RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 306- Testo della trasmissione di mercoledì 2 novembre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il mistero della morte al centro della catechesi del Papa  nel giorno in cui la Chiesa fa memoria di tutti i fedeli defunti. Un appello per le famiglie numerose

 

Mai più un orrore come l’Olocausto: così l’arcivescovo Migliore all’ONU, che ha approvato una giornata di commemorazione. L’Osservatore permanente della Santa Sede è intervenuto anche sul rapporto dell’Agenzia per i rifugiati palestinesi

 

La vita eterna è un istante eterno di unione con Dio: così, il cardinale Camillo Ruini, alla celebrazione ieri della Santa Messa per i defunti al Verano

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Baraccopoli, township, bidonville: sul problema dell’affollamento nelle grandi città, il Rapporto del programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani: intervista con Cesare Ottolini


“La città diversamente abile”: le sfide che i disabili affrontano ogni giorno al centro di un  Convegno promosso nei giorni scorsi a Roma: con noi, Luigina Di Liegro e Lucio Babolin

 

30 anni fa veniva barbaramente ucciso l’intellettuale, scrittore, regista Pier Paolo Pasolini, figura complessa e anche discussa ma senz’altro significativa nel panorama culturale italiano del secolo scorso: ai nostri microfoni padre Virgilio Fantuzzi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Nella diocesi di Baotou, in Cina, consacrata una nuova chiesa capace di accogliere 600 fedeli

 

In Ucraina la famiglia salesiana gestirà con lo spirito di don Bosco un liceo della città di Lviv

 

Il sito internet di Asianews, l’agenzia di stampa del Pime, compie due anni

 

In Cina un dissidente è stato rilasciato in agosto dopo aver trascorso 13 anni di detenzione in un ospedale psichiatrico militare

 

In Marocco 71 immigrati in sciopero della fame chiedono asilo politico alle autorità locali

 

24 ORE NEL MONDO:

Protesta dell’Iran contro il governo italiano per la manifestazione di domani in favore di Israele. A Teheran, esplodono due bombe vicino ad uffici di società britanniche

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

2 novembre 2005

 

NEL GIORNO DELLA COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI, L’INVITO DI BENEDETTO XVI

A RIFLETTERE SUL MISTERO DELLA MORTE, “PIU’ CHE UNA FINE UNA NUOVA NASCITA”.

IN CHIUSURA DELL’UDIENZA GENERALE APPELLO DEL PAPA ALLE AUTORITA’

DELLO STATO PERCHE’ SOSTENGANO LE FAMIGLIE NUMEROSE

 

Il mistero della morte e la scelta di vivere da uomini giusti, al centro della catechesi del Papa, stamane all’udienza generale, nel giorno in cui la Chiesa fa memoria di tutti i fedeli defunti. Tra gli oltre 20 mila pellegrini raccolti in Piazza San Pietro, sotto un insolito sole caldo novembrino, 2500 rappresentanti dell’Associazione nazionale famiglie numerose, a Roma per il loro primo Convegno. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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Dopo la festa dei Santi ieri, la commemorazione oggi dei defunti, “i nostri cari scomparsi”, volgendo il pensiero – ha detto Benedetto XVI - al mistero della morte, comune eredità di tutti gli uomini”, “più che una fine” “una nuova nascita”.

 

“Illuminati dalla fede, guardiamo all’enigma umano della morte con serenità e speranza”.

 

Cosi come sanno fare gli uomini “giusti”, di cui parla il Salmo 111, “i quali temono il Signore”, ovvero “con fiducia e amore” sono docili ai suoi comandamenti, dove trovano “gioia e pace”, “armonia interiore ed esteriore”. Ma chi è giusto? “Chi ha scelto – secondo il Salmista - di seguire la via di una condotta moralmente ineccepibile, contro ogni alternativa di illusorio successo ottenuto attraverso l’ingiustizia e l’immoralità”. E “cuore di questa fedeltà alla Parola divina” è “la carità”. Richiamandosi alle Sacre Scritture, Benedetto XVI ha descritto i giusti, caritatevoli  “verso i poveri e i bisognosi”, generosi “verso i fratelli in necessità” capaci di concedere prestiti “senza cadere nell’infamia dell’usura che annienta la vita dei miseri”, schierati “dalla parte degli emarginati” “con aiuti abbondanti”. Mentre ingiusto è chi possiede solo per se stesso e malvagi sono coloro che assistono al successo dei giusti “rodendosi di rabbia e di invidia”.

        

"Dio ama chi dona con gioia", chi gode nel donare e non semina scarsamente, per non raccogliere allo stesso modo, ma condivide senza rammarichi e distinzioni e dolore, e questo è autentico far del bene.”

 

In chiusura dell’udienza il saluto particolare del Papa alle famiglie numerose riunite in associazione, occasione di richiamare “la centralità della famiglia, cellula fondante della società, - ha sottolineato Benedetto XVI - luogo primario di accoglienza e di servizio alla vita”.

 

“Nell’odierno contesto sociale, i nuclei familiari con tanti figli costituiscono una testimonianza di fede, di coraggio e di ottimismo, perché senza figli non c’è futuro! Auspico che vengano ulteriormente promossi adeguati interventi sociali e legislativi a tutela e a sostegno delle famiglie più numerose, che costituiscono una ricchezza e una speranza per l’intero Paese”.

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Ed oggi nel pomeriggio Benedetto XVI, unendosi spiritualmente a quanti si recano nei cimiteri, si raccoglierà in preghiera nelle Grotte Vaticane presso le tombe dei Papi. Rivolgerà un pensiero particolare all’amato Giovanni Paolo II, cosi come ha anticipato ieri all’Angelus. La visita avverrà alle ore 18.00, in forma strettamente privata. In questi giorni, in particolare, la tomba di papa Wojtyla è meta di una processione incessante di fedeli: almeno 20 mila pellegrini ogni giorno. Ma con quale spirito i fedeli vivono questo pellegrinaggio in occasione della Commemorazione dei defunti? Roberta Moretti lo ha chiesto ad alcuni di loro riuniti stamani in Piazza San Pietro:

 

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R. – Venire adesso è stato un ringraziamento per me e ho raccomandato a lui la mia famiglia e tutti quelli cui voglio bene.

 

R. – Con uno spirito di ammirazione, sicuramente per un uomo che ha donato la sua vita al prossimo.

 

R. – Con tanta emozione e con tanta gioia. Mi sono soffermata lì per una ventina di minuti perché penso che per noi ragazzi sia il minimo omaggiarlo in questo modo per quello che lui ha fatto per noi e per l’amore che ci ha dato.

 

R. – Un’emozione fortissima, ho la pelle d’oca. Spero che ci aiuti tutti.

 

R. – Sicuramente era una gioia perché era ed è un grande uomo, e poi, un’emo-zione fortissima. Comunque, lo vedo ogni giorno, perché è sempre nel mio cuore!

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MAI PIU’ UN ORRORE COME L’OLOCAUSTO:

COSI’ L’ARCIVESCOVO CELESTINO MIGLIORE AL PALAZZO DI VETRO,

DOVE IERI E’ STATA APPROVATA

LA GIORNATA DI COMMEMORAZIONE DELL’OLOCAUSTO.

L’OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO L’ONU

E’ INTERVENUTO ANCHE SULLA SITUAZIONE IN TERRA SANTA

 

“In ogni Stato la memoria dell’Olocausto venga preservata quale impegno per evitare alle future generazioni un tale orrore”: così, l’arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede all’ONU, ha salutato l’approvazione, ieri sera, da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, della giornata di commemorazione dell’Olocausto, che verrà osservata il 27 gennaio. Sempre ieri, mons. Migliore è intervenuto sul rapporto dell’Agenzia ONU per i rifugiati palestinesi, ribadendo la necessità della coesistenza di due Stati sovrani quale via per ottenere la pace tra israeliani e palestinesi. Sui passaggi chiave dei due discorsi, il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“L’Olocausto ci serva da ammonimento a non lasciar nascere ideologie che giustificano il disprezzo della dignità umana sulla base della razza, del colore della pelle, della lingua o della religione”: è il forte richiamo di mons. Celestino Migliore, che nel suo discorso al Palazzo di Vetro ha sottolineato come nonostante l’orrore dell’Olocausto, il secolo scorso sia stato testimone di genocidi, pulizia etnica ed uccisioni di massa. “Bisogna rafforzare il nostro comune impegno – ha esortato il presule – affinché, avendo dato un nome a questo crimine, le nazioni del mondo siano capaci di riconoscerlo per ciò che è e prevenirlo in futuro”. “Chiedere perdono – ha aggiunto – aiuta a purificare la memoria”. Ricordare la Shoah ci offre un’occasione “per individuare le avvisaglie di un possibile genocidio e impedire che avvenga; ci consente di prendere per tempo azioni decise per superare ingiustizie sociali e internazionali di ogni genere”. Mons. Migliore ha quindi concluso il suo discorso ricordando la storica visita di Giovanni Paolo II al mausoleo Yad Vashem di Gerusalemme, nel marzo del 2000.

 

Sempre ieri, l’Osservatore vaticano è intervenuto sul rapporto dell’Agenzia dell’Onu per i Rifugiati palestinesi. Mons. Migliore ha messo l’accento sulle crescenti difficoltà in cui vivono i palestinesi di fede cristiana, “a volte guardati con sospetto dagli stessi vicini”, costretti a vivere in una condizione di isolamento. Quindi, soffermandosi sulla costruzione della barriera di sicurezza israeliana, ha espresso preoccupazione per le conseguenze sulla vita dei palestinesi. La Santa Sede – ha spiegato – “riconosce il diritto di ogni popolo di vivere in pace e sicurezza; d’altra parte, è convinta che la Terra Santa abbia più bisogno di ponti che di muri”. Il presule ha ribadito che è tempo di lavorare per la “nascita di due Stati, uno accanto all’altro, che si rispettino vicendevolmente”. Troppe sono state le vittime innocenti, ha detto mons. Migliore: “solo con una pace duratura e negoziata” saranno “legittimate le aspirazioni di tutti i popoli della Terra Santa”. Negoziati – ha detto ancora – che possano risolvere anche la questione dello status della città santa di Gerusalemme. L’arcivescovo Migliore ha così concluso con l’auspicio di Benedetto XVI, affinché Gerusalemme possa un giorno essere “la casa dell’armonia e della pace” per tutti i credenti.

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LA VITA ETERNA NON È UN TEMPO NOIOSO CHE NON FINISCE MAI,

MA UN ISTANTE ETERNO DI UNIONE CON DIO E DI PARTECIPAZIONE

ALLA SUA ETERNA PIENEZZA DI VITA: COSI’, IL VICARIO PER LA DIOCESI DI ROMA,

CARDINALE CAMILLO RUINI, CHE HA CELEBRATO IERI, NEL CIMITERO DEL VERANO,

LA SANTA MESSA PER I DEFUNTI

 

Sotto un cielo plumbeo e alla presenza di centinaia di fedeli, il vicario del Papa per la diocesi di Roma, cardinale Camillo Ruini, ha presieduto ieri pomeriggio, nel Cimitero monumentale del Verano, la tradizionale Messa in suffragio dei defunti. Celebrazioni eucaristiche hanno avuto luogo contemporaneamente anche nei cimiteri di Prima Porta e Ostia Antica, officiate rispettivamente da mons. Enzo Dieci, vescovo ausiliare per il Settore Nord, e da mons. Paolo Schiavon, ausiliare per il Settore Sud. Il servizio di Roberta Moretti:

 

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(musica)      

 

Nella solennità di tutti i Santi e alla vigilia del giorno in cui la Chiesa celebra la Commemorazione dei defunti, la diocesi di Roma si è stretta attorno a coloro che sono già nella Casa del Padre. Dal palco allestito all’ingresso del Cimitero del Verano, dove riposano oltre 1 milione di defunti, il cardinale Ruini ha invitato i fedeli a fare memoria dei propri cari e a pregare per loro attraverso l’intercessione del “numero grande dei Santi, che – ha spiegato il porporato – dà il senso alla fecondità della Croce e della Risurrezione di Cristo”. Prendendo spunto dalla prima Lettera di San Giovanni Apostolo, il cardinale Ruini ha sottolineato poi come la Vita Eterna non sia un “lungo tempo noioso che non finisce mai”, ma un “istante eterno” di “unione con Dio” e di “partecipazione alla Sua eterna pienezza di Vita”:

 

“La pienezza della felicità, della gioia, della conoscenza, dell’amore e della vita; la pienezza della bellezza. – direi - La pienezza di tutto ciò di cui in questa vita abbiamo soltanto qualche presentimento, qualche ombra”.

 

Ed è l’amore descritto nel Vangelo delle Beatitudini, secondo il porporato, a indicarci la strada per arrivare a questo traguardo di pienezza. Un amore incarnato anche dall’amatissimo Papa Giovanni Paolo II, “che ha superato la soglia della speranza” e che “adesso, nel mistero di Dio, è vicino a noi, ci benedice, ci illumina, ci protegge”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina l’udienza generale.

 

Servizio vaticano – All’Angelus Benedetto XVI ha sottolineato che nella comunione dei Santi una spirituale solidarietà unisce i fedeli defunti a quanti sono pellegrini nel mondo.  

 

Servizio estero – L’intervento del cardinale Paul Poupard, capo della Delegazione della Santa Sede, a Faro, in Portogallo, in occasione del 50.mo anniversario della Convenzione Culturale Europea: “Costruire una città degna dell’uomo”.

ONU: il 27 gennaio sarà la Giornata della memoria della Shoà.

 

Servizio culturale - Un articolo di Gaetano Vallini dal titolo “Noi non rimarremo in silenzio”: il recente film “La rosa bianca-Sophie Scholl” ripropone un’intensa pagina di storia.

 

Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

2 novembre 2005

 

BARACCOPOLI, TOWNSHIP, BIDONVILLE: SUL PROBLEMA DELL’AFFOLLAMENTO

NELLE GRANDI CITTÀ, IL RAPPORTO DEL PROGRAMMA DELLONU

PER GLI INSEDIAMENTI UMANI
- Intervista con Cesare Ottolini -

 

Baraccopoli, township, bidonville: cresce nel mondo il problema dell’affollamento nelle grandi città. Nel 2004, per la prima volta nella storia dell’uomo, la popolazione urbana globale ha superato quella rurale e continua a registrare una costante crescita. Secondo un nuovo rapporto del Programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani, i governi dovrebbero costruire circa 95 mila alloggi al giorno per far fronte alla crisi urbana del prossimo futuro e alla prospettiva di mega-baraccopoli. Andrea Cocco ne ha parlato con Cesare Ottolini, coordinatore dell’Associazione Internazionale degli Abitanti, che in questi giorni ha lanciato in tutto il mondo la  Campagna “Sfratti zero”:

 

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R. – Bisogna fare i conti con la densità e bisogna fare i conti con la limitatezza dello spazio. E per questo motivo far stare tutte queste persone dentro le città è una sfida del XXI secolo. Purtroppo, gli obiettivi del millennio non stanno sul punto di  essere realizzati e questo è un dato molto grave. Si parlava di migliorare le condizioni abitative di almeno 100 milioni di persone entro il 2020. In realtà, entro la stessa data, ci saranno 700 milioni di male alloggiati o senzatetto.

 

D. – Quali sono i principali problemi che riguardano le baraccopoli bidonville?

 

R. – Sono la mancanza di risorse; governi che non guardano agli interessi delle popolazioni locali; investimenti stranieri che pensano solamente al proprio tornaconto. Quando si sviluppano progetti di grandi sbarramenti idroelettrici, si fanno passare delle autostrade dentro le città e non si tiene conto delle popolazioni che abitano nel luogo.

 

D. – Quindi, di questo passo si andrà verso non solo l’aumento della popolazione urbana nelle aree periferiche, ma anche il peggioramento sostanziale delle loro condizioni di vita? 

 

R. – Il relatore speciale delle Nazioni Unite sull’alloggio sta parlando apertamente di crescita dell’apartheid dell’alloggio. Significa che moltissime persone - siamo a oltre un miliardo su sei miliardi - non possono accedere ad una vita tranquilla, in un’abitazione degna di tale nome. Il fatto stesso che ci siano queste persone significa che non ci sono state delle risposte. O meglio, le risposte spesso sono state date al contrario. 

 

D. – Quali sono le prossime iniziative programmate dalle associazioni internazionali sul problema delle abitazioni?

 

R. – “Sfratti zero” è uno slogan lanciato durante il Forum sociale mondiale. La cosa importante è che probabilmente per la prima volta tutte le associazioni si stanno unendo per avere una sola voce a livello globale, perché il problema è globale e non può essere risolto solamente a livello locale.

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“LA CITTA’ DIVERSAMENTE ABILE”: E’ IL TITOLO DEL CONVEGNO PROMOSSO

DALLA FONDAZIONE DON LUIGI DI LIEGRO, NEI GIORNI SCORSI A ROMA,

PER RIFLETTERE SULLE SFIDE CHE I DISABILI AFFRONTANO OGNI GIORNO

- Con noi, Luigina Di Liegro e Lucio Babolin -

 

“La città diversamente abile”: è il titolo del convegno sulla disabilità organizzato, nei giorni scorsi a Roma, dalla Fondazione internazionale don Luigi Di Liegro. Obiettivo: una riflessione sulle sfide sociali, culturali e ambientali che i disabili devono affrontare ogni giorno. Ascoltiamo il servizio di Isabella Piro:

 

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I disabili e la città: un rapporto conflittuale, che si scontra con ostacoli fisici, come le barriere architettoniche, ma anche morali, come i pregiudizi. Per cercare di superare queste difficoltà, è nato il convegno “La città diversamente abile”, organizzato dalla fondazione internazionale don Luigi Di Liegro, primo direttore della Caritas diocesana, scomparso il 12 ottobre 1997. Ma cosa significa oggi essere disabili? Ci risponde Luigina Di Liegro, nipote di don Luigi:

 

“Significa avere un problema in più, però non significa non essere una persona importante come una qualsiasi persona che voglia integrarsi e che voglia anche vivere una vita piena”.

 

La solidarietà non è un vago sentimento di compassione, ma nasce dal degrado morale e culturale provocato dalla legge del più forte, diceva don Di Liegro. Ecco come lo ricorda Lucio Babolin, presidente del Coordinamento nazionale “Comunità di accoglienza”:

 

“Una persona che aveva ben presente il fatto che la grande storia si fa con le piccole storie delle persone; una persona molto attenta alle questioni concrete e operative: questo è ciò che affascinava di lui, oltre alla grande capacità di comunicazione e di relazione umana, che è l’altro aspetto importante del suo essere uomo prima ancora che sacerdote”.

 

25 milioni: tanti sono i disabili oggi nell’Unione Europea. Un numero che nasconde storie di disagi e sofferenze. Come migliorare la situazione?

 

“Credo che sia necessario tornare a mettere questo problema al centro dell’attenzione, in particolare evidenziando alcuni aspetti: quello, per esempio, dell’istruzione e quindi dell’accesso alla conoscenza, al lavoro, alla partecipazione. Nonostante i grandi proclami, queste persone sono ancora ai margini!”.

 

I disabili sono risorse culturali e umane della società. E da loro possiamo sempre imparare qualcosa di nuovo, conclude Luigina Di Liegro:

 

“Loro ci insegnano tutto: ci insegnano il coraggio, ci insegnano la pazienza, ci insegnano l’amore. L’amore vero”.

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30 ANNI FA VENIVA BARBARAMENTE UCCISO L’INTELLETTUALE,

 SCRITTORE, REGISTA PIER PAOLO PASOLINI,

FIGURA COMPLESSA E ANCHE DISCUSSA MA SENZ’ALTRO SIGNIFICATIVA

 NEL PANORAMA CULTURALE ITALIANO DEL SECOLO SCORSO

- Con noi padre Virgilio Fantuzzi -

 

La notte tra l'1 e il 2 novembre 1975 veniva ucciso Pier Paolo Pasolini. Trent'anni dopo il Comune di Roma, per ricordare l'intellettuale friulano, ha realizzato un nuovo  monumento all'idroscalo di Ostia, nel luogo in cui venne trovato il suo cadavere barbaramente massacrato. La capitale italiana, dove Pasolini scelse di vivere a partire dal 1949, ha organizzato  una rassegna di momenti di arte, cinema, teatro e  occasioni di dibattito. Sulla figura di Pier Paolo Pasolini, complessa e anche discussa ma senz’altro significativa nel panorama culturale italiano del secolo scorso, ascoltiamo il servizio di Luca Pellegrini:

 

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Chi davvero morì in quella tragica notte di trent’anni fa ad Ostia? Cultura, società e politica ancora si domandano chi fu davvero Pier Paolo Pasolini, sospeso tra i versi della poesia, il romanzo popolare, il saggio letterario ed il cinema di onirica visione, religiosa passione o turpe degrado. Esempio di un’indomabile, patriottica coscienza ancora traumatizzata dagli echi della guerra e delle violenze, figlio fedelissimo della sua terra e di una madre cui non esitò ad affidare il ruolo di Maria nel suo Vangelo cinematografico, non privo di ispirazione religiosa. In fondo un ribelle alle convenzioni, alle imposizioni e ad ogni tipo di fariseismo pratico, Pasolini fu testimone non muto, ma eloquentissimo, di un’Italia problematica, non scevra di ingiustizie, di vite ai margini e violente, vite povere e disperate, una Italia che rimaneva indifferente a queste critiche taglienti e sofferte sollevate da un artista indomito e, pur nelle sue tante contraddizioni, coraggioso. Pasolini, non un martire laico, ma un laico profeta il cui pensiero e dubbio non sono stati travolti né dal tempo impietoso né da una morte orribile. Ma l’opera di Pier Paolo Pasolini continua oggi a provocare la cultura e l’arte italiane? Risponde, al microfono di Fabio Colagrande, padre Virgilio Fantuzzi, critico cinematografico di “Civiltà Cattolica”:

 

R. – Lui stesso, Pasolini, è stato una figura di opposizione. Lo ricordano in tanti - immagino - perché questo mondo ha bisogno di qualcuno che dica che le cose, come stanno, non vanno bene. Pasolini considerava la figura di Gesù, in particolare, Gesù di Matteo, come una figura di opposizione, un grande contestatore nei confronti di una società che si avvia verso un futuro contrassegnato dal cinismo, sul rapporto tra gli uomini, nel rapporto tra le nazioni. Sono contento che sia ricordato da tanti e spero che questo ricordo possa fare del bene.

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CHIESA E SOCIETA’

2 novembre 2005

 

 

nelLa diocesi di BAOTOU, in cina, consacrata una nuova chiesa capace di

accogliere 600 fedeli. costruita in soli due mesi rappresenta

la realizzazione di un sogno per la comunita’ locale

 

BAOTOU. = Nella provincia cinese della Mongolia Interna, ieri è stata consacrata una nuova chiesa per i fedeli di un villaggio della diocesi di Baotou. La solenne Eucaristia è stata concelebrata da 8 sacerdoti. Più di 600 i fedeli che, assieme alle suore ed ai seminaristi, hanno partecipato al festoso rito. Dopo due anni di lavori, la prima chiesa nella zona venne inaugurata nel 1906, per rispondere alle esigenze pastorali della popolazione nomade. Successivamente, nel 1925, con l’aumento dei fedeli fu necessario costruire una nuova chiesa che diventò il centro dell’evangelizzazione locale. Dopo diversi disastri naturali e la guerra, tuttavia, questa struttura era ormai diventata troppo vecchia e pericolante. Da qui la necessità di abbatterla e ricostruirla. La nuova chiesa è, dunque, la realizzazione di un grande desiderio che i fedeli hanno nutrito per lungo tempo. Quando infatti i sacerdoti lanciarono l’idea, la notizia fu accolta con entusiasmo. Così ognuno ha dato quello che poteva: offerte in denaro, materiale edilizio, ore di lavoro. Sacerdoti e fedeli si sono improvvisati muratori sotto il sole bollente della steppa, ultimando la costruzione in soli due mesi. La nuova chiesa è lunga 20 metri, larga 10, con un campanile di 16 metri e può accogliere più di 600 fedeli, quasi tutta la comunità. Secondo il “Manuale della Chiesa in Cina” dell’He Bei Faith Press, pubblicato nel 2002, il Vangelo è arrivato nella steppa nel 1724, attraverso i missionari dell’Istituto per le Missioni Estere di Parigi (MEP), i Lazzaristi (CM) ed i missionari di Scheut (CICM). Oggi la comunità cattolica di Baotou conta circa 40 mila fedeli, con 7 sacerdoti e 14 suore. (A. M.)

 

 

In ucraina, La famiglia salesiana gestirà con lo spirito di don bosco

un liceo della città di lviv

 

LVIV. = In Ucraina, l’arcivescovato di Lviv ha affidato il Liceo “Klementii Scheptyzki” alla comunità salesiana presente nella città. Per l’occasione, la celebrazione eucaristica é stata presieduta da mons. Igor Vozniak, amministratore dell’arcieparchia di Lviv. Oltre a vari esponenti della famiglia salesiana, presenti all’avvenimento anche benefattori, genitori e allievi. I salesiani hanno espresso la loro soddisfazione nell’assumere la guida, nello stile di don Bosco, di un’opera che è già famosa e che ha dato numerose vocazioni. Un segnale importante, questo, indicatore della fiducia che la Chiesa locale nutre nei confronti della famiglia salesiana e, in particolare, della Congregazione di Don Bosco. (E. B.)

 

condividere le sofferenze di chi è in prigione per la fede e gridare per quanti sono imbavagliati da regimi totalitari. questo lo spirito del sito

internet “AsiaNews”, l’agenzia di stampa del Pime, che compie due anni

 

ROMA. = Il sito d’informazione www.asianews.it, grazie a missionari e corrispondenti, è orientato a registrare la testimonianza cristiana in Asia. Una testimonianza minoritaria ma molto ricca di insegnamenti per le Chiese del resto del mondo. Il bollettino mensile, nato nel 1986 per opera di padre Piero Gheddo, continua a circolare ancora oggi ed è consultato da migliaia di esperti ed università. Il passaggio ad un sito web, costantemente aggiornato, si è dimostrato fruttuoso anzitutto per le cifre. Dal 2003 ad oggi, infatti, i contatti mensili sono passati da 150 mila a circa 4 milioni e 500 mila. E sono diversi i media che riprendono e diffondono le notizie di AsiaNews: dalla BBC al Times, dal South China Morning Post al Washington Times, al National Catholic Register, fino ad “Avvenire”. Vi è poi una collaborazione quotidiana con i siti cattolici e protestanti, quali Catholic World News, Zenit, ICN, Christians Today, Christian Monitor, ecc. “Nel panorama dei media di oggi – scrive un lettore italiano - AsiaNews riesce a coniugare una forte identità cristiana col desiderio di incontro e confronto con l’altro”. I lettori provengono in effetti da diverse culture e parti del mondo: la percentuale più alta dagli Stati Uniti (30%), ma anche dall’Italia e dall’Europa. “Apprezzamenti – afferma il direttore, padre Bernardo Cervellera - giungono anche da Vietnam, Malaysia, India, Libano, Pakistan e Cina”. Un cattolico cinese afferma che, grazie ad AsiaNews, i cristiani del suo Paese si trovano davanti ad una fonte autorevole, che parla loro del Papa, della Chiesa nel mondo, della persecuzione che i fedeli subiscono: questo “ci sta unendo sempre di più”. Nel mondo globalizzato, che offre fiumi di informazione, ma poca solidarietà, AsiaNews si distingue. “Per noi – conclude padre Cervellera - informare significa anche condividere le sofferenze di chi è in prigione per la fede, sostenere chi vive tragedie naturali, gridare per coloro la cui voce è imbavagliata da regimi totalitari”. (E. B.)

 

 

in cina Un dissidente è stato rilasciato in agosto dopo aver trascorso 13 anni di detenzione in un ospedale psichiatrico militare. Lo ha reso noto l’organizzazione internazionale Human Rights Watch

 

PECHINO. = Wang Wanxing, un lavoratore residente a Pechino, era stato arrestato il 3 giugno 1992 perché, in occasione del terzo anniversario del massacro di Tiananmen, cercò di esporre sulla piazza un cartello con cui chiedeva al Partito comunista di rivedere il giudizio sul movimento democratico. Dopo l’arresto, il 56.enne Wang, era stato rinchiuso nell’Ankang Hospital, struttura psichiatrica gestita dalla pubblica sicurezza, dove i medici lo hanno ricoverato per “sintomi paranoici”. Era “lucido e mentalmente stabile”, invece, secondo la famiglia ed altri osservatori indipendenti che lo hanno visitato. Secondo l’organizzazione internazionale Human Rights Watch (HRW), Wang è stato liberato in agosto subito dopo la visita in Cina di Louise Harbour, commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Dopo la scarcerazione è stato messo su un aereo per Francoforte, in Germania, dove ha incontrato la moglie e la figlia. Prima del rilascio la pubblica sicurezza avrebbe avvertito Wang di non parlare con nessuno del suo periodo di detenzione: in caso contrario sarebbe stato immediatamente riportato in ospedale. “Il rilascio di Wang è una buona notizia – scrive in un documento Brad Adams, direttore di HRW per l’Asia – ma sottolinea la situazione di migliaia di dissidenti chiusi in ospedali psichiatrici senza ragione”. “E’ arrivato il momento per i leader cinesi – prosegue – di decidere che la strada per la modernizzazione passa anche attraverso l’abolizione di pratiche barbare come l’uso di trattamenti e farmaci psichiatrici per persone che hanno opinioni politiche diverse dalle loro”. Il dissidente ha descritto infatti alcuni dottori ed infermieri come brave persone, mentre altri come sadici. Wang afferma inoltre che il personale medico usava l’elettroshock per trattare i casi più difficili, obbligando gli altri internati ad assistere alle cure-torture. In quel braccio dell’ospedale “la diffusa violenza fra pazienti – scrive ancora HRW, citando le testimonianze del dissidente – era terrificante. Molto spesso Wang ha dovuto passare la notte insonne per prevenire attacchi improvvisi”. (E.B.)

 

 

in marocco, 71 immigrati in sciopero della fame

chiedono asilo politico alle autorità locali

 

RABAT. = Un gruppo di richiedenti asilo, detenuti in una struttura militare in Marocco, sono da domenica scorsa in sciopero della fame. L’obiettivo è di attirare l’attenzione delle autorità e costringere così l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) a concedere loro asilo politico. Lo hanno riferito fonti della stessa agenzia dell’ONU, precisando che i richiedenti asilo provengono da Costa d’Avorio, Congo, Liberia, Sierra Leone, India e Bangladesh. Tutti si trovano all’interno del campo militare marocchino di Guelmin, in qualità di immigrati illegali. I 71 clandestini avrebbero iniziato a non mangiare anche per protestare contro le pessime condizioni in cui si trovano nel centro di detenzione dell’esercito. I funzionari dell’ACNUR in Marocco affermano, tuttavia, di aver consegnato da tempo alle autorità marocchine una lista contenente i nomi di 85 persone a cui sarebbe stato concesso lo status di richiedente asilo. Alcuni di questi “potrebbero” essere proprio all’interno del campo di Guelmin. (E. B.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

2 novembre 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Dopo le esternazioni del presidente Ahmadinejad, secondo il quale “Israele deve essere cancellato dalla carta geografica”, la situazione in Iran è sempre più tesa: due ordigni artigianali di bassa potenza sono esplosi di fronte agli uffici di due compagnie britanniche a Teheran. Fortunatamente, la deflagrazione non ha causato vittime. Il nostro servizio:

 

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Il governo iraniano ha concesso agli ispettori nucleari delle Nazioni Unite l’accesso ad un impianto militare di alta sicurezza nel quadro degli sforzi destinati ad evitare il deferimento all’ONU. L’esecutivo di Teheran ha annunciato, inoltre, la sostituzione del suo ambasciatore a Londra, considerato un riformista favorevole a più stretti legami con l’Occidente. Il provvedimento si inserisce in una profonda riorganizzazione del corpo diplomatico iraniano che, secondo la stampa della Repubblica islamica, dovrebbe anche prevedere la sostituzione degli ambasciatori in Francia e in Germania. Intanto l’ambasciatore italiano in Iran, Roberto Toscano, è stato convocato dal ministero degli Esteri per ricevere una nota ufficiale di protesta per la manifestazione di domani a Roma, alla quale Teheran risponderà con una contromanifestazione davanti all’ambasciata italiana. In Iran continuano, infine, le celebrazioni organizzate dalle autorità per ricordare il 25.mo anniversario dell’occupazione dell’ambasciata americana. Nel 1979 gli studenti appartenenti al gruppo dei Pasdaran, i Guardiani della Rivoluzione, hanno tenuto in ostaggio 53 diplomatici e impiegati dell’ambasciata per 444 giorni. Da allora, Stati Uniti e Iran non intrattengono più relazioni diplomatiche.

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Sull’attuale corso della politica estera iraniana, segnata dalle durissime dichiarazioni del presidente Ahmadinejad contro Israele, ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco, l’iranista ed ex rettore dell’Università Orientale di Napoli, Adriano Rossi:

 

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R. – Bisogna vivere in Iran per capire il livello di eccezionalità di queste esternazioni. Io penso che questo sia un punto molto importante: credo che la comunità internazionale per vari motivi, non interni ma esterni, abbia accentuato il peso dichiarazioni che vengono fatte molto spesso contro il sionismo in Iran e, devo dire, anche in altri Paesi dell’area araba. Queste dichiarazioni sono state rilasciate in una ricorrenza nella quale, tutti gli anni, si ha una particolare focalizzazione intorno al tema della lotta contro il sionismo.

 

D. – La linea dura iraniana nasce anche da una debolezza nella politica interna?

 

R. – Sì, probabilmente l’attuale presidente è più debole di quanto non sia apparso inizialmente a noi. Con varie fazioni, partiti, sono in atto scontri politici tra diverse linee. La linea di questo presidente è una linea populistica, si appoggia molto sui giovani delle periferie. Quindi, è possibile che stia organizzando una qualche forma di neo khomeinismo. Naturalmente, bisogna vedere come la comunità internazionale voglia percepire questo tipo di cose che stanno succedendo da vari mesi.

 

D. – Le pressioni dell’Iran e le esternazioni contro Israele seguono le pressioni sull’Iran per il programma nucleare di Teheran. C’è una relazione?

 

R. – Probabilmente sì. Qui c’è anche un gioco tra l’Unione Europea, che ha avuto sempre posizioni di apertura nei confronti della volontà di dialogo dell’Iran e ora invece sta prendendo una posizione che appare, anche da dentro l’Iran, molto rigida. Quindi, è chiaro che l’Iran percepisca apparentemente la posizione dell’Europa sul nucleare, ma potrebbero esserci anche discorsi strategici di più vasta portata e la percepisca come una questione in irrigidimento. Speriamo che l’Europa mantenga i nervi saldi come ha già fatto in varie altre circostanze, essendo ferma nei punti in cui occorre essere fermi, ma mantenendo quella flessibilità che ha permesso finora di avere rapporti molto civili con una cultura come quella dell’Iran, che è un grandissimo Paese. Quindi, rompere i rapporti per episodi, che non si capisce bene come si incastrino dentro reali strategie internazionali, sarebbe un errore certamente da parte dell’Europa e dell’Italia. Se quello dell’attuale presidente fosse un neo khomeinismo, certamente ha usato sempre molto il mezzo della mobilitazione di piazza. E’ uno dei modi tradizionali di fare politica in Iran, anche molto prima dell’epoca islamica, prima dell’epoca dello scià, della rivoluzione democratica di inizio ‘900.

 

D. – Come si devono giudicare le manifestazioni di questi giorni a Teheran?

 

R. - L’Iran è un Paese di grandi passioni politiche, che in qualche modo, con molte differenziazioni può ricordare l’Italia. Molti dei Paesi arabi non hanno conosciuto, invece, una mobilitazione, una costruzione, una passione politica che arrivi a livelli popolari così capillari. E’ consueto vedere scendere un milione di persone in piazza a Teheran.

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Dopo l’approvazione della risoluzione ONU 1636, con la quale il Consiglio di Sicurezza ha chiesto al governo di Damasco di collaborare “pienamente” all'inchiesta internazionale sull'assassinio dell'ex premier libanese, Rafik Hariri, ieri, alcune centinaia di persone hanno manifestato davanti all’ambasciata americana a Damasco. E un sito web privato siriano ha lanciato una raccolta di firme da inviare al Palazzo di Vetro in segno di protesta contro le pressioni internazionali sul governo della Siria.

 

Ancora violenze in Iraq: almeno cinque civili e sei soldati iracheni sono morti per due diversi attentati dinamitardi avvenuti stamani a Baghdad. Alla periferia di Ramadi, due marines americani sono rimasti uccisi, inoltre, per lo schianto dell’elicottero sul quale viaggiavano. Intanto, le difficoltà americane nel Paese del Golfo fanno crescere le tensioni politiche a Washington. La minoranza democratica ha bloccato i lavori al Senato per costringere i colleghi repubblicani ad aprire un dibattito sulle informazioni di intelligence che hanno giustificato l’intervento militare in Iraq.

 

Il terremoto dello scorso 8 ottobre nel nord del Pakistan ha provocato oltre 73 mila morti e 69 mila feriti, secondo l’ultimo bilancio ufficiale fornito dal responsabile delle operazioni di soccorso. La stessa fonte ha rinnovato l’appello alla comunità internazionale perché invii al più presto “medicinali e vaccini contro il tetano e altre malattie”.

 

Nel Regno Unito, il ministro britannico del Lavoro, David Blunkett, accusato di conflitto di interessi dai conservatori, si è dimesso. Lo ha comunicato l'ufficio del primo ministro, Tony Blair. Il ministro a maggio ha intestato ai figli il 3 per cento delle azioni dell’impresa “Dna Bioscience”, al centro delle polemiche.

 

Un invito alla calma è stato lanciato dal presidente francese Chirac, dopo il dilagarsi degli scontri tra giovani e polizia in diversi sobborghi parigini, abitati in maggioranza da immigrati. “La legge deve essere applicata nello spirito del rispetto e del dialogo”, ha detto Chirac, nel suo primo intervento dall’inizio dei disordini. La notte scorsa sono state date alle fiamme oltre 60 auto. A far scattare le violenze, una settimana fa, la morte di due ragazzi fulminati in una centralina elettrica mentre fuggivano inseguiti dalla polizia.

 

L’annuncio della vittoria alle presidenziali di domenica di Amani Abeid Karume, capo dello Stato di Zanzibar, ha provocato scontri di piazza. L’isola dell’Oceano Indiano, meta turistica internazionale, gode di uno status di semi-autonomia dalla Tanzanìa. Il servizio di Giulio Albanese:

 

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Le forze di sicurezza dello Zanzibar hanno ucciso cinque sostenitori dell’opposizione in una serie di proteste post-elettorali nell’isola di Bemba, che fa parte dell’arcipelago nell’Oceano Indiano. L’accusa viene da un portavoce del Fronte civico unico, la formazione politica che rivendica la vittoria alle urne, il quale ha spiegato che le uccisioni sarebbero avvenute in due distinte località. Al momento, la polizia non ha rilasciato commenti ma pare che oltre a queste vittime, secondo fonti della società civile, abbiano perso la vita anche quattro agenti, il che significa che complessivamente sarebbero morte, nelle scorse ore, almeno nove persone. La consultazione elettorale, svoltasi domenica tra incidenti, accuse e brogli, ha innescato una situazione di grande tensione, scontri violenti tra opposizione e filo-governativi. Intanto, è giunta notizia che il partito al governo avrebbe vinto le elezioni di domenica e Karume sarebbe stato confermato presidente con il 53,2 per cento dei consensi: lo ha annunciato il presidente della Commissione elettorale, precisando che l’avversario di Karume, il candidato del Fronte civico, avrebbe ottenuto solo il 46,1 per cento dei voti.

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