RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
308 - Testo della trasmissione di venerdì 4 novembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il
Papa riceve un gruppo di vescovi austriaci in visita ad Limina
Intervento di mons. Migliore all’ONU in tema di
sviluppo sostenibile
Al
Gran Maestro dell’Ordine di Malta, Fra’ Andrew Bertie, l’edizione 2005 del
premio Path to peace
OGGI IN PRIMO PIANO:
Dieci anni fa
l’assassinio del premier israeliano Rabin: ai nostri microfoni Antonio Ferrari
La periferia di
Parigi infiammata dalle violenze tra immigrati e polizia: ce ne parla Massimo
Nava
CHIESA E SOCIETA’:
La Chiesa fa oggi memoria di San Carlo
Borromeo, uno dei grandi arcivescovi di Milano
Affonda in Pakistan un traghetto: oltre 60 i
morti, tra cui diversi bambini
Un’epidemia di febbre emorragica colpisce lo Stato
sudanese del Kordofan meridionale
In
Iraq minacce di Al Qaeda contro i diplomatici stranieri: andate via da Baghdad
o morirete
Al via stasera, in
Argentina, il 4° summit delle Americhe
4
novembre 2005
IL PAPA RICEVE UN
GRUPPO DI VESCOVI AUSTRIACI IN VISITA AD LIMINA
Benedetto XVI ha ricevuto
stamane alcuni presuli della Conferenza Episcopale dell'Austria, in visita
"ad Limina": il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna
con l'ausiliare mons. Helmut Kraetzl; mons. Alois
Schwarz, vescovo di Gurk; mons. Manfred Scheuer, vescovo di Innsbruck; mons.
Paul Iby, vescovo di Eisenstadt; mons. Ludwig Schwarz, vescovo di Linz; mons. Klaus Kueng, vescovo di Sankt Pölten; mons. Christian
Werner, Ordinario Militare.
Alle 18,00 il Papa riceverà
mons. William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della
Fede.
NOMINA
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi metropolitana di Pescara-Penne
(Italia), presentata da mons. Francesco Cuccarese, per raggiunti limiti di età.
Gli succede mons. Tommaso Valentinetti, finora vescovo di Termoli-Larino. Mons.
Tommaso Valentinetti è nato a Ortona, arcidiocesi di Lanciano-Ortona, l’11
agosto 1952. Nell’ottobre del 1973 è stato ammesso all’Almo Collegio Capranica
di Roma e si è iscritto alla Facoltà di Teologia della Pontificia Università
Gregoriana. Ha ricevuto l’ordinazione presbiterale il 25 giugno 1977. Recatosi
a Gerusalemme per il completamento degli studi, come alunno del Pontificio
Istituto Biblico, vi ha conseguito la Licenza in Sacra Scrittura. Eletto
vescovo di Termoli-Larino il 25 marzo 2000, ha ricevuto la consacrazione
episcopale il 20 maggio dello stesso anno. Attualmente è vice-presidente della
Conferenza Episcopale Abruzzese-Molisana e presidente di Pax Christi.
LA
SCIENZA RISPETTI SEMPRE LA DIGNITA’ DELL’UOMO: SUL RICHIAMO
DI BENEDETTO XVI E IL RAPPORTO
TRA FEDE E RAGIONE, IL COMMENTO
DI MONS. GIANFRANCO
BASTI, PROFESSORE DI FILOSOFIA ALLA LATERANENSE
Solo se la scienza e la tecnica
rispettano “l’inviolabile dignità dell’uomo” e la vita umana in “tutte le sue
fasi”, il nostro futuro sarà “veramente umano”: è il richiamo espresso ieri da
Benedetto XVI durante l’udienza ad un gruppo di parlamentari bavaresi. Parole
pronunciate nelle stesse ore in cui, nella Sala Stampa della Santa Sede, veniva
presentato il primo congresso internazionale
del progetto STOQ, “Scienza, teologia e questione ontologica”, in programma dal
9 all’11 novembre alla Pontificia Università Lateranense. A mons. Gianfranco
Basti, direttore del progetto STOQ e professore di Filosofia alla Lateranense, Alessandro
Gisotti ha chiesto un commento sulla sfida lanciata dal Papa, affinché la
scienza sia sempre al servizio dell’uomo:
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R. – Il cuore di questa
affermazione del Papa, di questo rapporto indispensabile che deve esserci tra
discipline umane e discipline scientifiche è proprio lo scopo fondamentale di
tutto il lavoro che stiamo portando avanti nelle nostre università pontificie
attraverso il progetto STOQ, “Scienza, teologia e la questione ontologica”.
D. – Mons. Basti, alla
presentazione del progetto Stoq il cardinale Poupard ha sottolineato i rischi
insiti in una ragione scientifica fine a se stessa, ma ha anche avvertito: una
religione che recida i legami con la ragione diventa preda del fondamentalismo.
Dov’è allora il giusto equilibrio?
R. – Il giusto equilibrio è
togliere gli “ismi”, che sono poi sinonimo di fondamentalismo, che – se
vogliamo – è la versione post-moderna delle ideologie di una volta. Si dice che
l’età moderna è stata l’età delle ideologie; è finita l’età moderna, è finita
l’età delle ideologie, adesso abbiamo i fondamentalismi: un fondamentalismo
laico, o laicismo, e un fondamentalismo religioso che, appunto, sono i
fondamentalismi di tipo ideologico, sia cristiano, islamico o ebraico. Quando
uno lavora poi con gli scienziati si accorge che non troverà mai uno scienziato
fondamentalista, scientista o laicista. Di solito i laicisti sono gente che non
fa scienza.
D. – Quanto è cambiato nella sua
esperienza quotidiana, di persona che si confronta con uomini di religione e di
scienza, il rapporto tra queste due entità anche alla luce del Magistero di
Giovanni Paolo II su tale tema, culminato nell’enciclica Fides et Ratio?
R. – E’ cambiato moltissimo. E’
cambiato perché quella enciclica è anche il riflesso in campo teologico ed
ecclesiale di un cambio di mentalità che è avvenuto verso la metà del secolo
scorso proprio in campo scientifico. Il dialogo fra scienza e fede, o meglio
fra uomini di scienza e uomini di fede, non è soltanto un obbligo morale, ma in
qualche maniera è anche una necessità scientifica. Si impone anche per
necessità logica oltre che morale!
D. – Uno dei temi che più spesso
torna in primo piano nel confronto tra scienza e fede è la teoria
dell’evoluzione. Ieri il cardinale Poupard ha detto che Darwin non è nemico
dell’idea cristiana di creazione...
R. – Assolutamente! Non c’è
contrapposizione tra teoria dell’evoluzione e teoria della creazione. Fra
l’altro, Darwin stesso era sinceramente alla ricerca di un senso religioso
della vita, alla ricerca di Dio, anche a livello suo personale. La polemica si
è innestata sull’onda del laicismo, che ha caratterizzato gran parte del
Novecento, proprio per avere inserito nello schema della teoria dell’evoluzione
darwiniana questo riferimento alla casualità, che poi è stata smentita proprio a livello di ricerca
scientifica stessa. Da un parte, quindi, abbiamo una evoluzione senza casualismo,
dall’altra un principio di creazione che non si deve confondere con
l’immanente, cioè la creazione si pone su un altro piano, è simultanea a tutto
lo scorrere del tempo. Anche adesso Dio ci sta creando! Lo svolgersi del tempo
è dentro l’atto creativo di Dio. Non è che l’atto creativo di Dio sta solo
all’inizio dell’universo. Questa è una falsa prospettiva.
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INTERVENTO IERI
DELL’OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE,
PRESSO LE NAZIONI UNITE, IN TEMA DI SVILUPPO
SOSTENIBILE
- A cura
di Roberta Gisotti -
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I piani di sviluppo e le
strategie di riduzione della povertà devono essere compatibili con l’ambiente:
lo ha ribadito ieri l’arcivescovo Celestino Migliore, durante i lavori
dell’Assemblea generale dell’ONU, nel Palazzo di Vetro a New York.
Senza controllo ambientale – ha osservato il presule - lo sviluppo non
avrà un sano fondamento, e senza sviluppo non vi saranno in alcun modo
investimenti rendendo impossibile la protezione dell’ambiente.
Dunque “responsabilità e
solidarietà sono qui collegati modo tale che l’azione in favore dell’ambiente
diviene un affermazione di fiducia nel destino dell’umanità raccolto intorno ad
un comune progetto cruciale per il bene di tutti”. “Tale concetto richiama – ha
aggiunto l’osservatore permanente – il primo principio della Dichiarazione di
Rio” che recita: “gli esseri umani sono al centro delle questioni inerenti lo
sviluppo sostenibile”. “Tuttavia, le numerose difficoltà incontrate
nell’affrontare i problemi del globale degrado ambientale cosi come i cambiamenti
climatici, la mancanza di acqua potabile, la deforestazione e la
desertificazione, mostrano la complessità di far fronte ai problemi dello sviluppo
in modo coerente e integrato, e la necessità di sostituire approcci settoriali
frammentati con interventi olistici e multisettoriali”.
Tra i temi più urgenti,
l’arcivescovo Migliore ha indicato quello della crescente deforestazione, visto
che le foreste restano una risorsa essenziale per la vita di un miliardo e 200
milioni di persone che vivono in estrema povertà nel mondo. E per questo si
deve concludere un trattato per la tutela delle foreste. Altra grave questione
– già evidenziata dal segretario generale dell’ONU come la più grande sfida del
21mo secolo – quella dei cambiamenti climatici e delle risorse energetiche, con
implicazioni ambientali, economiche, politiche, sociali, e per la sicurezza
nazionale e internazionale. “E’ incoraggiante” – ha sottolineato l’arcivescovo
Migliore – riscontrare la crescente consapevolezza” mostrata nel recente Summit
del G8 a Gleneagles, cui dovrebbero seguire ora “serie discussioni” sui modi e
mezzi per incentivare le fonti di energia rinnovabile, eliminare le sostanze
nocive per l’ambiente e promuovere la ricerca per rimpiazzare i combustibili
fossili con altri tipi economici, efficienti e puliti.
“Il mondo - ha concluso il
rappresentante vaticano – avrà drammaticamente più bisogno, e non meno, di
energia, nei prossimi 50 anni” e quindi s’impone per le prossime generazioni di
iniziare immediatamente un cammino di responsabilità in tal senso.
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AL GRAN
MAESTRO DELL’ORDINE DI MALTA, FRA’ ANDREW BERTIE,
L’EDIZIONE 2005 DEL PREMIO PATH TO PEACE, PROMOSSO
DALL’OSSERVATORE PERMANENTE DELLA
SANTA SEDE PRESSO LE NAZIONI UNITE
- A cura di Alessandro Gisotti -
Il Gran Maestro dell’Ordine di Malta, Fra’ Andrew Bertie, riceverà
il prossimo 9 novembre il premio Path to Peace, edizione 2005. La
notizia del prestigioso riconoscimento è stata diramata dall’arcivescovo
Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni
Unite, presidente della Fondazione Path to Peace. Una fondazione nata
con il compito di sostenere i progetti della Missione della Santa Sede presso
l’ONU. Il premio, si legge in un comunicato di mons. Migliore, “riconosce
l’impegno esemplare nelle opere di carità da parte del Gran Maestro, Fra’
Andrew Bertie”.
La
missione dell’Ordine, che nel 1999 ha celebrato i 900 anni della fondazione ufficiale,
è sintetizzata nel binomio Tuitio Fidei et Obsequium Pauperum,
ovvero “Difesa della fede e servizio ai poveri”. L'Ordine, presente
direttamente in 54 Paesi del mondo, è composto da oltre 11.500 tra cavalieri e
dame. Secondo il diritto internazionale pubblico, l’Ordine di Malta intrattiene
rapporti diplomatici tramite ambasciate con 93 Paesi ed ha lo status di
osservatore permanente presso le Nazioni Unite e la Commissione dell'Unione
Europea.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina l’Iraq,
dove persistono le sanguinose violenze. Una Corte marziale ha prosciolto sette
paracadutisti britannici accusati di aver percosso a morte un civile iracheno.
Servizio vaticano - Il discorso
di Benedetto XVI ai membri del gruppo parlamentare dell'Unione
Cristiano-Sociale della Dieta Bavarese (Repubblica Federale di Germania): la Baviera - ha sottolineato il Papa -
resti una terra aperta al futuro e dalle sue radici tragga la forza per dare
senso e speranza ad un mondo nuovo.
L’omelia dell’arcivescovo
Giovanni Lajolo che ha presieduto - nella cattedrale dell’Immacolata Concezione
a Mosca - il solenne Pontificale di chiusura del Congresso Eucaristico.
Servizio estero - Medio Oriente:
tensione al confine tra Israele e Libano.
Servizio culturale - Un articolo
di Mario Spinelli dal titolo “Giovanni Paolo II e Roma”: nella mostra al
Complesso del Vittoriano la testimonianza storico-documentaria di un intenso
legame.
Servizio italiano - In rilievo
il tema della finanziaria.
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4
novembre 2005
IERI SERA A ROMA LA FIACCOLATA DELLA PACE A
SOSTEGNO D’ISRAELE
DOPO LE DICHIARAZIONIDEL PRESIDENTE IRANIANO SULLA
CANCELLAZIONE
DELLO STATO
EBRAICO
“Non si
possono cancellare gli Stati dalle cartine geografiche”. E’ la risposta che
hanno dato, ieri sera a Roma, oltre 10 mila persone, che hanno partecipato alla
fiaccolata della pace, organizzata dal quotidiano “Il Foglio” di Giuliano
Ferrara davanti all’ambasciata iraniana, a sostegno di Israele dopo le
dichiarazioni contro lo Stato ebraico del presidente dell’Iran, Ahmadinejad.
Intanto una nuova manifestazione di protesta di
studenti iraniani si svolgerà davanti all'ambasciata italiana a Teheran il 15 novembre prossimo, dopo quella non
autorizzata di ieri, secondo quanto scrive oggi l'agenzia di stampa Fars.
Ma torniamo alla fiaccolata di ieri a Roma dove c’era per noi Massimiliano
Menichetti.
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Voglia
di Pace, di dialogo è stato il grido della fiaccolata promossa dal quotidiano
il Foglio diretto da Giuliano
Ferrara a sostegno di Israele. L’iniziativa ha respinto senza mezzi termini le
dichiarazioni dei giorni scorsi del presidente iraniano Ahmadinejad: “Lo Stato
di Israele va cancellato dalle cartine geografiche”; in migliaia le persone che
hanno manifestato con vessilli di pace, bandiere con la stella di David,
accompagnate dalle candele e dai canti contro l’intolleranza e
il fondamentalismo:
“Io sono
per la libertà e per la tolleranza, è ovvio”
“Oggi, nel
2005, pensavamo che queste cose fossero dimenticate, ma ancora c’è qualcuno che
rispolvera queste vecchie tesi, come la cancellazione dello Stato d’Israele”.
“Noi ebrei come
punto di riferimento abbiamo lo Stato d’Israele, così come è giusto che ci sia
lo Stato palestinese”.
“Sicuramente
noi siamo per la pace e quindi si spera che ci ascoltino”
Ad
invocare il rispetto delle identità sul palco di piazza Santa Costanza da dove
poi è partito il corteo verso l’ambasciata iraniana, il rabbino capo di Roma,
Di Segni poi l’intervento del giornalista Magdi Allam il quale ha rimarcato che
“oggi più che mai tutti coloro che vogliono uno Stato per i palestinesi, devono
anzitutto sostenere senza se e senza ma il diritto di Israele all'esistenza”.
In Piazza anche il segretario della sezione italiana della Lega musulmana
mondiale, Mario Scialoja. Applausi per il direttore del 'Foglio' Ferrara. Fitta
la schiera politica: adesioni da tutti gli schieramenti. Ribadita la volontà di dialogo con
l'islamismo moderato a conferma la presenza sul palco della bandiera
israeliana, di quella iraniana, italiana ed europea. Rinunce dell’ultimo minuto
per prudenza politica quelle del ministro degli Esteri Fini e della
difesa Martino. Frammentata
l’opposizione senza la sinistra di Bertinotti e Diliberto, per
la mancanza - hanno detto - di una presa di posizione esplicita anche a
favore di uno Stato palestinese.
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NEL DECIMO
ANNIVERSARIO DELL’ASSASSINIO DI RABIN,
ISRAELE RICORDA CON COMMOZIONE L’EX
PREMIER LABURISTA
- Intervista con Antonio Ferrari -
In un'atmosfera di mestizia e
commozione Israele ricorda oggi il premier laburista Yitzhak Rabin, nel decimo
anniversario del suo assassinio avvenuto il 4 novembre 1995 per mano di un
estremista ebraico, durante una pubblica manifestazione. Ma quale eredità
lascia ancor oggi la figura di Rabin per il positivo andamento del processo di
pace israelo-palestinese? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Antonio Ferrari,
inviato speciale del Corriere della Sera ed esperto di questioni mediorientali:
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R. – L’eredità più grande che ci
ha lasciato Rabin sono stati i suoi passi coraggiosi. Se c’è stato un ritiro da
Gaza questo ritiro è figlio del passo coraggioso che fece Rabin nel 1993,
quando per la prima volta si riconobbe l’OLP, l’Organizzazione per la
Liberazione della Palestina. In quella occasione, con l’inizio dei colloqui
segreti di Oslo, che poi portarono alla dichiarazione di principi, che
prevedeva la nascita dell’embrione del futuro Stato palestinese,e cioè
l’Autorità Nazionale Palestinese, questo si deve al coraggio di Rabin. Questo è
quello che ci ha lasciato questo grande israeliano.
D. – Come sarebbe stata la
storia di questi ultimi dieci anni dei rapporti tra israeliani e palestinesi se
ci fosse stato ancora Yitzhak Rabin?
R. – Io credo che la sua
determinazione fosse assoluta. Rabin voleva chiudere questo negoziato, voleva aprire a tutto il mondo arabo. Se questa
determinazione fosse continuata, probabilmente oggi si sarebbe arrivati ad un
qualche maggiore risultato anche perché egli era convinto che questa fosse
l’unica strada verso la pace.
D. – Il fatto che Rabin sia
morto per mano di un estremista ebraico, non ha in qualche modo rotto la
tradizionale compattezza israeliana nell’affrontare il problema palestinese?
R. - Assolutamente sì.
L’assassinio di Rabin ha rappresentato davvero uno shock per la società
israeliana e forse se Shimon Peres non avesse commesso degli errori politici,
se Peres avesse avuto il coraggio di utilizzare il sacrificio di Rabin per la
sua affermazione politica, come gli consigliavano molti amici, probabilmente
avrebbe avuto la spinta per continuare quello che aveva cominciato Rabin. Ora
la maggioranza degli israeliani, sull’onda emotiva dell’assassinio di Rabin,
era pronta ad andare avanti su quella strada perché era la garanzia per il
futuro dei loro figli, dei giovani israeliani; ma poi c’è stato un
irrigidimento da parte della società israeliana. Irrigidimento che ha portato
ad un contro-irrigidimento palestinese e alla seconda intifada, alla nomina di
Sharon e a tutto quello che ne è conseguito. Queste sono state le due fasi che
si sono materializzate da quel giorno di dieci anni fa, ma oggi quel messaggio,
che è stato spesso deriso da parte di alcuni, anche da parte di alcuni membri
dell’attuale governo di Israele, è più che mai valido.
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LA
PERIFERIA DI PARIGI INFIAMMATA DALLE VIOLENZE TRA IMMIGRATI E POLIZIA.
INCENDIATE
OLTRE 400 VETTURE. IL GOVERNO FRANCESE ADOTTA LA LINEA DURA
PER FAR CESSARE GLI SCONTRI
- Intervista con Massimo Nava -
Ancora
una notte di violenza, l’ottava, nelle periferie di Parigi, dove oltre 400 vetture
e 27 autobus sono stati dati alle fiamme dai giovani in rivolta. Incendiati
pure uffici pubblici e negozi. Centinaia di agenti anti-sommossa sono stati
dispiegati per tutta la notte nelle 9 aree interessate dagli scontri, per
cercare di contenere le violenze. Intanto, si cerca di far luce sulla causa scatenante le
violenze, cioè la morte di due ragazzi, rimasti uccisi – sembra – mentre fuggivano
dalla polizia. E nelle riunioni di ieri il governo francese ha deciso di
adottare la linea dura per far abbassare la tensione. Per un commento sulla
situazione, Salvatore Sabatino ha raggiunto telefonicamente a Parigi Massimo
Nava, corrispondente del Corriere della Sera nella capitale francese:
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R. – Il dispiegamento imponente
di polizia ha diminuito gli scontri e i faccia a faccia tra bande e agenti
delle forze dell’ordine, ma in compenso si è fortemente allargata ed estesa
anche ad altre periferie, non solo quelle parigine, questo antagonismo –
diciamo – ‘di strada’, per cui appunto aumentano gli incendi, gli assalti, i
vandalismi, i saccheggi, oltre al fatto che c’è il sospetto che ci si stia
sempre più decisamente organizzando …
D. – Come stanno cambiando i
rapporti di equilibrio nel Paese, con gli immigrati? Come stanno reagendo,
insomma, i francesi?
R. – C’è una tendenza a fare una
miscela di tutto e quindi a respingere questo tipo di violenza, di fenomeno,
come il prodotto di un’immigrazione eccessiva e sbagliata e fuori controllo; è
c’è, dall’altro lato, una tendenza di tipo ‘sociologico’, un po’ a giustificare
e a comprendere tutto, facendo appello ai sacri principi nazionali
dell’integrazione, dell’égalité e
della fraternité. La realtà, purtroppo,
è molto diversa e boccia entrambi gli approcci, perché da un lato occorre dire
che questi giovani in massima parte sono francesi, cioè, sono diversi dagli
altri per il colore della pelle e per le origini, perché sono figli di immigrati,
ma ormai siamo alla seconda, terza generazione, e si sentono a giusto titolo
molto discriminati e penalizzati dai loro coetanei bianchi. L’altro aspetto,
invece, è quello repressivo che quindi è al di là delle giustificazioni, delle
comprensioni dei problemi. Poi, c’è – oggettivamente – una deriva di violenza,
anche di chiusura di identità, quasi, nella comunità periferica …
D. – La risposta politica nei
confronti di queste sommosse è stata l’adozione della linea dura, anche se c’è
una spaccatura tra il premier de Villepin e il ministro degli interni Sarkozi …
R. – De Villepin è più per una
linea di dialogo e Sarkozi ha sposato una linea di durezza anche con un
linguaggio che, francamente, ha un po’ infiammato gli animi e creato una
reazione scomposta. Ma è evidente che adesso i cocci sono fatti e quindi
Sarkozi e de Villepin si sono poi alla fine ritrovati sulla stessa barca, al di
là delle rivalità e delle mire elettorali, perché a questo punto non c’è
nessuno che neghi che il primo obiettivo, la priorità assoluta sia il
ristabilimento della legalità.
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“I MEDIA AL SERVIZIO
DELLA PACE”: E’ IL TEMA DEL CONGRESSO ANNUALE
DEL SIGNIS,
L’ASSOCIAZIONE CATTOLICA MONDIALE PER LA COMUNICAZIONE,
AL VIA OGGI
A LIONE, IN FRANCIA
- Con noi, padre Gabriele
Nissim -
Analizzare e rafforzare il ruolo
centrale dei media nel facilitare la comunicazione e la reciproca comprensione
tra i popoli: con questo scopo, prende il via oggi a Lione, in Francia, il
Congresso annuale del Signis, l’Associazione cattolica mondiale per la comunicazione,
nata nel 2001 dall’unione dell’UNDA, organizzazione per la radio e la
televisione, e dell’OCIC, per il cinema e gli audiovisivi. Tra gli avvenimenti
in programma fino all’11 novembre, la Conferenza pubblica su “I media al servizio
della pace”. Ce ne parla, al microfono di Roberta Moretti, il rappresentante
del Signis al Consiglio d’Europa, padre Gabriel Nissim:
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R. – I media danno veramente una
possibilità sia di rinforzare i conflitti, rafforzando le non comprensioni tra
gruppi diversi, sia di promuovere la pace e il dialogo perchè l’umanità diventi
una famiglia unica. E’ vero che ci sono ostacoli che vengono dal peso del
denaro, delle identità, che vengono anche dalla gente, dal pubblico.
D. – Ecco, a proposito: qual è
il ruolo del pubblico in questo processo di evoluzione dei media verso una
cultura della pace?
R. – Il pubblico dovrebbe essere
un attore, non un consumatore dei media. Non possiamo limitarci a sederci
davanti allo schermo e in un certo senso ‘bere’ tutto quello che ci viene
proposto, senza critica, senza distanza, senza libertà. Spesso i media
vorrebbero trattarci quale pubblico passivo, e il più passivo possibile perché
la pubblicità possa essere ricevuta bene, specialmente l’immagine, perché l’immagine
si presenta come la realtà, mentre non è la realtà: è soltanto una visione
della realtà data da colui che ha scelto questa immagine, che l’ha fabbricata.
D. – Oltre alla conferenza su “I
media al servizio di una cultura della pace”, quali sono gli altri appuntamenti
in programma al Congresso mondiale del Signis?
R. – Ci sarà anche un importante
Simposio sull’importanza dell’educazione ai media; ci saranno anche workshop per la radio, internet, il
cinema e la televisione; poi ci sarà l’Assemblea generale dei delegati che
dovrà eleggere il nuovo Consiglio d’Amministrazione e il nuovo presidente. Ci
sarà anche la nomina di un nuovo segretario generale e tutto questo dovrebbe
dare un nuovo impulso al Signis.
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4 novembre 2005
LA CHIESA FA OGGI MEMORIA DI SAN CARLO BORROMEO,
UNO
DEI GRANDI ARCIVESCOVI DI MILANO. PER 26 ANNI,
GIOVANNI
PAOLO II FESTEGGIO’ IN QUESTO GIORNO
IL SUO
ONOMASTICO, OSPITANDO IN VATICANO AMICI E CONNAZIONALI
CITTA’ DEL VATICANO. =
C’era sempre un “pezzetto” di Polonia, quella più intima e amica, il 4 novembre
in Vaticano. Karol Wojtyla non aveva rinunciato neanche da Papa a festeggiare
il suo onomastico circondato di volta in volta da alcuni connazionali. E molto
di un Pontefice che ha lasciato segni indelebili nella Chiesa e nella società
di fine Novecento si ritrova, per analogia o per contrasto, nel ministero
episcopale di San Carlo Borromeo, che il 3 novembre 1584, a soli 46 anni,
moriva dopo aver riorganizzato con eccezionale attenzione pastorale la diocesi
di Milano, rimanendo una delle grandi figure episcopali della tradizione
ambrosiana. Lo scorso anno, Giovanni Paolo II aveva festeggiato l’ultimo
onomastico con un gruppo numeroso proveniente da Danzica e Tarnów, ma nel corso
dei 26 anni di Pontificato, questo incontro di festa era stato caratterizzato
anche da momenti ricreativi e culturali di alto profilo. Come nel 2003, quando
con i versi del suo “Trittico Romano”, recitati in Aula Paolo VI, Papa Wojtyla
aveva affidato alla memoria e alle emozioni di migliaia di ascoltatori i suoi
pensieri di teologo e filosofo sulla natura, sulla Genesi raffigurata nella
Cappella Sistina, sulla persona di Abramo e la sua fede capace di sperare
“contro ogni speranza”. Una virtù che ben conosceva San Carlo Borromeo il
quale, anch’egli a cavallo di un passaggio epocale (la fine del Cinquecento,
delle grandi scoperte, della Riforma e del Concilio di Trento), scriveva:
“Tutti noi siamo certamente deboli, lo ammetto, ma il Signore Dio mette a
nostra disposizione mezzi tali che, se lo vogliamo, possiamo far molto”. Carlo
Borromeo non ebbe dubbi su quante e quali energie spendere per tenere fede a
questa convinzione. Oltre a visitare regolarmente le 15 diocesi a lui affidate,
oltre a organizzare sinodi, incontri con i sacerdoti, catechesi a tutti i livelli,
il futuro Santo fondò scuole gratuite, collegi e ospizi perché la società del
tempo offrisse anche ai poveri un’opportunità di miglioramento. Resta, tra gli
altri, una frase di Alessandro Manzoni, che nei Promessi Sposi, descrivendo la
terribile pestilenza del 1576, scrisse: “Fu chiamata la peste di San Carlo,
tanto era forte la carità!”. (A.D.C.)
LA
CONFERENZA EPISCOPALE SPAGNOLA PARTECIPERA’ ALLA MANIFESTAZIONE
ORGANIZZATA
PER IL PROSSIMO 12 NOVEMBRE A MADRID CONTRO IL PROGETTO
DI
RIFORMA DELLA LEGGE ORGANICA SULL’ISTRUZIONE.
COSI’
RIFERISCE IL SUO PORTAVOCE, PADRE JUAN ANTONIO MARTíNEZ CAMINO
MADRID.
= La Conferenza episcopale spagnola, secondo quanto riferito lo scorso 2 novembre
dal suo portavoce, padre Juan Antonio Martínez Camino, prenderà parte alla manifestazione
prevista a Madrid per il 12 novembre prossimo contro la possibile riforma della
Legge organica sull’istruzione (LOE), varata nel 1990. Il progetto promosso dal
governo socialista del premier Zapatero, attualmente all’analisi del
Parlamento, rischia di indebolire - ha affermato padre Martínez Camino - “il
diritto fondamentale dei genitori di poter scegliere il tipo di educazione che
desiderano per i loro figli”. La manifestazione è stata organizzata dalla
CONCAPA (Confederazione cattolica dei padri di famiglia e dei genitori degli
alunni), cui appartengono circa 3 milioni di genitori e numerose istituzioni.
Padre Martínez Camino sottolinea il loro irrinunciabile dovere di difendere i
diritti di cui sono portatori “mediante misure pacifiche e legittime”. Come
avvertito già a settembre dalla Commissione permanente della Conferenza
episcopale, non è in gioco unicamente il diritto dei genitori – pienamente
garantito dalla Costituzione - ad informare l’istruzione dei propri figli
secondo uno specifico credo religioso: è in gioco anche la possibilità del
mantenimento nell’ordinario programma scolastico della materia opzionale di
religione. A questo proposito, il portavoce dei vescovi spagnoli ha ricordato
che “lo Stato non deve aver paura del fatto che l’80 per cento dei genitori
chieda ogni anno che i figli possano ricevere l’insegnamento della religione
cattolica”. Proprio perché poste “al servizio dell’istruzione”, le istituzioni
statali devono coadiuvare la famiglia nella libera scelta del tipo di
educazione che essa ritenga più opportuna. Questo, secondo l’episcopato spagnolo,
lungi dall’essere l’espressione di un privilegio della Chiesa Cattolica,
costituisce un diritto inalienabile di tutti i cittadini, “che il governo non
deve mettere in discussione con questa Legge organica sull’istruzione”. Per
tale motivo, la Conferenza episcopale assicura il suo totale appoggio alla
manifestazione, smentendo così le false informazioni che erano state fornite
dal quotidiano ABC circa il raggiungimento di un accordo sulla questione con il
governo. (A.R.)
AFFONDA
IN PAKISTAN UN TRAGHETTO SOVRACCARICO DI PERSONE:
OLTRE
60 I MORTI, TRA
CUI DIVERSI BAMBINI. IL GRUPPO ERA IN VIAGGIO
PER
PARTECIPARE AL FUNERALE DI UN PARENTE
ISLAMABAD. = Un traghetto probabilmente sovraccarico,
un’onda più alta e più violenta delle altre e per decine di persone non c’è
stato più niente da fare. Dovrebbe essere questa la dinamica che ha portato
stamani all’affondamento di un traghetto che trasportava un’ottantina di
persone di due villaggi, tra cui donne e bambini, che stavano recandosi al
funerale di un loro congiunto. L’imbarcazione è affondata nel fiume Indus,
vicino alla città di Thatta, 70 chilometri a est di Karachi. Salman Ali,
portavoce della Marina pakistana, ha riferito che una squadra di sommozzatori e
una di soccorso sono state inviate sul luogo della sciagura. Secondo il
funzionario, i passeggeri del traghetto erano partiti dal villaggio di Jangisar
per raggiungere l'abitato di Ali Mohammed, ma durante la traversata un'improvvisa
onda di piena ha travolto l'imbarcazione e l'ha fatta capovolgere e affondare.
L’incidente è accaduto a poche settimane di distanza dal catastrofico terremoto
che ha devastato il versante pakistano del Kashmir. A questo proposito, la
giornata registra l’affermazione, a metà strada tra un appello e una denuncia,
che il presidente pakistano Musharraf ha levato durante un’intervista alla BBC.
Il capo di Stato ha additato i governi del mondo rei, a suo giudizio, di agire
in due modi diversi rispetto alle tragedie umane. Il Pakistan, ha detto
Musharraf, non ha ricevuto lo stesso livello di aiuti inviati per lo tsunami e per l'uragano Katrina. Secondo
le Nazioni Unite, meno del 25% del denaro necessario e' stato stanziato.
(A.D.C.)
UN’
EPIDEMIA DI FEBBRE EMORRAGICA COLPISCE LO STATO SUDANESE DEL KORDOFAN
MERIDIONALE. ALMENO 52 LE VITTIME SINORA ACCERTATE.
IMMEDIATO
IL PIANO DI EMERGENZA PREDISPOSTO DAL GOVERNO
KHARTOUM.
= Il quotidiano egiziano Akbar al-Yawm riferisce, per conto delle autorità sanitarie
sudanesi, del diffondersi da alcuni giorni di un’epidemia di febbre emorragica
nello Stato del Kordofan meridionale, situato nel Sudan centrale. Sulla base
dei dati sinora pervenuti, vi sarebbero almeno 52 persone morte, alle quali
vanno aggiunti circa 176 casi di contagio. Si tratta di un bilancio probabilmente
destinato a crescere e si temono le disastrose conseguenze per una popolazione
già messa in ginocchio dalle atrocità della guerra civile. Al fine di contenere
l’epidemia - attualmente i distretti più a sud dell’area ne sembrerebbero
immuni - il capo del Dipartimento sanitario del Ministero per gli Affari
umanitari, coadiuvato da una vasta rete organizzativa già operante nella
regione dei Monti Nuba, ha predisposto immediatamente un piano di emergenza.
L’obiettivo è quello di indagare sulle cause ancora sconosciute del
manifestarsi del morbo. Per tale ragione, una squadra governativa messa
prontamente a disposizione dal Ministero della Salute sudanese è stata
incaricata di monitorare a fondo la situazione del South Kordofan, per
prevenire ulteriori contagi con la messa in quarantena degli infetti. (A.R.)
SARA’
COMMEMORATA QUESTA SERA, NELLA BASILICA ROMANA DI SAN BARTOLOMEO ALL’ISOLA
TIBERINA, LA FIGURA DI FRANZ JÄGERSTÄTTER, IL GIOVANE AUSTRIACO
CHE
VENNE TRUCIDATO PER ESSERSI OPPOSTO A HITLER E AL NAZISMO.
LA
CELEBRAZIONE, PROMOSSA DA SANT’EGIDIO,
SARA’
PRESIEDUTA DAL CARDINALE DI VIENNA, SCHÖNBORN
ROMA. = Un cristiano che pagò crudelmente con la vita la
sua coerenza al Vangelo e il suo coraggio antinazista. Franz
Jägerstätter, il giovane contadino austriaco e padre di tre figli che
venne decapitato a 36 anni in un carcere vicino a Berlino, il 9 agosto del
1943, per essersi opposto più volte contro Hitler e la sua campagna bellica,
sarà ricordato questa sera nella Basilica
di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, luogo memoriale dei testimoni della fede
del ventesimo secolo. La celebrazione, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio,
sarà presieduta a partire dalle 20 dal cardinale arcivescovo di Vienna,
Christoph Schönborn, e vedrà la partecipazione degli altri vescovi austriaci.
Oltre alla preghiera in memoria di Franz Jägerstätter, durante la celebrazione verrà consegnato un manoscritto che l’uomo
scrisse poco prima di essere decapitato, dal titolo “Scrivo con le mani legate”.
(A.D.C.)
ISTAT:
ITALIA PIÙ VECCHIA, POVERA E INFELICE IN TRE ANNI. CRESCE LEGGERMENTE
LA
NATALITA’ GRAZIE AGLI IMMIGRATI.
LA
SITUAZIONE DEL PAESE NELL’ANNUALE RAPPORTO PUBBLICATO DALL’ISTAT
ROMA. = L’Italia invecchia, cresce la povertà insieme
all’insoddisfazione. E’ più scuro che chiaro il ritratto dell’ISTAT alla
Penisola, nell’annuale Rapporto pubblicato dall’Istituto di statistica.
L’insoddisfazione registrata dall’ISTAT riguarda la condizione economica: il
47,8% quest'anno contro il 44% di due anni fa, soprattutto al sud e al centro.
Un tema strettamente legato a quello dell’occupazione: in base ai dati di
quest'anno, una persona su 5 si ritiene insoddisfatta del lavoro svolto. Per
quello che riguarda il trend sull’età media, da tre anni l’Italia ha superato
il rapporto di 130 anziani ogni 100 ragazzi con etá fino a 14 anni. Nessun
altro Stato dell’Unione Europea vanta un indice di vecchiaia così alto, sebbene
Germania, Grecia, Spagna, Portogallo, Lettonia e Slovenia superino il rapporto
vecchi-giovani del 100%. Le uniche regioni che presentano un’inversione del
trend sono la Campania e la provincia autonoma di Bolzano. La natalità è aumentata
rispetto al 2004 grazie soprattutto agli immigrati: la popolazione italiana è
passata a 58.462.375 unità, con un aumento rispetto all’anno precedente di
574.130 residenti. Diminuiti anche i matrimoni (da 260.000 del 2003 ai
250.764), soprattutto quelli celebrati con rito religioso: erano il 68% del
totale, mentre erano il 75,3% cinque anni fa). Passando alla scuola, sono poco meno di nove milioni gli studenti che, nell’anno
scolastico 2003-2004, hanno frequentato le scuole italiane, circa 47 mila in
più rispetto all’anno precedente. Ad aumentare sono in particolare gli alunni
delle scuole dell’infanzia, dove il tasso di scolarità è intorno al 100%, ma le
scuole più frequentate sono quelle elementari.
Anche la popolazione universitaria continua ad aumentare: le matricole
l’anno accademico 2003-2004 si sono iscritti per la prima volta all’Università
circa 337 mila ragazzi, seimila in più rispetto all’anno precedente. (A.D.C.)
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4
novembre 2005
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
Il popolo iraniano “non
aggredisce altre nazioni e non cancellerà i diritti di nessun uomo”. Lo ha
affermato la guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, parlando davanti
a migliaia di fedeli riuniti per le preghiere della fine del mese di Ramadan. “Se le superpotenze intendono
toglierci i nostri diritti - ha poi aggiunto l’ayatollah - il popolo iraniano
non accetterà alcuna forma di oppressione e di ingiustizia”. Khamenei ha anche
dichiarato che l’Iran non farà marcia indietro sul proprio programma nucleare,
precisando che le ricerche in questo campo sono orientate a scopi civili. Dopo
la guida suprema, è intervenuto il presidente iraniano, Ahmadinejad, che
recentemente aveva auspicato la cancellazione dello Stato di Israele dalle
carte geografiche. Ahmadinejad ha ribadito “il sostegno della Repubblica
islamica ai diritti dei popoli oppressi, specialmente quello palestinese”.
In Iraq, l’organizzazione
terroristica Al Qaeda, dopo aver rivendicato l’abbattimento di un elicottero
statunitense ieri a Ramadi, ha lanciato nuove minacce contro i diplomatici
stranieri presenti nel Paese arabo. Sul terreno, intanto, la guerriglia ha
sferrato un ennesimo attacco contro le forze di polizia. Il nostro servizio:
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Nove agenti iracheni sono
rimasti uccisi per un attacco condotto dai ribelli contro un checkpoint a nord di Baghdad. Secondo
fonti della polizia, un gruppo di miliziani armati di mitragliatrici ha
attaccato un posto di blocco alle porte di Baquba, poco dopo l’inizio delle celebrazioni
per la conclusione del Ramadan. Al Qaeda ha rivendicato, intanto,
l’abbattimento di un elicottero nei pressi di Ramadi che ha provocato ieri la
morte di due soldati americani. Il gruppo terroristico ha lanciato, inoltre, un
duro appello ai diplomatici stranieri in Iraq: “Lasciate il Paese - si legge in
un comunicato – se non volete rischiare di essere assassinati”. Ieri,
l’organizzazione guidata in Iraq dal giordano Al Zarqawi ha annunciato che due
diplomatici marocchini, rapiti ad ottobre, saranno uccisi perché ritenuti
apostati. Inquietanti rivelazioni giungono, infine, dagli Stati Uniti:
dall’ufficio del vice presidente Dick Cheney sarebbero partite direttive per
autorizzare i soldati americani a compiere sevizie sui prigionieri in Iraq e in
Afghanistan. Ad accusare Cheney è il colonnello Wilkerson, capo di gabinetto
dell’ex segretario di Stato Colin Powell.
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Lewis Libby, ex braccio destro
del vicepresidente americano Cheney, si è dichiarato non colpevole in relazione
al cosiddetto Cia-gate, l’inchiesta sulle rivelazioni alla stampa, da parte
della Casa Bianca, dell’identità di un agente Cia sotto copertura. Comparso in
tribunale a Washington per la prima udienza, Libby ha respinto le accuse di
ostruzione alla giustizia, spergiuro e false dichiarazioni per le quali rischia
30 anni di prigione.
Sviluppare
il mercato del lavoro, ridurre la povertà e consolidare la democrazia. Con
questo triplice obiettivo si aprirà stasera il 4° vertice delle Americhe a Mar
del Plata, in Argentina, dove è prevista la presenza di 34 capi governo e di
Stato, tra i quali il presidente americano Bush. Il summit potrebbe essere
un’occasione per rilanciare l’ALCA, il Piano promosso dagli Stati Uniti per la
liberalizzazione del commercio di tutti i Paesi delle Americhe. Uno degli
ostacoli principali per la realizzazione di questo progetto è stato il rifiuto,
da parte dell’amministrazione statunitense, di negoziare l’eliminazione dei
sussidi alla produzione agricola. Il servizio di Maurizio Salvi:
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Mettendo in secondo piano i
problemi domestici e il rompicapo iracheno, Bush è volato in Argentina per
incontrare i colleghi del continente e misurarsi con loro sugli ostacoli
esistenti per la creazione di un’area di libero commercio che si estenda
dall’Alaska alla Terra del Fuoco. Se fosse per Washington, l’ALCA, l’Area di
libero commercio delle Americhe, si dovrebbe fare subito. Anzi, l’ALCA avrebbe
dovuto muovere i primi passi già il primo gennaio di quest’anno. Ma la crisi
scoppiata alla fine dello scorso decennio ed i limiti emersi nel processo di
globalizzazione hanno frenato l’apertura dell’economia in America Latina e
stimolato la nascita di regimi progressisti e populisti che hanno dato priorità
al rafforzamento regionale. Ed è stato proprio il MERCOSUR, guidato da Brasile
e Argentina, che ha opposto, insieme con il Venezuela, le più accese resistenze
all’ALCA voluto dalla Casa Bianca. Contemporaneamente, ispirate dal venezuelano
Hugo Chavez, centinaia di organizzazioni sociali hanno programmato per oggi
manifestazioni e proteste antiamericane. Ma Bush non è presidente che getti la
spugna facilmente, e per questo ha sostenuto che in fondo, a Mar del Plata, non
si decidono problemi vitali. Per lui, il vero dibattito è a Hong Kong, dove a dicembre
si celebra un incontro forse determinante del Doha-Round, nell’ambito
dell’Organizzazione mondiale del Commercio.
Da Mar del Plata, Maurizio
Salvi, ANSA, per la Radio Vaticana.
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In Spagna, la questione del
decentramento catalano è arrivata alle Corte e ha passato il primo esame. Il
Parlamento nazionale ha accettato con 197 voti a favore e 146 contrari, di
prendere in esame il nuovo Statuto della Catalogna. Lo Statuto, che definisce
la regione come una “nazione”, prevede un’autonomia allargata e una più
favorevole gestione delle imposte per i catalani. Intanto, a Madrid, il Tribunale supremo spagnolo ha condannato ad un
anno di prigione Arnaldo Otegi, leader del disciolto Partito basco Batasuna.
Otegi è accusato di gravi ingiurie al re Juan Carlos.
Nuovo focolaio di influenza
aviaria in Cina. Le autorità hanno reso noto che nel nordest del Paese sono
stati trovati 9 mila polli morti, dopo
essere stati probabilmente infettati da uccelli migratori. In Giappone, il
governo farà sopprimere, inoltre, 180.000 polli dopo aver individuato casi sospetti
di influenza aviaria nel nord del Paese, nella zona di Ibaraki.
Con il coro “Francesco è vivo e
sfila qui con noi” è iniziata stamani a Locri, in Calabria, la “Marcia della
speranza”, manifestazione contro la ‘ndrangheta organizzata dai sindaci di
Napoli e Cosenza in risposta alla barbara uccisione del vicepresidente del
Consiglio regionale calabrese, Francesco Fortugno. Alla manifestazione, hanno
preso parte migliaia di persone e davanti al palazzo, dove lo scorso 16 ottobre
è stato ucciso Fortugno, è stato posto uno striscione con scritto: “I giovani
del sud”. Particolarmente rilevante è stata proprio la partecipazione degli
studenti. “Siamo calabresi e ci sentiamo in dovere di essere qui; col silenzio
non si ottiene niente”, ha detto un ragazzo di Soverato.
“Non
sono intimorito, vado avanti nella mia battaglia sulla legalità”. Lo ha dichiarato
il sindaco di Bologna, Sergio Cofferati, all’indomani dell’invio di un picco
esplosivo, a firma degli anarco-insurrezionalisti. “L’azione amministrativa del
Comune - ha detto Cofferati - andrà avanti senza subire condizionamenti da
parte di personaggi violenti”. Il sindaco di Bologna ha anche escluso una
connessione tra il pacco-bomba e la discussione sulla legalità. Intanto, il
ministro dell’Interno, Pisanu, ha confermato che è stato sventato un attentato
contro il presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi. La notizia
del mancato attentato era stata data proprio dal capo di governo italiano.
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