
D. – La tesi di un’imminente
catastrofe umanitaria a causa dell’incremento della popolazione mondiale appare
oggi una prospettiva senza fondamento …
R. – La popolazione, con
l’andare degli anni, si stabilizza. L’andamento della popolazione mondiale
tende alla normalizzazione; c’è una grande
possibilità, nel rispetto dell’ecologia, di produrre risorse alimentari
adeguate.
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“IL
SUPERIORE MAGGIORE E IL SUO CONSIGLIO: UN SERVIZIO DI COMUNIONE
E DI CORRESPONSABILITA’”:
E’ IL TEMA DELLA 45.MA
ASSEMBLEA GENERALE
DELLA
CONFERENZA ITALIANA DEI SUPERIORI MAGGIORI (CISM), IN CORSO A MONOPOLI, IN
PUGLIA, FINO ALL’11 NOVEMBRE
- Con
noi, padre Fidenzio Volpi -
Animare,
sostenere, sensibilizzare e coordinare i Superiori Maggiori d’Italia: sono
questi i compiti della Conferenza italiana dei Superiori Maggiori (CISM), riunita
in questi giorni a Monopoli, in Puglia, per la sua 45.ma Assemblea generale. Fino all’11
novembre, 180 rappresentanti di diverse famiglie religiose si confrontano sul
tema: “Il Superiore Maggiore e il suo Consiglio: un servizio di comunione e di
corresponsabilità”. Ce ne parla, al microfono di
Roberta Moretti, il segretario generale della CISM, padre Fidenzio
Volpi:
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R. – E’ un tema che aiuterà i
Superiori Maggiori, affinché riescano a servire i propri religiosi, creando
comunione e coinvolgendoli al punto – ecco in che senso ‘corresponsabilità’ –
da fare un discernimento, perché la persona viva in profondità, in radicalità
la sua consacrazione, qualsiasi sia il carisma cui si è consacrato.
D. – Padre, come possono i
Superiori Maggiori delineare una strategia di azione
comune a tutti gli istituti, pur mantenendo intatto il singolo carisma di ogni
istituto?
R. – Non è semplice. Noi infatti, come CISM, organismo di comunione e di animazione,
indichiamo le varie piste. Ogni Superiore Maggiore deve calare il principio nel
proprio carisma, a seconda delle proprie Costituzioni,
perché l’Istituto che è nato, suscitato dallo Spirito, ha la necessità di
realizzare questa partecipazione nel carisma, e viverlo così come è indicato,
ma con l’originalità e l’apertura dei tempi di oggi.
D. – Quali difficoltà incontrano
più di frequente i Superiori Maggiori nella loro opera?
R. – Oggi come oggi trovano
molta più difficoltà perché l’età si è innalzata e provano a gestire le opere,
che sono sempre numerose, in proporzione alla paucità delle persone. Poi, una difficoltà può essere anche quella dei cambiamenti, dove è
indispensabile creare una disponibilità nella persona e questo si ottiene attraverso
il dialogo.
D. – Cosa
ci si aspetta in particolare da questa Assemblea
generale? Quali frutti si attendono?
R. – Si vuole aiutare i
provinciali a non chiudersi nello scoraggiamento di fronte alle difficoltà, a
lasciarsi interpellare continuamente da due fonti: la Chiesa, con il suo Magistero
e la sua comunionalità, e le necessità della società di oggi. Lì noi vogliamo arrivare rinnovati, ma sempre però
con la fedeltà al carisma.
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8
novembre 2005
PROSEGUIRA’ L’IMPEGNO DEI VESCOVI ETIOPICI PER UNA
TRANSIZIONE PACIFICA
ALLA DEMOCRAZIA NEL LORO PAESE: NE HA PARLATO
L’ARCIVESCOVO DI ADDIS ABEBA, BERHANEYESUS SOURAPHIEL, IN UN’INTERVISTA ALLA
RADIO VATICANA
ADDIS ABEBA. = I vescovi
dell’Etiopia continueranno il loro impegno a sostegno della pace e della
tolleranza nel Paese nella sua difficile transizione verso la democrazia. Lo ha
dichiarato in un’intervista a Beth Hai, responsabile
del Programma Inglese Africa della Radio Vaticana, l’arcivescovo metropolita di Addis Abeba, Berhaneyesus Souraphiel, parlando della posizione dell’episcopato locale
sull’attuale situazione politica in Etiopia, dopo le controverse elezioni
politiche del 15 maggio e del 21 agosto. Elezioni che, nonostante le perduranti
violenze e tensioni per le accuse di brogli ed irregolarità rivolte al governo
dalle forze dell’opposizione (ma anche da organismi internazionali), i presuli
etiopi giudicano comunque un primo importante passo
verso la democratizzazione del Paese. In questo senso, i
vescovi si erano espressi nel messaggio diffuso dopo il voto di maggio, in cui
avevano rivolto alle parti un appello al dialogo e al rispetto reciproco e
quindi a proseguire il processo democratico iniziato. “Non è facile, è
la prima volta nel nostro Paese – ha sottolineato
mons. Souraphiel nell’intervista – ci sono voluti molti anni in altre parti, ma
noi possiamo fare di più di quello che stiamo facendo al momento”. Una linea d’impegno che i vescovi etiopici continueranno a perseguire.
(L.Z.)
IL CONSIGLIO D'EUROPA HA
DECISO IERI DI AVVIARE UN’INCHIESTA FORMALE SULLE PRESUNTE PRIGIONI NELL’EST
EUROPEO IMPIANTATE
DALLA CIA, I SERVIZI SEGRETI STATUNITENSI. A
GUIDARE L’INDAGINE SARA’
IL LIBERALE SVIZZERO, DICK MARTY
BRUXELLES.
= Il Consiglio d'Europa ha avviato un'inchiesta formale sulle presunte “prigioni
della CIA” nell'est Europa. A guidare l’indagine, sarà il liberale svizzero Dick Marty, presidente della
Commissione Affari legali dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.
Lo ha deciso ieri la stessa Commissione, richiamando “la raccomandazione 1433
del 2005 in cui l'Assemblea parlamentare invita gli Stati membri a vigilare
affinché i propri territori
e le proprie installazioni non siano utilizzati per la pratica della detenzione
segreta''. La Commissione ha inoltre deciso di
autorizzare Dick Marty a
recarsi, se necessario, in alcuni Paesi membri dell'Organizzazione ed ha
invitato il segretario generale del Consiglio d'Europa a chiedere a tutti gli
Stati membri di far pervenire ogni informazione a loro disposizione, in virtù
dell'articolo 52 della Convenzione europea dei Diritti
dell'Uomo. Il presidente dell'Assemblea parlamentare, Rene'
van der Linden,
da parte sua, la settimana scorsa, in una comunicazione, aveva già sottolineato che
tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa sono tenuti a rispettare le
disposizioni relative alla Convenzione sui
diritti dell'Uomo e alla Convenzione europea per la prevenzione della
tortura. Renè van der Linden ha anche fatto
riferimento ai testi recentemente adottati dall'Assemblea parlamentare sulla ''legittimita' della detenzione di individui
da parte degli Stati Uniti a Guantanamo Bay'' e sulle ''scomparse forzate''.
(R.G.)
L’ISOLA DI MINDANAO, NEL SUD DELLE FILIPPINE,
TORNA ALL’APPUNTAMENTO
DELLA “SETTIMANA DELLA PACE”,
EDIZIONE 2005. IL TEMA IN OGGETTO:
“LE DONNE E I GIOVANI, ARTEFICI DELLA PACE”
DAVAO. = L’edizione 2005 della
“Settimana della pace”, evento oramai tradizionale dell’isola di Mindanao, nel Sud delle Filippine, coinvolgerà dal 24 al 30
novembre in numerose iniziative le comunità locali, organizzate in associazioni
sia religiose che laiche. Saranno predisposti
seminari, incontri di preghiera, marce, con l’obiettivo di facilitare una comune
volontà di dialogo e di pace tra le popolazioni cristiane e musulmane
dell’area. L’appuntamento, che si ripete ogni anno dal 1998, quando fu
inaugurato a Zamboanga, città situata nella parte
occidentale dell’isola, è sponsorizzato dalla Conferenza dei vescovi e degli Ulema delle Filippine. Il tema al centro della
manifestazione di quest’anno è “Gli obiettivi del Millennio per lo sviluppo: le
donne e i giovani, artefici della pace”. I partecipanti alla
Settimana ritengono infatti che l’apporto fornito dalle famiglie e dalle
piccole comunità alla costruzione del dialogo e della pace costituisca una
risorsa aggiuntiva agli accordi raggiunti dai leader politici. Fra le manifestazioni in programma: “In bicicletta per la pace” e
“I giovani, la nostra speranza per la pace”. Alla prima,
che vedrà centinaia di persone percorrere il tragitto che collega le città di Digos e Davao, prenderà parte il
vescovo di Kidapawan, Romulo
Valles; l’altra sarà invece coordinata da padre Angel Calvo, missionario claretiano
nel sud dell’arcipelago filippino. Gli organizzatori, nel ricordare “gli
obiettivi del Millennio”, faranno il punto sullo stato attuale della povertà
nelle Filippine, le quali entro il 2015, come riferisce l’agenzia Fides,
dovranno impegnarsi assieme ad altri Paesi per ridurre il tasso di mortalità,
garantire a tutti un livello adeguato di istruzione, e
combattere efficacemente le malattie mortali. Si tratta di problematiche
urgenti, per un’area come quella di Mindanao che
stenta ad uscire da una insostenibile condizione di
sottosviluppo, forte ostacolo all’avanzamento del processo di pace. Dal 1970,
gruppi di fondamentalisti islamici conducono infatti
una lotta armata contro il governo di Manila per la secessione dell’isola. (A. R.)
ALLARME DELL’ONU: IN FORTE AUMENTO NEL BENIN IL
BANDITISMO DI STRADA,
CON FURTI, RAPINE E OMICIDI. IL FENOMENO AGGRAVA
LO SCENARIO CRIMINALE
DEL PAESE AFRICANO, GIA’ NOTO PER IL TRAFFICO
DI BAMBINI, DROGA ED ARMI. SECONDO ESPERTI LOCALI, LA CAUSA VA RICERCATA NELLA
CRISI
ECONOMICA CHE HA FATTO IMPENNARE I PREZZI DEI
GENERI DI BASE
COTONOU. = Allarme criminalità
in Benin. Le fragili condizioni economiche del Paese
africano - denunciano esperti dell’ONU - hanno causato, negli ultimi tempi, un
forte aumento di atti violenti, banditismo di strada,
furti e rapine a mano armata. Le vie principali del Paese sono infestate da
criminali che derubano e taglieggiano automobilisti e camionisti e uccidono
perfino per estorcere magri bottini. “La polizia locale - riferisce l’agenzia
Fides - non è in grado di affrontare da sola la situazione e il governo ha
deciso di impiegare l'Esercito per combattere il banditismo di strada”. Secondo
il sociologo locale, Jean Luc Quassi, sarebbero stati
gli aumenti del 25 per cento dei prezzi del pane e
della benzina le principali cause dell'esplosione della criminalità. ''I prezzi dei generi di base, come il mais, sono triplicati
negli ultimi mesi'', dichiara il sociologo. Il
direttore generale della Polizia del Benin, Abassi Alle, ritiene invece che
l'incremento della delinquenza sia dovuto alla facilità di attraversare la
frontiera tra Benin e Nigeria, perché in queste zone
di confine hanno base i banditi, che quando sono ricercati in un Paese si
rifugiano nell'altro e viceversa. “In molti casi - ha spiegato Abassi Alle - ci troviamo di fronte a reti criminali ben
organizzate che hanno referenti in entrambi i Paesi''.
Il Benin, inoltre, è da anni al centro di un vasto
traffico di bambini impiegati nel lavoro: oltre 4 mila i ragazzini “esportati” ogni
anno oltre confine. Come ha spiegato un missionario all'agenzia Fides, il Benin “è il crocevia del traffico dei minori nella regione;
anche dal vicino Togo i bambini fanno tappa qui per
poi essere inviati in Costa d'Avorio e Nigeria, dove vengono sfruttati nelle
piantagioni”. “Si tratta - ha aggiunto il religioso - di uno dei tanti traffici
che fanno base” nel Benin, dove passano anche le
rotte della droga e delle armi. (R.G.)
“USARE LO STRAORDINARIO POTERE
DELL’AMORE”: CON QUESTO MESSAGGIO
IL NUNZIO APOSTOLICO IN INDIA,
L’ARCIVESCOVO PEDRO LOPEZ QUINTANA, HA INVITATO LE COMUNITÁ CRISTIANE DEGLI
STATI NORD ORIENTALI DEL PAESE ASIATICO A COSTRUIRE UN FUTURO DI PACE E SERENITÁ
PER LE LORO TRAVAGLIATE POPOLAZIONI
NEW DELHI.
= Il nunzio apostolico, l’arcivescovo Pedro Lopez Quintana, si è recato di recente in visita negli
Stati di Nagaland e Manipur,
nell’India nord-orientale. È questo il primo viaggio del rappresentante della
Santa Sede, secondo quanto rileva l’agenzia Fides, in un’area attraversata da tempo
da aspri conflitti etnici e sociali. Il suo arrivo è stato salutato con estremo
favore dalle autorità locali, con le quali ha discusso della necessità di
cooperare per riportare la situazione verso un sentiero di pace. A questo
scopo, l’arcivescovo, rivolgendosi alla comunità cattolica della diocesi di Kohima (capoluogo del Nagaland),
riunita per l’occasione nella cattedrale, ha invitato i fedeli ad “usare lo
straordinario potere dell’amore”. Solo il perdono, solo il rifiuto
dell’utilizzo di “forme di nazionalismo esasperato, razzismo e intolleranza” –
ha precisato il presule – possono efficacemente contrastare l’odio e la
violenza che caratterizzano questi territori. Lo Stato del Nagaland
da più di 50 anni conduce infatti una lotta accanita
contro il governo federale: una campagna per l’indipendenza portata avanti dal
gruppo indigeno di maggioranza, i Naga, tradottasi
nella morte di oltre 100 mila persone, soprattutto fra gli appartenenti ai
gruppi etnici minoritari dell’area. Simile la situazione nel vicino
Manipur, al cui interno operano gruppi separatisti di
etnia Naga per annettere alcune zone del territorio
in un Nagaland indipendente. Anche qui mons. Lopez Quintana, in un messaggio alle Chiese cristiane della
zona, ha ribadito il proprio interesse a che le
comunità lavorino fianco a fianco per riportare adeguate condizioni di serenità
fra la popolazione locale. Il nunzio apostolico ha quindi partecipato alle
celebrazioni per il 25 anniversario di fondazione dell’Arcidiocesi di Imphal, capoluogo dello Stato
del Manipur. (A. R.)
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8 novembre 2005
- A cura di Fausta Speranza -
Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, in visita al
Cairo ha invitato oggi la Siria a “continuare a cooperare all’inchiesta
internazionale sull’assassinio dell’ex primo ministro libanese, Rafic Hariri. Il capo della
diplomazia egiziana, Ahmed Aboul Gheit
ha annunciato, dopo un colloquio con Annan, che il segretario generale dell’ONU
preferisce che il processo agli accusati si tenga in Libano.
In Israele dura sconfitta al parlamento per il governo
Sharon. Ieri la Knesset ha bocciato la nomina di tre nuovi ministri, un voto
che mette a rischio l’ultima parte della legislatura israeliana, che si concluderà tra un anno.
Tamer Hammoud
Hadi, uno degli avvocati di Barzan
al-Tikriti, coimputato con Saddam Hussein nel
processo sul massacro di circa 150 sciiti, è stato ferito da uomini armati a
Baghdad. E’ una notizia appena arrivata di cui non si conoscono ulteriori dettagli. Non è l’unico episodio di violenza in
Iraq, mentre porsegue la visita in Italia del presidente iracheno
e mentre si parla del presunto uso da parte delle
truppe americane di armi chimiche a Falluja. Il
nostro servizio:
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Il presidente iracheno Talabani, in visita
ufficiale a Roma, ieri ha ringraziato l’Italia per il contributo dato all’Iraq
nel cammino verso la democrazia. Talabani, che giovedì sarà in visita da
Benedetto XVI, ha incontrato il presidente della Repubblica, Ciampi, ed il presidente del Senato, Pera. E la sua visita ha portato maggioranza
ed opposizione a trovare un punto d’incontro sul rientro delle truppe italiane
dall’Iraq: la linea attuale non prevede nessun ritiro immediato delle truppe, ma smobilitazione graduale ed in accordo con il governo
di Baghdad. Intanto, negli Stati Uniti
è polemica sul presunto utilizzo da parte delle truppe americane di armi chimiche a Falluja, in
particolare bombe al fosforo. La notizia, pubblicata, in Italia da Rainews 24, è stata smentita dal Pentagono che ha confermato
l’utilizzo di fosforo, ma solo per illuminare le postazioni della guerriglia. Intanto sul
terreno, forze statunitensi e irachene sono impegnate in un’operazione contro un’insurrezione di
arabi sunniti che si oppongono al
governo a guida sciita e curda. Ci sono poi vari episodi di violenza: un
colonnello delle forze irachene e suo fratello uccisi
da una bomba a sud di Bassora. 4 militari statunitensi e un
interprete colpiti a morte ad un checkpoint nei
pressi di Baghdad. Un poliziotto ucciso e altri 5 feriti da insorti a Baquba. Infine, una bomba è esplosa presso l’Università Mustansiriyah nella zona est della capitale, ferendo due
passanti.
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E l’Iraq continua
ad essere il più grande problema dell’amministrazione
Bush, che deve far fronte alle polemiche interne causate dalle continue morti
di marines. Il presidente Bush è tornato ieri a
Washington, dopo 5 giorni in America Latina. Dopo aver visitato Argentina e
Brasile, l’ultima tappa lo ha portato a Panama.
La Corte Suprema americana si pronuncerà
sulla validità dei tribunali militari istituiti dall’amministrazione Bush per
giudicare i detenuti di “guerra contro il terrorismo”. L’attenzione è puntata
in particolare sui detenuti della base di Guantanamo, a Cuba, dove sono reclusi
centinaia di prigionieri, parte dei quali arrestati in Afghanistan.
Maxi
retata ieri in Australia. In un’operazione antiterrorismo
condotta a Sidney e a Melbourne sono state arrestate 17 persone. I fermati sono
accusati di preparazione di attacchi estremisti. Tra loro
anche un religioso islamico radicale, Abu Bakr.
Il presidente dell’Azerbaijan, Ilham Aliyev, ha detto che terrà conto del fatto che l’occidente ha espresso
critiche sul voto parlamentare di domenica scorsa, sollevando dubbi sugli
standard raggiunti di democraticità, dopo che gli alleati Stati Uniti hanno detto
che le elezioni potrebbero avere effetti sui legami tra i Paesi. L’opposizione
intanto ha annunciato proteste di piazza dopo che i risultati del voto hanno
attribuito la maggioranza assoluta al partito in carica di Aliyev. L’Azerbaijan ha stretti legami con Paesi occidentali che hanno compagnie
petrolifere che hanno investito pesantemente nell’estrazione del petrolio nella
repubblica musulmana della regione caucasica. Aliyev,
da parte sua, ha detto che complessivamente lo
svolgimento del voto è stato democratico e trasparente a parte casi di
violazioni delle norme in sette o otto
collegi elettorali, sui 125 totali. Aliev ha aggiunto
che saranno puniti i responsabili delle violazioni e che non sarà permesso a
funzionari che hanno avuto un comportamento scorretto di gettare un’ombra sulle
elezioni.
A un mese esatto
dal terremoto che ha colpito la regione pakistana del Kashmir, causando oltre
70 mila morti, ieri, in un rapporto presentato al palazzo di Vetro, le Nazioni
Unite hanno detto che ci sarebbero oltre 100 mila sopravvissuti che non sono
stati ancora raggiunti dai soccorsi. Oltretutto la temperatura sta scendendo in
fretta nelle vallate himalayane
colpite dal sisma. Da New Delhi, Maria Grazia Coggiola:
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Anche per le
famiglie che hanno ancora un tetto, circa 70 mila, è emergenza perché mancano
cibo e medicine, secondo quanto riportato dal PAM. Preoccupa anche la situazione
sanitaria nelle tendopoli allestite nei grandi centri. Si teme l’arrivo di
un’altra ondata di sfollati, costretti ad abbandonare i villaggi di montagna
devastati, per scendere a valle. Di fronte all’immensità della catastrofe,
India e Pakistan ieri hanno aperto un primo punto di
passaggio per i soccorsi, attraverso il loro confine conteso in Kashmir. Una ventina
di camion carichi di cibo, tende e medicine indiane hanno attraversato la linea
di controllo diretti ad una città a 65 km da Muzaffarabad.
E’ stato un evento storico, paragonabile all’apertura del collegamento autobus
tra le due capitali kashmire, lo scorso aprile. Per
ora però non è stata possibile la circolazione delle persone che hanno bisogno
di un permesso speciale rilasciato dalle due autorità. Molte famiglie kashmire, giunte al valico nella speranza di attraversare e
visitare i loro congiunti sul versante indiano, sono state disperse
dall’esercito pakistano con lacrimogeni. Nei prossimi giorni è prevista
l’apertura di altri due punti di passaggio.
Da New Delhi,
per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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L’influenza aviaria
continua a preoccupare il mondo. Ieri la conferma di una
nuova vittima in Vietnam. La pandemia ci sarà, è
solo questione di tempo: è quanto ha affermato nuovamente ieri il direttore
generale dell'Organizzazione mondiale della Sanità, Lee
Jong-Wook. Lo ha fatto nel
discorso di apertura al summit internazionale sul virus dei polli, in corso a
Ginevra, dove sono arrivati i più importanti esperti mondiali. Ma si può pensare che sia inevitabile una pandemia?
Debora Donnini lo ha chiesto a Giovanni Rezza, direttore
del reparto di epidemiologia del dipartimento di
malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità:
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R. –
Quando si dice è inevitabile, credo che sia un termine in qualche misura esatto
da un punto di vista scientifico, se guardiamo al lungo termine. La gente,
però, pensa che “inevitabile” voglia dire che
succederà domani. Allora io dico potrebbe succedere
anche domani, però potrebbe anche non succedere domani e non succedere fra un
anno. Siamo di fronte ad una situazione in cui c’è una grande
epidemia dei volatili. La situazione sembra essere fuori controllo per
quanto riguarda la diffusione e l’infezione nei volatili anche domestici,
quindi polli e tacchini, nel sud-est asiatico, in parte dell’Estremo Oriente. I
casi umani però sono ancora sporadici e la trasmissione tra uomo e uomo non è ancora efficiente. Io credo che nessuno di noi
possa sapere in questo momento quando e se la trasmissione interumana di H5N1 diventerà efficiente. Questo potrebbe avvenire e non avvenire. Potrebbe avvenire con un altro virus aviario e non
con H5N1. Potrebbe avvenire con H5N1 fra un giorno, come fra un anno, dieci anni o 50 anni. In questo momento è difficile prevederlo.
D. – Secondo alcuni studi ogni
nuova epidemia su scala globale è potenzialmente in grado di provocare fra i
100 e i 200 mila morti, solo negli Stati Uniti…
R. – Questo è molto difficile da prevedere, perché mentre
possiamo prevedere che un virus nuovo faccia milioni di casi, in quanto la
popolazione mondiale non ha anticorpi rivolti contro questo virus - questo è
molto possibile, anzi è probabile - non sappiamo, invece, quella che potrebbe
essere la mortalità, perché questa dipende dal tasso di letalità, ovvero sia quante persone muoiono su un certo numero di
malati. Allora, siccome questo virus per adattarsi all’uomo deve mutare,
potrebbero mutare insieme alla contagiosità anche le
caratteristiche della virulenza. Più virulento è difficile, perché per ora praticamente riesce ad uccidere una persona su due di quelle
che contagia. Potrebbe, però, per esempio diventare meno virulento. Quindi, direi che questo è difficile da prevedere.
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Trasferta a Santiago del Cile per i magistrati di Lima che devono
occuparsi dell’estradizione dell’ex presidente del Perú Alberto Fujimori, arrestato domenica scorsa nella capitale cilena. Un
funzionario del governo giapponese ha detto che il
Giappone ha chiesto a Lima di trattarlo con giustizia. Il 67enne Fujimori è stato arrestato ieri a Santiago dove era giunto
dal Giappone, Paese originario dove ha vissuto in questi anni dopo che è
scoppiato lo scandalo corruzione che lo ha travolto nel 2000. E’ ricercato,
infatti, in Perú, per questioni legate a diritti umani e corruzione.
Il direttore di un quotidiano thailandese
è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco ieri sera nella provincia di Narathiwat, nel sud della Thailandia, in preda a violenze
di gruppi separatisti. Lo hanno reso noto oggi fonti
della polizia. Abdulloh Mama,
37 anni, direttore del Thongtin Thai,
è stato ucciso nella città do Sungai Kolok da uomini armati che lo hanno seguito a bordo di un
pick-up. Secondo un ufficiale della polizia locale, l’omicidio può essere
legato a un regolamento di conti personale, ma anche
alle violenze separatiste. Una settimana fa era stato assassinato il
proprietario di un giornale di Pattaya (150 km a est di Bangkok), il cui quotidiano aveva rivelato
l’esistenza di una rete di prostituzione in cui
erano coinvolti dei poliziotti.
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