RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 148 - Testo della trasmissione di sabato 28 maggio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Riconciliazione sociale e formazione cristiana per la rinascita del Burundi: così Benedetto XVI che, parlando ai vescovi del Paese, ha ricordato mons. Michael Courtney, ucciso nel 2003. Con noi il vescovo della capitale Bujumbura, mons. Evariste Ngoyagoye

 

In attesa del Papa domani, a Bari, penultima giornata del XXIV Congresso Eucaristico nazionale. Tema di oggi “La domenica giorno della missione”. Ai nostri microfoni mons. Gianfranco Ravasi.

 

IN PRIMO PIANO:

Referendum domani in Francia sulla Costituzione Europea. Intervista con Giuseppe Bettoni

 

“Un sogno per l’Africa: bambini senza AIDS”: il programma della comunità di Sant’Egidio presentato ieri, a Roma, nell’ambito della manifestazione “Italia-Africa 2005”. Con noi Marco Impagliazzo.

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

Scomparso un pastore cristiano nello Stato dell’India meridionale dell’Andhra Pradesh: sospettati gruppi fondamentalisti indù

 

In un rapporto di “Save the Children” progressi e inadempienze sullo stato di attuazione, in Italia, della “Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza”

 

Oggi e domani in 50 Paesi islamici, “giornata internazionale di protesta contro la dissacrazione del sacro Corano”

 

Oltre 17 mila soldati di 30 nazioni, riuniti a Lourdes, per il 47.mo pellegrinaggio internazionale dei militari

 

Domani a Roma, in Piazza San Giovanni in Laterano, la “festa dei popoli” per sensibilizzare le istituzioni e le comunità ecclesiali sulla realtà dell’immigrazione.

 

24 ORE NEL MONDO:

Duplice attentato in Indonesia: 22 i morti ed una quarantina i feriti

 

Iraq in preda alla guerriglia: attacchi a Kirkuk e Mossul

 

Fallita la Conferenza dell’ONU sul Trattato di non proliferazione nucleare.

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

28 maggio 2005

 

RICONCILIAZIONE SOCIALE E FORMAZIONE CRISTIANA, BASI PER LA RINASCITA

DEL BURUNDI: AI PRESULI DEL PAESE AFRICANO L’ESORTAZIONE DI BENEDETTO XVI,

CHE HA RICORDATO IL NUNZIO MONS. MICHAEL COURTNEY, UCCISO NEL 2003

 

E’ la Chiesa una delle “parti attive” impegnate a spendersi per il ritorno della stabilità e della riconciliazione in Burundi. Lo ha riconosciuto Benedetto XVI che poco fa ha parlato ai vescovi della nazione africana, da giorni a Roma per la loro visita ad Limina. Nel suo discorso, il Papa ha anche ricordato la figura dell’arcivescovo Michael Courtney, il nunzio apostolico ucciso in Burundi il 29 dicembre del 2003. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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L’annuncio del Vangelo per “guarire la memoria e i cuori”, per sostituire il perdono a rancori e tentazioni di vendetta. Nel discorso ai vescovi del Burundi, Benedetto XVI è andato alla radice della grave instabilità dalla quale non riesce ad emergere il Paese africano, insanguinato da anni di conflitto intestino. Ed ha proposto la formazione cristiana e l’inculturazione quali basi per costruire un tessuto sociale capace di rifiutare i risentimenti a vantaggio della pace.

 

Con l’appuntamento elettorale che si profila in agosto, il Papa ha sottolineato il ruolo attivo giocato dalla Chiesa burundese “nella promozione della pace e della riconciliazione”. Ed ha anche ricordato i numerosi cristiani che, nell’ora oscura della guerra, hanno testimoniato in modo eroico la loro fede, tra i quali l’indimenticato nunzio apostolico Michael Courtney, presule del quale Benedetto XVI ha voluto “fare memoria” come di un esempio di fedeltà piena alla missione di servire la Chiesa. Tuttavia - ha proseguito il Pontefice - la violenza non può distogliere dal “desiderio di lavorare per la fraternità e l’unità fra tutti”. E qui, Benedetto XVI ha insistito in particolare sul contributo del Vangelo, capace di cauterizzare le ferite inferte dalla guerra, e sulla necessità di “portare un’attenzione rinnovata a tutti i fedeli”, a partire dagli insegnamenti di Giovanni Paolo II contenuti nell’esortazione post-sinodale Ecclesia in Africa, giunta al suo decennale di pubblicazione. Che tale documento - ha detto il Papa ai vescovi - possa rimanere “la carta del vostro impegno nella missione che vi è affidata”: una missione con particolare riguardo ai cristiani che – ha affermato - dietro la spinta “della grande povertà” e della “miseria spirituale”, potrebbero essere tentati “di ritornare a pratiche antiche non purificate dallo Spirito del Signore”.

 

Oltre ad un’accurata formazione cristiana, dunque, Benedetto XVI, nel porgere la sua benedizione alla comunità ecclesiale locale, ha concluso esortando i vescovi del Burundi allo sforzo dell’inculturazione, a partire dalla traduzione della Bibbia e del Magistero. Ciò - ha concluso - permetterà ai burundesi “di assimilare sempre meglio il messaggio evangelico, rimanendo allo stesso tempo fedeli a tutti i valori africani autentici”.

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Il Burundi è dunque un Paese ancora diviso tra la speranza di una democrazia che non riesce ad imporsi, e la realtà di una politica in ostaggio delle armi. Un orizzonte in chiaroscuro, come quello portato all’attenzione del Papa dall’epi-scopato burundese, come conferma il vescovo della capitale Bujumbura, Evariste Ngoyagoye, intervistato da Jean-Baptiste Sourou:

 

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R. – Abbiamo riferito le preoccupazioni che abbiamo nel nostro Paese, che ha visto 12 anni di guerra, di divisioni, di sofferenze ... ma siamo venuti dal Papa anche a condividere le speranze che notiamo nel cuore di molti. Molti stanno cogliendo il frutto del rileggere alla luce dell’amore le esperienze del passato. Quindi il popolo, adesso, dopo questa maturazione e purificazione, sta comprendendo che le etnie non sono la difficoltà, sono anche una ricchezza. Ma bisogna tirare le somme di tutto quello che è avvenuto in passato e ricostruire tutto. Sul piano politico, ci sono nuovi equilibri, mentre su quello economico abbiamo distrutto tanto e si deve ricostruire quasi tutto. Anche i rifugiati devono tornare a casa, i bambini soldato devono ritornare a casa e riconsiderare la loro vita, il loro avvenire ... Tutti questi sono problemi importanti ma che portiamo nella speranza.

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28.MO ANNIVERSARIO DELL’ORDINAZIONE EPISCOPALE

DI PAPA JOSEPH RATZINGER

 

Oggi ricorre il 28.mo anniversario dell’ordinazione episcopale di Papa Benedetto XVI. Il Santo Padre è stato nominato da Paolo VI arcivescovo di Monaco di Baviera e di Frisinga il 25 marzo del 1977 e ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 28 maggio dello stesso anno scegliendo come motto “Collaboratori della Verità”. Papa Joseph Ratzinger è stato il primo sacerdote diocesano ad assumere, dopo ottant’anni, il governo pastorale della diocesi bavarese. 

 

 

NOMINE

 

Il Santo Padre ha nominato vescovo coadiutore della diocesi di Okigwe, in Nigeria, mons. Solomon Amanchukwu Amatu, trasferendolo dalla sede titolare di Sabrata e sollevandolo dall’ufficio di ausiliare della diocesi di Awka.

        

Benedetto XVI ha nominato membro del Consiglio dell’Ufficio Centrale di Coordinamento Pastorale degli Ordinariati Militari, costituito in seno alla Congregazione per i Vescovi, mons. Fabio Suescún Mutis, Ordinario Militare per la Colombia.

 

 

 

IN ATTESA DEL PAPA DOMANI, A BARI,

PENULTIMA GIORNATA DEL XXIV CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE.

TEMA DI OGGI “LA DOMENICA GIORNO DELLA MISSIONE”

- Con noi mons. Gianfranco Ravasi -

 

Il XXIV Congresso Eucaristico Nazionale, sul tema “Senza la domenica non possiamo vivere”, sta vivendo la penultima giornata dedicata, stamattina, alla famiglia e, nel pomeriggio, alla missione. L’attesa è per la conclusione, domani, con la Messa presieduta da Papa Benedetto XVI. “La domenica giorno della missione” è il tema di questa giornata, come ci riferisce il nostro inviato a Bari, Fabrizio Mastrofini:

 

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Stamattina a Bari abbiamo assistito ad una grande festa, la festa della famiglia, che unisce i temi del Congresso Eucaristico e fa comprendere il senso dell’impegno della Chiesa italiana e del percorso che ha compiuto dal Congresso Eucaristico di Bologna del 1997 a quello di Bari del 2005.

 

La domenica e la famiglia, ci ha detto mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Conferenza Episcopale, indicano che, da una parte, è prioritario il tema della relazione interpersonale e, dall’altra parte, è necessario pensare al luogo in cui la relazione tra le persone si deve svolgere. Di fronte ad una società in cui il tempo libero viene proposto all’insegna del consumismo e del disinteresse verso la realtà spirituale, la Chiesa italiana indica che è necessaria una maniera diversa di vivere, per un vero e pieno inserimento nella società.

 

E lo hanno dimostrato le migliaia di persone che stamattina si sono radunate sotto il tendone principale dello spazio della Fiera del Levante: moltissime famiglie e tantissimi giovani, ma anche meno giovani, sacerdoti, religiose e religiosi, cardinali, arcivescovi e vescovi, per un abbraccio corale e trasversale tra le generazioni. Una festa della famiglia all’insegna della gioia e del benessere nello stare insieme e nel percorrere insieme la stessa strada secondo la nota canzone di Claudio Baglioni.

 

(musica: “Strada facendo”)

 

Una festa che ha dimostrato come si possa parlare di famiglia portando momenti forti di testimonianza di giovani coppie su come hanno superato le loro difficoltà cementandosi nell’unione; ma anche facendo vedere come si possa parlare di famiglia in modo divertente, sorridendo sui “vissuti” per dire che ripensando alla esperienza di ognuno si può sorridere e si può imparare a stare insieme.

 

“Una volta potevi lasciare la porta aperta, una volta! Poi venivano i ladri ti rubavano tutto e la volta dopo chiudevi …”.

 

Forte e significativa la riflessione del cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, che ha sottolineato proprio in apertura del suo intervento, tra gli applausi, che la famiglia è il nucleo fondamentale della società, ma anche della Chiesa. Lo stile di attenzione ai bisogni degli altri che si impara in famiglia, si riporta poi nella vita.

 

“Carissimi giovani, vi chiedo di umanizzare la società e di umanizzare anche la Chiesa”.

 

Ed ha citato il documento papale Familiaris Consortio, del 1981, nel paragrafo 43, che chiede proprio alla famiglia di sprigionare quelle energie capaci di strappare l’uomo dall’anonimato per inserirlo nel tessuto della società. La vostra vera libertà – ha aggiunto il cardinale Tettamanzi – consiste nel dire sì alla chiamata di Gesù, alla chiamata alla vita familiare, ma anche aperti alla chiamata al sacerdozio e alla Vita Consacrata. Ed ha terminato tra gli applausi.

 

“Gesù, Lui vi guida, sì, ma vi parla anche!”.

 

Dal Congresso Eucaristico di Bologna a questo di Bari, in otto anni di cammino, la Chiesa italiana conferma una volta ancora la grande spinta missionaria che la anima, all’interno del Progetto culturale che – come ci hanno detto i vescovi incontrati – sta portando oggi i suoi frutti, per tornare pienamente a fare cultura nella società italiana. In questo senso, proprio i valori della difesa della vita – ci ha ribadito mons. Giuseppe Betori – indicano che i cattolici sono uniti sulla linea indicata dal Vangelo. Proprio nella famiglia come primo e fondamentale nucleo affettivo ed educativo si realizza la saldatura di cui oggi la società italiana sembra avere molto bisogno.

 

Stasera la colmata di Marisabella sarà il luogo della festa e della veglia dei giovani, sentinelle per attendere l’alba del giorno dopo il sabato, come ha detto poco fa mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari Bitonto.

 

L’alba del giorno dopo il sabato, porterà qui a Bari Benedetto XVI, per la Celebrazione eucaristica che si svolgerà dalle 10.00 del mattino, con la città pronta ad accogliere i pellegrini, ed anch’essa in pellegrinaggio.

 

Da Bari per la Radio Vaticana Fabrizio Mastrofini.

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La domenica si rivela spesso, anche per molti cristiani, un giorno privo del suo vero significato. La parola di Dio è offuscata, infatti, dai falsi richiami del mondo materialistico. Ma a questi echi distorti bisogna anteporre la voce dello Spirito. Ascoltiamo, in proposito, il prefetto della biblioteca ambrosiana di Milano, mons. Gianfranco Ravasi, intervistato da Fabio Colagrande:

 

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R. – In una società come questa, nella quale non c’è più neppure il nome domenica ma si dice ‘fine settimana’, una voce così stridente rispetto alla secolarità nella quale siamo ormai immersi, può avere un suo significato: c’è un grande desiderio di ritrovare parole fondamentali e decisive. L’uomo ha bisogno di trovare le parole ultime che riguardano la vita e la morte, il bene e il male, il vero e il falso, il mistero e la realtà di ogni giorno.

 

D. – Benedetto XVI ha anche invitato i cattolici a ridare importanza alla celebrazione eucaristica …

 

R. – Ho insistito anche nella mia relazione proprio sulla funzione, per esempio, che il canto deve avere. Bisogna riscoprire la bellezza della musica e del canto secondo la straordinaria tradizione inserita nella storia della cultura occidentale. Nei Salmi abbiamo quest’appello: “Cantate a Dio con arte”. Dobbiamo recuperare quella dimensione che sappia rendere il momento sacrale anche un momento santo. Dobbiamo fare in modo che questa esperienza lasci una traccia nelle coscienze e possa irradiarsi nell’esistenza di tutti i giorni.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l’udienza di Benedetto XVI ai vescovi della Conferenza episcopale del Burundi. Il Papa ha richiamato l’esigenza di annunciare il Vangelo, di favorire la solidarietà, di proscrivere vendetta e rancore, e di invitare senza posa al perdono e alla riconciliazione.

Sempre in prima, un articolo dell’inviato Francesco M. Valiante dal titolo “Benedetto Colui che viene”: Benedetto XVI conclude a Bari il XXIV Congresso Eucaristico nazionale.

L’editto con il quale il cardinale Vicario Camillo Ruini introduce la Causa di beatificazione e di canonizzazione del Servo di Dio Giovanni Paolo II.  

 

Nelle vaticane, quattro pagine dedicate al Congresso Eucaristico nazionale, con i servizi degli inviati.

 

Nelle estere, Iraq: nuovi atti di violenza mentre imam sunniti e sciiti lanciano un appello all'unità nazionale.

Indonesia: più di venti morti in un attentato dinamitardo. 

 

Nella pagina culturale, un elzeviro di Mario Gabriele Giordano dal titolo “Poesie come foglie”.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano statali: siglata l’intesa sui contratti dopo un difficile negoziato governo-sindacati.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

28 maggio 2005

 

 

REFERENDUM DOMANI IN FRANCIA SUL TRATTATO COSTITUZIONALE EUROPEO,

IN UN CLIMA DI INCERTEZZA. IL ‘NO’ RESTA MAGGIORITARIO MA DI POCO

- Intervista con il prof. Giuseppe Bettoni -

 

         Riflettori puntati sulla Francia per il referendum, domani, sul Trattato costituzionale dell’Unione europea. Intanto, con il voto a favore della Camera Alta di Berlino, la Germania diventa il nono Paese ad aver approvato la “Magna Carta” dell'Unione, dopo Lituania, Ungheria, Slovenia, Italia, Grecia, Austria, Spagna e Slovacchia. Di questi solo Spagna e Grecia lo hanno fatto per via referendaria. Tutti gli altri con iter parlamentare. Un altro appuntamento con le urne sarà il primo giugno in Olanda, dove gli ultimi sondaggi danno il no leggermente in calo, ma ancora in testa, con il 57 contro il 43 per cento. E grande incertezza accompagna la vigilia del voto in Francia: chiamate alle urne 42 milioni di persone per esprimere un ‘sì’ o un ‘no’ sulla costituzione europea. Le due parti tentano di conquistare gli ultimi suffragi, motivando il fronte degli indecisi che sembra sia rappresentato da circa un 20%.

 

Per il momento il no resta maggioritario anche se di poco. In ogni caso, si è trattato di un intenso dibattito. Fausta Speranza ne ha parlato con il professor Giuseppe Bettoni, studioso del centro di ricerca “Paris VIII” e docente all’Università di Milano:

 

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R. - Era da tempo che non si vedeva un dibattito interno così profondo in un Paese della dimensione della Francia. Effettivamente, negli ultimi mesi, non si parla più di nient’altro. Diciamo che il Referendum è diventato la pietra angolare di ogni analisi politica ed economica del Paese stesso. Tutti sono coinvolti in questa cosa o per il sì o per il no e tutti si sentono partecipi. Non è solamente una questione di pareri di ‘opinion leader’ ad un certo livello, ma anche il semplice cittadino si sente coinvolto in maniera profonda, direi quasi preoccupato, in un senso come in un altro, da questo Referendum. E questo in sé, come fenomeno civico e politologico, è interessante.

 

D. – Ma è davvero il Trattato Costituzionale al centro del confronto?

 

R. – No, ecco, questa è la faccenda più importante. Tutto il fronte che vorrebbe il voto sì al Referendum - e ricordiamo che si tratta di un fronte trasversale attraverso la destra e la sinistra - parla e cerca di riportare i termini della discussione sulla questione Trattato Costituzionale europeo. In realtà, si tratta di un enorme dibattito interno alla Francia sullo status sociale del Paese in questo momento. Ci si chiede se il progetto sociale è arrivato ad un punto di rinuncia, di cambiamento, di frattura, di distruzione per crearne un altro.

 

D. – Le perplessità dei francesi – almeno a quanto riferiscono media stranieri – sembra riguardino la questione immigrazione…

 

R. – Questo è il paradossale. Preciso: l’argomento più scottante in Francia non è tanto la questione immigrazione. Credo che questo sia un problema che tocca molto l’Italia e quindi l’Italia pensa che sia questa la ragione. I media italiani riflettono su questo elemento richiamandosi a  un dibattito che è stato sollevato unicamente dal fronte nazionale di Le Pen, il quale effettivamente ha detto: “Se diciamo sì alla Costituzione arriveranno i turchi dappertutto”. Ma in molti sanno che è impropria come affermazione: la Costituzione non c’entra nulla con la scelta di accettare la Turchia. Ma dobbiamo aggiungere che i restanti fronti ‘sì’ e ‘no’ non parlano di immigrazione. E’ un problema assolutamente relativo. Quello che è centrale nella discussione in Francia è il modello sociale, la direttiva Bolchenstein, l’ultra liberalismo. Questi sono i problemi che veramente solleva la gente che pensa di poter risolvere la faccenda rifiutando la Costituzione Europea. Ma in realtà molti problemi sono stati già trattati. Faccio un esempio: la questione servizi pubblici, per dirle un elemento fondamentale. I francesi sono stati, diciamo, spaventati da quella che era definita la direttiva Bolchestein, che praticamente applicava il diritto del Paese di origine, che assicurava il servizio, ad utilizzare contratti di tipo lavorativo del Paese stesso di origine. I francesi si sono spaventati perché temevano un abbassamento del livello del servizio pubblico. Ma la realtà è che Chirac ha silurato quella direttiva. Eppure i francesi continuano ancora a pensare che dire ‘sì’ alla Costituzione potrebbe significare l’applicazione di quel principio. Altre questioni che preoccupano riguardano la politica estera: molti francesi temono che con la Costituzione si potrebbe arrivare un giorno ad andare in un fronte di guerra dove invece il Paese da solo non vorrebbe andare. Ecco tutta una serie di percezioni sociali a volte - dobbiamo dirlo - molto errate che vengono proiettate sulla Costituzione, anche se sono cose lontane dai contenuti del Trattato costituzionale. Penso che sia veramente il capro espiatorio di un regolamento di conti tra progetto sociale di un genere e progetto sociale di un altro genere.

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“UN SOGNO PER L’AFRICA: BAMBINI SENZA AIDS”: IL PROGRAMMA DELLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO PRESENTATO IERI NELL’AMBITO DELLA MANIFESTAZIONE “ITALIA AFRICA 2005”. NEL POMERIGGIO DI OGGI, CONCERTO E INTERVENTI A PIAZZA DEL POPOLO, SEMPRE A ROMA, SARANNO SEGUITI IN DIRETTA DALLA NOSTRA EMITTENTE

- Con noi Marco Impagliazzo -

 

         “Il mondo spende 900 miliardi di dollari l’anno per armamenti; 10 miliardi sarebbero sufficienti per affrontare l’epidemia di AIDS nei Paesi più poveri”. Lo ha sottolineato ieri il presidente italiano, Ciampi, ricevendo al Quirinale i partecipanti al convegno “Un sogno per l’Africa: bambini senza AIDS”. All’incontro, promosso dalla Comunità di S. Egidio, che si è svolto ieri in Campidoglio, sono intervenuti, tra gli altri, il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, e il sindaco di Roma, Walter Veltroni. Quest’ultimo ha sottolineato l’importanza delle ONG nella lotta all’AIDS. Un esempio viene proprio dalla Comunità di S. Egidio che con il programma Dream si prende cura di migliaia di malati. Ma quali sono gli obiettivi di questo progetto? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di S. Egidio:

 

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R. – Ci sono ormai 25 milioni di malati di AIDS in Africa, di cui i due terzi sono donne e quindi questo programma vuole garantire la salvezza delle madri incinte e dei bambini che nasceranno.

 

D. – A tre anni dall’avvio del progetto, qual è il bilancio?

 

R. – Molto, molto confortante. Le percentuali di aderenza alla cura degli africani sono eccezionali. Superiori addirittura ai livelli occidentali e soprattutto ormai sono nati ben 1000 bambini sani da madri seriopositive. Questo credo sia l’annuncio più bello che è stato dato in questa occasione.

 

D. – Parlando della terapia, in che modo funziona?

 

R. – Da un punto di vista sanitario e da un punto di vista sociale, la terapia allontana soprattutto lo stigma. Donne, uomini, persone colpite dall’AIDS che erano state allontanate dalle loro società, ora rientrano nella società e vivono nella società. E’ stata fondata in Mozambico l’Associazione “Donne contro il sida”, ( sida è il termine francese per AIDS),  composta da attiviste, malate di AIDS che convincono altre donne ad entrare in terapia.

 

D. – Per combattere l’Aids in Africa ci si rivolge alla Comunità internazionale e ai governi. Ma qual è il ruolo dell’Italia in questo percorso?

 

R. – E’ piuttosto debole. Mi spiace dirlo, ma purtroppo anche quest’anno i dati OCSE confermano che l’aiuto ai Paesi in via di sviluppo da parte dell’Italia è sceso allo 0,15 del PIL. Siamo dunque in continua diminuzione. In questo senso, la comunità di Sant’Egidio ha cercato di coinvolgere tante associazioni, pubbliche e private, dal mondo bancario alle industrie farmaceutiche, ed anche e soprattutto la Conferenza episcopale italiana. Questo sta dando una grossa mano allo sviluppo di questo programma. Con i fondi pubblici, altrimenti, avremmo avuto veramente grossi problemi.

 

D. – Cosa può fare ciascuno di noi per partecipare a questo percorso?

 

R. – Ciascuno di noi deve ricordare che l’Europa e l’Africa sono sullo stesso pianeta. Viviamo nello stesso mondo e ciascuno di noi deve ricordare che il diritto alle cure dei Paesi in via di sviluppo deve essere garantito a tutti e che quindi è necessario mobilitarci.

 

D. – Guardiamo al futuro di Dream. Quali saranno i prossimi passi e quali i prossimi Paesi che saranno coinvolti da questo programma?

 

R. – I Paesi che sono già coinvolti in questo momento, oltre al Mozambico, sono il Malawi, la Tanzania e la Guinea-Conakri. Tanti altri Paesi si aggiungeranno. Sono presenti qui in Campidoglio 20 ministri della Sanità di altrettanti Paesi africani che sono venuti a chiedere alla Comunità di Sant’Egidio di iniziare il programma Dream nei loro Paesi. Dovremmo ora noi trovare, anzitutto, le forze umane e, poi, anche finanziarie per portare avanti questo progetto. Anche se ormai accanto a noi ci sono molte istituzioni religiose, come le Comunità vincenziane, che hanno diversi ospedali e centri sanitari in Africa e che sono ormai gemellate con il programma Dream.

 

D. – Si può dire che il virus sia sotto controllo?

 

R. – Il virus è sotto controllo se si usa la tripla terapia; è fuori controllo se non si fanno politiche sanitarie serie in Africa e soprattutto se non si esportano i nostri modelli di eccellenza occidentale.

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         Il programma Dream è stato presentato nell’ambito della manifestazione ‘Italia Africa 2005’. L’evento centrale della giornata odierna della manifestazione verrà seguito dalla nostra emittente a partire dalle 17.10 fino alle 20.30 circa. L’evento, che si terrà a Roma a piazza del Popolo, sarà trasmesso in radiocronaca diretta in lingua italiana su modulazione di frequenza di 105 MHz e sull’onda media di 585 kHz. Nel corso della trasmissione, sono previsti commenti di giornalisti di vari Paesi africani. Il programma della manifestazione prevede un grande concerto e diversi interventi, tra cui quelli del sindaco di Roma, Walter Veltroni, del presidente del Parlamento europeo, Josep Borrel, e dell’ex calciatore liberiano, George Weah. Lo spettacolo canoro vedrà alternarsi gruppi africani e artisti di varie nazionalità, tra i quali i cantanti italiani Carmen Consoli e Max Gazzè.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

         Domani 29 maggio la Chiesa in Italia celebra la Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo. La Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù dice:

 

“Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”

 

Su queste parole ascoltiamo la riflessione del teologo gesuita padre Marco Ivan Rupnik:

 

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(musica)

 

         L’anafora di San Basilio, tra altre nell’Oriente, mette particolarmente in relazione l’Eucaristia e la Chiesa. Scenda lo Spirito Santo e trasformi questo pane e vino in Corpo e Sangue di Cristo, affinché quelli che lo mangeranno diventino Corpo e Sangue di Cristo.

 

         Il Corpo di Cristo è il dono di se stesso che Dio fa, mettendosi nelle nostre mani. Accettando questo dono e lasciandoci commuovere dall’amore di Dio che così si fida di noi, ci trasformiamo anche noi nel gesto e nella mentalità della carità. Più la nostra vita è affidata a Dio, più siamo in grado di affidarci agli altri. E’ l’Eucaristia che ci coinvolge nell’amore folle di Dio per noi, affinché noi possiamo amare Lui e quelli che Lui ama.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

28 maggio 2005

 

SCOMPARSO UN PASTORE CRISTIANO DI UNA CHIESA INDIPENDENTE

NELLO STATO DELL’INDIA MERIDIONALE DELL’ANDHRA PRADESH:

SOSPETTATI GRUPPI FONDAMENTALISTI INDU’

 

HYDERABAD. = Allarme per la sicurezza della minoranza cristiana in Andhra Pradesh dopo la notizia della scomparsa, lo scorso 24 maggio, di Isaac Rajhu, pastore di una chiesa indipendente a Hyderabad, capitale dello Stato dell’India meridionale. “Sospettiamo – ha dichiarato Sam Paul, segretario nazionale dell’All India Christian Council – che il pastore Raju sia stato rapito da fondamentalisti indù e invitiamo la polizia a mobilitarsi per rintracciarlo”. Questo è il secondo episodio in un mese di violenze anti-cristiane nella città, dove il 21 maggio è stato ritrovato il corpo del predicatore K. Daniel, su cui la polizia ha rinvenuto segni di bruciature da acido. Contro le ultime violenze verso i cristiani in Andhra Pradesh si schiera anche la Chiesa cattolica locale: “Questi attacchi contro i pastori sono allarmanti – ha detto all’agenzia AsiaNews mons. Marampudi Joji, arcivescovo di Hyderabad – lo Stato ha l’obbligo di intervenire”. “Il pericolo più grave – spiega il presule – è che questi fondamentalisti agiscono sott’acqua: in apparenza sono molto disponibili e danno l’impressione di voler convivere in pace dimostrandosi amici della popolazione locale; in realtà accumulano informazioni sugli incontri organizzati dai cristiani per poi attaccarli”. Episodi simili si sono verificati anche contro i cattolici della zona: “Lo scorso dicembre, militanti del partito fondamentalista Bharatiya Janata Party (BJP) hanno interrotto con la forza un meeting organizzato dalla Chiesa e, in un’escalation di violenza, hanno quasi ucciso il parroco locale”. Il governatore Rajshekar Reddy ha promesso di aprire un’inchiesta sul caso, ma finora nessun responsabile è stato individuato. “La cosa è ancora più triste – conclude l’arcivescovo – se si considera che il governatore è anche lui cristiano”. (R.M.)

 

 

IN UN RAPPORTO DI “SAVE THE CHILDREN”, PROGRESSI E INADEMPIENZE

SULLO STATO DI ATTUAZIONE IN ITALIA DELLA “CONVENZIONE INTERNAZIONALE

SUI DIRITTI DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA”, RATIFICATA NEL PAESE 14 ANNI FA

 

ROMA. = Qualche progresso e qualche inadempienza per l’infanzia italiana negli ultimi anni. Parla di una condizione in chiaroscuro il bilancio sull’attuazione della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata in Italia 14 anni fa, messo a punto da un gruppo di lavoro di 34 organismi del terzo settore e coordinato da “Save the Children”. “I progressi rintracciabili nella nostra legislazione per i più piccoli - dicono i ricercatori - riguardano l’istituzione in 4 regioni del difensore pubblico per l’infanzia e l’impegno ad istituire un garante nazionale”. Positivi sono anche il Fondo nazionale triennale, costituito dal 1998, e l’inserimento dei ragazzi disabili nelle scuole statali. Ed è buona anche la valutazione della legge contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale a danno dei minori (269/98), “riconosciuta universalmente come best practice”. Esistono però delle “inadempienze” in ambito, per esempio, della giustizia minorile, per la mancata riforma sulle modalità di esecuzione delle pene attribuite ai minori. Critiche riguardano poi l’assenza, nella riforma scolastica, di riferimenti a categorie di minori svantaggiati come stranieri, rom, bambini adottati, minoranze etniche. L'Italia, con il 16,6 per cento, ha il più alto livello di “privazione infantile” d’Europa. Fra gli organismi che hanno redatto il rapporto c’è la Caritas, l’UNICEF, Amnesty International, Arciragazzi, Gruppo Abele e Terre des hommes. (R.M.)

 

 

OGGI E DOMANI IN 50 PAESI ISLAMICI, “GIORNATA INTERNAZIONALE DI PROTESTA

CONTRO LA DISSACRAZIONE DEL SACRO CORANO”

 

FAISALABAD. = Nonostante la smentita, sia da parte dell’autorità americana che di quella irachena, di presunti atti di dissacrazione del Corano da parte di soldati USA a Guantanamo, la base statunitense in territorio cubano dove dal 2001 sono imprigionati sospetti terroristi, il mondo musulmano celebra oggi la “Giornata internazionale di protesta contro la dissacrazione del Sacro Corano”. All’iniziativa, organizzata in Pakhistan dal Muttahida Majlis-i-Amal (MMA), organizzazione islamica che riunisce partiti politici e gruppi religiosi, hanno deciso di aderire anche i cristiani del Paese. Mons. Evarist Pinto, arcivescovo ausiliare di Karachi, ha dichiarato all’agenzia AsiaNews: “Condanniamo tale dissacrazione, perché come noi rispettiamo i nostri libri sacri, così dobbiamo rispettare e dare il giusto valore alle altre religioni e ai loro libri”. L’arcivescovo ha aggiunto inoltre che “questo tipo di insulti non può essere giustificato in nessuna situazione”. Il MMA ha programmato per oggi 5 manifestazioni a Islamabad, Lahore, Karachi, Peshawar e Quetta. Ma la protesta non si fermerà in Pakistan: oggi scenderanno in piazza 34 Paesi islamici e domani altri 15. “Il MMA – ha detto Liaquat Baloch, segretario generale dell’organizzazione – invita tutti i gruppi pakistani, politici e religiosi, a prendere parte alle proteste”. Oltre all’adesione delle minoranze religiose del   Paese, cristiani, indù e sikh, c’è poi quella di tutta la classe politica: Chaudhry Shujaat Hussain, presidente della Lega musulmana del Pakistan e  Chaudhry Pervez Elahi, primo ministro del Punjab, hanno invitato tutti i leader politici a partecipare. La Lega musulmana Nawaz e il Partito popolare, i 2 principali movimenti all’opposizione, hanno comunicato la loro adesione. (R.M.)

 

 

OLTRE 17 MILA SOLDATI DI 30 NAZIONI, RIUNITI A LOURDES

PER IL 47.MO PELLEGRINAGGIO INTERNAZIONALE DEI MILITARI,

QUEST’ANNO SUL TEMA: “GLORIA A DIO E PACE IN TERRA”

- A cura di Ludwig Waldmüller -

 

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LOURDES. = Normalmente Lourdes è segnata dalla presenza dei malati e delle persone che se ne prendono cura. Al momento, quello che si vede di più sono le diverse uniformi dei militari di differenti Paesi del mondo. Sono più di 17 mila i soldati di 30 nazioni riuniti al Santuario della Madonna Immacolata per pregare la Regina della pace e per fare un segno di riconciliazione e di comprensione in tutte le nazioni. “Gloria a Dio e pace in Terra” è il tema di questo 47.mo pellegrinaggio internazionale dei militari nato quasi 50 anni fa, quando soldati francesi e tedeschi si sono incontrati a Lourdes per la prima volta, alcuni anni dopo la seconda guerra mondiale. Era un segno assai forte della riconciliazione fra queste due nazioni vicine. Ieri sera il pellegrinaggio è stato aperto con una festa internazionale. I soldati dei diversi Paesi si sono presentati con le loro bandiere. Tra la Francia, l’Italia, la Germania, la Costa d’Avorio, il Congo e la Polonia c’era anche l’Esercito della Guardia Svizzera del Vaticano, il più piccolo del mondo. All’apertura ufficiale, ieri sera, non erano soltanto il vescovo locale e il vescovo militare francese a salutare i militari: anche Benedetto XVI aveva mandato un suo messaggio, invitando i soldati a pregare per la pace e a camminare sulla strada della pace. E un segno di questa strada era anche ben visibile nel gruppo di soldati italiani partiti a piedi 9 giorni fa da Piazza San Pietro, con una fiaccola benedetta dal Papa. Un segno grande, in questo pellegrinaggio assai diverso dagli altri.

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DOMANI A ROMA, IN PIAZZA SAN GIOVANNI IN LATERANO, LA “FESTA DEI POPOLI”,

INIZIATIVA MULTIETNICA DEI MISSIONARI SCALABRINIANI PER SENSIBILIZZARE

LE ISTITUZIONI E LE COMUNITÀ ECCLESIALI SULLA REALTÀ DELL’IMMIGRAZIONE     

 

ROMA. = Ha per titolo “Nella città che cerchiamo” la Festa dei Popoli, al via domani mattina in piazza San Giovanni in Laterano, a Roma. Un evento che vedrà le rappresentanze di 58 Paesi da tutto il mondo, per sensibilizzare le istituzioni e le comunità ecclesiali sulla realtà dell’immigrazione. L’iniziativa, alla 14.ma edizione, è promossa dai Missionari Scalabriniani, la cui sensibilità è da sempre particolarmente vicina ai problemi dei “migranti”. Ad animare la festa, oltre 30 comunità etniche cattoliche con 18 stand culturali, artigianali e gastronomici, artisti di strada, laboratori per adulti e bambini, mostre, workshop e spettacoli folklorici: il tutto, per richiamare alla mente, anche nella struttura, il calore accogliente di un grande villaggio, in cui culture diverse si incontrano e convivono. Dopo la Messa solenne nella Basilica, presieduta dal vescovo ausiliare, mons. Ernesto Mandara, e animata da 22 comunità straniere presenti a Roma, il pranzo etnico, con la degustazione di piatti tipici offerti dalle comunità presenti. E ancora, musica e spettacolo si avvicenderanno in questa giornata di spiritualità, che culminerà con uno spettacolo multietnico di 20 gruppi di ballo. (R.M.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

28 maggio 2005

 

- A cura di Salvatore Sabatino -

 

Sono almeno 22 le persone rimaste uccise oggi in un mercato di Tentena, nella parte orientale dell'Indonesia, quando due bombe sono esplose nel centro della città. L’area, in passato, è stata teatro di tensioni interreligiose aggravate da infiltrazioni di estremisti islamici. Il servizio di Mariagrazia Coggiola:

 

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Era da alcuni giorni che in Indonesia era scattato un allarme per possibili attentati e, per motivi di sicurezza, gli Stati Uniti avevano chiuso, giovedì, le loro quattro missioni diplomatiche. L’attacco esplosivo di stamattina è avvenuto nell’Isola Nordorientale di Sulawesi, in un’area tristemente famosa per le violenze tra musulmani e cristiani che in tre anni, fino alla tregua siglata nel 2001, hanno causato oltre 2000 morti. L’Attentato è avvenuto nella città cristiana di Tentena, una pittoresca località lacustre famosa per le sue chiese. Due bombe sono esplose a 15 minuti di distanza l’una dall’altra in due diversi punti del mercato che sorge nel cuore della città e che, a quell’ora, era molto affollato. La polizia deve ancora esaminare il tipo di ordigno e il detonatore usato dagli attentatori.

 

Per la Radio Vaticana, Mariagrazia Coggiola.

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E’ salito, invece, a 20 il numero dei morti causati ieri dall’esplosione in una moschea di Islamabad, in Pakistan. Si tratta dell’ennesimo episodio della guerra interconfessionale tra musulmani sciiti e sunniti, che dall’inizio degli anni ’90 ha fatto nel Paese asiatico più di 4 mila vittime.

 

I leader religiosi afghani hanno emesso una fatwa, un editto religioso, in cui chiedono la liberazione di Clementina Cantoni, la cooperante italiana sequestrata a Kabul il 16 maggio scorso. Intanto il governo di Kabul si è detto pronto ad uno scambio di prigionieri con il sequestratore Timor Shah, rilasciando sua madre, detenuta per aver partecipato ad un rapimento.

 

Il terrorista Al Zarqawi, capo di Al Qaeda in Iraq è in buona salute e dirige le operazioni della guerriglia. Lo ha comunicato la sezione irachena dell’organizzazione di Bin Laden, dopo le voci circolate nei giorni scorsi su un possibile ferimento del giordano. Intanto stamani più attentati hanno insanguinato l’intero Paese del Golfo. Il nostro servizio:

 

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E’ mistero profondo sullo stato di salute del terrorista giordano Abu Mussab Al Zarqawi, luogotenente di Bin Laden in Iraq e capo della guerriglia. Le voci circolate nei giorni scorsi, circa un possibile suo ferimento, sono state smentite dalla stessa sezione irachena di Al Quaeda, che in un comunicato lo ha definito in buona salute e sempre a capo delle operazioni degli oppositori. La comunicazione non convince gli inquirenti, seppure la guerriglia continua a colpire in modo sistematico ed organizzato. Prova, questa, che la “mente” dei gruppi contrari alla democratizzazione dell’Iraq funziona e a pieno ritmo. Questa mattina un nuovo attentato ha, infatti, scosso il centro di Tikrit, la città di Saddam Hussein, 180 chilometri a nord di Baghdad. Sette le vittime, tra cui 3 civili. E' di almeno cinque morti, invece, il bilancio del duplice attentato dinamitardo suicida compiuto a Mossul, nel nord del Paese. I feriti sarebbero 40. Dieci pellegrini sciiti iracheni che stavano rientrando dalla Siria sono invece stati torturati e assassinati vicino alla citta' di al Qaim. Intanto le truppe americane continuano a setacciare vastissime aree dell’Iraq, per cercare di mettere un freno alla guerriglia. Durante una di queste operazioni di controllo tre militanti iracheni sono stati uccisi mentre tentavano di collocare a terra un ordigno nella parte occidentale di Baquba. Prosegue pure la tattica dei rapimenti. Un ostaggio giapponese, sequestrato nei giorni scorsi, è stato ucciso dal gruppo islamico Esercito di Ansar al-Sunna, che ha mostrato il cadavere del giovane in un video trasmesso via Internet. Il corpo è stato riconosciuto dal fratello, mentre ancora nessuna conferma ufficiale giunge dalle autorità nipponiche.

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Stato d’allerta militare in Arabia Saudita in seguito al ricovero di Re Fahd. Il sovrano si trova in un ospedale di Riad per una serie di accertamenti. Secondo fonti di palazzo, comunque, le sue condizioni di salute non destano preoccupazione.

 

Il governo del primo ministro israeliano Ariel Sharon deciderà la prossima settimana circa la liberazione di 400 detenuti palestinesi.  Il rilascio completerebbe l’impegno sottoscritto con il presidente palestinese Abu Mazen durante il summit di Sharm el Sheikh dell’8 febbraio scorso. Intanto, non si ferma la spirale di violenza nei territori occupati. Nella notte, un giovane militante dell’organizzazione di Hamas è stato ucciso dallo stesso ordigno che stava fabbricando per un attentato terroristico.

 

“Abbiamo perso un’occasione vitale per la pace”. È il commento di Kofi Annan, segretario generale dell’Onu, al fallimento della conferenza quinquennale sul Trattato di non proliferazione nucleare, che si è chiuso ieri senza l’accordo su un documento comune. Da New York ci aggiorna Paolo Mastrolilli:

 

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Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, non ha usato la parola “fallimento”, ma ha detto che i Paesi membri hanno perso un’occasione vitale per la pace, chiudendo la conferenza sulla revisione quinquennale del Trattato di non proliferazione nucleare senza l’accordo su un documento comune. Il TNP è entrato in vigore nel 1970, con il doppio scopo di impedire la diffusione degli ordigni atomici e favorire il disarmo dei Paesi che già li possiedono. Nel ’95 il Trattato è diventato permanente ed ogni cinque anni le nazioni firmatarie si riuniscono per esaminare i passi compiuti verso gli obiettivi prefissati. Stavolta, però, la Conferenza di revisione, aperta il 2 maggio a New York, si è conclusa ieri senza progressi. I punti di attrito che hanno impedito l’accordo sono stati tre: l’enfasi posta da Washington sulla non proliferazione rispetto al disarmo, la disputa sui programmi nucleari di Iran e Corea del Nord e l’insistenza dell’Egitto per censurare i presunti ordigni atomici di Israele. Gli Stati Uniti hanno sottolineato che dopo l’11 settembre la priorità internazionale deve bloccare la diffusione delle armi per impedire che finiscano nelle mani dei terroristi e quindi hanno evitato di ribadire l’impegno alla riduzione del proprio arsenale. I Paesi non allineati hanno difeso il diritto dell’Iran a sviluppare un programma nucleare per scopi civili, dissentendo da Washington, che accusa Teheran di voler costruire la bomba. L’Egitto, infine, ha rifiutato di sottoscrivere qualunque intesa dopo che la sua richiesta di censurare Israele per gli ordigni atomici che avrebbe costruito non è passata. Tra questi veti incrociati il Vertice, che secondo l’Osservatore permanente della Santa Sede, mons. Celestino Migliore, doveva superare lo stesso concetto di deterrente legato alla Guerra Fredda, si è concluso invece con un nulla di fatto.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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E dopo aver partecipato alla Conferenza sul Trattato di non proliferazione nucleare a New York, il segretario generale delle Nazioni Unite è partito alla volta del Sudan, dov’è arrivato ieri sera. Kofi Annan si è recato questa mattina in Darfur, per valutare le necessità della popolazione di questa regione travagliata dalla guerra civile e da una grave crisi umanitaria. Il numero uno del Palazzo di Vetro ha visitato il campo di Kalma, uno dei più grandi centri di raccolta per sfollati al mondo.

 

I ministri degli esteri di 22 Paesi ibero-americani si incontreranno oggi nella città portoghese di Guimaraes per designare il primo segretario generale della nuova organizzazione internazionale ibero-americana. Il primo summit si svolgerà in ottobre in Spagna.

 

Allarme bomba al mausoleo di Franco a Madrid. Secondo quanto riferito da fonti di polizia, è arrivata la segnalazione della presenza di un ordigno a Valle de Los Caidos, dov’è sepolto l'ex dittatore spagnolo. Al momento non sono state fornite ulteriori informazioni.

 

 

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