RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
151 - Testo della trasmissione di martedì 31 maggio 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Appello delle
Nazioni Unite per i profughi rwandesi
Inaugurazione oggi
a Florida, in Uruguay, dei nuovi studi centrali di Radio Maria
Quattro militari italiani morti: erano a bordo dell’elicottero precipitato stanotte a sud-est di Nassiriya
De Villepin nuovo primo
ministro in Francia, dopo il ‘no’ alla Costituzione europea
In Russia: condannato a nove anni di prigione, il
fondatore del gruppo petrolifero Yukos
31
maggio 2005
IN SERATA, LA CHIUSURA DEL MESE DI MAGGIO CON LA
RECITA DEL ROSARIO
NEI GIARDINI VATICANI, ALLA PRESENZA DEL PAPA
- Intervista con l’arcivescovo Angelo Comastri -
Con il
Papa davanti all’immagine di Lourdes, in Vaticano. Si concluderà così, questa
sera, ultimo giorno di maggio, il mese mariano per eccellenza. Lungo i viali e
i giardini del Vaticano, con inizio alle ore 20.00, verrà recitato il Rosario
insieme ai fedeli che vorranno partecipare, con partenza dalla Chiesa di Santo
Stefano e sosta davanti alla riproduzione della celebre Grotta di Lourdes.
Principale organizzatore dell’appuntamento ormai tradizionale è l’arcivescovo
Angelo Comastri, vicario del Papa per la Città del Vaticano. A lui Giovanni
Peduto ha chiesto in che modo il mese di maggio 2005 si inserisca nel contesto
dell’Anno dedicato all’Eucaristia:
**********
R. – Giovanni Paolo II, nella Lettera
“La Chiesa vive di Eucaristia”, ha chiamato la Madonna “donna eucaristica”,
perché la Madonna è colei che ha creduto alle parole dette dal Signore. In ogni
Eucaristia noi abbiamo la consegna di una parola: “Questo è il mio Corpo,
questo è il mio Sangue”. Noi abbiamo bisogno di imparare la fede da Maria, per
accostarci all’Eucaristia con il cuore aperto, in modo che l’Eucaristia porti
in noi i frutti che portò Gesù nella vita di Maria.
D. – Maggio è terminato ma non
per questo bisogna smettere di pregare con Maria soprattutto recitando il
Rosario, una preghiera semplice e ricchissima, un “compendio del Vangelo” come
lo definiva Giovanni Paolo II...
R. - Io credo che il Rosario sia
per la famiglia cristiana uno degli appuntamenti più belli. Io ricordo la mia
infanzia quando nella mia famiglia il babbo e la mamma, la sorella, il nonno ci
raccoglievano intorno al focolare: dicevamo il Rosario. Quei momenti, dopo
tanti anni ancora mi ritornano alla memoria, dandomi oggi, come allora, la
percezione bella di una famiglia unita: era la preghiera che ci univa, era la
preghiera che risanava tutto. Racconto un piccolo particolare: ricordo che una
sera babbo e mamma avevano avuto una piccola discussione che era diventata
anche piuttosto animata, e noi figli soffrivamo per questa tensione tra babbo e
mamma. Poi terminò la cena e ci raccogliemmo intorno al focolare per recitare
il Rosario. Durante il Rosario io vidi rasserenarsi il volto di mamma e di
babbo e al termine del Rosario si strinsero le mani. Quel momento ancora lo
ricordo come un’esperienza straordinaria: un miracolo del Rosario.
D. – L’ecumenismo passa ora
anche attraverso Maria: anglicani e cattolici hanno da poco elaborato un
documento congiunto in cui si sono accorti di essere molto vicini per quanto riguarda
la devozione mariana…
R. – Ne sono convinto. Ciò che
può unire gli anglicani ed i cattolici è guardare insieme nella Scrittura e
riscoprire attraverso la Scrittura la presenza di Maria nella storia della
salvezza. Alcuni anni fa, ebbi un incontro con Max Thurian, già cattolico, già
sacerdote, e ricordo che mi confidò: “Mi ero allontanato da Maria proprio
partendo dalla Scrittura. Ma leggendo serenamente la Scrittura mi sono
riavvicinato a Maria, perché nel Vangelo c’è Maria”. E’ il Vangelo che ci parla
di Maria e guardando tutti insieme, anglicani e cattolici, alla Scrittura,
possiamo ritrovare il ruolo di Maria. Basterebbe partire dalle parole
dell’Annunciazione, “l’Angelo Gabriele fu mandato da Dio”: dove? Da Maria. E’
Dio che ha voluto questo capolavoro, è Dio che ha voluto questa presenza. Nella
misura in cui ci facciamo ascoltatori della Parola di Dio, noi ritroviamo Maria
sulla strada della nostra fede.
D. – Eccellenza, come ha inteso
organizzare la cerimonia di questa sera?
R. –
Celebreremo il Rosario. Partiremo dalla Chiesa di Santo Stefano e pregando il
Santo Rosario, percorreremo i viali della Città del Vaticano. Già questo
camminare insieme, lungo i viali del Vaticano, sarà una bella testimonianza di
fede ed una specie di metafora della vita, perché la vita è un cammino, un
viaggio. Il 31 maggio è il giorno in cui la Chiesa ricorda Maria che corre
dalla casa di Nazareth alla casa di Elisabetta. Dopo aver detto ‘sì’ al Signore
e quindi dopo aver accolto Gesù nel suo cuore, Maria non può stare a casa sua,
sente il bisogno di andare nella casa di un’altra per mettersi a disposizione,
per servire. Noi vogliamo, a conclusione del mese di maggio, fissare lo sguardo
su Maria, che esce dalla casa di Nazareth, per uscire anche noi dalle nostre case,
camminare nelle nostre strade, con il cuore pieno di amore, in modo che chi ci
incontra ci domandi, come accadde a Madre Teresa: “Perché fai così?”. E allora
noi potremmo rispondere: “Perché me lo ha insegnato il mio Dio che si chiama
amore”.
**********
Ricordiamo
che la nostra emittente seguirà in radiocronaca diretta, a partire dalle ore
20.00, la cerimonia di chiusura del mese mariano dai Giardini Vaticani, con
commento in italiano per la zona di Roma sui 585 kHz dell’onda media e i 105
MHz della modulazione di frequenza.
LOTTARE CONTRO LE MALATTIE IN AFRICA, UN
IMPERATIVO PER LA CHIESA LOCALE:
IL MESSAGGIO DI BENEDETTO XVI ALLA CONFERENZA
INTERNAZIONALE
DEI VESCOVI DELL’AFRICA FRANCOFONA E LUSOFONA SUI
PROBLEMI DELLA SALUTE
- A cura di Padre Joseph Ballong -
Servire i malati in Africa è una
delle principali missioni di solidarietà della Chiesa del continente. E’
Benedetto XVI a sottolineare questo aspetto in un messaggio ai presuli riuniti
a Cotonou, nel Benin, per la Conferenza internazionale dei vescovi dell’Africa
francofona e lusofona sui temi della salute. Ce ne parla il nostro inviato,
padre Joseph Ballong:
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Nel messaggio inviato a firma
all’arcivescovo Leonardo Sandri, sostituto della segreteria di Stato, e letto
dal vicepresidente della Conferenza episcopale regionale per l’Africa
dell’Ovest francofona, l’arcivescovo di Bamako, nel Mali, Jean Zerbo, il Papa
incoraggia vivamente a continuare negli sforzi intrapresi per rinforzare sul
continente africano le strutture e i programmi sanitari al servizio dei malati,
in collaborazione sempre più ampia tra tutti. Il Pontefice invita in
particolare i cristiani impegnati nei servizi sanitari a rinnovare la loro
adesione a Cristo, Redentore dell’uomo, il cui volto si manifesta nel volto di
ogni persona che soffre. “E’ il Cristo morto e risorto per la salvezza
integrale dell’uomo e di tutti gli uomini – scrive Benedetto XVI - che la
Chiesa trova la fonte del suo ministero di guarigione e che si trova la
speranza della salute vera e divina, la vera guarigione dell’uomo”. Evocando
l’anno consacrato all’Eucaristia, il Papa auspica che tale Sacramento,
espressione dell’amore di Dio per gli uomini, stimoli ognuno di noi “ad
impegnarsi con azioni fraterne a lottare contro ogni forma di malattia che
travaglia l’uomo e la società di oggi”, perché “è così che saranno riconosciuti
i veri discepoli di Cristo”.
Durante la Messa seguita alla
seduta inaugurale, il nunzio apostolico nel Benin e nel Togo, mons. Pierre Nguyên Van Tot che ha anche presieduto la
concelebrazione, ha sottolineato nell’omelia che la Chiesa in Africa è chiamata
a testimoniare con particolare attenzione agli emarginati della società, la
presenza di Dio che ama tutti gli uomini senza distinzione. Il nunzio
apostolico ha chiesto soprattutto di pregare per i togolesi che sono fuggiti
davanti alle violenze nel loro Paese, trovando accoglienza nel Benin e nel
Ghana, e di pregare perché questo Paese dell’Africa occidentale ritrovi la pace
e la concordia.
La seduta di apertura della
Conferenza si è svolta alla presenza del ministro della Sanità del Benin, la
signora Dorothée Kinde-Gazard, e dei rappresentanti del corpo diplomatico e
consolare, oltre che di organizzazioni internazionali. I diversi interventi di
questa sessione hanno sottolineato soprattutto l’importanza del tema all’ordine
del giorno e il ministro della Sanità del Benin ha espresso la gratitudine del
governo del suo Paese per l’impegno importante della Chiesa locale nel campo
sanitario.
**********
MOTU
PROPRIO DI BENEDETTO XVI PER UN
RINNOVATO ESERCIZIO
DEL CULTO NELLA BASILICA DI
SAN PAOLO FUORI LE MURA.
MONS. ANDREA CORDERO LANZA DI MONTEZEMOLO
NOMINATO DAL PAPA ARCIPRETE DELLA BASILICA
- A cura di Alessandro Gisotti
-
Benedetto XVI ha emanato oggi con il Motu
Proprio “L’antica e venerabile Basilica” nuove norme per un rinnovato
esercizio del culto nella Basilica Pontificia di San Paolo fuori le Mura. In
conformità a quanto stabilito, il Santo Padre ha nominato arciprete della
Basilica mons. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, arcivescovo titolare di
Tuscania. “L’Apostolo delle Genti – scrive
il Papa nel documento – illumini e protegga quanti svolgono le loro mansioni
nella Basilica a lui dedicata e conceda aiuto e conforto a tutti i fedeli ed ai
pellegrini che invocano la sua protezione sul proprio cammino di santificazione
e sull’impegno della Chiesa, per la diffusione del Vangelo nel mondo
contemporaneo”.
La
Basilica di San Paolo fuori le Mura - constata il Papa nel Motu Proprio - “ha sempre avuto una peculiare
importanza nella storia della cristianità, insieme con le altre tre Basiliche
Maggiori di Roma, meta di numerosi pellegrinaggi, particolarmente in occasione
degli Anni Santi”. Il Pontefice ricorda dunque che accanto alla Basilica di San
Paolo esiste da tredici secoli la prestigiosa omonima Abbazia dei Monaci
Benedettini”. Tutta l’area, con il Trattato Lateranense del 1929, gode di uno
specifico status giuridico, secondo le norme di diritto internazionale.
Benedetto XVI spiega che l’emanazione del Motu Proprio serve a “chiarire
o definire i principali aspetti della gestione pastorale e amministrativa del
complesso di San Paolo fuori le Mura”, che il Santo Padre conferma come “ente
canonico con personalità giuridica pubblica”. E stabilisce che, come nel caso delle
altre tre Basiliche Maggiori, vi sia preposto un arciprete nominato dal Romano
Pontefice.
“In tempi
recenti – afferma ancora – la Santa Sede ha dimostrato particolare interesse
nel promuovere nella Basilica, o nell’ambito dell’Abbazia, lo svolgimento di
speciali eventi di carattere ecumenico”. Sarà quindi compito dei monaci - avverte il Papa - “organizzare, coordinare e
sviluppare tali programmi, con l’aiuto anche di confratelli Benedettini di
altre Abbazie ed in accordo con il Pontificio Consiglio per la Promozione
dell’Unità dei Cristiani”.
“L’Arciprete
– si legge ancora nel documento pontificio – eserciterà la giurisdizione
ordinaria ed immediata”, avrà un suo Vicario per la Pastorale nella persona
dell’Abate dell’Abbazia Benedettina di San Paolo, nonché un suo Delegato per
l’Amministrazione. L’Arciprete di San Paolo - prosegue Benedetto XVI - “dovrà
sovrintendere a tutto il complesso extraterritoriale, coordinando le varie
amministrazioni ivi operanti, secondo le finalità proprie, salvo quanto rientra
nelle competenze esclusive dell’Abate all’interno dell’Abbazia”. Per quanto
riguarda l’abate del monastero, questi, dopo essere stato canonicamente eletto,
deve ricevere la conferma del Papa e gode dei diritti e delle prerogative
proprie del Superiore della Comunità benedettina.
L’Abbazia
- rammenta ancora il Papa - ha assunto dal marzo scorso la denominazione di
“Abbazia di San Paolo fuori le Mura”, con la soppressione del titolo di
circoscrizione “territoriale”. “Fatte salve perciò le competenze dell’Arciprete
di San Paolo e quelle proprie dell’Abate – sottolinea il Motu Proprio – la
potestà di giurisdizione pastorale ordinaria sull’intera area extraterritoriale
di San Paolo fuori le Mura spetta al cardinale vicario di Roma”, che la
esercita mediante la parrocchia territorialmente competente della Diocesi. Di
qui la soppressione della Pontificia Amministrazione della Patriarcale Basilica
di San Paolo, le cui funzioni sono trasferite all’arciprete.
Il Papa
sottolinea, infine, quanto gli sia a cuore che nella Basilica di San Paolo
fuori le Mura sia “assicurato il ministero della Penitenza in favore di tutti i
fedeli che la frequentano”, confermando che “l’amministrazione del sacramento
della Penitenza continui ad essere affidato all’attenta cura di Penitenzieri,
scelti fra i Monaci Benedettini e costituiti secondo quanto disporrà il
prossimo Statuto”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina l'Iraq, con l'articolo sulla
morte di quattro militari italiani per lo schianto di un elicottero a
sud-est di Nassiriya.
Sempre
in prima, il richiamo del Motu Proprio "L'antica e venerabile
Basilica", con il quale Benedetto XVI ha emanato nuove norme per un
rinnovato esercizio del culto della Basilica di San Paolo fuori le
Mura.
Nelle
vaticane, due pagine dedicate alla prossima Giornata mondiale della Gioventù a
Colonia.
Nelle
estere, Francia: Dominique de Villepin nominato nuovo primo ministro.
Nella
pagina culturale, l'artista Carlo Guarienti intervistato da Giuseppe Appella.
Per
l'"Osservatore libri" un articolo di Di Biase sull'opera "Il non
finito. Diario 1900 e scritti inediti giovanili" di Giovanni Papini.
Nelle
pagine italiane, in primo piano la tragedia avvenuta nei cieli di Nassiriya.
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31
maggio 2005
IL CORDOGLIO PER I CADUTI DI NASSIRYIA,
L’IMPORTANZA DELL’ASTENSIONE
AL PROSSIMO REFERENDUM SULLA PROCREAZIONE
ASSISTITA: QUESTI I TEMI FORTI
AL CENTRO DELLA CONFERENZA STAMPA DI MONS. BETORI,
A CONCLUSIONE
DELLA 54.MA ASSEMBLEA GENERALE DEI VESCOVI
ITALIANI,
NELL’AULA PAOLO VI IN VATICANO
Il
cordoglio per i morti di Nassiryia, l’impegno per la vita, alla vigilia del
prossimo referendum sulla procreazione assistita: questi due dei passaggi centrali
della conferenza stampa conclusiva della 54.ma Assemblea generale dei vescovi
italiani. A tenere l’incontro con i giornalisti, nell’atrio dell’Aula Paolo VI
in Vaticano, è stato mons. Giuseppe Betori, segretario generale della CEI.
C’era per noi Alessandro Gisotti:
**********
I vescovi italiani sono vicini
alle famiglie dei soldati morti nello schianto dell’elicottero a Nassiriya: è
quanto ha sottolineato, all’apertura della Conferenza stampa, mons. Giuseppe
Betori, segretario generale della CEI. Mons. Betori ha espresso la speranza che
questo sacrificio possa servire per la costruzione di un futuro democratico e
pacifico in Iraq. Il presule si è quindi soffermato sul referendum abrogativo
della legge 40, la legge sulla procreazione assistita. “Il non-voto è il modo
più efficace per non peggiorare la legge”, ha ribadito, sottolineando che i
vescovi italiani hanno vissuto con profonda intensità l’incontro di ieri con il
Papa, accogliendo con particolare emozione la parte del discorso di Benedetto
XVI sulla difesa della vita umana. “Nell’affermazione che l’essere umano è un
fine e non un mezzo – ha detto mons. Betori – si mettono in luce le motivazioni
razionali e non fideistiche della Conferenza episcopale italiana”. L’assise dei
presuli ha provveduto al rinnovo di alcune cariche importanti della CEI, tra
queste la nomina di due nuovi vice-presidenti: mons. Monari, vescovo di
Piacenza, e mons. Chiaretti, vescovo di Perugia-Città della Pieve. Oggi
pomeriggio verrà invece eletto il nuovo presidente dell’Azione Cattolica.
Passando in rassegna i temi dell’assemblea,
mons. Betori ha annunciato che alla Giornata mondiale della gioventù di Colonia
è prevista la presenza di 100 mila giovani italiani, accompagnati da oltre 100
vescovi. Rispondendo poi alle domande dei giornalisti sul ‘no’ della Francia
alla Costituzione europea, il segretario della CEI ha ribadito che l’episcopato
italiano auspica un’Europa sempre più unita, pur non dimenticando il vulnus
del mancato riferimento alle radici cristiane nel Trattato costituzionale
europeo. Da ultimo sono stati resi noti i dati sull’8 per mille alla Chiesa
cattolica: per il 2005, sono stati assegnati 984 milioni di euro, di cui 471
milioni per esigenze di culto e pastorale, 195 milioni per interventi caritativi
e 315 per il sostentamento del clero.
Dall’Aula Paolo VI, Alessandro
Gisotti.
**********
DOPO IL ‘NO’ DELLA
FRANCIA, DOMANI REFERENDUM IN OLANDA
SULLA COSTITUZIONE EUROPEA. I SONDAGGI ANNUNCIANO UNA BOCCIATURA ANCHE PIU’
DURA
- Con noi Marc Leijendekker e
mons. Adrianus van Luyn -
Dopo il
brusco stop di domenica scorsa in Francia, il processo di ratifica della
Costituzione europea si trova domani di fronte ad un altro ostacolo. Si vota in
Olanda e gli ultimi sondaggi sul referendum confermano il netto vantaggio dei
‘no’, che raggiungerebbero il 60 per cento. Sull’atmosfera nel Paese alla
vigilia del voto, Andrea Sarubbi ha intervistato Marc Leijendekker, giornalista
del quotidiano NRC Handelsblad:
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R. – Negli
ambienti governativi c’è un po’ di disperazione. Tutti i sondaggi indicano infatti
che il ‘no’ vincerà e forse con una percentuale ancora più grande rispetto alla
Francia e quindi anche l’ultimo tentativo da parte del governo di convincere
coloro che sono ancora in dubbio non porterebbe l’effetto desiderato.
D. – Diamo
per buone le previsioni dei sondaggi. Cosa c’è dietro questo ‘no’ dei cittadini
olandesi alla Costituzione europea?
R. – Due
cose: il ‘no’ ad un’Europa che si sviluppa senza consultare i cittadini, che vorrebbero
dire di più sulle direzioni e sull’intensità di questo processo di integrazione.
Poi c’è una sorta di protesta contro una percepita arroganza del potere che
sostiene vi sia una sola soluzione e cioè quella di votare ‘sì’. Abbiamo un
governo che ha speso milioni di euro per fare propaganda, mentre dovrebbe
essere – secondo tanti osservatori – neutrale; un governo che sostiene che chi
vota ‘no’ sia cinico e sarebbe meglio se non andasse a votare. Se tutto questo
viene messo insieme, viene sicuramente percepito come una forma di arroganza
del potere. Questo voto, quindi, viene vissuto come una forma di protesta verso
questo atteggiamento.
D. – Ma come
è stato preso in Olanda il ‘no’ di domenica scorsa in Francia?
R. – Dipende
dall’orientamento. Il governo dice che questo non cambia niente e che è
necessario ora continuare a confidare nella possibilità del ‘sì’. Il ‘no’ della
Francia non rappresenta la fine del processo di ratificazione. Dobbiamo continuare
l’iter fin quando tutti e 25 i Paesi non si saranno espressi. I sostenitori del
‘no’ hanno invece acquisito sicurezza proprio dopo il risultato della Francia,
dicendo: se la Francia ha votato ‘no’, vediamo che certo non cambia il mondo.
Non è certo la fine del mondo o un passo verso la guerra come è stato suggerito
dal ministro della Giustizia olandese.
**********
Si è espressa
per il ‘sì’ alla Costituzione la Chiesa cattolica olandese. Ma la diffidenza della
popolazione è difficile da vincere, spiega il vescovo di Rotterdam, mons.
Adrianus van Luyn:
**********
R. – La
diffidenza sembra essere ormai gravissima. Si può ormai paragonare alla situazione
che si è creata in Francia. C’è stato, ad esempio, l’accesso di 10 nuovi membri
lo scorso anno che hanno paventato il timore di un’invasione di lavoratori
provenienti dall’Europa dell’Est. Le trattative aperte poi con la Turchia rappresentano
un altro ostacolo, perché molti sono contrari. L’introduzione poi dell’euro,
che ha comportato un aumento del costo della vita, non aiuta certo ad essere
fiduciosi. Il timore che con questo nuovo Trattato si possa perdere autonomia
nei diversi settori. Sono tanti i timori e le ansie che serpeggiano tra la
popolazione e che vengono anche rafforzati da certi partiti politici, anche se
i grandi partiti politici sia della coalizione che dell’opposizione
sono tutti in favore del Trattato. Entra poi in gioco anche l’atteggiamento critico
fra la popolazione riguardo alla politica sociale dell’attuale governo, che si
è espresso a favore del Trattato.
D. – Oltre al
governo anche i vescovi si sono espressi a favore della Costituzione Europea?
R. – Noi ci
siamo sempre espressi in favore dell’Unione Europea, ricordando i valori che
sono stati elencati come base dell’Unione Europea all’inizio del nuovo
Trattato: la dignità umana, la solidarietà, i diritti dell’uomo. Questo per noi
rappresenta un grande passo in avanti, perché l’Unione Europea non vuole essere
soltanto un’unione economica, ma anche un’unione di valori umani. Quindi, noi
vediamo in questo Trattato validi elementi per costruire un’Europa più umana e
più responsabile, anche se magari avremmo voluto in modo più esplicito il riferimento
a Dio e il riferimento al patrimonio cristiano. Però, siamo contenti che nel
nuovo Trattato ci sia anche la premessa di un dialogo strutturale con le
Chiese. Tutto sommato crediamo quindi che questo Trattato rappresenti un passo
in avanti molto deciso e molto valido.
**********
“PROFESSIONI SANITARIE E CONTROLLO DEL TABACCO”:
È IL TEMA SCELTO DALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE
DELLA SANITÀ
PER
L’ODIERNA GIORNATA MONDIALE SENZA TABACCO
- Intervista con Roberto Bertollini -
Tumori del polmone, malattie
respiratorie croniche, enfisema polmonare, osteoporosi, malattie del cuore:
sono solo alcune delle gravi patologie che il fumo provoca sull’organismo. Per
combattere questa dipendenza, che uccide nel mondo 1 persona su 10,
l’Organizzazione mondiale della Sanità promuove oggi la Giornata mondiale senza
tabacco, quest’anno sul tema: “Professioni sanitarie e controllo del tabacco”.
Scopo dell’iniziativa è sottolineare il ruolo decisivo di medici e infermieri
nell’informare la popolazione e convincerla a smettere di fumare. Roberta
Moretti ha intervistato il dott. Roberto Bertollini, direttore del dipartimento
Salute e Ambiente dell’OMS Europa:
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R. – Nel mondo ci sono circa un
miliardo e 300 milioni di fumatori. Da sottolineare: ormai l’84 per cento di
queste persone vivono nei Paesi in via di sviluppo o nelle economie cosiddette
in transizione. Attualmente, quindi, le multinazionali del tabacco stanno “aggredendo”
questa parte della popolazione, tralasciando forse i Paesi dove ci sono
maggiori opposizioni alle loro politiche di promozione dei prodotti. Nel mondo
si stima che circa 4 milioni e 900 mila persone muoiano ogni anno per malattie
legate al tabacco. Se noi consideriamo coloro che sono regolari fumatori,
possiamo dire che circa il 50 per cento morirà per una causa legata in qualche
modo al tabacco.
D. – A livello legislativo, cosa
viene fatto nel mondo per combattere l’emergenza tabacco?
R. – Abbiamo ottenuto un grande
risultato, che è stato l’entrata in vigore della convenzione quadro contro il
tabacco, il 27 febbraio del 2005, quando l’hanno ratificata 60 Paesi del mondo,
tra cui purtroppo non c’è l’Italia. Le misure legislative previste in questa legge
sono misure che, per esempio, in Italia sono già state prese come il divieto
della pubblicità, sia diretta che indiretta; il divieto del fumo nei locali
pubblici o i messaggi sui pacchetti di sigarette. Ci sono poi altre disposizioni
che riguardano, ad esempio, il contrabbando; le linee guida sul prezzo; il
controllo della composizione del contenuto anche delle sigarette per limitare,
per quanto possibile, gli effetti nocivi. Disposizioni, queste, che hanno
dimostrato la loro efficacia nel ridurre la frequenza dei fumatori.
D. – In Italia, con circa 13
milioni di fumatori ed 85 mila morti ogni anno a causa del tabacco, la recente
legge Sirchia antifumo ha creato non poche polemiche. Ma quali risultati ha
prodotto?
R. – Da un lato, ha dimostrato
chiaramente che vietare il fumo nei luoghi pubblici non è un tabù, è stato anzi
alla fine, grossomodo, accettato dalla popolazione come una legge giusta, che
protegge sia coloro che fumano che coloro che non fumano. Dal punto di vista di
risultati concreti, i primi dati sembrano indicare che c’è una riduzione intorno
al 9 per cento nel consumo e nella vendita di sigarette. Questo non significa
che i fumatori siano diminuiti del 9 per cento; può anche darsi che sia
diminuita soltanto l’entità del numero dei grandi fumatori o che i fumatori
fumino un po’ di meno. Tuttavia mi sembra un dato interessante ed importante
che ancora una volta dimostra l’efficacia di queste norme.
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AFRICA, ISLAM,
BIOETICA, ECUMENISMO:
TEMI DELICATI SUL TAVOLO DEI SEGRETARI DELLE
CONFERENZE
EPISCOPALI
D’EUROPA,CHE SI SONO RITROVATI NEI
GIORNI SCORSI
- Intervista con mons. Aldo Giordano -
Nei giorni scorsi si è tenuto a
San Gallo, in Svizzera, un incontro dei segretari generali delle Conferenze
Episcopali d’Europa. Diversi i temi in agenda, dalla bioetica alla situazione
africana, ai rapporti tra Europa e islam. Per un quadro generale dell’incontro,
Giovanni Peduto ha chiesto un commento al segretario del Consiglio delle
Conferenze Episcopali d’Europa, mons. Aldo Giordano:
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R. – E’ emersa, innanzitutto, la
persuasione che sulla questione della bioetica è in gioco la persona umana.
Abbiamo affrontato soprattutto due temi: gli embrioni e lo studio sul cervello,
visto che in molti Paesi europei, compresi l’Italia, c’è un dibattito molto
forte e anche delle decisioni legislative in vista. E’ emersa la responsabilità
della Chiesa di avere una parola chiara, soprattutto sul tema dell’embrione e
per questo di avere un forte dialogo con la scienza. Abbiamo avuto la presenza
di un esperto biologo e medico che ci ha esposto il punto di vista della
scienza. Abbiamo colto che è importante dialogare con la scienza per spiegare,
scientificamente ed eticamente, le posizioni della Chiesa. L’altra esigenza che
è nata è di costituire, in Europa, una rete di specialisti su questi temi, che
sia poi consultabile da parte delle Chiese e delle Conferenze episcopali, ma
anche da parte delle istituzioni politiche, soprattutto a Bruxelles. Una rete
che, in qualche maniera, possa essere un serbatoio di idee su un tema così delicato,
davanti al quale c’è l’attesa di una parola chiara da parte della Chiesa.
D. – Mons. Giordano, un’altra
problematica piuttosto importante è quella della presenza musulmana in Europa.
Cosa è emerso all’incontro di San Gallo?
R. – E’ emerso che il tema del
confronto con la religione musulmana sta diventando sempre di più un tema
politico: è il luogo dove si coglie la valenza politica delle religioni. La
politica sta assumendo in sé, in qualche maniera, il dialogo interreligioso. Da
una parte, è interessante che la società colga l’urgenza di questo tema.
Dall’altra, ci ha spinti a dire che il dialogo vero va fatto con criteri
religiosi, non solo con criteri politici. Allora, la nostra responsabilità,
come persone di Chiesa, è di realizzare questo dialogo. Noi rappresentavamo a
San Gallo la rete di tutte le Conferenze Episcopali abbiamo anche colto come
questa rete di tutti i Paesi sia molto importante per avviare un dialogo con
una realtà che non è ancora organizzata a livello europeo, ma che, a livello
locale, può avere già molte esperienze interessanti.
D. – Poi, non dobbiamo
dimenticare il rapporto dell’Europa con l’Africa, ma anche con gli altri
continenti …
R. – Ecco, l’Africa, certamente,
è un continente privilegiato dal nostro punto di vista in quanto si ha
l’impressione che, a livello mondiale, ci sia un processo economico, politico
che lascia l’Africa ai margini e la Chiesa deve evitare questo. C’è anche un
gruppo di lavoro tra vescovi africani e vescovi europei che vuole affrontare i
problemi di responsabilità comune che abbiamo. Parlando degli altri continenti,
nel nostro dibattito è emerso molto la realtà dell’Asia, perché crediamo che il
futuro del mondo sia legato all’emergere di Paesi come la Cina e come l’India.
Noi ci siamo chiesti cosa voglia dire ciò per il futuro del cristianesimo,
visto che in quelle aree è in assoluta minoranza. Ci siamo interrogati su come
rendere credibile il cristianesimo, come testimoniare la buona notizia in
quelle grandi culture. Questa mi sembra una sfida molto interessante, molto
suggestiva.
D. – E non dobbiamo dimenticare
l’ecumenismo. Ci avviciniamo all’incontro ecumenico in Romania del 2007…
R. – Sì, l’ecumenismo è stato un
tema molto dibattuto tra di noi perché si sente l’urgenza, anche alla luce di
ciò che il nuovo Papa ci sta dicendo, di procedere. Dall’altra, dobbiamo anche
riconoscere che non c’è una grande chiarezza su cosa dobbiamo fare. Noi, con
questo processo che avrà una tappa importante in Romania, rileviamo la necessità
di avviare un processo in Europa, soprattutto con le persone che oggi si
occupano dell’ecumenismo e capire, insieme con loro, dove andare. Più che darci
un appuntamento solitario in Romania, abbiamo dunque un processo da sviluppare
che avrà in Romania una tappa importante, ma che forse, in seguito, potrà contare
già su altre tappe che adesso non prevediamo. Ecco, questo è un cammino che
vogliamo aprire.
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31 maggio 2005
SETTIMANA DI INCONTRI NELLA DIOCESI
CALDEA DI MOSUL, IN IRAQ,
DEDICATA AD APPROFONDIRE I TEMI FORTI
NELL’ANNO DELL’EUCARISTIA.
SCOPO PRIMARIO DELL’INIZIATIVA – HA
SPIEGATO IL VESCOVO RAHHO –
E’ AIUTARE I FEDELI
A TROVARE I SEGNI DELLA PRESENZA VIVA
DI GESU’ NELLA LORO VITA QUOTIDIANA
MOSUL.
= Tra la festa del Corpus Domini (25 maggio) e quella del Sacro Cuore (3 giugno)
la diocesi caldea di Mosul, nell’Iraq del nord, sta vivendo una settimana di
celebrazioni per l’Anno dell’Eucaristia. Il tema scelto dal vescovo mons.
Paulos Faraj Rahho è “Eucaristia, incontro con Gesù risorto”. Ogni giorno a
turno in diversi edifici religiosi e parrocchie della diocesi si tengono
momenti di riflessione sul valore dell’Eucaristia, seguiti dall’esposizione del
Santissimo sacramento e da una processione. “Scopo dell’iniziativa - spiega il
vescovo - non è dare insegnamenti teologici”. Secondo mons. Rahho, l’esigenza
più forte tra la gente è “riuscire a trovare i segni della presenza viva di
Gesù nella loro vita quotidiana, a vedere – come ha detto il Papa a Bari – che
Egli desidera condividere la nostra sorte fino ad immedesimarsi con noi”. Sulla
ricerca dei segni di un “Dio vicino”, si basano gli incontri di questa
settimana, tutti tenuti da sacerdoti, monaci e suore. In particolare oggi
l’appuntamento è al Santuario dell’Immacolata con il vescovo stesso, mons.
Rahho che – come anticipato all’Agenzia “Asianews” – intende ribadire la
“centralità della celebrazione domenicale” e la “necessità della presenza
cristiana”. “La domenica è fonte di forza per i cristiani – ha spiegato il
presule – ma è necessario che usciti dalla Messa ci impegniamo a restituire
questa forza al nostro prossimo nel mondo”. Finora tutti gli incontri hanno
visto una grande affluenza di fedeli. Per questo l’ultimo appuntamento si terrà
di nuovo nel monastero di San Giorgio, “più ampio e sicuro”. La diocesi caldea
di Mosul conta 35 mila fedeli e 12 parrocchie. I preti diocesani sono 22, 8 i
religiosi e 20 le religiose. Nella diocesi rientrano anche le cittadine di
Talkef e di Karamles. (A.M.)
SI E’
CONCLUSA C0N UN FALLIMENTO RISPETTO AGLI OBIETTIVI PREVISTI
LA
CONFERENZA DELL’ONU SULLA TUTELA DELLE FORESTE, SVOLTASI NELLA SEDE DELL’ONU A
NEW YORK. OGNI ANNO QUASI 9 MILIARDI E MEZZO
DI COLTURE BOSCHIVE SCOMPAIONO DAL PIANETA
NEW YORK. = Ogni anno sulla Terra vengono distrutti 9,4 milioni di
ettari di foreste. Nonostante questo dato susciti giustificato allarme si è
conclusa con un fallimento la Conferenza delle Nazioni Unite sulla tutela delle
foreste. “Alla fine, non siamo d’accordo. E’ un fallimento collettivo”, ha
commentato a conclusione di due settimane di lavori il presidente del Forum
dell'ONU sulle Foreste, il colombiano Manuel Rodriguez Becera. “Non siamo stati capaci – ha dichiarato - di
metterci d'accordo su decisioni che servono a rimediare all'immane
deforestazione, all’immane degradazione delle foreste”. La risoluzione finale
della Conferenza, svoltasi nella sede dell’ONU a New York, rimanda ogni decisione
alla prossima Conferenza, programmata per il febbraio del 2006. Rodriguez
Becerra attribuisce la responsabilità del fallimento al contrasto fra diversi
Stati schierati negli emisferi nord e sud del Pianeta: “I Paesi in via di
sviluppo - ha spiegato - affermano che ci servono mezzi forti per la
realizzazione ed il mondo industrializzato sostiene che ci servono obiettivi
forti; quello che ci manca è un punto di incontro forte fra i fini e i mezzi”.
La maggior parte della perdita di foreste del Pianeta si riscontra nella fascia
tropicale, dove l’abbattimento illegale di alberi per il commercio di legname o
per l’ampliamento delle superfici dedite all’agricoltura sta provocando
conseguenze ambientali gravissime. (R.G.)
APPELLO DELL’ONU PER I PROFUGHI
RWANDESI: MENTRE SI E’ AGGRAVATA
LA SITUAZIONE NEI CAMPI DI
RACCOLTA, ANCHE A CAUSA DI NUOVI SCONTRI
NEL CONGO ORIENTALE,
SONO CALATI GLI AIUTI INTERNAZIONALI
KIGALI. = Migliaia di profughi in Rwanda rischiano
la denutrizione a causa della mancanza di fondi. A lanciare l’allarme sono le
Nazioni Unite, sottolineando come sia necessario raccogliere aiuti per sfamare
circa 60 mila persone. L’ONU denuncia come l’attenzione della comunità
internazionale sia rivolta soprattutto alla situazione in Sudan, dimenticando
crisi umanitarie come quella degli sfollati rwandesi, molti dei quali vivono da
anni in campi allestiti dalla cooperazione internazionale non sempre in
condizioni igienico-sanitarie accettabili. In particolare l’ACNUR, l’agenzia
ONU per i rifugiati, ha denunciato come le razioni di cibo siano state tagliate
di un terzo negli ultimi due mesi, segnalando problemi legati alla
denutrizione. Il rappresentante dell’ACNUR in Rwanda, Panos Moumtzis, ha riferito
alla BBC che sempre meno bambini in età scolare sono nelle condizioni di poter
ricevere un’istruzione, perché troppo deboli per studiare. Alcune bambine
vengono immesse nei circuiti della prostituzione. Un’emergenza aggravata dai
recenti scontri nella parte orientale del Congo, dove si sono rifugiati i ribelli
rwandesi all’indomani del genocidio del 1994, costato la vita ad oltre 800 mila
tra Tutsi e Hutu. (R.G.)
OGGI E DOMANI A ROMA CONVEGNO NAZIONALE SUI BENI
CULTURALI DELLA CHIESA,
PER UN RINNOVATO IMPEGNO DI TUTELA E DI
VALORIZZAZIONE.
L’INCONTRO OSPITATO NELL’ARCHIVIO DI STATO, E’
STATO ORGANIZZATO DALL’ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE ECCLESIA
MATER
DELLA PONTIFICIA UNIVERSITA’ LATERANENSE,
IN COLLABORAZIONE CON IL MINISTERO ITALIANO DEI
BENI CULTURALI
ROMA. = Sì è aperto stamane a
Roma il Convegno nazionale di studi sul tema “Beni culturali della Chiesa: un
rinnovato impegno per la loro tutela e valorizzazione”. L’incontro, in due
giornate, è promosso dall’Istituto Superiore di Scienze religiose “Ecclesia
Mater” della Lateranense, in collaborazione con il Ministero per i Beni e le
Attività culturali, ed è ospitato dall’Archivio di Stato, nella sede di Corso
Rinascimento, 40. Ad accogliere i convegnisti, il saluto di mons. Giuseppe Lorizio,
preside dell’“Ecclesia Mater”, il quale ha spiegato: il ‘bene culturale’ per la
Chiesa “non è solo un oggetto, una cosa, un prodotto dell’artificio umano, un
bene di consumo, ma, senza cessare di essere anche tutto questo, porta dentro
di sé un messaggio dal quale non possiamo prescindere, se vogliamo goderne con
piena consapevolezza e in profondità”. E a questo messaggio – ha spiegato -
appartengono la fede della comunità credente e la sua memoria che, nelle diverse
forme d’arte, trova nell’immaginazione una preziosa alleata. La fede – ha
aggiunto - non si sovrappone alla bellezza, ma l’aiuta a dischiudere il senso
più intimo e vero: il bello è traccia dell’Infinito e sua impronta e come tale
va contemplato e vissuto. Se le nostre attività, da quelle formative a quelle
più propriamente imprenditoriali - ha concluso mons. Lorizio - non hanno
presente questa dimensione contemplativa del vero e del bello, il nostro
affannarci risulterà in ultima istanza privo di senso. Al preside
dell’“Ecclesia Mater” ha fatto eco il Ministro per i Beni culturali, Rocco
Bottiglione, sottolineando come la “costante attenzione della Chiesa ha
arricchito l’umanità di un immenso tesoro di testimonianze dell’ingegno umano e
della sua adesione alla fede, che costituisce parte cospicua del patrimonio
culturale dell’umanità.” Per questo ha sollecitato “per la salvaguardia di un
così vasto patrimonio” la messa al lavoro in questo campo di numerosi
professionisti adeguatamente preparati “capaci di ‘dialogare’ con il
particolare settore dei beni culturali ecclesiastici”. Hanno quindi portato il
loro saluto il prof. Salvatore Italia, del Ministero per i Beni Culturali, e il
vescovo Mauro Piacenza, presidente della Pontificia Commissione per i Beni
Culturali della Chiesa. I lavori sono poi entrati nel vivo con la prima
sessione di studio su “Arte Sacra e Musei”. Nel pomeriggio si susseguiranno i
contributi degli iscritti al Master annuale di specializzazione per il
restauro, tutela e valorizzazione dei Beni culturali della Chiesa. Un tema,
quest’ultimo che verrà ripreso nella mattinata di domani, con particolare
riferimento al nuovo Codice dei Beni culturali e al ruolo delle Soprintendenze
con i Beni della Chiesa. L’ultima sessione si soffermerà sulle “Teorie e
metodologie del restauro dei Beni culturali ecclesiastici”; tra i relatori don
Raffaele Farina, Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, Letizia Ermini
Pani, docente di Archeologia all'Università di Roma “La Sapienza”. (R.G.)
INAUGURAZIONE OGGI
NELLA CITTA’ DI FLORIDA, IN URUGUAY, DEI NUOVI STUDI CENTRALI DI RADIO MARIA, CHE NEL POMERIGGIO SARANNO BENEDETTI
DAL VESCOVO RAÙL HORACIO SCARRONE CARRERO E DAL
PRESIDENTE DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE DEL PAESE
LATINOAMERICANO, MONS. PABLO GALIMBERTI
FLORIDA. = Radio Maria inaugura oggi,
nella città di Florida lo studio centrale in Uruguay. I locali dell'emittente
saranno benedetti, nel tardo pomeriggio locale, dal vescovo di Florida , Raúl
Horacio Scarrone Carrero, e dal vescovo di San José, Pablo Galimberti, che è il
presidente della Conferenza episcopale dell’Uruguay. Nella cappella di Radio
Maria i due prelati concelebreranno la Messa insieme ai parroci della zona. Le
cerimonie saranno trasmesse in diretta da Radio Maria con il coinvolgimento di
collaboratori e di amici della radio, che raggiungeranno lo studio centrale in
processione partendo dal santuario nazionale della Vergine dei Trentatre e
recando con sé un’immagine della stessa Madonna, che sarà installata nella
cappella di Radio Maria. Domenica prossima, invece, diversi vescovi concelebreranno
la Santa Messa proprio nel santuario della Vergine dei Trentatre insieme al
nunzio apostolico in Uruguay, l’arcivescovo Janusz Bolonek. Sarà un atto di
ringraziamento per l’inaugurazione di Radio Maria in Uruguay. (A.M.)
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31
maggio 2005
- A cura di Roberta
Moretti -
Scomparsa di 4 militari italiani in Iraq, morti stanotte nella zona
meridionale del Paese. L’elicottero dell’Esercito su cui viaggiavano è
precipitato a sud-est della città di Nassiriya. Il premier Berlusconi si è
detto “profondamente addolorato”, esprimendo alle famiglie il suo cordoglio
personale e del Governo italiano. Ce ne parla Giada Aquilino:
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Stava rientrando alla
base italiana di Tallil l’elicottero con
a bordo il tenente colonnello Giuseppe Lima e il capitano Marco Briganti,
piloti dell’aeromobile, e i due mitraglieri, il maresciallo capo Massimiliano
Biondini e il maresciallo ordinario Marco Cirillo. L'AB-412 dell’Esercito
italiano aveva effettuato una missione all’aeroporto internazionale di Kuwait
City, dove aveva trasferito un militare del contingente italiano colpito da un
grave lutto familiare. Ancora ignote le cause della sciagura. Nessuna ipotesi viene avanzata dai soldati italiani di stanza in
Iraq, ha fatto sapere il portavoce del comando di Nassiriya, il colonnello
Fabio Mattassi, confermando soltanto che il contatto radio con l’elicottero è
stato perso intorno alla mezzanotte. Da Roma intanto il sottosegretario alla
Difesa, Berselli, in un’informativa alla Camera, ha comunicato che
sull’accaduto ci saranno indagini della magistratura ordinaria, di quella
militare e della Difesa. Probabile – ha detto – che si sia trattato di un
incidente. Nell’aula di Montecitorio e in quella del Senato, è stato osservato
un minuto di silenzio in segno di lutto. Cordoglio è stato espresso da tutto il
mondo politico italiano. Il ministro degli Esteri, Fini, si è detto vicino alle
famiglie delle vittime e alle forze armate. Ma
alla Camera sono già divampate le polemiche: dai banchi del centro sinistra è
stata rinnovata la richiesta del ritiro delle truppe dall’Iraq, eventualità
questa esclusa dal sottosegretario Berselli.
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E sempre in Iraq,
proprio ieri un altro aereo militare con a bordo 4 soldati americani e un
iracheno era precipitato nella provincia orientale di Diyala per cause ancora
imprecisate. Intanto, nel Paese, prosegue la violenza sul campo: un'autobomba è
esplosa stamani a Baquba, a nord di Baghdad, nei pressi di un convoglio
militare, provocando la morte di almeno due soldati iracheni. E sempre di oggi
è la notizia del ritrovamento del cadavere, domenica scorsa, del governatore
della provincia occidentale sunnita di al Anbar, rapito giorni fa dalla
guerriglia. Accanto ai suoi resti sono stati
recuperati quelli di quattro presunti ribelli, tutti di origine straniera.
Mentre è tornato a farsi vivo in Internet il terrorista giordano Al Zarqawi che in un messaggio audio, di cui non è
stata ancora verificata l’autenticità, ha dichiarato di essere in buona salute,
dopo essere rimasto ferito “leggermente” nei giorni scorsi. E sempre su un sito
islamico, il suo portavoce, al Iraqi, ha annunciato che Zarqawi invierà presto
un nuovo messaggio al capo di Al Qaeda, Osama bin Laden. E giunge ora la notizia che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si
appresta a discutere la richiesta dell'Iraq di prorogare fin d'ora il mandato
della Forza multinazionale, che scade il 31 dicembre.
Ancora violenze in Afghanistan. Questa
mattina nella provincia di Zabul 11 persone sono rimaste uccise in una serie di
scontri armati fra militari e ribelli talebani. Ed è di due morti il bilancio
degli scontri avvenuti ieri nel nord est del Paese durante una manifestazione
di 6 mila persone contro lo sradicamento delle piantagioni di papavero da
oppio. Non ci sono novità, invece, sulle trattative in corso per la liberazione
di Clementina Cantoni, l’operatrice umanitaria
italiana rapita a Kabul il 16 maggio.
Continua l’impegno per la pace in Medio Oriente. E’ di ieri l’annuncio
dell’incontro, il 7 giugno prossimo a Sharm el Sheik, tra il premier israeliano,
Ariel Sharon, e il presidente palestinese, Abu Mazen, per coordinare il ritiro
israeliano da Gaza. Notizia poi confermata dal ministro degli Esteri
israeliano, Silvan Shalom, al collega italiano, Gianfranco Fini, nel corso di
un incontro bilaterale a Lussemburgo. Cresce però la tensione nei Territori,
dove questa mattina il movimento fondamentalista di Hamas ha dichiarato di
voler boicottare le elezioni municipali previste per domani in alcune località
della Striscia di Gaza.
E’
Dominique de Villepin il nuovo primo ministro di Francia. L’annuncio è giunto
questa mattina dopo le dimissioni di, Jean-Pierre Raffarin, in seguito
all’esito negativo del referendum sulla Costituzione europea di domenica
scorsa. Da Parigi, Francesca Pierantozzi:
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Giornata politica cruciale oggi in Francia. Come previsto
il primo ministro Jean-Pierre Raffarin si è recato all’Eliseo per rassegnare le
sue dimissioni al presidente Jacques Chirac, che le ha accettate. Immediata la
nomina del suo successore: è Dominique de Villepin, ex ministro dell’Interno e
da sempre un fedelissimo di Jacques Chirac, che lo ha, alla fine, preferito al
presidente del partito neogollista, Nicolas Sarkozy. Secondo un sondaggio i
francesi avrebbero in realtà scelto Sarkozy alla testa del nuovo governo che
dovrebbe avere il difficile compito di rispondere alle angosce espresse dalla
netta vittoria del ‘no’ di domenica al referendum sulla Costituzione Europea.
Tuttavia Chirac ha preferito de Villepin che è già stato suo capo di Gabinetto e
che impersona una politica più sociale che solidale, rispetto a quella
apertamente liberale sostenuta da Sarkozy. Questa sera Chirac si rivolgerà
direttamente ai suoi concittadini in un discorso alla nazione, in cui dovrebbe
spiegare le priorità del nuovo governo e dei suoi ultimi due anni all’Eliseo.
Francesca Pierantozzi, da
Parigi, per la Radio Vaticana.
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Nove anni di prigione. E’ questa
la condanna inflitta stamani dal tribunale Meshcianski di Mosca all’oligarca in
disgrazia, Mikhail Khodorkovski, fondatore del gruppo petrolifero Yukos, e al
suo socio, Platon Lebedev, accusati di frode, appropriazione indebita ed
evasione fiscale. I due si dicono vittime di un processo-farsa orchestrato dal
Cremlino per una vendetta politica e per riportare sotto il controllo statale i
ghiotti giacimenti petroliferi della Yukos. Ma quale il motivo dell’accanimento
della giustizia russa contro Khodorkovski? Roberto Piermarini lo ha chiesto al
responsabile dell’ANSA di Mosca, Pierantonio Lacqua:
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R. - Khodorkovski si è messo in conflitto con il
presidente Putin, due anni, finanziando dei “partitini” liberal-democratici
filo occidentali e contestando anche certe scelte politiche e strategiche di
Putin. Si parla, quindi, anzitutto di una vendetta per neutralizzare un uomo
potenzialmente pericoloso. Si dice che Putin abbia detto all’inizio della sua
presidenza a questi oligarchi e a questi miliardari dell’era Ieltsin: “Voi non
vi occupate di politica ed io non indagherò su come voi siete diventati così favolosamente
ricchi!”. Khodorkovski sembra aver violato questa regola: si è infatti occupato
molto di politica e si è quindi trovato in conflitto con Putin che ha visto in
lui un pericolo rivale, anche per le stesse presidenziali del 2008. Un uomo,
quindi, anche in grado di condizionare la politica di questo Paese. L’altra
ragione è invece da rintracciare nel fatto che Yukos aveva il controllo del 20
per cento dei giacimenti petroliferi siberiani e degli Urali e di fatto, grazie
a questa spregiudicata operazione contro Khodorkovski e contro la Yukos, il
Cremlino è riuscito a rinazionalizzare una parte delle enormi risorse
energetiche che durante l’era Ieltsin, negli anni Novanta, erano finite in mani
private, in modo anche molto opaco.
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In Germania è Angela Merkel la candidata ufficiale
dell’opposizione alle prossime elezioni politiche di settembre. L’ultimo
ostacolo alla sua candidatura è caduto ieri, quando a fare il suo nome per
sfidare il cancelliere Schröder è stato il leader dell’Unione cristiano-sociale,
Edmund Stoiber:
**********
Per la prima volta nella storia
tedesca la Germania ha serie probabilità di avere un cancelliere donna e per di
più dell’ex Germania Est. “Non è questione di partito – ha commentato a caldo
la Merkel – non è questione di scegliere tra Schröder e me. In
gioco è la Germania”. L’ottimismo in vista delle elezioni del 18 settembre è
netto nella CDU. “La coalizione rosso-verde è ormai alla fine – ha detto Stoiber – il governo ha fallito su
tutta la linea”. La CDU, in effetti, nei sondaggi è molto al di sopra dei
social democratici e ormai anche il gradimento personale di Angela Merkel sta
scavalcando quello dell’attuale cancelliere Gerhard Schröder, che pure resta
molto più alto nel suo partito. Del resto in Germania si votano le forze
politiche e non le persone. Adesso la CDU dovrà mettere a punto il programma di
governo non ancora definito, anche se il partito promette onestà e realismo.
Giovanni Del Re.
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Sono stati ritrovati stamani i corpi carbonizzati di 6
dipendenti di un fast-food di Karachi, nel sud del Pakistan, preso d’assalto
durante la protesta di massa contro l’attentato di ieri sera alla moschea
sciita di Madina. Nell’attacco erano morte 6 persone, a tre giorni da un altro
attacco suicida contro un mausoleo sciita a Islamabad.
Verrà
liberato dietro cauzione il responsabile di Medici senza Frontiere in Sudan,
Paul Foreman. Era stato arrestato ieri a Khartoum dopo essersi rifiutato di
fornire alle autorità locali informazioni sulle persone che avevano testimoniato
su stupri in massa compiuti in Darfur. Il rapporto incriminato, pubblicato nel
marzo scorso, denunciava 500 stupri, in base a testimonianze e cure ricevute
dalle donne che li avevano subiti, in un periodo di circa quattro mesi.
Il comandante
Nizam Mutalif, responsabile dei servizi d’informazione militari dello Sri
Lanka, è stato ucciso stamani a colpi d’arma da fuoco a Colombo, mentre si
recava a lavoro in automobile. L’ufficiale è il più alto graduato ucciso dalla
guerriglia dopo la conclusione della tregua siglata tra il governo e i ribelli
Tamil nel febbraio 2002.
“L'Unione europea ha riattivato
oggi un’azione presso l'Organizzazione mondiale del commercio per confermare,
attraverso un panel di esperti,
l’illegalità dei sussidi che vanno alla Airbus”: lo ha dichiarato stamani a
Bruxelles il commissario europeo al Commercio, Peter Mandelson, in risposta
all’interruzione del negoziato su Airbus-Boeing, annunciata dagli Stati Uniti.
Mandelson si è detto “molto deluso” per l’iniziativa del negoziatore americano.
L’Alta corte libica ha rinviato al 15 novembre la decisione
sulla sorte di 5 infermiere bulgare e di un medico palestinese, condannati a
morte dal tribunale di Bendasi nel 2004, perché colpevoli di aver
volontariamente contagiato con il virus dell’Aids più di 400 bambini libici. Il
pronunciamento di oggi giunge dopo la visita del presidente bulgaro, Parvanov,
a Tripoli e Bengasi e i colloqui con il leader libico, Gheddafi.
In Indonesia, una scossa di terremoto di 5,6 gradi della scala Richter ha
scosso oggi l’isola di Sumatra, provocando scene di panico e fughe di massa
verso le alture: non si registrano però né danni né vittime. L’epicentro del
sisma, avvenuto alle 9.29 ora locale, si trova sotto la superfice del mare a
circa 150 chilometri da Banda Aceh, la zona devastata dallo tsunami del 26
dicembre scorso.
E un altro terremoto, sempre di 5,6 gradi Richter, è stato registrato
stamani al largo del Giappone meridionale senza fare alcun danno a persone o
cose e senza il lancio di allarmi di tsunami. Lo ha reso noto l’Ufficio
sismologico giapponese, precisando che l’epicentro del sisma è stato
individuato a una profondità di 30 km sotto la superficie del mare al largo
della prefettura di Miyazaki, nell’isola di Kyushu, circa mille chilometri a
sudovest di Tokyo.
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