RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
311 - Testo della trasmissione di lunedì 7 novembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Benedetto XVI riceve il presidente della Camera, Pier
Ferdinando Casini, in udienza privata
Il Papa rilancia la Lectio divina: il commento
di padre Enzo Bianchi
Ieri pomeriggio a
Vicenza è stata beatificata Eurosia Fabris, madre di
nove figli
OGGI IN PRIMO PIANO:
Al via a Roma il Sinodo della Chiesa caldea: ce ne parla mons. Philip Najim
Prima vittima per gli scontri in
Francia. Ai nostri microfoni Giuseppe Bettoni
e Fouad Allam
Reazioni al
“tour americano” di Bush: con noi Mario Biasetti e
Fernando Elenberg
Due anni fa nasceva l’agenzia AsiaNews: intervista con padre
Bernardo Cervellera
CHIESA E SOCIETA’:
Convegno su “Etica e ambiente” oggi al Regina Apostolorum
con il cardinale Martino
Un missionario evangelico britannico ucciso sabato scorso in
Uganda
Si svolge a
Lisbona il Congresso internazionale per la nuova evangelizzazione
I disegni degli ex bambini-soldato
dell’Uganda in mostra alla Cattolica di Milano dal 14 novembre
Successo nelle Isole Salomone di
“Voice Katolika”, il trimestrale della comunità
cattolica
Aperta a Ginevra, presso la sede dell’OMS, la conferenza
internazionale sull’influenza aviaria
La denuncia dell’OSCE:
le elezioni in Azerbaigian non conformi agli standard
internazionali
7 novembre 2005
IL
SIGNORE ILLUMINI I SUOI DISCEPOLI AFFINCHE’ SIANO
UNA COSA SOLA:
COSI’,
BENEDETTO XVI NEL DISCORSO ALLA DELEGAZIONE
DELLA FEDERAZIONE LUTERANA MONDIALE, RICEVUTA
IN VATICANO
PER
UN’UDIENZA DAL PROFONDO SIGNIFICATO ECUMENICO
Serve
un dialogo paziente per proseguire sulla via dell’ecumenismo: è quanto ribadito da Benedetto XVI nel discorso al vescovo Mark Hanson, presidente della
Federazione Luterana Mondiale, ricevuto in Vaticano con il seguito. Il Papa si
è soffermato sui risultati conseguiti nelle relazioni cattolico-luterane, pur
riconoscendo le difficoltà che ancora permangono per raggiungere l’obiettivo
della piena e visibile unità dei cristiani. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
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“Possa
il volto di Cristo illuminare sempre più i suoi discepoli affinché siano una cosa sola, perché il mondo creda”. E’ l’invocazione di
Benedetto XVI, che nel suo discorso ha sottolineato la
necessità di un “dialogo paziente” per proseguire, pur nelle difficoltà, sulla via del
cammino ecumenico. Il Pontefice si è detto incoraggiato dalla “solida
tradizione di studi e scambio che hanno caratterizzato
le relazioni cattolico-luterane nel corso degli ultimi
anni”. Siamo confortati, ha aggiunto, dal fatto che “la nostra ricerca
dell’unità è guidata dalla presenza del Signore
Risorto e dal potere inesauribile dello Spirito che soffia dove vuole”. Ha così
auspicato che “siano amplificati” gli sforzi per capire più profondamente
cosa cattolici e luterani abbiano in comune e cosa li divida, “così come i doni
da offrire reciprocamente”.
Il Papa ha ricordato l’intenso rapporto tra la
Chiesa cattolica e la Federazione Luterana Mondiale. Un dialogo fruttuoso che
ha tra i suoi risultati la Dichiarazione congiunta sulla Giustificazione,
una “pietra miliare”, ha evidenziato, “nel nostro comune percorso verso l’unità
visibile” dei cristiani. D’altro canto, ha riconosciuto che “permangono tuttora
delle differenze” su tale questione centrale. Ricordando poi la recente visita
a Colonia, Benedetto XVI ha espresso l’auspicio che “il progresso del dialogo
ecumenico” non sia inserito soltanto in un contesto di
“questioni istituzionali”, ma prenda in considerazione la “vera fonte di tutto
il ministero nella Chiesa”.
La
Federazione Luterana Mondiale e la commissione cattolica sull’Unità, ha detto
il Pontefice, completeranno presto la quarta fase del dialogo e pubblicheranno
i risultati in un documento sull’apostolicità della Chiesa.
“Siamo tutti consapevoli – ha constato – che il nostro
dialogo fraterno è sfidato non solo dalla necessità di verificare la ricezione
di queste formulazioni condivise della dottrina nelle nostre rispettive
comunioni, ma ancor più da un clima generale di incertezza riguardo alle verità
della Chiesa e a quei principi etici che prima non erano messi in discussione”.
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La
Federazione Luterana Mondiale è una comunione di Chiese cristiane di tradizione
luterana fondata nel 1947 a Lund in Svezia. Attualmente è composta da 140 Chiese in 78 Paesi di tutto il
mondo, per un totale di quasi 66 milioni di persone.
Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata,
in successive udienze, l’ambasciatore della Bolivia, Valentin Abecia Valdivieso, in visita di
congedo, e il cardinale Dario Castrillon Hoyos, prefetto della Congregazione per il Clero e
presidente della Pontificia Commissione “Ecclesia
Dei”.
Il Papa ha nominato consultore della Segreteria di Stato – nella sezione
per i Rapporti con gli Stati – l’arcivescovo Paul Fouad
Tabet, nunzio apostolico.
BENEDETTO XVI RICEVE IL PRESIDENTE DELLA CAMERA,
PIER
FERDINANDO CASINI, IN UDIENZA PRIVATA
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Il presidente della Camera dei Deputati, Pier Ferdinando Casini, è stato
ricevuto stamani da Benedetto XVI in udienza privata. Al termine del colloquio,
durato circa mezz’ora, il presidente Casini si è
recato in preghiera alla tomba di Giovanni Paolo II. Un gesto particolare,
giacché avviene a pochi giorni dal terzo anniversario della storica visita di
Papa Wojtyla al Parlamento italiano.
Soffermandosi con i giornalisti, Casini ha detto di aver portato a
Benedetto XVI, il saluto della Camera dei deputati e “l'augurio sincero per
l'esercizio del suo alto magistero pastorale”. “Ho espresso a Sua Santità tutta
la mia gratitudine per l'udienza odierna - ha dichiarato Casini - che ci ha
confermato la particolare attenzione con cui Egli guarda al nostro Paese ed
alle sue Istituzioni rappresentative”.
IMPARARE
L’ASCOLTO DELLA VOCE DI DIO ATTRAVERSO LA LECTIO DIVINA:
UN
COMMENTO ALL’ANGELUS DI IERI DEL PRIORE DI BOSE
- Intervista con padre Enzo Bianchi -
Ricercare Dio nella Parola scritta. E’ questo lo scopo
della Lectio divina, l’antica pratica cristiana che
permette, attraverso una lettura sapienziale, contemplativa, della Bibbia di
scoprire il gusto delle cose di Dio. All’Angelus di
ieri, Benedetto XVI è tornato – come nel recente passato – ad esortare i
cristiani alla riscoperta assidua della Lectio divina, per
arrivare a cogliere – ha detto – il “suc
co” dei testi sacri. Per comprendere
meglio il significato dell’invito del Papa, ecco un commento del priore della
Comunità di Bose, padre Enzo
Bianchi, intervistato da Alessandro De Carolis:
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R. – La Lectio divina è la
più antica e la più classica
maniera per incontrare Dio nella sua Parola e stringere con Lui
alleanza. E’ una pratica che era già dei rabbini, ma che soprattutto si è
sviluppata nella Chiesa a partire dai Padri, da
Origene, e attraverso tutto il Medioevo è giunta fino ai nostri giorni. Non si
dovrebbe dimenticare che proprio l’allora cardinale Ratzinger, negli anni
Novanta, aveva rivolto ai vescovi dell’Europa una
relazione in cui chiedeva che il compito primario del vescovo, del presbitero –
compito che lui definiva “assoluto” - è proprio l’esercizio quotidiano della Lectio divina per arrivare al sensus fidei. E’ uno
dei testi più belli sulla Lectio divina,
quello del cardinale Ratzinger ai vescovi delle Conferenze episcopali europee.
D. – Rimanere a lungo su un testo biblico per estrarne il
“succo”: l’immagine del Papa colpisce, ma come conciliare questo
invito alla meditazione con la frenesia quotidiana e soprattutto con la disabitudine per moltissimi laici alle cose dello spirito?
R. – La Parola è il nostro cibo quotidiano, che il Signore
ci ha offerto perché posiamo vivere in comunione con Lui. Non abbiamo altri
mezzi. Di conseguenza, noi dobbiamo assolutamente strappare
il tempo alla velocità, alla rapidità con cui si susseguono gli impegni della
giornata. Credo che, se vogliamo, attraverso un po’ di buona volontà e
di disciplina, sia possibile ogni giorno, soprattutto al
mattino prima dell’inizio delle attività, dedicare un quarto d’ora in cui si
legga un piccolo brano della Sacra Scrittura, a partire soprattutto dai
Vangeli. Lo si legga e lo si rilegga, si cerchi di
pensarlo, di meditarlo, chiedendosi: cosa dice a me oggi? Arrivando poi a
pregare questo brano davanti a Dio con semplicità. Credo che ciò sarebbe più
che sufficiente per innestare nella vita del cristiano una forza, un dinamismo
che lo trasformi completamente.
D. – Come priore della comunità di Bose,
cosa può testimoniare di vite trasformate dallo studio e, direi,
dalla familiarità con la Bibbia?
R. – Io posso testimoniare che le persone vengono trasformate nella fede, anche nel comportamento,
perché in realtà, attraverso la Lectio divina si
acuisce lo stesso sentimento che era in Cristo Gesù. Si impara
ad ascoltare la sua voce, si conosce la sua volontà, e tutto questo poi quasi
naturalmente si cerca, per quanto è possibile, di trasformarlo in vita. E’
davvero all’origine della trasformazione del cristiano la pratica dell’assiduità con la Parola di Dio.
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MODELLO
ESEMPLARE DI SPOSA E DI MADRE CRISTIANA: CON
QUESTA MOTIVAZIONE
IERI
POMERIGGIO A VICENZA È STATA PROCLAMATA BEATA EUROSIA FABRIS
Ieri pomeriggio, nella cattedrale di Vicenza, è stata
beatificata Eurosia Fabris, umile donna vissuta tra
il 1800 e il 1900, modello esemplare di sposa e madre cristiana. Ha saputo
dedicarsi con amore alla sua numerosa famiglia senza dimenticare le necessità
del prossimo e offrendo sempre la sua disponibilità in parrocchia. Centinaia i fedeli che hanno preso parte alla celebrazione, tanti
quelli rimasti, nonostante la pioggia, sul sagrato della cattedrale di Santa
Maria Annunciata. A presiedere la Santa Messa il vescovo di Vicenza
Cesare Nosiglia. A nome di
Benedetto XVI il cardinale José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle Cause dei
Santi, ha letto la formula di Beatificazione. Il servizio di Tiziana Campisi.
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“Con la nostra autorità apostolica concediamo che la venerabile serva di
Dio Eurosia Fabris Barban
d’ora in poi sia chiamata Beata”.
Con la formula di Beatificazione
letta a nome del Papa dal Prefetto della Congregazione
delle Cause dei Santi José Saraiva Martins, la Chiesa annovera da ieri tra i Beati Eurosia Fabris. Madre di 9 figli, nel vissuto concreto di ogni giorno ha saputo donare amore alla sua famiglia e ai
poveri della sua parrocchia. Per incarnare l’ideale evangelico scelse di far
parte del Terz’ordine Francescano. Il postulatore della Causa di Beatificazione
padre Luca De Rosa ha detto di lei:
“La vita di famiglia, con
i suoi doveri e i suoi sacrifici, fu per Eurosia una
palestra di virtù e di santificazione. Guidati dalla testimonianza di vita
della mamma tre dei nove figli di questa singolare educatrice seguirono il
Signore nel ministero sacerdotale, mentre due di essi
scelsero la vita consacrata”.
Poi il religioso francescano ha osservato che onorando questa mamma la Chiesa rende omaggio a tutte le
mamme che si dedicano senza risparmio e nel silenzio alla propria famiglia.
Mamma Rosa, così era chiamata, è esempio di una vita spesa con fede nelle fatiche
quotidiane, che nella semplicità di sobborghi di contadini ha
dato frutti di carità.
“Mamma Rosa viene indicata
come modello di una santità possibile a
tutti, perché, da sposa e madre, è vissuta nella semplicità evangelica del dono
di sé e del sacrificio per amore, nel quotidiano di una vita di famiglia
accettata con le sue pene e sofferenze, gioie e speranze, nella continua
ricerca della volontà di Dio”.
Queste alcune parole dell’omelia
del vescovo di Vicenza Cesare Nosiglia, che ha
presieduto la celebrazione. Santi si diventa anche in
famiglia, ha detto il presule che ha voluto ricordare quanto Eurosia Fabris, di fronte alle difficoltà, amava ripetere:
“Coraggio sempre.
Facciamo la volontà di Dio e vedrete che Egli ci aiuterà. Il Signore ci ama
tanto ed è morto per noi. Perché diffidare della sua Provvidenza?”
E’ la fede in Dio dunque il motore della santità della Beata.
Non la quantità del lavoro e l’affannato attivismo
pastorale fanno crescere la comunità cristiana, ha sottolineato
mons. Nosiglia, ma la qualità della sua fede e della
carità. Quindi rivolgendosi ai fedeli della sua diocesi ha precisato: “Una
Chiesa non la si organizza, ma la si genera con la
fecondità dei carismi, di questi il più necessario è la santità”. Mamma Rosa insegna
che più di tanti discorsi vale l’esempio donato nel proprio ambiente di vita.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
"Il Catechista del Concilio Vaticano II": all'Angelus Benedetto XVI
continua la sua densa, stimolante catechesi
sull'attualità del messaggio conciliare a 40 anni dalla conclusione della
grande assise ecumenica.
Servizio
vaticano - Un articolo di Padre Czeslaw Drazek dal titolo "La prima sessione del Tribunale del
processo rogatorio per la Causa di Beatificazione e Canonizzazione
del servo di Dio Giovanni Paolo II"; l'intervento dell'Arcivescovo Metropolita
Stanislaw Dziwisz.
Servizio estero - Francia: i
tumulti a Parigi provocano un morto; la rivolta delle periferie della capitale
dilaga in altre città e oltre i confini.
Servizio
culturale - Un articolo di Carlo Pedretti dal titolo
"Leonardo e il mistero della Maddalena": la mostra "Genio e
visione in terra marchigiana".
Servizio italiano - In rilievo
il tema della finanziaria.
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7
novembre 2005
AL VIA A ROMA IL SINODO DELLA CHIESA CALDEA: AL
CENTRO DEI LAVORI LA DIFFICILE SITUAZIONE DEI CRISTIAN IN IRAQ E
L’AGGIORNAMENTO LITURGICO
- Intervista con mons. Philip
Najim -
Si
svolge oggi a Roma la sessione preliminare del Sinodo della Chiesa caldea che si apre ufficialmente domani mattina.
Partecipano 20 vescovi dell'Iraq e della diaspora. Due i
temi principali al centro del Sinodo: l’attuale situazione dei cristiani in
Iraq e l'aggiornamento liturgico, in particolare riguardo alla Messa. La
Chiesa caldea, che conta circa 700 mila fedeli, di
cui 150mila appartenenti alla diaspora, ha le sue radici nelle comunità cristiane
che vivevano in Mesopotamia agli albori del
cristianesimo, quasi 2 mila anni fa. Oggi il suo futuro appare incerto. Ma cosa chiede la Chiesa caldea
alla comunità internazionale in questo difficile momento per l’Iraq? Sergio Centofanti lo ha chiesto a mons. Philip
Najim, procuratore del Patriarcato caldeo presso la Santa Sede:
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R. – La Chiesa caldea chiede alla comunità internazionale la sicurezza.
Chiede alla comunità internazionale come mai l’Iraq si è trasformato in un
luogo che ha accolto il terrorismo che minaccia la vita degli iracheni, il
futuro dell’Iraq. Ci è stato prima promesso che
avremmo avuto un Iraq democratico, pacifico, che sarebbe stato un modello per
tutto il Medio Oriente, e che avremmo avuto una nuova situazione dopo aver
vissuto 13 anni di embargo che, non lo dimentichiamo, ha causato la morte di
mezzo milione di bambini. Oggi viviamo un’altra situazione anomala con questa insicurezza che vede morire ogni giorno tra le 30 e
le 50 persone a causa delle autobombe e dei terroristi
presenti in Iraq. Noi chiediamo alle truppe di fare qualche cosa perché
altrimenti non è giustificata la loro presenza in Iraq.
D. – Volete dunque che le truppe
della coalizione internazionale restino in Iraq?
R. – Certamente. Questa
situazione prima non esisteva in Iraq, è nata con la presenza delle truppe e
quindi sicuramente sono costretto a chiedere alle
truppe di non lasciare l’Iraq.
D. – Qual è il rapporto con la
comunità musulmana?
R. – Il rapporto è ottimo, come
prima. Guardi non c’era un Iraq diviso, non si parlava
prima di un Iraq dei musulmani, degli sciiti, dei curdi, dei sunniti. Sì,
sicuramente ogni comunità ha la propria identità, però non c’erano divisioni
ufficiali, costituzionali. Oggi, parliamo anche di una
divisione basata sulla Costituzione, perché la Costituzione parla di divisione.
Noi non abbiamo avuto mai in Iraq una Costituzione che riguardava le etnie che
esistono nel Paese. Pericò il nostro era un rapporto
ottimo, un rapporto tra iracheni a prescindere dalla
religione e dalla fede. Si diceva sempre da noi che la religione è per Dio, ma
la patria è per tutti.
D. – Qual è la speranza della
Chiesa caldea?
R. – La Chiesa caldea vive una situazione molto difficile come tutto il popolo
iracheno. La speranza è di tornare a vivere nella sicurezza,
perché soltanto attraverso la sicurezza, la stabilità del Paese si può
vivere. La comunità internazionale non può chiedere che si viva normalmente,
che si faccia una Costituzione, che si voti,che si
viva in pace e democraticamente se manca la sicurezza.
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MORTO UN PENSIONATO NELLE VIOLENZE DELLA PERIFERIA
PARIGINA.
L’UOMO, AGGREDITO VENERDI’ SCORSO, E’ LA PRIMA
VITTIMA IN UNDICI
NOTTI DI INCIDENTI. CHIRAC RIUNISCE IL GABINETTO
PER LA SICUREZZA, MENTRE C’E’ IL RISCHIO CHE LA PROTESTA SI ESTENDA
- Intervista con Giuseppe Bettoni
e Fouad Allam -
Ha fatto la sua prima vittima la serie
di violenze che da undici notti scuote Parigi e altre città della
Francia. E’ morto oggi il pensionato francese sessantenne aggredito venerdì
scorso da un giovane nella banlieu, la grande periferia che circonda la capitale francese. La
scorsa notte sono state oltre 1.400 le automobili date alle fiamme, mentre per
la prima volta i rivoltosi hanno usato armi da fuoco contro le forze di polizia
impegnate nei quartieri più caldi. Gli scontri sono,
inoltre, arrivati anche al centro di Parigi, dove sono state incendiate alcune
vetture. Ed il rischio concreto è che la rivolta possa infiammare anche altre
città in cui la presenza di comunità di origini
straniere è molto elevata. Sul fronte politico, il presidente
Chirac ha riunito il gabinetto per la Sicurezza, che dovrà valutare un giusto
piano per ristabilire l’ordine pubblico. Ci spiega il peso che
l’intervento del presidente francese ha avuto, il professor Giuseppe Bettoni, docente di geopolitica all’Università Roma Tre, al
microfono di Fausta Speranza:
*********
Chirac
ha quasi disinnescato il contrasto tra de Villepin,
primo ministro, e Sarkozy, ministro dell’Interno e
soprattutto leader del partito di maggioranza. De Villepin, in maniera pubblica, ha riconosciuto il ruolo di Sarkozy. Sappiamo che è una partita rimessa ad un’altra
giornata, però in questo momento c’è massima cooperazione. Quindi
la loro azione in questo momento è concomitante. Vanno diretti a sedare i
conflitti. Solo dopo aver sedato questi conflitti, anche se la cosa appare più
facile a dirsi che a farsi, si occuperanno di
interventi di lungo periodo. Hanno già previsto delle manovre di bilancio con
importanti fondi. L’altro grande interlocutore, politicamente parlando, resta il ministro del Welfare,
che intende, secondo me, prendere il seguito delle operazioni, anche perché è
lui che fino ad oggi ha portato avanti delle politiche di integrazione
sociale che hanno avuto maggiore efficacia, soprattutto nel nord della Francia.
**********
Ma
quali sono i reali motivi che hanno fatto scattare la violenza delle bande giovanili?
Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Fouad Allam, editorialista del quotidiano “La Repubblica”:
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R. –
Le motivazioni sono diverse: il fallimento delle politiche di
integrazione, la ghettizzazione di interi quartieri nelle periferie
delle grandi metropoli francesi, e le fratture di tipo sociale, economico e
culturale. Si tratta di un fenomeno su larga scala, che non tocca ovviamente
soltanto la Francia, ma tutto quello che ha a che fare
con il concetto di città multietnica, multiculturale. In sostanza, la città oggi non arriva più a
produrre società. Mi sembra che siano degli elementi che pongono la questione
urbana come una questione centrale delle politiche
sociali. Anzi, possiamo dire che questa questione
urbana ha la tendenza a diventare quella che fu la questione sociale nel secolo
passato. La città non arriva più a trasformare quel legame sociale in un
elemento che produca convivenza fra gruppi o fra
individui.
D. –
Non è giusto, comunque, parlare di rivolta di
immigrati, visto che i giovani in questione sono sì di origine maghrebina, ma
francesi a tutti gli effetti. Questi
atti violenti non rischiano di demolire il modello di integrazione
alla francese?
R. –
Certamente, l’integrazione non può essere soltanto il diritto di voto o il
possesso di un documento di identità francese,
tedesca, belga o inglese. L’integrazione ha a che fare con qualche altra cosa,
vale a dire con alcuni importanti elementi culturali. Mi sembra evidente che
questa violenza, che riguarda gran parte delle popolazioni ex colonizzate, ci
mostra che il modello di integrazione alla francese,
di assimilazione, come l’hanno concepito loro, sta andando completamente in
crisi. Anche lo stesso modello comunitario anglo-sassone
è andato in crisi. Credo ci sia da ripensare completamente, a fondo, le politiche
di integrazione.
D. –
La risposta del governo francese è stata nelle ultime ore
ferma e decisa, anche se all’inizio il premier de Villepin
e il ministro dell’Interno, Sarkozy, avevano
imboccato due strade diverse. Il primo aveva adottato una linea più morbida e
il secondo, invece, il pugno di ferro. Il piano messo a punto da Chirac
riuscirà a contenere i disordini?
R. –
Mi sembra che per il momento quello che definisce la politica francese sia la
gestione dell’urgenza e dell’emergenza. Ma, accanto alle politiche di sicurezza
c’è la necessità di sviluppare delle politiche di avvicinamento
che, in un certo senso, avranno nel futuro un ruolo di prevenzione. Si può
certamente fermare la violenza, ma dopo alcuni mesi questa stessa violenza può
riapparire nelle stesse aree urbane.
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DOPO IL VERTICE DELLE AMERICHE,
CHIUSOSI SABATO A MAR DEL PLATA,
IN ARGENTINA, IL PRESIDENTE DEGLI
STATI UNITI E BUSH HA INCONTRATO
IL PRESIDENTE LULA IERI IN BRASILE, MENTRE
OGGI E’ A PANAMA
- Con noi Mario Biasetti e
Fernando Elenberg -
Dopo il Vertice delle Americhe, chiusosi sabato a Mar del Plata, in Argentina, senza grandi risultati, il presidente
degli Stati Uniti George Bush è oggi a Panama. Ieri aveva fatto tappa in
Brasile per un colloquio con il presidente Lula da
Silva. Mentre un gruppo di manifestanti protestava
contro la presenza del capo della Casa Bianca a Brasilia, Bush ha affrontato
con Lula la questione dei sussidi all’agricoltura
concessi dai Paesi industrializzati, che ostacolano il progetto dell’Alca, l’Area di libero scambio delle Americhe. Il servizio
di Maurizio Salvi:
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Nonostante la convinzione di 29 dei 34 Paesi americani di voler
andare avanti con l’Alca, i cinque Paesi restanti -
Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela - hanno scelto di esercitare
una decisa opposizione, ottenendo un rinvio della discussione, forti anche del
fatto che le loro economie pesano per il 75 per cento del prodotto interno
lordo dell’America Latina. Di Alca si riparlerà forse nel 2006 e, comunque, dopo che si
sarà svolta ad Hong Kong la sessione ministeriale prevista nell’ambito
dell’attività dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. “Se
l’Europa ridurrà i sussidi al mondo agrozootecnico –
ha assicurato ieri sera Bush, lasciando il Brasile – lo potremo fare anche
noi”.
Maurizio
Salvi, dall’Ansa in America Latina, per la Radio Vaticana.
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Ma quale eco ha avuto il vertice a Mar del Plata
all’interno degli Stati Uniti, presi da scottanti questioni interne? Nell’intervista
di Fausta Speranza risponde il giornalista statunitense Mario Biasetti:
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R. – E’
stato seguito fino ad un certo punto, perché quello che è successo a Mar del Plata è accaduto in concomitanza al Cia-gate, alla nomination per la Corte Suprema del giudice Alito, e a tante
questioni che in questi giorni, in queste settimane, l’amministrazione Bush sta
cercando in qualche maniera di affrontare. La notizia, perciò, è stata
ricevuta, ma non come avrebbe potuto essere ricevuta
se non ci fossero state tutte queste altre questioni a Washington.
D. – Il dibattito intorno
all’area di libero scambio è comprensibile non sia stato
seguito da vicino dall’opinione pubblica, ma la contestazione a Bush ha avuto
eco?
R. – Quella ha avuto eco, perché
i network americani, come Fox
News, ABC, CBS, CNN, hanno fatto vedere quello che succedeva a Mar del Plata. Il tema non è stato però approfondito e il pubblico
americano non ha potuto assistervi per tutte le altre questioni, nonostante
Bush avesse promesso alla sua elezione che avrebbe fatto molta attenzione
all’America Latina. Dopo c’è stato l’11 settembre e
l’attenzione americana si è rivolta tutta al terrorismo e l’America Latina ha
ricevuto poca attenzione. Oggi, in America Latina, ci sono tre Paesi che vivamente
contestano questo scambio che Bush ha proposto: Venezuela, Brasile e Argentina.
Perciò non so fino a che punto avverrà questo free trade nella maniera in cui
Bush vorrebbe proporlo.
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Per capire invece quale segno ha lasciato il vertice delle Americhe nel
Paese che lo ha ospitato, ascoltiamo sempre al microfono di Fausta Speranza,
Fernando Elenberg del giornale argentino El Cronista
QU:
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R. – Lo
sconvolgimento della gente c’è stato, perché tutti gli argentini sperano in una
situazione migliore. L’Argentina è un Paese molto grande, pertanto l’abitante
della provincia di Buenos Aires è un abitante abbastanza colto, una persona che
può capire molte cose. Ci sono altre province dove la povertà è così grande,
dove l’ignoranza è terribile e non permette di seguire certi fatti. C’è stato
poi il caso di Maradona che qualificato il presidente
degli Stati Uniti - che era un nostro ospite in questo caso – come un
“assassino” e cose del genere. E’ stato un atteggiamento poco degno. E poi pure lo stesso premio Nobel Esquivel
non si è mostrato molto pro americano in questo caso. L’Argentina è stato sempre un Paese buon amico degli Stati Uniti, ma adesso,
dopo alcune esperienze vissute negli ultimi anni le cose sono cambiate
notevolmente.
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IL SITO INTERNET DI ASIANEWS, L’AGENZIA DI STAMPA
DEL PIME, COMPIE 2 ANNI:
QUASI 4 MILIONI E MEZZO I CONTATTI OGNI MESE
- Con noi, padre Bernardo
Cervellera -
Raccontare
la missione della Chiesa in Asia a dare voce all’“uomo asiatico”, con i suoi
drammi e le sue speranze: è questo l’obiettivo di AsiaNews,
l’agenzia informativa promossa dal Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME),
che compie in questi giorni 2 anni di vita come pagina web. Il sito internet,
in italiano, inglese e cinese, riceve ogni mese quasi 4 milioni e mezzo di
contatti, rispetto ai 157 mila del 2003, per un totale di 250 mila lettori
mensili. Una visibilità cresciuta sensibilmente soprattutto in occasione dello tsunami nel Sud-Est asiatico
dello scorso 26 dicembre e del recente terremoto in Pakistan, come afferma, al
microfono di Roberta Moretti, il direttore di AsiaNews, padre Bernardo Cervellera:
**********
R. - Con lo
tsunami siamo diventati veramente un punto di riferimento
per l’informazione perché avevamo missionari cattolici e personalità asiatiche
che lavoravano proprio nelle zone colpite. E’ stato un momento anche di grande responsabilità, perché abbiamo mostrato il cuore di
quanto succedeva e abbiamo continuato a seguire gli eventi anche dopo che i
riflettori dei grandi media si erano spenti su queste tragedie, come capita
molto spesso. Nel caso del Pakistan, invece, abbiamo acceso i riflettori perché,
dato che non erano coinvolti occidentali e non c’erano
grossi problemi economici legati alle distruzioni in Pakistan, nessuno ne vuol
parlare. Invece noi ne continuiamo a parlare.
D. – Qual è la situazione della
libertà religiosa in Asia?
R. – In Asia, la presenza di
dittature fondamentaliste islamiche, così come la presenza
di dittature ideologiche, soprattutto che si riferiscono al comunismo, crea una
situazione di libertà religiosa veramente ridotta. In compenso, però, bisogna dire che ci sono altri Paesi dove la libertà religiosa,
anche se non è piena, dà però la possibilità alla Chiesa di esprimersi e anche
di aiutare tutti questi Paesi dove la libertà religiosa è umiliata.
D. – Come vivono
le comunità cristiane nel continente asiatico?
R. – L’80 per cento dei non
cristiani del mondo sono in Asia; da una parte queste
minoranze sono un po’ bersagliate - pensiamo per esempio all’India, dove ci
sono sempre attacchi contro strutture cristiane e personalità cristiane - ma, nello stesso tempo, queste minoranze sono
molto vivaci. L’Asia, in qualche modo, si sta scoprendo sempre più bisognosa
del Cristianesimo, perché in Asia queste culture antiche oppure il consumismo
contemporaneo non danno valore all’individuo.
D. – Quali sono le speranze per
l’evangelizzazione in Asia?
R. – Sono appunto affermare la
dignità dell’uomo come creatura di Dio e creare una solidarietà che vada oltre il clan, oltre il gruppo etnico e oltre anche un
nazionalismo un po’ chiuso in cui soffocano i Paesi asiatici.
D. – E in questo senso, quali
sono le sfide per il futuro di AsiaNews?
R. – Noi abbiamo nel mondo gruppi e associazioni che si interessano delle
violazioni dei diritti umani. Abbiamo anche associazioni e industrie che si interessano di economia, ma non abbiamo un’integrazione
tra queste due aree. Per cui, il commercio diventa materialistico e tecnico e
le denunce contro le violazioni dei diritti umani diventano spesso velleitarie.
Bisogna trovare il modo di integrare, in una visione unica, l’economia e i
diritti umani.
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7 novembre 2005
Ambiente
morale, diritti umani, economia. questo l’ambito tematico che ha orientato il convegno “etica e ambiente”
tenutosi stamani nell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. presente fra gli
altri il card. Martino, presidente del pontificio
consiglio giustizia e pace
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
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ROMA. = Il
cardinale Renato Raffaele Martino ha ricordato il contributo del
magistero sociale della Chiesa cattolica nelle tematiche legate all’ambiente
naturale e alla sua salvaguardia. Il porporato ha sottolineato,
in particolare, la centralità del messaggio per la Giornata mondiale della pace
del 1990, intitolato “Pace con Dio Creatore, pace con tutto il creato” ed
elaborato in vista della conferenza mondiale delle nazioni Unite su ambiente e
sviluppo, svoltasi a Rio de Janeiro nel 1992. Proprio la conferenza di Rio, ha
detto il cardinale, ha riconosciuto che la questione ambientale, non è
accessoria o secondaria nelle scelte politiche, ma ne costituisce una
dimensione centrale. “La Chiesa - ha poi spiegato il porporato - propone una
visione realistica delle cose e ha fiducia nell’uomo e nella sua capacità,
sempre nuova, di cercare soluzioni ai problemi”. “E
tra questi problemi, ha precisato, la questione ecologica va percepita come un
problema etico”. Il problema ambientale, - ha aggiunto il cardinale - è un
problema antropologico che propone la complementarietà sempre più evidente tra
ambiente naturale e mondo dell’uomo. Riprendendo l’espressione di “ecologia
umana” usata da Giovanni Paolo II, il porporato ha concluso
il proprio intervento sottolineando che si deve rispettare non solo la natura
mediante un’ecologia naturale, ma anche la degna vita morale dell’uomo.
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sabato scorso in uganda un missionario evangelico britannico
è stato
ucciso in un’imboscata al confine con il sud sudan mentre
era
a bordo della
sua auto. I sospetti ricadono sui ribelli
dell’esercito
di resistenza del Signore (LRA)
KAMPALA. = Un missionario
evangelico britannico, Collin Lee,
collaboratore dell’organismo umanitario ‘Sudan for
International Aid Services’ (IAS), è stato
ucciso in un’imboscata non lontano dal confine col Sud Sudan ad opera di sospetti
ribelli ugandesi dell’Esercito di Resistenza del
Signore (LRA). Lo ha confermato all’agenzia MISNA, dal Paese africano, Julius Bitamazire, direttore
dell’ufficio di IAS, l’organizzazione nata da una collaborazione tra Danimarca,
Germania, Norvegia e Svezia per aiutare le popolazioni in difficoltà.
L’operatore umanitario ha spiegato che Collin Lee stava percorrendo, sabato scorso a bordo del suo autoveicolo,
la strada che va da Koboko alla città sudanese di Yei, quando, intorno alle 17:00
locali, a circa 12 chilometri dal confine, è stato raggiunto da colpi di arma
da fuoco sparati al petto ed è morto al suo arrivo a Yei.
L’uomo, 57 anni, era con sua moglie, anch’essa missionaria evangelica e incinta
di tre mesi, che fortunatamente è uscita incolume dall’attacco. Il missionario,
ha spiegato ancora Julius Bitamazire,
era un collaboratore free-lance di IAS e si stava recando nella città sudanese
per fornire consulenza nell’ambito di un seminario che sarebbe
dovuto iniziare mercoledì prossimo. Si tratta del sesto attacco sferrato
dalla fine di ottobre contro operatori umanitari tra
il nord Uganda e il sud Sudan. È da tempo che i guerriglieri dell’LRA,
protagonisti di quasi due decenni di conflitto nei distretti “acholi” del nord Uganda, hanno sconfinato nel Sudan
meridionale, creando problemi e tensioni di ordine pubblico, sociale e
diplomatico tra i due Paesi africani. (E. B.)
SI SVOLGE A LISBONA IL CONGRESSO
INTERNAZIONALE PER LA NUOVA
EVANGELIZZAZIONE (ICNE). DAL 5 AL 13 NOVEMBRE CIRCA 1000 PARTECIPANTI
CONFERMANO LA CENTRALITÁ DELLA FEDE IN CRISTO NEL MONDO
ODIERNO
LISBONA. = L’evento, promosso assieme alle diocesi di
Bruxelles, Budapest, Parigi e Vienna, viene celebrato
nelle cinque capitali europee in Missioni successive tra il 2003 e il 2007. A
Vienna e Parigi, che hanno ospitato la missione
rispettivamente nel 2003 e nel 2004, è seguita Lisbona. Scopo di questa
sessione, secondo quanto riferisce l’agenzia portoghese ‘Ecclesia’,
è quello di mostrare “che oggi è possibile parlare di Gesù, in una società che
sembra dimenticare l’aspetto essenziale della fede”. Le attività in programma,
che comprendono laboratori, concerti, spettacoli teatrali ed esposizioni, hanno
il loro centro di svolgimento nel monastero dos Jerónimos di Lisbona, ma ad essere coinvolte sono anche le
290 diocesi del Patriarcato della città. Il Congresso si è aperto sabato scorso
con una cerimonia di benvenuto per i circa mille partecipanti nella Cattedrale
della capitale portoghese, dove sono state accolte le reliquie di Santa Teresa
del Bambin Gesù. Ieri vi è stata l’apertura formale
della sessione, con la lettura di un messaggio scritto da Benedetto XVI ai 400
congressisti giunti da ogni parte del mondo (Angola, Austria, Belgio, Spagna,
Francia, Ungheria e Regno Unito). Come rileva l’agenzia
Zenit, sono circa 500 i volontari impegnati nell’organizzazione del
Congresso, per assistere i 70 giornalisti già accreditati ed assicurare
l’accoglienza nelle parrocchie del Patriarcato della città. Nelle intenzioni
dei congressisti, questa sarà l’occasione per confrontarsi sulle sfide odierne
della Nuova Evangelizzazione. Per tale motivo fino a
giovedì sarà possibile lasciare in appositi locali domande
alle quali saranno chiamati a rispondere i cinque Cardinali che aderiscono
all’iniziativa, fra cui il Patriarca di Lisbona, il Cardinale José Policarpo.
Da segnalare, fra le attività previste, anzitutto la visita mercoledì 9
novembre al santuario mariano di Fatima, in cui nel 1917 la Vergine apparve ai
tre pastorelli Lúcia dos Santos e Francisco e Jacinta
Marto; quindi, la “Marcia della Luce”, una suggestiva
processione che si terrà sabato 12 per le vie di Lisbona, fino alla centrale
Praça dos Restauradores, con le immagini della Cappella
delle Apparizioni di Fatima. A conclusione, la capitale verrà
consacrata proprio a Nostra Signora di Fatima. (A. R.)
Dal 14 novembre al 1 dicembre All’Università Cattolica di Milano si
terrà una Mostra dei disegni realizzati dagli ex bambini-soldato
del Nord Uganda
MILANO. = L’esposizione presenta i
disegni realizzati dagli ex bambini-soldato del Nord Uganda durante i corsi di
recupero psicosociale coordinati dall’AVSI, una Ong italiana presente da oltre 20 anni nel Paese con
progetti in sostegno alla popolazione colpita dalla guerra. La mostra si divide
in tre sezioni: disegni del passato, del presente e del futuro. Il passato rappresenta le atrocità subite dai bambini: la fatica di
una vita vissuta in mezzo alla guerra; gli attacchi alle loro case; il
rapimento e l’obbligo di combattere; l’uccisione dei familiari e la paura di
essere uccisi. L’orrore, dunque, di aver visto la guerra. Il presente
mostra, invece, la loro vita attuale, come sfollati di guerra dopo la fuga dai
guerriglieri. In questa sezione è dipinta la vita quotidiana nei villaggi. Sono evidenti le rappresentazioni della distribuzione degli aiuti
umanitari nei campi-sfollati; l’accoglienza nei centri educativi; quindi i
momenti di svago e la salvezza dopo la fuga. Il futuro rappresenta i
loro sogni. Sogni basati su desideri e aspirazioni semplici
come la scuola, il divertimento, il lavoro, la casa e la famiglia.
Immagini serene di pace, amore e speranze. I bambini-soldato nel mondo sono
oltre 300 mila, arruolati in eserciti e obbligati a
imbracciare le armi a volte anche più alte di loro. La maggior parte ha un’età
compresa fra i 10 e i 14 anni, tuttavia, molti sono anche di età
inferiore. Quelli che riescono a fuggire dai ribelli, vengono
inseriti in programmi speciali che li aiutano a ritornare a una vita normale. (E. B.)
Nelle
isole salomone I mass media sono
uno strumento prezioso per
la missione
della chiesa. Con una nuova veste editoriale,
“Voice
Katolika”, il trimestrale della comunità cattolica,
sta
registrando un grande successo nel paese
Honiara.
= “Informare, educare, divertire”. Questo il ruolo
dei mass media, come sottolinea p. Ambrose
Pereira sul terzo numero annuale di “Voice Katolika”, il trimestrale rilanciato dalla Chiesa delle
isole Salomone per essere più incisiva nella società, rispondere alle nuove
sfide della comunicazione, informare e formare i fedeli. La rivista, che prima
di inaugurare un rinnovamento editoriale aveva lanciato un sondaggio fra i
lettori per capirne le esigenze, sta registrando grande apprezzamento in
parrocchie, associazioni, movimenti, scuole, sacerdoti e religiosi. “Voice Katolika”, con una tiratura di oltre 1.600 copie, è diretta
dal Salesiano p. Ambrose Pereira,
che è anche direttore delle comunicazioni della Chiesa delle
Salomone. Presenta articoli, contributi di esperti
e fotografie che raccontano la vita dinamica e vivace della Chiesa
nell’arcipelago. Il terzo numero della rivista di questo anno
affronta argomenti come l’evangelizzazione e i media; i mass-media in democrazia;
l’educazione all’uso critico dei media; gli aspetti positivi e negativi
dell’informazione di massa. Il tutto ricordando che i mass media sono un strumento fondamentale per costruire una comunità umana
di qualsiasi genere e dunque, sono preziosi anche per la comunità cattolica.
Per questa ragione la Chiesa incoraggia l’utilizzo dei media
e per questo la comunità delle Isole Salomone si è dotata di una rivista, di
una radio - “Radio don Bosco” - e di un servizio di informazione via Internet.
P. Ambrose nota che “la comunicazione è molto
importante per migliorare l’istruzione della popolazione, in una Nazione che è
ancora alle prese con problemi sociali e sanitari”. Nelle Isole Salomone meno
del 20% della popolazione - nel complesso 450.000 persone - è alfabetizzato. Molte persone
istruite appartengono alla comunità cristiana o sono formate comunque
in istituti cristiani, dato il grande impegno delle Chiese nella gestione di
scuole di ogni ordine e grado.
al via da
stamani a Ginevra, presso la sede dell’Organizzazione
Mondiale
della Sanità (OMS), L’ATTESa conferenza internazionale sull’influenza aviaria. promosso da OMS, FAO, Banca Mondiale e dall’Organizzazione
Internazionale per la Salute Animale (OIE),
l’incontro
si conclude mercoledì prossimo
GINEVRA. = L’aviaria potrebbe
costare ai Paesi industrializzati 550 miliardi di dollari. Per il mondo intero,
invece, si prevede un danno economico molto più pesante “dato l’impatto sui
Paesi in via di sviluppo”. È questo il monito lanciato dalla Banca Mondiale che
in un rapporto avverte come solo negli Stati Uniti l’epidemia potrebbe
provocare dai 100 ai 200 mila morti. Un dato che tradotto in
termini economici equivarrebbe a perdite comprese tra i 100 e i 200 milioni di
dollari. Una pandemia “è solo questione di tempo”, ha affermato il
direttore generale dell’OMS, Lee Jong-Wook,
in apertura dei lavori. Lee ha anche snocciolato i
numeri che scandiscono “l’inesorabile diffusione” del virus H5N1 che ha già
toccato 10 Paesi ed è arrivato in Europa: 63 morti su 124 casi accertati di
contagio umano, 150 milioni di volatili uccisi per prevenire contagi, un costo
per l'economia globale stimato in 10 miliardi di
dollari. Il pericolo adesso è che il virus muti e diventi contagioso tra umani.
Per evitare il peggio servono allora i fatti. Ed il presidente della
Conferenza, Louise Fresco, vicedirettore generale del
dipartimento agricoltura della Fao, ha fissato l’obiettivo della
tre giorni: “Per mercoledì dovremo avere un’idea concreta di cosa dobbiamo
fare. Solo in questo modo potremo far fronte al problema”. Obiettivo della
riunione, che vedrà la partecipazione di circa 500 esperti di
organizzazioni e governi di tutto il mondo, è dunque la messa a punto di
strategie scientifiche e politiche per contrastare il virus tra gli animali e
prevenire l’avvio di una possibile pandemia nell’uomo. (E.
B.)
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7
novembre 2005
- A cura di Fausta Speranza -
Alle elezioni di
ieri in Azerbaigian non sono stati soddisfatti tutti gli standard internazionali
di correttezza: è quanto afferma la OSCE,
l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Il
pronunciamento arriva dopo i primi risultati secondo i quali il partito del
presidente Ilham Aliev ha
ottenuto la maggioranza assoluta, mentre all’opposizione sono attribuiti appena
cinque seggi. Il nostro servizio:
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L’OSCE
non promuove il voto nel Paese del Caspio ricco di
petrolio e a stragrande maggioranza musulmana, anche se riconosce
miglioramenti. Prima ancora che la OSCE dicesse la
sua, l’opposizione affermava che il partito Eni Azerbaigian si è aiutato con
massicci brogli e preannunciava proteste in piazza a partire da domani. Da
parte sua, la CIS, Comunità degli Stati Indipendenti, comprendente le
repubbliche dell'ex URSS con l'eccezione dei tre Stati baltici, non ha per il momento
ravvisato irregolarità di rilievo, anche se si è riservata il diritto di approfondire
alcune denunce. In ogni caso, anche in riferimento ai
miglioramenti citati dalla OSCE, va detto che le irregolarità sono state molte
meno rispetto a quanto accaduto nel 2003, quando Aliev
figlio fu eletto capo dello Stato in sostituzione del padre morente, in quello
che è stato il primo caso di successione dinastica in un Paese ex sovietico.
Resta da dire che meno del 47% degli aventi diritto
(che erano 4,6 milioni) si è presentato alle urne.
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Alberto Fujimori,
l'ex presidente del Perù fuggito in Giappone 5 anni
fa per evitare di essere processato per corruzione e violazione dei diritti
umani, è stato arrestato a Santiago del Cile. L'arresto è avvenuto su richiesta del governo di Lima, che si è avvalso del trattato
di estradizione sottoscritto con il Cile nel 1932. Ieri in occasione del suo
inaspettato arrivo all’Aeroporto di Santiago, Fujimori
aveva annunciato di volersi candidare alla presidenza peruviana, in vista del
voto del 2006.
Il
presidente iracheno, Talabani, inizia oggi una visita
di alcuni giorni in Italia nel corso della quale sarà
ricevuto dal presidente della Repubblica. Alla vigilia della partenza, Talabani, in una lettera aperta al quotidiano La Stampa, ha
affermato che “la continua presenza delle forze multinazionali è assolutamente
vitale per il Paese”. Dal canto suo il ministro della Difesa italiano, Martino,
intervenendo ad un convegno dei Ds, ha affermato che
“Governo e opposizione possono convergere su un’ipotesi di ritiro graduale”
dall’Iraq. Tuttavia - ha spiegato - ritiro non
significa “fuga” che sarebbe, invece, un "tradimento". Martino ha aggiunto
inoltre che un ritiro graduale va “subordinato” alla possibilità che via via inizino ad operare i “reparti
addestrati dalle forze internazionali”.
Intanto
sul terreno iracheno al confine con la Siria un marine e due leader locali
di Al Qaeda sono stati uccisi nell’ambito dell’offensiva statunitense scattata
sabato scorso nell’ovest dell'Iraq.
E da "Forum islamici" su internet
legati alla rete terroristica al Qaeda giungono nuove minacce all’Italia. Nel testo, firmato
da un presunto terrorista che si fa chiamare Sayf al Adel, nome di uno dei capi di
al Qaeda, si parla di un attacco che verrebbe condotto con missili terra-aria o
sostanze chimiche contro l’Italia o altro Paese europeo nel periodo natalizio. Al Adel smentisce, inoltre, le
voci sulla morte di Bin Laden e annuncia un nuovo messaggio di Osama dopo l’attentato.
È stato trapiantato in una ragazzina drusa il
cuore di Ahmed al-Khatib, il
ragazzo palestinese colpito giovedì a Jenin, in Cisgiordania, da soldati
israeliani tratti in inganno dal fucile di plastica con cui giocava. Al-Khatib, pure dodicenne, sabato è stato dichiarato in
stato di morte cerebrale dai medici dell’ospedale Rambam
di Haifa e il padre ha subito autorizzato il
trapianto degli organi, distribuiti poi fra sei malati.
Doppia
mossa dell’Iran sulla questione nucleare. Di ieri la
richiesta di Teheran a Germania, Francia e Gran
Bretagna di riaprire i negoziati e di riammettere gli ispettori ONU nella base
militare di Parchin. D’altro canto l’annuncio
che la repubblica islamica andrà avanti con l’arricchimento di
uranio per le centrali nucleari civili.
Nuovo passo di distensione tra India e
Pakistan, dopo il devastante sisma dell’8 ottobre scorso, che ha provocato
oltre 73mila vittime. I governi
di New Delhi e Islamabad hanno infatti aperto oggi le
frontiere della contestata regione del Kashmir per un passaggio di aiuti ai
terremotati. Ma intanto la terra continua a tremare
nel nord del Pakistan. Ce ne parla Maria Grazia Coggiola:
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Mentre
continuano le scosse di assestamento, l’ultima del
sesto grado della scala Richter, ieri mattina - e nei
prossimi giorni, sono previste nuove nevicate - India e Pakistan hanno compiuto
uno storico passo, mettendo da parte la loro vecchia rivalità. Il primo di
cinque valichi di attraversamento del confine
militarizzato del Kashmir è stato aperto oggi, per gli altri quattro occorrerà
aspettare ancora qualche giorno, perché sul versante indiano le strade non sono
ancora pronte. Per adesso a valicare il punto di passaggio
che collega zone del Kashmir indiano saranno solo i convogli umanitari e non le
persone, che dovranno ottenere uno speciale permesso dalle autorità dei due
Paesi.
Da New
Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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