RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 309 - Testo della trasmissione di sabato 5 novembre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Operare una predicazione coraggiosa del Vangelo, senza lo scrupolo di intimorire i credenti. Lo ha detto il Papa ai presuli dell’Austria in visita ad Limina

 

Benedetto XVI nomina padre Federico Lombardi nuovo direttore generale della Radio Vaticana. Succede a padre Pasquale Borgomeo, per 20 anni alla guida della nostra emittente. Alla direzione dei Programmi, il cardinale Sodano nomina padre Andrzej Koprowski

 

Domani pomeriggio a Vicenza sarà beatificata Eurosia Fabris, madre di famiglia

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In Argentina IV Vertice delle Americhe. Sale la protesta anti-Bush: con noi Eugenio Bonanate

 

A Locri torna la speranza dopo la manifestazione di ieri contro la ‘ndrangheta. Ai nostri microfoni il vescovo Giancarlo Bregantini

 

Donne e teologia a 40 anni dal Concilio Vaticano II: se ne discute da ieri a Roma al Marianum: interviste con  padre Silvano Baggiani e Cettina Militello

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

Dottorato honoris causa a Benedetto XVI dall’Università rumena di Cluj

 

Aperto a Cracovia il processo rogatorio della Causa di Beatificazione di Giovanni Paolo II

 

Ancora diffusa in Europa e nel Mediterraneo la tortura. Se ne parla oggi a Napoli

 

Oggi a Lisbona la sesta edizione della Giornata del volontariato missionario

 

Ad Ambon, nelle Molucche, iniziativa interreligiosa nelle scuole

 

24 ORE NEL MONDO:

 Nona notte di scontri nella periferia parigina: quasi 900 vetture date alle fiamme e 253 i fermi

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

5 novembre 2005

 

 

OPERARE UNA PREDICAZIONE CORAGGIOSA DELLE VERITA’ DI FEDE,

SENZA LO SCRUPOLO DI INTIMORIRE I CREDENTI:

QUESTO IL COMPITO DELLA CHIESA PER SCONFIGGERE

LA SECOLARIZZAZIONE: LO HA DETTO IL PAPA AI PRESULI AUSTRIACI

IN VISITA AD LIMINA 

 

Una Chiesa che non faccia sconti nell’annunciare le verità del Vangelo, anche se scomode, per sconfiggere la secolarizzazione diffusa in tutta Europa. Ai vescovi della Conferenza episcopale austriaca, Benedetto XVI lascia un messaggio forte a conclusione della loro visita ad Limina. Il Papa ha chiesto ai presuli una testimonianza “chiara, pubblica e coraggiosa” per rilanciare lo spirito missionario della Chiesa locale. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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E’ un punto “dolente” dei nostri tempi, la secolarizzazione: un male che Benedetto XVI non cessa di combattere esortando la Chiesa al coraggio dei suoi antichi insegnamenti. “Il processo di secolarizzazione, che vive l’Europa, non si è fermato alle porte della Chiesa cattolica in Austria”, ha osservato il Papa, e a causa di esso in “molti fedeli svanisce l’identificazione con il Magistero della Chiesa”, si diluisce “la coscienza della fede” e diminuisce “anche il rispetto dei Comandamenti di Dio”. Da questa analisi schietta, il Pontefice orienta il lavoro pastorale dei vescovi austriaci. Quello che non serve, afferma con chiarezza, è un eccesso di misura nell’annuncio evangelico che sminuisca la portata del messaggio di Gesù. “E’ vero che noi vescovi dobbiamo agire con prudenza – ha riconosciuto Benedetto XVI - però tale prudenza non ci deve trattenere dall’esporre la Parola di Dio in tutta chiarezza – anche i punti che di solito vengono ascoltati meno volentieri o che provocano sicuramente reazioni di protesta, talvolta anche di derisione”.

 

Nel campo della verità della fede e in particolare in quello della morale, ha proseguito il Papa, esistono temi che “non sono presenti abbastanza nella catechesi e nella predicazione delle vostre diocesi, e di cui a volte non si parla abbastanza o non senza equivoci nella pastorale giovanile. Forse – ha obiettato il Pontefice - i responsabili della predicazione qua e là temono che i fedeli possano ritirarsi quando si parla chiaro. Invece l’esperienza dimostra quasi ovunque che è vero proprio il contrario. Non fatevi delle illusioni. Una catechesi cattolica proposta in forma mutilata è una contraddizione in sé”. Il Papa ha tuttavia riconosciuto quanto di buono è stato prodotto in ambito locale e universale dalla Chiesa: dalla “vivacità” e dalla “freschezza” missionaria della XX Giornata mondiale della gioventù di Colonia al Mitteleuropäischer Katholikentag.

 

“La testimonianza chiara, pubblica e coraggiosa dei vescovi deve essere accompagnata da tante misure che a prima vista sembrano insignificanti e poco visibili in pubblico”, ha aggiunto Benedetto XVI, per il quale “sono spesso le decisioni del governo ordinario” della Chiesa a migliorare significativamente la situazione della gente. Sia che si tratti della frequenza alla Messa domenicale o al Sacramento della Penitenza, “quanto spesso – ha esclamato - l’esempio e la parola convincente sono decisive!”. Nell’elencare i “tanti fatti positivi della vita ecclesiale”, come la “buona collaborazione tra Stato e Chiesa”  o “l’abbondanza delle ricchezze culturali” del Paese, Benedetto XVI ha suggerito di approfittare “di tutti questi doni” di Dio, ma anche di non accontentarsi “di una religiosità esteriore”. “A Dio – ha concluso - non basta che il suo popolo lo lodi con la bocca. Lui vuole il nostro cuore”.

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IL PAPA NOMINA PADRE FEDERICO LOMBARDI NUOVO DIRETTORE GENERALE

DELLA RADIO VATICANA. SUCCEDE A PADRE PASQUALE BORGOMEO, PER 20 ANNI

 ALLA GUIDA DELLA NOSTRA EMITTENTE. ALLA DIREZIONE DEI PROGRAMMI,

 IL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO, ANGELO SODANO,

 NOMINA PADRE ANDRZEJ KOPROWSKI

 

Il Santo Padre ha nominato direttore generale della Radio Vaticana padre Federico Lombardi, finora direttore dei Programmi della nostra emittente, ringraziando, allo stesso tempo, padre Pasquale Borgomeo, “per il lungo e generoso servizio finora svolto come direttore della Radio Vaticana”. Incarico, questo, che padre Borgomeo ha rivestito per 20 anni. Dal canto suo, il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, ha nominato direttore dei Programmi della Radio Vaticana padre Andrzej Koprowski, finora vice direttore dei Programmi della Radio. Per un profilo dei direttori della Radio Vaticana, il nostro servizio:

 

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Nato a Saluzzo in provincia di Cuneo il 29 agosto 1942, padre Federico Lombardi frequenta le scuole medie presso l’Istituto “Sociale” dei Padri Gesuiti a Torino. Nel 1960, entra nel noviziato della Provincia Torinese della Compagnia di Gesù ad Avigliana. Nel 1965 consegue la Licenza in Filosofia, al termine del corso di studi presso la Facoltà filosofica “Aloisianum” dei Gesuiti a Gallarate in provincia di Varese. Dal 1965 al 1969 è assistente degli studenti del Collegio universitario diretto dai Gesuiti a Torino. Si laurea in matematica all’università torinese. Nel 1972 viene ordinato sacerdote. Nel 1973 consegue la Licenza in Teologia presso la facoltà teologica della Phil.-Teol. Hochshule St Georgen dei Gesuiti a Francoforte sul Meno. Lo stesso anno, padre Federico Lombardi diventa membro del collegio degli scrittori della “Civiltà Cattolica” e nel 1977 vice direttore della stessa rivista. Dal 1984 al 1990 riveste l’incarico di Superiore provinciale della Provincia d’Italia della Compagnia di Gesù. Nel 1991 viene nominato direttore dei Programmi della Radio Vaticana e nel 2001 direttore generale del Centro Televisivo Vaticano.

 

Padre Andrzej Koprowski, nuovo direttore dei Programmi della nostra emittente, è nato a Lodz in Polonia, l’11 marzo del 1940. Dal 1956 al 1961 studia filologia polacca presso l’Università di Varsavia. Nel 1961 entra nella Compagnia di Gesù. L’ordinazione sacerdotale avviene nel 1969. Dal 1971 al 1979 è cappellano degli studenti universitari a Lublino, quindi rettore del collegio di Teologia dei Gesuiti a Varsavia. Dal 1983 al 1989 è assistente del Padre Generale dei Gesuiti a Roma per l’Europa centro-orientale. Per otto anni, dal 1989 al 1997, padre Koprowski è responsabile dei programmi religiosi della televisione polacca. Superiore provinciale della Provincia del Nord della Polonia della Compagnia di Gesù fino al 2003, negli ultimi due anni è stato assistente del direttore dei Programmi della Radio Vaticana.

 

Nato a Napoli il 20 marzo 1933, padre Pasquale Borgomeo entra nella Compagnia di Gesù nel 1948. Consegue la Licenza in Filosofia a  Milano nel 1956 e la laurea in Lettere, nel 1960, con tesi su “Lingua e stile in Sant’Agostino”. Ordinato sacerdote nel 1963, consegue la Licenza in Teologia (Magna cum Laude) a Napoli nel 1964 e, due anni dopo, il Diplôme d'Etudes Supérieures Françaises Modernes, a Parigi. Quindi, il Doctorat-ès-Lettres alla Sorbona di Parigi nel 1970. Nello stesso anno, padre Pasquale Borgomeo, che parla cinque lingue (italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo) è capo della redazione centrale dei Programmi della Radio Vaticana. Tre anni dopo è responsabile dell’ufficio Promozione e Sviluppo e nel 1974 responsabile delle Relazioni Internazionali della nostra emittente. Quattro anni dopo viene nominato direttore dei Programmi e nel 1983 vice direttore Generale. Nel luglio 1985, padre Pasquale Borgomeo diventa direttore generale della Radio Vaticana. Nel 1994  è insignito del titolo di Cavalier della Legion d’Onore. Dal 1976 al 1997 è membro del  Bureau di presidenza dell’URTI (Université Radiophonique et Télévisuelle Internationale) di Parigi. Dal 1984 al 1997 è membro del Consiglio di amministrazione del Centro Televisivo Vaticano (CTV). Per dieci anni, dal 1984 al 1994, è presidente del Gruppo “Radiodiffusione Internazionale” della Commissione Radio dell’Unione Europea di Radio-Televisione (UER). Dal 1989 è consultore presso il pontificio consiglio delle Comunicazioni sociali. Dal 1997 è consulente ecclesiastico dell’UCSI (Unione Cattolica della Stampa Italiana).

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Padre Pasquale Borgomeo lascia la Radio Vaticana dopo vent’anni di direzione e ben 35 al servizio dell’emittente pontificia. Ecco il suo saluto commosso a quella che definisce con affetto la “grande famiglia della Radio del Papa”:

 

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Nel momento di terminare il mio servizio presso la Radio Vaticana, servizio che il Santo Padre nella sua benignità si è degnato di definire “lungo e generoso”, sento il bisogno di manifestare tutta la mia gratitudine al Signore per la grazia che mi è stata concessa di poter consacrare una parte cospicua della mia vita al servizio della Chiesa e del mondo nella Radio del Papa.

 

Dopo 35 anni, mi rimetto a disposizione della Compagnia di Gesù, alla quale appartengo, nel giorno della Festa di tutti i suoi Santi e Beati e mi preparo, dopo una pausa di preghiera e di studio ai nuovi compiti che il mio Ordine deciderà di affidarmi.

 

Ai miei confratelli che validamente dirigeranno la Radio Vaticana nelle  nuove responsabilità loro affidate, auguro proficuo, sereno lavoro, mentre saluto con commozione e gratitudine tutta la grande famiglia della Radio del Papa, che in tutti questi anni mi ha accompagnato e sostenuto nel mio non facile, ma esaltante lavoro.

 

Un pensiero, infine, agli ascoltatori sparsi in tutto il mondo. Essi costituiscono il patrimonio più prezioso della Radio Vaticana. Da domani sarò uno di loro.

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Padre Federico Lombardi, da 15 anni al servizio della Radio Vaticana in qualità di Direttore dei Programmi assume, dunque, l’incarico di Direttore Generale. Un cammino che prosegue, sottolinea padre Lombardi nella sua prima dichiarazione nella veste di Direttore Generale della nostra emittente:

 

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Ringrazio il Santo Padre della fiducia che mi ha accordato con questa nomina di grande responsabilità. Alla Radio Vaticana sono già di casa da 15 anni e quindi mi pare che sia più la prosecuzione di un cammino, che un cammino completamente nuovo. Anche perché con il padre Borgomeo abbiamo lavorato di comune accordo per tanto tempo, abbiamo condiviso tutte le vicende della Radio – sia i momenti più belli sia quelli di difficoltà – e mi unisco evidentemente al ringraziamento che lo stesso Santo Padre ha rivolto al padre Borgomeo per il suo lungo e competente servizio, che ha fatto conoscere e apprezzare la Radio Vaticana anche nel vasto mondo internazionale delle comunicazioni sociali.

 

Sono fortemente convinto che ci è affidato un servizio di prim’ordine al Santo Padre e alla Chiesa, con un’informazione tempestiva, multiculturale, che per diverse vie e con diverse tecnologie comunicative diffonda e renda accessibili la parola e i messaggi del Papa e – come dice il nostro Statuto – favorisca l’unione fra il centro della cattolicità e i diversi Paesi del mondo.

 

Sono sicuro di poter contare sulla piena e cordiale collaborazione degli altri membri della Direzione della Radio, il padre Koprowski, il dottor Gasbarri, il padre Arregui, e di tutti i redattori, i tecnici, gli impiegati amministrativi. Siamo una comunità di lavoro e porteremo avanti insieme il nostro compito, coltivando sempre uno spirito di amicizia e di collaborazione sia con le diverse istituzioni vaticane dedite alle comunicazioni sociali, sia con i colleghi del vasto mondo dell’informazione interessati in particolare ai problemi della Chiesa e del Vaticano.

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A padre Federico Lombardi e padre Andrzej Koprowski vanno i nostri più sinceri auguri di buon lavoro a cui aggiungiamo il sentito ringraziamento a padre Pasquale Borgomeo per quanto fatto nel suo servizio ultratrentennale alla Radio Vaticana.

 

 

MODELLO DI SPOSA E MADRE CRISTIANA: EUROSIA FABRIS, “MAMMA ROSA”, CHE SARÀ BEATIFICATA DOMANI POMERIGGIO A VICENZA, HA SAPUTO CONIUGARE L’AMORE E L’AFFETTO PER I FIGLI CON LA CARITÀ VERSO POVERI E BISOGNOSI

 

Ha saputo trasformare la sua numerosissima famiglia in una scuola di santità. Sposa esemplare e madre affettuosa, Eurosia Fabris ha speso la sua vita dedicandosi all’apostolato e alle necessità del prossimo. Sarà beatificata domani alle 16 nella cattedrale di Vicenza. A presiedere il rito e a tenere l’omelia sarà il vescovo Cesare Nosiglia, mentre il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinale José Saraiva Martins, leggerà a nome del Papa la formula di Beatificazione. Il profilo di Eurosia Fabris nel servizio di Tiziana Campisi.

 

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Eurosia Fabris è vissuta in un piccolo comune agricolo a pochi chilometri da Vicenza; è nata il 27 settembre del 1866. Ha frequentato solo le prime due classi elementari dovendo aiutare i genitori nei lavori dei campi e la mamma nel disbrigo delle faccende domestiche. Le bastò, tuttavia, per imparare a scrivere e a leggere. Tra i suoi testi preferiti la storia sacra, Filotea di San Francesco di Sales e le Massime eterne di Sant’Alfonso Maria dé Liguori. Era una donna ricca di doti umane e religiose. Apostola in famiglia, tra le amiche e in parrocchia, insegnava il catechismo alle fanciulle nonché alle giovani che frequentavano la sua casa per apprendere l’arte del taglio e del cucito. Sposò Carlo, vedovo e padre di tre bambine, e da lui ebbe 9 figli. “Mamma Rosa”, così era chiamata, donò loro affetto, premure, sacrifici e solida formazione cristiana. Tre di loro furono ordinati sacerdoti: due diocesani e uno francescano, padre Bernardino, che sarà poi il suo primo biografo. Coltivò una profonda comunione con il marito, del quale divenne consigliera e consolatrice; ebbe tenero amore per tutti i figli, fu sempre attenta alle esigenze altrui e non risparmiò la carità verso i poveri con i quali condivideva il pane quotidiano facendo sempre quadrare il bilancio familiare. La sua fu un’intensa vita di preghiera, di profonda devozione all’Eucaristia e alla Vergine Maria. Entrò a far parte del Terz’Ordine Francescano e fece della sua casa una piccola chiesa domestica dove seppe educare i figli alla preghiera, all’obbedienza, al timore di Dio, al sacrificio, alla laboriosità e a tutte le virtù cristiane. Morì l’8 gennaio 1932. E’ sepolta nella chiesa di Marola. Il processo canonico per la Beatificazione e Canonizzazione è stato iniziato il 3 febbraio del 1975 presso la Curia vescovile di Padova. Fulgido modello di una santità vissuta nel quotidiano familiare per lei si realizza l’auspicio di Pio XII: “Bisogna far conoscere quest’anima bella, ad esempio delle famiglie di oggi!”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'Iraq:offensiva dell'esercito Usa al confine con la Siria.

 

Servizio vaticano - L'udienza di Benedetto XVI ai Vescovi della Conferenza Episcopale dell'Austria: il Papa ha esortato a proseguire con coraggio la grande opera di rinnovamento della vita della fede secondo le direttive della Chiesa Universale.

Due pagine dedicate alle allocuzioni dei Sommi Pontefici alla Rota Romana (1939-2003).

 

Servizio estero - Per la rubrica dell' "Atlante geopolitico" un articolo di Giuseppe M. Petrone dal titolo "Azerbaigian: un voto verso la democrazia"

Servizio culturale - Un articolo di Franco Patruno dal titolo "Nei paesaggi e nei ritratti di Corot un 'ponte' tra romanticismo e impressionismo": dipinti dell'artista francese in una mostra nel Palazzo dei Diamanti di Ferrara.

 

Servizio italiano - In rilievo il tema della legge elettorale.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

5 novembre 2005

 

 

IN ARGENTINA IV VERTICE DELLE AMERICHE:

SCONTRI NEI PRESSI DELLA SEDE DEL SUMMIT, MENTRE IL PRESIDENTE VENEZUELANO CHAVEZ HA PRONUNCIATO UN DISCORSO DECISAMENTE ANTI-STATUNITENSE

- Intervista con il prof. Eugenio Bonanate -

 

Si conclude oggi il IV vertice delle Americhe. 33 capi di Stato e di Governo del continente americano stanno discutendo a Mar del Plata, in Argentina, del futuro  dell’ALCA, l’area di libero scambio proposta dagli Stati Uniti. E proprio la presenza del presidente George W. Bush ha provocato proteste di massa nei dintorni della località balneare. Scontri si sono registrati nei pressi della sede del summit, mentre il presidente venezuelano Chavez, in uno stadio stracolmo di gente, ha pronunciato un discorso decisamente anti-statunitense. Si delinea sempre più, insomma, una netta divisione tra favorevoli e contrari all’Alca. Da Mar del Plata, ci aggiorna Maurizio Salvi:

 

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Se questo quarto vertice che si chiude oggi ha avuto un pregio, esso va ricercato nel fatto che ha permesso di chiarire la posizione di tutti i Paesi partecipanti riguardo all’ALCA, l’area di libero commercio delle Americhe, voluta da Washington. Quindi, contrariamente a quanto di solito succede in questi appuntamenti internazionali in cui si crea una qualsiasi formula di consenso, a Mar del Plata le cose sono andate diversamente. Con il Presidente George Bush, nel ruolo dello spettatore interessato,  Messico, Perù e i Paesi del Centro America, hanno ribadito il loro appoggio convinto all’ALCA, mentre sul versante opposto sia il Venezuela, il Brasile che l’Argentina, in nome del Mercosur, hanno manifestato la loro contrarietà ad abbattere le frontiere doganali in assenza di un annullamento dei sussidi all’agricoltura da parte dei Paesi industrializzati. Così stando le cose, ci si attende che il documento finale che debbono varare i capi di Stato, mostri il contrasto esistente e lasci spazio a nuove ipotesi di aggregazione continentale.

 

Da Mar del Plata, Maurizio Salvi, ANSA per la Radio Vaticana.

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Ma per capire il significato sullo scenario internazionale di  questo appuntamento che vede insieme 33 capi di Stato e di governo delle Americhe, Fausta Speranza ha intervistato il professor  Eugenio Bonanate, docente di relazioni internazionali all’Università di Torino: 

 

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R.- Ritengo che ogni qual volta dei capi di Stato, o loro rappresentanti, si incontrano, questo sia comunque un bene per la comunità internazionale, per la comprensione reciproca. E questo anche quando, come in questo caso, l’incontro è tutt’altro che sereno. Le tensioni ci sono, sono molto forti, ma  non me ne spaventerei  troppo. Piuttosto è evidente che gli Stati Uniti stanno incassando una serie di impopolarità dovunque vadano in giro per il mondo. Questo mi pare il dato su cui bisognerebbe principalmente riflettere.

 

D. – E’ vero che il discorso che ha fatto il presidente del Venezuela Chavez è stato un discorso anti Stati Uniti. Ma su che cosa è più interessante riflettere, secondo lei?

 

R. – Il problema è che noi restiamo in fondo sempre un pochino in dubbio di fronte a un dato che non sappiamo bene come valutare, ovvero la maggior parte della ricchezza del mondo, ivi compresa quella petrolifera che è quella su cui ‘siede’ anche Chavez, è controllata, detenuta, da una frazione piccolissima dell’umanità, mentre la gran parte dell’umanità vive in una condizione di grande povertà. Chavez, in questo momento, sta incarnando – anche se non sono neppure sicuro della sua sincerità – la rappresentanza dei poveri e di quelli che una volta chiamavamo gli sfruttati della terra. Mi sembra difficile, per un verso, non sposare le petizioni di principio di Chavez. D’altra parte, è evidente che sotto ci possono essere altre ragioni politiche, che andrebbero a loro volta esplorate e discusse.

 

D. – Per citare un altro intervento, parliamo di Kirchner, presidente dell’Argentina, che ha incontrato brevemente Bush prima dell’inizio del quarto vertice delle Americhe. Le sue parole sono state per una revisione del Fondo Monetario Internazionale. Il discorso, in pratica, è lo stesso?

 

R. – Certo. E’ da una quindicina d’anni che avevamo smesso di sentir parlare dell’America Latina e delle difficoltà latinoamericane. Tutto questo sembrava essere correlato a un miglioramento sostanziale dell’economia dei Paesi latinoamericani, ma in particolare - ecco il riferimento al presidente argentino – è scoppiata la crisi in Argentina. E le difficoltà economiche legate a questa crisi, poi, si sono ridistribuite purtroppo un po’ per tutta l’America Latina, in America del Nord ed anche in Europa, come ben sappiamo. Dunque, se il presidente dell’Argentina è preoccupato per l’atteggiamento del Fondo Monetario Internazionale,  non posso che dargli ragione.

 

D. – Sul piano economico e nel concreto della proposta dell’area di libero scambio, che cosa andrebbe fatto, secondo lei?

 

R. – Il problema principale ancora una volta penso che sia, da una parte, il problema del debito. E quindi conseguentemente una ridiscussione della struttura del Fondo Menetario e della politica economica internazionale nella quale, ovviamente, proprio perché c’è tra i protagonisti in particolare il Venezuela, c’è il problema del petrolio. Ma il problema del petrolio, però, non è limitato, in realtà, all’America Latina. Chavez ovviamente usa il problema del petrolio in chiave locale, ma, come ben sappiamo, riguarda il pianeta e riguarda il Medio Oriente. In altri termini, non si può tagliare a fette il nostro pianeta:  i problemi che ci sono da una parte, in realtà ci sono anche dalle altre.

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A LOCRI TORNA LA SPERANZA DOPO LA MANIFESTAZIONE DI IERI

CONTRO LA ‘NDRANGHETA: MIGLIAIA I GIOVANI

CHE HANNO PRESO PARTE ALLA MARCIA

- Intervista con mons. Giancarlo Bregantini -

 

A Locri torna la speranza dopo la manifestazione di ieri contro la ‘ndrangheta organizzata  in risposta alla barbara uccisione il 16 ottobre scorso del vicepresidente del Consiglio regionale calabrese, Francesco Fortugno. Alla marcia hanno preso parte 15 mila persone. Particolarmente rilevante è stata  la partecipazione dei giovani che hanno gridato con forza il loro “basta” alla criminalità organizzata. Ma quale messaggio viene dalla manifestazione di ieri. Sergio Centofanti lo ha chiesto al vescovo di Locri Giancarlo Bregantini, presente alla marcia:

 

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R. - Viene un messaggio di un duplice impegno: da una parte raccogliere il lungo lavorio fatto nelle parrocchie, nelle chiese, nelle scuole, nelle cooperative, nei circoli in questi anni, per cui i giovani sono stati aiutati a cambiare, formati a momenti di coraggio. La morte dell’onorevole Fortugno, di grata memoria, ha reso possibile manifestare dall’esterno, quello che avevano già recepito nel cuore. Il secondo punto di riferimento è il futuro: far sì che questa maturazione non geli ma possa continuare con radici forti.  Questo è il nostro  grande sogno e il punto su cui noi dobbiamo lavorare tramite le istituzioni, le scuole e la politica soprattutto.

 

D. – Che cosa chiedete alle istituzioni?

 

R. – Chiediamo un intervento speciale dello Stato per la Locride, cioè una serie di leggi non di repressione ma di investimento, nuovo dialogo con le banche, aiuto maggiore alle cooperative, trasporti, treni, cioè tutta una serie di cose che possono dare concretezza a quello che si è realizzato nel cuore di tanti giovani in questi giorni.

 

D. - Quale appello lanciate agli uomini della criminalità organizzata?

 

R. – Che si rendano conto che quanto si semina di male, produce male. Che la morte fisica non è altro che la conseguenza di una morte interiore; che non si può devastare una terra fatta giardino da Dio, senza restare impuniti. Che Dio insegue coloro che hanno fatto il male per la conversione di essi. Che Dio comunque è sempre pronto ad un atto di infinita misericordia, come lo è la Chiesa e le famiglie.

 

D. – E che cosa dite ai giovani calabresi?

 

R. – Di conservare il coraggio e la speranza fino in fondo.

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DONNE E TEOLOGIA A 40 ANNI DAL CONCILIO VATICANO II:

SE NE DISCUTE DA IERI A ROMA AL MARIANUM

- Interviste con padre Silvano Baggiani e Cettina Militello -

 

Con il Concilio Vaticano II la teologia ha dato spazio al pensiero delle donne. Ma qual è il loro contributo alla riflessione del Magistero? Se ne discute da ieri a Roma alla Pontificia Facoltà Marianum al colloquio “Donne e teologia. A quarant’anni dal Concilio Vaticano II”. Tiziana Campisi ne ha parlato con padre Silvano Maggiani, docente di teologia liturgico-sacramentaria del Marianum:

 

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R. - Credo che il Concilio, rinnovando la scoperta del dono della Rivelazione, di cosa vuol dire essere Chiesa, ha scoperto il valore grande di poter dire Dio anche da parte delle donne. Possiamo constatare, a 40 anni del Concilio Vaticano II, che questo dono del Concilio, ha avuto degli effetti. Abbiamo una presenza di teologhe, di una teologia che è maturata al femminile, quindi con una sensibilità propria della donna, ma resta ancora, credo, molto da fare. 

 

D. – Ma che tipo di apporto ha dato la donna alla teologia? Risponde la prof.ssa Cettina Militello, docente di ecclesiologia e mariologia, alla Pontificia facoltà teologica Marianum:

 

R. - Si è lungamente parlato di una teologia al femminile che d’altra parte non accettava più una lettura unilaterale della storia della salvezza, della teologia sistematica, della teologia fondamentale, di quella spirituale, morale, e così via. Forse l’apporto più consistente è quello a livello di teologia biblica perché lì si è creato un metodo riconosciuto tale anche dalla Pontificia Commissione Biblica. Un modo biblico di approccio al testo che ovviamente è particolarmente attento all’assenza o presenza della donne.

 

D. - Ci sono dei caratteri che delineano la teologia del pensiero femminile?

 

R. – Noi donne, per cultura, abbiamo determinati tratti di interiorità, di sensibilità, sottolineiamo fortemente il dato esperienziale, elaboriamo un tipo di teologia che si può chiamare “sapienziale”.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani 6 novembre, 32.ma Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui  Gesù racconta la parabola delle dieci vergini che attendono l’arrivo dello sposo con le loro lampade.  Cinque di esse sono stolte e, diversamente da quelle sagge, non prendono con sé olio a sufficienza per le loro lampade e sono costrette a uscire per comprarne dell’altro. Così, quando arriva lo sposo, restano fuori e non possono più partecipare alle nozze. Gesù quindi dice:

 

“Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora”.

 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il teologo gesuita padre Marco Ivan Rupnik:

 

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A che serve una lampada ad olio se non ha olio? La preoccupazione di avere la lampada e non l’olio, significa non comprendere la giusta gerarchia delle cose. La priorità è procurarsi l’olio. L’olio, dicevano quasi unanimemente i Santi Padri, è lo Spirito Santo che dà l’amore. E’ la vita, è la luce. Il cristiano è certamente tentato di elaborare forme di perfezione del pensare e dell’agire, ma tutto questo può diventare idolatria e un’ideologia moralista. Invano è seminare e poi ogni giorno coltivare la terra, aspettando i germogli, se su quel campo non arriva l’acqua che dà la crescita. La nostra prima attenzione è a Dio, anzi allo Spirito Santo che dà la vita. In collaborazione con Lui, possiamo portare il frutto. Non comprendere che il primo è Dio, significa mettere l’attenzione sulle cose che non contano e questa è la stoltezza.

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CHIESA E SOCIETA’

5 novembre 2005

 

 

DOTTORATO HONORIS CAUSA A BENEDETTO XVI DELL’UNIVERSITÀ RUMENA DI CLUJ.

IL RICONOSCIMENTO PER LA “RICCA OPERA TEOLOGICA E FILOSOFICA” DEL CARDINALE RATZINGER CHE “HA CONTRIBUITO IN MANIERA ESSENZIALE ALL’AFFERMAZIONE

 DEI VALORI DEL MONDO CRISTIANO E DELLA TRADIZIONE GIUDAICO-CRISTIANA”

 

CLUJ. = L’università della città rumena di Cluj ha concesso il dottorato honoris causa a Papa Benedetto XVI “in segno di riconoscenza della sua opera teologica e filosofica”. Andrei Marga, presidente del consiglio accademico dell'università di Cluj e già ministro dell'educazione, nella “laudatio” che spiega i motivi della concessione del dottorato, ricorda come “per la sua ricca opera teologica e filosofica, il cardinale Joseph Ratzinger, attuale Papa Benedetto XVI, ha contribuito in maniera essenziale all’affermazione dei valori del mondo cristiano e della tradizione giudaico-cristiana”. Lo stesso Marga, si legge in un comunicato dell’agenzia cattolica svizzera Apic, ha detto anche che l’intenzione dell’Università di Cluj di concedere la laurea “honoris causa” sia stata maturata a metà dell'anno 2004, ben prima che il cardinale Ratzinger divenisse Papa. (A. M.)

 

 

APERTO IERI POMERIGGIO A CRACOVIA IL PROCESSO ROGATORIO DELLA CAUSA

 DI BEATIFICAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II. LA CELEBRAZIONE NELLA CATTEDRALE

 DOVE IL GIOVANE WOJTYLA HA CELEBRATO LA PRIMA MESSA

 

CRACOVIA. = E’ iniziato ieri a Cracovia il processo rogatorio della Causa di Beatificazione di Giovanni Paolo II che dovrà raccogliere le testimonianze sulla vita di Karol Wojtyla. La seduta d’apertura si è svolta nella cattedrale di Wawel, dove il giovane Wojtyla il 2 novembre del 1946 ha celebrato la sua prima Messa, dopo la solenne liturgia vespertina presieduta dall’arcivescovo di Cracovia Stanislaw Dziwisz. Il processo diocesano di Beatificazione è stato aperto il 28 giugno a Roma dal cardinale Camillo Ruini. I lavori del tribunale si svolgeranno sotto la guida di mons. Tadeusz Pieronek, accanto a lui il postulatore della Causa mons. Slawomir Oder e il promotore di giustizia don Piotr Majer. Sei in totale i membri che hanno giurato “di adempiere fedelmente e diligentemente all’incarico” e di “mantenere il segreto circa le disposizioni dei testimoni”. A prestare giuramento anche mons. Dziwisz che, come primo giudice dell’arcidiocesi di Cracovia, è de iure presidente del tribunale rogatorio. La cerimonia si è svolta nel giorno in cui la Chiesa ricorda San Carlo Borromeo, data dell’onomastico di Wojtyla. (T.C.)

 

 

ANCORA DIFFUSA IN EUROPA E NEL MEDITERRANEO LA TORTURA. SE NE PARLA OGGI

 A NAPOLI IN UN SEMINARIO INTERNAZIONALE NEL X ANNIVERSARIO

DELLA SCUOLA NAPOLETANA DEL DIRITTO DEI POPOLI

-  A cura di Andrea Cocco -

 

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NAPOLI. = E’ stata condannata, ripudiata, vietata da innumerevoli norme di diritto internazionale, eppure la tortura continua ad esistere oggi come una realtà spaventosamente attuale. E non sono solo i casi eclatanti degli episodi di violenza commessi a Guantanamo o ad Abu Ghraib a creare sconcerto, le notizie emergono dalla cronaca come dai rapporti di organizzazioni non governative, su casi di maltrattamenti quotidiani commessi in una lunga lista di Stati, 132 per l’esattezza. È questo, infatti, il numero dei Paesi che praticano la tortura secondo l’ultimo rapporto annuale di Amnesty International. Un dato scioccante che non risparmia l’Europa. Nel Vecchio Continente gli episodi di brutalità si moltiplicano. Si va dalle zone di guerra come la Cecenia, dove le atrocità commesse dall’esercito russo ai danni di prigionieri ceceni sono ampiamente documentate con tanto di processi aperti nei confronti dei militari, al caso della Lituania, dove è stato recentemente provato l’uso di sacchetti di plastica soffocanti, durante gli interrogatori; al caso ancora di Malta, dove gli abusi vengono commessi nei confronti degli immigrati. Non sono da meno Francia, Gran Bretagna, Italia, Germania, dove i casi di brutalità colpiscono in particolare gli immigrati. “60 anni di carte, trattati internazionali contro questa pratica disumana non sembrano essere serviti”, rileva Franco Ippolito, presidente di magistratura democratica. Secondo lui il diritto internazionale è di fronte ad una profonda crisi. Tra le cause: le leggi contro il terrorismo, che hanno fatto carta straccia di garanzie fondamentali; le prigioni segrete, come quelle che, secondo una recente rivelazione, la CIA gestirebbe in Romania e Bulgaria e la cattura e l’espatrio di presunti terroristi verso Paesi che praticano la tortura. Ma a creare sconcerto, secondo Mauro Palma, componente per l’Italia del Comitato europeo per la prevenzione della tortura, è anche il rischio di assuefazione agli orrori. La tortura, secondo Palma, si è sempre manifestata, ciò che oggi è cambiato è che non è più una pratica da occultare, non è più inconfessabile. Prova ne è un recente sondaggio, condotto negli Stati Uniti, secondo cui il 43 per cento della popolazione pensa che la tortura non è sbagliata se applicata contro i terroristi.

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“UNA MISSIONE, CINQUE CONTINENTI”. SU QUESTO TEMA OGGI A LISBONA

 LA SESTA EDIZIONE DELLA GIORNATA DEL VOLONTARIATO MISSIONARIO. ADERISCE ALL’INIZIATIVA IL PATRIARCA DI LISBONA, IL CARDINALE JOSÉ POLICARPO DA CRUZ

 

LISBONA. = Si celebra oggi a Lisbona la sesta edizione della Giornata del Volontariato Missionario sul tema: “Una missione, cinque continenti”. L’evento è promosso dalla Fondazione evangelizzazione culture (FEC), un’organizzazione non governativa per lo sviluppo, fondata nel 1990 dalla Chiesa cattolica portoghese. Scopo della Giornata, riferisce l’agenzia Fides, è quello di accogliere i missionari laici di ritorno dalla loro esperienza in qualità di testimoni nel mondo della fede, e di salutare quanti sono in procinto di partire per l’Africa, il Brasile e Timor est. Presente anche il patriarca di Lisbona, il cardinale José Policarpo da Cruz. Da cinque diversi luoghi della città di Lisbona, scelti come simbolo dei cinque continenti, parte una “Marcia Missionaria” diretta verso piazza Rossio. Qui i giovani, con una drammatizzazione dal titolo “Se il mondo fosse un villaggio di 200 persone”, sensibilizzeranno il pubblico sul problema delle disuguaglianze nel mondo. Seguirà una festa nel Palazzo dell’Indipendenza, per sottolineare il ruolo delle arti come mezzo di promozione del volontariato missionario; quindi un’agape fraterna ed infine una veglia missionaria nella Chiesa di San Domenico. (A. R.) 

 

 

AD AMBON, CAPOLUOGO DELL’ARCIPELAGO DELLE MOLUCCHE,

UN IMPORTANTE ESEMPIO DI INTEGRAZIONE: IN OGNI SCUOLA FREQUENTATA

DA ALUNNI DI UN DETERMINATO CREDO SI DOVRÀ CONSENTIRE L’INSEGNAMENTO

 DELLE ALTRE RELIGIONI PRATICATE NELLA REGIONE

 

AMBON. = Un’iniziativa all’insegna della convivenza interreligiosa è stata promossa in questi giorni nella scuola Muhammadiah di Ambon, capoluogo dell’arcipelago delle Molucche. Secondo quanto riferito all’agenzia Misna dal Centro di crisi diocesano dei missionari cattolici, le autorità locali hanno deciso di consentire l’insegnamento di una delle religioni praticate dagli abitanti in scuole frequentate da studenti che professano un credo differente. In una terra da tempo dilaniata da aspri conflitti fra cristiani e musulmani, un simile gesto esprime l’esigenza fortemente avvertita dalla popolazione locale di mantenere la pace tra le comunità che la compongono. Questo era d’altronde l’obiettivo primario perseguito dall’Accordo di Malino (isola di Sulawesi), siglato nel 2002 a conclusione di una sanguinosa guerra interreligiosa, ufficialmente scoppiata il 19 gennaio 1999 proprio ad Ambon per una futile disputa tra un cristiano e un musulmano. La guerra si era quindi estesa a varie zone dell’arcipelago, provocando la morte di almeno 13.500 persone e centinaia di migliaia di sfollati. La situazione nelle Molucche, ove abitanti cristiani e musulmani si equivalgono per numero - a differenza del resto del territorio indonesiano, la cui popolazione è per l’85 per cento di religione islamica - appare comunque negli ultimi tempi relativamente stabile. Nonostante il recente clamore suscitato dalla barbara uccisione di tre studentesse di fede cristiana, trovate decapitate a Poso, nelle Sulawesi centrali, lo scorso 29 ottobre, segni di distensione e di incitazione al dialogo giungono sia da parte cristiana che da parte islamica. Da Ambon, mons. Petrus Canisius Mandagi, vescovo della diocesi di Amboina, ha invitato l’intera comunità cristiana a non lasciarsi coinvolgere nella spirale di violenze seguita alle bombe di Bali del 1° ottobre scorso e alla decapitazione delle tre ragazze. Ha ribadito inoltre la necessità di una collaborazione reciproca tra cristiani e musulmani nella costruzione di un comune terreno di pace. Dello stesso avviso il leader del Consiglio indonesiano degli Ulema, Ichwan Sam, convinto che la tragicità degli ultimi eventi non si tradurrà in un altro conflitto islamo-cristiano. (A. R.)   

 

 

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24 ORE NEL MONDO

5 novembre 2005

 

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

 

La Francia continua a guardare con apprensione a quanto accade nelle banlieu di Parigi, la grande periferia che circonda la capitale, abitata soprattutto da persone di origine maghrebina. Per la nona notte consecutiva, bande di giovani si sono affrontati con le forze di polizia, mettendo a soqquadro interi quartieri. La scorsa notte sono state date alle fiamme quasi 900 autovetture, oltre ad uffici pubblici ed attività commerciali e ci sono stati 253 fermi. Il governo ha risposto scegliendo una la linea dura che prevede, tra le altre cose, una presenza massiccia di forze di sicurezza sul territorio. Si teme che la fiammata di violenza coinvolga anche altre città. Ma ascoltiamo, al microfono di Camille Langlade,  la riflessione di mons. Michel Dubost, vescovo di Evry–Corbeil–Essannes:

 

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Ovviamente bisogna fermare queste azioni: ci sono cose intollerabili che occorre far cessare. Occorre, però, nello stesso tempo credere nella dignità delle persone. La maggior parte della gente che vive in quelle aree è pacifica. Io vivo quotidianamente accanto ai musulmani, a gente che viene dai Paesi africani: ebbene posso dire che si tratta di persone straordinarie. Ci sono diversi fattori che possono far nascere i disordini: problemi di carattere sociologico, urbanistico, di abitazione, di trasporto, di lavoro, problemi di natura culturale, problemi legati alla nostra concezione della laicità che non tiene abbastanza  conto dei fattori linguistici e religiosi. I problemi sono molti ed è assurdo pensare di poterli risolvere tutti in una sola volta. In questo momento c’è una rivolta e noi dobbiamo predicare la pace. Quello che ora vedo è lo sforzo che si sta facendo insieme ai nostri fratelli ebrei e musulmani per far tornare la pace, per dialogare fra di noi. Il mio ruolo è quello di dire che in nome del Vangelo bisogna dare fiducia alle persone. 

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La Guida suprema iraniana, l'ayatollah Ali Khamenei, ha colto ieri l'occasione di un raduno di preghiera di massa per sottolineare che la Repubblica islamica non intende attaccare nessuno, pur ribadendo il sostegno di Teheran alla ''resistenza palestinese'' contro Israele. L'affermazione arriva meno di dieci giorni dopo le dichiarazioni del presidente, Mahmud Ahmadinejad, che con il suo auspicio di vedere lo Stato ebraico cancellato dalla mappa geografica del mondo, aveva provocato le dure proteste del mondo occidentale e della Russia. Anche Ahmadinejad ha parlato ieri, alla presenza dello stesso Khamenei, ma senza ribadire le affermazioni tanto contestate. Oggi l’agenzia di stato Irna ha reso noto che sono state le autorità di Teheran a chiedere il rinvio della visita del segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, che, invece, secondo altre fonti, avrebbe annullato la visita dopo le dichiarazioni anti-israeliane del presidente Ahmadinejad. 

 

Sono tre i soldati americani uccisi ieri in attacchi in Iraq, di cui due nella regione di Baghdad. Intanto, un’operazione statunitense, denominata “Cortina d’acciaio”, è diretta allo smantellamento di una rete terroristica di Al Qaeda che opera nella regione di Husayba. La Siria sarebbe la frontiera di ingresso dei combattenti stranieri che ingrossano le file dei rivoltosi iracheni.

 

E sempre in relazione alla Siria, secondo la stampa araba, il capo degli investigatori dell’Onu, Mehlis, avrebbe preparato una lista che contiene i nomi delle persone che intende interrogare per il loro presunto ruolo nell’assassinio dell’ex premier libanese Hariri. Tra questi il cognato del presidente siriano Bashar al-Assad ed il ministro degli Esteri di Damasco.

 

''Noi non abbiamo certamente  elementi. Ho avuto risposte da alcuni Paesi della UE (Polonia,  Repubblica Ceca e Slovacchia) ed anche da un Paese candidato come la Romania, che hanno negato''. Così il vicepresidente della Commissione europea, Franco Frattini, ha risposto ai cronisti che lo  hanno interrogato sulla polemica scoppiata negli Stati Uniti - sollevata dal 'Washington Post' - sulla possibile esistenza o richiesta della Cia di organizzare campi di detenzione in  alcuni Paesi dell'Europa orientale. ''Se mai questo fatto fosse vero sarebbe di una gravità  strepitosa - ha detto ancora Frattini - perchè sarebbero violate innanzitutto le leggi nazionali di quei Paesi, non solo  la Carta internazionale dei diritti dell'Europa''. Frattini ha aggiunto che l’Europa continuerà a chiedere informazioni.

 

Sette presunti militanti di Al Qaeda sono morti per l’esplosione di una bomba che stavano costruendo nella regione pakistana del Waziristan, al confine con l’Afghanistan. Al momento non sono note le nazionalità dei sette ma si presume che alcuni di essi siano afghani.

 

Elezioni legislative domani in Azerbaigian. Sono 2 mila i candidati che si contenderanno i 125 seggi del Parlamento. Circa 1.200 gli osservatori internazionali accreditati e numerosi rappresentanti di organizzazioni non governative controlleranno le procedure di voto nella repubblica ex sovietica, per le quali si temono irregolarità. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

 

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Sono 2000 i candidati per i 125 seggi in Parlamento. Oltre 1200 sono gli osservatori internazionali accreditati. Presenti anche numerose organizzazioni non governative. Grande 2 volte l’Olanda, con oltre 8 milioni di abitanti turcofoni, in prevalenza musulmani sciiti, l’Azerbaigian è una specie di Kuwait, crocevia anche delle strategiche vie energetiche tra Asia ed Europa, dopo Georgia, Ucraina. Non sono pochi gli analisti che prevedono ora una rivoluzione democratica sulle rive del Caspio. L’unica differenza è che l’Azerbaigian è da oltre un decennio nella sfera di influenza occidentale. La Russia qui è fuori gioco. Varie organizzazioni hanno espresso preoccupazioni per il rischio brogli, nonostante vi siano stati miglioramenti rispetto alle precedenti consultazioni. Il 17 ottobre sono stati arrestati due ministri e numerosi membri dell’esecutivo con l’accusa di star preparando un colpo di Stato.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato

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In Olanda era in preparazione un attentato suicida. E’ quanto ha rivelato un rapporto dei servizi di sicurezza. Alcuni estremisti islamici sono stati già arrestati nei giorni scorsi. Secondo il rapporto, il gruppo avrebbe dovuto uccidere uomini politici e piazzare delle bombe all’interno di un edificio pubblico.

 

Stato di tensione in Etiopia, dove l'opposizione non rallenta la presa sul governo, che accusa di brogli elettorali. Gli scontri, che nei giorni scorsi hanno provocato oltre 40 morti ad Addis Abeba, ora si stanno allargando ad altre città.

 

Brutta avventura per 600 turisti europei che erano a bordo di una nave da crociera al largo delle coste somale. Alcuni uomini armati hanno cercato di abbordarla ma il comandante dell’imbarcazione è riuscito a fuggire.

 

 

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