RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 144 - Testo della trasmissione di martedì 24 maggio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

In questi giorni la visita ad Limina dei vescovi del Burundi, che dopo la tragedia della guerra civile cerca di costruire un futuro di pace. La Chiesa per la riconciliazione e la difesa dei più deboli

 

Questa sera la visita di Benedetto XVI al collegio Teutonico, in Vaticano   

 

IN PRIMO PIANO:

Quarta giornata a Bari del XXIV Congresso eucaristico nazionale. Particolarmente intensa la partecipazione alla Messa celebrata stamane dal cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo di Palermo

L’Unione Europea in prima linea nella distribuzione degli aiuti umanitari nel mondo: intervista con il commissario Louis Michel

 

Il Libano in attesa delle prime elezioni dopo la fine dell’occupazione siriana: con noi il padre maronita abate Simone Atallah

 

La ricchezza della ricerca scientifica e del pensiero filosofico-teologico di padre Teilhard de Chardin, a 50 anni dalla morte: ce ne parla padre Eugenio Costa.

 

Nel volume intitolato “I Papi”, dello scrittore Claudio Rèndina, un lungo viaggio attraverso le biografie di 265 Pontefici: ai nostri microfoni l’autore

 

CHIESA E SOCIETA’:

“Figlio o strumento tecnologico”: è il titolo dell’editoriale della rivista “La Civiltà Cattolica”, dedicato al dibattito sull’embrione umano

 

Stamane a Roma, cerimonia nella basilica di San Clemente in memoria dei Santi Cirillo e Metodio,

compatroni d’Europa con San Benedetto. Presente fra le autorità il presidente della Bulgaria.

 

Prossimo viaggio nei Balcani di Carla del Ponte, procuratore generale del Tribunale penale internazionale, prima del rapporto semestrale al Consiglio di Sicurezza dell’ONU

 

La città boliviana di Cochabamba ospiterà la nona riunione continentale della RIIAL, la Rete informatica della Chiesa in America Latina

 

Nella Zambia Radio Musi-O-Tunya della diocesi di Livingstone ha ripreso le emissioni dopo aver ottenuto la licenza di trasmissione

 

 

24 ORE NEL MONDO:

 In Iraq 11 morti nell’area di Baghdad mentre la polizia arresta oltre 500 sospetti terroristi

 

Il prodotto interno lordo dell’Africa è cresciuto del 5,1 per cento, ma ci sono differenze enormi da Paese a Paese: le cifre significative nel rapporto dell’OCSE

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 maggio 2005

 

 

IN QUESTI GIORNI LA VISITA AD LIMINA DEI VESCOVI DEL BURUNDI,

CHE DOPO LA TRAGEDIA DELLA GUERRA CIVILE

CERCA DI COSTRUIRE UN FUTURO DI PACE.

LA CHIESA IN PRIMA LINEA PER LA RICONCILIAZIONE E LA DIFESA DEI PIU’ DEBOLI

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Benedetto XVI sta ricevendo, in questi giorni, i vescovi del Burundi in occasione della quinquennale visita ad Limina. E proprio in queste ore, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si è felicitato per l’accordo di “cessate-il-fuoco”, siglato il 15 maggio scorso tra il governo di Bujumbura e le Forze di liberazione nazionale (Fnl), definendolo “un primo passo” verso la piena integrazione dell’ultimo gruppo ribelle ancora in attività. Sulla situazione della Chiesa nel Paese africano, il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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(Canti)

 

Un popolo che cerca la via della pace. Un Paese che vede la Chiesa in prima linea a sostegno dei più deboli. Anche a costo della vita. Il Burundi spera nella pacificazione, dopo le ferite profonde inferte dalla guerra civile, esplosa nel 1993. Conflitto che ha provocato 300 mila morti, impoverendo il piccolo Stato della martoriata regione africana dei Grandi Laghi. Nella guerra fratricida tra etnie hutu e tutsi, nel 1996 viene ucciso anche l’arcivescovo Joachim Ruhuna. Sette anni dopo un altro duro colpo: è il 28 dicembre 2003, vicino alla capitale Bujumbura, il nunzio apostolico Michael Courtney cade vittima di un’imboscata. La Chiesa paga con il sangue il suo impegno per la riconciliazione.

 

Giovanni Paolo II è vicino al popolo burundese. Nel 1990 è il primo Pontefice a visitare il Paese africano. Negli anni si moltiplicano i suoi accorati appelli per la pace. Nel settembre 1999 l’ultimo incontro di Papa Wojtyla con l’episcopato del Burundi. I cristiani - afferma in quell’occasione - devono comprendere che per promuovere il ristabilimento di relazioni pacifiche tra i burundesi è necessario garantire la giustizia. “Tutti gli esseri umani - è il richiamo del Santo Padre - hanno pari dignità, meritano lo stesso rispetto”. L’anno scorso, poi, rivolgendosi al corpo diplomatico, il Papa chiede alla comunità internazionale di aiutare il Burundi, che tra mille difficoltà ha intrapreso il cammino della pace.

 

La Chiesa cattolica è presente sul territorio burundese con un’arcidiocesi e sei diocesi. Oggi, su 6,7 milioni di abitanti, 4 e mezzo (circa il 66 per cento della popolazione) sono di fede cattolica. I fedeli sono affidati alla cura di 620 sacerdoti, tra diocesani e religiosi, che operano in 131 parrocchie. Nell’ottobre dell’anno scorso, i vescovi dell’Africa centrale, Burundi, Congo e Rwanda, si sono incontrati a Kinshasa. Al termine dell’assise viene stilato un comune piano d’azione che indica alcune priorità: la promozione della pastorale della famiglia, la responsabilizzazione della gioventù, la lotta all’Aids. E per vincere la sfida della pace, i vescovi si impegnano a promuovere una pastorale della riconciliazione e del perdono.

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QUESTA SERA, LA VISITA DI BENEDETTO XVI AL COLLEGIO TEUTONICO,

ANTICA ISTITUZIONE PER SACERDOTI TEDESCHI FONDATA DA PIO IX NEL 1876

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Un incontro all’insegna dell’amicizia verso un’istituzione pontificia da sempre conosciuta e frequentata. Sarà senza dubbio questo il clima che farà da sfondo al momento di preghiera che questa sera, alle 19.00, Benedetto XVI presiederà durante la sua visita al Collegio Teutonico, che dal 1876, per volere di Pio IX, ospita a Roma sacerdoti tedeschi dediti a studi di archeologia sacra e di storia ecclesiastica.

 

Storicamente, i primi ospiti del Collegio furono i giovani ecclesiastici vittime del Kulturkampf anticattolico, perseguito dal cancelliere prussiano Bismarck. Dal 1887, Il Collegio teutonico possiede un piccolo ma interessante museo di oggetti antichi medievali di varia provenienza, dai sarcofaghi cristiani, alle statue, a iscrizioni pagane e cristiane, oltre ad una biblioteca specializzata ricca di oltre 40 mila volumi, soprattutto di storia ecclesiale e di archeologia cristiana. Su questi stessi argomenti, il Collegio pubblica una rivista trimestrale e ospita il lavoro dell’Istituto Romano della Società di Görres, un’istituzione di laureati e professori tedeschi cattolici, che elargisce borse di studio e organizza conferenze cosiddette “sabatine” perché tenute normalmente l’ultimo sabato del mese.

 

 

IL PAPA ERIGE IN COSTA RICA LA NUOVA DIOCESI DI CARTAGO

E NOMINA VESCOVO MONS. JOSÉ FRANCISCO ULLOA ROJAS

 

In Costa Rica, Benedetto XVI ha eretto la nuova diocesi di Cartago, con territorio in precedenza appartenente all’arcidiocesi di San José de Costa Rica e della diocesi di Limón, rendendola suffraganea della Chiesa metropolitana di San José de Costa Rica. Il Papa ha nominato primo vescovo della diocesi mons. José Francisco Ulloa Rojas, finora vescovo di Limón. La nuova diocesi di Cartago (nome di Curia Carthaginensis in Costa Rica ) comprende il distretto di San Cristobal del Cantón de Desamparados e la provincia di Cartago, eccetto il Cantón de La Union. Si estende su una superficie di 3.105 km2, con 378.523 abitanti, dei quali 272.388 cattolici. Vi sono 36 parrocchie, 49 sacerdoti diocesani, 21 sacerdoti religiosi, 53 religiose e 24 seminaristi maggiori.

 

 

ALTRE NOMINE

 

Negli Stati Uniti, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Kansas City-Saint Joseph, presentata da mons. Raymond James Boland, in conformità al canone 401 paragrafo 2 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede mons. Robert W. Finn, finora vescovo coadiutore della medesima sede.

 

In Inghilterra, il Papa ha nominato vescovo di Northampton mons. Peter Doyle, del clero della diocesi di Portsmouth, della quale è stato finora vicario generale.

 

In Austria, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Feldkirch mons. Elmar Fischer, già vicario generale della medesima diocesi.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'Iraq, dove non conoscono tregua i cruenti atti di violenza.

Sempre in prima, una breve riflessione dal titolo "I bambini di Baghdad", con riferimento agli orrori della guerra che violano l'infanzia innocente. 

Nelle vaticane, due pagine dedicate alla prossima Giornata mondiale della Gioventù a Colonia.

Due pagine sul XXIV Congresso Eucaristico nazionale in svolgimento a Bari.

 

Nelle estere, FAO: si accresce la tragedia della fame; aumenta il numero dei Paesi nell'assoluto bisogno di aiuto. Aperti a Roma i lavori della Commissione sulla sicurezza alimentare nel mondo. 

 

Nella pagina culturale, un articolo di Anna Maria Tripodi dal titolo "Antonio Rosmini e la filosofia tedesca": in margine ad un recente convegno svoltosi vicino a Como.

Per l' "Osservatore libri" un articolo di Claudio Toscani dal titolo "Tra oggettivismo e intimità, introspezione e impegno sociale": "nei Meridiani l'opera "Arpino. Opere scelte".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano statali: scioperi generali regionali di 4 ore per tutto il mese di giugno decisi unitariamente dai sindacati. Da giovedì trattativa no stop a Palazzo Chigi.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 maggio 2005

 

 

 

QUARTA GIORNATA A BARI DEL XXIV CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE.

PARTICOLARMENTE INTENSA LA PARTECIPAZIONE ALLA MESSA CELEBRATA STAMANE

 DAL CARDINALE SALVATORE DE GIORGI, ARCIVESCOVO DI PALERMO

 

Quarta giornata, a Bari, per il XXIV Congresso eucaristico nazionale. Il lavoro, l’ambiente, l’economia e lo sviluppo soli­dale sono al centro dei lavori di oggi, sul tema: “La domenica e la città dell’uomo”.

 

Particolarmente toccante la Messa di questa mattina, celebrata dal cardinale Salvatore De Giorgi arcivescovo di Palermo. Da Bari, Mimmo Muolo:

 

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L’Eucaristia non è estranea alla costruzione della città dell’uomo, celebrarla – ha detto questa mattina il cardinale Salvatore De Giorgi – comporta l’impegno di trasformare la propria vita in senso eucaristico appunto e cioè nella logica della donazione e del dono. L’arcivescovo di Palermo, De Giorgi, e il presidente dell’Azione Cattolica, Paola Bignardi, sono stati i protagonisti della mattinata, che ha messo l’accento sui temi sociali e del lavoro.

 

“Un mondo di giustizia e di pace comporta anzitutto la lotta ad alcuni problemi endemici – ha detto il porporato nell’omelia della messa, celebrata in cattedrale – e tra questi problemi quello della disoccupazione, che rappresenta una calamità nazionale”. Il cardinale ha puntato l’indice anche contro l’avvilente clientelismo ed ha invitato i politici ad attuare una reale giustizia distributiva.

 

Da Paola Bignardi, invece, l’appello ad impegnarsi personalmente nella costruzione della città dell’uomo. Per purificare i nostri sogni sulla politica, l’Eucaristia – ha detto - ci ricorda che l’unica strada per il rinnovamento della politica è il metterci in gioco personalmente. Di questi temi si continuerà a parlare anche nel pomeriggio e continuerà anche il confronto con il Corpo e il Sangue di Cristo, vera pietra angolare nella città dell’uomo.

 

Da Bari, per la Radio Vaticana, Mimmo Muolo.

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IL LIBANO IN ATTESA DELLE PRIME ELEZIONI

DOPO LA FINE DELL’OCCUPAZIONE SIRIANA

- Con noi l’abate maronita Simone Atallah -

 

Nessun accordo tra i partiti dell’opposizione libanese, in vista delle prime elezioni dopo la fine dell’occupazione siriana. Lo ha annunciato stamattina l’ex generale Aoun. Ed il risultato del voto – in programma da domenica prossima, per quattro domeniche consecutive – si annuncia imprevedibile. Sentiamo Roberto Piermarini:

 

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Una lunga maratona non è bastata. L’opposizione libanese andrà al voto divisa in tre schieramenti: quello del sunnita Saad Hariri, figlio dell’ex premier assassinato a febbraio; quello del druso Jumblatt, leader del Partito socialista progressista; quello, infine, del maronita Michel Aoun, generale in pensione rientrato in patria due settimane fa dopo 14 anni di esilio. L’accordo – che sembrava possibile fino a ieri sera – è saltato, stanotte, sulle candidature nella regione di Baadba-Aley, nel Libano centrale, dove si dovrebbe votare il 12 giugno: Jumblatt avrebbe riservato solo due posti alla componente maronita, e l’ex generale si è tirato indietro. Si tratterà, in ogni caso, di un voto storico, frutto di una catena imprevedibile di eventi negli ultimi tre mesi: l’uccisione di Hariri, le proteste contro il governo filosiriano ed infine il ritiro di Damasco, che proprio ieri è stato accertato dagli osservatori dell’Onu. Il loro rapporto passerà ora al Consiglio di sicurezza, che lo confronterà con le richieste della risoluzione 1559, approvata lo scorso 2 settembre. Ma il giudizio favorevole è già stato anticipato da Kofi Annan, che ieri ha lodato i progressi compiuti dalla Siria.

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Diverse settimane dopo il ritiro definitivo delle truppe siriane, il Libano è oggi alle prese, dunque, con il difficile processo per il ripristino di una propria dimensione nazionale. Ma come descrivere la situazione in Libano alla fine della presenza siriana? Stefano Leszczynski lo ha chiesto al sacerdote maronita, l’abate Simone Atallah:

 

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R. – Il ritiro dei siriani è stato una sorpresa perché si stava facendo di tutto per rimanere nel Paese: avevano edificato, costruito - si può dire - una cultura nuova nel Paese. Prima del regime siriano eravamo abituati al regime della democrazia, della libertà, della convivenza. Loro hanno cercato anche di mettere le mani sull’educazione e sulla cultura oltre ad essere riusciti ad attuare i loro intenti in politica  al 100 per cento. L’economia libanese l’hanno completamente danneggiata. Adesso si sono ritirati. Non possiamo dire che ci sia stato un distacco completo. I siriani ci sono ancora, non possono lasciare il Paese da un giorno all’altro e portare con loro la loro influenza. Quindi, c’è ancora una forte tensione nel Paese. Ma adesso c’è un’aria di libertà, di indipendenza e questo è stato notato nelle manifestazioni. Tutto il mondo lo ha visto.

 

D. – Queste difficoltà interne al Libano, come vengono vissute dai cristiani liba-nesi? Quali difficoltà incontrano?

 

R. – Vorrei dire che a livello popolare non ci sono difficoltà tra cristiani e musulmani, ma questi problemi sono alimentati soprattutto dagli uomini politici, che approfittano e giocano sull’aspetto religioso: se non ne parlano c’è calma e pace tra la gente. Tutto dipende un po’ dai leader, che cercano i loro interessi e purtroppo non cercano l’interesse del popolo libanese.

 

D. –Quindi è su questo punto che si può costruire il  futuro del Libano? Potrebbe diventare centro di diffusione della pace in un martoriato  Medio Oriente…

 

R. – Abbiamo la speranza di poter essere veramente testimoni di questa pace che si vive nel Paese, a condizione che le forze straniere non intervengano per danneggiare questa nostra esperienza. Noi ringraziamo Giovanni Paolo II che aveva lanciato numerosi appelli per il Libano e aveva affermato che il Libano è più di uno Stato, è una missione perché ha un messaggio di convivenza pacifica da dare al mondo intero.

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L’UNIONE EUROPEA IN PRIMA LINEA NELLA DISTRIBUZIONE

 DEGLI AIUTI UMANITARI NEL MONDO

- Intervista con il Commissario europeo Louis Michel -

        

L’Unione Europea contribuisce al 50% di tutti gli aiuti umanitari nel mondo: è un dato ricordato dal Commissario europeo per gli aiuti e lo sviluppo, Louis Michel, nei giorni scorsi a Roma nell’ambito di un tour per le capitali europee allo scopo di definire l’agenda del prossimo futuro. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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Il Commissario incontra i leader degli Stati membri proprio perché all’interno dell’Unione il 16% dei finanziamenti viene dalla Commissione europea mentre il restante direttamente dai governi dei Paesi membri. Ma quali sono in questa fase le priorità da dsicutere? Ascoltiamo il commissario Louis Michel:

 

R. – LES PRIORITEES, C’EST D’AMENER LES EUROPEENS, LES DIFFERENTS ETATS ...

Le priorità sono quelle di condurre gli europei, cioè i diversi Stati membri dell’UE, ad adottare una strategia comune europea di sviluppo, cioè: intendiamo definire insieme i grandi obiettivi, quantificarli, iscriverli in un calendario e inviteremo tutti a partecipare alla messa in opera di questa agenda. Sono anche disposto ad accettare che quei Paesi europei, che si sono “specializzati” in alcuni ambiti specifici dello sviluppo, si pongano alla guida dell’Unione Europea ed agiscano in suo nome; mi piacerebbe anche, per esempio, associare in una sorta di collaborazione rafforzata in alcuni altri ambiti o per alcune aree, i cosiddetti “Paesi nuovi” e quelli “vecchi”, in modo da fornire esperienza ai Paesi nuovi. Ecco, queste sono le priorità ...

 

Nei giorni scorsi il presidente dell’Unione Africana (UA), Alpha Omar Konare', ha avuto incontri al massimo livello dapprima con la NATO e  poi proprio con l'Unione Europea per discutere gli aiuti in particolare alla martoriata regione sudanese del Darfur. La NATO ha promesso supporto logistico, l’UE è impegnata da tempo su questo fronte, come ricorda il Commissario europeo, Louis Michel:

 

R. – MAIS, POUR LA QUESTION DU DARFOUR: ...

Per quanto riguarda il Darfur, l’Unione Europea ha investito somme considerevoli in ambito di aiuti umanitari. Infatti, assicuriamo il flusso continuo di aiuto alimentare, che è molto costoso. Per assicurare questo flusso continuo, diamo il denaro al PAM, il Programma Alimentare Mondiale dell’ONU, che acquista i prodotti sul mercato stesso del Sudan, proprio in loco. Questo, ovviamente, fa sì che il tutto si compia in maniera molto più rapida e che sia assicurata la continuità della fornitura. Vi sono altri donatori al Fondo, che portano il loro supporto agricolo. Per fortuna c’è l’Unione Europea che assicura il flusso continuo, perché a volte ci vogliono fino a tre mesi  prima che arrivi il supporto agricolo! Poichè noi, invece, acquistiamo sul posto, possiamo distribuire gli aiuti immediatamente.

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LA RICCHEZZA DELLA RICERCA SCIENTIFICA E DEL PENSIERO FILOSOFICO-TEOLOGICO

DI PADRE TEILHARD DE CHARDIN, A 50 ANNI DALLA MORTE

- Intervista con padre Eugenio Costa -

 

         Ricorre quest’anno il 50.mo anniversario della morte del padre gesuita Teilhard de Chardin, nato nel 1881 in Alvernia, in Francia, e morto a New York, nel giorno di Pasqua, il 10 aprile del 1955. Dopo aver insegnato per alcuni anni geologia e paleontologia all’Istituto Cattolico e all’Università Cattolica di Parigi, dedicò tutta la sua vita a ricerche nel campo della paleo-antropologia in Cina, India, Birmania, Giava e Sudafrica. Accompagnò la sua ricerca scientifica con l’elaborazione filosofico-teologica di un’interpretazione globale del mondo, preoccupato di mostrare l’accordo profondo con i dati della fede cristiana. (Si possono ricordare almeno i lavori relativi al Sinanthropus Pekinensis). Per padre Teilhard, l’evoluzione si muove dalla materia originaria fino ai livelli più complessi, ossia al “fenomeno umano”, la vita e la coscienza. Rientra nel disegno di Dio che mira ad una meta finale, il punto “Omega”, che tutto guida, cioè Cristo. Il quadro teologico è quello dell’Incarnazione e quindi della realtà di Cristo mediatore, della divinizzazione dell’uomo, della solidarietà di tutto il creato. Oltre ai saggi prettamente scientifici, padre Teilhard ha lasciato una serie importante di volumi che racchiudono il suo pensiero e tra cui citiamo “L’Hymne de l’Univers” (1964). Ma del suo pensiero ci parla, nell’intervista di Giovanni Peduto, padre Eugenio Costa, della Compagnia di Gesù:

 

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R. – Possiamo dire che il padre Teilhard de Chardin rimane nella storia del pensiero cristiano come un profeta dall’occhio acuto, capace di scrutare le relazioni più misteriose fra gli elementi del creato, in tutte le loro dimensioni, dalle microdimensioni alle macrodimensioni, però orientando tutto e tutti alla centralità di Cristo, in vista del quale – dice San Paolo – tutto è stato fatto e sotto il quale, come ad un capo, tutto viene a ricomporsi. Ricordo le parole del cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, il quale dice: “La ricerca di padre Pierre Teilhard de Chardin è stata ispirata da una duplice passione: il fascino che gli ispirava ciò che Teilhard chiamava ‘la consistenza’, cioè la continuazione della sua conoscenza mediante la geologia e la paleontologia, e dunque una passione scientifica; poi la sua vocazione sacerdotale, molto umanizzata ma non per questo priva di una risonanza mistica e cosmica, che gli ha aperto l’intelligenza alla percezione universale. Teilhard ha così voluto riabilitare la materia. Le sue intuizioni lo hanno portato a considerare l’universo su una scala di totalità, a concepirlo come lo scrigno dell’emergere della vita, in cui l’uomo e Cristo si presentano come la “chiave delle cose”.

 

D. – Come si potrebbe descrivere il metodo che Teilhard de Chardin seguì nell’ordinare coerentemente le sue intuizioni filosofico-teologiche?

 

R. – In questo caso, vorrei anche qui utilizzare parole già pronunciate, questa volta di un teologo italiano, Carlo Molari, il quale dice così: la forza della sua intelligenza e l’abitudine anche del suo lavoro di paleontologo, ma nello stesso tempo l’attenzione al cammino di fede della Chiesa in rapporto con la cultura, lo hanno condotto ad uno stile molto personale di argomentazione e di sintesi, che in parte spiega il grande fascino esercitato da padre Teilhard. Lui stesso definisce il suo metodo ‘fenomenologico’, nel senso che intende proporre una riflessione sui fenomeni del cosmo, visti nella loro globalità. La sua espressione tipica era “null’altro che il fenomeno, ma tutto il fenomeno”. I tratti caratteristici del metodo teilhardiano sono: l’orizzonte scientifico della sua riflessione; il fatto che egli implica sempre l’esperienza come punto di partenza delle sue riflessioni; la globalità della sua riflessione, perché non riguarda soltanto il fenomeno, ma il suo senso, la sua storia e la coerenza di tutti i dati.

 

D. – Nell’ottobre scorso, si è svolto alla Pontificia Università Gregoriana un convegno proprio su Teilhard de Chardin. Padre Costa, quali sono stati gli ambiti di ricerca dei convegnisti?

 

R. – Gli ambiti di ricerca sono stati quattro: la visione teologica di Teilhard, la visione scientifica, la visione metafisica, e infine alcune prospettive socio-politiche che si riscontrano soprattutto negli ultimi scritti di padre Teilhard. Il convegno è stato inaugurato da una grande relazione del cardinale Poupard, da un saluto del generale dei gesuiti, il padre Kolvenbach, e da una breve allocuzione del padre Ghirlanda, rettore della Pontificia Università Grego-riana. Si sono poi succeduti circa 25 oratori, soprattutto francesi e italiani. Verranno pubblicati presto gli Atti di questo importante colloquio internazionale.

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ROMA, I PONTEFICI E IL LORO TEMPO: 265 RITRATTI PER UN VIAGGIO DI 20 SECOLI

NEL LIBRO DI CLAUDIO RENDINA “I PAPI”

- Intervista con l’autore -

 

E’ in libreria l’ultima fatica editoriale di Claudio Rèndina, scrittore e poeta appassionato di Roma e di storia vaticana: il titolo del suo ultimo libro, “I Papi”, pubblicato dalla Newton & Compton, scandaglia sia le vicende personali dei 265 Pontefici succedutisi a capo della Chiesa, sia il loro rapporto con l’Urbe e con la vita del cosiddetto “borgo”: un aspetto tornato in primo piano proprio agli inizi del pontificato di Benedetto XVI. Il libro è anche uno strumento di lavoro, ricco com’è di immagini storiche, di documenti e curiosità legati a Conclavi, Concili ecumenici e Giubilei. Alessandro De Carolis ha incontrato l’autore e gli ha chiesto in che modo sia nata un’opera così monumentale:

 

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R. – Quando mi sono accinto a fare un esame dei Romani Pontefici, ho fatto uno studio particolare sulla città, sulla Roma pontificia. E quindi, dallo studio delle caratteristiche della Roma papale, attraverso i secoli, ho inserito uno spaccato biografico di questi personaggi. Molte volte avevano una loro esistenza staccata dal tessuto urbano, ma indiscutibilmente alla città facevano riferimento nella loro attività pastorale, talvolta, per esempio, anche in veste di “costruttori” della città stessa. Il libro è nato dunque sulla base di una ricerca approfondita, da me condotta anche nella Biblioteca Vaticana e nell’Archivio, con il materiale di ricerca poi distillato in una serie di dati storici e cronachistici, comprese le cosiddette curiosità che arricchivano comunque il personaggio.

 

D. – Nella sua ricerca, la sensazione è che il dato storico appaia sovente più netto rispetto a quello magisteriale: il che, parlando di Papi, ha un rilievo importante. Come mai?

 

R. –    In parte, perché ho effettivamente esaminato i personaggi da un’angolazione storica, in parte perché è indiscutibile che, molte volte, la figura del Pontefice in alcuni personaggi venga sommersa quasi dagli eventi storici che l’hanno caratterizzata. Questo accadeva specialmente nelle epoche medievali, quando Roma era veramente un caos, una città di 20 mila abitanti soffocata dalle lotte baronali e non solo. In questo contesto, dunque, viene coinvolto il personaggio-Papa con riferimenti a volte più legati alla sua fisionomia storica, che alla sua figura e all’opera pastorale.

 

D. – Rimanendo nell’ambito dell’antichità, quale Pontefice l’ha colpita di più e  perché?

 

R. – Mi viene in mente, senz’altro, Papa Lambertini, Benedetto XIV, perché è un Papa che si distingue nettamente in un periodo particolarmente difficile per la Chiesa, che è nel pieno dell’Illuminismo, nel pieno del ‘700. E’ un personaggio veramente straordinario, per il quale io ho fatto un paragone con Giovanni XXIII: effettivamente, Benedetto XIV dette una scossa alla Chiesa in quel periodo, con una grande apertura di carattere sia dottrinale che umano. Stipulò concordati con diversi Stati europei, per una tutela della Chiesa in quegli Stati. Inoltre, cercò di aprirsi il più possibile anche alle altre Chiese. E’ l’unico Papa, ad esempio, al quale l’Inghilterra abbia dedicato una statua, e mi pare quanto mai significativo in una terra anglicana. Per quanto riguarda l’aspetto umano, Benedetto XIV amava girare per quello stesso borgo di cui si è parlato recentemente per l’attuale Pontefice. E’ indiscutibile che Benedetto XIV avesse un rapporto molto semplice con la gente, e ricordiamo che allora era un sovrano Pontefice. Lui, in certo modo, si toglieva la corona e andava in giro tra la persone, parlava con loro: un fatto inconcepibile a metà del ‘700. Ci sono poi le caratteristiche di un personaggio che non disdegnava lo svago. A Castel Gandolfo ci andava spesso e ci andava a cavallo: anche questo aspetto ci offre una dimensione allegra, vivace di questo personaggio.

 

D. – Nel suo libro è già storia un Pontificato che è appena uscito dalla cronaca. Qual è il ritratto che Claudio Rendina fa di Giovanni Paolo II?

 

R. – Giovanni Paolo II è stato indiscutibilmente e per molti versi un grande Papa. E’ colui che, tra l’altro, ha rinnovato in qualche modo il rapporto fondamentale tra la Cattedra di Pietro e i fedeli, anche al di là di quelle che potevano essere le frontiere geografiche, le frontiere della stessa Europa. Il suo, quindi, è stato un messaggio universale.

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CHIESA E SOCIETA’

24 maggio 2005

 

 

“FIGLIO O STRUMENTO TECNOLOGICO” :

E’ IL TITOLO DELL’EDITORIALE DELLA RIVISTA “LA CIVILTA’ CATTOLICA”,

DEDICATO AL DIBATTITO SULL’EMBRIONE UMANO,

IN VISTA DEI PROSSIMI REFERENDUM IN ITALIA SULLA FECONDAZIONE ASSISTITA

E DOPO GLI ESPERIMENTI DI CLONAZIONE IN GRAN BRETAGNA E IN COREA

 

ROMA. = “Figlio o strumento tecnologico?” Da questo inquietante interrogativo parte l’editoriale proposto sull’ultimo numero de “La Civiltà cattolica”, dedicato al dibattito sull’embrione umano, in vista dei prossimi Referendum in materia di fecondazione assistita, che si terranno il 12 e 13 giugno in Italia, e dopo le notizie della scorsa settimana degli esperimenti di clonazione su embrioni umani realizzati in Gran Bretagna e in Corea. “Posizioni e decisioni prese dalle nazioni …. in questo nuovo campo di ricerca” – scrive l’editorialista - pur variando nell’estensione e nei limiti normativi, mettono in evidenza una situazione grave nelle società del mondo cosiddetto ‘sviluppato’ cioè la caduta o il serio pericolo del crollo di due dei più fondamentali valori sociali: la dignità dell’essere umano e il suo diritto alla vita dal concepimento”. “Le pressioni di un notevole numero di scienziati e di abili tecnologi, da una parte, e, dall’altra, una Medicina sempre più tecnologizzata….. – si legge nell’articolo - hanno portato a dimenticare, fino a rifiutare, la reale natura del soggetto umano al suo apparire: è stata, cioè, offuscata e negata la verità del ‘concepito’, che è ‘figlio’. Per completare il quadro si sono aggiunte tesi di qualche filosofo, secondo le quali l’embrione umano sarebbe un ‘insieme di cellule’ umane, il quale, tuttavia, non costituirebbe un reale individuo umano, ma lo sarebbe soltanto ‘in potenza’ per diventare tale a un dato momento, da stabilire per convenzione, nel processo del suo sviluppo. Si tratta, in realtà, - annota l’editorialista - di una grave aggressione alla più debole di tutte le creature umane.” L’articolo ripercorre quindi “i principali tentativi di questa aggressione” per “rivelarne la grave ingiustizia.” Dal “primo atto ufficiale contro l’embrione umano”, agli inizii del secolo scorso, quando lo scienziato britannico Edwards, padre tecnico della prima bambina concepita in vitro, “riconosciuti i gravi fallimenti” della tecnica FIV, per l’”immane ecatombe di soggetti umani allo stadio embrionale”, propugnò “la necessità di studiare la crescita in vitro per migliorare l’alleviamento della infertilità e delle malattie ereditarie e per approfondire altri problemi scientifici ed etici”. “Ottima, ovviamente, l’intenzione – sottolinea l’editoriale - ma debole e pericoloso il pensiero” che portò nel 1990 a legalizzare in Gran Bretagna la ricerca su ogni embrione umano risultante dalla fertilizzazione in vitro, di qualunque provenienza, fino al termine del quattordicesimo giorno dalla fertilizzazione. “Da allora – ricorda la nota de “La Civiltà cattolica” - milioni di embrioni umani, in molte nazioni, sotto la protezione della legge o no, sono stati privati della loro vita e ridotti allo stato di ‘materiale da ricerca’.” Il secondo atto ufficiale contro l’embrione è avvenuto invece nel 2001 quando un gruppo di ricercatori della Wisconsin University, negli Stati Uniti, dimostrava la possibilità di ottenere, dalle cellule di embrioni umani al quinto giorno circa dalla fecondazione, dette cellule staminali embrionali, aprendo la strada alla cosiddetta clonazione terapeutica. “Scienza e tecnologia, - conclude l’editoriale de “la Civiltà Cattolica” - pervase da un senso di onnipotenza e di autonomia, e appoggiate da forze politiche e sociali che hanno a disposizione potenti e avvincenti mezzi massmediali, nonostante brillanti scoperte e straordinari progressi, stanno dimenticando la grandezza vera dell’essere umano, che è già presente - anche se invisibile agli occhi - in quel minimo soggetto umano che, come dimostrano una scienza e una sapienza oggettive, inizia il suo cammino al momento della fecondazione.” (R.G.)

 

 

STAMANE A ROMA, CERIMONIA NELLA BASILICA DI SAN CLEMENTE

IN MEMORIA DEI SANTI CIRILLO E METODIO,

COMPATRONI D’EUROPA CON SAN BENEDETTO.

PRESENTE FRA LE AUTORITA’ IL PRESIDENTE DELLA BULGARIA, PARVANOV

- A cura di Jordanka Petrova -

 

ROMA. = Dodici secoli fa i Santi fratelli Cirillo e Metodio, compatroni dell’Europa con San Benedetto, non solo hanno evangelizzato i popoli slavi, ma hanno messo la base per la costruzione di un’Europa unita. Così il presidente della Repubblica di Bulgaria, Georgi Parvanov, durante la cerimonia svoltasi oggi nella Basilica di San Clemente, in memoria dei due Santi fratelli. Ogni anno, il 24 maggio una delegazione - cui partecipano rappresentanti delle autorità statali, del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa e della Chiesa cattolica insieme con la comunità bulgara a Roma - depone una corona di fiori sulla tomba di San Cirillo a Roma ed eleva preghiere di riconoscimento e gratitudine per la loro grande opera tra i popoli slavi. S.E. Ilarion, metropolita di Dorostol, rappresentante del Santo Sinodo ha guidato la preghiera ed ha ringraziato i due Santi fratelli, che hanno forgiato la fede tra i popoli slavi. Dopo la cerimonia a San Clemente la delegazione è stata accolta nella Basilica di Santa Maria Maggiore, dal cardinale Francis Law, arciprete della Basilica, dove i due fratelli per la prima volta hanno celebrato la Liturgia in lingua paleo-slavo. Alla commemorazione hanno preso parte mons. De Luca e mons. Michael Banach della segreteria di Stato; gli ambasciatori presso la Santa Sede di Russia, Francia, Croazia, Slovacchia, Bosnia e Herzegovina, Romania, Olanda e molti cittadini bulgari.

 

 

PROSSIMO VIAGGIO NEI BALCANI DI CARLA DEL PONTE,

 PROCURATORE GENERALE DEL TRIBUNALE PENALE INTERNAZIONALE,

PRIMA DEL RAPPORTO SEMESTRALE AL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU.

LA VISITA INIZIERA’ IL 2 GIUGNO A BELGRADO E PROSEGUIRA’ A ZAGABRIA E SARAJEVO

 

BRUXELLES. = Il procuratore generale del Tribunale penale internazionale (TPI) per l'ex Jugoslavia, Carla Del Ponte, si recherà nei Balcani prima di presentare il prossimo 13 giugno il suo rapporto semestrale al Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Il 2 giugno incontrerà a Belgrado il presidente serbo Boris Tadic al quale ricorderà che - malgrado la consegna volontaria al TPI di 15 imputati serbi e serbo-bosniaci negli ultimi mesi - i ricercati sono ancora 10, tra cui il leader serbo-bosniaco Radovan Karadzic e il generale Ratko Mladic. Tra il 2 e il 3 giugno, Del Ponte andrà poi a Zagabria per incontrare il premier croato Ivo Sanader. Nel caso della Croazia, il problema si chiama Ante Gotovina, l'ex generale croato accusato dal TPI di crimini di guerra contro i serbi della Krajina. La sua mancata consegna ha provocato il rinvio dell'inizio delle trattative per l'adesione della Croazia all'Unione europea, negoziati che avrebbero dovuto cominciare lo scorso marzo. Il viaggio della Del Ponte si concluderà quindi a Sarajevo, in Bosnia, per un incontro con le autorità internazionali. (R.G.)        

 

 

ANNUNCIATE LE DATE, DAL 10 AL 14 OTTOBRE,

 DELLA PROSSIMA RIUNIONE CONTINENTALE DELLA RIIAL,

LA RETE INFORMATICA DELLA CHIESA IN AMERICA LATINA,

CHE SI TERRA’ NELLA CITTA’ BOLIVIANA DI COCHABAMBA

 

COCHABAMBA. = La città boliviana di Cochabamba ospiterà la nona riunione continentale della RIIAL, la Rete informatica della Chiesa in America Latina. La riunione avrà luogo dal 10 al 14 ottobre prossimi. "Sarà una occasione importante per dare impulso ai progetti già avviati e per aprire nuove strade al Vangelo in questo territorio di missione che è la cultura digitale". Così il presidente del Pontificio consiglio per le Comunicazioni sociali, mons. John Patrick Foley, in un messaggio inviato all'arcivescovo di Cochabamba, mons. Tito Solari, già al lavoro per preparare la riunione della RIIAL, un organismo voluto dal Consiglio Episcopale Latino-Americano (CELAM) e dallo stesso Pontificio consiglio per le Comunicazioni Sociali. (A. M.)

 

 

GRAZIE AD UNA RACCOLTA FONDI PER LA MODERNIZZAZIONE DEGLI IMPIANTI

E LA MESSA A NORMA DELLA SICUREZZA E’ STATA RIAPERTA IN ZAMBIA

 L’EMITTENTE DIOCESANA “RADIO MUSI –O- TUNYA”,

CHIUSA DALLE AUTORITA’ DEL GOVERNO NEL DICEMBRE SCOSO

 

LIVINGSTONE. = Nella Zambia Radio Musi -O- Tunya della diocesi di Livingstone ha ripreso le emissioni dopo aver ottenuto la licenza di trasmissione. L'autorizzazione è giunta dopo un’ispezione condotta da esperti del ministero dell’Informazione e Comunicazioni, dell’Authority per le Comunicazioni, e della Zambian National Broadcasting Corporation (ZNBC). Radio Musi -O- Tunya, diretta da don Cleus Mwiila, fu fatta chiudere a dicembre dal ministro dell’Informazione e Comunicazioni che aveva chiesto all’emittente di dotarsi di un generatore elettrico, di migliorare l’impianto elettrico e di assicurare la presenza 24 ore su 24 di una squadra di polizia. A marzo, la stazione radio ha comprato un generatore e una sala di registrazione e sono stati compiuti lavori per migliorare i locali e le attrezzature. Diversi cittadini di Livingstone hanno organizzato una raccolta di fondi e hanno svolto opera di volontariato per far sì che le trasmissioni della radio potessero riprendere. La direzione delle Pontificie Opere Missionarie della Germania, Missio Aachen, e l’Ambasciata finlandese, oltre alla diocesi di Livingstone hanno offerto in contributo finanziario alla radio. (A.M.)

 

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24 ORE NEL MONDO

24 maggio 2005

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Donika Lafratta -

 

In Iraq cinque civili, fra i quali un bambino, sono stati uccisi da uomini armati nel villaggio di Hurriyah, a sud di Baghdad. Nel Paese, dove è stato sequestrato un uomo di affari turco, proseguono gli attacchi della guerriglia contro le forze di sicurezza irachene: un nuovo attentato ha colpito stamani Baghdad. Il nostro servizio:

 

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Un ennesimo attacco suicida contro un convoglio di agenti iracheni ha causato, stamani, la morte di 6 persone, tra le quali 5 poliziotti. L’esplosione dell’autobomba è avvenuta nel centro di Baghdad nei pressi di una scuola. L’attentato di questa mattina si aggiunge a quelli di ieri costati la vita ad oltre 50 persone. Il bilancio più grave è quello del duplice attacco condotto ieri sera da due kamikaze a Tall Afar, città settentrionale situata ad ovest di Mossul. Le persone uccise dalle due esplosioni sono 35. Gli attentatori, a bordo di due vetture imbottite di tritolo, si sono  fatti esplodere all’esterno  dell’abitazione  di uno  sceicco  turcomanno,  nel centro di Tall

Afar. Il duplice attentato è stato compiuto tra la gente accorsa per prestare soccorso ad alcuni feriti. L’area, infatti, era stata teatro poco prima di un lancio di colpi di mortaio. Nel Paese la polizia irachena ha arrestato, intanto, 428 sospetti terroristi in seguito ad un’operazione condotta a Baghdad. Un tribunale speciale ha inoltre condannato a morte tre uomini accusati di aver preso parte ad attacchi contro poliziotti iracheni. Si tratta delle prime condanne capitali emesse nel Paese contro ribelli. Dopo la caduta del regime di Saddam Hussein, avvenuta nell’aprile 2003, l’applicazione della pena di morte in Iraq era stata sospesa dall’Autorità Provvisoria della Coalizione. Ma dopo il passaggio di poteri, nell’agosto del 2004, l’allora esecutivo ad interim guidato da Iyad Allawi ha varato una legge che ripristina la pena di morte per omicidio, sequestro di persona, stupro e traffico di stupefacenti. Il presidente iracheno, il curdo Jalal Talabani, ha più volte sottolineato di essere assolutamente contrario alla pena di morte.

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Gli Stati Uniti continueranno a mantenere il controllo delle operazioni militari in Afghanistan. Lo hanno concordato il capo della Casa Bianca, George Bush, ed il presidente afghano, Hamid Karzai, durante l’incontro di ieri a Washington. Il presidente afghano ha anche lanciato un nuovo appello per chiedere la liberazione di Clementina Cantoni, la cooperatrice italiana rapita nel Paese arabo lo scorso 17 maggio. Il governo di Kabul ha reso noto, intanto, che proseguono le trattative con i rapitori della donna. Gli operatori di telefonia attivi in Afghanistan stanno spedendo, inoltre, un messaggio sms ai loro abbonati per chiedere sollecita informazioni utili per ottenere il rilascio di Clementina.

 

I rappresentanti di Francia, Germania e Gran Bretagna hanno incontrato questa mattina a Bruxelles una delegazione iraniana per preparare la riunione ministeriale prevista domani a Ginevra. Il vertice è stato richiesto dai tre Paesi europei dopo la decisione di Teheran di riprendere le attività di conversione dell'uranio in violazione degli accordi del novembre 2004.  Intanto, l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno duramente condannato la decisione del Consiglio dei guardiani di ammettere alle presidenziali del 17 giugno solo 6 candidati, dei 1014 che si erano presentati. Questa mattina il Consiglio ha annunciato la riammissione di 2 candidati riformisti.

 

Si confermano difficili i rapporti fra la Siria e gli Stati Uniti. In un’intervista al New York Times, l’ambasciatore Imad Moustapha ha annunciato la fine di ogni forma di collaborazione con Washington, sul piano militare e su quello dei servizi segreti. Si tratta – ha detto – di una risposta alle accuse americane a Damasco di avere ospitato riunioni di Al Qaeda per pianificare gli attentati in Iraq.

 

Il Parlamento uzbeko ha formato oggi una “commissione indipendente di inchiesta” sugli scontri di Andijan, dove il 13 maggio almeno 170 manifestanti sono morti sotto il fuoco delle forze dell’ordine, in una spietata azione repressiva. Ma i parlamentari, che hanno promesso un’indagine “globale”, sono in gran parte fedeli al presidente Karimov, che continua a rifiutare l’inchiesta internazionale caldeggiata dall’Occidente.

 

Il presidente palestinese, Abu Mazen, è partito questa mattina da Ramallah ed è diretto a Washington dove dopodomani sarà ricevuto alla Casa Bianca da George Bush. Tra i temi in agenda figurano: il rilancio della road map, il ritiro israeliano da Gaza, la complessa questione del muro in Cisgiordania e argomenti di carattere economico.

 

In Francia continua la campagna elettorale dei fautori del ‘si’ e del ‘no’, per il referendum sulla Costituzione europea che si svolgerà nel Paese il prossimo fine settimana. Secondo l’ultimo sondaggio, il 54 per cento della popolazione francese si opporrebbe al Trattato costituzionale dell’Unione. Confusione, incertezza e recriminazioni - afferma Charles Grant, direttore del Centro per le riforme europee di Londra - sarebbero le conseguenze di un eventuale ‘no’ della Francia alla ratifica del Trattato.

 

Si terranno il prossimo 18 settembre le elezioni politiche anticipate in Germania. La data non è ufficiale ma è stata rivelata da molti tedeschi. Il voto anticipato era stato annunciato dal cancelliere Gerhard Schroeder e dal leader socialdemocratico Franz Muentefering dopo la disfatta subita domenica dalla Spd alle regionali nel Nord-Reno-Vestfalia. Intanto Schroeder ha dichiarato che non intende formare una coalizione pre-elettorale tra SPD e Verdi.

 

Il Prodotto interno lordo dell’Africa è cresciuto del 5,1 per cento, pur con differenze enormi da Paese a Paese. Lo afferma il rapporto dell’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, secondo il quale il continente sta beneficiando dell’alta domanda di materie prime, del miglioramento del management e dell’alleggerimento dei conflitti. Ma i poveri sono fermi al 70 per cento della popolazione; questi dati non devono dunque ingannare, come ci spiega Giulio Albanese:

 

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Non è tutto oro quello che luccica, non fosse altro perché la quota di povertà nel continente africano è ancora molto alta, attestandosi attorno al 70 per cento della popolazione. La vera sfida consiste nel riconciliare la politica degli investimenti stranieri con gli interessi della gente comune e soprattutto se per investimenti si intende privatizzare beni essenziali come l’acqua. Il rischio è noto un po’ a tutti: quello della svendita a compagnie straniere di immense risorse dell’Africa. Altra questione cruciale è quella del debito. Se è vero che alcuni governi hanno concluso accordi sulla remissione del debito con non pochi Paesi africani, non va dimenticato che banche e privati non hanno mai fatto sconti all’Africa, come viene ben evidenziato nell’ultimo Rapporto 2004 dell’UNCTAD, l’Agenzia delle Nazioni Unite preposta allo studio dello sviluppo e del commercio. Sono molto di più i soldi che l’Africa restituisce regolarmente al Nord del mondo che quelli elargiti ai Paesi ricchi. E questo perché i governi africani sono strangolati dagli interessi imposti dall’alta finanza. Poco importa che si tratta di Istituti di credito internazionali o quant’altro. Quando si parla poi di crescita percentuale del prodotto interno lordo africano occorre considerare che i numeri da cui parte l’economia del continente Africa sono minimali rispetto a quelli dell’Occidente. Tanto per fare un esempio, il PIL complessivo dell’Africa Sub-Sahariana è poco più della metà di quello di Paesi come la Spagna e il che la dice lunga sui tempi di crescita reale dell’economia africana e soprattutto sulla questione della spartizione delle ricchezze.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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In Etiopia l’opposizione minaccia di boicottare il nuovo parlamento se le denunce di presunti brogli elettorali avvenuti in 139 circoscrizioni non saranno oggetto di inchiesta. I risultati ufficiali del voto del 15 maggio saranno diffusi solo il prossimo 8 giugno. Sia il partito del premier Meles Zenawi, il Fronte Democratico Popolare Rivoluzionario (FDPR), sia la Coalizione per l’Unità e la Democrazia (CUD), all’opposizione, hanno annunciato la vittoria.

 

 

 

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