RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
150 - Testo della trasmissione di lunedì 30 maggio 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
Il “no” della Santa Sede alle armi nucleari: intervista con il
senatore Douglas Roche
CHIESA E SOCIETA’:
Atti di vandalismo
contro una scuola cattolica nella periferia di New Delhi, in India
In Iraq catturato un ex alto ufficiale di Saddam. Intanto almeno 20 morti a sud di Baghdad.
30
maggio 2005
NON DIFENDIAMO GLI INTERESSI CATTOLICI, MA L’UOMO CREATURA DI DIO:
COSI’ BENEDETTO XVI NEL DISCORSO AI VESCOVI ITALIANI, RIUNITI
NELLA LORO 54.MA ASSEMBLEA GENERALE. IL PAPA HA INCORAGGIATO
LA POSIZIONE DELLA CEI SUI REFERENDUM PER L’ABROGAZIONE
DELLA LEGGE SULLA PROCREAZIONE ASSISTITA
- Servizio di Alessandro Gisotti -
Noi non siamo impegnati “per gli interessi cattolici ma
per l’uomo, creatura di Dio”. E’ uno dei passaggi chiave del discorso di
Benedetto XVI ai vescovi italiani, ricevuti questa mattina dopo l’apertura, in
Vaticano, della 54ª assemblea generale della CEI. Il Papa ha lodato l’impegno
della Chiesa italiana per la vita, alla vigilia del referendum sulla legge 40
in materia di fecondazione assistita. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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La difesa della vita umana, la centralità della famiglia:
sono i due temi forti del discorso di Benedetto XVI ai vescovi italiani. Il
Papa ha sottolineato come sia dovere dei vescovi, in quanto pastori, illuminare
e motivare le scelte dei cattolici circa gli imminenti referendum sulla
procreazione assistita:
“In merito alla legge sulla
procreazione assistita, proprio nella sua chiarezza e concretezza, questo
vostro impegno è segno della sollecitudine di veri pastori buoni per ogni
essere umano che non può mai venire ridotto a un mezzo, ma è sempre un fine,
come ci insegna il Signore Gesù Cristo nel Vangelo”. (applausi)
Il Pontefice ha assicurato la sua vicinanza spirituale ai presuli
italiani in questa battaglia per la vita:
“Vi sono vicino con la parola e
con la preghiera, confidando nella luce e nella grazia dello Spirito che agisce
nelle coscienze e nei cuori. E qui non lavoriamo per interessi cattolici, ma
sempre per l’uomo, Creatura di Dio”. (applausi)
“La
stessa sollecitudine per il vero bene dell’uomo - ha sottolineato - si esprime
nell’attenzione ai poveri che abbiamo tra noi: agli ammalati, agli immigrati,
ai popoli decimati dalle malattie e dalle guerre”. Forte anche l’appello del
Pontefice per la promozione della famiglia, minacciata da nuovi ricchi:
“Alla fragilità e – purtroppo –
instabilità interna di molte unioni coniugali, si assomma infatti la tendenza
diffusa nella società e nella cultura, a contestare il carattere unico della
missione propria della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna”.
Per
questo - ha proseguito - va lodato l’impegno della Chiesa italiana in favore
dell’istituto matrimoniale, concretizzatosi in particolare nella richiesta di
misure che aiutino le giovani famiglie. D’altro canto, Benedetto XVI non ha
mancato di sottolineare l’importanza del contributo cattolico nel dibattito
culturale italiano:
“Vi chiedo di proseguire nel
lavoro che avete intrapreso, perché la voce dei cattolici sia costantemente
presente nel dibattito culturale italiano e ancor prima, perché si rafforzino
le capacità di elaborare razionalmente, nella luce della fede, i molteplici
interrogativi che si affacciano nei vari ambiti del sapere e nelle grandi
scelte di vita”.
Il Papa
ha rilevato la necessità di “risvegliare nei giovani l'intenzione di credere
con la Chiesa”, di “affidarsi alla fede”. Le giovani generazioni - ha
proseguito - “devono sentirsi amate
nella Chiesa”. All’indomani del Congresso eucaristico di Bari, il Papa ha
ribadito che proprio nell’Eucaristia possiamo vivere in modo tangibile l’amore
di Cristo. Benedetto XVI non ha mancato di ricordare l’esempio del suo venerato
predecessore, Giovanni Paolo II ed ha ringraziato i vescovi italiani per averlo
fatto, subito, sentire uno di loro. Soffermandosi sulla situazione della Chiesa
in Italia, il Papa ha parlato di un certo razionalismo che tende a
marginalizzare l’elemento religioso. Fenomeno presente nella società italiana
come nel resto dell’Europa. Ma - ha constatato - in Italia la Chiesa conta
ancora su una presenza capillare sul territorio attraverso la vitalità delle
parrocchie. In tale contesto ha auspicato una sinergia tra le comunità
parrocchiali e i nuovi movimenti ecclesiali.
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Nel suo
indirizzo di saluto al Papa, il cardinale vicario Camillo Ruini ha sottolineato
come “l’amore e la fedeltà verso il Successore di Pietro fanno parte, per così
dire, del DNA dei Vescovi italiani”. Questo atteggiamento della mente e del
cuore - ha proseguito - “ha trovato espressione particolarmente forte ed
intensa nei lunghi anni del Pontificato” di Giovanni Paolo II. Ora - ha
aggiunto - esso si rivolge verso Papa Benedetto XVI, ringraziando anzitutto il
Signore per averlo chiamato “a guidare il cammino della Chiesa e a confermare i
fratelli nella fede”.
L’ASTENSIONE NON E’ DISIMPEGNO: NELLA PROLUSIONE ALLA 54.MA ASSEMBLEA
GENERALE DELLA CEI, IL CARDINALE CAMILLO RUINI RIBADISCE LA POSIZIONE DELLA
CHIESA ITALIANA SUL REFERENDUM PER L’ABROGAZIONE DELLA LEGGE SULLA PROCREAZIONE
ASSISTITA. LA PREGHIERA DEI VESCOVI ITALIANI PER IL RILASCIO
DI CLEMENTINA CANTONI E LA PACE IN MEDIO ORIENTE
- A cura di Alessandro Gisotti e Massimiliano Menichetti -
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L’astensione non è disimpegno.
Il cardinale Camillo Ruini dedica un capitolo intero della sua prolusione al
referendum del 12 e 13 giugno sulla procreazione assistita. I vescovi italiani
- ha spiegato aprendo la 54.ma assemblea generale della Conferenza episcopale
italiana - sono “per una consapevole non partecipazione al voto, che ha il
significato di un doppio no, ai contenuti dei quesiti sottoposti a referendum”
e “all’uso dello strumento referendario in una materia tanto complessa e
delicata”.
“Non siamo contro la scienza e i
suoi progressi: al contrario, ammiriamo e sosteniamo i frutti della ricerca e
dell’intelligenza, che è il segno dell’immagine di Dio nell’uomo. Vogliamo
dunque che la scienza sia al servizio del bene integrale dell’uomo: non si
tratta, pertanto, di arrestare od ostacolare il cammino della scienza, ma di
orientarlo in modo che esso non perda di vista il valore e la dignità di ogni
essere umano”
Auspicata “un’informazione che rappresenti
in maniera sufficientemente equilibrata le posizioni che sono davvero in
campo”. “Non ci muovono interessi di parte – ha affermato il cardinale Ruini -
non entriamo in competizioni di partiti, ma ci preoccupiamo unicamente, e
concretamente, di quella difesa e promozione dell’uomo che è parte integrante
dell’annuncio del Vangelo”.
Nella prolusione, il porporato
si è soffermato sulla difficile situazione in Iraq e Afghanistan. E qui ha
assicurato le preghiere dei vescovi italiani per Clementina Cantoni, volontaria
rapita a Kabul e ancora in mano ai terroristi. Passando in rassegna le grandi questioni
dell’attualità internazionale, ha parlato del “succedersi di sanguinosissime
catene di attentati in Iraq”, che “le grandi speranze accese dalle elezioni”
del 30 gennaio “non sono riuscite ad impedire”. La repressione del terrorismo
non basta, ha avvertito. Serve “la ricerca di soluzioni e di intese che possano
essere condivise da ciascuna componente della complessa società irachena”. Per
quanto riguarda il Medio Oriente, nonostante la ripresa del “dialogo tra le parti” e “passi avanti significativi”,
rimane “assolutamente indispensabile e doveroso” per il cardinale Ruini “un
impegno internazionale davvero concorde e convergente, per condurre finalmente
a risultati concreti il processo di pacificazione”. Voltando lo sguardo verso
l’Asia centrale, invocato uno sbocco pacifico delle tensioni che si agitano in
Kirghizistan e Uzbekistan e a tal fine è stato auspicato un clima di maggiore
fiducia tra la Russia e i Paesi occidentali. Parlando dell’Africa sono state
sottolineate le molte iniziative negoziali che stanno cercando di porre fine a conflitti
decennali. Inevitabile il riferimento alla crisi del Darfur e alle tante
difficoltà che affliggono l’Africa:
“Dall’Africa
giungono però, finalmente, anche importanti notizie positive: non pochi sono
infatti gli accordi e le iniziative negoziali attraverso cui si cerca di por
fine a conflitti spesso incancreniti e, soprattutto, emergono, pur tra mille
resistenze e contrasti, quelli che possiamo chiamare i germogli di una nuova
“società civile” africana, fatta di gruppi, associazioni e movimenti, molti dei
quali femminili: proprio da tali forze vive dell’Africa stessa, oltre che dalla
doverosa e necessaria solidarietà delle nazioni più sviluppate, può venire
l’impulso per riuscire a sconfiggere quelle tragiche piaghe, come la fame, la
sete, la mortalità infantile, le epidemie tra cui specialmente l’AIDS, che
affliggono con la maggiore gravità gran parte di questo continente”.
Pur non facendo riferimento al
no della Francia al Trattato costituzionale europeo, il porporato si è
soffermato sulla fase attuale dell’Unione Europea. Il presidente della CEI ha
riconosciuto gli sviluppi positivi compiuti dopo la firma della Costituzione,
ribadendo però che è necessaria maggiore consapevolezza delle radici cristiane
del Vecchio Continente. Quindi, ha auspicato che possano presto aprirsi le
porte dell’Europa per l’Ucraina, “terra nella quale il desiderio di libertà si è espresso
con forza e ha prodotto risultati altamente significativi”.
Il giorno dopo la messa del Papa
al Congresso eucaristico di Bari, il presidente dei vescovi italiani non ha
mancato di soffermarsi sul
rapporto tra il Successore di Pietro e l’Italia. Rapporto "tanto evidente
con Giovanni Paolo II” e “già ugualmente visibile con Benedetto XVI”. E’ “ormai
del tutto chiaro che per il popolo italiano non ha alcun rilievo la nazionalità
del successore di Pietro”, ha sottolineato il cardinale Ruini. “Nel tempo
ancora tanto breve intercorso dalla sua elezione”, ha constatato il porporato,
Benedetto XVI “ha già dato prova concreta di una presenza davvero eccezionale,
non soltanto verso la Chiesa di Roma di cui è vescovo, ma anche verso l’Italia
e noi vescovi italiani”.
Una
parte della prolusione, il presidente della CEI l’ha dedicata anche alla
politica italiana. Guardando alle elezioni del 2006 - è stato il suo richiamo -
ci si lascia “troppo assorbire dalla competizione tra i due schieramenti”.
All’Italia serve invece una “mobilitazione delle energie” a partire da
“motivazioni non soltanto economiche, ma umane e morali”, attraverso una
“coerente testimonianza di vita dei credenti”. Il cardinale Ruini ha inoltre
auspicato “la promozione di una politica organica a favore della famiglia”;
“l’adozione di misure che consentano ai giovani di progettarsi un futuro” in
particolare con riferimento ai mutui per l’acquisto della casa e ancora misure
coraggiose per lo sviluppo del Mezzogiorno.
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I PADRI PRIMI TESTIMONI DEL VANGELO AI FIGLI,
LETTERA DEL PAPA AL CARDINALE TRUJILLO IN VISTA
DEL V INCONTRO MONDIALE
DELLE FAMIGLIE, IN SPAGNA, NEL 2006
- A cura di Alessandro De Carolis -
E’ la famiglia il primo nucleo
di trasmissione della fede cristiana. Così come i padri sono i primi ad
annunciare il Vangelo ai figli. Le affermazioni di Benedetto XVI sono contenute
nella lettera indirizzata al cardinale Alfonso Lopez Trujillo, presidente del
Pontificio Consiglio per la famiglia, in vista del quinto Incontro mondiale
delle famiglie, in programma in Spagna, a Valencia, nel luglio del 2006. Nel
ricordare la sua partecipazione, nel 1980, all’Assemblea speciale del Sinodo
dei vescovi per la famiglia, da cui scaturì poi l’enciclica Familiaris Consortio, Benedetto XVI
riafferma nella lettera che “tutti i popoli, per dare un volto veramente umano
alla società, non possono ignorare il bene prezioso della famiglia, fondata sul
matrimonio.
Si tratta – osserva - di “un patrimonio e di un bene comune della
società”, poiché “il matrimonio e la famiglia sono insostituibili e non
ammettono alternative. In particolare - prosegue il Pontefice - “la famiglia
cristiana ha, oggi come mai, una missione mobilissima e ineludibile, la
trasmissione della fede”. E i padri - ha aggiunto - “sono i primi
evangelizzatori di figli, dono prezioso del Creatore, a partire
dall’insegnamento delle prime preghiere”. In questo modo - conclude Benedetto
XVI - “si va costruendo un universo morale radicato nella volontà di Dio, nel
quale il figlio cresce nei valori umani e cristiani che danno un pieno senso
alla vita”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo “Gioia e fierezza di
una nuova stagione eucaristica”: con la celebrazione della solennità del Corpus
Domini Benedetto XVI conclude a Bari il XXIV Congresso Eucaristico della Chiesa
in Italia.
Il
discorso di Benedetto XVI alla 54.ma Assemblea generale della Conferenza
episcopale italiana.
Nelle
vaticane, il dettagliato resoconto dell’evento ecclesiale di Bari con i
servizi degli inviati Francesco M. Valiante e Gaetano Vallini.
Nelle
estere, Unione Europea: l’elettorato francese respinge il nuovo Trattato
costituzionale; nel referendum vittoria dei “no” con il 54,87 per cento dei
voti.
Nella
pagina culturale, un articolo di Franco Patruno dal titolo “Una Tv modello di
servizio alla comprensione della realtà e della vita”: l’urgenza di un’esigenza
etica di primaria importanza.
Nelle
pagine italiane, in primo piano la vicenda della volontaria rapita in
Afghanistan.
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30
maggio 2005
CON IL 54 % DEI VOTI, LA FRANCIA DICE NO AL
TRATTATO COSTITUZIONALE EUROPEO. I PAESI CHE HANNO PREVISTO LA CONSULTAZIONE
POPOLARE CONFERMANO
L’ APPUNTAMENTO ALLE URNE. ANCHE LE ISTITUZIONI
EUROPEE CHIEDONO
CHE SI CONCLUDA IL PROCESSO DI RATIFICA
- Con noi Luigi Cocilovo, Pierluigi Dastoli, mons.
Aldo Giordano -
Il no
di ieri al referendum in Francia sulla Costituzione europea ha raggiunto oltre
il 54 % dei voti. Oltre al coinvolgimento dell’intera Unione ci sono
innanzitutto i contraccolpi sugli equilibri politici interni. Da Parigi ce ne
parla Francesca Pierantozzi:
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Il primo ministro Jean-Pierre Raffarin, in procinto di
lasciare Palazzo Matignon, è stato ricevuto in mattinata all’Eliseo da Jacques
Chirac. Un incontro breve al termine del quale Raffarin si è limitato a
commentare che ci saranno degli sviluppi tra oggi e domani. Intanto è stata
annunciata la convocazione, sempre all’Eliseo, di Nicolas Sarkozy. Il
presidente del partito neogaullista UMP, che non ha mai fatto mistero delle sue
ambizioni presidenziali, è uno dei possibili successori di Raffarin. Secondo un
sondaggio di questa mattina, i francesi sono d’accordo: è Sarkozy che
vorrebbero vedere a Palazzo Matignon. Il voto di ieri lascia pesanti strascichi
anche nella sinistra, soprattutto nel partito socialista lacerato dal
referendum. François Hollande ha dichiarato, questa mattina, che resterà
segretario del partito e che presto bisognerà arrivare ad un chiarimento con i
dissidenti del ‘no’ in vista di una unità, oggi difficile, ma indispensabile
per le presidenziali del 2007.
Francesca Pierantozzi, da
Parigi, per la Radio Vaticana.
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Tra
le tante reazioni al voto di ieri in Francia c’è la dichiarazione del premier britannico Blair: “Ci vorrà tempo
per digerire questa mancata ratifica”. Blair ha anche invitato l’Europa ad un
dibattito più ampio, soprattutto sui temi economici. Nessuna decisione, per
ora, proprio sul referendum in Gran Bretagna, mentre sono confermati quelli in
Portogallo e Danimarca. E anche Svezia e Finlandia ribadiscono la volontà di
proseguire il processo di ratifica. Sull’importanza di portare a termine tale
processo, Fausta Speranza ha sentito il vicepresidente del Parlamento europeo,
Luigi Cocilovo:
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R.-
La valutazione è di salvaguardare anzitutto la piena possibilità e libertà per
tutti i Paesi, per tutti i popoli, direttamente o indirettamente, con
referendum, con le ratifiche parlamentari di pronunciarsi, così come avvenuto
per alcuni Paesi, tra cui appunto la Francia. Io mi auguro che prevalga
l’opinione che il processo di ratifica, di verifica, di consenso sul Trattato
costituzionale possa continuare e possa quindi concludere il suo percorso
presso tutti i popoli e tutti i Paesi coinvolti.
D. –
E’ stato un momento di arresto, un momento di crisi. Come definirebbe il “no”
di ieri?
R. –
Al di là delle soluzioni che si potranno adottare, concludere il processo di
ratifica significherà avere un quadro più chiaro e più completo
dell’orientamento di tutti i popoli e Paesi europei sul Trattato
costituzionale. Mi auguro che le manifestazioni di dissenso e di contrasto
restino, per quanto molto significative ed importanti e da non sottovalutare,
minoritarie. Detto questo, ci si deve, in ogni caso, interrogare su quello che
è avvenuto, sulle ragioni. Io ritengo che sia finita la stagione che in qualche
modo considero anche la causa di queste difficoltà, di utilizzare l’Europa come
alibi o come ostaggio. Alibi rispetto anche a politiche nazionali che il quadro
di mondializzazione dei processi economici, finanziari, sociali imponeva alle
volte anche con qualche contenuto o contraccolpo di impopolarità. Spesso, invece,
i governi hanno scaricato sull’Europa tali scelte facendola diventare la
calamita di tutta la negatività agli occhi delle opinioni pubbliche nazionali, oscurando
invece la convinzione o comunque il dovere di annunciare che probabilmente
quelle politiche e quelle scelte avrebbero interrogato in ogni caso il sistema
Paese e che anzi l’Europa era una cornice di riferimento più ampia e come tale
in grado di attenuare gli effetti negativi piuttosto che esasperarli. E poi l’europa come ostaggio:
come in parte è avvenuto in Francia in un momento complessivamente difficile
con alcuni aspetti critici, sotto il profilo della congiuntura economica e
quindi delle ripercussioni sociali, l’Europa è diventata quasi l’occasione per
manifestare forme di dissenso nei confronti delle politiche dei governi
nazionali e quindi proprio utilizzata quasi come ostaggio.
Ma,
in definitiva, come valutare questo no francese al Trattato costituzionale? Ancora
al microfono di Fausta Speranza, il rappresentante in Italia della Commissione
europea, Piervirgilio Dastoli:
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E’ una febbre alta di crescita. L’Europa è passata
attraverso altre crisi: nel 1954 la Francia respinse la Comunità Europea di
difesa e poi un anno dopo, ricorre in questo giorni l’anniversario, ci fu la
conferenza di Messina su iniziativa italiana, che rilanciò il processo di
integrazione comunitaria. Il ‘no’ dei danesi al Trattato di Mastrich, il ‘no’
degli Irlandesi al trattato di Nizza … Insomma, ci sono state una serie di
crisi e poi, fra l’altro, non bisogna dimenticare che più o meno a metà degli
anni ’70 l’Europa visse anche una forte crisi, quella che si chiamò
“eurosclerosi”. Ora, in quell’occasione, fu il Parlamento europeo a riprendere
in mano il processo di integrazione europea, approvando il progetto Spinelli
del 1984. Io credo che in questo momento bisogna rimettere sul tavolo delle
discussioni gli elementi politici di questo dibattito e che non basta
l’iniziativa di un paio di leader, ci vuole una forte iniziativa politica che
coinvolga non soltanto i governi, ma anche il Parlamento, l’opinione pubblica,
la forza civile, la società civile. E, soltanto in questo modo, io credo che
noi potremmo rilanciare il processo di integrazione europea che, certamente, è
molto colpita dal risultato del referendum francese.
**********
Anche
la Chiesa si è pronunciata per il ‘sì’ alla Costituzione nonostante l’assenza
di riferimenti alle radici cristiane, guarda con una certa preoccupazione al
voto di ieri. La mancata ratifica della Francia – affermano i vescovi del
Vecchio Continente – è una sfida per l’Europa intera. Sentiamo al microfono di
Andrea Sarubbi, mons. Aldo Giordano, segretario del Consiglio delle Conferenze
episcopali europee:
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R. - Rispetto a questo ‘no’ al Trattato costituzionale,
appaiono dall’esterno anche motivazioni contrapposte: c’è chi ha votato ‘no’
perché vedeva nel Trattato un rischio per la laicità francese, ma anche chi ha
votato ‘no’ perché non trovava nel Trattato un riferimento profondo, per
esempio, alle radici cristiane. Complessivamente, uno dei motivi che hanno
spinto verso una posizione critica sembra essere stato la crisi economica che
c’è in Europa e che tocca le varie Nazioni.
D. – Che lezione può imparare
l’Europa dal ‘no’ della Francia?
R. – Forse ciò che adesso va tenuto in conto è lo choc culturale e politico
che questo voto crea. Non ci si può limitare a dire: “Bene, continueremo col
Trattato di Nizza…”, ma bisogna tener conto di questo evento nuovo che crea un
interrogativo sul processo europeo. Ecco, dobbiamo cogliere l’occasione per un
approfondimento: evidentemente, la Costituzione europea ha bisogno di andare
più in profondità. Dobbiamo cogliere questa occasione per ripensare all’idea di
Europa, per capire dove vogliamo andare, per ridare veramente contenuti a certi
valori che suonano un po’ vuoti e retorici… in fin dei conti, certe preoccupazioni
espresse da questo voto possono anche essere condivise. Io stesso ho potuto
vedere personalmente che nei Paesi dell’Est certe preoccupazioni sono presenti.
Ecco, se fosse un’occasione per un approfondimento, questo choc potrebbe anche
diventare in futuro positivo. Ma non dobbiamo dimenticare che il ‘no’ di ieri
va capito all’interno della situazione francese ed interpretato più come una
protesta generale che non come un rifiuto dell’Europa. In ogni caso, noi
pensiamo che il progetto europeo andrà avanti, speriamo che prosegua davvero, e
lavoriamo affinché ciò avvenga.
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DAL PRIMO GIORNO DI ELEZIONI POLITICHE IERI, IN
LIBANO,
ESCE
FAVORITO SAAD HARIRI, FIGLIO DELLO STATISTA UCCISO
- Intervista con Camille Eid -
Saad Hariri vince la prima delle
quattro tornate delle elezioni per il Parlamento libanese a Beirut. Lo ha
ufficialmente annunciato il ministro degli Interni libanese Hassan Sabaa.
Tuttavia, l’astensionismo record getta un’ombra sul risultato del voto, il
primo in 33 anni senza la soffocante tutela siriana. Il servizio di Graziano
Motta:
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La
prima tornata elettorale, che ha interessato la capitale Beirut, ha visto scontata
la vittoria della lista antisiriana di Saad Hariri, il figlio del primo
ministro ucciso nella strage del 14 febbraio, che si è aggiudicata tutti e 19 i
seggi in palio ma, a causa della immodificata legge elettorale, che si fonda
sul rispetto degli assetti confessionali e garantisce comunque alle varie
componenti una rappresentanza alla Camera, è venuto a mancare l’interesse degli
elettori nel recarsi alle urne. L’astensionismo è stato più forte del previsto,
attestandosi su circa il 73 per cento, anche per l’appello a disertare alle
urne del generale Michel Aoun, l’esponente dell’opposizione alla Siria,
rientrato in Libano dopo il lungo esilio in Francia e fautore di un
rinnovamento democratico. Saad Hariri, che verosimilmente uscirà vittorioso
anche dalle altre tre tornate elettorali in altrettante regioni del Paese -
l’ultima, domenica 14 giugno - si è detto fautore del dialogo in nome
dell’unità nazionale.
Per Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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Le tre liste elettorali di Beirut guidate da Saad Hariri, figlio
dell’ex premier assassinato a febbraio, si sono dunque aggiudicate i 19 seggi
della capitale: 10 cristiani e 9 musulmani. Ma l'astensionismo record fatto
registrare ai seggi - meno del 30 per cento si è infatti recato alle urne -
getta un’ombra sul risultato. Sul perché i libanesi abbiano disertato le urne,
Giada Aquilino ha sentito il collega libanese Camille Eid, esperto di questioni
mediorientali per il quotidiano ‘Avvenire’:
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R. – Esiste
in effetti un’unica lista. Quando in una circoscrizione, su sette seggi, cinque
sono già assegnati d’ufficio, gli elettori sono molto meno motivati ad andare a
votare per i rimanenti due seggi.
D. – Perché sono assegnati
d’ufficio?
R. – Perché mancano candidati
rivali, persone che scendano in competizione con la lista di Hariri. Ciò è
dovuto, in parte, al fatto che Saad Hariri ha detto che il voto doveva essere
un segnale contro gli assassini di suo padre, per cui ogni concorrente rivale
avrebbe significato quasi aver collaborato nell’assassinio di Rafik Hariri.
D. – Ma sull’astensionismo
quanto hanno influito gli appelli al boicottaggio come quello dell’ex generale
Aoun?
R. – Il tasso di partecipazione
alle ultime elezioni del 2000 nel quartiere cristiano di Achrafieh aveva
raggiunto il 30 per cento. Questa volta si parla, invece, dell’11-12 per cento:
si può desumere che l’appello del generale Aoun abbia influito parecchio. Se
prendiamo in esame, invece, il quartiere armeno, dove il tasso cinque anni fa
era del 28 per cento e questa volta è stato del 6-7 per cento, si può intuire
che lì potrebbe aver influito sia l’appello di Aoun, sia soprattutto il fatto
che i deputati armeni - sono tre su sette, in quella circoscrizione - risultavano
già eletti d’ufficio.
D. – Questo astensionismo è
segno anche di una spaccatura politica in seno al fronte antisiriano?
R. – Si tratta più di una
rivalità. Tutti si rifanno ovviamente alla grande manifestazione antisiriana
del 14 marzo, però hanno visioni separate. Il generale, essendo rientrato solo
tre settimane fa in Libano, chiedeva di partecipare alla pari con Hariri alla
scelta dei deputati, invece si è visto costretto ad accettare un seggio qua ed
uno là, mentre le vecchie facce, che avevano partecipato alle elezioni in 15
anni di dominio siriano, erano rimaste le stesse.
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IL
“NO” DELLA SANTA SEDE ALLE ARMI NUCLEARI,
PER UN
MONDO CHE COSTRUISCA LA SUA SICUREZZA SUL DISARMO
E IL
DIALOGO E NON SUL DETERRENTE DEGLI ORDIGNI ATOMICI
-
Intervista con il senatore Douglas Roche -
“Un
attentato alla vita sul pianeta terra”. E’ così che la Santa Sede considera le
armi nucleari e il loro potenziale distruttivo. Alla recente Conferenza
dell’ONU sul Trattato di non proliferazione, le nazioni firmatarie non sono
riuscite ad accordarsi sul futuro di un documento nato al tempo della Guerra
fredda ma bisognoso di essere ridisegnato alla luce dei nuovi scenari mondiali.
L’empasse non ha indotto comunque al
pessimismo la Santa Sede, che ai lavori di New York era rappresentata dal
senatore canadese Douglas Roche. La sua opinione, espressa al microfono della
collega della nostra redazione inglese, Philippa Hitchen, è che lo stallo sia
sintomatico della più ampia atmosfera politica che sta minando il diritto
internazionale:
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R. – IT’S EASY, I SUPPOSE, TO ASSIGNE BLAME FOR THIS
OR THAT,..
Ovviamente, è facile distribuire
rimproveri per questa o quella ragione; credo, però, che il problema sia più
profondo, ossia un riflesso della situazione geo-politica mondiale e
dell’indubbio indebolimento del diritto internazionale, al quale stiamo assistendo
in tutto il mondo, che si ripercuote su questo processo. Mentre si può affermare
con certezza che la Conferenza di per sé sia stata un fallimento, credo invece
che non sia stato un fallimento il Trattato di non-proliferazione come tale.
Credo che sia necessario compiere nuovi sforzi da parte di quegli Stati che
seguono la stessa linea e che credono fermamente nella necessità di aumentare
le disposizioni riguardo al disarmo nucleare previste dal Trattato. Io
personalmente non ho perso la speranza che il momento storico particolare ci
condurrà ad una maggiore riduzione e forse alla totale abolizione delle armi
nucleari.
D. – Lei ha detto che il
Trattato di per sé non è un fallimento: è giusto, però, comprendere che la
Santa Sede chiede in realtà una sorta di ri-negoziazione dei punti più importanti
compresi nel Trattato?
R. – WELL, THE HOLY SEE HAS MADE VERY CLEAR IN ITS
INTERVENTION HERE...
Nel suo intervento alla
Conferenza, la Santa Sede ha chiarito senza lasciare adito a dubbi che le armi
nucleari rappresentano un attentato alla vita sul pianeta terra e che questo
significa conseguentemente un attentato al processo di sviluppo sul pianeta. La
preservazione del Trattato di non-proliferazione richiede un impegno
inequivocabile ad un vero disarmo nucleare: questo impegno era stato preso nel
2000 ed era anche stato espresso nel 1995, quando il Trattato è stato prorogato
a tempo indeterminato. Quello che la Santa Sede vuole, in realtà, è che quegli
Stati “nucleari”, che fanno delle armi nucleari una priorità, ripensino la loro
attitudine e vengano ad un accordo con il resto del mondo: la sicurezza per
tutti richiede un forte miglioramento dell’articolo 6 del Trattato, che è quello
che appunto riguarda il disarmo nucleare.
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L’ARTISTA FRIULANO AFRO,
PROTAGONISTA DELLA PITTURA ITALIANA
DEL NOVECENTO, IN MOSTRA
AL MUSEO “GIOVANNI FATTORI” DI LIVORNO
- Con noi Renato Miracco -
Il
pittore friulano Afro in mostra al Museo civico “Giovanni Fattori” di Livorno,
da ieri (29 maggio) al 28 agosto. La rassegna “Afro. Metamorfosi della figura
dal 1935 al 1955” racconta, attraverso un centinaio di opere, gli esordi e il
passaggio dalla figurazione all’astrazione di Afro Basaldella. Scomparso nel
1976, Afro è tra gli artisti italiani contemporanei più apprezzati nel mondo,
in particolare negli Stati Uniti. Oltre ai dipinti di Afro, saranno in mostra a
Livorno anche capolavori dei suoi amici Burri, Fontana e Manzoni, protagonisti
– nelle parole di Moravia – del “nuovo Rinascimento italiano”. Afro può essere,
dunque, considerato a ragione uno degli innovatori dell’arte italiana. Lo
sottolinea il curatore della mostra livornese, Renato Miracco, intervistato da
Alessandro Gisotti:
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(musica)
R. –
Abbiamo scelto volutamente Afro, perché sicuramente lo possiamo considerare il
nostro Caronte dell’Arte Contemporanea: colui cioè che ci traghetta dalla figurazione
all’astrattismo. Dal 1935 al 1955, anni scelti per la mostra, Afro ci porta da
una pittura totalmente figurativa ad una pittura che aderisce all’astrattismo.
Ci porta in un universo totalmente fantastico di sogno. Una delle sue frasi più
famose è: “L’artista, una pianta che cresce spontaneamente”.
D. –
Quali sono le opere in mostra che, secondo lei, colpiranno maggiormente
l’occhio del visitatore?
R. –
Ci sono vari tipi di opere. Innanzitutto, ci sono le opere figurative del
primissimo periodo: abbiamo “La Caccia”, “Il Foro romano”, “Palatino” in cui si
vede un’attitudine di Afro ad una pittura veneta, alla pittura settecentesca
veneta. Lentamente poi in altri quadri ci pare di vedere Picasso, il cubismo sintetico
di Picasso. C’è una scomposizione totale della figura. Afro è sicuramente il
pittore italiano che ha avuto maggiori contatti con l’America ed ha avuto un
successo, non solo dal punto di vista critico, ma anche commerciale con
l’America. Tutti i musei americani hanno opere di Afro del periodo che va dal
’50 al ’60, con quadri molto significativi.
D. –
La vita e l’opera di Afro attraversano il Novecento. C’è un tema, un tratto che
accompagna l’evoluzione della sua pittura, dagli inizi in terra friulana alle
grandi mostre newyorkesi?
R. –
Afro è l’unico e forse l’ultimo pittore, nel senso che lui ama dipingere con questa
concezione considerata arcaica in quegli anni in Italia. Tutti andavano verso
la pittura “materica”, informale: ricordiamo le esperienze di Burri, Fontana,
verso la rottura dei vecchi canoni pittorici. Afro è l’unico che, anche nel
corso delle sue evoluzioni, del suo cambiamento, resta comunque un pittore. C’è
la frase famosa di Burri che dice: “Il vero pittore in Italia e nel mondo è
Afro. Il vero artista sono io”.
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30 maggio 2005
ATTI DI VANDALISMO
CONTRO UNA SCUOLA CATTOLICA NELLA PERIFERIA DI NEW DELHI, IN INDIA: LA CHIESA
LOCALE CHIEDE L’INTERVENTO DEL GOVERNO
NEW DELHI. = L’intervento del governo
per non insabbiare gli episodi di violenza contro i cristiani in India: è
quanto ha chiesto la Chiesa cattolica del Paese, dopo l’attacco di alcuni
teppisti contro una scuola delle suore del Sacro Cuore a Sabhapur, alla
periferia di New Delhi, che offre istruzione ai bambini poveri della diocesi di
Meerut. L’assalto è avvenuto di notte: la banda ha bruciato i registri
nell’ufficio del direttore e le porte di 3 classi, distrutto mille diari nuovi
per gli studenti e 200 libri di testo. Il vescovo locale, mons. Patrick Nair,
dopo aver visitato l’istituto, ha fatto aprire un’indagine alla polizia. “Le
forze dell’ordine devono arrestare subito i colpevoli dell’incidente”, ha
dichiarato all’agenzia AsiaNews
padre Shaya Das, tesoriere della diocesi. “Come cristiani crediamo nel perdono
– ha sottolineato – ma queste violenze contro suore e bambini innocenti devono
essere portate alla luce”. Secondo padre Das, è necessario che la gente “sappia
delle bassezze commesse da questi teppisti che diffondono violenza e paura”.
Rajpalsingh Rana, l’ufficiale di polizia responsabile del caso, ha detto che
“il principale scopo della banda era distruggere i registri scolastici”. Prima
dell’attentato la scuola non aveva ricevuto reclami né contro il personale
docente né contro quello amministrativo. (R.M.)
IERI, “GIORNATA
DELLA VITA” IN COREA DEL SUD: I VESCOVI DEL PAESE DICONO “NO” ALLA CLONAZIONE,
RICORDANDO L’ENCICLICA DI GIOVANNI PAOLO II,
“EVANGELIUM VITAE”, A 10 ANNI DALLA
PUBBLICAZIONE
SEUL. = Il rispetto assoluto della vita, fin dal suo concepimento;
la difesa dei diritti dell’embrione, che non può essere considerato un oggetto;
il ‘no’ alla clonazione, “pratica aberrante in cui l’essere umano si
sostituisce a Dio e vuole farsi creatore”; il valore della vita umana in sé, a
prescindere dalla salute o dalla supposta “qualità”: sono i temi della
“Giornata della Vita”, celebrata ieri in Corea del Sud dalla Chiesa cattolica.
“La vita umana - si legge nel messaggio della Commissione di Bioetica della
Conferenza episcopale del Paese – ha un suo valore per il solo fatto che
appartiene a una persona: ogni tentativo di misurare gli esseri umani
attraverso una supposta qualità della vita causerebbe la degradazione della
persona umana”. Ricordando il 10.mo anniversario dell’enciclica di Giovanni
Paolo II, “Evangelium Vitae”, il testo esprime la
speranza che il “Vangelo della Vita possa essere accolto da tutti”. Mons. Francis Xavier Ahn Myong-ok, presidente della
Commissione, è poi intervenuto sui recenti esperimenti di clonazione portati
avanti in Corea dal prof. Woo Suk Hwang: “E’ molto triste – ha dichiarato
– testimoniare la situazione attuale, in cui il risultato della tecnologia
scientifica sta sfruttando la vita umana senza rispetto per il senso morale,
mentre i mass media danno rilievo alle acquisizioni ottenute e non ai
potenziali problemi”. In settembre, la Commissione terrà un simposio per
denunciare l’incostituzionalità, in alcune sue parti, della “Legge sulla
Bioetica” vigente in Corea. (R.M.)
“IL MINISTERO DI
GUARIGIONE DELLA CHIESA NEI PAESI AFRICANI
ALL'ALBA DEL TERZO
MILLENNIO: SFIDE E OPPORTUNITÀ”: È IL TEMA CONVEGNO
DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE REGIONALE DELL'AFRICA OCCIDENTALE,
AL VIA DOMANI A COTOUNOU, NEL BENIN
- A cura di p. Joseph Ballong -
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COTOUNOU.
= Da domani, Convegno della Conferenza episcopale regionale dell’Africa occidentale
a Cotounou, nel Benin. L’incontro
intende riflettere sullo sviluppo delle capacità di gestione delle strutture
sanitarie, sulla promozione delle risorse umane e finanziarie e sulla
collaborazione a livelli diocesano, nazionale, regionale e internazionale. Nei
tre giorni di lavori, con l’aiuto di esperti internazionali tra cui quelli
dell’Organizzazione mondiale della sanità, i vescovi responsabili dei settori
dei servizi sanitari in seno alle rispettive Conferenze episcopali, cercheranno
di identificare e riconoscere le discordanze attuali ed emergenti che la Chiesa
si trova ad affrontare nella sua missione evangelizzatrice. Una missione che
comprende anche il mondo della malattia e che richiede di accompagnare al
meglio e consolidare le unità sanitarie che dipendono dalla Chiesa nelle varie
diocesi, attraverso una rete di servizi di pastorale sanitaria tra i diversi
Paesi, per poter migliorare gli scambi di esperienza anche a livello ecumenico.
La solenne seduta di apertura dei lavori avrà luogo domani alla presenza dei rappresentanti
del governo del Benin e del nunzio apostolico in Benin e in Togo.
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RESPINTO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI DEL PARAGUAY UN
PROGETTO DI LEGGE
SULLA “PREVENZIONE E ASSISTENZA ALLE VITTIME DI
ATTI CONTRO L’AUTONOMIA SESSUALE E CONTRO I MINORI”. GRANDE SODDISFAZIONE PER I
CRISTIANI DEL PAESE, CHE NEI GIORNI SCORSI, CON UNA MANIFESTAZIONE ECUMENICA,
NE AVEVANO DENUNCIATO LA INADEMPIENZA AL RISPETTO DELLA VITA E DELLA FAMIGLIA
ASUNCIÓN. = Con 57 voti su 66, la Camera dei Deputati del Paraguay
ha respinto il progetto di legge dal titolo “Programma Nazionale di prevenzione
e assistenza alle vittime di atti punibili contro l’autonomia sessuale e contro
i minori”, rimandandolo alla Camera dei Senatori per il suo studio. Il
risultato ottenuto in sede parlamentare può considerarsi anche frutto della
Manifestazione Ecumenica organizzata mercoledì scorso ad Asunción per
contestare la legge, “contraria alla vita e alla famiglia”. L’arcivescovo della
città, mons. Eustaquio Pastor Cuquejo Verga, intervenendo all’incontro, ha
ricordato ai legislatori: “Tutti i cristiani pregano per voi affinché non
approviate leggi che relativizzano la vita”. Da parte sua, il vescovo
anglicano, Juan Ellinson, ha invitato tutti i cristiani a rendere più forti le
loro famiglie attraverso l’educazione dei figli, incoraggiandoli a mantenersi
saldi nella lotta contro il relativismo e nell’impegno di ripristinare i valori
morali. A sua volta, il pastore José Micenea, ha difeso la vita e il matrimonio
costituito tra uomo e donna e, a nome delle Chiese Evangeliche, ha espresso il
suo rifiuto totale alle leggi che vogliono relativizzare la vita. (R.M.)
LA PACE E LA COMPRENSIONE TRA
I POPOLI, AL CENTRO
DEL 47.MO PELLEGRINAGGIO INTERNAZIONALE DEI
SOLDATI A LOURDES,
CONCLUSOSI IERI
- A cura di Ludwig Waldmüller -
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LOURDES.
= Si è concluso ieri a Lourdes il 47.mo Pellegrinaggio internazionale dei
soldati, che ha visto la partecipazione di circa 17 mila militari, provenienti
da 30 Paesi. I temi della pace e della comprensione tra i popoli hanno guidato
sia la fiaccolata notturna di sabato, con la preghiera del Rosario, ripetuta
per ben 4 volte, insieme con i pellegrini malati, che la Messa solenne di
domenica. Un pellegrinaggio, certamente molto toccante, che lascerà il segno
nel cuore dei partecipanti: “Ovviamente – ha spiegato un cappellano militare –
non tutti vengono qui per ragioni religiose, ma tutti tornano a casa in modo
diverso”. “La Madonna di Lourdes – ha aggiunto – cambia qualcosa in tutti i
soldati e questo grazie all’incontro con i militari delle altre Nazioni e,
soprattutto, grazie alla preghiera davanti alla Grotta di Massabielle”. E chi
ha visto i soldati in uniforme, inginocchiati davanti alla Grotta alle 5.00 del
mattino, può capirlo.
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INDETTO UN CONCORSO PER LA
REALIZZAZIONE DEL LOGO DELLA TERZA ASSEMBLEA ECUMENICA EUROPEA, AL VIA IL
PROSSIMO GENNAIO A ROMA
ROMA. =
La Conferenza delle Chiese europee (KEK) e il Consiglio delle Conferenze
Episcopali d’Europa (CCEE) hanno indetto un concorso per la realizzazione del
logo della Terza Assemblea Ecumenica Europea (AEE3), che partirà a Roma a
gennaio, con 4 tappe che culmineranno a Sibiu, in Romania, nel settembre del
2007. Il vincitore riceverà un premio di mille euro e potrà partecipare
gratuitamente all’incontro. Il suo logo sarà utilizzato nelle diverse
pubblicazioni e riprodotto nelle varie pubblicità dell’Assemblea in tutta
Europa. Sarà poi esposto a Sibiu e costituirà un elemento essenziale
nell’allestimento dei vari luoghi dell’incontro. E’ probabile, inoltre, che
tutte le proposte vengano esposte in una mostra nel corso dell’Assemblea.
Secondo gli organizzatori, il logo dovrebbe rendere visibile il tema dell’AEE3,
ovvero, “La luce di Cristo illumina tutti. Speranza di rinnovamento e di unità in
Europa”. Dovrebbe inoltre poter essere utilizzato in contesti multilinguistici.
Il termine ultimo per la consegna è il 30 giugno 2005. Le proposte dovranno
essere spedite al CCEE e/o alla KEK. Verranno poi analizzate da una Commissione
congiunta, che comunicherà l’esito del concorso entro i 2 mesi successivi. (R.M.)
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30
maggio 2005
- A cura di Eugenio Bonanata -
È di
almeno 20 morti il bilancio provvisorio di un duplice attentato suicida
stamattina a Hilla, 100 km a sud di
Baghdad, durante una manifestazione di ex membri del corpo scelto di polizia. Intanto, 40 mila soldati iracheni sono
impegnati nella più più grande operazione anti-guerriglia dalla caduta di
Saddam, che ha portato, secondo il governo provvisorio, a 500 arresti. Tra
questi un ex alto ufficiale dell'esercito del deposto presidente Saddam
Hussein, sospettato di aver appoggiato la ribellione in Iraq. Il servizio di
Eugenio Bonanata:
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Sono 40 mila i soldati iracheni, appoggiati da 10
mila soldati americani, impegnati
da ieri nel più grande blitz anti-guerriglia in Iraq. L’obiettivo
dell’operazione ‘Saetta’ è quello di stroncare le azioni della guerriglia che,
in un solo mese, hanno
provocato oltre 600 vittime. E’ il più grande dispiegamento di forze di
sicurezza nel Paese dopo la caduta di Saddam Hussein. Così, la capitale è stata
circondata da un cordone di sicurezza per impedire l’accesso a possibili
terroristi. E ieri, appena scattata, l’operazione ha portato, secondo quanto
riferito dal governo provvisorio iracheno, all’arresto di 500 sospetti
nell’area di Baghdad. Ma
la guerriglia non sta a guardare. Un comunicato di al Qaeda, infatti, assicura
che è in atto una controffensiva dell’organizzazione terroristica, pianificata
e diretta da Al Zarqawi, che
potrebbe essere ferito. I controlli non bastano: stamani la terribile conferma.
Due diversi attentati kamikaze hanno provocato almeno una ventina di morti a
Hilla, 100
chilometri a sud di Bagdad. La polizia parla peraltro di diverse decine di
feriti. Il primo attentatore si è fatto saltare in aria in mezzo alla folla di
circa 500 ex membri del corpo scelto di polizia, che si erano radunati davanti
al governatorato per chiedere il loro reintegro nel corpo. E un alto kamikaze
si è fatto esplodere in mezzo ad una folla di uomini in fila davanti a un
centro medico dove esercito, polizia e servizio civile sottopongono a visita
medica coloro che vogliono arruolarsi.
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La
volontaria italiana Clementina Cantoni, rapita il 16 maggio a Kabul, è apparsa
ieri in un video trasmesso dall’emittente afghana Tolo Tv. Nel filmato la
giovane ha il capo coperto da un velo blu, mentre due uomini le puntano due
mitra alle tempie. Il direttore dell’emittente ha confermato che uno dei sequestratori, Timor Shah, ha telefonato
dicendo che l’ostaggio “non sta bene, che
ha bisogno di cure” e chiedendo
un impulso ai negoziati. Sul significato di questo video Roberto Piermarini ha raccolto
il commento dell’esperto di terrorismo del Corriere della sera, Guido Olimpio:
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R. – E’ un
segnale che i terroristi hanno dato in risposta a richieste precise dei
negoziatori. Ossia: gli italiani volevano essere sicuri che il loro mediatore è
in contatto con la banda e il video rappresenta quindi una risposta. Però,
rispetto ai cinque video iracheni, qui non ci sono richieste; non c’è alcuna
valenza politica, non c’è alcun messaggio nascosto. E’ semplicemente un
messaggio. E’ come le fotografie che una volta mandavano i sequestratori: hanno
usato questo sistema.
D. –
Timori e speranze, dopo questo video?
R. – Diciamo
che la speranza è che non ci sono delle richieste precise e quindi si
confermerebbe una collocazione banditesca, di predoni da parte di questa banda.
Dall’altra, è vero che l’Afghanistan è un posto imprevedibile e quindi, essendo
un gruppo così strano, bisogna essere molto cauti e prudenti.
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E sul campo le violenze non si placano neppure in
Afghanistan. Una bomba piazzata su una bicicletta è esplosa stamattina nella
parte orientale di Kabul, sulla strada che conduce a Kalalabad: almeno 7 i
feriti, tutti civili. Stanotte, invece, è stato lanciato un razzo contro la
sede dell’Isaf, il contingente internazionale di pace.
Il governo israeliano ha annunciato ieri la
liberazione di 400 detenuti palestinesi. La decisione è stata assunta da
Israele per favorire una politica di distensione verso il presidente
dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen. La data del rilascio non è
stata comunicata. Israele aveva già rilasciato 500 detenuti
palestinesi lo scorso 21 febbraio dopo l'annuncio di Abu Mazen del cessate il
fuoco seguente al vertice di Sharm el-Sheik. Intanto, nei Territori, l'Intifada armata cerca di riprendere
l'iniziativa. Ieri quattro palestinesi sono rimasti uccisi in diversi scontri a
fuoco.
Almeno 11 morti nel sudovest
della Somalia, per i violenti combattimenti in corso tra fazioni rivali a
Baidoa. I miliziani che la controllano, infatti, si oppongono alla decisione
del governo di transizione, in esilio in Kenya, di trasferirsi in questa città.
Contestato anche l’arrivo di un contingente di pace, formato da militari
etiopi.
Proprio dall’Etiopia, intanto,
giungono i risultati delle elezioni parlamentari di domenica scorsa. Non sono
ancora dati definitivi, ma sono sufficienti per affermare che la coalizione del
premier uscente, Zenawi, ha conquistato la maggioranza assoluta. Il nuovo
governo sarà dunque formato dal Fronte democratico rivoluzionario del popolo
etiope e da quattro partiti minori.
Contribuire
all’applicazione dell’accordo di pace firmato nel gennaio scorso, dopo oltre 20
anni di guerra civile tra governo di Khartoum e
ribelli: questo l’obiettivo del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, in
visita ieri in sud Sudan, dove ha incontrato il leader del Movimento di
liberazione sudanese, John Garang. A lui, Annan ha assicurato: “Le Nazioni
Unite sono qui, raddoppieremo i nostri sforzi ed eserciteremo pressioni sulla
comunità internazionale per dar seguito ai suoi impegni”.
I dati sulla
criminalità in Kenya, per quanto inferiori all’anno scorso, assomigliano sempre
a un bollettino di guerra. Li riassume, citando fonti del ministero
dell'Interno e della polizia, il quotidiano 'Nation'. Nei primi tre mesi
dell'anno, ci sono stati 295 omicidi: 83 in gennaio, 119 in febbraio, 93 in
marzo. Almeno 660, nello stesso periodo, i casi di violenza sessuale
denunciati.
Due uomini
sono morti attraversando i campi minati al confine tra Grecia e Turchia, nella
provincia nord orientale di Evros. I due, originari della Georgia, cercavano di
entrare clandestinamente in territorio greco. L'incidente è avvenuto nella
tarda serata di sabato. I corpi devastati delle due vittime, a causa della
difficoltà di movimento nel campo minato, sono stati recuperati dalle squadre
di soccorso soltanto 11 ore dopo.
In Germania la leader Cdu Angela Merkel è stata nominata
candidata dell’Unione Cdu e Csu nella sfida alla cancelleria alle elezioni a
settembre. La notizia ancora non è ufficiale ma è stata anticipata dall’agenzia
Dpa. Merkel sfiderà il cancelliere in carica Schroeder alle politiche
anticipate il 18 settembre. Le elezioni anticipate sono
state convocate da Schroeder in seguito alla disfatta elettorale subita nel
Nord Reno Westfalia lo scorso 22 maggio.
Una scossa di
4,6 gradi sulla scala Richter è stata avvertita questa mattina in Giappone.
Dalle prime informazioni, l'evento sismico non ha procurato danni a persone o
cose. Nessun allarme tsunami è stato lanciato.
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