RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 307 - Testo della trasmissione di giovedì 3 novembre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Solo se la scienza rispetta la dignità e la vita dell’uomo il nostro futuro sarà veramente umano. Così, Benedetto XVI  ai parlamentari dell’Unione Cristiano-Sociale della dieta bavarese

 

Ieri sera, Benedetto XVI alle Grotte Vaticane per un momento di preghiera presso le tombe dei Papi. Il Pontefice ha ricordato in particolare  Giovanni Paolo II, a sette mesi dalla morte

 

La fede senza ragione può diventare preda del fondamentalismo. Così il cardinale Paul Poupard presentando il convegno “L’infinito nella scienza, nella filosofia e nella teologia”

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Stasera a Roma, manifestazione contro le dichiarazioni del presidente dell’Iran sulla cancellazione dello Stato d’Israele dalla carta geografica: ce ne parla Alberto Zanconato

 

Etiopia: nuovi scontri ad Addis Abeba. La polizia presidia la città. Intervista con Emilio Manfredi

 

Il rapporto tra Occidente e Islam al centro del “Saturno Film Festival”: con noi, Ernesto G. Laura

 

CHIESA E SOCIETA’:

Lettera aperta dei vescovi dello Sri Lanka per le elezioni presidenziali del 17 novembre

 

Il PAM chiede aiuti immediati per 6 Paesi africani: la carestia colpisce milioni di persone

 

Nelle Filippine, un prete cattolico impegnato a favore dei diritti umani riceve minacce di morte

 

L’ONU pubblica la “lista nera” dei responsabili dei massacri nel Congo-ex Zaire

 

Rispetto al 2004, diminuisce del 25 per cento la produzione di oppio in Myanmar

 

Inaugurato in Nord Uganda un sacrario in ricordo di 2 missionari martiri beatificati nel 2002

 

Ieri a Milano conferenza internazionale dedicata all’Anno mondiale della fisica

 

24 ORE NEL MONDO:

Iraq: 4 civili feriti nel raid aereo americano a nord di Baghdad. Al Qaeda annuncia che ucciderà i due impiegati dell'ambasciata marocchina rapiti giorni fa

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

3 novembre 2005

 

SOLO SE LA SCIENZA E LA TECNICA RISPETTANO L’INVIOLABILE DIGNITA‘ DELL’UOMO

IL NOSTRO FUTURO SARÀ VERAMENTE UMANO.

COSI’ IL PAPA  AI MEMBRI DEL GRUPPO PARLAMENTARE

DELL’UNIONE CRISTIANO-SOCIALE DELLA DIETA BAVARESE

 

Solo se la scienza e la tecnica rispettano “l’inviolabile dignità dell’uomo” e la vita umana in “tutte le sue fasi”, il nostro futuro sarà “veramente umano”. E’ quanto ha detto il Papa ricevendo oggi in Vaticano i membri del Gruppo parlamentare dell’Unione Cristiano-Sociale della Dieta Bavarese,guidati dal leader del partito e presidente del governo regionale della Baviera, Edmund Stoiber. Ce ne parla Sergio Centofanti:

 

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Festoso incontro nella Sala Clementina in Vaticano tra il Papa e i suoi connazionali. Benedetto XVI parla della sua “amata Patria bavarese” dove è nato il 16 aprile di 78 anni fa. La Baviera – ha ricordato il Pontefice -  ha avuto nella sua storia  un legame particolare con la Cattedra di Pietro. E oggi è all’avanguardia nel mondo per quanto riguarda la ricerca, la scienza e la tecnica. Benedetto XVI sottolinea il fatto che in Baviera lo sviluppo tecnologico e scientifico si armonizza con una tradizione culturale e religiosa molto ricca. “E’ proprio in questa armonia – afferma il Papa – che si trova la promessa di un futuro veramente umano”. Le sfide della modernità interpellano infatti i responsabili della politica. “Dal progresso delle scienze – nota Benedetto XVI – possono venire benedizione o rovina”. Diventa dunque fondamentale la scelta di coloro che hanno la responsabilità di decidere se usare in modo giusto o abusare dei progressi tecnologici: “uomini e donne che sono consapevoli della loro responsabilità davanti a Dio, datore di ogni vita,  faranno il loro meglio affinché sia l’inviolabile dignità dell’uomo – la cui vita è sacra in tutte le sue fasi – a determinare il modo di trattare le nuove cognizioni scientifiche”.

 

“Perchè i beni più alti della nostra cultura occidentale siano rispettati e promossi anche in futuro – ha aggiunto il Papa – è naturalmente necessaria un’educazione della gioventù che non tenga conto soltanto della dimensione tecnica ed economica, ma anche di quel patrimonio spirituale caratterizzato dai nomi di Atene, Gerusalemme e Roma”. In questo contesto Benedetto XVI ha menzionato il contributo indispensabile che danno le facoltà teologiche bavaresi alle università del Paese. “Io stesso – ricorda il Papa -  ho avuto l’onore di fare ricerca e di insegnare per alcuni anni come professore di dogmatica alla facoltà teologica dell’Università di Ratisbona”.

 

Infine Benedetto XVI ricorda il periodo in cui è stato arcivescovo di Monaco: “nel cuore della mia città vescovile mai dimenticata” – ha detto – sorge la statua di Maria, Patrona della Baviera. “Maria, la Madre di Dio – ha concluso il Papa – abbia anche in futuro un posto privilegiato nei cuori dei bavaresi”.

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ALTRE UDIENZE

 

Benedetto XVI ha ricevuto stamani il primo gruppo di vescovi dell’Austria in visita ad Limina. La visita dei presuli austriaci si concluderà l’8 novembre prossimo.

 

Nel pomeriggio, Benedetto XVI riceverà in udienza il cardinale Georges Marie Martin Cottier, pro-teologo della Casa Pontificia

 

 

RINUNCIA

        

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Hearst, in Canada, presentata da monsignor André Vallée, della Società per le Missioni Estere della Provincia di Québec, per raggiunti limiti di età.

 

 

IERI SERA, BENEDETTO XVI ALLE GROTTE VATICANE PER

UN MOMENTO DI PREGHIERA PRESSO LE TOMBE DEI PAPI.

IL PONTEFICE HA RICORDATO IN PARTICOLARE IL SUO AMATO

PREDECESSORE, GIOVANNI PAOLO II, A SETTE MESI DALLA MORTE

 

Come annunciato all’Angelus di martedì scorso, festa di Ognissanti, Benedetto XVI si è recato ieri sera alle Grotte Vaticane per pregare presso la tomba di San Pietro e degli altri Pontefici. Un pensiero speciale è stato rivolto dal Papa al suo predecessore, Giovanni Paolo II. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Unendosi spiritualmente a quanti si sono recati nei cimiteri per la commemorazione dei fedeli defunti, Benedetto XVI si è raccolto presso le tombe dei Pontefici. Una visita svoltasi in forma strettamente privata, in un clima di particolare emozione. Ascoltiamo le parole con le quali il Santo Padre ha introdotto il momento di preghiera:

 

“In queste Grotte Vaticane, affidiamo alla misericordia del Padre coloro che qui hanno il loro sepolcro e attendono la risurrezione della carne, in particolare Giovanni Paolo II e gli altri Sommi Pontefici che hanno svolto il servizio di Pastore della Chiesa universale, perché siano partecipi dell’eterna liturgia del cielo”.

 

Già all’udienza generale di ieri mattina, Benedetto XVI aveva ricordato il suo amato predecessore, a sette mesi esatti dalla morte, il 2 aprile scorso. “Nella ricorrenza della sua ordinazione sacerdotale e del suo onomastico – aveva detto il Pontefice ai pellegrini riuniti in piazza San Pietro – rendiamo grazie a Dio per i frutti della vita e del Ministero di questo Servo di Dio”. Proprio un primo novembre, quello del 1946, Giovanni Paolo II veniva ordinato sacerdote. Domani poi, Festa di San Carlo Borromeo, si festeggiava l’onomastico di Papa Karol Wojtyla. Come tutti ricordano, proprio l’allora cardinale Joseph Ratzinger presiedette le esequie di Giovanni Paolo II, l’8 aprile scorso. Un’omelia, quella pronunciata dal futuro Pontefice, il cui ricordo è vivissimo nel cuore di quanti hanno amato Papa Wojtyla:

 

“L’amore di Cristo fu la forza dominante nel nostro amato Santo Padre. Chi lo ha visto pregare, chi lo ha sentito predicare, lo sa. E così, grazie a questo profondo radicamento in Cristo ha potuto portare un peso, che va oltre le forze puramente umane: essere pastore del gregge di Cristo, della sua Chiesa universale”.

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LA FEDE SENZA RAGIONE PUÒ DIVENTARE PREDA DEL FONDAMENTALISMO.

COSÌ IL CARDINALE PAUL POUPARD PRESENTANDO IL CONVEGNO

“L’INFINITO NELLA SCIENZA, NELLA FILOSOFIA E NELLA TEOLOGIA”,

UN’INIZIATIVA DEL PROGETTO STOQ IN PROGRAMMA A NOVEMBRE ALLA LATERANENSE

 

“L’infinito nella scienza, nella filosofia e nella teologia”. E’ il tema del primo congresso internazionale del progetto STOQ,Scienza, teologia e la questione ontologica’, in programma dal 9 all’11 novembre all’Università Lateranense e presentato stamani nella Sala Stampa della Santa Sede. Il convegno, che proporrà un confronto tra scienziati, filosofi e teologi, sarà incentrato sull’Infinito, comune denominatore per un dialogo a 360 gradi tra matematica, cosmologia, antropologia e teologia. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, cardinale Paul Poupard, dopo aver sottolineato l’importanza del dialogo all’interno della Chiesa cattolica tra la cultura scientifica e la cultura della fede, ha spiegato come nel dialogo della Chiesa con il mondo non si tratti solo di trovare una formula che assicuri rapporti di buon vicinato con le scienze, o di denunciare possibili sconfinamenti. “Sappiamo – ha detto il cardinale – dove può condurre una ragione scientifica fine a stessa”, citando la bomba atomica e la clonazione. “Ma siamo anche consapevoli – ha aggiunto – dei pericoli di una religione che recide i suoi vincoli con la ragione e diventa così preda del fondamentalismo”. “I credenti – ha precisato il porporato – hanno l’obbligo di mettersi all’ascolto di ciò che la scienza secolare offre”:

 

“Già ai tempi di Galileo Galilei il cardinale Baronio disse questo aforisma: ‘La Sacra Scrittura non ci insegna come va il cielo, ma come si va al cielo’. Quello che interessa è che l’universo non si è fatto da solo, ma che ha un Creatore. E’ importante per i credenti sapere come la scienza vede le cose per capire meglio. Come avrebbe detto Pascal è una questione di altro ordine”.

 

Durante la conferenza stampa, sono state poi ricordate alcune delle domande che stimoleranno il convegno alla Lateranense: L’universo è finito o infinito nello spazio e nel tempo? L’universo si espande all’infinito? La tesi della potenziale infinità della mente umana è ancora sostenibile, di fronte alle scienze cognitive moderne, per giustificare la libertà e la razionalità delle singole persone? A tali quesiti saranno chiamati a rispondere, fisici, matematici e religiosi analizzando i legami tra scienza, filosofia e teologia. Il progetto Stoq è stato avviato nel 2003, a mille anni esatti dalla morte di uno dei primi pionieri dell’incontro tra scienza e fede nella cristianità medievale, Papa Silvestro II. L’iniziativa, che ha già coinvolto oltre 650 fra studenti e professori provenienti da tutto il mondo, è coordinata dal Prontificio Consiglio della cultura. Il progetto Stoq è stato promosso da tre Università pontificie romane – Lateranense, Gregoriana e Regina Apostolorum – ed è finanziato dalla John Templeton, la più importante realtà privata impegnata nel dialogo tra scienza e religione.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Prima pagina - Iraq: strage per un’autobomba esplosa contro la moschea sciita di Mussayyb

 

Servizio vaticano - Due pagine dedicate al cammino della Chiesa in Italia.

 

Servizio estero - Medio Oriente: reiterate violenze minacciano di sgretolare la tregua nei Territori.

 

Servizio culturale - Un articolo di Paolo Miccoli dal titolo “Tommaso, Agostino e la parola interiore”: un volume dell’“opera omnia” di Bernard Lonergan.

 

Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.  

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

3 novembre 2005

 

MANIFESTAZIONE QUESTA SERA A ROMA PER PROTESTARE CONTRO LE DICHIARAZIONI DEL PRESIDENTE DELL’IRAN SULLA CANCELLAZIONE DELLO STATO D’ISRAELE

- Intervista con Alberto Zanconato -

 

Si inasprisce il confronto politico tra Italia e Iran. Stasera a Roma si preannuncia un’ampia partecipazione alla manifestazione, organizzata dal quotidiano “Il Foglio” di Giuliano Ferrara, davanti all’ambasciata di Teheran per riaffermare il diritto di Israele ad esistere dopo le dichiarazioni del presidente iraniano Ahmadinejad sulla cancellazione di questo Stato dalla carta geografica. Questa sera alle 21.00 scenderanno in strada fianco a fianco leader ed esponenti di partito di entrambe le coalizioni, insieme alla comunità ebraica ed a rappresentanti dei sindacati e della società civile. Ma Teheran come si prepara a rispondere alla fiaccolata di questa sera a Roma? Roberto Piermarini lo ha chiesto al corrispondente dell’ANSA nella capitale iraniana, Alberto Zanconato:

 

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R. – Prima di tutto con una protesta ufficiale ieri l’ambasciatore italiano a Teheran è stato convocato al Ministero degli Esteri, dove gli è stata presentata una nota ufficiale. Il portavoce del Ministero degli Esteri di Teheran ha risposto alle affermazioni del ministro degli Esteri, Fini, che aveva auspicato un rinvio del dossier nucleare iraniano al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per eventuali sanzioni. E altresì ha detto che le affermazioni di Fini sono al di fuori di ogni norma diplomatica, perché fatte in Israele e, in sostanza, sono emanazione della propaganda israeliana. Quindi, questa è la risposta ufficiale.

 

D. – Cosa c’è dietro questa offensiva di Teheran contro Israele?

 

R. – Tutti ovviamente si chiedono perché il presidente Ahmadinejad sia uscito con frasi come queste, che hanno, è vero, sempre rappresentato la posizione ufficiale della Repubblica islamica. Ma ci si chiede perché sia uscito con frasi come queste in un momento in cui l’Iran è sotto i riflettori e sotto la pressione internazionale per il suo programma nucleare. Quello che sembra di capire è che vedendo anche il monito lanciato da Ahmadinejad ai Paesi arabi moderati, perché non riconoscano Israele, l’Iran è preoccupato per l’avanzare del processo di pace in Medio Oriente. E dopo il ritiro israeliano da Gaza, poiché l’Iran è sempre stato contrario ad una soluzione come quella su cui si sta discutendo, e cioè due Stati – palestinese e israeliano – sembra intimorito, sembra reagire alla possibilità che questo piano vada avanti. Il presidente Ahmadinejad ha appunto detto che commetterebbero un crimine quei Paesi islamici che riconoscessero Israele dopo il ritiro da Gaza.

 

D. – Questo atteggiamento contro Israele può essere legato anche al fatto che alcuni elementi del governo di Teheran spingono per la ripresa del programma nucleare iraniano?

 

R-. – Sì, in realtà non hanno mai detto che c’era stata una rinuncia al programma, ma solo una sospensione temporanea. Questo è stato l’atteggiamento di tutti i dirigenti iraniani, non solo di quelli conservatori o ultra conservatori, legati ad Ahmadinejad. Certo è che le prese di posizione di Ahamdinejad in tutti i settori, compreso quello nucleare, fanno pensare ad una svolta intransigente nella politica estera e tra le prove su cui ci si può basare per affermare questo è il fatto che è stato annunciato proprio ieri un vasto rimpasto nei ranghi diplomatici, con la sostituzione di ben 40 ambasciatori, tra i quali  quelli in Francia, Germania e Gran Bretagna, i Paesi con cui l’Iran ha portato avanti trattative sul nucleare per quasi 2 anni. E questi ambasciatori sostituiti sembrano essere per la maggior parte ambasciatori considerati troppo moderati.

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ETIOPIA, NUOVI SCONTRI AD ADDIS ABEBA:

LA POLIZIA PRESIDIA LA CITTÀ

- Con noi, Emilio Manfredi -

 

Sono ancora presidiate dalla polizia le strade della capitale etiopica Addis Abeba, dopo gli incidenti degli ultimi giorni tra oppositori e forze dell'ordine, il cui bilancio è di almeno 37 morti e 200 feriti. L’opposizione accusa il governo del premier Meles Zenawi di aver vinto le elezioni del 15 maggio con i brogli. Nuovi disordini sono stati segnalati anche stamattina, dopo che l’esercito aveva circondato lo stadio della città, dov’erano riunite circa 10 mila persone per la fine del Ramadan. Sulle ragioni dell’escalation di violenza in Etiopia, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente ad Addis Abeba il giornalista free-lance Emilio Manfredi:

 

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R. – Questi scontri nascono da un vecchio problema, che risale almeno a diversi mesi fa. Qui in Etiopia si sono svolte le elezioni generali il 15 maggio. L’opposizione ritiene di avere vinto le consultazioni e ha contestato i risultati forniti dal governo, che continua a detenere la maggioranza assoluta in Parlamento e, dunque, a governare. Lunedì è iniziata una forma di sciopero qui in città, martedì c’è stata la serrata dei negozi, poi sono cominciati dei lanci di pietre contro i militari in assetto antisommossa e la polizia federale. I militari hanno risposto sparando sulla gente: sia su chi manifestava, sia su chi lanciava sassi, sia su chi semplicemente scappava o cercava di rientrare a casa. Ci sono stati i primi morti. Nel pomeriggio è stato arrestato tutto il comitato centrale del partito di opposizione, il CUD. E’ esplosa forte la rabbia della popolazione e altrettanto forte è esplosa la risposta dei militari e della polizia federale del governo di Meles Zenawi.

 

D. – Quanto incide sugli scontri la ripartizione del potere tra le varie etnie?

 

R. – Al momento, al potere c’è una maggioranza di etnia principalmente tigré, mentre i due principali partititi di opposizione hanno una derivazione dall’etnia amhara e dall’etnia oromo. Di certo si può dire che negli ultimi tempi soprattutto, i partiti di opposizione hanno preso molto piede a livello generale nel Paese. Ricordiamo poi che gli oromo e gli amhara sono due componenti assolutamente maggioritarie nella popolazione e invece si trovano ad avere pochissimo potere con questa maggioranza e con questo governo.

 

D. - Sembra riaccendersi la tensione anche con l’Eritrea. Perché?

 

R. – La tensione con l’Eritrea era soltanto sopita e anch’essa attendeva di riesplodere. E’ stato tracciato un confine dopo gli accordi di pace di Algeri del 2000, un confine che prevede che la zona di Bademme appartenga e sia sotto controllo eritreo. In realtà, questo villaggio è ancora occupato da truppe etiopiche. A questo si appoggia il presidente eritreo, Isaias Afeworki, per rivendicare i territori e per dichiarare l’inutilità della presenza e della supervisione delle Nazioni Unite su questa pace raggiunta faticosamente dai due Paesi. Di rimando possiamo dire che entrambi i governi, che in questo momento hanno grosse difficoltà interne, possono avere un buon interesse a confrontarsi con un nemico esterno da presentare alle proprie popolazioni, per cercare di coprire i rispettivi problemi nazionali.

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IL RAPPORTO FRA OCCIDENTE E ISLAM AL CENTRO DEL “SATURNO FILM FESTIVAL”

DI ANAGNI E ALATRI

- Intervista con Ernesto G. Laura -

 

Dedicato al cinema e al documentario storico, nasce il Saturno Film Festival: ospitato nelle cittadine antiche di Anagni e Alatri, da oggi fino a domenica 6 novembre, la piccola rassegna cinematografica vuole essere un invito alla memoria e alla coscienza storica del presente. Il servizio di Luca Pellegrini.

 

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Sceglie di esplorare e discutere due argomenti di grande e sofferta attualità la prima edizione di questo nuovo, piccolo Festival cinematografico: il rapporto fra Occidente e l’Islam e il dialogo tra le culture. In una prospettiva, però di rigore storico, perché ai rapporti tra cinema e storia è dedicata la rassegna. L’originalità del Festival è, infatti, quella di trattare il cinema storico non come “genere”, ma promuovere film in grado di raccontare le trasformazioni del mondo e della realtà, quel cinema capace anche di slancio epico, civile e politico. Dalla storia delle Crociate alla tragedia della Shoah, la rassegna presenta retrospettive e documentari, accompagnati anche da tre tavole rotonde dedicate ai rapporti tra cinema, televisione e storia. Il direttore Ernesto G. Laura, storico e critico del cinema, lo definisce un “festival del tempo”: in quale senso?

 

R. – Il perché è dato dal fatto che un po’ tutti noi ci lamentiamo della perdita di memoria storica nei giovani, in particolare, che hanno spesso orizzonti abbastanza limitati all’esistenza quotidiana. Quindi, utilizzare il cinema per riproporre in modo interessante, ma anche approfondito, quello che è il passato, premessa necessaria per capire il presente e per costruire il futuro. Secondo elemento, perché mentre io non credo ai festival che tentano in piccolo di imitare i grandi festival, sono invece convinto che ci sia uno spazio per tutte quelle manifestazioni che scelgono un tema particolare da cui guardare al pianeta cinema. Cureremo poi anche delle retrospettive, e ci tengo particolarmente a quella su Alessandro Blasetti con “La Corona di ferro”, perché oltre alla storia ci interessa anche il mito, che è in qualche modo un velo che avvolge la storia, ma da cui si possano trarre delle profonde verità. “La Corona di ferro” è un film di pace, per la libertà contro i tiranni, curiosamente realizzato nel 1940, in piena guerra, da un regista di grande statura.

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CHIESA E SOCIETA’

3 novembre 2005

 

“UN PROCESSO DI PACE CHE NON ESCLUDA NESSUN SOGGETTO POLITICO E SOCIALE

E ASSICURI IL BENE DELL’INTERA NAZIONE”: È QUANTO CHIEDONO

I VESCOVI DELLO SRI LANKA, IN UNA LETTERA APERTA DIFFUSA

IN VISTA DELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI DEL PROSSIMO 17 NOVEMBRE

 

COLOMBO. = “No” a un clima di conflitto e di intolleranza; “sì” a un processo di pace che non escluda nessun soggetto politico e sociale e assicuri il bene dell’intera nazione: è l’appello lanciato dai vescovi dello Sri Lanka in una lettera aperta diffusa in vista delle elezioni presidenziali previste nel Paese il prossimo 17 novembre. La Conferenza episcopale esorta i fedeli a considerare i programmi dei candidati alla luce del bene comune, facendo anche attenzione a quanti difendono i diritti e le libertà delle minoranze etniche e religiose. I vescovi notano con preoccupazione il crescente estremismo religioso che si registra nel Paese e invitano tutte le comunità a seguire criteri di tolleranza, dialogo, apertura, ricordando la questione della legge “anti-conversioni” che ha attraversato il dibattito politico lungo tutto il 2005. “Il prossimo mandato presidenziale - si legge nella lettera - sarà determinante per condurre il Paese sulla via della pace. Il capo di Stato dovrà impegnarsi in passi coraggiosi per cercare una soluzione a tale questione nazionale. Deve immediatamente finire il circolo vizioso della violenza che sta distruggendo i territori del Nord e dell’Est del Paese e che sta mettendo in serio pericolo il già fragile accordo di cessate il fuoco”. I vescovi chiedono al nuovo presidente di tenere in considerazione tutti i punti di vista nell’affrontare il processo di pace, costruendo un più ampio consenso politico sul futuro del Paese. Sulla partecipazione dei cristiani alla vita politica, i vescovi ricordano che essa rientra nella doverosa ricerca del bene comune e nella difesa delle libertà e dei diritti fondamentali dell’uomo. (R.M.)

 

 

IL PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE DELL’ONU (PAM) CHIEDE AIUTI IMMEDIATI PER 6 PAESI SUDAFRICANI: LA MORTE PER FAME INCOMBE SU 10 MILIONI DI PERSONE

- A cura di Roberta Moretti -

 

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GINEVRA. = Quasi 10 milioni di persone in 6 paesi dell’Africa meridionale hanno urgentemente bisogno di aiuti alimentari, ma la comunità internazionale non sta rispondendo agli appelli per raccogliere fondi: è quanto ha denunciato ieri, in una conferenza stampa a Ginevra, il Programma alimentare mondiale  dell’ONU (PAM). “I governi hanno il potere finanziario di salvare vite umane nella regione, ma esitano”, ha dichiarato il direttore regionale del PAM, Mike Sackett, lamentando la “ciclica” sparizione dei drammi dell’Africa dalla coscienza internazionale, non appena si allenta l’attenzione sulle diverse crisi umanitarie. “I bambini dell’Africa meridionale – ha aggiunto – hanno invece bisogno di aiuto adesso, prima che i loro corpi emaciati appaiano sugli schermi televisivi”. Non meno di 9,7 milioni di persone in Lesotho, Malawi, Mozambico, Swaziland, Zambia e Zimbabwe necessitano di assistenza alimentare fino ad aprile 2006, data del prossimo raccolto. A causa della siccità, i raccolti sono stati scarsi e la crisi è aggravata dalla povertà endemica e dalla pandemia di AIDS. Il prezzo del mais è esploso, moltiplicandosi fino a 11 volte in alcune regioni dello Zimbabwe. In alcune zone rurali la popolazione ha come unico cibo radici e frutti selvatici e intere famiglie sono morte per intossicazione. “E’ tragico che con tanta ricchezza nel mondo, così poca sia destinata a coloro la cui esistenza ne dipende”, ha concluso il direttore del PAM, riferendosi, in particolare, ai Paesi esportatori di petrolio che non hanno ancora risposto alla richiesta di fondi, nonostante gli introiti record registrati a causa dell’aumento del prezzo del greggio.

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 “SARAI IL PROSSIMO A ESSERE UCCISO”: NELLE FILIPPINE, UN PRETE CATTOLICO

IMPEGNATO A FAVORE DEI DIRITTI UMANI RICEVE MINACCE DI MORTE

DENTRO IL CESTINO DELLE OFFERTE IN CHIESA

 

MANILA. = Biglietti con minacce di morte dentro il cestino delle offerte in chiesa. A riceverli è stato padre Rollie de Leon, parroco della chiesa di Sant’Andrea di Norzagaray, nelle Filippine. Il sacerdote ha raccontato all’agenzia AsiaNews che alla fine della messa di sabato scorso i chierichetti hanno trovato nel cestino delle offerte 4 buste più pesanti del solito e, insospettiti, gliele hanno consegnate. “Quando le ho aperte – ha riferito padre de Leon, anche portavoce di una associazione per i diritti umani – ho visto che ognuna conteneva la stessa minaccia contro la mia persona: Sarai il prossimo a essere ucciso”. Secondo il sacerdote, la frase lascia pensare che il mittente abbia già commesso almeno un altro omicidio. Padre de Leon, intanto, ha già preso misure di precauzione contro possibili attentati: “Ricevere minacce in chiesa – ha commentato – è diverso che riceverle nella propria casa”. Gli abitanti della zona e i parrocchiani hanno condannato le intimidazioni, definendo gli autori “messaggeri di morte”. Norzagaray all’inizio dell’anno è stata teatro dell’assassinio del pastore protestante, Zinnie Monteciko, ucciso fuori dalla sua chiesa. Fonti anonime ritengono che dietro l’omicidio vi siano bande di bracconieri locali, indispettitisi con il pastore per avere più volte denunciato l’abbattimento illegale di alberi nella zona. (R.M.)

 

L’ONU PUBBLICA LA “LISTA NERA” DEI RESPONSABILI DEI MASSACRI

NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO PER IL CONTROLLO DELLE RICCHEZZE. TRA LE RESTRIZIONI IMPOSTE AGLI ACCUSATI, IL DIVIETO DI RECARSI ALL’ESTERO

E IL BLOCCO IMMEDIATO DELLE RISORSE ECONOMICHE

 

KINSHASA. = Ex-comandanti ribelli, capi di fazioni armate foraggiate da Rwanda e Uganda per il controllo delle ricchezze della Repubblica Democratica del Congo, ma anche ex-generali “governativi” e trafficanti di armi: sono una quindicina i destinatari dei provvedimenti restrittivi imposti dall’ONU, che ha reso noto ieri l’elenco di alcuni dei responsabili di massacri e violenze nel Paese. A loro, per la prima volta la comunità internazionale ha imposto il divieto di recarsi all’estero, il blocco immediato di tutte le risorse economiche e ogni azione che possa garantire loro benefici anche indiretti a livello finanziario. Nell’elenco figurano alcuni capi ribelli arrestati nella provincia orientale dell’Ituri, dove in pochi mesi la missione di pace dell’ONU (MONUC) è riuscita a decapitare le principali fazioni armate, colpevoli di stragi di civili, mentre gestivano traffici di oro, coltan e altri minerali. Nella lista compaiono anche i nomi di due “latitanti”, come gli ex-ufficiali dell’esercito congolese, Jules Mutebusi e Laurent Nkunda, che a giugno del 2004 guidarono un gruppo di insorti alla conquista di Bukavu, nel sud Kivu, provocando un’ottantina di vittime civili. Il provvedimento colpisce anche il “dottor” Ignace Murwanashy-Aka, residente in Germania, presidente delle Forze democratiche per la liberazione del Rwanda (FDLR), organizzazione hutu accusata di violenze nell’Est del Congo e “coinvolta – si legge nella lista preparata da un apposito comitato del Consiglio di sicurezza ONU – in traffico di armi in violazione dell’embargo”. E ancora, Douglas Mpano, dirigente della compagnia aerea “Grandi Laghi”, “i cui velivoli – è scritto – sono stati usati per garantire assistenza ai gruppi ribelli”. Nella “lista nera” compare anche l’ugandese, James Nyakuni, a conferma del ruolo di questo Paese nei traffici di armi a favore di gruppi ribelli congolesi. La guerra del 1998-2003, dovuta soprattuto al saccheggio sistematico delle risorse dell’ex-Zaire, ha provocato non meno di 2 milioni e mezzo di vittime, anche per fame e malattie. Nell’Est del Congo l’insicurezza dura tuttora: malgrado 15 mila ribelli disarmati in Ituri, la MONUC non riesce a impedire violenze nelle province del Nord e Sud Kivu. (R.M.)

 

 

RISPETTO AL 2004, DIMINUISCE DEL 25 PER CENTO LA PRODUZIONE DI OPPIO

IN MYANMAR: LO RIFERISCE L’UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE CONTRO LA DROGA

E IL CRIMINE (UNODC) NEL SUO RAPPORTO ANNUALE

 

VIENNA. = Il Rapporto 2005 dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC) sulla produzione di oppio in Myanmar (ex Birmania), riferisce di un calo di oltre il 25 per cento rispetto al 2004. Nel Paese, uno dei principali produttori al mondo, secondo solo all’Afghanistan, le aree di coltivazione dell’oppio sono passate dai 44.200 ettari dello scorso anno agli attuali 32.800. E c’è una riduzione pari al 26 per cento del numero delle famiglie coinvolte in questa attività. Nonostante la notizia sia stata accolta con estrema soddisfazione dall’Ufficio dell’ONU, cautele sono state espresse dal suo direttore esecutivo, Antonio Maria Costa, preoccupato di eventuali ripercussioni sulle persone che da sempre vivono dei proventi ricavati dal commercio dell’oppio. Secondo Costa, i piccoli coltivatori e le loro famiglie rischiano infatti di perdere quella disponibilità economica necessaria per accedere ai pubblici servizi e, in particolare, per scampare a una situazione insostenibile di povertà. Per questo motivo – sostiene il direttore dell’UNODC – non è possibile pensare di poter combattere il narco-traffico con misure che si traducano poi in veri e propri “disastri umanitari”. Costa invita quindi la comunità internazionale ad “avere la saggezza di combattere droga e povertà contemporaneamente, eliminando le cause e gli effetti di due problemi concatenati”.  (A.R)

 

 

INAUGURATO IN NORD UGANDA UN SACRARIO IN RICORDO DEI 2 MISSIONARI MARTIRI, DAVIDE OKELLO E GILDO IRWA,

PROCLAMATI BEATI DA GIOVANNI PAOLO II NEL 2002

 

KAMPALA. = Nei giorni scorsi, mons. John Baptist Odama, arcivescovo di Gulu, in Uganda, ha celebrato, nel distretto di Pader, l’inaugurazione di un sacrario, per ricordare il martirio dei missionari nordugandesi, Davide Okello e Gildo Irwa. I due erano stati proclamati beati da Giovanni Paolo II il 20 ottobre del 2002, perché testimoni esemplari di un difficile lavoro di evangelizzazione nel Paese. Giunti nel 1915 nella zona Acholi di Kitgum, nel Nord Uganda, i missionari si trovarono fatalmente coinvolti nelle lotte intestine sollevate da gruppi di rivoltosi locali, per contrastare sia l’avanzata dei colonizzatori britannici, sia l’attività missionaria dei cristiani. Furono barbaramente uccisi da due guerriglieri locali, rispettivamente a 18 e 14 anni, fra il 18 e il 20 ottobre del 1918. Le testimonianze raccolte dopo la loro morte descrivono il martirio dei due giovani, che hanno volontariamente rinunciato alla vita in nome della fede, piuttosto che cedere alle pressioni dei loro assassini. A tre anni dalla fondazione della missione comboniana di Kitgum, monsignor Odama ricorda il venerabile gesto di Davide e Gildo, significativo per un popolo da tempo coinvolto in un atroce conflitto interetnico. Dal 1986, i ribelli dell’Esercito di Liberazione del Signore conducono una campagna di violenza e di terrore nel Nord del Paese, con l’obiettivo di rovesciare il governo centrale. Il presule ha condannato la guerra civile in atto, nella convinzione “che il perdono e la riconciliazione siano l’unica strada giusta per la pace”.  (A.R.)

 

 

“L’UNICO USO AMMESSO DELLA SCIENZA È A BENEFICIO E A SERVIZIO DELL’UOMO”:

COSI’, IL PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE MONDIALE DEGLI SCIENZIATI,

PROF. ANTONINO ZICHICHI, INTERVENENDO IERI A MILANO AD UNA CONFERENZA

INTERNAZIONALE DEDICATA AL 2005, ANNO MONDIALE DELLA FISICA

- A cura di Fabio Brenna -

 

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MILANO. = Il 2005 è stato dichiarato anno mondiale della fisica. Cento anni fa gli scritti di un impiegato dell’Ufficio Brevetti di Berna, Albert Einstein, rivoluzionarono le teorie sulla natura e sulle sue leggi. Il Prof.Antonino Zichichi, presidente della federazione mondiale degli scienziati, ha ripercorso allora questo secolo mutato dalle scoperte di Einstein, nel corso di una conferenza  con la quale la Fondazione Europea Dragàn e il centro Unesco di Milano hanno voluto contribuire alle celebrazioni del 2005 quale anno mondiale della fisica. Zichichi ha espresso un ottimismo di fondo nell’approccio attuale con la scienza. “Non si rifletterà mai abbastanza – ha osservato lo scienziato – su come la fine della guerra fredda abbia sconfitto il pericolo di una guerra nucleare che avrebbe potuto distruggere il mondo”. Zichichi ha quindi sottolineato i progressi ottenuti dalla scienza, che si sta avviando a comprendere le leggi fondamentali della natura e i componenti della materia. Questo progressivo avvicinamento al centro del sapere “dimostra che non siamo figli del caos”, ha aggiunto Zichichi. Ultimo passaggio del suo lungo ed appassionato intervento, il problema sempre attuale di quale uso fare delle scoperte scientifiche. Zichichi su ciò è stato categorico: “L’unico uso ammesso è a beneficio e a servizio dell’uomo, per promuovere la pace, per cui bisogna vigilare sugli usi distorti imposti dalla tecnica e dalla politica”. Un impegno, questo, sottoscritto da 10 mila scienziati di tutto il mondo e contenuto nel Manifesto di Erice, promosso nel 1982 proprio da Zichichi.

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24 ORE NEL MONDO

3 novembre 2005

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

A Jenin, in Cisgiordania, è in condizioni gravissime un ragazzino palestinese di 13 anni colpito dal fuoco delle truppe israeliane nell’operazione organizzata per catturare i membri della Jihad accusati di essere mandanti dell'attacco
kamikaze del 26 ottobre, costato la vita a 5 israeliani. Ieri il ministro della Difesa israeliano, Shaul Mofaz, a Washington aveva detto che Israele è pronta a riprendere il dialogo per la pace con il presidente dell’ANP, Abu Mazen, non appena verranno smantellati i gruppi terroristici.

 

Il presidente siriano, Bashar al-Assad, ha ordinato ieri il rilascio di 190 detenuti politici. La decisione giunge in un momento particolarmente delicato per Damasco. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha, infatti, approvato, nei giorni scorsi, la risoluzione 1636, in cui ha ingiunto alla Siria di “cooperare pienamente” alle indagini ONU sull’uccisione dell’ex premier libanese, Rafik Hariri.

 

Quattro civili sono stati feriti oggi all'alba durante un raid aereo americano contro obiettivi a nord di Baghdad. Intanto, al Qaeda in Iraq fa sapere di aver deciso di giustiziare i due impiegati  dell'ambasciata marocchina rapiti circa dieci giorni fa. Sono le notizie della mattina dopo l’ennesima giornata di sangue di ieri e mentre negli Stati Uniti e anche in Italia resta in primo piano la vicenda Niger-gate. Il nostro servizio:

 

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Un’altra strage di sciiti e un’altra volta di fronte a una moschea nella cittadina di Mussayb, a 55 km. a sud di Baghdad. Almeno 20 i  morti nell’attentato fatto  alla vigilia dell’Id al-Fitr, la festività islamica che segna la fine del Rama-dan. E sempre a sud della capitale è morto ieri  il colonnello William Wood colpito mentre cercava di  soccorrere un capitano: è l’ufficiale americano di più alto grado ad  essere stato ucciso in Iraq da quando è cominciata la guerra. Di soldati USA ieri ne sono morti 4 in tre episodi separati. Tra questi la caduta di un elicottero nei pressi di Ramadi che – poi si è avuta conferma – è stato abbattuto da elementi della  guerriglia. E mentre non si placa la violenza nel Paese del Golfo, la presidenza Bush è sempre alle prese con il Cia-gate legato al Niger-gate, il caso del falso dossier sull’acquisto di uranio dal Niger da parte dell’Iraq di Saddam Hussein. Il caso ha chiamato in causa anche l’Italia, o meglio il SISMI. Ma l’intelligence militare si dichiara estraneo ai fatti: afferma di non aver avuto alcun ruolo nel confezionare il dossier né tantomeno di averlo consegnato o  accreditato presso la CIA. Oggi il direttore dell’intelligence militare, Nicolò Pollari ed il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti, Gianni Letta, riferiranno al Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti (COPACO). E l’audizione di oggi sembra molto attesa anche negli Stati Uniti, dove il presidente George W. Bush è nell’occhio del ciclone proprio per l’opera di disinformazione fatta per giustificare l’intervento militare in Iraq. Per seguire le dichiarazioni di oggi nel Parlamento italiano si sono accreditati giornalisti di diversi media americani, dal New York Times alla CNN, dal Los Angeles Times al Wall Street Journal ad ABC News.

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Tra imponenti misure di sicurezza, ma anche dopo l’annuncio di forti proteste di piazza anti-statunitensi, arriva oggi a Mar del Plata, in Argentina, il presidente George Bush, che prenderà parte al IV Vertice delle Americhe, con oltre 30 capi di Stato. Il servizio è di Maurizio Salvi:

 

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A quasi 11 anni dall’annuncio fatto dal presidente Bill Clinton a Miami della creazione sul continente americano di una grande area di libero commercio, le prospettive di questo progetto restano ancora totalmente incerte. La situazione per Washington è delicata al punto che lo stesso George Bush, che arriva oggi in Argentina per il quarto vertice delle Americhe, ha dovuto rinunciare all’idea di forzare i 33 Paesi latino-americani ed aderirvi a tutti i costi. Dal 1994 infatti il clima nel continente è profondamente mutato con il consolidamento di una serie di governi progressisti o populisti che si rifiutano di abbattere le barriere doganali, senza prima chiarire a fondo le regole del gioco, e sfruttando anche il fatto che gli Stati Uniti nel conflitto iracheno, il Brasile di Lula, e ancor più il Venezuela di Chavez, hanno criticato il progetto dell’area di libero commercio delle Americhe, l’Alca, chiedendo per poter avanzare nel dialogo più concessioni e, prima fra tutte, l’annullamento dei sussidi agli agricoltori statunitensi.

 

Da Mar del Plata, Maurizio Salvi, Ansa, per la Radio Vaticana.

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Settima notte consecutiva di guerriglia urbana alla periferia nord-orientale di Parigi abitata soprattutto da minoranze nord-africane. Bande di giovani hanno inscenato violenti tumulti, provocando ingenti danni. Le violenze, a stento arginate dalla polizia, si sono scatenate giovedì scorso, dopo la morte di due minori che cercavano di sfuggire alla polizia. Da Parigi, Francesca Pierantozzi:

 

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Non è bastato l’appello alla calma del presidente Jacques Chirac, né i toni più comprensivi del governo per far scendere la tensione nelle periferie a nord di Parigi. Il bilancio è ancora una volta grave: almeno un centinaio le auto bruciate, 15 gli arresti, un posto di polizia preso d’assalto, vetrine in frantumi. Alcuni giovani a viso coperto hanno sparato contro gli   agenti della polizia, proiettili veri, questa volta, non solo sassi. Non c’è stato nessun ferito, ma la calma sembra ancora lontana. Durante la notte il ministro dell’interno Nicola Sarkosi, da più parti criticato per la sua politica del pugno di ferro e per le sue dichiarazioni poco pacificatrici, si è recato al centro dipartimentale di pubblica sicurezza per presiedere una riunione con i responsabili delle forze dell’ordine. La situazione è tornata più o meno alla normalità intorno alle 3. In mattinata a Palazzo Martignon, sede del governo, si è tenuta una riunione sulla situazione nei quartieri in rivolta, presente anche Sarkozi. Intanto si attendono i risultati dell’inchiesta sulla morte giovedì scorso di due adolescenti rimasti folgorati in una cabina elettrica, probabilmente mentre cercavano di sfuggire alla polizia. E’ da questo episodio che è cominciata la rivolta.

 

Francesca Pierantozzi, da Parigi, per la Radio Vaticana.

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Il processo contro 13 uomini, sospettati di appartenere al Gruppo islamico combattente marocchino (GICM), un movimento terrorista che si ritiene legato agli attentati di Madrid del marzo 2004 e di Casablanca del maggio 2003, si è aperto questa mattina a Bruxelles e, come previsto, dopo alcune questioni di carattere procedurale, le udienze sono state aggiornate al 16 novembre prossimo.  Tra gli accusati, in maggioranza marocchini, figura anche Youssef Belhadj, sospettato dalla giustizia spagnola di essere l'autore del video di rivendicazione degli attentati di Madrid.

E con gli attentato di Madrid e Londra sembra essere in relazione anche la notizia che giunge dal Pakistan: un presunto militante di al Qaeda è stato ucciso e un altro è stato arrestato nel  corso di una sparatoria avvenuta a Quetta. Il ministro pachistano dell’Informazione, Sheik  Rashid Ahmed,  ha detto che lo scontro a fuoco è avvenuto  martedì e che l’uomo catturato è sospettato di essere il  siriano Mustafa Setmariam Nasar coinvolto negli attentati in Spagna e Gran Bretagna. Sul siriano, già ricercato a livello  internazionale e conosciuto anche con il nome di Abu Musab al  Suri, “grava una taglia di cinque milioni di dollari”, ha  detto un dirigente governativo.

 

Intanto, continua a crescere, in modo drammatico, il bilancio delle vittime del terremoto che lo scorso 8 ottobre ha colpito il Pakistan. L’ultima stima, ancora provvisoria, parla di oltre 73 mila morti e 69 mila feriti, che si aggiungono alle 1.300 vittime nel Kashmir indiano. Cresce l’attesa, intanto, in vista della Conferenza dei Paesi donatori, che si svolgerà il prossimo 19 novembre.

 

Tre bambini indonesiani, tutti al di sotto dei cinque anni, sono  stati ricoverati in un ospedale di Giakarta per sintomi di influenza  aviaria. Lo ha riferito il ministro della sanità indonesiano,  Siti Fadillah Supari. I piccoli, ha detto l’esponente del  governo, mostrano tutti i segni del virus dei polli, ma ancora  mancano i risultati definitivi del test effettuato su di loro

 

In Thailandia una testa senza corpo è stata trovata stamane nel villaggio di Talogapo nella provincia meridionale di  Pattani, al confine con  la Malaysia. Altre due persone sono morte nell'esplosione di una  bomba nella vicina città  di Narathiwat.

 

Riprenderanno il 9 novembre prossimo i colloqui a sei sulla crisi nucleare nella penisola coreana. Ad annunciarlo un portavoce del ministero degli Esteri di Pechino secondo cui l'appuntamento definirà i criteri di applicazione dell’intesa raggiunta il 19 settembre scorso. L’incontro segue di quasi due mesi l'apertura di Pyongyang a smantellare il proprio programma nucleare in cambio di aiuti e di migliori rapporti con Washington e Tokyo.

 

 

 

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