RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 141 - Testo della trasmissione di sabato 21  maggio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Riedificare il Rwanda sui valori evangelici della fraternità e della giustizia senza cedere allo scoraggiamento.  Così Benedetto XVI ai vescovi rwandesi ricevuti oggi per la visita ad Limina

 

“Non lavoriamo per difendere un potere, ma perché le strade del mondo siano aperte a Cristo”. Le parole di Benedetto XVI in visita, stamani, alla Segreteria di Stato. Il saluto del cardinale Sodano

 

Il cardinale vicario Camillo Ruini invita i fedeli ad unirsi a Benedetto XVI nella celebrazione del Corpus Domini, il 26 maggio prossimo a San Giovanni in Laterano

 

Concluso a Roma un seminario su “Pace e Liturgia”. Ce ne parla padre Keith Peklers

 

IN PRIMO PIANO:

Bari attende con emozione l’apertura, oggi pomeriggio, del 24.mo Congresso Eucaristico Nazionale, incentrato sul tema “Senza la domenica non possiamo vivere” : interviste con mons. Francesco Cacucci, Gianrico Ruzza e mons. Paolo Tarchi

 

A Cuba si è tenuta per la prima volta una manifestazione dell’opposizione. Ma Fidel Castro usa il pugno duro con gli osservatori internazionali espellendo deputati e giornalisti europei: con noi Luigi Geninazzi

 

Un delitto contro i diritti dell’uomo, un brutto indizio di decadimento morale che non fa onore alla scienza: il commento di mons. Sgreccia alla clonazione di embrioni umani  in Gran Bretagna e Corea

 

Caché, il film del regista Haneke, premiato a Cannes dalla Giuria ecumenica: con noi Marina Sanna

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

Conclusa in Perù la 30.ma Assemblea del Consiglio episcopale latino americano (CELAM)

 

Espellere i cristiani dalle cariche pubbliche: è la campagna promossa da esponenti radicali indù nello Stato indiano dell’Orissa

 

Davanti alla tomba di Giovanni Paolo II ieri l’omaggio orante del Gran Maestro dell’Ordine di Malta

 

In Spagna preoccupa la riforma del codice civile che prevede anche l’adozione di minori da parte delle coppie dello stesso sesso

 

Dibattito ieri pomeriggio ad Assisi intorno al libro “Secondo Qoelet – dialogo tra Dio e gli uomini”.

 

24 ORE NEL MONDO:

 In Afghanistan si continua a trattare per liberare Clementina Cantoni

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

21 maggio 2005

 

 

RIEDIFICARE IL RWANDA SUI VALORI EVANGELICI DELLA FRATERNITA’ E

DELLA GIUSTIZIA SENZA CEDERE ALLO SCORAGGIAMENTO.  COSI’ BENEDETTO XVI

AI VESCOVI RWANDESI RICEVUTI OGGI PER LA VISITA AD LIMINA

 

Riedificare il Rwanda sul valore della fraternità, della verità e della giustizia, con i cristiani in prima linea a permeare dei valori evangelici il tessuto sociale, senza cedere alla tentazione dello scoraggiamento. E’ il messaggio affidato da Benedetto XVI ai vescovi del Paese africano, ricevuti questa mattina in visita ad Limina. Da parte sua il presidente dei vescovi rwandesi, mons. Alexis Habiyambere, ha sottolineato le priorità della Chiesa locale: l’impegno per la riconciliazione dopo la tragedia del genocidio del 1994, la lotta contro la povertà e l’AIDS. Il presule ha definito ignobili le accuse rivolte ad alcune autorità cattoliche sul loro ruolo durante il conflitto, ma ha parlato anche di una reale normalizzazione con lo Stato rwandese. Infine il presidente della Conferenza episcopale rwandese ha auspicato che il Papa possa essere accolto un giorno in questa terra. Ma torniamo all’intervento di Benedetto XVI. Ce ne parla Alessandro De Carolis.

 

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Una “pastorale di vicinanza”, che sostenga i rwandesi nel loro impegno di restituire il Paese alla pace e alla riconciliazione. La scelta dei vescovi dello Stato africano, “duramente provato” e condizionato dal genocidio del 1994, è stata salutata con soddisfazione da Benedetto XVI, nell’incontro di questa mattina. Quello dei presuli, ha sottolineato, è un grande lavoro apostolico fondato sull’ausilio e “sull’impegno di piccole comunità di laici nella pastorale missionaria della Chiesa, in armonia con i pastori”. Il Papa ha incoraggiato i vescovi del Rwanda a sostenere queste comunità, “sviluppando allo stesso tempo – ha detto – una vita ecclesiale e spirituale più forte”.

 

Consapevole delle difficoltà in cui la Chiesa rwandese si trova ad operare, il Pontefice ha introdotto il suo discorso spronando la Chiesa locale a spendersi per questa causa: “Esorto sacerdoti e fedeli - ha affermato - a rimanere saldi nella fede, a perseverare nella speranza che dona il Cristo risorto, superando ogni tentazione di scoraggiamento”. In quest’ottica, Benedetto XVI ha sollecitato i fedeli ad assumersi le proprie responsabilità in campo sociale, in particolare nei settori della politica e dell’economia, facendo uso – ha precisato - di un “senso morale nutrito dalla Dottrina sociale della Chiesa”.

 

Il Papa ha avuto parole di apprezzamento per i giovani, speranza del Rwanda di domani, e per i sacerdoti ai quali è doveroso assicurare, ha detto, la “formazione permanente a livello teologico e spirituale”. Benedetto XVI ha invitato i vescovi ad assicurarsi sulle “condizioni di vita” del clero, perché i sacerdoti siano “testimoni veritieri” della Parola che annunciano. Il Pontefice ha concluso il suo discorso auspicando che fedeli e pastori costruiscano “comunità animate da un amore reciproco sincero”, caratterizzato “dal desiderio imperioso di lavorare ad un’autentica riconciliazione”.

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NON LAVORIAMO PER UN POTERE, MA PER APRIRE A CRISTO LE STRADE DEL MONDO:

COSI’, BENEDETTO XVI IN VISITA, STAMANI, ALLA SEGRETERIA DI STATO.

IL RINGRAZIAMENTO AL PAPA DEL CARDINALE ANGELO SODANO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Un tragitto di pochi metri per una visita alquanto significativa: il Papa si è recato stamani in visita alla Segreteria di Stato, dove è stato accolto dal cardinale Angelo Sodano. Benedetto XVI ha sottolineato l’importanza del lavoro svolto dai suoi più stretti collaboratori, come ci riferisce Alessandro Gisotti:

        

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In un clima particolarmente cordiale, Benedetto XVI ha parlato a braccio ai suoi collaboratori più stretti, sottolineando l’importanza del loro compito. “Fa grande onore alla santa Sede – ha rilevato - il fatto che un numero di persone così piccolo faccia un lavoro grandissimo per la Chiesa universale. Questo grande lavoro fatto da un numero non grande di persone – ha aggiunto - dimostra l’assiduità e la dedizione con la quale realmente si lavora”. Ecco un passaggio del discorso del Papa:

        

“Noi non lavoriamo per difendere un potere. Non abbiamo un potere mondano, secolare. Non lavoriamo per il prestigio, non lavoriamo per far crescere una ditta o qualcosa di simile. Noi lavoriamo realmente perché le strade del mondo siano aperte a Cristo. E tutto il nostro lavoro, con tutte le sue ramificazioni, alla fine serve proprio perché il suo Vangelo, e così la gioia della Redenzione, possa arrivare al mondo”. 

 

“Cerchiamo di lavorare uniti, formando come un cenacolo apostolico intorno al Successore di Pietro”: con queste parole, il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, ha accolto Benedetto XVI. Nel suo saluto al Pontefice, il porporato ha messo l’accento sulla straordinaria missione del Papa per la diffusione del Vangelo nel mondo di oggi, impegno a cui collaborano quanti lavorano nelle due sezioni della Segreteria di Stato. “Cerchiamo di svolgere il nostro servizio – ha detto il cardinale Sodano – con la diligenza metodica delle api così ben rappresentate nello stemma di Papa Barberini, Urbano VIII, in vari angoli dei Palazzi Apostolici e della Basilica di San Pietro”.

 

Il porporato ha, infine, ricordato uno scritto di Papa Joseph Ratzinger sulla “bellezza della liturgia cattolica e della gioia che esprime il canto sacro nella comunità cristiana”. Testo nel quale Benedetto XVI citava una frase di Gandhi, che vedeva negli esseri viventi del cosmo tre atteggiamenti: “Nel mare, - diceva - vi sono i pesci, che tacciono; nella terra, vi sono gli animali, che gridano, e gli uomini, che parlano; nel cielo, vi sono gli uccelli, che cantano”. Noi in Segreteria di Stato, ha affermato il cardinale Sodano, “cercheremo, quando è ora, di tacere, quando è ora, di parlare, ma sempre cercheremo di cantare un inno di ringraziamento a Dio per l'onore che ci concede di lavorare per la Sua Santa Chiesa”.

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NOMINE

 

In Honduras il Santo Padre ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Tegucigalpa il padre claretiano Juan José Pineda Fasquelle, finora professore del Seminario maggiore nazionale di Tegucigalpa, incaricato della pastorale presso l’Università Cattolica dell’Honduras e segretario dell’arcivescovo di Tegucigalpa, assegnandogli la sede titolare vescovile di Obori.

 

Mons. Juan José Pineda Fasquelle è nato a Tegucigalpa il 19 dicembre 1960.  Ha conseguito la Licenza e quindi il Dottorato in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense di Roma. E’ stato ordinato sacerdote il 16 luglio 1988.

        

 

IL CARDINALE VICARIO CAMILLO RUINI INVITA I FEDELI AD UNIRSI

A BENEDETTO XVI NELLA CELEBRAZIONE DEL CORPUS DOMINI,

IL 26 MAGGIO PROSSIMO A SAN GIOVANNI IN LATERANO

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Unirsi al Santo Padre nella celebrazione del Corpus Domini: è l’esortazione del cardinale vicario Camillo Ruini, che ha inviato una lettera ai fedeli della diocesi di Roma per invitarli a San Giovanni in Laterano, in occasione della Solennità del Corpo e Sangue del Signore, il 26 maggio prossimo. La messa sarà celebrata da Benedetto XVI sul sagrato della Basilica e sarà seguita dalla processione eucaristica lungo via Merulana, fino a Santa Maria Maggiore.

 

Il cardinale Ruini invita “in modo particolare i bambini che in questo anno hanno ricevuto o riceveranno la prima comunione” i quali “potranno indossare i loro abiti bianchi, accompagnati dai genitori e dai catechisti”. Rivolgendosi poi ai parroci, ai rettori delle chiese, ai superiori di seminari e istituti religiosi e ai residenti lungo il percorso della processione, il porporato chiede di esporre drappi e lumi alle finestre o sui portali davanti ai quali passerà la processione con il Santissimo Sacramento.

 

 

LA PARTECIPAZIONE ALLE CELEBRAZIONI LITUGICHE, SE E’ AUTENTICA,

GENERA UN IMPEGNO PER LA PACE E LA GIUSTIZIA. SE NE E’ PARLATO A UN SEMINARIO CONCLUSO IERI A ROMA SUL TEMA: “PACE E LITURGIA.

UN ITINERARIO DI RICERCA”

- Intervista con padre Keith Peklers -

 

La partecipazione alle celebrazioni liturgiche è autentica se genera un impegno concreto dei cristiani per la pace e la giustizia. E’ quanto è emerso al Seminario di studio che si è concluso ieri a Palazzo San Calisto a Roma sul tema “Pace e Liturgia. Un itinerario di ricerca”. Il seminario è stato promosso dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Con noi a parlarcene uno dei partecipanti il Padre gesuita Keith Pecklers, professore di liturgia alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma. L’intervista è di Giovanni Peduto:

 

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D. – C’è il rischio nelle nostre comunità di vivere in modo separato la liturgia e l’impegno sociale e politico?

 

R. – Sicuramente. A 40 anni dal Concilio viviamo, a volte, in due mondi separati. Si va a Messa ogni domenica, ma dopo si rischia di tornare ad una vita quotidiana staccata da quanto abbiamo ascoltato. Il Concilio ci ricorda il bisogno di legare sempre questi due mondi. La liturgia come fonte della vita, come culmine della vita, ci spinge a mettere in pratica il messaggio evangelico e cioé vivere la pace, la giustizia come Cristo ci chiede.

 

D. – Come evitare questo isolazionismo liturgico per cui a volte, ad esempio, ci si scambia la pace solo fra cattolici. Una pace, insomma, che fatica talora ad uscire fuori dal recinto delle Chiese?

 

R. – Pensiamo al tema fondamentale che dice “L’Eucaristia fa la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucaristia”. A volte c’è la tendenza a vivere solo per noi stessi, a pensare magari solo al mio vicino, a scambiare un segno di pace senza pensare al significato di questo gesto. Quando si dice ad un altro ‘la pace di Cristo sia con te’ che cosa significa questa pace? La liturgia ci ricorda che dobbiamo vivere in profondità questo messaggio. Così, per esempio, quando io vado a Messa, non posso dimenticare la sofferenza in Iraq, la sofferenza degli altri per la mancanza di pace, di chi vive nella violenza, nella guerra. Partecipando alla Santa Messa e facendo la Comunione c’è l’obbligo di mettere in pratica la pace del Signore, di viverla, di seguire la strada che porta alla pace, alla giustizia.

 

D. – Come rinnovare le nostre celebrazioni liturgiche perché possano rinnovare davvero la nostra vita?

 

R. – Si tratta fondamentalmente della formazione liturgica. Cioè finora, secondo me, non siamo riusciti completamente a mettere in pratica ciò che voleva il Concilio, sia da parte dei sacerdoti, sia da parte dei laici. Quindi c’è molto da fare per quanto riguarda questa formazione, per vivere la liturgia nella vita quotidiana.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il discorso di Benedetto XVI alla Conferenza Episcopale del Rwanda. Mi sento vicino al popolo rwandese - ha affermato il Papa - ed esorto i fedeli e i Pastori a costruire comunità animate da un desiderio di autentica riconciliazione!


Sempre in prima, Israele: francobollo commemorativo per Giovanni Paolo II.

 

Nelle vaticane, la visita del Papa alla Segreteria di Stato.

Tre pagine dedicate al XXIV Congresso Eucaristico Nazionale che si è aperto a Bari.

 

Nelle estere, Cuba: espulsi parlamentari e giornalisti europei.

Per la rubrica dell’“Atlante geopolitico” un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo “L’irrisolta tragedia del Nord dell’Uganda”.

 

Nella pagina culturale, un articolo di M. Antonietta De Angelis dal titolo “Canaletto, l’‘abile uomo d’affari’ che dipinse la sua Venezia con occhi da innamorato”: vedute e paesaggi nella mostra a Palazzo Giustiniani.

La notizia della morte del filosofo francese Paul Ricoeur.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano statali: il Premier propone ai sindacati maggiori aumenti in cambio della mobilità.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

21 maggio 2005

 

 

BARI ATTENDE CON EMOZIONE L’APERTURA, OGGI POMERIGGIO, DEL 24.MO

 CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE, INCENTRATO SUL TEMA “SENZA LA DOMENICA NON POSSIAMO VIVERE”.

L’EVENTO VIVRA’ IL SUO MOMENTO CULMINANTE DOMENICA 29 MAGGIO, CON LA MESSA CELEBRATA DA PAPA BENEDETTO XVI

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Nove giorni scanditi dalla preghiera e dalla riflessione sulla centralità dell’Eucaristia, cuore della vita cristiana. Inizia oggi pomeriggio a Bari il 24.mo Congresso eucaristico nazionale. Un evento a cui sono iscritti a partecipare 60 mila fedeli e che verrà suggellato dalla presenza di Papa Benedetto XVI, domenica 29 maggio, con la celebrazione della Santa Messa di chiusura dell’assise. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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(Inno congresso eucaristico)

 

“Senza la domenica non possiamo vivere”: il Congresso Eucaristico Nazionale non sceglie uno slogan ad effetto, ma la testimonianza di fedeltà alla domenica dei martiri di Abitène che, contravvenendo ai divieti dell’imperatore Diocleziano, andarono incontro alla morte, piuttosto che rinunciare a celebrare il giorno del Signore. Dunque, oggi pomeriggio, alle 17, sulla piazza della Libertà del capoluogo pugliese, si apre l’importante assise ecclesiale. Ad accogliere i congressisti ci sarà il cardinale vicario Camillo Ruini, inviato speciale di Benedetto XVI. E proprio Bari sarà la destinazione del primo viaggio in Italia del nuovo Pontefice, che ha sottolineato come “quest’evento molto significativo per la Chiesa italiana” si svolga “nel contesto dello speciale Anno dell’Eucaristia, durante il quale i cattolici del mondo intero sono stimolati a prendere rinnovata consapevolezza del grande dono lasciatoci da Cristo nell’Ultima Cena”. Con viva emozione, la Chiesa italiana e la Puglia attendono l’apertura del Congresso. Ecco la testimonianza dell’arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Francesco Cacucci, intervistato da Fabio Colagrande:

 

R. - Il Pastore vive questi eventi con tutta la comunità e quindi è tutta la Chiesa locale di Bari-Bitonto che avverte la gioia di questo momento.

 

D. – Come vi preparate ad accogliere Papa Joseph Ratzinger?

 

R. – Noi siamo nel cuore dell’Anno dell’Eucaristia. Che questo noi lo viviamo con il Sommo Pontefice, significa vivere non solo un riferimento alla Chiesa locale, ma vivere con un respiro universale e cattolico. Che il primo viaggio apostolico di Benedetto XVI sia a conclusione del XXIV Congresso Eucaristico nazionale di Bari, significa dare una indicazione pastorale che non possiamo disattendere.

 

D. – Mons. Cacucci, Bari custodisce le reliquie di San Nicola. L’Eucaristia domenicale può essere un punto di incontro dal punto di vista ecumenico?

 

R. – Giovanni Paolo II, venendo a Bari nell’84, ha definito Bari ‘Ponte verso l’Oriente’ proprio a motivo delle reliquie di San Nicola. Allora, se la domenica è il giorno centrale della vita dei cattolici sappiamo che lo è anche per il mondo ortodosso.

 

Sulle aspettative per questo Congresso Eucaristico, il commento di mons. Gianrico Ruzza, direttore dell’Ufficio per il Clero del Vicariato di Roma, ancora al microfono di Fabio Colagrande:

 

“Credo che come è stato anche per il Congresso nazionale precedente, quello di Bologna, sia un’occasione per rimotivare e rafforzare, in tutte le comunità diocesane del nostro Paese, di questo Paese così legato alla fede cattolica, la bellezza dell’Eucaristia, ma, soprattutto, la bellezza del convivio eucaristico e quindi di trovare l’unità, la forza e la capacità di annunciare che Cristo è Risorto e che Cristo è la speranza dell’uomo. Ci ha detto Benedetto XVI che ‘Cristo, ripartire da Cristo è la radice del vero umanesimo”.

 

La scelta del tema “Senza la domenica non possiamo vivere” vuole essere anche una sana provocazione, come spiega mons. Paolo Tarchi, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali della Cei, intervistato da Fabio Colagrande:

 

“Penso che sia un valore culturale da riscoprire non solo per i cristiani ma anche per tutta la società civile che spesso è chiusa in una morsa lavoro-consumo, consumo-lavoro. Si lavora per consumare e si consuma per poter lavorare. Avremmo bisogno di rompere questo cerchio che impedisce all’uomo di realizzarsi nella sua pienezza. Dunque, la domenica, ridiventa davvero, anche per la società, tutta una provocazione sull’uso del tempo”.

 

Sempre stasera, dopo la solenne apertura del Congresso verrà inaugurato, in tre padiglioni della Fiera del Levante, il Villaggio Giovani. Un progetto preparato con il Servizio nazionale CEI di pastorale giovanile, che unirà idealmente l’evento barese alla prossima Giornata mondiale della Gioventù di Colonia.

 

(Inno congresso eucaristico)

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A CUBA SI È TENUTA PER LA PRIMA VOLTA UNA MANIFESTAZIONE DELL’OPPOSIZIONE.

 MA FIDEL CASTRO USA IL PUGNO DURO CON GLI OSSERVATORI INTERNAZIONALI

- Intervista con Luigi Geninazzi -

 

A Cuba il leader maximo Fidel Castro ha accettato di far svolgere una riunione politica pubblica all’Avana indetta da un gruppo di dissidenti. L’incontro, durante il quale è stato trasmesso un discorso del presidente americano Bush, si è tenuto ieri in una villa alla periferia della capitale. Ma all’autorizzazione sono seguite, da parte del regime, severe misure repressive nei confronti di parlamentari europei e diversi giornalisti. L’inviato del Corriere della Sera Francesco Battistini, espulso ieri dall’isola, è arrivato da pochi minuti a Parigi. La Spagna ha presentato intanto proteste formali per le espulsioni dei deputati europei. Adesso si teme un deterioramento delle relazioni tra Cuba e Unione Europea. Sul significato dell’incontro dei dissidenti cubani, ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco l’inviato di Avvenire Luigi Geninazzi:

 

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R. - L’incontro dei dissidenti ha un duplice significato: da un lato ha mostrato il volto repressivo del regime castrista, dall’altro lato questa riunione, tenuta da dissidenti certamente ha un grande valore. Ma bisognerà vedere cosa accadrà in futuro. Dobbiamo tener presente che il Congresso non rappresentava tutta l’opposizione ma solo una parte. Credo che la parte più responsabile dell’opposizione, quella che fa capo al progetto Varela del cattolico Oswaldo Payá, non sia stata d’accordo con questa iniziativa.

 

D. – Con l’espulsione degli europarlamentari e l’arresto di diversi giornalisti europei, il regime cubano ha compiuto un errore strategico o vuole perseguire un isolamento ancora più marcato?

 

R. – Io credo che sia la sua solita linea. Fidel Castro, poco tempo fa, quando l’Unione Europea ha sospeso le sanzioni, ha risposto tranquillamente che a lui non interessa la posizione dell’Unione Europea. A questo punto la palla passa all’Europa. Deve decidere cosa fare. Da qualche mese va avanti una sorte di braccio di ferro fra la Commissione Europea, che sarebbe favorevole a togliere le sanzioni, e l’Europarlamento che ha criticato quest’apertura. Quindi bisognerà vedere come andrà a finire.

 

D. – Come la Comunità internazionale può aiutare Cuba?

 

R. – Occorre introdurre le libertà fondamentali a cominciare dalla libertà di espressione e di stampa. Ecco, queste due richieste vanno presentate a Cuba. Ovviamente Fidel Castro non le accetterà però è importante porle in modo che la Comunità Internazionale non possa essere accusata di essere strabica, cioè di vedere le violazioni dei diritti umani solo in una parte del mondo. Ci sono 11 milioni di cubani che vogliono essere trattati come cittadini, con i loro diritti.

 

D. – Quale futuro si può ipotizzare, adesso, per Cuba?

 

R. – Credo che la parte più responsabile dell’opposizione cubana stia già preparando, adesso, il dopo Castro. Lo sta preparando con due parole d’ordine: liberazione dal regime comunista, ma, allo stesso tempo, riconciliazione nazionale.

 

D. – Qual è la situazione della Chiesa cattolica nel Paese?

 

R. – La Chiesa cattolica gode di libertà di culto, ma non ha nessuna, o pochissima libertà di educazione ed è molto ridotta la possibilità di avere dei propri mezzi di comunicazione. Il cardinale Jaime Ortega ha potuto parlare cinque minuti alla televisione cubana, dopo la morte di Giovanni Paolo II, mentre Fidel Castro sul Papa ha parlato quattro ore, ma senza accennare che era il capo della Chiesa.

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UN DELITTO CONTRO I DIRITTI DELL’UOMO, UN BRUTTO INDIZIO

DI DECADIMENTO MORALE CHE NON FA ONORE ALLA SCIENZA:

IL COMMENTO DEL PRESIDENTE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA,

MONS. SGRECCIA, ALLA CLONAZIONE DI EMBRIONI UMANI,

ANNUNCIATA IN GRAN BRETAGNA E COREA

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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Sconcerto, perplessità, disorientamento nell’opinione pubblica ma forse anche ignoranza, superficialità, indifferenza tra la gente comune e ancora dibattito, polemiche nella comunità scientifica di fronte alle notizie giunte in questi giorni dalla Gran Bretagna e dalla Corea dell’avvenuta clonazione di embrioni umani per la prima volta nella storia. Dai primi esperimenti sulla cellula uovo agli inizi del ‘900, ai primi tentativi di clonazione realizzati sulle rane nel dopoguerra, dalla nascita nel ’97 della pecora clonata Dolly ad oggi un lungo percorso disseminato di angosciosi dubbi e inquietanti interrogativi di natura etica e non solo. Dove può arrivare la scienza senza compromettere la vita stessa? Ne parliamo con il vescovo Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita.

 

D. - Come commentare questo ulteriore passo verso il tentativo dell’uomo di dominare la creazione?

 

R. – Sembra che dal punto di vista scientifico non sia altro che la ripetizione e moltiplicazione di un tipo di clonazione fatta sull’uomo, con in più la leggerezza e l’indifferenza. Non sembra che ci siano state motivazioni nuove. Leggo un titolo dove si dice: “E’ una speranza o una gonfiatura?”. Qualcuno dice anche che sotto ci sono incentivi in denaro. I laboratori che fanno più shock attirano più denaro per la ricerca, probabilmente. Dal punto di vista morale, sappiamo bene che questa, chiamata “clonazione terapeutica per nucleo transfert”, altro non è che un procedimento, il più artificiale di quanto si possa immaginare, per dare vita ad un essere umano sradicato anche dai gameti paterno e materno. Questa fecondazione è agamica e asessuale, ‘armata’ solo di un orgoglio di riprodurre un essere da strumentalizzare, perché poi viene ucciso e soppresso. Quindi, non c’è soltanto il delitto di riprodurre artificialmente, ma anche la soppressione e la strumentalizzazione, forse anche la commercializzazione del prodotto.

 

D. - Eccellenza sappiamo che a livello Europeo esiste la Convenzione di Oviedo, che vieta la clonazione anche per fini terapeutici, ma la Gran Bretagna non l’ha sottoscritta… ora questi paventati interessi economici dietro la ricerca scientifica non indurranno altri Stati a dissociarsi da quella Carta?

 

R. – Oltre alla convenzione c’è anche la Dichiarazione contraria delle Nazioni Unite, cui ha aderito anche l’Inghilterra. Va sottolineato che qui si trasgredisce il senso dei diritti dell’uomo e qui ci vuole una coscienza sempre più robusta sia negli organismi internazionali, sia nelle autorità politiche, perché si metta fine a questo che è un brutto indizio di decadimento morale nel campo scientifico, che, quindi, fa offesa anche alla scienza.

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“CACHE’”, IL FILM DEL REGISTA AUSTRIACO HANEKE,

 PREMIATO A CANNES DALLA GIURIA ECUMENICA

- Intervista con Marina Sanna -

 

 “Un film universale, una storia sulla consapevolezza e su come siamo in grado di affrontarla”. Così il regista austriaco Michael Haneke descrive il suo film Caché presentato in Concorso al 58° Festival di Cannes e vincitore del Premio della Giuria ecumenica. Il servizio di Luca Pellegrini:

 

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Un festival, quello di Cannes edizione 2005, ben rappresentato dal film di Michael Haneke, capace di mettere in dubbio, sempre con uno sguardo d’autore nobile seppur scomodo, le certezze del pubblico e dell’uomo, facendogli scoprire anche gli aspetti più impietosi, duri, inquietanti dell’animo, che diventano indeterminate paure collettive, perversità nascoste, verità trafugate, violenze irragionevoli. Il regista di origine austriaca riceve in questa edizione il Premio della Giuria ecumenica, formata da tre giurati cattolici prescelti dall’organizzazione Signis e tre giurati protestanti segnalati dall’omologa organizzazione Interfilm. Sono arrivati all’unanimità a premiare Caché dandogli la seguente motivazione: “il film evoca la complessità delle responsabilità dell’uomo davanti al passato e alla Storia, attraverso la vicenda intima di un critico letterario e un uomo di televisione filmato a sua insaputa”. Marina Sanna, capo-redattore della “Rivista del Cinematografo” e giurata italiana del Premio ecumenico spiega le ragioni che hanno portato a questa scelta sicuramente interessante e coraggiosa.

 

“E’ sicuramente il film più bello del Festival. Una grande sorpresa perché, per chi ha visto il film di Michael Haneke, è completamente diverso, è un film maturo. E’ un film che, dal punto di vista visivo e cinematografico, è quasi scarno, asciutto e che ha una storia molto coraggiosa. Molto coraggiosa perché, diciamo, che non è immediatamente percebile. La cosa bella di questo film, ed è quello che è successo a noi della giuria, è che pure avendolo visto fino ad una settimana fa, non abbiamo fatto altro che parlarne per una settimana. Credo che sia stato un premio coraggioso e che possa aiutare a vedere il film di Haneke in maniera differente, cioè con nessun tipo di pregiudizio. La storia è quella di un uomo il cui universo intimo viene sconvolto da una serie di video cassette che gli vengono recapitate. Video cassette anonime che però non fanno altro che riprenderlo dalla mattina alla sera, senza che lui faccia qualcosa di particolare. Viene sconvolto, giorno dopo giorno, da queste immagini filmate che gli ricordano immagini dolorose del suo passato. La storia si fa personale ma, allo stesso tempo, diventa collettiva perché abbiamo un senso di colpa individuale per qualcosa che è successo nel suo passato che è Caché, quindi nascosto, che diventa un senso di responsabilità gradualmente, quindi etico, molto forte dal punto di vista etico, nei confronti di un altro individuo e, nello stesso tempo - ed ecco il salto - diventa collettivo di una comunità nei confronti di un’altra, di un Paese nei confronti di altri Paesi, di un Paese nei confronti di un popolo, in questo caso la Francia nei confronti dell’Algeria, ma anche dell’America nei confronti dell’Iraq, anche dell’Europa nei confronti del mondo e di quello che sta accadendo”.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, Domenica 22 maggio, la Chiesa festeggia la Santissima Trinità. La liturgia ci presenta l’incontro di Gesù con Nicodemo. Il Signore dice:

 

“Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.  Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui”.

 

Su queste parole ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:

 

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Dio è la comunione delle tre Santissime Persone. La comunione è la vita, l’isolamento e la morte. Il peccato ha sconvolto le relazioni e l’uomo si è isolato, perciò il salario del peccato è la morte. Ma Dio, essendo amore, non può non cercare l’uomo, Sua creatura amata. Lo raggiunge tramite il dono di Sé. Dio Padre, dona a questo uomo smarrito, isolato e morto, il Suo proprio Figlio. Il Padre affida il Figlio alla morte e, con il dono del Figlio, accorcia la distanza con l’uomo morto. Aderendo al Figlio, si supera la morte perché l’amore del Padre non lo lascia nella tomba e la comunione non permette putrefazione. Il Figlio dalla morte torna vivo portando con Sé coloro che gli si affidano. Lo Spirito Santo è il Signore che dà la vita proprio perché incide nel nostro cuore la figliolanza. E’ Lui che ci unisce al Figlio e grida in noi ‘Abbà!’.

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CHIESA E SOCIETA’

21 maggio 2005

 

 

 

AffinchE’ i nostri popoli abbiano la vita: QUESTO IL TITOTLO DEL MESSAGGIO

FINALE della 30.ma assemblea plenaria del consiglio episcopale latino-americano (celam) conclusasi ieri in peru’.

nel documento, i vescovi affermano con decisione di abbracciare la sfida dell’evangenlizzazione

 

LIMA. = Chiusi ieri i lavori della 30.ma Assemblea Plenaria del Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM), aperta a Lima il 17 maggio. Nel corso di una conferenza stampa, tenuta da un gruppo di vescovi, presso la sede centrale della Conferenza episcopale, sono stati resi noti alcuni brani del messaggio finale di questa assise, dal titolo “Affinché i nostri popoli abbiano la vita”. Nel messaggio, i vescovi ricordano che “all'inizio di questo millennio Papa Giovanni Paolo II ha invitato ad andare al largo e a lanciare le reti per mettersi a servizio di tutte le persone nelle circostanze concrete nelle quali si trovano ora”. Un invito, questo, rilanciato nuovamente da Papa Benedetto XVI all’inzio del suo Pontificato. Proprio in questa prospettiva, l’episcopato latinoamericano afferma con decisione la sua volontà di abbracciare la sfida dell’evangelizzazione. “Nella Chiesa in America Latina e nei Carabi – si legge nel documento - deve svegliarsi l’anelito di portare il Vangelo ad altri Paesi e continenti, a quanti non sono stati ancora raggiunti dall’annuncio di Gesù Cristo”. Nel documento viene inoltre ricordato come all’inizio del terzo millennio questi Paesi siano stati sfidati con forza dai cambiamenti religiosi, etici e culturali che segnano il travaglio della nascita di una nuova epoca. “Navigheremo frequentemente contro corrente – affermano i presuli - ma con affetto per ogni persona, creata ad immagine e somiglianza di Dio, che ha sete della sua paternità, di umanità e fraternità”. Il lavoro pastorale sarà, dunque, orientato verso la conversione di uomini, donne e giovani le cui convinzioni vacillano, ma che cercano la libertà, il bene, la felicità e la bellezza in mezzo all’attrazione dei mezzi di comunicazione, che possono offrire loro messaggi seducenti che li confondono. Nel messaggio è posta anche una particolare attenzione agli attacchi contro la vita. Così  l’impegno della Chiesa Latinoamericana “deve essere definitivamente segnato dalla cultura della vita: per il rispetto alla vita, per la gioia di trasmettere la vita, per la formazione di famiglie cristiane che siano santuari della vita, perché siano assicurate le condizioni sociali e legislative che permettano a tutti, specialmente ai più afflitti, poveri ed emarginati, di condurre una vita degna della loro vocazione umana e cristiana”. Infine, è stato annunciato che la 31.ma assemblea ordinaria di questo organismo ecclesiale, per la prima volta, avrà luogo a Cuba. (E. B.)

 

 

ESPELLERE I CRISTIANI DALLE CARICHE PUBBLICHE: E’ LA CAMPAGNA PROMOSSA

DA alcuni RADICALISTI INDU’ NELLO STATO INDIANO DELL’ORISSA. I VESCOVI LOCALI, valutando il provvedimento contrario ai diritti umani fondamentali, SONO PREOCCUPATI CHE questo TIPO DI MENTALITA’

POSSA DIFFONDERSI NEL PAESE

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

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NUOVA DELHI. = Alcuni membri dell’“Assemblea Mondiale dell’induismo”, l’ala religiosa del “Bharatiya Janata Party” (BJP) che governa lo Stato del nord est indiano, hanno chiesto al governo statale di licenziare immediatamente i cittadini cristiani che lavorano nella pubblica amministrazione. La richiesta è giunta dopo che alcuni dirigenti dei servizi amministrativi si sono lamentati di presunti favoritismi a vantaggio di impiegati cristiani. Così, alcuni indù hanno approfittato dell’occasione per lanciare una campagna anti-cristiana con manifestazioni ed appelli attraverso i mezzi di comunicazione. All’agenzia “Fides”, il portavoce della Conferenza episcopale cattolica dell’India, padre Babu Joseph, ha definito il provvedimento “contrario ai diritti umani fondamentali e allo spirito pluralistico della nazione indiana” e di non accettare questo approccio fazioso e discriminatorio. “Siamo molto preoccupati – ha aggiunto – che questo tipo di mentalità possa prender piede”. Invitando questi gruppi a desistere dalle loro richieste, il portavoce dell’episcopato ha riferito, infine, che si sta valutando “l’opportunità di scrivere una lettera ufficiale alle autorità civili dell’Orissa e al primo ministro dell’Unione Indiana”. Come ha confermato martedì scorso l’agenzia “Fides”, questa nuova mobilitazione ha destato preoccupazione e stupore in tutta la comunità cristiana, secondo la quale “gli estremisti vorrebbero regolarizzare una evidente discriminazione religiosa”. Negli ultimi anni, nella regione indiana, si sono verificati vari episodi di violenza nei confronti delle minoranze religiose e delle comunità cristiane. In questo quadro, l’“Assemblea Mondiale dell’induismo”, in cui la presenza radicalista indù è molto consistente, promuove un’ideologia nazionalista e monoreligiosa ed è sostenuta da movimenti contrari al servizio sociale e ai programmi di sviluppo promossi dai cristiani.

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DAVANTI ALLA TOMBA DI GIOVANNI PAOLO II IERI L’OMAGGIO ORANTE

DEL GRAN MAESTRO DELL’ORDINE DI MALTA E DEI SUOI PIU’ STRETTI COLLABORATORI

- A cura di Adriano Monti Buzzetti -

 

CITTA’ DEL VATICANO. = Come già nel giorno delle esequie di Papa Wojtyla, i Cavalieri della croce ottagona tornano a rinnovare il loro omaggio postumo al Pontefice scomparso. Ieri il Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta, Fra’ Andrew Bertie, accompagnato da una nutrita rappresentanza istituzionale, si è recato alle Grotte Vaticane, per pregare davanti alla tomba di Giovanni Paolo II. Con lui il Gran Cancelliere Mazery, il Grande Ospedaliere von Boeselager, due membri del Sovrano Consiglio e l’ambasciatore dell’Ordine presso la Santa Sede, Alberto Leoncini Bàrtoli. Alla sosta di raccoglimento è seguito l’incontro con l’arcivescovo Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano. Eletto Gran Maestro dell’Ordine di Malta nel 1988, Fra’ Andrew Bertie ha incontrato Giovanni Paolo II numerose volte durante il suo Pontificato; immancabile l’appuntamento annuale con l’udienza del 24 giugno, festività di San Giovanni Battista, Patrono dell’Ordine di Malta. Nato oltre nove secoli fa per curare e difendere i pellegrini in viaggio verso la Terrasanta, lo SMOM è Ordine religioso laicale della Chiesa Cattolica nonché ente primario e sovrano di diritto internazionale. Intrattiene rapporti diplomatici con 93 Stati tra cui la Santa Sede e l’Italia; ha istituito rappresentanze ed osservatori presso l’ONU, l’UE e numerose altre organizzazioni internazionali. L’attività umanitaria di questa antica Istituzione cavalleresca (11.000 membri e 80.000 volontari) si esprime oggi nella gestione di numerosi ospedali, corpi di soccorso, fondazioni e strutture specializzate attive in 110 Paesi.

 

 

IN SPAGNA PREOCCUPA LA RIFORMA DEL CODICE CIVILE CHE PREVEDE

ANCHE L’ADOZIONE DI MINORI DA PARTE DELLE COPPIE DELLO STESSO SESSO.

PER L’ “ASSOCIAZIONE DEI POFESSIONISTI PER L’ETICA”

E’ UNA VIOLAZIONE DEI DIRITTI BASILARI DEI BAMBINI

 

MADRID. = In Spagna la modifica del codice civile che consentirà il matrimonio fra persone dello stesso sesso, prevede anche l’adozione di minori da parte delle coppie omosessuali. Ed è proprio questo l’aspetto più grave della norma per l’”Associazione dei professionisti per l’etica” (Ppe). In un’intervista rilasciata all’agenzia “Fides”, il presidente dell’organizzazione, il giurista Jaime Urcelay Alonso, sottolinea come il governo, presentando la riforma come una conquista per l’uguaglianza dei diritti degli omosessuali, “stia occultando una delle dimensioni più gravi del progetto: l’aperta violazione dei diritti basilari dei bambini, come il diritto alla salute psichica, ad essere educati e ricevere i necessario affetto del padre e della madre”. Per Urcelay si tratta di una legge ingiusta e, dunque, in coscienza, ritiene che non è obbligatorio applicarla. Proprio a quanti, a motivo del loro incarico pubblico, dovrebbero applicarla, il presidente chiede di “appellarsi al diritto dell’obiezione di coscienza” per non farlo.  Intanto, dopo l’approvazione del discusso testo di legge, proseguendo nella linea tracciata dal governo, la sottosegretaria per gli Affari sociali ha annunciato che l’Esecutivo spagnolo cercherà di raggiungere accordi con altri Paesi per permettere alle coppie omosessuali di adottare figli anche a livello internazionale. (E. B.)

 

 

DIBATTITO IERI POMERIGGIO AD ASSISI INTORNO AL LIBRO “SECONDO QOELET –

DIALOGO TRA DIO E GLI UOMINI”.  OSPITI L’AUTORE LUCIANO VIOLANTE

IN DIALOGO CON IL CUSTODE DEL SACRO CONVENTO, PADRE VINCENZO COLI

- A cura di Roberta Gisotti -

 

ASSISI. = Come dare risposta al male e alla sofferenza, alla guerra, e all’odio, al bisogno di pace e di amore, agli interrogativi ultimi sulla vita e come assumere le nostre responsabilità personali e sociali. Attorno a questi temi si è sviluppato l’incontro, ospitato ieri pomeriggio ad Assisi, animato da padre Vincenzo Coli, Custode del Sacro Convento e da Luciano Violante, già presidente della Camera, autore del libro “Secondo Qoèlet – dialogo fra gli uomini e Dio”. Proprio dalla lettura di alcuni brani di questo originale volume  – interpretatati da Sergio Basile e Silvia Budri - è partito il dibattito, cui hanno partecipato anche da Giuseppe Giulietti, presidente di Articolo 21 e lo scrittore Franco Scaglia, ‘amici’ dei francescani, alla presenza di un pubblico numeroso, raccolto nella Sala Stampa del Sacro Convento. Tema del libro, una riflessione sull’Antico testamento: Violante immagina che Qoèlet, re di Gerusalemme, nel ruolo di ‘osservatore’ racconti appunto un dialogo fra gli uomini e Dio. Un volume scritto idealmente assieme a chi ha sofferto nei campi di concentramento, nei gulag sovietici e in compagnia di chi soffre, ancora, nelle carceri, nelle stanze delle torture. “Ma non c’è nel libro, sicuramente meritevole sul piano letterario – ha osservato con schiettezza padre Coli – la risposta del Dio cristiano, piuttosto c’è la ricerca del trascendente, l’inquietudine di chi non riesce con le sole categorie umane a trovare quella pace che invece dispensa il Signore ha fede e si affida a Lui. Un’opera comunque interessante il libro di Violante - ha osservato padre Coli – che permette di aprire un dialogo fruttuoso sulla fede cristiana. Libro che per le sue richieste di verità è stato portato in alcune carceri, in forma teatrale”.

 

 

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24 ORE NEL MONDO

21 maggio 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Afghanistan, dopo l’alternarsi di notizie contraddittorie sulla sorte di Clementina Cantoni, il presidente Karzai torna a promettere l’impegno del suo governo affinché si arrivi ad una soluzione positiva. “Faremo di tutto per liberare prima possibile la donna”, ha detto Karzai, aggiungendo di conoscere l’identità dei sequestratori e il loro scopo. Nel Paese arabo, intanto, l'organizzazione per la difesa dei diritti umani ‘Human Rights Watch’ (HRW) ha denunciato nuovi casi di abusi su prigionieri afgani da parte di soldati americani nelle carceri di Bagram e Guantanamo.

 

Entro il 2007 occorre aprire una trattativa concreta sulla contesa regione del Kashmir. Lo ha sottolineato ieri il presidente pakistano, Pervez Musharraf, precisando che trovare una soluzione pacifica alla questione con l’India garantirebbe così la stabilità politica al subcontinente indiano.

 

In Iraq i soldati del Paese arabo hanno ucciso due sospetti che tentavano di fuggire a bordo di un'auto da un posto di blocco a sud di Baghdad. Nei pressi di Latifiyah sono stati rinvenuti, inoltre, i corpi di 3 civili uccisi a colpi di arma da fuoco. A Baghdad la maggior parte delle moschee sunnite sono rimaste chiuse in segno di protesta per la recente ondata di violenze contro imam e fedeli. Sul versante politico, il ministro iracheno per la Pianificazione ha annunciato, intanto, che l’ex presidente Saddam Hussein potrebbe essere processato entro pochi mesi. Crescono inoltre le polemiche per le foto, pubblicate da un giornale britannico e da un quotidiano americano, che ritraggono Saddam in biancheria intima. Il Pentagono ha aperto un’inchiesta e sulla vicenda è intervenuto anche il presidente americano George Bush. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Il Pentagono ha aperto un’inchiesta sulla pubblicazione delle foto di Saddam Hussein in prigione, che secondo il portavoce della Casa Bianca potrebbero avere un impatto negativo sugli sforzi compiuti da Washington per stabilizzare il Paese. Le immagini sono uscite prima sul tabloid britannico “The Sun”, poi su quello americano “New York Post”, entrambi di proprietà del magnate conservatore dei media Murdock. Il giornale ha detto di averle ricevute da un ufficiale americano che intendeva dare un colpo alla guerriglia. Le foto mostrano Saddam coperto solo dalla biancheria ed in altre pose imbarazzanti e sono state riprese sul luogo di detenzione forse oltre un anno fa. Il presidente Bush, nella prima reazione a caldo, ha detto che la pubblicazione delle immagini non aumenterà il sentimento antiamericano perché i ribelli vogliono comunque combattere l’avanzare della democrazia. In seguito, però, un portavoce della Casa Bianca ha ammesso che potrebbero avere un impatto negativo e forse rappresentano una violazione della Convenzione di Ginevra sulla privacy dei prigionieri di guerra. Gli avvocati di Saddam hanno annunciato una causa contro il governo americano. La vicenda delle foto arriva dopo le violenze per la profanazione del Corano a Guantanamo, rivelata e poi smentita dal settimanale “Newsweek”, mentre proprio ieri il “New York Times” ha pubblicato un rapporto del Pentagono sull’uccisione di due detenuti in Afghanistan.

 

Da New York, per la Radio Vaticana.

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In Medio Oriente è stata smentita la notizia dell’incontro, previsto per il prossimo 7 giugno, tra il presidente palestinese, Abu Mazen, ed il premier israeliano Ariel Sharon. Il vertice era stato annunciato da Abu Mazen al termine di un colloquio con il presidente egiziano Hosni Mubarak a Sharm el Sheikh, in Egitto.

 

Con un accordo economico tra Giordania, Israele e Unione Europea si è chiusa la prima  giornata di lavori del World Economic Forum in Giordania, che ha tra i suoi principali obiettivi riforme, crescita economica, stabilità e lo sviluppo delle relazioni tra i Paesi della regione.

 

In Libano l’ex premier filosiriano, Omar Karame, e il gruppo fondamentalista sunnita Jamaa Islamiya hanno annunciato che boicotteranno le prossime Legislative, in programma dal 29 maggio al 19 giugno. Il movimento estremista contesta l’eccessiva interferenza internazionale e la nuova legge elettorale libanese che prevede una garanzia di pari rappresentanza parlamentare tra cristiani e musulmani.

 

Uzbekistan ancora a rischio di insurrezione dopo la violenta rivolta scoppiata una settimana fa nella città orientale di Andijan. Nel Paese, dove continuano le manifestazioni antigovernative, l’opposizione ha criticato la decisione del presidente Karimov di non consentire un’inchiesta indipendente sugli scontri. Secondo diverse organizzazioni umanitarie, sono almeno mille i morti. Intanto, cresce la tensione alla frontiera col Kirghizistan dove sono state fermate 500 persone che cercavano di fuggire da Kara-Suu, la città occupata dalle truppe governative dopo una breve e violenta rivolta.

 

Il ministro dell’Informazione e delle Nazionalità del Daghestan è rimasto ucciso per un attentato dinamitardo. Lo ha riferito l’agenzia russa, Ria-Novosti, precisando che l’ordigno è esploso quando la vittima,  Sagir Arukhov, stava rientrando a casa. Nel 2003, l’ex ministro delle Nazionalità, Magomedsalik Gusayev, è morto per l’esplosione di una bomba collocata nella sua auto.

 

“Un esito negativo del referendum francese sulla Costituzione europea metterebbe a rischio le capacità d’azione dell’Unione”. Lo sostiene il responsabile della politica Estera e di Sicurezza dell’Unione Europea, Javier Solana. “Da questo Trattato - aggiunge Solana - dipende se l’Unione allargata a 25 Paesi membri sarà in grado di agire”. I francesi saranno chiamati ad esprimersi sulla Costituzione europea il prossimo 29 maggio.

 

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