RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
141 - Testo della trasmissione di sabato 21
maggio 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Concluso a Roma un seminario su “Pace e Liturgia”. Ce ne
parla padre Keith Peklers
IN PRIMO PIANO:
Caché,
il film del regista Haneke, premiato a Cannes dalla Giuria ecumenica: con noi
Marina Sanna
Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Conclusa in Perù la 30.ma
Assemblea del Consiglio episcopale latino americano (CELAM)
Davanti alla tomba di Giovanni
Paolo II ieri l’omaggio orante del Gran Maestro dell’Ordine di Malta
In Afghanistan si continua a trattare per liberare Clementina Cantoni
21
maggio 2005
RIEDIFICARE IL RWANDA SUI VALORI EVANGELICI DELLA
FRATERNITA’ E
DELLA GIUSTIZIA SENZA CEDERE ALLO
SCORAGGIAMENTO. COSI’ BENEDETTO XVI
AI VESCOVI RWANDESI RICEVUTI OGGI PER LA VISITA AD LIMINA
Riedificare il Rwanda sul valore
della fraternità, della verità e della giustizia, con i cristiani in prima
linea a permeare dei valori evangelici il tessuto sociale, senza cedere alla
tentazione dello scoraggiamento. E’ il messaggio affidato da Benedetto XVI ai
vescovi del Paese africano, ricevuti questa mattina in visita ad Limina. Da parte sua il presidente
dei vescovi rwandesi, mons. Alexis Habiyambere, ha sottolineato le priorità
della Chiesa locale: l’impegno per la riconciliazione dopo la tragedia del
genocidio del 1994, la lotta contro la povertà e l’AIDS. Il presule ha definito
ignobili le accuse rivolte ad alcune autorità cattoliche sul loro ruolo durante
il conflitto, ma ha parlato anche di una reale normalizzazione con lo Stato rwandese.
Infine il presidente della Conferenza episcopale rwandese ha auspicato che il
Papa possa essere accolto un giorno in questa terra. Ma torniamo all’intervento
di Benedetto XVI. Ce ne parla Alessandro De Carolis.
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Una
“pastorale di vicinanza”, che sostenga i rwandesi nel loro impegno di
restituire il Paese alla pace e alla riconciliazione. La scelta dei vescovi dello
Stato africano, “duramente provato” e condizionato dal genocidio del 1994, è
stata salutata con soddisfazione da Benedetto XVI, nell’incontro di questa
mattina. Quello dei presuli, ha sottolineato, è un grande lavoro apostolico
fondato sull’ausilio e “sull’impegno di piccole comunità di laici nella
pastorale missionaria della Chiesa, in armonia con i pastori”. Il Papa ha
incoraggiato i vescovi del Rwanda a sostenere queste comunità, “sviluppando
allo stesso tempo – ha detto – una vita ecclesiale e spirituale più forte”.
Consapevole delle difficoltà in
cui la Chiesa rwandese si trova ad operare, il Pontefice ha introdotto il suo
discorso spronando la Chiesa locale a spendersi per questa causa: “Esorto
sacerdoti e fedeli - ha affermato - a rimanere saldi nella fede, a perseverare
nella speranza che dona il Cristo risorto, superando ogni tentazione di
scoraggiamento”. In quest’ottica, Benedetto XVI ha sollecitato i fedeli ad
assumersi le proprie responsabilità in campo sociale, in particolare nei
settori della politica e dell’economia, facendo uso – ha precisato - di un
“senso morale nutrito dalla Dottrina sociale della Chiesa”.
Il Papa ha avuto parole di
apprezzamento per i giovani, speranza del Rwanda di domani, e per i sacerdoti
ai quali è doveroso assicurare, ha detto, la “formazione permanente a livello
teologico e spirituale”. Benedetto XVI ha invitato i vescovi ad assicurarsi
sulle “condizioni di vita” del clero, perché i sacerdoti siano “testimoni
veritieri” della Parola che annunciano. Il Pontefice ha concluso il suo
discorso auspicando che fedeli e pastori costruiscano “comunità animate da un
amore reciproco sincero”, caratterizzato “dal desiderio imperioso di lavorare
ad un’autentica riconciliazione”.
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NON LAVORIAMO PER UN POTERE, MA PER APRIRE A CRISTO
LE STRADE DEL MONDO:
COSI’, BENEDETTO XVI IN VISITA, STAMANI, ALLA
SEGRETERIA DI STATO.
IL RINGRAZIAMENTO AL PAPA DEL CARDINALE ANGELO
SODANO
- Servizio di Alessandro Gisotti -
Un
tragitto di pochi metri per una visita alquanto significativa: il Papa si è
recato stamani in visita alla Segreteria di Stato, dove è stato accolto dal
cardinale Angelo Sodano. Benedetto XVI ha sottolineato l’importanza del lavoro
svolto dai suoi più stretti collaboratori, come ci riferisce Alessandro
Gisotti:
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In
un clima particolarmente cordiale, Benedetto XVI ha parlato a braccio ai suoi
collaboratori più stretti, sottolineando l’importanza del loro compito. “Fa grande onore alla santa Sede
– ha rilevato - il fatto che un numero di persone così piccolo faccia un lavoro
grandissimo per la Chiesa universale. Questo grande lavoro fatto da un numero
non grande di persone – ha aggiunto - dimostra l’assiduità e la dedizione con
la quale realmente si lavora”. Ecco un passaggio del
discorso del Papa:
“Noi non lavoriamo per difendere
un potere. Non abbiamo un potere mondano, secolare. Non lavoriamo per il
prestigio, non lavoriamo per far crescere una ditta o qualcosa di simile. Noi
lavoriamo realmente perché le strade del mondo siano aperte a Cristo. E tutto
il nostro lavoro, con tutte le sue ramificazioni, alla fine serve proprio
perché il suo Vangelo, e così la gioia della Redenzione, possa arrivare al
mondo”.
“Cerchiamo
di lavorare uniti, formando come un cenacolo apostolico intorno al Successore
di Pietro”: con queste parole, il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano,
ha accolto Benedetto XVI. Nel suo saluto al Pontefice, il porporato ha messo
l’accento sulla straordinaria missione del Papa per la diffusione del Vangelo
nel mondo di oggi, impegno a cui collaborano quanti lavorano nelle due sezioni
della Segreteria di Stato. “Cerchiamo di svolgere il nostro servizio – ha detto
il cardinale Sodano – con la diligenza metodica delle api così ben
rappresentate nello stemma di Papa Barberini, Urbano VIII, in vari angoli dei
Palazzi Apostolici e della Basilica di San Pietro”.
Il porporato ha, infine, ricordato uno scritto di Papa Joseph Ratzinger
sulla “bellezza della liturgia cattolica e della gioia che esprime il canto
sacro nella comunità cristiana”. Testo nel quale Benedetto XVI citava una frase
di Gandhi, che vedeva negli esseri viventi del cosmo tre atteggiamenti: “Nel
mare, - diceva - vi sono i pesci, che tacciono; nella terra, vi
sono gli animali, che gridano, e gli uomini, che parlano; nel cielo, vi sono
gli uccelli, che cantano”. Noi in Segreteria di Stato, ha affermato il
cardinale Sodano, “cercheremo, quando è ora, di tacere, quando è ora, di
parlare, ma sempre cercheremo di cantare un inno di ringraziamento a Dio per
l'onore che ci concede di lavorare per la Sua Santa Chiesa”.
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NOMINE
In Honduras il Santo Padre ha
nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Tegucigalpa il padre claretiano Juan
José Pineda Fasquelle, finora
professore del Seminario maggiore nazionale di Tegucigalpa, incaricato della pastorale
presso l’Università Cattolica dell’Honduras e segretario dell’arcivescovo di
Tegucigalpa, assegnandogli la sede titolare vescovile di Obori.
Mons. Juan José Pineda Fasquelle
è nato a Tegucigalpa il 19 dicembre 1960.
Ha conseguito la Licenza e quindi il Dottorato in Diritto Canonico presso
la Pontificia Università Lateranense di Roma. E’ stato ordinato sacerdote il 16 luglio 1988.
IL CARDINALE VICARIO CAMILLO RUINI INVITA I FEDELI
AD UNIRSI
A BENEDETTO XVI NELLA CELEBRAZIONE DEL CORPUS
DOMINI,
IL 26 MAGGIO PROSSIMO A SAN GIOVANNI IN LATERANO
- A cura di Alessandro Gisotti -
Unirsi al Santo Padre nella celebrazione del Corpus Domini: è
l’esortazione del cardinale vicario Camillo Ruini, che ha inviato una lettera
ai fedeli della diocesi di Roma per invitarli a San Giovanni in Laterano, in
occasione della Solennità del Corpo e Sangue del Signore, il 26 maggio
prossimo. La messa sarà celebrata da Benedetto XVI sul sagrato della Basilica e
sarà seguita dalla processione eucaristica lungo via Merulana, fino a Santa
Maria Maggiore.
Il cardinale Ruini invita “in modo particolare i bambini che in questo
anno hanno ricevuto o riceveranno la prima comunione” i quali “potranno indossare
i loro abiti bianchi, accompagnati dai genitori e dai catechisti”. Rivolgendosi
poi ai parroci, ai rettori delle chiese, ai superiori di seminari e istituti
religiosi e ai residenti lungo il percorso della processione, il porporato
chiede di esporre drappi e lumi alle finestre o sui portali davanti ai quali passerà
la processione con il Santissimo Sacramento.
LA PARTECIPAZIONE ALLE CELEBRAZIONI LITUGICHE, SE
E’ AUTENTICA,
GENERA UN IMPEGNO PER LA PACE E LA GIUSTIZIA. SE
NE E’ PARLATO A UN SEMINARIO CONCLUSO IERI A ROMA SUL TEMA: “PACE E LITURGIA.
UN ITINERARIO DI RICERCA”
- Intervista con padre Keith Peklers -
La partecipazione alle
celebrazioni liturgiche è autentica se genera un impegno concreto dei cristiani
per la pace e la giustizia. E’ quanto è emerso al Seminario di studio che si è
concluso ieri a Palazzo San Calisto a Roma sul tema “Pace e Liturgia. Un
itinerario di ricerca”. Il seminario è stato promosso dal Pontificio Consiglio
della Giustizia e della Pace. Con noi a parlarcene uno dei partecipanti il
Padre gesuita Keith Pecklers, professore di liturgia alla Pontificia Università
Gregoriana e al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma. L’intervista è di
Giovanni Peduto:
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D. – C’è il rischio nelle nostre
comunità di vivere in modo separato la liturgia e l’impegno sociale e politico?
R. – Sicuramente. A 40 anni dal
Concilio viviamo, a volte, in due mondi separati. Si va a Messa ogni domenica,
ma dopo si rischia di tornare ad una vita quotidiana staccata da quanto abbiamo
ascoltato. Il Concilio ci ricorda il bisogno di legare sempre questi due mondi.
La liturgia come fonte della vita, come culmine della vita, ci spinge a mettere
in pratica il messaggio evangelico e cioé vivere la pace, la giustizia come
Cristo ci chiede.
D. – Come evitare questo
isolazionismo liturgico per cui a volte, ad esempio, ci si scambia la pace solo
fra cattolici. Una pace, insomma, che fatica talora ad uscire fuori dal recinto
delle Chiese?
R. – Pensiamo al tema
fondamentale che dice “L’Eucaristia fa la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucaristia”.
A volte c’è la tendenza a vivere solo per noi stessi, a pensare magari solo al
mio vicino, a scambiare un segno di pace senza pensare al significato di questo
gesto. Quando si dice ad un altro ‘la pace di Cristo sia con te’ che cosa
significa questa pace? La liturgia ci ricorda che dobbiamo vivere in profondità
questo messaggio. Così, per esempio, quando io vado a Messa, non posso
dimenticare la sofferenza in Iraq, la sofferenza degli altri per la mancanza di
pace, di chi vive nella violenza, nella guerra. Partecipando alla Santa Messa e
facendo la Comunione c’è l’obbligo di mettere in pratica la pace del Signore,
di viverla, di seguire la strada che porta alla pace, alla giustizia.
D. – Come rinnovare le nostre
celebrazioni liturgiche perché possano rinnovare davvero la nostra vita?
R. – Si tratta fondamentalmente
della formazione liturgica. Cioè finora, secondo me, non siamo riusciti
completamente a mettere in pratica ciò che voleva il Concilio, sia da parte dei
sacerdoti, sia da parte dei laici. Quindi c’è molto da fare per quanto riguarda
questa formazione, per vivere la liturgia nella vita quotidiana.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il discorso di Benedetto XVI alla Conferenza Episcopale del
Rwanda. Mi sento vicino al popolo rwandese - ha affermato il Papa - ed esorto i
fedeli e i Pastori a costruire comunità animate da un desiderio di autentica
riconciliazione!
Sempre in prima, Israele: francobollo commemorativo per Giovanni Paolo II.
Nelle
vaticane, la visita del Papa alla Segreteria di Stato.
Tre
pagine dedicate al XXIV Congresso Eucaristico Nazionale che si è aperto a Bari.
Nelle
estere, Cuba: espulsi parlamentari e giornalisti europei.
Per
la rubrica dell’“Atlante geopolitico” un articolo di Pierluigi Natalia dal
titolo “L’irrisolta tragedia del Nord dell’Uganda”.
Nella
pagina culturale, un articolo di M. Antonietta De Angelis dal titolo “Canaletto,
l’‘abile uomo d’affari’ che dipinse la sua Venezia con occhi da innamorato”:
vedute e paesaggi nella mostra a Palazzo Giustiniani.
La
notizia della morte del filosofo francese Paul Ricoeur.
Nelle
pagine italiane, in primo piano statali: il Premier propone ai sindacati
maggiori aumenti in cambio della mobilità.
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21
maggio 2005
BARI ATTENDE CON EMOZIONE
L’APERTURA, OGGI POMERIGGIO, DEL 24.MO
CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE, INCENTRATO SUL TEMA “SENZA LA
DOMENICA NON POSSIAMO VIVERE”.
L’EVENTO VIVRA’ IL SUO MOMENTO CULMINANTE
DOMENICA 29 MAGGIO, CON LA MESSA CELEBRATA DA PAPA BENEDETTO XVI
- Servizio di Alessandro Gisotti
-
Nove giorni scanditi dalla
preghiera e dalla riflessione sulla centralità dell’Eucaristia, cuore della
vita cristiana. Inizia oggi pomeriggio a Bari il 24.mo Congresso eucaristico
nazionale. Un evento a cui sono iscritti a partecipare 60 mila fedeli e che
verrà suggellato dalla presenza di Papa Benedetto XVI, domenica 29 maggio, con
la celebrazione della Santa Messa di chiusura dell’assise. Il servizio di
Alessandro Gisotti:
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(Inno congresso eucaristico)
“Senza la domenica non possiamo
vivere”: il Congresso Eucaristico
Nazionale non sceglie uno slogan ad effetto, ma la testimonianza di fedeltà alla domenica dei
martiri di Abitène che, contravvenendo ai divieti dell’imperatore Diocleziano,
andarono incontro alla morte, piuttosto che rinunciare a celebrare il giorno
del Signore. Dunque, oggi pomeriggio, alle 17, sulla piazza della Libertà del
capoluogo pugliese, si apre l’importante assise ecclesiale. Ad accogliere i
congressisti ci sarà il cardinale vicario Camillo Ruini, inviato speciale di
Benedetto XVI. E proprio Bari sarà la destinazione del primo viaggio in Italia
del nuovo Pontefice, che ha sottolineato come “quest’evento molto
significativo per la Chiesa italiana” si svolga “nel contesto dello speciale
Anno dell’Eucaristia, durante il quale i cattolici del mondo intero sono
stimolati a prendere rinnovata consapevolezza del grande dono lasciatoci da
Cristo nell’Ultima Cena”. Con viva emozione, la Chiesa italiana e la Puglia
attendono l’apertura del Congresso. Ecco la testimonianza dell’arcivescovo di
Bari-Bitonto, mons. Francesco Cacucci, intervistato da Fabio Colagrande:
R. - Il Pastore vive questi eventi con tutta la
comunità e quindi è tutta la Chiesa locale di Bari-Bitonto che avverte la gioia
di questo momento.
D. –
Come vi preparate ad accogliere Papa Joseph Ratzinger?
R. –
Noi siamo nel cuore dell’Anno dell’Eucaristia. Che questo noi lo viviamo con il
Sommo Pontefice, significa vivere non solo un riferimento alla Chiesa locale,
ma vivere con un respiro universale e cattolico. Che il primo viaggio apostolico
di Benedetto XVI sia a conclusione del XXIV Congresso Eucaristico nazionale di
Bari, significa dare una indicazione pastorale che non possiamo disattendere.
D. –
Mons. Cacucci, Bari custodisce le reliquie di San Nicola. L’Eucaristia domenicale
può essere un punto di incontro dal punto di vista ecumenico?
R. – Giovanni Paolo II, venendo a
Bari nell’84, ha definito Bari ‘Ponte verso l’Oriente’ proprio a motivo delle
reliquie di San Nicola. Allora, se la domenica è il giorno centrale della vita
dei cattolici sappiamo che lo è anche per il mondo ortodosso.
Sulle aspettative per questo
Congresso Eucaristico, il commento di mons. Gianrico Ruzza, direttore
dell’Ufficio per il Clero del Vicariato di Roma, ancora al microfono di Fabio
Colagrande:
“Credo che come è stato anche per
il Congresso nazionale precedente, quello di Bologna, sia un’occasione per
rimotivare e rafforzare, in tutte le comunità diocesane del nostro Paese, di
questo Paese così legato alla fede cattolica, la bellezza dell’Eucaristia, ma,
soprattutto, la bellezza del convivio eucaristico e quindi di trovare l’unità,
la forza e la capacità di annunciare che Cristo è Risorto e che Cristo è la
speranza dell’uomo. Ci ha detto Benedetto XVI che ‘Cristo, ripartire da Cristo
è la radice del vero umanesimo”.
La scelta del tema “Senza la
domenica non possiamo vivere” vuole essere anche una sana provocazione, come
spiega mons. Paolo Tarchi, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi
sociali della Cei, intervistato da Fabio Colagrande:
“Penso che sia un valore culturale da riscoprire non
solo per i cristiani ma anche per tutta la società civile che spesso è chiusa
in una morsa lavoro-consumo, consumo-lavoro. Si lavora per consumare e si
consuma per poter lavorare. Avremmo bisogno di rompere questo cerchio che
impedisce all’uomo di realizzarsi nella sua pienezza. Dunque, la domenica,
ridiventa davvero, anche per la società, tutta una provocazione sull’uso del tempo”.
Sempre stasera, dopo la solenne apertura
del Congresso verrà inaugurato, in tre padiglioni della Fiera del Levante, il Villaggio
Giovani. Un progetto preparato con il Servizio nazionale CEI di pastorale
giovanile, che unirà idealmente l’evento barese alla prossima Giornata mondiale
della Gioventù di Colonia.
(Inno congresso eucaristico)
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A CUBA SI È TENUTA PER LA
PRIMA VOLTA UNA MANIFESTAZIONE DELL’OPPOSIZIONE.
MA FIDEL
CASTRO USA IL PUGNO DURO CON GLI OSSERVATORI INTERNAZIONALI
- Intervista con Luigi Geninazzi -
A
Cuba il leader maximo Fidel Castro ha accettato di far svolgere una riunione
politica pubblica all’Avana indetta da un gruppo di dissidenti. L’incontro,
durante il quale è stato trasmesso un discorso del presidente americano Bush,
si è tenuto ieri in una villa alla periferia della capitale. Ma
all’autorizzazione sono seguite, da parte del regime, severe misure repressive
nei confronti di parlamentari europei e diversi giornalisti. L’inviato del
Corriere della Sera Francesco Battistini, espulso ieri dall’isola, è arrivato
da pochi minuti a Parigi. La Spagna ha presentato intanto proteste formali per
le espulsioni dei deputati europei. Adesso si teme un deterioramento delle
relazioni tra Cuba e Unione Europea. Sul significato dell’incontro dei
dissidenti cubani, ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco l’inviato di
Avvenire Luigi Geninazzi:
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R. - L’incontro dei dissidenti ha un duplice significato:
da un lato ha mostrato il volto repressivo del regime castrista, dall’altro
lato questa riunione, tenuta da dissidenti certamente ha un grande valore. Ma
bisognerà vedere cosa accadrà in futuro. Dobbiamo tener presente che il
Congresso non rappresentava tutta l’opposizione ma solo una parte. Credo che la
parte più responsabile dell’opposizione, quella che fa capo al progetto Varela
del cattolico Oswaldo Payá, non
sia stata d’accordo con questa iniziativa.
D. – Con l’espulsione degli
europarlamentari e l’arresto di diversi giornalisti europei, il regime cubano
ha compiuto un errore strategico o vuole perseguire un isolamento ancora più
marcato?
R. – Io credo che sia la sua
solita linea. Fidel Castro, poco tempo fa, quando l’Unione Europea ha sospeso
le sanzioni, ha risposto tranquillamente che a lui non interessa la posizione
dell’Unione Europea. A questo punto la palla passa all’Europa. Deve decidere
cosa fare. Da qualche mese va avanti una sorte di braccio di ferro fra la Commissione
Europea, che sarebbe favorevole a togliere le sanzioni, e l’Europarlamento che
ha criticato quest’apertura. Quindi bisognerà vedere come andrà a finire.
D. – Come la Comunità
internazionale può aiutare Cuba?
R. – Occorre introdurre le
libertà fondamentali a cominciare dalla libertà di espressione e di stampa.
Ecco, queste due richieste vanno presentate a Cuba. Ovviamente Fidel Castro non
le accetterà però è importante porle in modo che la Comunità Internazionale non
possa essere accusata di essere strabica, cioè di vedere le violazioni dei
diritti umani solo in una parte del mondo. Ci sono 11 milioni di cubani che
vogliono essere trattati come cittadini, con i loro diritti.
D. – Quale futuro si può
ipotizzare, adesso, per Cuba?
R. – Credo che la parte più
responsabile dell’opposizione cubana stia già preparando, adesso, il dopo
Castro. Lo sta preparando con due parole d’ordine: liberazione dal regime
comunista, ma, allo stesso tempo, riconciliazione nazionale.
D. – Qual è la situazione della
Chiesa cattolica nel Paese?
R. – La Chiesa cattolica gode di
libertà di culto, ma non ha nessuna, o pochissima libertà di educazione ed è
molto ridotta la possibilità di avere dei propri mezzi di comunicazione. Il
cardinale Jaime Ortega ha potuto parlare cinque minuti alla televisione cubana,
dopo la morte di Giovanni Paolo II, mentre Fidel Castro sul Papa ha parlato
quattro ore, ma senza accennare che era il capo della Chiesa.
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UN
DELITTO CONTRO I DIRITTI DELL’UOMO, UN BRUTTO INDIZIO
DI DECADIMENTO MORALE CHE NON FA
ONORE ALLA SCIENZA:
IL COMMENTO DEL PRESIDENTE DELLA
PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA,
MONS. SGRECCIA, ALLA CLONAZIONE
DI EMBRIONI UMANI,
ANNUNCIATA IN GRAN BRETAGNA E
COREA
- Servizio di Roberta
Gisotti -
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Sconcerto, perplessità, disorientamento nell’opinione pubblica ma forse
anche ignoranza, superficialità, indifferenza tra la gente comune e ancora dibattito,
polemiche nella comunità scientifica di fronte alle notizie giunte in questi
giorni dalla Gran Bretagna e dalla Corea dell’avvenuta clonazione di embrioni
umani per la prima volta nella storia. Dai primi esperimenti sulla cellula uovo
agli inizi del ‘900, ai primi tentativi di clonazione realizzati sulle rane nel
dopoguerra, dalla nascita nel ’97 della pecora clonata Dolly ad oggi un lungo
percorso disseminato di angosciosi dubbi e inquietanti interrogativi di natura
etica e non solo. Dove può arrivare la scienza senza compromettere la vita
stessa? Ne parliamo con il vescovo Elio Sgreccia, presidente della Pontificia
Accademia per la Vita.
D. -
Come commentare questo ulteriore passo verso il tentativo dell’uomo di dominare
la creazione?
R. –
Sembra che dal punto di vista scientifico non sia altro che la ripetizione e
moltiplicazione di un tipo di clonazione fatta sull’uomo, con in più la
leggerezza e l’indifferenza. Non sembra che ci siano state motivazioni nuove.
Leggo un titolo dove si dice: “E’ una speranza o una gonfiatura?”. Qualcuno
dice anche che sotto ci sono incentivi in denaro. I laboratori che fanno più
shock attirano più denaro per la ricerca, probabilmente. Dal punto di vista
morale, sappiamo bene che questa, chiamata “clonazione terapeutica per nucleo
transfert”, altro non è che un procedimento, il più artificiale di quanto si
possa immaginare, per dare vita ad un essere umano sradicato anche dai gameti
paterno e materno. Questa fecondazione è agamica e asessuale, ‘armata’ solo di
un orgoglio di riprodurre un essere da strumentalizzare, perché poi viene
ucciso e soppresso. Quindi, non c’è soltanto il delitto di riprodurre
artificialmente, ma anche la soppressione e la strumentalizzazione, forse anche
la commercializzazione del prodotto.
D. -
Eccellenza sappiamo che a livello Europeo esiste la Convenzione di Oviedo, che
vieta la clonazione anche per fini terapeutici, ma la Gran Bretagna non l’ha
sottoscritta… ora questi paventati interessi economici dietro la ricerca
scientifica non indurranno altri Stati a dissociarsi da quella Carta?
R. –
Oltre alla convenzione c’è anche la Dichiarazione contraria delle Nazioni
Unite, cui ha aderito anche l’Inghilterra. Va sottolineato che qui si trasgredisce
il senso dei diritti dell’uomo e qui ci vuole una coscienza sempre più robusta
sia negli organismi internazionali, sia nelle autorità politiche, perché si
metta fine a questo che è un brutto indizio di decadimento morale nel campo
scientifico, che, quindi, fa offesa anche alla scienza.
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“CACHE’”, IL
FILM DEL REGISTA AUSTRIACO HANEKE,
PREMIATO A CANNES DALLA GIURIA ECUMENICA
- Intervista con Marina
Sanna -
“Un film universale, una storia sulla consapevolezza e su come
siamo in grado di affrontarla”. Così il regista austriaco Michael Haneke descrive
il suo film Caché presentato in Concorso al 58° Festival di Cannes e
vincitore del Premio della Giuria ecumenica. Il servizio di Luca Pellegrini:
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Un
festival, quello di Cannes edizione 2005, ben rappresentato dal film di Michael
Haneke, capace di mettere in dubbio, sempre con uno sguardo d’autore nobile
seppur scomodo, le certezze del pubblico e dell’uomo, facendogli scoprire anche
gli aspetti più impietosi, duri, inquietanti dell’animo, che diventano
indeterminate paure collettive, perversità nascoste, verità trafugate, violenze
irragionevoli. Il regista di origine austriaca riceve in questa edizione il
Premio della Giuria ecumenica, formata da tre giurati cattolici prescelti
dall’organizzazione Signis e tre giurati protestanti segnalati dall’omologa
organizzazione Interfilm. Sono arrivati all’unanimità a premiare Caché
dandogli la seguente motivazione: “il film evoca la complessità delle
responsabilità dell’uomo davanti al passato e alla Storia, attraverso la
vicenda intima di un critico letterario e un uomo di televisione filmato a sua
insaputa”. Marina Sanna, capo-redattore della “Rivista del Cinematografo” e
giurata italiana del Premio ecumenico spiega le ragioni che hanno portato a
questa scelta sicuramente interessante e coraggiosa.
“E’
sicuramente il film più bello del Festival. Una grande sorpresa perché, per chi
ha visto il film di Michael Haneke, è completamente diverso, è un film maturo.
E’ un film che, dal punto di vista visivo e cinematografico, è quasi scarno,
asciutto e che ha una storia molto coraggiosa. Molto coraggiosa perché, diciamo,
che non è immediatamente percebile. La cosa bella di questo film, ed è quello
che è successo a noi della giuria, è che pure avendolo visto fino ad una
settimana fa, non abbiamo fatto altro che parlarne per una settimana. Credo che
sia stato un premio coraggioso e che possa aiutare a vedere il film di Haneke
in maniera differente, cioè con nessun tipo di pregiudizio. La storia è quella
di un uomo il cui universo intimo viene sconvolto da una serie di video
cassette che gli vengono recapitate. Video cassette anonime che però non fanno
altro che riprenderlo dalla mattina alla sera, senza che lui faccia qualcosa di
particolare. Viene sconvolto, giorno dopo giorno, da queste immagini filmate che
gli ricordano immagini dolorose del suo passato. La storia si fa personale ma,
allo stesso tempo, diventa collettiva perché abbiamo un senso di colpa
individuale per qualcosa che è successo nel suo passato che è Caché,
quindi nascosto, che diventa un senso di responsabilità gradualmente, quindi
etico, molto forte dal punto di vista etico, nei confronti di un altro
individuo e, nello stesso tempo - ed ecco il salto - diventa collettivo di una
comunità nei confronti di un’altra, di un Paese nei confronti di altri Paesi,
di un Paese nei confronti di un popolo, in questo caso la Francia nei confronti
dell’Algeria, ma anche dell’America nei confronti dell’Iraq, anche dell’Europa
nei confronti del mondo e di quello che sta accadendo”.
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Domani, Domenica 22 maggio, la
Chiesa festeggia la Santissima Trinità. La liturgia ci presenta l’incontro di
Gesù con Nicodemo. Il Signore dice:
“Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per
giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui”.
Su queste parole ascoltiamo il
commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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Dio è
la comunione delle tre Santissime Persone. La comunione è la vita, l’isolamento
e la morte. Il peccato ha sconvolto le relazioni e l’uomo si è isolato, perciò
il salario del peccato è la morte. Ma Dio, essendo amore, non può non cercare
l’uomo, Sua creatura amata. Lo raggiunge tramite il dono di Sé. Dio Padre, dona
a questo uomo smarrito, isolato e morto, il Suo proprio Figlio. Il Padre affida
il Figlio alla morte e, con il dono del Figlio, accorcia la distanza con l’uomo
morto. Aderendo al Figlio, si supera la morte perché l’amore del Padre non lo
lascia nella tomba e la comunione non permette putrefazione. Il Figlio dalla
morte torna vivo portando con Sé coloro che gli si affidano. Lo Spirito Santo è
il Signore che dà la vita proprio perché incide nel nostro cuore la
figliolanza. E’ Lui che ci unisce al Figlio e grida in noi ‘Abbà!’.
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21
maggio 2005
AffinchE’ i nostri popoli
abbiano la vita: QUESTO IL TITOTLO DEL MESSAGGIO
FINALE della 30.ma assemblea
plenaria del consiglio episcopale latino-americano (celam) conclusasi ieri in
peru’.
nel documento, i vescovi
affermano con decisione di abbracciare la sfida dell’evangenlizzazione
LIMA.
= Chiusi ieri i lavori della 30.ma Assemblea Plenaria del Consiglio Episcopale
Latinoamericano (CELAM), aperta a Lima il 17 maggio. Nel corso di una conferenza
stampa, tenuta da un gruppo di vescovi, presso la sede centrale della
Conferenza episcopale, sono stati resi noti alcuni brani del messaggio finale
di questa assise, dal titolo “Affinché i nostri popoli abbiano la vita”. Nel
messaggio, i vescovi ricordano che “all'inizio di questo millennio Papa
Giovanni Paolo II ha invitato ad andare al largo e a lanciare le reti per
mettersi a servizio di tutte le persone nelle circostanze concrete nelle quali
si trovano ora”. Un invito, questo, rilanciato nuovamente da Papa Benedetto XVI
all’inzio del suo Pontificato. Proprio in questa prospettiva, l’episcopato
latinoamericano afferma con decisione la sua volontà di abbracciare la sfida
dell’evangelizzazione. “Nella Chiesa in America Latina e nei Carabi – si legge
nel documento - deve svegliarsi l’anelito di portare il Vangelo ad altri Paesi
e continenti, a quanti non sono stati ancora raggiunti dall’annuncio di Gesù
Cristo”. Nel documento viene inoltre ricordato come all’inizio del terzo
millennio questi Paesi siano stati sfidati con forza dai cambiamenti religiosi,
etici e culturali che segnano il travaglio della nascita di una nuova epoca.
“Navigheremo frequentemente contro corrente – affermano i presuli - ma con
affetto per ogni persona, creata ad immagine e somiglianza di Dio, che ha sete
della sua paternità, di umanità e fraternità”. Il lavoro pastorale sarà, dunque,
orientato verso la conversione di uomini, donne e giovani le cui convinzioni
vacillano, ma che cercano la libertà, il bene, la felicità e la bellezza in
mezzo all’attrazione dei mezzi di comunicazione, che possono offrire loro
messaggi seducenti che li confondono. Nel messaggio è posta anche una
particolare attenzione agli attacchi contro la vita. Così l’impegno della Chiesa Latinoamericana “deve
essere definitivamente segnato dalla cultura della vita: per il rispetto alla
vita, per la gioia di trasmettere la vita, per la formazione di famiglie
cristiane che siano santuari della vita, perché siano assicurate le condizioni
sociali e legislative che permettano a tutti, specialmente ai più afflitti,
poveri ed emarginati, di condurre una vita degna della loro vocazione umana e
cristiana”. Infine, è stato annunciato che la 31.ma assemblea ordinaria di questo
organismo ecclesiale, per la prima volta, avrà luogo a Cuba. (E. B.)
ESPELLERE I CRISTIANI
DALLE CARICHE PUBBLICHE: E’ LA CAMPAGNA PROMOSSA
DA alcuni RADICALISTI
INDU’ NELLO STATO INDIANO DELL’ORISSA. I VESCOVI LOCALI, valutando il
provvedimento contrario ai diritti umani fondamentali, SONO PREOCCUPATI CHE
questo TIPO DI MENTALITA’
POSSA DIFFONDERSI NEL PAESE
- A cura
di Eugenio Bonanata -
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NUOVA DELHI. = Alcuni membri
dell’“Assemblea Mondiale dell’induismo”, l’ala religiosa del “Bharatiya Janata
Party” (BJP) che governa lo Stato del nord est indiano, hanno chiesto al
governo statale di licenziare immediatamente i cittadini cristiani che lavorano
nella pubblica amministrazione. La richiesta è giunta dopo che alcuni dirigenti
dei servizi amministrativi si sono lamentati di presunti favoritismi a
vantaggio di impiegati cristiani. Così, alcuni indù hanno approfittato
dell’occasione per lanciare una campagna anti-cristiana con manifestazioni ed
appelli attraverso i mezzi di comunicazione. All’agenzia “Fides”, il portavoce
della Conferenza episcopale cattolica dell’India, padre Babu Joseph, ha
definito il provvedimento “contrario ai diritti umani fondamentali e allo
spirito pluralistico della nazione indiana” e di non accettare questo approccio
fazioso e discriminatorio. “Siamo molto preoccupati – ha aggiunto – che questo
tipo di mentalità possa prender piede”. Invitando questi gruppi a desistere
dalle loro richieste, il portavoce dell’episcopato ha riferito, infine, che si
sta valutando “l’opportunità di scrivere una lettera ufficiale alle autorità
civili dell’Orissa e al primo ministro dell’Unione Indiana”. Come ha confermato
martedì scorso l’agenzia “Fides”, questa nuova mobilitazione ha destato
preoccupazione e stupore in tutta la comunità cristiana, secondo la quale “gli
estremisti vorrebbero regolarizzare una evidente discriminazione religiosa”.
Negli ultimi anni, nella regione indiana, si sono verificati vari episodi di
violenza nei confronti delle minoranze religiose e delle comunità cristiane. In
questo quadro, l’“Assemblea Mondiale dell’induismo”, in cui la presenza radicalista
indù è molto consistente, promuove un’ideologia nazionalista e monoreligiosa ed
è sostenuta da movimenti contrari al servizio sociale e ai programmi di
sviluppo promossi dai cristiani.
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DAVANTI ALLA TOMBA DI GIOVANNI PAOLO II IERI L’OMAGGIO
ORANTE
DEL GRAN MAESTRO DELL’ORDINE DI MALTA E DEI SUOI PIU’
STRETTI COLLABORATORI
- A cura di Adriano Monti Buzzetti -
CITTA’ DEL VATICANO. = Come già nel giorno delle esequie
di Papa Wojtyla, i Cavalieri della croce ottagona tornano a rinnovare il loro
omaggio postumo al Pontefice scomparso. Ieri il Gran Maestro del Sovrano
Militare Ordine di Malta, Fra’ Andrew Bertie, accompagnato da una nutrita rappresentanza
istituzionale, si è recato alle Grotte Vaticane, per pregare davanti alla tomba
di Giovanni Paolo II. Con lui il Gran Cancelliere Mazery, il Grande Ospedaliere
von Boeselager, due membri del Sovrano Consiglio e l’ambasciatore dell’Ordine presso
la Santa Sede, Alberto Leoncini Bàrtoli. Alla sosta di raccoglimento è seguito
l’incontro con
l’arcivescovo Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano.
Eletto Gran Maestro dell’Ordine di Malta nel 1988, Fra’ Andrew Bertie ha
incontrato Giovanni Paolo II numerose volte durante il suo Pontificato;
immancabile l’appuntamento annuale con l’udienza del 24 giugno, festività di
San Giovanni Battista, Patrono dell’Ordine di Malta. Nato oltre nove secoli fa
per curare e difendere i pellegrini in viaggio verso la Terrasanta, lo SMOM è
Ordine religioso laicale della Chiesa Cattolica nonché ente primario e sovrano
di diritto internazionale. Intrattiene rapporti diplomatici con 93 Stati tra
cui la Santa Sede e l’Italia; ha istituito rappresentanze ed osservatori presso
l’ONU, l’UE e numerose altre organizzazioni internazionali. L’attività
umanitaria di questa antica Istituzione cavalleresca (11.000 membri e 80.000
volontari) si esprime oggi nella gestione di numerosi ospedali, corpi di
soccorso, fondazioni e strutture specializzate attive in 110 Paesi.
IN SPAGNA PREOCCUPA LA RIFORMA DEL CODICE CIVILE
CHE PREVEDE
ANCHE L’ADOZIONE DI MINORI DA PARTE DELLE COPPIE
DELLO STESSO SESSO.
PER L’ “ASSOCIAZIONE DEI POFESSIONISTI PER
L’ETICA”
E’ UNA VIOLAZIONE DEI DIRITTI BASILARI DEI BAMBINI
MADRID. = In Spagna la modifica
del codice civile che consentirà il matrimonio fra persone dello stesso sesso,
prevede anche l’adozione di minori da parte delle coppie omosessuali. Ed è proprio
questo l’aspetto più grave della norma per l’”Associazione dei professionisti
per l’etica” (Ppe). In un’intervista rilasciata all’agenzia “Fides”, il
presidente dell’organizzazione, il giurista Jaime Urcelay Alonso, sottolinea
come il governo, presentando la riforma come una conquista per l’uguaglianza
dei diritti degli omosessuali, “stia occultando una delle dimensioni più gravi
del progetto: l’aperta violazione dei diritti basilari dei bambini, come il
diritto alla salute psichica, ad essere educati e ricevere i necessario affetto
del padre e della madre”. Per Urcelay si tratta di una legge ingiusta e, dunque,
in coscienza, ritiene che non è obbligatorio applicarla. Proprio a quanti, a
motivo del loro incarico pubblico, dovrebbero applicarla, il presidente chiede
di “appellarsi al diritto dell’obiezione di coscienza” per non farlo. Intanto, dopo l’approvazione del discusso
testo di legge, proseguendo nella linea tracciata dal governo, la
sottosegretaria per gli Affari sociali ha annunciato che l’Esecutivo spagnolo
cercherà di raggiungere accordi con altri Paesi per permettere alle coppie omosessuali
di adottare figli anche a livello internazionale. (E. B.)
DIBATTITO IERI POMERIGGIO AD ASSISI INTORNO AL
LIBRO “SECONDO QOELET –
DIALOGO TRA DIO E GLI UOMINI”. OSPITI L’AUTORE LUCIANO VIOLANTE
IN DIALOGO CON IL CUSTODE DEL SACRO CONVENTO,
PADRE VINCENZO COLI
- A cura di Roberta Gisotti -
ASSISI. = Come dare risposta al
male e alla sofferenza, alla guerra, e all’odio, al bisogno di pace e di amore,
agli interrogativi ultimi sulla vita e come assumere le nostre responsabilità
personali e sociali. Attorno a questi temi si è sviluppato l’incontro, ospitato
ieri pomeriggio ad Assisi, animato da padre Vincenzo Coli, Custode del Sacro
Convento e da Luciano Violante, già presidente della Camera, autore del libro
“Secondo Qoèlet – dialogo fra gli uomini e Dio”. Proprio dalla lettura di
alcuni brani di questo originale volume
– interpretatati da Sergio Basile e Silvia Budri - è partito il
dibattito, cui hanno partecipato anche da Giuseppe Giulietti, presidente di
Articolo 21 e lo scrittore Franco Scaglia, ‘amici’ dei francescani, alla
presenza di un pubblico numeroso, raccolto nella Sala Stampa del Sacro
Convento. Tema del libro, una riflessione sull’Antico testamento: Violante
immagina che Qoèlet, re di Gerusalemme, nel ruolo di ‘osservatore’ racconti
appunto un dialogo fra gli uomini e Dio. Un volume scritto idealmente assieme a
chi ha sofferto nei campi di concentramento, nei gulag sovietici e in compagnia
di chi soffre, ancora, nelle carceri, nelle stanze delle torture. “Ma non c’è
nel libro, sicuramente meritevole sul piano letterario – ha osservato con
schiettezza padre Coli – la risposta del Dio cristiano, piuttosto c’è la
ricerca del trascendente, l’inquietudine di chi non riesce con le sole
categorie umane a trovare quella pace che invece dispensa il Signore ha fede e
si affida a Lui. Un’opera comunque interessante il libro di Violante - ha
osservato padre Coli – che permette di aprire un dialogo fruttuoso sulla fede
cristiana. Libro che per le sue richieste di verità è stato portato in alcune
carceri, in forma teatrale”.
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21
maggio 2005
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Afghanistan, dopo
l’alternarsi di notizie contraddittorie sulla sorte di Clementina Cantoni, il
presidente Karzai torna a promettere l’impegno del suo governo affinché si
arrivi ad una soluzione positiva. “Faremo di tutto per liberare prima possibile
la donna”, ha detto Karzai, aggiungendo di conoscere l’identità dei
sequestratori e il loro scopo. Nel Paese arabo, intanto, l'organizzazione per
la difesa dei diritti umani ‘Human Rights Watch’ (HRW) ha denunciato nuovi casi
di abusi su prigionieri afgani da parte di soldati americani nelle carceri di
Bagram e Guantanamo.
Entro il 2007 occorre aprire una
trattativa concreta sulla contesa regione del Kashmir. Lo ha sottolineato ieri
il presidente pakistano, Pervez Musharraf, precisando che trovare una soluzione
pacifica alla questione con l’India garantirebbe così la stabilità politica al
subcontinente indiano.
In
Iraq i soldati del Paese arabo hanno ucciso due sospetti che tentavano di
fuggire a bordo di un'auto da un posto di blocco a sud di Baghdad. Nei pressi
di Latifiyah sono stati rinvenuti, inoltre, i corpi di 3 civili uccisi a colpi
di arma da fuoco. A Baghdad la maggior parte delle moschee sunnite sono rimaste
chiuse in segno di protesta per la recente ondata di violenze contro imam e
fedeli. Sul versante politico, il ministro iracheno per la Pianificazione ha
annunciato, intanto, che l’ex presidente Saddam Hussein potrebbe essere
processato entro pochi mesi. Crescono inoltre le polemiche per le foto,
pubblicate da un giornale britannico e da un quotidiano americano, che
ritraggono Saddam in biancheria intima. Il Pentagono ha aperto un’inchiesta e
sulla vicenda è intervenuto anche il presidente americano George Bush. Il
servizio di Paolo Mastrolilli:
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Il Pentagono ha aperto
un’inchiesta sulla pubblicazione delle foto di Saddam Hussein in prigione, che
secondo il portavoce della Casa Bianca potrebbero avere un impatto negativo
sugli sforzi compiuti da Washington per stabilizzare il Paese. Le immagini sono
uscite prima sul tabloid britannico “The Sun”, poi su quello americano “New
York Post”, entrambi di proprietà del magnate conservatore dei media Murdock.
Il giornale ha detto di averle ricevute da un ufficiale americano che intendeva
dare un colpo alla guerriglia. Le foto mostrano Saddam coperto solo dalla
biancheria ed in altre pose imbarazzanti e sono state riprese sul luogo di
detenzione forse oltre un anno fa. Il presidente Bush, nella prima reazione a
caldo, ha detto che la pubblicazione delle immagini non aumenterà il sentimento
antiamericano perché i ribelli vogliono comunque combattere l’avanzare della
democrazia. In seguito, però, un portavoce della Casa Bianca ha ammesso che
potrebbero avere un impatto negativo e forse rappresentano una violazione della
Convenzione di Ginevra sulla privacy dei prigionieri di guerra. Gli avvocati di
Saddam hanno annunciato una causa contro il governo americano. La vicenda delle
foto arriva dopo le violenze per la profanazione del Corano a Guantanamo,
rivelata e poi smentita dal settimanale “Newsweek”, mentre proprio ieri il “New
York Times” ha pubblicato un rapporto del Pentagono sull’uccisione di due
detenuti in Afghanistan.
Da New York, per la Radio
Vaticana.
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In Medio Oriente è stata
smentita la notizia dell’incontro, previsto per il prossimo 7 giugno, tra il
presidente palestinese, Abu Mazen, ed il premier israeliano Ariel Sharon. Il
vertice era stato annunciato da Abu Mazen al termine di un colloquio con il presidente egiziano Hosni
Mubarak a Sharm el Sheikh, in Egitto.
Con un accordo economico tra
Giordania, Israele e Unione Europea si è chiusa la prima giornata di lavori del World Economic Forum in Giordania, che ha tra i suoi principali
obiettivi riforme, crescita economica, stabilità e lo sviluppo delle relazioni
tra i Paesi della regione.
In Libano l’ex premier
filosiriano, Omar Karame, e il gruppo fondamentalista sunnita Jamaa Islamiya
hanno annunciato che boicotteranno le prossime Legislative, in programma dal 29
maggio al 19 giugno. Il movimento estremista contesta l’eccessiva interferenza
internazionale e la nuova legge elettorale libanese che prevede una garanzia di
pari rappresentanza parlamentare tra cristiani e musulmani.
Uzbekistan ancora a rischio di
insurrezione dopo la violenta rivolta scoppiata una settimana fa nella città
orientale di Andijan. Nel Paese, dove continuano le manifestazioni
antigovernative, l’opposizione ha criticato la decisione del presidente Karimov
di non consentire un’inchiesta indipendente sugli scontri. Secondo diverse
organizzazioni umanitarie, sono almeno mille i morti. Intanto, cresce la
tensione alla frontiera col Kirghizistan dove sono state fermate 500 persone
che cercavano di fuggire da Kara-Suu, la città occupata dalle truppe
governative dopo una breve e violenta rivolta.
Il ministro dell’Informazione e
delle Nazionalità del Daghestan è rimasto ucciso per un attentato dinamitardo.
Lo ha riferito l’agenzia russa, Ria-Novosti, precisando che l’ordigno è esploso
quando la vittima, Sagir Arukhov, stava
rientrando a casa. Nel 2003, l’ex ministro delle Nazionalità, Magomedsalik
Gusayev, è morto per l’esplosione di una bomba collocata nella sua auto.
“Un
esito negativo del referendum francese sulla Costituzione europea metterebbe a
rischio le capacità d’azione dell’Unione”. Lo sostiene il responsabile della
politica Estera e di Sicurezza dell’Unione Europea, Javier Solana. “Da questo
Trattato - aggiunge Solana - dipende se l’Unione allargata a 25 Paesi membri
sarà in grado di agire”. I francesi saranno chiamati ad esprimersi sulla
Costituzione europea il prossimo 29 maggio.
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