RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
309 - Testo della trasmissione di sabato 5 novembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Domani pomeriggio a Vicenza sarà beatificata
Eurosia Fabris, madre di famiglia
OGGI IN PRIMO PIANO:
In Argentina IV Vertice delle Americhe.
Sale la protesta anti-Bush: con noi Eugenio Bonanate
Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Dottorato honoris causa a Benedetto XVI dall’Università rumena di
Cluj
Aperto a Cracovia il processo
rogatorio della Causa di Beatificazione di Giovanni Paolo II
Ancora diffusa in Europa e nel
Mediterraneo la tortura. Se ne parla oggi a Napoli
Oggi a Lisbona la sesta edizione della Giornata del
volontariato missionario
Ad Ambon, nelle Molucche, iniziativa interreligiosa
nelle scuole
Nona notte di scontri
nella periferia parigina: quasi 900 vetture date alle fiamme e 253 i fermi
5
novembre 2005
OPERARE UNA
PREDICAZIONE CORAGGIOSA DELLE VERITA’ DI FEDE,
SENZA LO SCRUPOLO DI INTIMORIRE I CREDENTI:
QUESTO IL COMPITO DELLA CHIESA PER SCONFIGGERE
LA SECOLARIZZAZIONE: LO HA DETTO IL PAPA AI
PRESULI AUSTRIACI
IN VISITA AD
LIMINA
Una Chiesa che non faccia sconti
nell’annunciare le verità del Vangelo, anche se scomode, per sconfiggere la
secolarizzazione diffusa in tutta Europa. Ai vescovi della Conferenza
episcopale austriaca, Benedetto XVI lascia un messaggio forte a conclusione
della loro visita ad Limina. Il Papa
ha chiesto ai presuli una testimonianza “chiara, pubblica e coraggiosa” per
rilanciare lo spirito missionario della Chiesa locale. Il servizio di Alessandro
De Carolis:
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E’ un punto “dolente” dei nostri
tempi, la secolarizzazione: un male che Benedetto XVI non cessa di combattere
esortando la Chiesa al coraggio dei suoi antichi insegnamenti. “Il processo di
secolarizzazione, che vive l’Europa, non si è fermato alle porte della Chiesa
cattolica in Austria”, ha osservato il Papa, e a causa di esso in “molti fedeli
svanisce l’identificazione con il Magistero della Chiesa”, si diluisce “la
coscienza della fede” e diminuisce “anche il rispetto dei Comandamenti di Dio”.
Da questa analisi schietta, il Pontefice orienta il lavoro pastorale dei
vescovi austriaci. Quello che non serve, afferma con chiarezza, è un eccesso di
misura nell’annuncio evangelico che sminuisca la portata del messaggio di Gesù.
“E’ vero che noi vescovi dobbiamo agire con prudenza – ha riconosciuto Benedetto
XVI - però tale prudenza non ci deve trattenere dall’esporre la Parola di Dio
in tutta chiarezza – anche i punti che di solito vengono ascoltati meno volentieri
o che provocano sicuramente reazioni di protesta, talvolta anche di derisione”.
Nel campo della verità della
fede e in particolare in quello della morale, ha proseguito il Papa, esistono
temi che “non sono presenti abbastanza nella catechesi e nella predicazione
delle vostre diocesi, e di cui a volte non si parla abbastanza o non senza
equivoci nella pastorale giovanile. Forse – ha obiettato il Pontefice - i
responsabili della predicazione qua e là temono che i fedeli possano ritirarsi
quando si parla chiaro. Invece l’esperienza dimostra quasi ovunque che è vero
proprio il contrario. Non fatevi delle illusioni. Una catechesi cattolica
proposta in forma mutilata è una contraddizione in sé”. Il Papa ha tuttavia
riconosciuto quanto di buono è stato prodotto in ambito locale e universale
dalla Chiesa: dalla “vivacità” e dalla “freschezza” missionaria della XX
Giornata mondiale della gioventù di Colonia al Mitteleuropäischer
Katholikentag.
“La testimonianza chiara,
pubblica e coraggiosa dei vescovi deve essere accompagnata da tante misure che
a prima vista sembrano insignificanti e poco visibili in pubblico”, ha aggiunto
Benedetto XVI, per il quale “sono spesso le decisioni del governo ordinario”
della Chiesa a migliorare significativamente la situazione della gente. Sia che
si tratti della frequenza alla Messa domenicale o al Sacramento della
Penitenza, “quanto spesso – ha esclamato - l’esempio e la parola convincente
sono decisive!”. Nell’elencare i “tanti fatti positivi della vita ecclesiale”,
come la “buona collaborazione tra Stato e Chiesa” o “l’abbondanza delle ricchezze culturali” del Paese, Benedetto
XVI ha suggerito di approfittare “di tutti questi doni” di Dio, ma anche di non
accontentarsi “di una religiosità esteriore”. “A Dio – ha concluso - non basta
che il suo popolo lo lodi con la bocca. Lui vuole il nostro cuore”.
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IL PAPA NOMINA PADRE FEDERICO LOMBARDI NUOVO
DIRETTORE GENERALE
DELLA RADIO VATICANA.
SUCCEDE A PADRE PASQUALE BORGOMEO, PER 20 ANNI
ALLA GUIDA DELLA NOSTRA EMITTENTE. ALLA DIREZIONE DEI PROGRAMMI,
IL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO, ANGELO SODANO,
NOMINA PADRE ANDRZEJ KOPROWSKI
Il Santo Padre ha nominato direttore generale della Radio Vaticana padre
Federico Lombardi, finora direttore dei Programmi della nostra emittente,
ringraziando, allo stesso tempo, padre Pasquale Borgomeo, “per il lungo e
generoso servizio finora svolto come direttore della Radio Vaticana”. Incarico,
questo, che padre Borgomeo ha rivestito per 20 anni. Dal canto suo, il
cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, ha nominato direttore dei
Programmi della Radio Vaticana padre Andrzej Koprowski, finora vice direttore
dei Programmi della Radio. Per un profilo dei direttori della Radio Vaticana,
il nostro servizio:
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Nato a Saluzzo in provincia di
Cuneo il 29 agosto 1942, padre Federico Lombardi frequenta le scuole medie
presso l’Istituto “Sociale” dei Padri Gesuiti a Torino. Nel 1960, entra nel
noviziato della Provincia Torinese della Compagnia di Gesù ad Avigliana. Nel
1965 consegue la Licenza in Filosofia, al termine del corso di studi presso la
Facoltà filosofica “Aloisianum” dei Gesuiti a Gallarate in provincia di Varese.
Dal 1965 al 1969 è assistente degli studenti del Collegio universitario diretto
dai Gesuiti a Torino. Si laurea in matematica all’università torinese. Nel 1972
viene ordinato sacerdote. Nel 1973 consegue la Licenza in Teologia presso la
facoltà teologica della Phil.-Teol. Hochshule St Georgen dei Gesuiti a
Francoforte sul Meno. Lo stesso anno, padre Federico Lombardi diventa membro
del collegio degli scrittori della “Civiltà Cattolica” e nel 1977 vice
direttore della stessa rivista. Dal 1984 al 1990 riveste l’incarico di
Superiore provinciale della Provincia d’Italia della Compagnia di Gesù. Nel
1991 viene nominato direttore dei Programmi della Radio Vaticana e nel 2001
direttore generale del Centro Televisivo Vaticano.
Padre Andrzej Koprowski, nuovo
direttore dei Programmi della nostra emittente, è nato a Lodz in Polonia, l’11
marzo del 1940. Dal 1956 al 1961 studia filologia polacca presso l’Università
di Varsavia. Nel 1961 entra nella Compagnia di Gesù. L’ordinazione sacerdotale
avviene nel 1969. Dal 1971 al 1979 è cappellano degli studenti universitari a
Lublino, quindi rettore del collegio di Teologia dei Gesuiti a Varsavia. Dal
1983 al 1989 è assistente del Padre Generale dei Gesuiti a Roma per l’Europa
centro-orientale. Per otto anni, dal 1989 al 1997, padre Koprowski è
responsabile dei programmi religiosi della televisione polacca. Superiore
provinciale della Provincia del Nord della Polonia della Compagnia di Gesù fino
al 2003, negli ultimi due anni è stato assistente del direttore dei Programmi
della Radio Vaticana.
Nato a
Napoli il 20 marzo 1933, padre Pasquale Borgomeo entra nella Compagnia di Gesù
nel 1948. Consegue la Licenza in Filosofia a
Milano nel 1956 e la laurea in Lettere, nel 1960, con tesi su “Lingua e
stile in Sant’Agostino”. Ordinato sacerdote nel 1963, consegue la Licenza in
Teologia (Magna cum Laude) a Napoli nel 1964 e, due anni dopo, il
Diplôme d'Etudes Supérieures Françaises Modernes, a Parigi. Quindi, il
Doctorat-ès-Lettres alla Sorbona di Parigi nel 1970. Nello stesso anno, padre Pasquale
Borgomeo, che parla cinque lingue (italiano, francese, inglese, tedesco,
spagnolo) è capo della redazione centrale dei Programmi della Radio Vaticana.
Tre anni dopo è responsabile dell’ufficio Promozione e Sviluppo e nel 1974
responsabile delle Relazioni Internazionali della nostra emittente. Quattro
anni dopo viene nominato direttore dei Programmi e nel 1983 vice direttore
Generale. Nel luglio 1985, padre Pasquale Borgomeo diventa direttore generale
della Radio Vaticana. Nel 1994 è
insignito del titolo di Cavalier della Legion d’Onore. Dal 1976 al 1997 è membro
del Bureau di presidenza dell’URTI
(Université Radiophonique et Télévisuelle Internationale) di Parigi. Dal 1984
al 1997 è membro del Consiglio di amministrazione del Centro Televisivo
Vaticano (CTV). Per dieci anni, dal 1984 al 1994, è presidente del Gruppo
“Radiodiffusione Internazionale” della Commissione Radio dell’Unione Europea di
Radio-Televisione (UER). Dal 1989 è consultore presso il pontificio consiglio
delle Comunicazioni sociali. Dal 1997 è consulente ecclesiastico dell’UCSI
(Unione Cattolica della Stampa Italiana).
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Padre
Pasquale Borgomeo lascia la Radio Vaticana dopo vent’anni di direzione e ben 35
al servizio dell’emittente pontificia. Ecco il suo saluto commosso a quella che
definisce con affetto la “grande famiglia della Radio del Papa”:
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Nel momento di terminare il mio
servizio presso la Radio Vaticana, servizio che il Santo Padre nella sua
benignità si è degnato di definire “lungo e generoso”, sento il bisogno di
manifestare tutta la mia gratitudine al Signore per la grazia che mi è stata
concessa di poter consacrare una parte cospicua della mia vita al servizio
della Chiesa e del mondo nella Radio del Papa.
Dopo 35 anni, mi rimetto a
disposizione della Compagnia di Gesù, alla quale appartengo, nel giorno della Festa
di tutti i suoi Santi e Beati e mi preparo, dopo una pausa di preghiera e di
studio ai nuovi compiti che il mio Ordine deciderà di affidarmi.
Ai miei confratelli che
validamente dirigeranno la Radio Vaticana nelle nuove responsabilità loro affidate, auguro proficuo, sereno
lavoro, mentre saluto con commozione e gratitudine tutta la grande famiglia
della Radio del Papa, che in tutti questi anni mi ha accompagnato e sostenuto
nel mio non facile, ma esaltante lavoro.
Un pensiero, infine, agli ascoltatori
sparsi in tutto il mondo. Essi costituiscono il patrimonio più prezioso della
Radio Vaticana. Da domani sarò uno di loro.
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Padre
Federico Lombardi, da 15 anni al servizio della Radio Vaticana in qualità di
Direttore dei Programmi assume, dunque, l’incarico di Direttore Generale. Un
cammino che prosegue, sottolinea padre Lombardi nella sua prima dichiarazione
nella veste di Direttore Generale della nostra emittente:
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Ringrazio il Santo Padre della
fiducia che mi ha accordato con questa nomina di grande responsabilità. Alla
Radio Vaticana sono già di casa da 15 anni e quindi mi pare che sia più la
prosecuzione di un cammino, che un cammino completamente nuovo. Anche perché
con il padre Borgomeo abbiamo lavorato di comune accordo per tanto tempo,
abbiamo condiviso tutte le vicende della Radio – sia i momenti più belli sia
quelli di difficoltà – e mi unisco evidentemente al ringraziamento che lo
stesso Santo Padre ha rivolto al padre Borgomeo per il suo lungo e competente
servizio, che ha fatto conoscere e apprezzare la Radio Vaticana anche nel vasto
mondo internazionale delle comunicazioni sociali.
Sono fortemente convinto che ci
è affidato un servizio di prim’ordine al Santo Padre e alla Chiesa, con
un’informazione tempestiva, multiculturale, che per diverse vie e con diverse
tecnologie comunicative diffonda e renda accessibili la parola e i messaggi del
Papa e – come dice il nostro Statuto – favorisca l’unione fra il centro della
cattolicità e i diversi Paesi del mondo.
Sono sicuro di poter contare sulla piena e cordiale collaborazione degli
altri membri della Direzione della Radio, il padre Koprowski, il dottor
Gasbarri, il padre Arregui, e di tutti i redattori, i tecnici, gli impiegati
amministrativi. Siamo una comunità di lavoro e porteremo avanti insieme il nostro
compito, coltivando sempre uno spirito di amicizia e di collaborazione sia con
le diverse istituzioni vaticane dedite alle comunicazioni sociali, sia con i
colleghi del vasto mondo dell’informazione interessati in particolare ai
problemi della Chiesa e del Vaticano.
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A padre Federico Lombardi e
padre Andrzej Koprowski vanno i nostri più sinceri auguri di buon lavoro a cui
aggiungiamo il sentito ringraziamento a padre Pasquale Borgomeo per quanto
fatto nel suo servizio ultratrentennale alla Radio Vaticana.
MODELLO DI SPOSA E MADRE
CRISTIANA: EUROSIA FABRIS, “MAMMA ROSA”, CHE SARÀ BEATIFICATA DOMANI POMERIGGIO
A VICENZA, HA SAPUTO CONIUGARE L’AMORE E L’AFFETTO PER I FIGLI CON LA CARITÀ
VERSO POVERI E BISOGNOSI
Ha saputo trasformare la sua
numerosissima famiglia in una scuola di santità. Sposa esemplare e madre
affettuosa, Eurosia Fabris ha speso la sua vita dedicandosi all’apostolato e
alle necessità del prossimo. Sarà beatificata domani alle 16 nella cattedrale
di Vicenza. A presiedere il rito e a tenere l’omelia sarà il vescovo Cesare
Nosiglia, mentre il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il
cardinale José Saraiva Martins, leggerà a nome del Papa la formula di
Beatificazione. Il profilo di Eurosia Fabris nel servizio di Tiziana Campisi.
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Eurosia Fabris è vissuta in
un piccolo comune agricolo a pochi chilometri da Vicenza; è nata il 27
settembre del 1866. Ha frequentato solo le prime due classi elementari dovendo
aiutare i genitori nei lavori dei campi e la mamma nel disbrigo delle faccende
domestiche. Le bastò, tuttavia, per imparare a scrivere e a leggere. Tra i suoi
testi preferiti la storia sacra, Filotea di San Francesco di Sales e le Massime eterne di
Sant’Alfonso Maria dé Liguori. Era una donna ricca di doti umane e religiose.
Apostola in famiglia, tra le amiche e in parrocchia, insegnava il catechismo
alle fanciulle nonché alle giovani che frequentavano la sua casa per apprendere
l’arte del taglio e del cucito. Sposò Carlo, vedovo e padre di tre bambine, e
da lui ebbe 9 figli. “Mamma Rosa”, così era chiamata, donò loro affetto,
premure, sacrifici e solida formazione cristiana. Tre di loro furono ordinati sacerdoti:
due diocesani e uno francescano, padre Bernardino, che sarà poi il suo primo
biografo. Coltivò una profonda comunione con il marito, del quale divenne
consigliera e consolatrice; ebbe tenero amore per tutti i figli, fu sempre
attenta alle esigenze altrui e non risparmiò la carità verso i poveri con i
quali condivideva il pane quotidiano facendo sempre quadrare il bilancio
familiare. La sua fu un’intensa vita di preghiera, di profonda devozione
all’Eucaristia e alla Vergine Maria. Entrò a far parte del Terz’Ordine Francescano
e fece della sua casa una piccola chiesa domestica dove seppe educare i figli
alla preghiera, all’obbedienza, al timore di Dio, al sacrificio, alla
laboriosità e a tutte le virtù cristiane. Morì l’8 gennaio 1932. E’ sepolta
nella chiesa di Marola. Il processo canonico per la Beatificazione e Canonizzazione
è stato iniziato il 3 febbraio del 1975 presso la Curia vescovile di Padova.
Fulgido modello di una santità vissuta nel quotidiano familiare per lei si
realizza l’auspicio di Pio XII: “Bisogna far conoscere quest’anima bella, ad
esempio delle famiglie di oggi!”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l'Iraq:offensiva dell'esercito Usa al confine con la Siria.
Servizio
vaticano - L'udienza di Benedetto XVI ai Vescovi della Conferenza Episcopale dell'Austria:
il Papa ha esortato a proseguire con coraggio la grande opera di rinnovamento
della vita della fede secondo le direttive della Chiesa Universale.
Due
pagine dedicate alle allocuzioni dei Sommi Pontefici alla Rota Romana (1939-2003).
Servizio estero - Per la
rubrica dell' "Atlante geopolitico" un articolo di Giuseppe M.
Petrone dal titolo "Azerbaigian: un voto verso la democrazia"
Servizio culturale - Un
articolo di Franco Patruno dal titolo "Nei paesaggi e nei ritratti di
Corot un 'ponte' tra romanticismo e impressionismo": dipinti dell'artista
francese in una mostra nel Palazzo dei Diamanti di Ferrara.
Servizio italiano - In rilievo
il tema della legge elettorale.
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5
novembre 2005
IN ARGENTINA IV VERTICE DELLE AMERICHE:
SCONTRI
NEI PRESSI DELLA SEDE DEL SUMMIT, MENTRE IL PRESIDENTE VENEZUELANO CHAVEZ HA
PRONUNCIATO UN DISCORSO DECISAMENTE ANTI-STATUNITENSE
-
Intervista con il prof. Eugenio Bonanate -
Si conclude oggi il IV vertice delle Americhe. 33
capi di Stato e di Governo del continente americano stanno discutendo a Mar del
Plata, in Argentina, del futuro
dell’ALCA, l’area di libero scambio proposta dagli Stati Uniti. E
proprio la presenza del presidente George W. Bush ha provocato proteste di
massa nei dintorni della località balneare. Scontri si sono registrati nei
pressi della sede del summit, mentre il presidente venezuelano Chavez, in uno
stadio stracolmo di gente, ha pronunciato un discorso decisamente
anti-statunitense. Si delinea sempre più, insomma, una netta divisione tra favorevoli
e contrari all’Alca. Da Mar del Plata, ci aggiorna Maurizio Salvi:
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Se questo quarto vertice che si
chiude oggi ha avuto un pregio, esso va ricercato nel fatto che ha permesso di
chiarire la posizione di tutti i Paesi partecipanti riguardo all’ALCA, l’area
di libero commercio delle Americhe, voluta da Washington. Quindi,
contrariamente a quanto di solito succede in questi appuntamenti internazionali
in cui si crea una qualsiasi formula di consenso, a Mar del Plata le cose sono
andate diversamente. Con il Presidente George Bush, nel ruolo dello spettatore
interessato, Messico, Perù e i Paesi
del Centro America, hanno ribadito il loro appoggio convinto all’ALCA, mentre
sul versante opposto sia il Venezuela, il Brasile che l’Argentina, in nome del
Mercosur, hanno manifestato la loro contrarietà ad abbattere le frontiere
doganali in assenza di un annullamento dei sussidi all’agricoltura da parte dei
Paesi industrializzati. Così stando le cose, ci si attende che il documento
finale che debbono varare i capi di Stato, mostri il contrasto esistente e
lasci spazio a nuove ipotesi di aggregazione continentale.
Da Mar del Plata, Maurizio
Salvi, ANSA per la Radio Vaticana.
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Ma per capire il significato
sullo scenario internazionale di questo
appuntamento che vede insieme 33 capi di Stato e di governo delle Americhe,
Fausta Speranza ha intervistato il professor
Eugenio Bonanate, docente di relazioni internazionali all’Università di
Torino:
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R.- Ritengo che ogni qual volta dei capi di Stato, o loro
rappresentanti, si incontrano, questo sia comunque un bene per la comunità
internazionale, per la comprensione reciproca. E questo anche quando, come in
questo caso, l’incontro è tutt’altro che sereno. Le tensioni ci sono, sono molto
forti, ma non me ne spaventerei troppo. Piuttosto è evidente che gli Stati
Uniti stanno incassando una serie di impopolarità dovunque vadano in giro per
il mondo. Questo mi pare il dato su cui bisognerebbe principalmente riflettere.
D. – E’ vero che il discorso che ha fatto il presidente del
Venezuela Chavez è stato un discorso anti Stati Uniti. Ma su che cosa è più
interessante riflettere, secondo lei?
R. – Il problema è che noi restiamo in fondo sempre un
pochino in dubbio di fronte a un dato che non sappiamo bene come valutare,
ovvero la maggior parte della ricchezza del mondo, ivi compresa quella
petrolifera che è quella su cui ‘siede’ anche Chavez, è controllata, detenuta,
da una frazione piccolissima dell’umanità, mentre la gran parte dell’umanità
vive in una condizione di grande povertà. Chavez, in questo momento, sta
incarnando – anche se non sono neppure sicuro della sua sincerità – la
rappresentanza dei poveri e di quelli che una volta chiamavamo gli sfruttati
della terra. Mi sembra difficile, per un verso, non sposare le petizioni di
principio di Chavez. D’altra parte, è evidente che sotto ci possono essere
altre ragioni politiche, che andrebbero a loro volta esplorate e discusse.
D. – Per citare un altro intervento, parliamo di Kirchner,
presidente dell’Argentina, che ha incontrato brevemente Bush prima dell’inizio
del quarto vertice delle Americhe. Le sue parole sono state per una revisione
del Fondo Monetario Internazionale. Il discorso, in pratica, è lo stesso?
R. – Certo. E’ da una quindicina d’anni che avevamo smesso
di sentir parlare dell’America Latina e delle difficoltà latinoamericane. Tutto
questo sembrava essere correlato a un miglioramento sostanziale dell’economia
dei Paesi latinoamericani, ma in particolare - ecco il riferimento al presidente
argentino – è scoppiata la crisi in Argentina. E le difficoltà economiche
legate a questa crisi, poi, si sono ridistribuite purtroppo un po’ per tutta
l’America Latina, in America del Nord ed anche in Europa, come ben sappiamo.
Dunque, se il presidente dell’Argentina è preoccupato per l’atteggiamento del
Fondo Monetario Internazionale, non posso
che dargli ragione.
D. – Sul piano economico e nel concreto della proposta
dell’area di libero scambio, che cosa andrebbe fatto, secondo lei?
R. – Il problema principale
ancora una volta penso che sia, da una parte, il problema del debito. E quindi
conseguentemente una ridiscussione della struttura del Fondo Menetario e della
politica economica internazionale nella quale, ovviamente, proprio perché c’è
tra i protagonisti in particolare il Venezuela, c’è il problema del petrolio.
Ma il problema del petrolio, però, non è limitato, in realtà, all’America
Latina. Chavez ovviamente usa il problema del petrolio in chiave locale, ma,
come ben sappiamo, riguarda il pianeta e riguarda il Medio Oriente. In altri
termini, non si può tagliare a fette il nostro pianeta: i problemi che ci sono da una parte, in
realtà ci sono anche dalle altre.
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A LOCRI TORNA LA SPERANZA DOPO LA MANIFESTAZIONE
DI IERI
CONTRO LA ‘NDRANGHETA: MIGLIAIA I GIOVANI
CHE HANNO PRESO PARTE ALLA MARCIA
- Intervista con mons. Giancarlo Bregantini -
A Locri torna la speranza dopo la manifestazione di ieri contro la ‘ndrangheta
organizzata in risposta alla barbara
uccisione il 16 ottobre scorso del vicepresidente del Consiglio regionale
calabrese, Francesco Fortugno. Alla marcia hanno preso parte 15 mila persone.
Particolarmente rilevante è stata la
partecipazione dei giovani che hanno gridato con forza il loro “basta” alla
criminalità organizzata. Ma quale messaggio viene dalla manifestazione di ieri.
Sergio Centofanti lo ha chiesto al vescovo di Locri Giancarlo Bregantini,
presente alla marcia:
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R. - Viene un messaggio di un
duplice impegno: da una parte raccogliere il lungo lavorio fatto nelle
parrocchie, nelle chiese, nelle scuole, nelle cooperative, nei circoli in
questi anni, per cui i giovani sono stati aiutati a cambiare, formati a momenti
di coraggio. La morte dell’onorevole Fortugno, di grata memoria, ha reso possibile
manifestare dall’esterno, quello che avevano già recepito nel cuore. Il secondo
punto di riferimento è il futuro: far sì che questa maturazione non geli ma
possa continuare con radici forti.
Questo è il nostro grande sogno
e il punto su cui noi dobbiamo lavorare tramite le istituzioni, le scuole e la
politica soprattutto.
D. – Che cosa chiedete alle istituzioni?
R. – Chiediamo un intervento
speciale dello Stato per la Locride, cioè una serie di leggi non di repressione
ma di investimento, nuovo dialogo con le banche, aiuto maggiore alle
cooperative, trasporti, treni, cioè tutta una serie di cose che possono dare
concretezza a quello che si è realizzato nel cuore di tanti giovani in questi
giorni.
D. - Quale appello lanciate agli
uomini della criminalità organizzata?
R. – Che si rendano conto che
quanto si semina di male, produce male. Che la morte fisica non è altro che la
conseguenza di una morte interiore; che non si può devastare una terra fatta
giardino da Dio, senza restare impuniti. Che Dio insegue coloro che hanno fatto
il male per la conversione di essi. Che Dio comunque è sempre pronto ad un atto
di infinita misericordia, come lo è la Chiesa e le famiglie.
D. – E che cosa dite ai giovani
calabresi?
R. – Di conservare il coraggio e
la speranza fino in fondo.
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DONNE E TEOLOGIA A 40 ANNI DAL CONCILIO VATICANO
II:
SE NE
DISCUTE DA IERI A ROMA AL MARIANUM
-
Interviste con padre Silvano Baggiani e Cettina Militello -
Con il
Concilio Vaticano II la teologia ha dato spazio al pensiero delle donne. Ma
qual è il loro contributo alla riflessione del Magistero? Se ne discute da ieri
a Roma alla Pontificia Facoltà Marianum al colloquio “Donne e teologia. A quarant’anni
dal Concilio Vaticano II”. Tiziana Campisi ne ha parlato con padre Silvano Maggiani,
docente di teologia liturgico-sacramentaria del Marianum:
**********
R. -
Credo che il Concilio, rinnovando la scoperta del dono della Rivelazione, di cosa
vuol dire essere Chiesa, ha scoperto il valore grande di poter dire Dio anche
da parte delle donne. Possiamo constatare, a 40 anni del Concilio Vaticano II,
che questo dono del Concilio, ha avuto degli effetti. Abbiamo una presenza di
teologhe, di una teologia che è maturata al femminile, quindi con una
sensibilità propria della donna, ma resta ancora, credo, molto da fare.
D. – Ma
che tipo di apporto ha dato la donna alla teologia? Risponde la prof.ssa Cettina
Militello, docente di ecclesiologia e mariologia, alla Pontificia facoltà
teologica Marianum:
R. - Si
è lungamente parlato di una teologia al femminile che d’altra parte non
accettava più una lettura unilaterale della storia della salvezza, della teologia
sistematica, della teologia fondamentale, di quella spirituale, morale, e così
via. Forse l’apporto più consistente è quello a livello di teologia biblica
perché lì si è creato un metodo riconosciuto tale anche dalla Pontificia Commissione
Biblica. Un modo biblico di approccio al testo che ovviamente è particolarmente
attento all’assenza o presenza della donne.
D. - Ci
sono dei caratteri che delineano la teologia del pensiero femminile?
R. –
Noi donne, per cultura, abbiamo determinati tratti di interiorità, di sensibilità,
sottolineiamo fortemente il dato esperienziale, elaboriamo un tipo di teologia
che si può chiamare “sapienziale”.
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Domani 6 novembre, 32.ma
Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù racconta la parabola delle dieci vergini
che attendono l’arrivo dello sposo con le loro lampade. Cinque di esse sono stolte e, diversamente
da quelle sagge, non prendono con sé olio a sufficienza per le loro lampade e
sono costrette a uscire per comprarne dell’altro. Così, quando arriva lo sposo,
restano fuori e non possono più partecipare alle nozze. Gesù quindi dice:
“Vegliate
dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il teologo gesuita
padre Marco Ivan Rupnik:
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A che serve una lampada ad olio
se non ha olio? La preoccupazione di avere la lampada e non l’olio, significa
non comprendere la giusta gerarchia delle cose. La priorità è procurarsi
l’olio. L’olio, dicevano quasi unanimemente i Santi Padri, è lo Spirito Santo
che dà l’amore. E’ la vita, è la luce. Il cristiano è certamente tentato di
elaborare forme di perfezione del pensare e dell’agire, ma tutto questo può
diventare idolatria e un’ideologia moralista. Invano è seminare e poi ogni
giorno coltivare la terra, aspettando i germogli, se su quel campo non arriva
l’acqua che dà la crescita. La nostra prima attenzione è a Dio, anzi allo
Spirito Santo che dà la vita. In collaborazione con Lui, possiamo portare il
frutto. Non comprendere che il primo è Dio, significa mettere l’attenzione
sulle cose che non contano e questa è la stoltezza.
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5 novembre 2005
DOTTORATO HONORIS CAUSA
A BENEDETTO XVI DELL’UNIVERSITÀ RUMENA DI CLUJ.
IL RICONOSCIMENTO PER LA “RICCA OPERA
TEOLOGICA E FILOSOFICA” DEL CARDINALE RATZINGER CHE “HA CONTRIBUITO IN MANIERA
ESSENZIALE ALL’AFFERMAZIONE
DEI VALORI DEL MONDO CRISTIANO E DELLA TRADIZIONE
GIUDAICO-CRISTIANA”
CLUJ. = L’università della città rumena di Cluj ha concesso il
dottorato honoris causa a Papa Benedetto XVI “in segno di riconoscenza della
sua opera teologica e filosofica”. Andrei Marga, presidente del consiglio
accademico dell'università di Cluj e già ministro dell'educazione, nella
“laudatio” che spiega i motivi della concessione del dottorato, ricorda come
“per la sua ricca opera teologica e filosofica, il cardinale Joseph Ratzinger,
attuale Papa Benedetto XVI, ha contribuito in maniera essenziale
all’affermazione dei valori del mondo cristiano e della tradizione
giudaico-cristiana”. Lo stesso Marga, si legge in un comunicato dell’agenzia cattolica
svizzera Apic, ha detto anche che l’intenzione dell’Università di Cluj di concedere
la laurea “honoris causa” sia stata maturata a metà dell'anno 2004, ben prima
che il cardinale Ratzinger divenisse Papa. (A. M.)
APERTO
IERI POMERIGGIO A CRACOVIA IL PROCESSO ROGATORIO DELLA CAUSA
DI BEATIFICAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II. LA
CELEBRAZIONE NELLA CATTEDRALE
DOVE IL GIOVANE WOJTYLA HA CELEBRATO LA PRIMA
MESSA
CRACOVIA. = E’ iniziato ieri a Cracovia il processo
rogatorio della Causa di Beatificazione di Giovanni Paolo II che dovrà
raccogliere le testimonianze sulla vita di Karol Wojtyla. La seduta d’apertura
si è svolta nella cattedrale di Wawel, dove il giovane Wojtyla il 2 novembre
del 1946 ha celebrato la sua prima Messa, dopo la solenne liturgia vespertina
presieduta dall’arcivescovo di Cracovia Stanislaw Dziwisz. Il processo diocesano
di Beatificazione è stato aperto il 28 giugno a Roma dal cardinale Camillo
Ruini. I lavori del tribunale si svolgeranno sotto la guida di mons. Tadeusz
Pieronek, accanto a lui il postulatore della Causa mons. Slawomir Oder e il
promotore di giustizia don Piotr Majer. Sei in totale i membri che hanno
giurato “di adempiere fedelmente e diligentemente all’incarico” e di “mantenere
il segreto circa le disposizioni dei testimoni”. A prestare giuramento anche
mons. Dziwisz che, come primo giudice dell’arcidiocesi di Cracovia, è de iure
presidente del tribunale rogatorio. La cerimonia si è svolta nel giorno in cui
la Chiesa ricorda San Carlo Borromeo, data dell’onomastico di Wojtyla. (T.C.)
ANCORA DIFFUSA IN
EUROPA E NEL MEDITERRANEO LA TORTURA. SE NE PARLA OGGI
A NAPOLI IN UN SEMINARIO
INTERNAZIONALE NEL X ANNIVERSARIO
DELLA SCUOLA NAPOLETANA
DEL DIRITTO DEI POPOLI
- A cura di Andrea Cocco -
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NAPOLI.
= E’ stata condannata, ripudiata, vietata da innumerevoli norme di diritto internazionale,
eppure la tortura continua ad esistere oggi come una realtà spaventosamente
attuale. E non sono solo i casi eclatanti degli episodi di violenza commessi a
Guantanamo o ad Abu Ghraib a creare sconcerto, le notizie emergono dalla
cronaca come dai rapporti di organizzazioni non governative, su casi di
maltrattamenti quotidiani commessi in una lunga lista di Stati, 132 per
l’esattezza. È questo, infatti, il numero dei Paesi che praticano la tortura
secondo l’ultimo rapporto annuale di Amnesty International. Un dato scioccante
che non risparmia l’Europa. Nel Vecchio Continente gli episodi di brutalità si
moltiplicano. Si va dalle zone di guerra come la Cecenia, dove le atrocità
commesse dall’esercito russo ai danni di prigionieri ceceni sono ampiamente documentate
con tanto di processi aperti nei confronti dei militari, al caso della
Lituania, dove è stato recentemente provato l’uso di sacchetti di plastica
soffocanti, durante gli interrogatori; al caso ancora di Malta, dove gli abusi
vengono commessi nei confronti degli immigrati. Non sono da meno Francia, Gran
Bretagna, Italia, Germania, dove i casi di brutalità colpiscono in particolare
gli immigrati. “60 anni di carte, trattati internazionali contro questa pratica
disumana non sembrano essere serviti”, rileva Franco Ippolito, presidente di
magistratura democratica. Secondo lui il diritto internazionale è di fronte ad
una profonda crisi. Tra le cause: le leggi contro il terrorismo, che hanno
fatto carta straccia di garanzie fondamentali; le prigioni segrete, come quelle
che, secondo una recente rivelazione, la CIA gestirebbe in Romania e Bulgaria e
la cattura e l’espatrio di presunti terroristi verso Paesi che praticano la
tortura. Ma a creare sconcerto, secondo Mauro Palma, componente per l’Italia
del Comitato europeo per la prevenzione della tortura, è anche il rischio di
assuefazione agli orrori. La tortura, secondo Palma, si è sempre manifestata,
ciò che oggi è cambiato è che non è più una pratica da occultare, non è più
inconfessabile. Prova ne è un recente sondaggio, condotto negli Stati Uniti,
secondo cui il 43 per cento della popolazione pensa che la tortura non è
sbagliata se applicata contro i terroristi.
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“UNA MISSIONE, CINQUE CONTINENTI”. SU QUESTO TEMA OGGI A LISBONA
LA SESTA EDIZIONE DELLA GIORNATA DEL
VOLONTARIATO MISSIONARIO. ADERISCE ALL’INIZIATIVA IL PATRIARCA DI LISBONA, IL
CARDINALE JOSÉ POLICARPO DA CRUZ
LISBONA.
= Si celebra oggi a Lisbona la sesta edizione della Giornata del Volontariato
Missionario sul tema: “Una missione, cinque continenti”. L’evento è promosso
dalla Fondazione evangelizzazione culture (FEC), un’organizzazione non
governativa per lo sviluppo, fondata nel 1990 dalla Chiesa cattolica portoghese.
Scopo della Giornata, riferisce l’agenzia Fides, è quello di accogliere i missionari
laici di ritorno dalla loro esperienza in qualità di testimoni nel mondo della
fede, e di salutare quanti sono in procinto di partire per l’Africa, il Brasile
e Timor est. Presente anche il patriarca di Lisbona, il cardinale José
Policarpo da Cruz. Da cinque diversi luoghi della città di Lisbona, scelti come
simbolo dei cinque continenti, parte una “Marcia Missionaria” diretta verso
piazza Rossio. Qui i giovani, con una drammatizzazione dal titolo “Se il mondo
fosse un villaggio di 200 persone”, sensibilizzeranno il pubblico sul problema
delle disuguaglianze nel mondo. Seguirà una festa nel Palazzo
dell’Indipendenza, per sottolineare il ruolo delle arti come mezzo di
promozione del volontariato missionario; quindi un’agape fraterna ed infine una
veglia missionaria nella Chiesa di San Domenico. (A. R.)
AD
AMBON, CAPOLUOGO DELL’ARCIPELAGO DELLE MOLUCCHE,
UN
IMPORTANTE ESEMPIO DI INTEGRAZIONE: IN OGNI SCUOLA FREQUENTATA
DA ALUNNI
DI UN DETERMINATO CREDO SI DOVRÀ CONSENTIRE L’INSEGNAMENTO
DELLE ALTRE RELIGIONI PRATICATE NELLA REGIONE
AMBON.
= Un’iniziativa all’insegna della convivenza interreligiosa è stata promossa in
questi giorni nella scuola Muhammadiah di Ambon, capoluogo dell’arcipelago
delle Molucche. Secondo quanto riferito all’agenzia Misna dal Centro di crisi
diocesano dei missionari cattolici, le autorità locali hanno deciso di
consentire l’insegnamento di una delle religioni praticate dagli abitanti in
scuole frequentate da studenti che professano un credo differente. In una terra
da tempo dilaniata da aspri conflitti fra cristiani e musulmani, un simile
gesto esprime l’esigenza fortemente avvertita dalla popolazione locale di
mantenere la pace tra le comunità che la compongono. Questo era d’altronde
l’obiettivo primario perseguito dall’Accordo di Malino (isola di Sulawesi),
siglato nel 2002 a conclusione di una sanguinosa guerra interreligiosa,
ufficialmente scoppiata il 19 gennaio 1999 proprio ad Ambon per una futile
disputa tra un cristiano e un musulmano. La guerra si era quindi estesa a varie
zone dell’arcipelago, provocando la morte di almeno 13.500 persone e centinaia
di migliaia di sfollati. La situazione nelle Molucche, ove abitanti cristiani e
musulmani si equivalgono per numero - a differenza del resto del territorio indonesiano,
la cui popolazione è per l’85 per cento di religione islamica - appare comunque
negli ultimi tempi relativamente stabile. Nonostante il recente clamore
suscitato dalla barbara uccisione di tre studentesse di fede cristiana, trovate
decapitate a Poso, nelle Sulawesi centrali, lo scorso 29 ottobre, segni di
distensione e di incitazione al dialogo giungono sia da parte cristiana che da
parte islamica. Da Ambon, mons. Petrus Canisius Mandagi, vescovo della diocesi
di Amboina, ha invitato l’intera comunità cristiana a non lasciarsi coinvolgere
nella spirale di violenze seguita alle bombe di Bali del 1° ottobre scorso e
alla decapitazione delle tre ragazze. Ha ribadito inoltre la necessità di una
collaborazione reciproca tra cristiani e musulmani nella costruzione di un
comune terreno di pace. Dello stesso avviso il leader del Consiglio indonesiano
degli Ulema, Ichwan Sam, convinto che la tragicità degli ultimi eventi non si
tradurrà in un altro conflitto islamo-cristiano. (A. R.)
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5 novembre 2005
- A cura di Fausta Speranza -
La Francia continua a guardare con apprensione a quanto
accade nelle banlieu di Parigi, la grande periferia che circonda la capitale,
abitata soprattutto da persone di origine maghrebina. Per la nona notte
consecutiva, bande di giovani si sono affrontati con le forze di polizia,
mettendo a soqquadro interi quartieri. La scorsa notte sono state date alle fiamme
quasi 900 autovetture, oltre ad uffici pubblici ed attività commerciali e ci
sono stati 253 fermi. Il governo ha risposto scegliendo una la linea dura che
prevede, tra le altre cose, una presenza massiccia di forze di sicurezza sul
territorio. Si teme che la fiammata di violenza coinvolga anche altre città. Ma
ascoltiamo, al microfono di Camille Langlade,
la riflessione di mons. Michel Dubost, vescovo di Evry–Corbeil–Essannes:
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Ovviamente bisogna fermare queste azioni: ci sono cose
intollerabili che occorre far cessare. Occorre, però, nello stesso tempo
credere nella dignità delle persone. La maggior parte della gente che vive in
quelle aree è pacifica. Io vivo quotidianamente accanto ai musulmani, a gente
che viene dai Paesi africani: ebbene posso dire che si tratta di persone
straordinarie. Ci sono diversi fattori che possono far nascere i disordini:
problemi di carattere sociologico, urbanistico, di abitazione, di trasporto, di
lavoro, problemi di natura culturale, problemi legati alla nostra concezione
della laicità che non tiene abbastanza
conto dei fattori linguistici e religiosi. I problemi sono molti ed è
assurdo pensare di poterli risolvere tutti in una sola volta. In questo momento
c’è una rivolta e noi dobbiamo predicare la pace. Quello che ora vedo è lo
sforzo che si sta facendo insieme ai nostri fratelli ebrei e musulmani per far
tornare la pace, per dialogare fra di noi. Il mio ruolo è quello di dire che in
nome del Vangelo bisogna dare fiducia alle persone.
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La Guida suprema
iraniana, l'ayatollah Ali Khamenei, ha colto ieri l'occasione di un raduno di
preghiera di massa per sottolineare che la Repubblica islamica non intende
attaccare nessuno, pur ribadendo il sostegno di Teheran alla ''resistenza
palestinese'' contro Israele. L'affermazione arriva meno di dieci giorni dopo
le dichiarazioni del presidente, Mahmud Ahmadinejad, che con il suo auspicio di
vedere lo Stato ebraico cancellato dalla mappa geografica del mondo, aveva provocato
le dure proteste del mondo occidentale e della Russia. Anche Ahmadinejad ha
parlato ieri, alla presenza dello stesso Khamenei, ma senza ribadire le affermazioni
tanto contestate. Oggi l’agenzia di stato Irna ha reso noto che sono state le
autorità di Teheran a chiedere il rinvio della visita del segretario generale
delle Nazioni Unite, Kofi Annan, che, invece, secondo altre fonti, avrebbe
annullato la visita dopo le dichiarazioni anti-israeliane del presidente Ahmadinejad.
Sono tre i soldati americani uccisi ieri in attacchi in Iraq, di
cui due nella regione di Baghdad. Intanto, un’operazione statunitense,
denominata “Cortina d’acciaio”, è diretta allo smantellamento di una rete
terroristica di Al Qaeda che opera nella regione di Husayba. La Siria sarebbe
la frontiera di ingresso dei combattenti stranieri che ingrossano le file dei
rivoltosi iracheni.
E sempre in relazione alla Siria, secondo la stampa araba,
il capo degli investigatori dell’Onu, Mehlis, avrebbe preparato una lista che
contiene i nomi delle persone che intende interrogare per il loro presunto
ruolo nell’assassinio dell’ex premier libanese Hariri. Tra questi il cognato
del presidente siriano Bashar al-Assad ed il ministro degli Esteri di Damasco.
''Noi non abbiamo certamente elementi. Ho avuto risposte da alcuni Paesi della UE (Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) ed anche da un
Paese candidato come la Romania, che hanno negato''. Così il vicepresidente
della Commissione europea, Franco Frattini, ha risposto ai cronisti che lo hanno interrogato sulla polemica scoppiata
negli Stati Uniti - sollevata dal 'Washington Post' - sulla possibile esistenza
o richiesta della Cia di organizzare campi di detenzione in alcuni Paesi dell'Europa orientale. ''Se mai
questo fatto fosse vero sarebbe di una gravità
strepitosa - ha detto ancora Frattini - perchè sarebbero violate
innanzitutto le leggi nazionali di quei Paesi, non solo la Carta internazionale dei diritti
dell'Europa''. Frattini ha aggiunto che l’Europa continuerà a chiedere
informazioni.
Sette presunti militanti di Al Qaeda sono morti per l’esplosione
di una bomba che stavano costruendo nella regione pakistana del Waziristan, al
confine con l’Afghanistan. Al momento non sono note le nazionalità dei sette ma
si presume che alcuni di essi siano afghani.
Elezioni
legislative domani in Azerbaigian. Sono 2 mila i candidati che si contenderanno
i 125 seggi del Parlamento. Circa 1.200 gli osservatori internazionali
accreditati e numerosi rappresentanti di organizzazioni non governative controlleranno
le procedure di voto nella repubblica ex sovietica, per le quali si temono
irregolarità. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
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Sono 2000 i candidati per i 125 seggi in Parlamento. Oltre
1200 sono gli osservatori internazionali accreditati. Presenti anche numerose
organizzazioni non governative. Grande 2 volte l’Olanda, con oltre 8 milioni di
abitanti turcofoni, in prevalenza musulmani sciiti, l’Azerbaigian è una specie
di Kuwait, crocevia anche delle strategiche vie energetiche tra Asia ed Europa,
dopo Georgia, Ucraina. Non sono pochi gli analisti che prevedono ora una rivoluzione
democratica sulle rive del Caspio. L’unica differenza è che l’Azerbaigian è da
oltre un decennio nella sfera di influenza occidentale. La Russia qui è fuori
gioco. Varie organizzazioni hanno espresso preoccupazioni per il rischio
brogli, nonostante vi siano stati miglioramenti rispetto alle precedenti
consultazioni. Il 17 ottobre sono stati arrestati due ministri e numerosi
membri dell’esecutivo con l’accusa di star preparando un colpo di Stato.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato
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In Olanda era in preparazione un attentato suicida. E’ quanto ha
rivelato un rapporto dei servizi di sicurezza. Alcuni estremisti islamici sono
stati già arrestati nei giorni scorsi. Secondo il rapporto, il gruppo avrebbe
dovuto uccidere uomini politici e piazzare delle bombe all’interno di un
edificio pubblico.
Stato
di tensione in Etiopia, dove l'opposizione non
rallenta la presa sul governo, che accusa di brogli elettorali. Gli scontri,
che nei giorni scorsi hanno provocato oltre 40 morti ad Addis Abeba, ora si
stanno allargando ad altre città.
Brutta avventura per 600 turisti europei che erano a bordo di una
nave da crociera al largo delle coste somale. Alcuni uomini armati hanno
cercato di abbordarla ma il comandante dell’imbarcazione è riuscito a fuggire.
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