RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
148 - Testo della trasmissione di sabato 28 maggio 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
Referendum
domani in Francia sulla Costituzione Europea. Intervista con Giuseppe Bettoni
Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko
Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Duplice
attentato in Indonesia: 22 i morti ed una quarantina i feriti
Iraq
in preda alla guerriglia: attacchi a Kirkuk e Mossul
Fallita
la Conferenza dell’ONU sul Trattato di non proliferazione nucleare.
28 maggio 2005
RICONCILIAZIONE SOCIALE
E FORMAZIONE CRISTIANA, BASI PER LA RINASCITA
DEL BURUNDI: AI PRESULI DEL PAESE AFRICANO
L’ESORTAZIONE DI BENEDETTO XVI,
CHE HA RICORDATO IL NUNZIO MONS. MICHAEL COURTNEY,
UCCISO NEL 2003
E’ la Chiesa una delle “parti attive”
impegnate a spendersi per il ritorno della stabilità e della riconciliazione in
Burundi. Lo ha riconosciuto Benedetto XVI che poco fa ha parlato ai vescovi
della nazione africana, da giorni a Roma per la loro visita ad Limina. Nel suo discorso, il Papa ha
anche ricordato la figura dell’arcivescovo Michael Courtney, il nunzio
apostolico ucciso in Burundi il 29 dicembre del 2003. Il servizio di Alessandro
De Carolis:
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L’annuncio del Vangelo per
“guarire la memoria e i cuori”, per sostituire il perdono a rancori e
tentazioni di vendetta. Nel discorso ai vescovi del Burundi, Benedetto XVI è andato alla radice della grave instabilità dalla
quale non riesce ad emergere il Paese africano, insanguinato da anni di
conflitto intestino. Ed ha proposto la formazione cristiana e l’inculturazione
quali basi per costruire un tessuto sociale capace di rifiutare i risentimenti
a vantaggio della pace.
Con l’appuntamento elettorale
che si profila in agosto, il Papa ha sottolineato il ruolo attivo giocato dalla
Chiesa burundese “nella promozione della pace e della riconciliazione”. Ed ha
anche ricordato i numerosi cristiani che, nell’ora oscura della guerra, hanno testimoniato
in modo eroico la loro fede, tra i quali l’indimenticato nunzio apostolico
Michael Courtney, presule del quale Benedetto XVI ha voluto “fare memoria” come
di un esempio di fedeltà piena alla missione di servire la Chiesa. Tuttavia -
ha proseguito il Pontefice - la violenza non può distogliere dal “desiderio di
lavorare per la fraternità e l’unità fra tutti”. E qui, Benedetto XVI ha
insistito in particolare sul contributo del Vangelo, capace di cauterizzare le
ferite inferte dalla guerra, e sulla necessità di “portare un’attenzione rinnovata
a tutti i fedeli”, a partire dagli insegnamenti di Giovanni Paolo II contenuti
nell’esortazione post-sinodale Ecclesia
in Africa, giunta al suo decennale di pubblicazione. Che tale documento -
ha detto il Papa ai vescovi - possa rimanere “la carta del vostro impegno nella
missione che vi è affidata”: una missione con particolare riguardo ai cristiani
che – ha affermato - dietro la spinta “della grande povertà” e della “miseria
spirituale”, potrebbero essere tentati “di ritornare a pratiche antiche non
purificate dallo Spirito del Signore”.
Oltre ad un’accurata formazione
cristiana, dunque, Benedetto XVI, nel porgere la sua benedizione alla comunità
ecclesiale locale, ha concluso esortando i vescovi del Burundi allo sforzo
dell’inculturazione, a partire dalla traduzione della Bibbia e del Magistero.
Ciò - ha concluso - permetterà ai burundesi “di assimilare sempre meglio il
messaggio evangelico, rimanendo allo stesso tempo fedeli a tutti i valori
africani autentici”.
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Il Burundi è dunque un Paese
ancora diviso tra la speranza di una democrazia che non riesce ad imporsi, e la
realtà di una politica in ostaggio delle armi. Un orizzonte in chiaroscuro, come
quello portato all’attenzione del Papa dall’epi-scopato burundese, come conferma
il vescovo della capitale Bujumbura, Evariste Ngoyagoye, intervistato da Jean-Baptiste
Sourou:
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R. – Abbiamo riferito le
preoccupazioni che abbiamo nel nostro Paese, che ha visto 12 anni di guerra, di
divisioni, di sofferenze ... ma siamo venuti dal Papa anche a condividere le
speranze che notiamo nel cuore di molti. Molti stanno cogliendo il frutto del
rileggere alla luce dell’amore le esperienze del passato. Quindi il popolo,
adesso, dopo questa maturazione e purificazione, sta comprendendo che le etnie
non sono la difficoltà, sono anche una ricchezza. Ma bisogna tirare le somme di
tutto quello che è avvenuto in passato e ricostruire tutto. Sul piano politico,
ci sono nuovi equilibri, mentre su quello economico abbiamo distrutto tanto e
si deve ricostruire quasi tutto. Anche i rifugiati devono tornare a casa, i
bambini soldato devono ritornare a casa e riconsiderare la loro vita, il loro
avvenire ... Tutti questi sono problemi importanti ma che portiamo nella
speranza.
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28.MO ANNIVERSARIO DELL’ORDINAZIONE EPISCOPALE
DI PAPA JOSEPH RATZINGER
Oggi
ricorre il 28.mo anniversario dell’ordinazione episcopale di Papa Benedetto
XVI. Il Santo Padre è stato nominato da Paolo VI arcivescovo di Monaco di
Baviera e di Frisinga il 25 marzo del 1977 e ha ricevuto l’ordinazione episcopale
il 28 maggio dello stesso anno scegliendo come motto “Collaboratori della Verità”.
Papa Joseph Ratzinger è stato il primo sacerdote diocesano ad assumere, dopo ottant’anni,
il governo pastorale della diocesi bavarese.
NOMINE
Il Santo Padre ha nominato vescovo coadiutore della diocesi
di Okigwe, in Nigeria, mons. Solomon Amanchukwu Amatu, trasferendolo dalla sede
titolare di Sabrata e sollevandolo dall’ufficio di ausiliare della diocesi di
Awka.
Benedetto XVI ha nominato membro
del Consiglio dell’Ufficio Centrale di Coordinamento Pastorale degli
Ordinariati Militari, costituito in seno alla Congregazione per i Vescovi,
mons. Fabio Suescún Mutis, Ordinario Militare per la Colombia.
IN ATTESA DEL PAPA
DOMANI, A BARI,
PENULTIMA GIORNATA DEL XXIV CONGRESSO EUCARISTICO
NAZIONALE.
TEMA DI OGGI “LA DOMENICA GIORNO DELLA MISSIONE”
- Con noi mons. Gianfranco Ravasi -
Il XXIV Congresso Eucaristico
Nazionale, sul tema “Senza la domenica non possiamo vivere”, sta vivendo la
penultima giornata dedicata, stamattina, alla famiglia e, nel pomeriggio, alla
missione. L’attesa è per la conclusione, domani, con la Messa presieduta da
Papa Benedetto XVI. “La domenica giorno della missione” è il tema di questa
giornata, come ci riferisce il nostro inviato a Bari, Fabrizio Mastrofini:
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Stamattina a Bari abbiamo
assistito ad una grande festa, la festa della famiglia, che unisce i temi del
Congresso Eucaristico e fa comprendere il senso dell’impegno della Chiesa
italiana e del percorso che ha compiuto dal Congresso Eucaristico di Bologna
del 1997 a quello di Bari del 2005.
La domenica e la famiglia, ci ha
detto mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Conferenza Episcopale,
indicano che, da una parte, è prioritario il tema della relazione interpersonale
e, dall’altra parte, è necessario pensare al luogo in cui la relazione tra le
persone si deve svolgere. Di fronte ad una società in cui il tempo libero viene
proposto all’insegna del consumismo e del disinteresse verso la realtà
spirituale, la Chiesa italiana indica che è necessaria una maniera diversa di vivere,
per un vero e pieno inserimento nella società.
E lo hanno dimostrato le
migliaia di persone che stamattina si sono radunate sotto il tendone principale
dello spazio della Fiera del Levante: moltissime famiglie e tantissimi giovani,
ma anche meno giovani, sacerdoti, religiose e religiosi, cardinali, arcivescovi
e vescovi, per un abbraccio corale e trasversale tra le generazioni. Una festa
della famiglia all’insegna della gioia e del benessere nello stare insieme e
nel percorrere insieme la stessa strada secondo la nota canzone di Claudio
Baglioni.
(musica: “Strada facendo”)
Una festa che ha dimostrato come
si possa parlare di famiglia portando momenti forti di testimonianza di giovani
coppie su come hanno superato le loro difficoltà cementandosi nell’unione; ma
anche facendo vedere come si possa parlare di famiglia in modo divertente,
sorridendo sui “vissuti” per dire che ripensando alla esperienza di ognuno si
può sorridere e si può imparare a stare insieme.
“Una volta
potevi lasciare la porta aperta, una volta! Poi venivano i ladri ti rubavano
tutto e la volta dopo chiudevi …”.
Forte e significativa la
riflessione del cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, che ha
sottolineato proprio in apertura del suo intervento, tra gli applausi, che la
famiglia è il nucleo fondamentale della società, ma anche della Chiesa. Lo
stile di attenzione ai bisogni degli altri che si impara in famiglia, si riporta
poi nella vita.
“Carissimi
giovani, vi chiedo di umanizzare la società e di umanizzare anche la Chiesa”.
Ed ha citato il documento papale
Familiaris Consortio, del 1981, nel paragrafo 43, che chiede proprio
alla famiglia di sprigionare quelle energie capaci di strappare l’uomo
dall’anonimato per inserirlo nel tessuto della società. La vostra vera libertà
– ha aggiunto il cardinale Tettamanzi – consiste nel dire sì alla chiamata di
Gesù, alla chiamata alla vita familiare, ma anche aperti alla chiamata al sacerdozio
e alla Vita Consacrata. Ed ha terminato tra gli applausi.
“Gesù, Lui vi
guida, sì, ma vi parla anche!”.
Dal Congresso Eucaristico di
Bologna a questo di Bari, in otto anni di cammino, la Chiesa italiana conferma
una volta ancora la grande spinta missionaria che la anima, all’interno del
Progetto culturale che – come ci hanno detto i vescovi incontrati – sta portando
oggi i suoi frutti, per tornare pienamente a fare cultura nella società italiana.
In questo senso, proprio i valori della difesa della vita – ci ha ribadito
mons. Giuseppe Betori – indicano che i cattolici sono uniti sulla linea indicata
dal Vangelo. Proprio nella famiglia come primo e fondamentale nucleo affettivo
ed educativo si realizza la saldatura di cui oggi la società italiana sembra
avere molto bisogno.
Stasera la colmata di
Marisabella sarà il luogo della festa e della veglia dei giovani, sentinelle
per attendere l’alba del giorno dopo il sabato, come ha detto poco fa mons.
Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari Bitonto.
L’alba del giorno dopo il
sabato, porterà qui a Bari Benedetto XVI, per la Celebrazione eucaristica che
si svolgerà dalle 10.00 del mattino, con la città pronta ad accogliere i pellegrini,
ed anch’essa in pellegrinaggio.
Da Bari per la Radio Vaticana
Fabrizio Mastrofini.
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La
domenica si rivela spesso, anche per molti cristiani, un giorno privo del suo vero
significato. La parola di Dio è offuscata, infatti, dai falsi richiami del
mondo materialistico. Ma a questi echi distorti bisogna anteporre la voce dello
Spirito. Ascoltiamo, in proposito, il prefetto della biblioteca ambrosiana di
Milano, mons. Gianfranco Ravasi, intervistato da Fabio Colagrande:
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R. – In una società come questa, nella quale non
c’è più neppure il nome domenica ma si dice ‘fine settimana’, una voce così
stridente rispetto alla secolarità nella quale siamo ormai immersi, può avere
un suo significato: c’è un grande desiderio di ritrovare parole fondamentali e
decisive. L’uomo ha bisogno di trovare le parole ultime che riguardano la vita
e la morte, il bene e il male, il vero e il falso, il mistero e la realtà di
ogni giorno.
D. –
Benedetto XVI ha anche invitato i cattolici a ridare importanza alla celebrazione
eucaristica …
R. –
Ho insistito anche nella mia relazione proprio sulla funzione, per esempio, che
il canto deve avere. Bisogna riscoprire la bellezza della musica e del canto
secondo la straordinaria tradizione inserita nella storia della cultura
occidentale. Nei Salmi abbiamo quest’appello: “Cantate a Dio con arte”.
Dobbiamo recuperare quella dimensione che sappia rendere il momento sacrale
anche un momento santo. Dobbiamo fare in modo che questa esperienza lasci una
traccia nelle coscienze e possa irradiarsi nell’esistenza di tutti i giorni.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l’udienza di Benedetto XVI ai vescovi della Conferenza episcopale
del Burundi. Il Papa ha richiamato l’esigenza di annunciare il Vangelo, di
favorire la solidarietà, di proscrivere vendetta e rancore, e di invitare senza
posa al perdono e alla riconciliazione.
Sempre
in prima, un articolo dell’inviato Francesco M. Valiante dal titolo “Benedetto
Colui che viene”: Benedetto XVI conclude a Bari il XXIV Congresso Eucaristico nazionale.
L’editto con il quale il cardinale Vicario Camillo
Ruini introduce la Causa di beatificazione e di canonizzazione del
Servo di Dio Giovanni Paolo II.
Nelle
vaticane, quattro pagine dedicate al Congresso Eucaristico nazionale, con i servizi
degli inviati.
Nelle
estere, Iraq: nuovi atti di violenza mentre imam sunniti e sciiti lanciano un appello
all'unità nazionale.
Indonesia:
più di venti morti in un attentato dinamitardo.
Nella
pagina culturale, un elzeviro di Mario Gabriele Giordano dal titolo “Poesie
come foglie”.
Nelle
pagine italiane, in primo piano statali: siglata l’intesa sui contratti dopo un
difficile negoziato governo-sindacati.
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28 maggio 2005
REFERENDUM
DOMANI IN FRANCIA SUL TRATTATO COSTITUZIONALE EUROPEO,
IN UN
CLIMA DI INCERTEZZA. IL ‘NO’ RESTA MAGGIORITARIO MA DI POCO
-
Intervista con il prof. Giuseppe Bettoni -
Riflettori puntati sulla Francia per il
referendum, domani, sul Trattato costituzionale dell’Unione europea. Intanto,
con il voto a favore della Camera Alta di Berlino, la Germania diventa il nono
Paese ad aver approvato la “Magna Carta” dell'Unione, dopo Lituania, Ungheria,
Slovenia, Italia, Grecia, Austria, Spagna e Slovacchia. Di questi solo Spagna e
Grecia lo hanno fatto per via referendaria. Tutti gli altri con iter
parlamentare. Un altro appuntamento con le urne sarà il primo giugno in Olanda,
dove gli ultimi sondaggi danno il no leggermente in calo, ma ancora in testa,
con il 57 contro il 43 per cento. E grande incertezza accompagna la vigilia del
voto in Francia: chiamate alle urne 42 milioni di persone per esprimere un ‘sì’
o un ‘no’ sulla costituzione europea. Le due parti tentano di conquistare gli
ultimi suffragi, motivando il fronte degli indecisi che sembra sia rappresentato
da circa un 20%.
Per il
momento il no resta maggioritario anche se di poco. In ogni caso, si è trattato
di un intenso dibattito. Fausta Speranza ne ha parlato con il professor Giuseppe
Bettoni, studioso del centro di ricerca “Paris VIII” e docente all’Università
di Milano:
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R. - Era da tempo che non si
vedeva un dibattito interno così profondo in un Paese della dimensione della
Francia. Effettivamente, negli ultimi mesi, non si parla più di nient’altro.
Diciamo che il Referendum è diventato la pietra angolare di ogni analisi
politica ed economica del Paese stesso. Tutti sono coinvolti in questa cosa o
per il sì o per il no e tutti si sentono partecipi. Non è solamente una
questione di pareri di ‘opinion leader’ ad un certo livello, ma anche il
semplice cittadino si sente coinvolto in maniera profonda, direi quasi
preoccupato, in un senso come in un altro, da questo Referendum. E questo in
sé, come fenomeno civico e politologico, è interessante.
D. – Ma è davvero il Trattato
Costituzionale al centro del confronto?
R. – No, ecco, questa è la
faccenda più importante. Tutto il fronte che vorrebbe il voto sì al Referendum
- e ricordiamo che si tratta di un fronte trasversale attraverso la destra e la
sinistra - parla e cerca di riportare i termini della discussione sulla questione
Trattato Costituzionale europeo. In realtà, si tratta di un enorme dibattito
interno alla Francia sullo status sociale del Paese in questo momento. Ci si
chiede se il progetto sociale è arrivato ad un punto di rinuncia, di
cambiamento, di frattura, di distruzione per crearne un altro.
D. – Le
perplessità dei francesi – almeno a quanto riferiscono media stranieri – sembra
riguardino la questione immigrazione…
R. – Questo è il paradossale.
Preciso: l’argomento più scottante in Francia non è tanto la questione
immigrazione. Credo che questo sia un problema che tocca molto l’Italia e
quindi l’Italia pensa che sia questa la ragione. I media italiani riflettono su
questo elemento richiamandosi a un
dibattito che è stato sollevato unicamente dal fronte nazionale di Le Pen, il quale effettivamente ha
detto: “Se diciamo sì alla Costituzione arriveranno i turchi dappertutto”. Ma
in molti sanno che è impropria come affermazione: la Costituzione non c’entra
nulla con la scelta di accettare la Turchia. Ma dobbiamo aggiungere che i
restanti fronti ‘sì’ e ‘no’ non parlano di immigrazione. E’ un problema
assolutamente relativo. Quello che è centrale nella discussione in Francia è il
modello sociale, la direttiva Bolchenstein, l’ultra liberalismo. Questi sono i
problemi che veramente solleva la gente che pensa di poter risolvere la faccenda
rifiutando la Costituzione Europea. Ma in realtà molti problemi sono stati già
trattati. Faccio un esempio: la questione servizi pubblici, per dirle un
elemento fondamentale. I francesi sono stati, diciamo, spaventati da quella che
era definita la direttiva Bolchestein, che praticamente applicava il diritto
del Paese di origine, che assicurava il servizio, ad utilizzare contratti di
tipo lavorativo del Paese stesso di origine. I francesi si sono spaventati
perché temevano un abbassamento del livello del servizio pubblico. Ma la realtà
è che Chirac ha silurato quella direttiva. Eppure i francesi continuano ancora
a pensare che dire ‘sì’ alla Costituzione potrebbe significare l’applicazione
di quel principio. Altre questioni che preoccupano riguardano la politica estera:
molti francesi temono che con la Costituzione si potrebbe arrivare un giorno ad
andare in un fronte di guerra dove invece il Paese da solo non vorrebbe andare.
Ecco tutta una serie di percezioni sociali a volte - dobbiamo dirlo - molto
errate che vengono proiettate sulla Costituzione, anche se sono cose lontane
dai contenuti del Trattato costituzionale. Penso che sia veramente il capro
espiatorio di un regolamento di conti tra progetto sociale di un genere e progetto
sociale di un altro genere.
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“UN SOGNO PER L’AFRICA: BAMBINI SENZA
AIDS”: IL PROGRAMMA DELLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO PRESENTATO IERI NELL’AMBITO
DELLA MANIFESTAZIONE “ITALIA AFRICA 2005”. NEL POMERIGGIO DI OGGI, CONCERTO E
INTERVENTI A PIAZZA DEL POPOLO, SEMPRE A ROMA, SARANNO SEGUITI IN DIRETTA DALLA
NOSTRA EMITTENTE
- Con noi Marco Impagliazzo -
“Il
mondo spende 900 miliardi di dollari l’anno per armamenti; 10 miliardi sarebbero
sufficienti per affrontare l’epidemia di AIDS nei Paesi più poveri”. Lo ha
sottolineato ieri il presidente italiano, Ciampi, ricevendo al Quirinale i partecipanti
al convegno “Un sogno per l’Africa: bambini senza AIDS”. All’incontro, promosso
dalla Comunità di S. Egidio, che si è svolto ieri in Campidoglio, sono
intervenuti, tra gli altri, il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente
del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, e il sindaco di Roma, Walter
Veltroni. Quest’ultimo ha sottolineato l’importanza delle ONG nella lotta
all’AIDS. Un esempio viene proprio dalla Comunità di S. Egidio che con il
programma Dream si prende cura di migliaia di malati. Ma quali sono gli
obiettivi di questo progetto? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Marco
Impagliazzo, presidente della Comunità di S. Egidio:
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R. – Ci
sono ormai 25 milioni di malati di AIDS in Africa, di cui i due terzi sono donne
e quindi questo programma vuole garantire la salvezza delle madri incinte e dei
bambini che nasceranno.
D. – A
tre anni dall’avvio del progetto, qual è il bilancio?
R. –
Molto, molto confortante. Le percentuali di aderenza alla cura degli africani
sono eccezionali. Superiori addirittura ai livelli occidentali e soprattutto
ormai sono nati ben 1000 bambini sani da madri seriopositive. Questo credo sia
l’annuncio più bello che è stato dato in questa occasione.
D. –
Parlando della terapia, in che modo funziona?
R. – Da
un punto di vista sanitario e da un punto di vista sociale, la terapia
allontana soprattutto lo stigma. Donne, uomini, persone colpite dall’AIDS che erano
state allontanate dalle loro società, ora rientrano nella società e vivono
nella società. E’ stata fondata in Mozambico l’Associazione “Donne contro il
sida”, ( sida è il termine francese per AIDS),
composta da attiviste, malate di AIDS che convincono altre donne ad entrare
in terapia.
D. –
Per combattere l’Aids in Africa ci si rivolge alla Comunità internazionale e ai
governi. Ma qual è il ruolo dell’Italia in questo percorso?
R. – E’
piuttosto debole. Mi spiace dirlo, ma purtroppo anche quest’anno i dati OCSE confermano
che l’aiuto ai Paesi in via di sviluppo da parte dell’Italia è sceso allo 0,15
del PIL. Siamo dunque in continua diminuzione. In questo senso, la comunità di
Sant’Egidio ha cercato di coinvolgere tante associazioni, pubbliche e private,
dal mondo bancario alle industrie farmaceutiche, ed anche e soprattutto la
Conferenza episcopale italiana. Questo sta dando una grossa mano allo sviluppo
di questo programma. Con i fondi pubblici, altrimenti, avremmo avuto veramente
grossi problemi.
D. –
Cosa può fare ciascuno di noi per partecipare a questo percorso?
R. –
Ciascuno di noi deve ricordare che l’Europa e l’Africa sono sullo stesso
pianeta. Viviamo nello stesso mondo e ciascuno di noi deve ricordare che il
diritto alle cure dei Paesi in via di sviluppo deve essere garantito a tutti e
che quindi è necessario mobilitarci.
D. –
Guardiamo al futuro di Dream. Quali saranno i prossimi passi e quali i
prossimi Paesi che saranno coinvolti da questo programma?
R. – I
Paesi che sono già coinvolti in questo momento, oltre al Mozambico, sono il Malawi,
la Tanzania e la Guinea-Conakri. Tanti altri Paesi si aggiungeranno. Sono presenti
qui in Campidoglio 20 ministri della Sanità di altrettanti Paesi africani che
sono venuti a chiedere alla Comunità di Sant’Egidio di iniziare il programma Dream
nei loro Paesi. Dovremmo ora noi trovare, anzitutto, le forze umane e, poi,
anche finanziarie per portare avanti questo progetto. Anche se ormai accanto a
noi ci sono molte istituzioni religiose, come le Comunità vincenziane, che
hanno diversi ospedali e centri sanitari in Africa e che sono ormai gemellate
con il programma Dream.
D. – Si
può dire che il virus sia sotto controllo?
R. – Il
virus è sotto controllo se si usa la tripla terapia; è fuori controllo se non
si fanno politiche sanitarie serie in Africa e soprattutto se non si esportano
i nostri modelli di eccellenza occidentale.
**********
Il
programma Dream è stato presentato nell’ambito della manifestazione ‘Italia Africa
2005’. L’evento centrale della giornata odierna della manifestazione verrà
seguito dalla nostra emittente a partire dalle 17.10 fino alle 20.30 circa.
L’evento, che si terrà a Roma a piazza del Popolo, sarà trasmesso in
radiocronaca diretta in lingua italiana su
modulazione di frequenza di 105 MHz e sull’onda media di 585 kHz. Nel corso
della trasmissione, sono previsti commenti di giornalisti di vari Paesi
africani. Il programma della manifestazione prevede un grande concerto e
diversi interventi, tra cui quelli del sindaco di Roma, Walter Veltroni, del
presidente del Parlamento europeo, Josep Borrel, e dell’ex calciatore
liberiano, George Weah. Lo spettacolo canoro vedrà alternarsi gruppi africani e
artisti di varie nazionalità, tra i quali i cantanti italiani Carmen Consoli e
Max Gazzè.
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Domani
29 maggio la Chiesa in Italia celebra la Solennità del Santissimo Corpo e
Sangue di Cristo. La Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù dice:
“Io sono
il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e
il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”
Su queste parole ascoltiamo la riflessione del teologo
gesuita padre Marco Ivan Rupnik:
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(musica)
L’anafora di San Basilio, tra altre
nell’Oriente, mette particolarmente in relazione l’Eucaristia e la Chiesa.
Scenda lo Spirito Santo e trasformi questo pane e vino in Corpo e Sangue di
Cristo, affinché quelli che lo mangeranno diventino Corpo e Sangue di Cristo.
Il
Corpo di Cristo è il dono di se stesso che Dio fa, mettendosi nelle nostre
mani. Accettando questo dono e lasciandoci commuovere dall’amore di Dio che
così si fida di noi, ci trasformiamo anche noi nel gesto e nella mentalità
della carità. Più la nostra vita è affidata a Dio, più siamo in grado di
affidarci agli altri. E’ l’Eucaristia che ci coinvolge nell’amore folle di Dio
per noi, affinché noi possiamo amare Lui e quelli che Lui ama.
(musica)
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28 maggio 2005
SCOMPARSO UN
PASTORE CRISTIANO DI UNA CHIESA INDIPENDENTE
NELLO STATO DELL’INDIA MERIDIONALE
DELL’ANDHRA PRADESH:
SOSPETTATI GRUPPI FONDAMENTALISTI
INDU’
HYDERABAD. = Allarme per la sicurezza della minoranza cristiana in
Andhra Pradesh dopo la notizia della scomparsa, lo scorso 24 maggio, di Isaac
Rajhu, pastore di una chiesa indipendente a Hyderabad, capitale dello Stato
dell’India meridionale. “Sospettiamo – ha dichiarato Sam Paul, segretario
nazionale dell’All India Christian
Council – che il pastore Raju sia stato rapito da fondamentalisti indù e
invitiamo la polizia a mobilitarsi per rintracciarlo”. Questo è il secondo
episodio in un mese di violenze anti-cristiane nella città, dove il 21 maggio è
stato ritrovato il corpo del predicatore K. Daniel, su cui la polizia ha
rinvenuto segni di bruciature da acido. Contro le ultime violenze verso i
cristiani in Andhra Pradesh si schiera anche la Chiesa cattolica locale:
“Questi attacchi contro i pastori sono allarmanti – ha detto all’agenzia AsiaNews mons. Marampudi Joji,
arcivescovo di Hyderabad – lo Stato ha l’obbligo di intervenire”. “Il pericolo
più grave – spiega il presule – è che questi fondamentalisti agiscono
sott’acqua: in apparenza sono molto disponibili e danno l’impressione di voler
convivere in pace dimostrandosi amici della popolazione locale; in realtà
accumulano informazioni sugli incontri organizzati dai cristiani per poi attaccarli”.
Episodi simili si sono verificati anche contro i cattolici della zona: “Lo
scorso dicembre, militanti del partito fondamentalista Bharatiya Janata Party
(BJP) hanno interrotto con la forza un meeting organizzato dalla Chiesa e, in
un’escalation di violenza, hanno quasi
ucciso il parroco locale”. Il governatore Rajshekar Reddy ha promesso di aprire
un’inchiesta sul caso, ma finora nessun responsabile è stato individuato. “La
cosa è ancora più triste – conclude l’arcivescovo – se si considera che il
governatore è anche lui cristiano”. (R.M.)
IN UN RAPPORTO DI “SAVE THE CHILDREN”,
PROGRESSI E INADEMPIENZE
SULLO STATO DI ATTUAZIONE IN ITALIA
DELLA “CONVENZIONE INTERNAZIONALE
SUI DIRITTI DELL’INFANZIA E
DELL’ADOLESCENZA”, RATIFICATA NEL PAESE 14 ANNI FA
ROMA. = Qualche progresso e qualche inadempienza per l’infanzia
italiana negli ultimi anni. Parla di una condizione in chiaroscuro il bilancio
sull’attuazione della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e
dell’adolescenza, ratificata in Italia 14 anni fa, messo a punto da un gruppo
di lavoro di 34 organismi del terzo settore e coordinato da “Save the Children”.
“I progressi rintracciabili nella nostra legislazione per i più piccoli -
dicono i ricercatori - riguardano l’istituzione in 4 regioni del difensore pubblico
per l’infanzia e l’impegno ad istituire un garante nazionale”. Positivi sono
anche il Fondo nazionale triennale, costituito dal 1998, e l’inserimento dei
ragazzi disabili nelle scuole statali. Ed è buona anche la valutazione della
legge contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del
turismo sessuale a danno dei minori (269/98), “riconosciuta universalmente come
best practice”. Esistono però delle
“inadempienze” in ambito, per esempio, della giustizia minorile, per la mancata
riforma sulle modalità di esecuzione delle pene attribuite ai minori. Critiche
riguardano poi l’assenza, nella riforma scolastica, di riferimenti a categorie
di minori svantaggiati come stranieri, rom, bambini adottati, minoranze
etniche. L'Italia, con il 16,6 per cento, ha il più alto livello di “privazione
infantile” d’Europa. Fra gli organismi che hanno redatto il rapporto c’è la
Caritas, l’UNICEF, Amnesty International, Arciragazzi, Gruppo Abele e Terre des
hommes. (R.M.)
OGGI E DOMANI IN
50 PAESI ISLAMICI, “GIORNATA INTERNAZIONALE DI PROTESTA
CONTRO LA DISSACRAZIONE DEL SACRO
CORANO”
FAISALABAD. = Nonostante la smentita,
sia da parte dell’autorità americana che di quella irachena, di presunti atti
di dissacrazione del Corano da parte di soldati USA a Guantanamo,
la base statunitense in
territorio cubano dove dal 2001 sono imprigionati sospetti terroristi, il mondo musulmano celebra oggi la
“Giornata internazionale di protesta contro la dissacrazione del Sacro Corano”.
All’iniziativa, organizzata in Pakhistan dal Muttahida Majlis-i-Amal (MMA),
organizzazione islamica che riunisce partiti politici e gruppi religiosi, hanno
deciso di aderire anche i cristiani del Paese. Mons. Evarist Pinto, arcivescovo
ausiliare di Karachi, ha dichiarato all’agenzia AsiaNews: “Condanniamo tale dissacrazione, perché come noi
rispettiamo i nostri libri sacri, così dobbiamo rispettare e dare il giusto
valore alle altre religioni e ai loro libri”. L’arcivescovo ha aggiunto inoltre
che “questo tipo di insulti non può essere giustificato in nessuna situazione”.
Il MMA ha programmato per oggi 5 manifestazioni a Islamabad, Lahore, Karachi,
Peshawar e Quetta. Ma la protesta non si fermerà in Pakistan: oggi scenderanno
in piazza 34 Paesi islamici e domani altri 15. “Il MMA – ha detto Liaquat
Baloch, segretario generale dell’organizzazione – invita tutti i gruppi pakistani,
politici e religiosi, a prendere parte alle proteste”. Oltre all’adesione delle
minoranze religiose del Paese,
cristiani, indù e sikh, c’è poi quella di tutta la classe politica: Chaudhry Shujaat
Hussain, presidente della Lega musulmana del Pakistan e Chaudhry Pervez
Elahi, primo ministro del Punjab, hanno invitato tutti i leader politici a partecipare.
La Lega musulmana Nawaz e il
Partito popolare, i 2 principali movimenti all’opposizione, hanno comunicato la
loro adesione. (R.M.)
OLTRE 17 MILA SOLDATI DI 30 NAZIONI, RIUNITI A
LOURDES
PER IL 47.MO PELLEGRINAGGIO INTERNAZIONALE DEI
MILITARI,
QUEST’ANNO SUL TEMA: “GLORIA A DIO E PACE IN
TERRA”
- A cura di Ludwig Waldmüller -
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LOURDES. = Normalmente Lourdes è
segnata dalla presenza dei malati e delle persone che se ne prendono cura. Al
momento, quello che si vede di più sono le diverse uniformi dei militari di
differenti Paesi del mondo. Sono più di 17 mila i soldati di 30 nazioni riuniti
al Santuario della Madonna Immacolata per pregare la Regina della pace e per
fare un segno di riconciliazione e di comprensione in tutte le nazioni. “Gloria
a Dio e pace in Terra” è il tema di questo 47.mo pellegrinaggio internazionale
dei militari nato quasi 50 anni fa, quando soldati francesi e tedeschi si sono
incontrati a Lourdes per la prima volta, alcuni anni dopo la seconda guerra
mondiale. Era un segno assai forte della riconciliazione fra queste due nazioni
vicine. Ieri sera il pellegrinaggio è stato aperto con una festa internazionale.
I soldati dei diversi Paesi si sono presentati con le loro bandiere. Tra la
Francia, l’Italia, la Germania, la Costa d’Avorio, il Congo e la Polonia c’era
anche l’Esercito della Guardia Svizzera del Vaticano, il più piccolo del mondo.
All’apertura ufficiale, ieri sera, non erano soltanto il vescovo locale e il
vescovo militare francese a salutare i militari: anche Benedetto XVI aveva
mandato un suo messaggio, invitando i soldati a pregare per la pace e a
camminare sulla strada della pace. E un segno di questa strada era anche ben
visibile nel gruppo di soldati italiani partiti a piedi 9 giorni fa da Piazza
San Pietro, con una fiaccola benedetta dal Papa. Un segno grande, in questo
pellegrinaggio assai diverso dagli altri.
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DOMANI A
ROMA, IN PIAZZA SAN GIOVANNI IN LATERANO, LA “FESTA DEI POPOLI”,
INIZIATIVA MULTIETNICA DEI MISSIONARI
SCALABRINIANI PER SENSIBILIZZARE
LE ISTITUZIONI E LE COMUNITÀ
ECCLESIALI SULLA REALTÀ DELL’IMMIGRAZIONE
ROMA. = Ha per titolo “Nella città che cerchiamo” la Festa dei
Popoli, al via domani mattina in piazza San Giovanni in Laterano, a Roma. Un
evento che vedrà le rappresentanze di 58 Paesi da tutto il mondo, per
sensibilizzare le istituzioni e le comunità ecclesiali sulla realtà
dell’immigrazione. L’iniziativa, alla 14.ma edizione, è promossa dai Missionari
Scalabriniani, la cui sensibilità è da sempre particolarmente vicina ai
problemi dei “migranti”. Ad animare la festa, oltre 30 comunità etniche
cattoliche con 18 stand culturali, artigianali e gastronomici, artisti di
strada, laboratori per adulti e bambini, mostre, workshop e spettacoli folklorici:
il tutto, per richiamare alla mente, anche nella struttura, il calore accogliente
di un grande villaggio, in cui culture diverse si incontrano e convivono. Dopo
la Messa solenne nella Basilica, presieduta dal vescovo ausiliare, mons.
Ernesto Mandara, e animata da 22 comunità straniere presenti a Roma, il pranzo
etnico, con la degustazione di piatti tipici offerti dalle comunità presenti. E
ancora, musica e spettacolo si avvicenderanno in questa giornata di
spiritualità, che culminerà con uno spettacolo multietnico di 20 gruppi di
ballo. (R.M.)
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28
maggio 2005
- A cura di Salvatore Sabatino -
Sono almeno
22 le persone rimaste uccise oggi in un mercato di Tentena, nella parte orientale
dell'Indonesia, quando due bombe sono esplose nel centro della città. L’area,
in passato, è stata teatro di tensioni interreligiose aggravate da
infiltrazioni di estremisti islamici. Il servizio di Mariagrazia Coggiola:
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Era da alcuni giorni che in Indonesia era scattato un allarme per
possibili attentati e, per motivi di sicurezza, gli Stati Uniti avevano chiuso,
giovedì, le loro quattro missioni diplomatiche. L’attacco esplosivo di
stamattina è avvenuto nell’Isola Nordorientale di Sulawesi, in un’area
tristemente famosa per le violenze tra musulmani e cristiani che in tre anni, fino
alla tregua siglata nel 2001, hanno causato oltre 2000 morti. L’Attentato è
avvenuto nella città cristiana di Tentena, una pittoresca località lacustre
famosa per le sue chiese. Due bombe sono esplose a 15 minuti di distanza l’una
dall’altra in due diversi punti del mercato che sorge nel cuore della città e
che, a quell’ora, era molto affollato. La polizia deve ancora esaminare il tipo
di ordigno e il detonatore usato dagli attentatori.
Per la
Radio Vaticana, Mariagrazia Coggiola.
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E’
salito, invece, a 20 il numero dei morti causati ieri dall’esplosione in una
moschea di Islamabad, in Pakistan. Si tratta dell’ennesimo episodio della
guerra interconfessionale tra musulmani sciiti e sunniti, che dall’inizio degli
anni ’90 ha fatto nel Paese asiatico più di 4 mila vittime.
I leader
religiosi afghani hanno emesso una fatwa, un editto religioso, in cui chiedono
la liberazione di Clementina Cantoni, la cooperante italiana sequestrata a
Kabul il 16 maggio scorso. Intanto il governo di Kabul si è detto pronto ad uno
scambio di prigionieri con il sequestratore Timor Shah, rilasciando sua madre,
detenuta per aver partecipato ad un rapimento.
Il
terrorista Al Zarqawi, capo di Al Qaeda in Iraq è in buona salute e dirige le
operazioni della guerriglia. Lo ha comunicato la sezione irachena
dell’organizzazione di Bin Laden, dopo le voci circolate nei giorni scorsi su
un possibile ferimento del giordano. Intanto stamani più attentati hanno
insanguinato l’intero Paese del Golfo. Il nostro servizio:
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E’ mistero profondo sullo
stato di salute del terrorista giordano Abu Mussab Al Zarqawi, luogotenente di
Bin Laden in Iraq e capo della guerriglia. Le voci circolate nei giorni scorsi,
circa un possibile suo ferimento, sono state smentite dalla stessa sezione
irachena di Al Quaeda, che in un comunicato lo ha definito in buona salute e
sempre a capo delle operazioni degli oppositori. La comunicazione non convince
gli inquirenti, seppure la guerriglia continua a colpire in modo sistematico ed
organizzato. Prova, questa, che la “mente” dei gruppi contrari alla democratizzazione
dell’Iraq funziona e a pieno ritmo. Questa mattina un nuovo attentato ha,
infatti, scosso il centro di Tikrit, la città di Saddam Hussein, 180 chilometri
a nord di Baghdad. Sette le vittime, tra cui 3 civili. E' di almeno cinque
morti, invece, il bilancio del duplice attentato dinamitardo suicida compiuto a
Mossul, nel nord del Paese. I feriti sarebbero 40. Dieci pellegrini sciiti
iracheni che stavano rientrando dalla Siria sono invece stati torturati e
assassinati vicino alla citta' di al Qaim. Intanto le truppe americane
continuano a setacciare vastissime aree dell’Iraq, per cercare di mettere un
freno alla guerriglia. Durante una di queste operazioni di controllo tre militanti
iracheni sono stati uccisi mentre tentavano di collocare a terra un ordigno nella
parte occidentale di Baquba. Prosegue pure la tattica dei rapimenti. Un ostaggio
giapponese, sequestrato nei giorni scorsi, è stato ucciso dal gruppo islamico
Esercito di Ansar al-Sunna, che ha mostrato il cadavere del giovane in un video
trasmesso via Internet. Il corpo è stato riconosciuto dal fratello, mentre
ancora nessuna conferma ufficiale giunge dalle autorità nipponiche.
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Stato
d’allerta militare in Arabia Saudita in seguito al ricovero di Re Fahd. Il sovrano
si trova in un ospedale di Riad per una serie di accertamenti. Secondo fonti di
palazzo, comunque, le sue condizioni di salute non destano preoccupazione.
Il governo del primo ministro israeliano Ariel Sharon
deciderà la prossima settimana circa la liberazione di 400 detenuti
palestinesi. Il rilascio completerebbe
l’impegno sottoscritto con il presidente palestinese Abu Mazen durante il
summit di Sharm el Sheikh dell’8 febbraio scorso. Intanto, non si ferma la
spirale di violenza nei territori occupati. Nella notte, un giovane militante
dell’organizzazione di Hamas è stato ucciso dallo stesso ordigno che stava
fabbricando per un attentato terroristico.
“Abbiamo
perso un’occasione vitale per la pace”. È il commento di Kofi Annan, segretario
generale dell’Onu, al fallimento della conferenza quinquennale sul Trattato di
non proliferazione nucleare, che si è chiuso ieri senza l’accordo su un documento
comune. Da New York ci aggiorna Paolo Mastrolilli:
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Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, non ha usato
la parola “fallimento”, ma ha detto che i Paesi membri hanno perso un’occasione
vitale per la pace, chiudendo la conferenza sulla revisione quinquennale del
Trattato di non proliferazione nucleare senza l’accordo su un documento comune.
Il TNP è entrato in vigore nel 1970, con il doppio scopo di impedire la
diffusione degli ordigni atomici e favorire il disarmo dei Paesi che già li
possiedono. Nel ’95 il Trattato è diventato permanente ed ogni cinque anni le
nazioni firmatarie si riuniscono per esaminare i passi compiuti verso gli
obiettivi prefissati. Stavolta, però, la Conferenza di revisione, aperta il 2
maggio a New York, si è conclusa ieri senza progressi. I punti di attrito che
hanno impedito l’accordo sono stati tre: l’enfasi posta da Washington sulla non
proliferazione rispetto al disarmo, la disputa sui programmi nucleari di Iran e
Corea del Nord e l’insistenza dell’Egitto per censurare i presunti ordigni
atomici di Israele. Gli Stati Uniti hanno sottolineato che dopo l’11 settembre
la priorità internazionale deve bloccare la diffusione delle armi per impedire
che finiscano nelle mani dei terroristi e quindi hanno evitato di ribadire
l’impegno alla riduzione del proprio arsenale. I Paesi non allineati hanno
difeso il diritto dell’Iran a sviluppare un programma nucleare per scopi civili,
dissentendo da Washington, che accusa Teheran di voler costruire la bomba. L’Egitto,
infine, ha rifiutato di sottoscrivere qualunque intesa dopo che la sua
richiesta di censurare Israele per gli ordigni atomici che avrebbe costruito
non è passata. Tra questi veti incrociati il Vertice, che secondo l’Osservatore
permanente della Santa Sede, mons. Celestino Migliore, doveva superare lo
stesso concetto di deterrente legato alla Guerra Fredda, si è concluso invece
con un nulla di fatto.
Da New
York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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E dopo
aver partecipato alla Conferenza sul Trattato di non proliferazione nucleare a
New York, il segretario generale delle Nazioni Unite è partito alla volta del
Sudan, dov’è arrivato ieri sera. Kofi Annan si è recato questa mattina in
Darfur, per valutare le necessità della popolazione di questa regione
travagliata dalla guerra civile e da una grave crisi umanitaria. Il numero uno
del Palazzo di Vetro ha visitato il campo di Kalma, uno dei più grandi centri
di raccolta per sfollati al mondo.
I ministri degli esteri di 22 Paesi ibero-americani si
incontreranno oggi nella città portoghese di Guimaraes per designare il primo
segretario generale della nuova organizzazione internazionale ibero-americana.
Il primo summit si svolgerà in ottobre in Spagna.
Allarme
bomba al mausoleo di Franco a Madrid. Secondo quanto riferito da fonti di polizia,
è arrivata la segnalazione della presenza di un ordigno a Valle de Los Caidos,
dov’è sepolto l'ex dittatore spagnolo. Al momento non sono state fornite
ulteriori informazioni.
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