RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 139 - Testo della trasmissione di giovedì 19 maggio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Le tragiche vicende dei Balcani insegnano che il dialogo tra le culture è indispensabile per costruire un futuro di pace: così, Benedetto XVI nel discorso al nuovo ambasciatore della ex Repubblica jugoslava di Macedonia

 

Il Papa presente alla proiezione del film sulla vita di Giovanni Paolo II, oggi pomeriggio nell’Aula Paolo VI, e alla consegna di una onorificenza austriaca a suo fratello, mons. Georg Ratzinger

 

Oggi Benedetto XVI compie il primo mese di Pontificato

 

L’intimo legame tra la vita liturgica e l’impegno sociale e politico per la pace, al centro di un Seminario di studio, oggi e domani in Vaticano: l’incoraggiamento e gli auspici del Santo Padre Benedetto XVI

 

Visita in Romania del cardinale Paul Poupard, su invito dell’università di Cluj, per riflettere sulle radici spirituali e culturali del cristianesimo in Europa.

 

IN PRIMO PIANO:

Uzbekistan: l’esercito contrattacca, ma l’insurrezione non è ancora domata. Ai nostri microfoni Fabrizio Dragosei

 

“Essere donna in Nepal tra guerra e diritti negati”. E’ lo slogan del progetto promosso dalla fondazione italiana Pangea Onlus e dalla ONG Women’s Foundation per aiutare le donne del Nepal: con noi Renu Sharma Upreti e Aldo Daghetta

 

Nella Basilica di Santa Maria Maggiore, ieri sera la Missa scritta dal compositore austriaco Hubert Steppan, per ricordare l’85° anniversario della nascita di Giovanni Paolo II.

 

CHIESA E SOCIETA’:

La Chiesa cilena offre la propria collaborazione al governo per ridurre il possesso di armi tra i cittadini

 

Pellegrinaggio a Zaragoza in occasione del 150.mo anniversario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione e del centenario dell’incoronazione canonica della statua della Madonna del Pilar

 

“Abbiamo riso per una cosa seria…”: è il titolo dell’iniziativa italiana della FOCSIV, per raccogliere fondi a sostegno della lotta alla povertà e del diritto al cibo nei Paesi del sud del mondo

 

Guerriglia maoista contro gli operatori umanitari a Kalikot, nel Nepal occidentale

 

Troppo vicina all’anniversario di Piazza Tienanmen: la giustificazione data dal governo cinese per l’annullamento di una Conferenza internazionale sulla democrazia ed i diritti umani.

 

24 ORE NEL MONDO:

In Afghanistan, scaduto l’ultimatum per Clementina Cantoni. Ma proseguono le trattative per la liberazione della donna: il governo di Kabul si dice ottimista

 

In Iraq, ucciso l’unico testimone del genocidio commesso nei pressi di Najaf nel 1991 da esponenti del deposto regime.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

19 maggio 2005

 

LE TRAGICHE VICENDE DEI BALCANI CI INSEGNANO CHE IL DIALOGO

 TRA LE CULTURE E’ INDISPENSABILE PER COSTRUIRE UN FUTURO DI PACE:

 COSI’, BENEDETTO XVI NEL DISCORSO AL NUOVO AMBASCIATORE DELLA EX REPUBBLICA JUGOSLAVA DI MACEDONIA. IL PAPA RIBADISCE IL RUOLO DECISIVO

DEL CRISTIANESIMO PER LA FORMAZIONE DELL’ANIMA EUROPEA

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

La tragica storia dei Balcani dimostra quanto il dialogo interculturale sia necessario per tracciare un cammino di pace e riconciliazione. E’ il richiamo di Benedetto XVI contenuto nel discorso all’ambasciatore della ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Bartolomej Kajtazi, ricevuto in Vaticano per la presentazione delle Lettere credenziali. L’Europa, ha detto il Papa riecheggiando il suo predecessore, ha bisogno dei Balcani e viceversa. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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L’impegno della Macedonia per la pace e la riconciliazione “può divenire un esempio” per gli altri popoli dei Balcani. Inizia con parole fiduciose il discorso del Pontefice all’ambasciatore macedone. Ricorda poi l’origine dei conflitti che hanno ferito l’ex Jugoslavia. “Tragicamente – rileva – le differenze culturali sono state spesso una fonte di incomprensione tra i popoli e causa di guerre senza senso”. Benedetto XVI indica anche la cura per questi mali: “Il dialogo tra le culture è indispensabile” per costruire “una civiltà universale dell’amore”. Incoraggia perciò il popolo della Macedonia ad “affermare i fondamentali valori comuni a tutte le culture, comuni perché trovano la loro fonte nella natura della persona umana”. Come il mio predecessore ha sottolineato, in numerose occasioni, rammenta Benedetto XVI, “l’Europa ha bisogno delle nazioni balcaniche ed esse hanno bisogno dell’Europa”. D’altro canto, il Papa non manca di ricordare il ruolo dei santi Cirillo e Metodio, evangelizzatori dei popoli slavi. Segno del “contributo decisivo” del cristianesimo “all’anima europea”.

 

Il Pontefice esorta i macedoni a lavorare con “i Paesi vicini in uno spirito di fruttuosa cooperazione”, dedicando ogni risorsa spirituale, morale e materiale per la pace. E si sofferma sull’obiettivo dell’integrazione europea perseguito da Skopje. Le vostre tradizioni, avverte il Papa, “appartengono allo spirito che permea” il Vecchio continente. Entrare nella Comunità europea “non dovrebbe comunque essere percepito solo come una panacea per superare le avversità economiche”. L’Unione Europea, aggiunge riprendendo l’Esortazione Ecclesia in Europa, deve fondarsi soprattutto su un accordo dei valori. In tale contesto, l’espansione è di “capitale importanza”, ma “non deve essere ridotta soltanto alle dimensioni economiche e geografiche”. Il Pontefice assicura l’impegno della Chiesa in Macedonia per promuovere i valori della pace, giustizia, solidarietà e libertà. Auspica infine che il governo di Skopje consenta l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole primarie.

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Nel suo indirizzo d’omaggio, l’ambasciatore Bartolomej Kajtazi ha sottolineato l’impegno della Repubblica di Macedonia ad entrare nella famiglia delle nazioni europee. Ha poi ribadito l’impegno del governo a garantire nel Paese una pacifica coesistenza interetnica e multiconfessionale. Nato a Skopje nel 1966, il nuovo ambasciatore macedone presso la Santa Sede è laureato in Ingegneria elettronica. Parla il macedone, l’albanese e l’inglese.

 

Indipendente dal 1991, la Repubblica di Macedonia conta  poco più di due milioni di abitanti. Il 54 per cento della popolazione è di fede cristiana ortodossa; il 30 per cento circa è di fede musulmana sunnita. I cattolici sono circa 15 mila, distribuiti in due diocesi e 7 parrocchie.

 

 

BENEDETTO XVI PRESENTE ALLA PROIEZIONE DEL FILM

SULLA VITA DI GIOVANNI PAOLO II,

OGGI POMERIGGIO NELL’AULA PAOLO VI, E ALLA CONSEGNA

DI UNA ONORIFICENZA AUSTRIACA A SUO FRATELLO, MONS. GEORG RATZINGER

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Oltre agli impegni di questa mattina, l’agenda pontificia prevede altri due appuntamenti per Benedetto XVI, che questo pomeriggio, alle ore 17.30 presenzierà, in Aula Paolo VI, a una delle numerose iniziative dedicate all’85° anniversario della nascita di Giovanni Paolo II: la proiezione del film “Karol, un uomo diventato Papa”, ispirato al libro di Gianfranco Svidercoschi “Storia di Karol”.

 

In precedenza, alle 16.45, nell’Auletta dell’Aula Paolo VI, Benedetto XVI presenzierà alla consegna dell’onorificenza che l’ambasciatore d'Austria presso la Santa Sede, Helmut Turk, conferirà al fratello del Pontefice, mons. Georg Ratzinger. Si tratta della “Croce d'onore di prima classe per la scienza e l'arte” che il presidente austriaco, Heinz Fischer, ha concesso lo scorso dicembre a mons. Georg Ratzinger per i suoi impegni musicali e per “i trentennali rapporti con l'Austria”.

 

 

UDIENZE E NOMINE

 

Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, l’arcivescovo emerito di Ljubljana, Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Quindi, il Pontefice ha ricevuto quattro vescovi del Rwanda, in visita ad Limina, e l’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz, dell’arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca.

 

Il Papa ha nominato membri dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA) i cardinali Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e Jean-Louis Tauran, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa.

 

In Spagna, il Pontefice ha nominato Vescovo di Jaén mons. Ramón del Hoyo López, finora vescovo di Cuenca. Il presule, 65 anni, ha conseguito la licenza in Diritto Canonico presso la Pontificia Università di Salamanca. Nel 1977, ne ha conseguito la laurea a Roma, presso l’“Angelicum”. A Burgos ha ricoperto, tra gli altri, gli incarichi di notaio e segretario del Tribunale ecclesiastico, di promotore di Giustizia, di professore di Diritto Canonico presso la Facoltà di Teologia del Nord della Spagna, nonché di vicario generale. Il 26 giugno 1996 fu nominato vescovo di Cuenca. In seno alla Conferenza Episcopale è presidente della Commissione per le Missioni e la Collaborazione tra le Chiese.

 

 

OGGI BENEDETTO XVI COMPIE IL PRIMO MESE DI PONTIFICATO.

“SEMPLICE E UMILE LAVORATORE NELLA VIGNA DEL SIGNORE”

PER ANNUNCIARE AL MONDO LA VERITA’ NELLA CARITA’

 

Esattamente un mese fa, il 19 aprile scorso, il cardinale Joseph Ratzinger veniva eletto 264.mo Successore di Pietro. Appena il giorno prima aveva presieduto la Missa pro eligendo Romano Pontifice pregando il Signore perché donasse alla Chiesa un pastore secondo il cuore di Giovanni Paolo II, “un pastore – aveva detto – che ci guidi alla conoscenza di Cristo, al suo amore, alla vera gioia”, facendo “la verità nella carità”. Ripercorriamo questo primo mese di Pontificato di Benedetto XVI nel servizio di Sergio Centofanti:

 

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“Habemus papam…” (Annuncio del cardinale protodiacono Jorge Arturo Medina Estévez)

 

(Prime parole di Benedetto XVI)

“Cari fratelli e care sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere, nella gioia del Signore risorto, fiduciosi del Suo aiuto permanente. Andiamo avanti, il Signore ci aiuterà, e Maria, Sua Santissima Madre, sta dalla nostra parte. Grazie.”

 

Benedetto XVI si presenta con queste parole alla Loggia centrale della Basilica Vaticana, poco prima delle 19.00. Chiede a tutti di pregare per lui. Il giorno dopo durante la Messa nella Cappella Sistina indica alcune priorità del suo Pontificato: proseguire decisamente nell’attuazione del Concilio Vaticano II, l’ecumenismo, che definisce “impegno primario” per cui – dice – occorrono “gesti concreti”; il dialogo aperto e rispettoso con le altre religioni e con tutta l’umanità, in particolare i giovani, la pace e lo sviluppo autentico per tutto il mondo. L’Eucaristia sarà il cuore del suo servizio petrino.

 

Nello stesso giorno, si reca a sorpresa nella sua vecchia abitazione da cardinale appena fuori dal Vaticano: è il primo bagno di folla tutto “romano”. Il 21 aprile, Benedetto XVI conferma tutti gli incarichi in Curia. Quindi, invia un telegramma di saluto al Rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, rilanciando il dialogo e l’amicizia con il popolo ebraico. Sabato 23, incontra i giornalisti in Vaticano e sottolinea la grande responsabilità dei media per far conoscere la verità e far crescere la comprensione tra i popoli.

 

Domenica 24 maggio, celebra la Messa solenne di Inizio di Pontificato e parla del suo programma:

 

“Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia”.

 

La “santa inquietudine di Cristo” – dice – deve animare il Pastore per andare in cerca delle tante persone che vivono nel deserto della povertà, dell’ab-bandono e dell’amore distrutto:  

 

“Noi esistiamo per mostrare Dio agli uomini. E solo laddove si vede Dio, comincia veramente la vita. Solo quando incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita. Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario. Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con lui”. 

 

“Non è il potere che redime ma l’amore”, esclama. E il segno dell’amore di Dio è che si è messo dalla parte degli agnelli:

 

Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori”.

 

Il 25 aprile, incontra le delegazioni cristiane e i rappresentanti delle altre religioni: a questi chiede di diventare insieme artefici di pace. In particolare, auspica la crescita del dialogo tra cristiani e musulmani. Nel pomeriggio dello stesso giorno, a San Paolo fuori le Mura, conferma l’urgenza della missione e dell’annuncio evangelico in tutto il mondo.

 

Mercoledì 27 aprile, nella sua prima udienza generale spiega la scelta del nome, ispirato a Benedetto XV, uomo di pace, e a San Benedetto da Norcia, forte richiamo alle “irrinunciabili radici cristiane” dell’Europa. Domenica 1° maggio, è il suo primo Regina Coeli dalla finestra che aveva reso Giovanni Paolo II familiare a tutta l’umanità. Lancia un appello per la pace nel Togo e nel mondo intero:

 

“La solidarietà, la giustizia e la pace siano i pilastri su cui costruire l’unità della famiglia umana”.

 

Il giorno successivo, riceve i vescovi dello Sri Lanka per la prima visita ad Limina del Pontificato. Il 3 maggio, si svolge l’affettuoso incontro con il presidente italiano, Carlo Azeglio Ciampi. Tre giorni dopo sarà la volta del presidente sudafricano, Thabo Mbeki.

 

Sabato 7 maggio, l’insediamento nella Basilica di San Giovanni in Laterano, Cattedra del Vescovo di Roma. Benedetto XVI spiega cosa sia la potestà d’insegnamento conferita da Cristo a Pietro: non è una minaccia alla libertà di coscienza ma un mandato per servire:

 

Il Papa non è un sovrano assoluto, il cui pensare e volere sono legge. Al contrario: il ministero del Papa è garanzia dell’obbedienza verso Cristo e verso la Sua Parola. Egli non deve proclamare le proprie idee, bensì vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza verso la Parola di Dio, di fronte a tutti i tentativi di adattamento e di annacquamento, come di fronte ad ogni opportunismo. Lo fece Papa Giovanni Paolo II, quando, davanti a tutti i tentativi, apparentemente benevoli verso l’uomo, di fronte alle errate interpretazioni della libertà, sottolineò in modo inequivocabile l’inviolabilità dell’essere umano, l’inviolabilità della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale. La libertà di uccidere non è una vera libertà, ma è una tirannia che riduce l’essere umano in schiavitù”.

 

L’8 maggio, invia un messaggio di auguri per i 90 anni del Rabbino capo emerito di Roma, Elio Toaff. Il 12 maggio, incontra il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per ribadire che la Chiesa non cessa di difendere i diritti umani invitando a realizzare una società pacifica e a vincere la tentazione di uno scontro tra culture, etnie e mondi differenti. “Chi come me – afferma – ha conosciuto l’orrore della guerra e di ideologie oppressive, è particolarmente sensibile al dialogo con tutti gli uomini”. La Chiesa – sottolinea ancora il Papa – “non domanda alcun privilegio per se stessa ma solamente le legittime condizioni per adempiere alla sua missione”.

 

Il 13 maggio, nell’incontro con il clero di Roma in San Giovanni in Laterano Benedetto XVI annuncia la dispensa per avviare subito la causa di beatificazione di Giovanni Paolo II. Parlando a braccio, si sofferma sulle responsabilità dell’Europa verso gli altri continenti, in particolare verso l’Africa. Quindi insiste ancora sulla necessità dell’annuncio di Cristo a tutti gli uomini:

 

“Se noi abbiamo trovato il Signore, se per me il Signore è la luce e la gioia della vita, se è così, siamo sicuri che a un altro che non ha trovato Cristo manca una cosa essenziale. E’ un dovere nostro offrirgli questa realtà essenziale. Poi lasciamo alla guida dello Spirito Santo e alla libertà di ognuno quello che succederà. Ma se siamo convinti che abbiamo fatto l’esperienza che senza Cristo la vita è incompleta, manca una realtà, la realtà fondamentale, siamo anche convinti che non facciamo torto a nessuno se gli mostriamo Cristo e offriamo la possibilità di trovare la gioia di aver trovato la vita”.

 

Sempre il 13 maggio, è annunciata la nomina del nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede: è l’arcivescovo di San Francisco William Joseph Levada. Domenica scorsa, solennità di Pentecoste, ordina 21 nuovi sacerdoti. Nell’omelia invoca lo Spirito Santo perché la Chiesa sia sempre aperta a tutti:

 

La Chiesa deve sempre nuovamente divenire ciò che essa già è: deve aprire le frontiere fra i popoli e infrangere le barriere fra le classi e le razze. In essa non vi possono essere né dimenticati né disprezzati. Nella Chiesa vi sono soltanto liberi fratelli e sorelle di Gesù Cristo. Vento e fuoco dello Spirito Santo devono senza sosta aprire quelle frontiere che noi uomini continuiamo ad innalzare fra di noi; dobbiamo sempre di nuovo passare da Babele, dalla chiusura in noi stessi, a Pentecoste”.

 

La forza che fa superare le divisioni generate da Babele è il perdono:

 

“Gesù può donare il perdono ed il potere di perdonare, perché egli stesso ha sofferto le conseguenze della colpa e le ha dissolte nella fiamma del suo amore. Il perdono viene dalla croce; egli trasforma il mondo con l’amore che si dona”.

 

Quindi, fa una riflessione sulla Chiesa:

 

“Senza lo Spirito Santo, la Chiesa si ridurrebbe a un’organizzazione meramente umana, appesantita dalle sue stesse strutture. Ma, a sua volta, nei piani di Dio lo Spirito si serve abitualmente delle mediazioni umane per agire nella storia”.

 

Benedetto XVI affida se stesso e tutta la Chiesa alla materna intercessione di Maria. Invita a rivolgersi a Lei incessantemente e con fiducia. E ieri, all’udienza generale, ha esortato a pregare con il Rosario:

 

Il Rosario è preghiera evangelica, che ci aiuta a meglio comprendere i fondamentali misteri della storia della salvezza”.

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L’INTIMO LEGAME TRA LA VITA LITURGICA E L’IMPEGNO SOCIALE E POLITICO

PER LA PACE, AL CENTRO DI UN SEMINARIO DI STUDIO OGGI E DOMANI IN VATICANO: L’INCORAGGIAMENTO E GLI AUSPICI DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

 

“L’immagine lacerata del nostro mondo, che ha iniziato il nuovo Millennio con lo spettro del terrorismo e la tragedia della guerra, chiama più che mai i cristiani a vivere l’Eucaristia come una grande scuola di pace, dove si formano uomini e donne che si fanno tessitori di dialogo e di comunione”. Questo pregnante passo della Lettera apostolica di Giovanni Paolo II Mane Nobiscum, Domine per l’Anno dell’Eucaristia in corso, è stato ricordato dal Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Martino, che stamani ha introdotto nella sede del dicastero, a Palazzo San Calisto, un Seminario di studio in programma fino a domani sul tema: “Pace e Liturgia: un itinerario di ricerca”. Promossa da Giustizia e Pace in collaborazione con il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, prestigiosa fucina di studi liturgici, l’assise si propone di approfondire e promuovere l’intimo legame tra le celebrazioni liturgiche e l’impegno sociale e politico per la pace. Il servizio di Paolo Scappucci.

 

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In un telegramma del Segretario di Stato, il cardinale Angelo Sodano, letto all’inizio dei lavori, è espresso l’auspicio di Benedetto XVI affinché “la contemplazione sempre più viva di Cristo Principe della Pace susciti un crescente e generoso impegno di promozione degli universali valori di giustizia e solidarietà, nel rispetto dei diritti  della persona umana”.

 

Concetti questi ripresi nel saluto ai partecipanti del cardinale Martino e del rettore del Sant’Anselmo, il benedettino Padre Albert Schmidt, con la puntuale sottolineatura che l’impegno cristiano per la pace non può fare a meno del corroborante sostegno dei misteri santi che si celebrano nella liturgia, scuola dove si impara e fonte dove si attinge come implorare e ricevere, condividere, testimoniare e vivere la pace.

 

Il discorso si è calato più direttamente nella realtà attuale con la prima relazione della mattinata, quella del gesuita della Gregoriana, Padre Keith Peclers, che ha denunciato con esempi concreti il pericolo di una dicotomia tra liturgia e vita, quando alle celebrazioni liturgiche che sacramentalmente rinnovano il sacrificio di Cristo per la riconciliazione tra Dio e gli uomini e degli uomini tra di loro non segue un coerente impegno per la pacificazione nel mondo. Egli ha anche stigmatizzato i rischi di un certo isolazionismo liturgico, in cui la pace viene scambiata solo “tra di noi”, nel ristretto della parrocchia o del vicinato: celebrazioni anemiche, che lasciano il corpo di Cristo diviso e la nostra testimonianza inefficace.

 

E’ seguito un interessante excursus storico del prof. Enrico Mazza della Cattolica di Milano, il quale ha ricordato che nella liturgia delle origini il tema del raduno si sviluppa lungo la duplice linea dell’unità e della pace e che la liturgia alessandrina e il canone romano scelgono la linea della pace come frutto specifico dell’Eucaristia, indicazione preziosa per l’oggi della Chiesa.

 

Il Seminario prosegue nel pomeriggio con una tavola rotonda su “Pace ed Eucaristia: itinerari pastorali e culturali” e domani mattina con due relazioni su “Sacramenti e pace in un contesto storico” e su “Pace e liturgia: la prospettiva di una relazione essenziale”.

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VISITA IN ROMANIA DEL CARDINALE PAUL POUPARD,

SU INVITO DELL’UNIVERSITA’ DI CLUJ, PER RIFLETTERE

SULLE RADICI SPIRITUALI E CULTURALI DEL CRISTIANESIMO IN EUROPA

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

In Romania per riflettere sul ruolo delle radici cristiane in Europa e promuovere il dialogo tra le varie culture e confessioni. E’ l’obiettivo della visita nel Paese est europeo che compie, da oggi al prossimo 22 maggio, il cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Il porporato, che ha accolto un invito dell’Università “Babeş-Bolyai” di Cluj, celebrerà domani una Messa nella chiesa parrocchiale romano-cattolica di S. Michele, sempre a Cluj. Quindi terrà alle quattro Facoltà di Teologia dell’ateneo – romano-cattolica, greco-cattolica, ortodossa e protestante – una lezione sul tema “Una Europa dei popoli e delle culture: le radici cristiane”.

 

Tra i punti principali della riflessione, il cardinale Poupard affronterà il rapporto tra la fede e le culture e in particolare la sfida del dialogo tra le culture, sottolineando come Dio, anche oggi, sia alla ricerca dell’uomo, spesso confuso dagli idoli della società globalizzata e provato dal relativismo e dall’indifferenza. Viceversa, riconoscere l’importanza del contributo cristiano alla formazione del Vecchio continente dimostra che la nuova Europa è un’Europa “delle culture e delle nazioni”.

 

Sabato 21 maggio, il porporato celebrerà la Messa nel Seminario maggiore di Alba Iulia, incontrandone in seguito i seminaristi e intrattenendosi con loro, in un dibattito aperto, sui compiti istituzionali e le attività svolte dal Pontificio Consiglio della Cultura. Domenica 22, la Messa solenne nella Cattedrale di Alba Iulia concluderà il soggiorno romeno del cardinale Poupard. Oltre ad una visita della città di Cluj, il programma culturale del soggiorno prevede della soste nella Cattedrale e nella Biblioteca Batthyaneum di Alba Iulia, nonché nel Museo Brukenthal di Sibiu.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina la presentazione delle credenziali del nuovo ambasciatore della ex Repubblica Jugoslava di Macedonia. I programmi per uno sviluppo autentico - ha sottolineato il Papa - devono basarsi sulla tutela dei diritti dell’uomo, inclusi quelli delle minoranze etniche e religiose.

 

Nelle vaticane, una pagina di spiritualità mariana.

 

Nelle estere, Uzbekistan: sui drammatici fatti di Andijan la Gran Bretagna chiede a Tashkent un’inchiesta internazionale.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Fernando Salsano dal titolo “Pedalate di ieri, pedalate di oggi”: storie personali di biciclette.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema dell’economia. Nessuna tassa sulle rendite finanziarie e sugli aumenti salariali. Un tavolo “ad hoc” per gli statali. Verso l’incontro governo-parti sociali.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

19 maggio 2005

 

UZBEKISTAN: L’ESERCITO CONTRATTACCA,

MA L’INSURREZIONE NON E’ ANCORA DOMATA

- Intervista con Fabrizio Dragosei -

 

Proseguono in Uzbekistan le operazioni militari dell’esercito contro la rivolta dell’opposizione. Circa 200 uomini fedeli al governo di Taskent hanno ripreso oggi il controllo della città di Korasuv, al confine con il Kirghizistan, teatro di una rivolta scoppiata sabato. Il leader dell’insurrezione, Rakhimov, sarebbe stato arrestato. Intanto, le manifestazioni sono ancora in corso soprattutto ad Andijan, nell’est del Paese. Sulle ultime notizie riguardanti la situazione nel Paese, Roberto Piermarini ha raggiunto telefonicamente a Mosca Fabrizio Dragosei, corrispondente del Corriere della Sera:

 

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R. – Quello che sappiamo è che la situazione è ancora tutt’altro che tranquilla. Ci sono moltissime persone che stanno pensando ancora di allontanarsi da Andijan, di varcare il confine, soprattutto verso il Tagikistan ma anche verso il Kirghizistan, naturalmente. In Tagikistan, è stato creato un campo per i profughi e i racconti di chi è arrivato lì parlano di esercito e poliziotti che sparavano addosso a tutti, quindi non solo a presunti terroristi islamici, non solo a quelli che erano evasi dopo l’assalto al carcere di Andijan, la cittadina che è stata al centro degli eventi di questi giorni, ma anche sparavano sulla folla indistintamente, sparavano sulle donne, sui bambini, sui vecchi ... E’ una situazione difficile nella quale, come già si era visto nei giorni precedenti, si inseriscono i tentativi di esponenti dell’estremismo islamico di cavalcare questa rivolta, una rivolta che, come risulta da moltissime testimonianze, è stata originata da uno stato di assoluta invisibilità di quella regione, in gran parte a seguito dell’attività del governo.

 

D. – Si può ripetere quello che è successo in Kirghizistan anche in Uzbekistan, con questo effetto-domino, oppure la situazione qui è diversa?

 

R. – Qui in Uzbekistan, la situazione è molto più grave perché il regime tiene sotto strettissimo controllo la popolazione e, come abbiamo visto, ha represso immediatamente con un uso del tutto spropositato della forza i primi segni di questa rivolta. Le fonti ufficiali parlano solamente di 200 morti, ma molte testimonianze parlano di più di 700 morti. Ecco: di fronte a questo tipo di repressione, è difficile, anzi, diciamo che è impossibile mettere in atto una rivoluzione pacifica e democratica. E’ comunque difficile, in ogni caso, arrivare ad un cambio di regime. Naturalmente, Karimov, il presidente che fino a pochi giorni fa ha avuto l’incondizionato sostegno dalla Russia e dagli Stati Uniti, oggi è sotto accusa. Bisognerà vedere a questo punto quanto l’importanza sua, e del Paese, da un punto di vista strategico farà premio sulla necessità di proteggere la popolazione di questo Paese da questo tipo di comportamento delle autorità e dell’esercito.

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“ESSERE DONNA IN NEPAL TRA GUERRA E DIRITTI NEGATI”.

E’ LO SLOGAN DEL PROGETTO DI ASSISTENZA LANCIATO DALLA FONDAZIONE ITALIANA “PANGEA ONLUS” E DALLA ONG WOMEN’S FOUNDATION

PER AIUTARE LE DONNE DEL NEPAL,

PAESE SCONVOLTO DA UN DRAMMATICO CONFLITTO

- Interviste con Renu Sharma Upreti e Aldo Daghetta -

 

Almeno 50 ribelli maoisti e 9 soldati dell’esercito di Kathmandu uccisi. È il bilancio delle vittime degli scontri avvenuti nelle ultime ore nel sud est del Nepal, dove da circa 10 anni è in corso un sanguinoso conflitto civile. L’emergenza Nepal è riportata all’attenzione della comunità internazionale dalla Fondazione italiana Pangea Onlus e dall’organizzazione non governativa nepalese Women’s Foundation. Con lo slogan “Essere donna in Nepal, tra guerra e diritti negati”, le due associazioni lanciano un progetto di assistenza femminile con programmi di istruzione e di microcredito, cercando di favorire lo sviluppo di 4 province del Paese himalayano. L’iniziativa è stata presentata martedì scorso a Roma, in Campidoglio. C’era per noi Giada Aquilino:

 

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Un guerra civile che si protrae dal 1996, con un bilancio di vittime stimato in 12 mila morti. E’ il Nepal, il Paese himalayano insanguinato dall’insurrezione maoista, duramente repressa dall’esercito del re Gyanendra. Una situazione dai drammatici risvolti sociali, in cui a farne le spese sono soprattutto le donne. Ce ne parla Renu Sharma Upreti, presidente della Women’s Foundation nepalese:

 

R. – THERE IS A SITUATION …

E’ una situazione che va ben controllata. Essere donna significa essere oggetto di pregiudizi, cioè non avere diritti e lavorare 19 ore al giorno nei campi e a casa. Queste discriminazioni esistono perché è la Costituzione che - con 166 articoli - le permette. Aggiungiamo poi che il 74 per cento delle donne in Nepal è analfabeta e il dato peggiora se si passa dalle città ai villaggi più isolati. Da circa 10 anni, va avanti la guerra civile tra maoisti e autorità di Kathmandu e la popolazione si trova tra due fuochi, vittima della violenza criminale di entrambe le parti in lotta.

 

Ma qual è la situazione sul terreno oggi in Nepal? Risponde Aldo Daghetta, responsabile comunicazione di Pangea Onlus:

 

R. – Da una parte, ci sono i maoisti che a parole propagandano il sogno di una Repubblica sul modello popolare cinese ma che di fatto, quando occupano i villaggi, pretendono donne, cibo, sostegno da persone che non possono opporsi alle loro armi. Una volta che i maoisti se ne vanno, in quello stesso villaggio arriva l’esercito a caccia dei ribelli. E allora i soldati accusano gli abitanti di essere sostenitori e seguaci dei maoisti: avvengono così esecuzioni extragiudiziarie, processi iniqui, sparizioni. In Nepal, negli ultimi tre anni, sono scomparse 7 mila persone, di cui non si sa più nulla.

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NELLA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE, IERI SERA LA MISSA

SCRITTA DAL COMPOSITORE AUSTRIACO HUBERT STEPPAN, PER RICORDARE

L’85° ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI GIOVANNI PAOLO II.

UN’INIZIATIVA DELLA FONDAZIONE “PRO MUSICA E ARTE SACRA”

 

         Su iniziativa della Fondazione “Pro musica e arte sacra” è stata eseguita ieri sera nella Basilica di Santa Maria Maggiore, la Missa scritta dal compositore austriaco Hubert Steppan per ricordare l’85° anniversario della nascita di Giovanni Paolo II. La Missa è stata eseguita dall’Orchestra Filarmonica di Augs-burg e dal Coro del Duomo di Klagenfurt, diretti dal maestro Rudolf Piehlmayer. Presenti tra gli altri, mons. Angelo Comastri, vicario generale di Sua Santità per lo Stato della Città del Vaticano e presidente della Fondazione, il cardinale Bernad Law, titolare della Basilica, mons. Stanislao Dziwisz che è stato segretario personale del Papa scomparso.  Il servizio di Luca Pellegrini:

 

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(campane)

 

“Sperduta” è il nome della campana della Basilica di Santa Maria Maggiore. Solitaria e intensa, batte per tre minuti diffondendo dall’alto il suo suono che non è lugubre, ma di raccoglimento. Sono tre minuti di preghiera, di commozione, di personale ricordo, che il foltissimo pubblico vive con emozione in assoluto silenzio nel giorno in cui Giovanni Paolo II avrebbe compiuto i suoi 85 anni. Il concerto a lui dedicato è stato preceduto da una semplice e affettuosa commemorazione. Poi, le parole lasciano lo spazio, doveroso, alla musica, capace di creare un clima interiore d’ascolto, di sintonia, di gioia e di comunione, che ci consente di cogliere il senso del mistero, di contemplarlo e di trasformarlo in linfa vitale per la nostra esistenza quotidiana. La Missa Speravi in Te, Domine è stata scritta nel 1993 in onore del compianto Pontefice da Hubert Steppan, allievo di Paul Hindemith, ed è stata eseguita soltanto una volta a Varsavia. L’impianto dell’iniziale Kyrie è tipicamente bachiano. Possente, si trasforma poi in una richiesta di perdono molto umana e fiduciosa nella misericordia di Dio. I toni sono nobilmente semplici anche nel successivo Gloria: l’entusiasmo dell’inno converge più verso una gioia intima ed interiore, quasi di stupore dinanzi all’onnipotenza divina. La complessità della strofa, del testo e dello spessore teologico del Credo è espressa anch’essa in modo molto discorsivo, mai enfatico, piuttosto drammatico nella descrizione della morte e crocifissione di Cristo. Termina con qualche influsso etnico, quasi un coro delle ridenti vallate salisburghesi, regione natale del compositore. La complessità del Sanctus e la solare intensità del Benedictus introducono al momento più ispirato e riflessivo della Missa: un istante di placida armonia nell’Agnus Dei, l’adorazione dell’Agnello di Dio che, togliendo i peccati del mondo, dona a noi la pace. Si erge la voce all’unisono del coro, specchio di un’umanità che aspira e desidera un mondo riconciliato, quello per costruire il quale Giovanni Paolo II si è speso, coraggiosamente e generosamente, per tutta la vita.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

19 maggio 2005

 

LA CHIESA CILENA OFFRE LA PROPRIA COLLABORAZIONE AL GOVERNO

PER RIDURRE IL POSSESSO DI ARMI TRA I CITTADINI

 

SANTIAGO. = Il Comitato permanente della Conferenza episcopale cilena ha dichiarato pubblicamente in un documento dal titolo “Apporto alla pace e al bene sociale” il suo sostegno all’iniziativa del governo, tesa a ridurre il possesso di armi tra i cittadini. L’iniziativa, promossa nell’ambito della riforma della legge nazionale per il controllo delle armi, prevede la consegna anonima delle armi ai responsabili dei luoghi di culto.  “Si chiederà ai parroci, ai rettori delle chiese di ricevere, in comunione con il loro vescovo, nelle parrocchie, nelle chiese e nei suddetti luoghi le armi che anonimamente ognuno vorrà consegnare”, si legge nel documento pubblicato lunedì scorso. “Essi - prosegue il documento ecclesiale - procederanno successivamente a consegnare, nel minor tempo possibile, gli oggetti ricevuti al Commissario dei Finanzieri del proprio settore”.  Il segretario generale dell’episcopato cileno, monsignor Cristián Contreras Villarroel, non ha mancato di dimostrare tutto il suo apprezzamento per la decisione presa dal governo di Santiago assieme al Comitato Permanente della Conferenza Episcopale ha ribadito come "la Chiesa dà valore ad ogni azione che possa contribuire alla pace e al bene sociale, specialmente in questo tempo in cui vediamo tanti segni di aggressività e di violenza nel convivere quotidiano". (D.L.)

 

 

PELLEGRINAGGIO A ZARAGOZA, IL 21 E 22 MAGGIO,

IN OCCASIONE DEL 150.MO ANNIVERSARIO DELLA PROCLAMAZIONE

DEL DOGMA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE E DEL CENTENARIO

DELL’INCORONAZIONE CANONICA DELLA STATUA DELLA MADONNA DEL PILAR

 

ZARAGOZA. = La Chiesa cattolica celebra quest’anno il 150.mo anniversario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione. Ricorre inoltre in questi giorni il centenario dell’incoronazione canonica della statua della Madonna del Pilar, a Zaragoza. Per celebrare il duplice avvenimento, la Conferenza episcopale spagnola ha organizzato un pellegrinaggio al Santuario della “Beata Vergine del Pilar”. Il Santuario, che da secoli attrae masse imponenti di pellegrini, accoglierà migliaia di persone nei giorni di sabato 21 e domenica 22 maggio. Tra i momenti particolari del programma, l’adorazione notturna nella Basilica e le occasioni di preghiera e di comunione previste per i giovani durante l’ultima tappa del pellegrinaggio. Invitando a celebrare l’intero Anno, che è stato dedicato in particolare alla Madonna, dall’8 dicembre 2004 all’8 dicembre 2005, i vescovi spagnoli hanno sottolineato, in un documento pubblicato sei mesi fa, l’importanza per ognuno di rinnovare la propria consacrazione personale e comunitaria alla Vergine. (D.L.)

 

 

“ABBIAMO RISO PER UNA COSA SERIA …”: INIZIATIVA DELLA FOCSIV,

PER LA LOTTA ALLA POVERTÀ E PER IL DIRITTO AL CIBO NEI PAESI

DEL SUD DEL MONDO, IL 21 E 22 MAGGIO, NELLE PIÙ IMPORTANTI PIAZZE D’ITALIA

 

ROMA. = “Abbiamo RISO per una cosa seria …”: è il titolo dell’iniziativa italiana della FOCSIV, per raccogliere fondi a sostegno della lotta alla povertà e del diritto al cibo nei Paesi del Sud del mondo. Sabato 21 e domenica 22 maggio, dalle ore 9.00 alle ore 19.00, nelle più importanti piazze d’Italia (Roma, Brescia, Ponte Lambro, Reggio Calabria, Trento, Trieste, Bari, Reggio Emilia, Gorizia, Lodi, Messina, Padova) sarà venduto riso Thai profumato proveniente dalla Thailandia, in confezione da 1 Kg in astuccio di cartoncino personalizzato. “Il riso, dall’elevato valore simbolico e culturale – si legge nel comunicato stampa – è un alimento semplice ma fondamentale per quanti traggono da esso quel poco di insostituibile per la propria sopravvivenza”. Nel corso dei due giorni dell’iniziativa, volontari allestiranno coloratissimi banchetti di solidarietà per offrire, a fronte di un piccolo contributo di 5 euro, una confezione di riso a tutti coloro che vorranno sostenere la causa dei poveri del mondo. Ricordiamo che la FOCSIV è la più grande Federazione italiana di organizzazioni non governative cristiane di volontariato internazionale: 32 anni di storia accanto ai poveri della terra, 57 Organismi associati, 14.000 volontari inviati nei Paesi del Sud del mondo, 641 progetti di sviluppo in 86 Paesi, per costruire ospedali, scuole, centri di assistenza, per garantire l’accesso ad acqua, cibo, medicinali. (F.S.)

 

 

GUERRIGLIA MAOISTA CONTRO GLI OPERATORI UMANITARI A KALIKOT,

NEL NEPAL OCCIDENTALE. IL PAM ED ALCUNE AGENZIE GOVERNATIVE DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO COSTRETTI A INTERROMPERE

I LORO PROGRAMMI DI AIUTO

 

KALIKOT. = Il programma alimentare mondiale (PAM) e le agenzie governative di cooperazione allo sviluppo di Olanda, Gran Bretagna e Germania hanno annunciato l’interruzione dei programmi di aiuto nel distretto di Kalikot, in Nepal occidentale, dopo che due loro operatori sono stati aggrediti dai ribelli maoisti. In un comunicato congiunto, le strutture internazionali hanno reso noto che domenica guerriglieri maoisti hanno picchiato duramente e derubato un uomo e una donna nepalesi impegnati nei programmi di sviluppo nel villaggio di Sukatiya, 600 chilometri a ovest della capitale Kathmandu. “Ci dispiace moltissimo ma non possiamo esporre il nostro personale a ulteriori rischi”, si legge nella nota. Già in passato, organizzazioni non governative avevano denunciato estorsioni da parte dei maoisti. La sospensione degli aiuti nel distretto di Kalikot avrà ripercussioni su circa 6 mila villaggi della zona che resteranno, fino a nuovo ordine, senza alcun tipo di assistenza. Negli ultimi tre mesi, da quando il sovrano Gyanendra ha licenziato il governo prendendo il controllo dei poteri esecutivi, sono state rafforzate le operazioni militari contro la guerriglia. Il neoministro dell’informazione, Tanka Dhakal, nei giorni scorsi ha reso noto che dalla “svolta politica” del re sono stati uccisi 600 ribelli, mentre negli ultimi sei mesi hanno perso la vita nel conflitto 659 civili. (D.L.)

 

 

“TROPPO VICINA AL 4 GIUGNO”: QUESTA LA GIUSTIFICAZIONE

DATA DAL GOVERNO CINESE PER L’ANNULLAMENTO

DI UNA CONFERENZA INTERNAZIONALE SULLA DEMOCRAZIA ED I DIRITTI UMANI

 

PECHINO. = Con una nota ufficiale, il governo cinese ha annullato una conferenza internazionale sulla democrazia ed i diritti umani perché ritenuta troppo vicina al 4 giugno, anniversario della violenta repressione del movimento studentesco nella piazza Tienanmen, nel 1989. Organizzata dalle facoltà di Scienze politiche e Giurisprudenza dell’Università cinese, in collaborazione con l’Università Fordham di New York, la conferenza avrebbe dovuto aprirsi giovedì 19 maggio nella capitale e continuare nei successivi 3 giorni. I temi della prevista discussione avrebbero compreso le elezioni, i diritti dei lavoratori, i diritti umani, le riforme governative, la democrazia e il costituzionalismo in Cina. Dagli Stati Uniti, Bruce Gilley, autore di diversi libri sulla politica cinese ed organizzatore dell’evento, ha affermato che la conferenza avrebbe messo in luce la grande crescita di interesse delle università cinesi nei confronti della democratizzazione. E’ la seconda volta in 6 mesi che la Cina annulla una conferenza su temi scottanti: nel dicembre 2004 è stato cancellato un forum di discussione sugli standard lavorativi del Paese. (D.L.)

 

“SE SAREMO SOVRANI SULLA NOSTRA TERRA, FORSE POSSIAMO TORNARE AD ESSERE UNA NAZIONE”: IL COMMENTO DI MONS. SIMON NTAMWANA, ARCIVESCOVO DI GITEGA ED EX-PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL BURUNDI, ALL’APERTURA

DELLA CAMPAGNA ELETTORALE PER LE AMMINISTRATIVE IN BURUNDI

 

BUJUMBURA. = Si è aperta nei giorni scorsi, in Burundi, la campagna elettorale per le elezioni amministrative previste per il prossimo 3 giugno. La popolazione torna al voto dopo 12 anni. “Forse ancora inconsapevoli del significato di questo evento, i burundesi vantano un’importante vittoria su se stessi, per aver consolidato la convivenza civile”. Lo dice mons. Simon Ntamwana, arcivescovo di Gitega ed ex-presidente della Conferenza episcopale del Burundi, in Italia per la visita ad limina al Papa.  Questo è il primo dei cinque appuntamenti indispensabili per archiviare il conflitto iniziato nel 1993. Entro il 19 agosto, infatti dovrebbero tenersi le elezioni legislative e presidenziali. Mons. Ntamwana sottolinea, inoltre, come l’esito di queste elezioni darebbe al Paese la possibilità di dialogare non solo con i propri cittadini ma anche con la comunità internazionale. “Chiudendo la lunga fase di transizione politica – afferma il presule - saremo capaci di prendere impegni con la comunità internazionale, che potrebbe sbloccare quel miliardo di dollari promesso due anni fa”. “Una nuova stabilità politica - continua l’arcivescovo - permetterebbe di lottare così contro la povertà, le ingiustizie e l’impunità. Parole di rammarico sono state poi espresse per l’assassinio del nunzio apostolico, mons. Michael Courtney, avvenuto nel dicembre 2003, e per quello dell’ex arcivescovo di Gitega, Joachim Ruhuna, del settembre del 1996. “Lo Stato – dice mons. Ntamwana - deve trovare il coraggio di far luce su questi due fatti”. “Se anche con una relativa stabilità politica – continua il presule - non dovessimo sapere nulla su quanto sia realmente accaduto o su chi abbia commesso il fatto, sarebbe davvero un ulteriore scandalo”. (D.L.)

 

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24 ORE NEL MONDO

19 maggio 2005

- A cura di Amedeo Lomonaco ed Eugenio Bonanata -

 

In Afghanistan il drammatico utimatum che Timur Shah, il presunto rapitore della cooperante italiana Clementina Cantoni, ha posto stamani alle autorità di Roma è scaduto ormai più di sei ore fa. Dopo tre diversi contatti, ha avanzato una serie di richieste minacciando di uccidere l’ostaggio se queste non fossero state accolte. Fra le richieste: la messa al bando dell’alcol, il sostegno alle scuole coraniche e la proibizione della musica dalle tv afgane. Intanto, proseguono le trattative per liberare l’operatrice umanitaria. Il nostro servizio:

 
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Clementina Cantoni è “sana e salva”: è la rassicurazione del ministro degli Esteri di Kabul, che smentisce quanto affermato nei diversi comunicati dai rapitori, secondo i quali sarebbe ferita. Dal Giappone il ministro ha ribadito che la situazione generale per la sicurezza in Afghanistan è sotto controllo e non c’è troppo da temere da guerriglieri antigovernativi e antiamericani. Piuttosto bisogna temere i criminali comuni, che sarebbero dietro il rapimento della donna italiana. Fonti investigative a Kabul si dicono “sufficientemente tranquille” in relazione all’ultimatum lanciato dal presunto rapitore. “Nessuno di questi avvertimenti viene sottovalutato – specificano – ma quello giunto oggi è almeno il quarto, e molto probabilmente non sarà l’ultimo”. “Ovviamente – spiega ancora la fonte – non abbiamo mai preso sotto gamba questi ultimatum”. Queste ore potrebbero essere decisive per la liberazione dell’operatrice umanitaria milanese. “Fare in fretta”: è la parola d’ordine degli 007 italiani che seguono sul campo la vicenda. Gli investigatori afghani, in collaborazione con gli inquirenti italiani, stanno cercando di capire che cosa effettivamente vogliano i rapitori e in quale misura sia possibile trovare un accordo. “I contatti sono continui”, specifica il portavoce del ministero dell’Interno afgano, che si dice ottimista. Una speranza, quella di vedere una soluzione rapida e positiva della vicenda, condivisa anche dalla missione delle Nazioni Unite a Kabul che stamani ha lanciato un appello in questo senso. Intanto, nelle ultime ore si moltiplicano le violenze nel Paese. Dopo l’uccisione ieri a Kabul di una giovanissima conduttrice televisiva, oggi sei volontari afghani, che viaggiavano in un fuoristrada con sopra il simbolo delle Nazioni Unite, sono stati uccisi in un attacco sulla principale arteria autostradale di collegamento con Kabul.

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In Iraq un uomo armato ha ucciso a Baghdad il direttore generale del ministero del Petrolio, Ali Hameed. A Baquba l’esplosione di una bomba collocata sul ciglio di una strada ha provocato la morte di due poliziotti. Un quotidiano iracheno ha rivelato, inoltre, che è stato assassinato “l’unico testimone del genocidio commesso nei pressi di Najaf da esponenti del deposto regime”. L’uomo, Sufar Ali, è stato ucciso mentre era in viaggio verso la capitale. I massacri compiuti a Najaf risalgono ai mesi successivi alla prima Guerra del Golfo, quando il regime di Saddam represse nel sangue la rivolta sciita nel sud del Paese.

 

Vacilla la fragile tregua in vigore da oltre tre mesi tra Israele e le fazioni armate palestinesi, dopo la brusca impennata di violenze avvenute ieri nella Striscia di Gaza. Dopo l’attacco missilistico di ieri, Hamas è tornata a colpire con razzi Qassam il Sud di Israele. Nelle ultime ore sono stati sparati inoltre 30 colpi di mortaio contro obiettivi israeliani in seguito all’assassinio di un membro di Hamas. Per analizzare la situazione, è previsto in Israele un incontro tra ministro della Difesa, Shaul Mofaz, il premier Ariel Sharon e alti ufficiali delle forze armate e dei servizi di sicurezza.

 

Riforma dell’ONU: il segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, ha escluso l’appoggio della Casa Bianca al governo di Berlino per l’assegnazione di un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La proposta di riforma delle Nazioni Unite è stata presentata a New York dal segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, lo scorso 21 marzo. Annan ha ipotizzato due formule: la prima prevede l’ingresso di sei nuovi membri permanenti, la seconda prospetta la variante di una categoria di Stati semi permanenti. Il pacchetto delle riforme dell’ONU presentato da Annan comprende anche la creazione di un Consiglio dei Diritti Umani, il terzo dell’ONU dopo gli organismi Economico e Sociale e della Sicurezza. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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“Ci sono poche ragioni per dare un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU ad un altro membro dell’Unione Europea”. Se questa dichiarazione del segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, riportata ieri dal Washington Post, verrà confermata, l’offensiva lanciata da Berlino per ottenere un posto permanente nel massimo organismo del Palazzo di Vetro si complica. La responsabile della diplomazia degli Stati Uniti avrebbe parlato così davanti alla task force congressuale, guidata dagli ex leader di Camera e Senato, Newt Gingrich e George Mitchell, incaricati di avanzare le proposte del Parlamento americano per la riforma dell’ONU. La Rice ha aggiunto che per molti versi l’Europa ha già una politica estera comune e ciò va tenuto presente nel Consiglio di Sicurezza. Questa posizione, dunque, sembrerebbe favorire piuttosto l’idea di un seggio regionale. Lunedì scorso, Germania, Giappone, India e Brasile hanno iniziato a far circolare una risoluzione per il loro ingresso nel Consiglio come membri permanenti, una cosa che emarginerebbe l’Italia. Washington appoggia Tokyo, ma non si è espressa sugli altri Paesi. Gli USA, come gli altri quattro membri permanenti attuali, hanno potere di veto sulla riforma, perché essa non può passare senza la loro ratifica. Quindi, un’opposizione americana frenerebbe l’offensiva lanciata da Berlino con la nuova risoluzione.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Il cancelliere tedesco, Gerhard Schröder, ed il presidente francese, Jacques Chirac, hanno dichiarato a Nancy che non ci potrà essere una nuova negoziazione del Trattato europeo in caso di vittoria del ‘no’ al referendum del prossimo 29 maggio in Francia.

 

In Cina, 51 minatori risultano dispersi dopo un’esplosione di gas avvenuta in una miniera di carbone. Lo hanno reso noto le autorità governative, precisando che la miniera si trova nella provincia di Hebei, nel Nord del Paese. Le miniere cinesi sono tra le più pericolose del mondo: secondo statistiche ufficiali, lo scorso anno circa seimila persone sono morte per incidenti minerari. Osservatori indipendenti sostengono, invece, che le vittime sono almeno venti mila.

 

In Etiopia, sia l’opposizione sia il partito al governo reclamano la vittoria alle elezioni di domenica scorsa, le prime veramente libere e democratiche nella storia del Paese. I risultati definitivi della consultazione si conosceranno solo il prossimo 8 giugno. L’esecutivo etiopico ha dichiarato di essere riuscito a mantenere la maggioranza in Parlamento. L’opposizione sostiene, invece, la tesi contraria affermando di aver già conquistato 203 seggi dei circa 260 finora scrutinati. L’unico dato condiviso da entrambi gli schieramenti riguarda il successo dell’opposizione ad Addis Abeba. Nella campagna elettorale hanno avuto un ruolo centrale le proposte per lo sviluppo economico e la ricerca di una soluzione alle tensioni etniche. Ma i timori principali riguardano i rapporti tra Etiopia ed Eritrea: gli osservatori internazionali temono, infatti, lo scoppio di una nuova guerra tra i due Paesi dopo il conflitto, durato dal 1998 al 2000, che ha causato più di 70 mila morti.

 

L’Unione africana ha annunciato che il prossimo 25 maggio si terrà ad Addis Abeba un vertice sulla situazione della martoriata regione sudanese del Darfur. All’incontro parteciperanno rappresentanti dell’Unione Africana, dell’ONU, dell’Unione Europea e della NATO. L’Unione Africana chiede di stabilire un budget per finanziare la propria missione in Darfur, passata da 3.000 ad oltre 7.700 uomini. Il conflitto interetnico in corso nel Sudan occidentale ha provocato, dal 2003, la morte di quasi 300 mila persone.

 

 

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