RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n. 138
- Testo della trasmissione di mercoledì 18
maggio 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Messa celebrata da mons.
Stanislao Dziwisz nelle Grotte Vaticane in memoria di Giovanni Paolo II
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Stabilito un contatto
con i rapitori di Clementina Cantoni, la donna italiana rapita in Afghanistan
Annunciata ieri la
ripresa dei negoziati di pace fra il governo di Karthoum e i ribelli del
Darfur.
18 maggio 2005
“GIOVANNI PAOLO II DALL’ALTO CI VEDE ED E’ CON
NOI”:
ALL’UDIENZA
GENERALE, IL PRIMO PENSIERO DI BENEDETTO XVI
E’ PER
IL SUO PREDECESSORE, CHE OGGI AVREBBE COMPIUTO 85 ANNI.
Prima di tutto, il ricordo dell’“amato” Giovanni Paolo II:
in una Piazza San Pietro a lungo sferzata dalla pioggia, Benedetto XVI è
arrivato stamani in papamobile per la consueta udienza generale del mercoledì.
Davanti ad almeno 30 mila persone, il primo pensiero del Pontefice è andato al
suo predecessore, che oggi avrebbe compiuto 85 anni. Il servizio di Alessandro
De Carolis:
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“Vorrei
ricordare che oggi è il compleanno del nostro amato Papa Giovanni Paolo II.
Avrebbe compiuto oggi 85 anni e siamo sicuri che dall’alto ci vede ed è con
noi. In quest’occasione vogliamo dire al Signore un grande grazie per il dono
di questo Papa e vogliamo dire grazie al Papa stesso per tutto quanto ha fatto
e sofferto”.
In piedi, le mani strette sul
microfono e sulle labbra ancora un pensiero imprevisto dal testo ufficiale ma
dettato dall’affetto per chi lo ha preceduto a capo della Chiesa. Benedetto XVI
inizia così l’udienza generale di oggi, nel giorno in cui Giovanni Paolo II
avrebbe ricevuto l’abbraccio della folla per la sua ricorrenza. E
quell’abbraccio arriva ugualmente dai 30 mila che con i loro ombrelli inzuppati
dalla pioggia coprono Piazza San Pietro di un uniforme tappeto colorato.
(canto salmo)
La catechesi del Papa sulla
Liturgia dei Vespri si concentra invece sul Salmo 112: semplice e bello, dice,
un “vero portale d’ingresso a una piccola raccolta” di sei Salmi, tra i quali il
112 spicca per le sue strofe di lode a Dio, che ha liberato il popolo eletto
dalla schiavitù egiziana. Recitandone i versetti appassionati, ha osservato
Bendetto XVI, “è come se un respiro incessante salisse dalla terra al cielo per
esaltare il Signore, Creatore del cosmo e della storia”. Ma è qui la vera
grandezza del Salmo, nell’intuizione del compositore: quella trascendenza
divina, “descritta con immagini verticali”, ben oltre l’orizzonte umano,
restituisce all’uomo non un Dio distante nella sua immensità, ma vicino e
sollecito:
“I suoi occhi non sono altezzosi e distaccati, come quelli di un
freddo imperatore. Il Signore – dice il Salmista – ‘si china a guardare’ (...)
Il Signore si abbassa con premura verso la nostra piccolezza e indigenza che ci
spin-gerebbe a ritrarci timorosi. Egli punta direttamente col suo sguardo
amoroso e col suo impegno efficace verso gli ultimi e i miseri del mondo:
‘Solleva l’indigente dalla polvere, dall’immondizia rialza il povero’. Dio si
china, quindi, sui bisognosi e sofferenti per consolarli”.
Il Salmo mostra questa
predilezione con immagini efficaci: il povero che siede tra i principi oppure,
sottolinea il Papa, “la donna sola e sterile, umiliata dalla antica società
come se fosse un ramo secco e inutile”, alla quale “Dio dà l’onore e la grande
gioia di avere parecchi figli”. In questi versetti, afferma Benedetto XVI, “è
facile intuire (…) la prefigurazione
delle parole di Maria nel Magnificat, il cantico delle scelte di Dio che
‘guarda all’umiltà della sua serva’”.
(canto salmo)
Tra i folti gruppi di fedeli
nella Piazza – con i quali, anche al momento del congedo, il Papa ha ricercato
a lungo il contatto umano, stringendo mani, conversando e benedicendo – erano
presenti, tra gli altri, i buddisti giapponesi del Movimento Risho Kosei-kai,
ai quali Benedetto XVI uno speciale saluto, così come ha impartito una
“speciale benedizione apostolica” al gruppo di pellegrini russi, accompagnati
dall’arcivescovo della “Madre di Dio” a Mosca, Tadeus Kondrusiewicz. Il saluto del
Pontefice ha raggiunto pubblicamente anche i monaci formatori dei Monasteri
Trappisti e la delegazione del Pellegrinaggio militare italiano a Lourdes,
guidata dall’ordinario militare, l’arcivescovo Angelo Bagnasco, mentre, poco
dopo, il Papa ha salutato i genitori di Terri Schiavo, la donna statunitense
lasciata morire di fame e di sete, per ordine dei giudici, il 31 marzo scorso
dopo 15 anni di coma.
Infine, nell’invitare tutti ad
approfondire la preghiera del Rosario, Benedetto XVI ha concluso ricordando la
cerimonia con la quale in Abruzzo autorità italiane e locali hanno intitolato
oggi a Giovanni Paolo II una cima del Massiccio del Gran Sasso, alta 2.424
metri e il percorso che permette di raggiungerla, denominato “Sentiero Papa
Wojtyla”, che parte dalla chiesetta medievale, più volte visitata dal Pontefice
scomparso, di San Pietro della Ienca.
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NUOVA EVANGELIZZAZIONE E FAMIGLIA:
AL CENTRO DEL MESSAGGIO DI BENEDETTO XVI
AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA DEL CELAM, IN PERU’,
NEL 50.MO DALLA FONDAZIONE DEL CONSIGLIO EPISCOPALE LATINOAMERICANO
- A cura di Fausta Speranza -
In occasione del 50esimo
anniversario della fondazione del Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM),
ai partecipanti alla XXX Assemblea plenaria, in corso a Lima in Perù, Benedetto
XVI ha inviato un messaggio di saluto
in cui ricorda che Pio XII aveva voluto istituire il CELAM con “l’obiettivo di
sostenere l’impegno pastorale dei vescovi e dare risposta ad alcuni dei gravi
problemi della Chiesa in America Latina”. E il Papa ricorda l’impegno per la
“nuova evangelizzazione”, rinnovata testimonianza dell’incontro con Cristo
vivo. Guardando al futuro, Benedetto XVI indica quale priorità la pastorale per
la famiglia, in questo momento “assediata da gravi sfide”. Il Papa raccomanda
di porre “un accento particolare” sulla catechesi familiare, sulla promozione
di “una corretta visione del matrimonio e della morale coniugale”. A proposito
della collaborazione tra i vescovi e tra questi e la Santa Sede – sottolinea
poi il Papa – il CELAM “cerca di incrementare lo spirito di comunione, di mutua
carità nella vita interna della Chiesa”.
RINUNCE E NOMINE
Il Santo
Padre ha nominato vescovo di Roraima (Brasile) il sacerdote Roque Paloschi, finora
parroco in Pinheiro Machado nella diocesi di Bagé.
Sempre
in Brasile, il Papa ha nominato vescovo di Sobral mons. Fernando Antônio
Saburido, O.S.B., finora vescovo di titolare di Tacia montana e ausiliare di
Olinda e Recife.
Inoltre, il Santo Padre ha
accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Linz (Austria),
presentata da mons. Maximilian Aichern, O.S.B., in conformità al canone 401 §2
del Codice di Diritto Canonico.
NEL GIORNO IN CUI PAPA GIOVANNI PAOLO II AVREBBE
COMPIUTO 85 ANNI,
CIRCA 200
PERSONE ALLA MESSA CELEBRATA DA MONS. STANISLAO DZIWISZ
NELLE GROTTE VATICANE
“Come figli di un padre buono ci
siamo radunati intorno alla sua tomba”: così mons. Stanislao Dziwisz, che è
stato segretario personale di Giovanni Paolo II, ha sottolineato affetto,
nostalgia, gratitudine nei confronti del Papa scomparso, nell’omelia della
Messa da lui celebrata in questo 18 maggio, nelle prime ore della mattina alle
Grotte vaticane. Hanno partecipato circa duecento persone, tra cui un folto gruppo
di pellegrini russi guidati dall'arcivescovo di Mosca, Tadeusz Kondrusiewicz.
Mons. Dziwisz ha spiegato che ricordi, pensieri, commozioni diventano
“un’offerta di ringraziamento” per il dono della vita di Giovanni Paolo II. E
ha poi ricordato in particolare la “fede ferma e vissuta dal Papa”, la sua
speranza e il suo “sguardo fissato nell’eternità”. Dopo aver ricordato che il
18 maggio di ogni anno, se non di persona almeno con il pensiero e con le
preghiere, siamo tutti andati da Giovanni Paolo II, mons. Dziwisz ha detto:
“Non potevamo mancare oggi”, aggiungendo: “Siamo venuti insieme con Papa Benedetto XVI per il quale tu sei il
‘caro Papa’ … sicuri che continuerai a benedirci”.
CONCERTO STRAORDINARIO STASERA NELLA BASILICA DI
SANTA MARIA MAGGIORE
ALLA
MEMORIA DI GIOVANNI PAOLO II
NEL GIORNO IN CUI AVREBBE COMPIUTO 85 ANNI
- Con noi, mons. Angelo Comastri -
Concerto straordinario alle
21.00 di oggi nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore alla memoria di Papa Giovanni Paolo II nel
giorno in cui avrebbe compiuto 85 anni. Sarà eseguita la Missa Speravi in
Te, Domine, del compositore contemporaneo austriaco Hubert Steppan, scritta
appositamente per il Santo Padre. Il concerto, trasmesso in diretta da
Telepace e in differita nella stessa
sera da Sat2000, sarà preceduto da un intervento di mons. Angelo Comastri,
Vicario generale di Sua Santità per lo Stato della Città del Vaticano e
Presidente onorario della Fondazione Pro Musica e Arte Sacra, promotrice
dell’evento. Lo ascoltiamo nell’intervista di Luca Pellegrini:
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R. – Io credo
che la gente, soprattutto la gente semplice, abbia immediatamente intuito che
dietro il coraggio di Giovanni Paolo II c’era l’uomo di Dio, c’era il santo. E
il santo è una persona che parla, è una persona che affascina. Io ricordo il
cardinale Schuster, parlando ai sacerdoti a Milano, pochi mesi prima della sua
morte, diceva: guardate, oggi la gente diffida di tutti, ma di fronte ad un
santo, anche in quest’epoca di diffidenza, la gente è pronta a mettersi in
ginocchio e noi lo vediamo nel caso di Giovanni Paolo II. La gente
immediatamente ha percepito che Giovanni Paolo II era un uomo di Dio e che
dietro il suo coraggio c’era un rapporto diretto, costante, continuo con il
Signore. E un uomo che si presenta al mondo con questa statura spirituale
indubbiamente parla e affascina. Ecco il perché di queste folle immense che
vengono alla sua tomba. Vengono ad attingere qualcosa dalle sue certezze, che
oggi mancano a tanti.
D. - Infine, Eccellenza,
quali sono secondo lei i frutti ecclesiali che Giovanni Paolo II lascia in
eredità, perché maturino, se non sono maturati, al suo successore Benedetto
XVI?
R. – Io credo
innanzitutto il suo impegno per la pace che Benedetto XVI ha voluto immediatamente
fare suo. Il suo impegno di dialogo, ma un dialogo fatto tra identità forti.
Giovanni Paolo II ci ha fatto capire che per dialogare non bisogna svendere la
verità. Se tu non hai nessuna identità, tu non parli con nessuno perché non c’è
niente da dire. Soltanto se hai un’identità, un’identità vissuta e convinta tu
puoi dialogare. Quindi Giovanni Paolo II ha lasciato come eredità questo
convincimento che per dialogare bisogna che ci sia identità, un’identità
vissuta. Ci vogliono delle convinzioni. Chiaramente, ci ha insegnato che quando
si ha un’identità forte, ci si mette a confronto con gli altri nel rispetto:
nel rispetto della dignità, nel rispetto delle convinzioni che possono essere anche diverse. Dialogare
nel rispetto è l’unico modo per poter convivere. A livello ecclesiale Giovanni
Paolo II ci ha ricordato che il vero problema della Chiesa di sempre è il
problema della fede. La Chiesa deve sempre rinnovarsi nella fede. Non per nulla
i grandi rimproveri che Gesù ha fatto ai primi discepoli, quindi alla prima
Chiesa, sono stati sempre rimproveri sulla fede. Voi siete gente di poca fede.
Voi avete poca fede, voi dubitate perché avete poca fede. Giovanni Paolo II ci
ha ricordato che nelle burrasche di oggi il rimprovero di Gesù è ancora questo
e quindi ci ha stimolato tutti a ritornare ad una fede più matura, ad una fede
più convinta, perché soltanto un popolo che crede e crede con entusiasmo e con
passione può essere in questo mondo il volto di Cristo e l’annuncio di Cristo.
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ALLO STUDIO DELL’AUTORITA’ DELLA CHIESA CATTOLICA
E DELLA
COMUNIONE ANGLICANA
IL DOCUMENTO SU “MARIA: GRAZIA E SPERANZA IN
CRISTO”
PRESENTATO IN QUESTI
GIORNI DALLA COMMISSIONE CATTOLICA–ANGLICANA
- Intervista con mons. Brian Farrell -
Passa allo studio dell’Autorità
della Chiesa cattolica e della Comunione Anglicana il documento elaborato dalla
Commissione internazionale cattolica – anglicana (Arcic) presentato in questi
giorni a Seattle, negli Stati Uniti. Il documento, che si intitola “Maria: grazia e speranza in Cristo” riconosce,
in sostanza, che il culto di Maria, tanto radicato nella tradizione cattolica
come in quella ortodossa, non dovrebbe essere motivo di sostanziali divisioni
teologiche tra le due Chiese, dato che ha il suo fondamento nelle Scritture e
nel cristianesimo delle origini e che quindi può considerarsi parte anche del
patrimonio anglicano. Ma per capire se si tratta di un passo storico e quali novità effettivamente comporta, Giovanni
Peduto ha incontrato mons. Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio
per la promozione dell’unità dei cristiani:
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R. – Specificamente diciamo che
tra noi cattolici e gli anglicani, e in genere anche il mondo protestante,
semplificando si dice sempre che i cattolici sono a favore di Maria e i
protestanti no. In questo documento abbiamo studiato, per diversi anni con
persone molto competenti, la realtà di Maria nella vita della Chiesa e nella
dottrina e abbiamo trovato che sui punti fondamentali siamo veramente molto vicini.
Abbiamo trovato anche su punti che possono essere quelli più difficili una
convergenza sorprendente.
D. – C’è dunque una maggiore
comprensione a livello teologico tra cattolici e anglicani per quanto riguarda
il culto mariano?
R. – C’è e c’è una riscoperta
anche nel mondo anglicano dell’importanza di Maria. Abbiamo trovato, leggendo e rileggendo i testi fondanti della
Comunione Anglicana, un posto privilegiato per Maria. Influenze posteriori
hanno portato, per buona parte, la Comunione Anglicana a distanziarsi di più
dalla tradizionale devozione a Maria. Però, bisogna anche dire che una buona
parte della Comunione Anglicana è sicuramente vicina a noi in questa devozione.
D. – Questo documento ora porta
a una facilitazione nel dialogo ecumenico tra anglicani e cattolici. Più in
generale a che punto è il dialogo ecumenico tra cattolici e anglicani?
R. – Questo documento va ora
presentato alla Chiesa cattolica e alla Comunione Anglicana. Vedremo quale sarà la risposta, perché è un
documento da studiare e da assimilare, non è una dichiarazione formale,
autoritaria della dottrina. Pertanto, ci vuole un po’ di tempo adesso per
vedere se sarà bene accolto o no. Penso che sarà molto interessante vedere la
reazione non solo tra noi e gli anglicani ma anche nel mondo ecumenico in
generale, perché il documento presenta anche punti di metodologia che possono
risultare nuovi e interessanti per il dialogo ecumenico.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la
prima pagina il titolo “Vogliamo dire al Signore un grande grazie per il
dono di questo Papa”: in apertura dell’udienza generale, Benedetto XVI
ricorda il genetliaco di Giovanni Paolo II.
La
Santa Messa celebrata dall’arcivescovo Dziwisz nelle Grotte Vaticane.
Sempre in prima un articolo di Mario Pendinelli dal titolo “Nel ‘Discorso delle
rose’ il tragitto che seguirà nella Sua missione”: un mese fa l’elezione di
Benedetto XVI.
Nelle
vaticane, il messaggio del Papa al presidente del Consiglio episcopale
latinoamericano.
Una
pagina dedicata al cammino della Chiesa in Italia.
Nelle
estere, Iraq: una condanna di soli sei mesi alla soldatessa Sabrina Harman, una
delle “aguzzine” del carcere di Abu Ghraib.
Per
la rubrica dell’“Atlante geopolitico” un articolo di Pierluigi Natalia dal
titolo “Nelle tragedie dell'infanzia le bambine vittime due volte”.
Nella
pagina culturale, un articolo di Mario Spinelli dal titolo “Le eroiche gesta di
un ‘generale senza armi’”: una mostra nella Casa generalizia dei Salvatoriani
ricorda la figura di padre Pancrazio Pfeiffer.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema dell’economia. Appello del capo dello
Stato al comune senso di responsabilità per superare “difficoltà serie con
misure credibili”.
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18
maggio 2005
DOPO LA VICENDA DEL FALSO
SCOOP DEL SETTIMANALE NEWSWEEK SULL’OLTRAGGIO DEL CORANO NELLA BASE USA
DI GUANTANAMO,
TORNA IN PRIMO PIANO IL DIBATTITO SULLE RESPONSABILITA’
DEI MASS MEDIA IN UN MONDO SEMPRE PIU’ GLOBALIZZATO
- Intervista con Vittorio Zucconi -
Non si placano le polemiche
negli Stati Uniti dopo che il settimanale Newsweek ha ritrattato la
notizia sugli atti di spregio del Corano compiuti nella base americana di
Guantanamo. L’articolo ha innescato violente manifestazioni in alcuni Paesi
musulmani, tra cui Afghanistan e Pakistan, provocando almeno una quindicina di
morti e decine di feriti. La marcia indietro di Newsweek è stata seguita
da reazioni indignate da parte dell'amministrazione Bush. La vicenda riporta in
primo piano le responsabilità dei media in un mondo sempre più globalizzato.
Alessandro Gisotti ha raccolto il commento di Vittorio Zucconi, corrispondente
negli Stati Uniti del quotidiano “La Repubblica”, raggiunto telefonicamente a
Washington:
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R. – Sappiamo che tutti possiamo
commettere errori colossali nel nostro mestiere. Possiamo lasciarci prendere
dalla voglia dello scoop, della notizia, e magari scoprire non soltanto che non
è del tutto vera, come è stato nel caso di Newsweek, ma che può
addirittura avere conseguenze globali e, soprattutto, conseguenze mortali.
D. – Come stanno reagendo i
mezzi di comunicazione americani a questa vicenda?
R. – Naturalmente la stampa
filo-Bush, filo-Casa Bianca, ci sta cucinando sopra sdegnate denunce su come
questa stampa progressista racconta una quantità di bugie. Gli altri giornali,
più responsabilmente, dicono che certamente è stato commesso un errore
gravissimo, però bisogna anche osservare che, sia nel carcere di Guantanamo sia
nelle prigioni controllate dagli americani, in Afghanistan o in Iraq, sono
accadute cose orripilanti. C’è proprio il peccato originale di questa guerra:
la bugia. Si è andati a combattere, a invadere sulla base di premesse false.
D. – Quasi a dire che, quando
inizia la guerra, la prima a morire è la verità…
R. –
Naturalmente. Qui, direi che addirittura è premorta. E’ chiaro che si rimbalza,
si fa un ping-pong di accuse reciproche e continue, in cui entrambe le parti,
sia quelli che sostengono la guerra, sia quelli che dicono “è stato un errore”,
tendono - per usare un’espressione un
po’ da osteria – a far riuscire il solitario, cioè a pescare le carte che
vogliono e a non guardare quelle che non servono al gioco.
D. – La reazione violenta in
Afghanistan e Pakistan alla pubblicazione dell’articolo di Newsweek mostra
quanto il mondo islamico abbia i nervi scoperti nei confronti degli Stati
Uniti. Washington proprio non riesce a conquistare i cuori e le menti, come si
diceva una volta?
R. – Questo è secondo me il
punto sul quale riflettere. Il vero punto doloroso è che una cosa del genere è
apparsa perfettamente credibile a migliaia di islamici in Pakistan e in altre
nazioni. Tutto questo è credibile. Perché è credibile? Perché, sì, certamente Newsweek
ha danneggiato l’immagine dell’America, ma l’immagine dell’America agli occhi
di molti arabi è quella che viene da Baghdad.
D. – Dall’inizio dei conflitti
prima in Afghanistan e poi in Iraq, gli Stati Uniti contano oltre 1500 morti e
migliaia sono i feriti. Come sopporta l’opinione pubblica questo stillicidio
continuo?
R. – Lo sopporta con sempre più difficoltà.
E’ vero che non ci sono dimostrazioni per strada al grido di “Riportate i
ragazzi a casa”, però i segnali sono chiarissimi. L’ondata di emozione del
“partiamo, partiamo”, “andiamo a vendicarci, a batterci, a fare giustizia”,
sgorgate dall’11 settembre, si sta molto seccando. Le forze americane hanno
difficoltà a trovare nuove reclute e devono dargli più soldi. Dall’altra,
diminuisce la popolarità di Bush e tutto questo continua a reggere, perché a
differenza del Vietnam questo è un esercito interamente volontario. Quindi,
cinicamente, si può dire che finché muoiono gli altri, finché muoiono i figli
degli altri, si può resistere. Ma gli altri stanno diventando molti.
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“IL CORPO GLORIOSO. IL RISCATTO
DELL’UOMO NELLE TEOLOGIE
E NELLE RAPPRESENTAZIONI DEL
CRISTO RISORTO”: È IL TEMA
DEL II SIMPOSIO INTERNAZIONALE DI
STUDI SULLE ARTI PER IL SACRO,
SVOLTOSI NEI GIORNI SCORSI PRESSO
LA PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE
- Intervista con il cardinale
Paul Poupard e mons. Pasquale Iacobone -
La Risurrezione nell’arte, nel
cinema, nel teatro e nella letteratura: se ne è discusso recentemente a Roma,
presso la Pontificia Università Lateranense, nel corso del II Simposio
internazionale di Studi sulle arti per il sacro, sul tema: “Il Corpo Glorioso.
Il riscatto dell’uomo nelle teologie e nelle rappresentazioni del Cristo
Risorto”. L’iniziativa è stata promossa dal Pontificio Consiglio della Cultura,
in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e il Crucifixus
Festival di Primavera di Brescia. Il servizio di Roberta Moretti:
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“Tocca
a voi, uomini e donne che dedicate all’arte la vostra vita, dire con la
ricchezza della vostra genialità che in Cristo il mondo è redento: è redento
l’uomo, è redento il corpo umano, è redenta l’intera creazione”: parole
intense, quelle di Giovanni Paolo II nella “Lettera agli Artisti” del 1999. Le
riprende, nella sua introduzione al Simposio, il cardinale Paul Poupard,
presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che spiega come la rappresentazione
artistica del Cristo Risorto renda visibile il mistero di Dio, gettando “nuova
luce sulla dignità dell’uomo e sulla sua corporeità”:
“Direi
che tutto quello che l’arte può fare è far sognare, perché noi siamo fatti in
modo tale che non possiamo pensare realmente se non abbiamo un’immagine. Tutti
i grandi capolavori ci fanno toccare ciò che non è toccabile: il Cristo risorto
che è reale, ma che è una realtà spirituale”.
Ma per
conoscere le caratteristiche fondamentali dell’iconografia del Cristo Risorto
nell’arte, ascoltiamo mons. Pasquale Iacobone, docente di Arte Cristiana alla
Pontificia Università Gregoriana:
“Innanzitutto
la luce, per cui il corpo appare un vero sole che emana raggi luminosi, a volte
anche delle fiamme, un’aureola solare. Quindi, c’è questo contrasto fortissimo
tra il corpo trasfigurato, traslucido, e lo sfondo scuro che è quello degli
inferi e della morte. Spesso è il corpo nudo che mostra le ferite, e quindi in
continuità con il corpo di Cristo che ha subito la passione e la morte,
rivestito di una doppia tunica e mantella rossa e bianca, per dire
contemporaneamente la rivelazione della divinità, ma anche - il rosso - di una
umanità trasfigurata dall’amore”.
Un tema
di grande fascino, quello della Risurrezione di Cristo, cui però tutte le arti,
e in particolare il cinema, hanno sempre preferito quello della Passione, di
forte impatto emotivo e documentato più ampiamente nei Vangeli.
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18
maggio 2005
IL GOVERNO
PAKISTANO AIUTI I CRISTIANI DETENUTI IN ARABIA SAUDITA.
È
L’APPELLO RIVOLTO DALL’ARCIVESCOVO DI LHAORE MONS. LAWRENCE SALDANHA,
CHE
CHIEDE L’INTERVENTO DELLE AUTORITÀ PER LA SCARCERAZIONE DI 40 CRISTIANI
LAHORE – RYAD – TEHERAN. = L’arcivescovo di Lahore in
Pakistan, mons. Lawrence Saldanha, ha chiesto alle autorità locali di
intervenire presso il governo saudita per la scarcerazione di 40 cittadini
pakistani cristiani, detenuti a Ryad. L’arresto risale al 23 aprile scorso,
quando a Ryad i 40 cristiani pakistani furono sorpresi mentre celebravano la
Messa in un appartamento. Durante l’irruzione, la polizia ha trovato libri e
materiale audiovisivo di carattere religioso. Mons. Saldanha, rivolgendosi al
governo, definisce l’arresto un “grave episodio di discriminazione religiosa e
violazione dei diritti umani”. Ma a distanza di settimane, le autorità saudite,
in un Paese dove è illegale qualsiasi pratica religiosa diversa dall’islam, non
hanno ancora rilasciato commenti. Stesso atteggiamento da parte del Pakistan
che, nonostante ripetuti appelli anche da parte di numerose organizzazioni
umanitarie, non ha espresso un sola parola di condanna per l’azione di forza.
Intanto, in Iran, un’altra vicenda del genere mette a repentaglio la vita di un
uomo. Hamid Pourmand, pastore della Chiesa protestante convertito dall’islam,
al momento del suo arresto era colonnello dell’esercito iraniano. Il 16
febbraio scorso, è stato accusato di aver tenuto nascosta la sua conversione ai
superiori. La legge islamica vigente nel Paese non permette che un non
musulmano faccia parte dell’esercito con il grado di ufficiale. In piedi
rimangono ancora le accuse di apostasia e proselitismo. In particolare, secondo
i giudici, il pastore è colpevole di aver “fatto parte per diversi anni di una
Chiesa sotterranea attraverso la quale molti hanno tradito l’islam per il
cristianesimo”. L’imputato è in attesa di essere giudicato dal tribunale
islamico della sua città natale nel sud dell’Iran: il rischio per lui è la pena
di morte per impiccagione.
CANCELLARE
COMPLETAMENTE IL DEBITO ESTERO DEL KENYA
E
INCORAGGIARE LE IMPORTAZIONI DAI PAESI IN VIA DI SVILUPPO:
COSI’
I VESCOVI DEL KENYA RIVOLGENDOSI AI GOVERNI DEI PAESI CREDITORI
Nairobi.
= “Il debito diventa una questione etica quando pone seri ostacoli al
pieno rispetto dei diritti umani. Mentre per ripagare il debito si riduce la
gente in povertà, i creditori determinano i destini politici, economici e
sociali del Kenya”. Ad affermarlo sono i 29 vescovi del Paese, in una lettera pastorale
nella quale chiedono la cancellazione del debito estero del Kenya e
dell’Africa. “Alla fine del 2004 – si legge nel documento – il debito estero
dell’Africa sub-sahariana è di 231 milioni di dollari, mentre il prodotto
interno lordo (Pil) di questi Paesi è di circa 350 milioni”. In altre parole,
osserva l’episcopato keniano, le nazioni africane “non possono pagare i debiti
e sostenere lo sviluppo. Molti Paesi devono sborsare più del 20% dei loro
introiti per ripianare le somme dovute o pagare le quote di interesse annuale
di tali debiti”. Nella lettera – dal titolo “Il fardello del debito
internazionale” – i vescovi del Kenya riconoscono che vi sono anche cause
locali nella crescente disparità tra il nord e il sud del pianeta. “Corruzione
da parte dei nostri dirigenti politici e mancanza di un ‘buongoverno’ sono
responsabili della povertà odierna tanto quanto il debito”. Malgrado abbia
ricevuto aiuti per circa 17 milioni di dollari – sottolineano i responsabili
della Chiesa cattolica locale – “il Kenya ha visto un progressivo declino della
sua economia”. Per questo nel documento si chiede “ai governi dei Paesi
creditori di cancellare completamente il debito del Kenya, allentare le misure
restrittive di politica monetaria e incoraggiare le importazioni dai Paesi in
via di sviluppo”. (E. B.)
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
ha espresso preoccupazione
per la situazione politica della Guinea Bissau.
Intanto, 15mila bambini
sono scesi per le strade della capitale chiedendo la
pace
BISSAU.
= I quindici membri del massimo organo decisionale del Palazzo di Vetro hanno
condannando le recenti dichiarazioni di Kumba Yala, ex capo di Stato della
Guinea Bissau, deposto da un golpe incruento del settembre 2003, che nei giorni
scorsi si è auto-dichiarato presidente. Proprio mentre il presidente in carica
del governo di transizione, Henrique de Rosa, creato all’indomani del colpo di
mano 2003, lanciava via radio l’allarme, chiedendo ai militari di “difendere la
costituzione”, poco meno di duecento giovani sostenitori di Kumba Yala sono
scesi in piazza. La manifestazione, illegale secondo le autorità di Bissau, è
stata interrotta dalla polizia, che è intervenuta utilizzando anche gas
lacrimogeni per disperdere la folla. Ma ieri Bissau è stata teatro di un’altra
e più importante marcia: almeno 15.000 bambini sono scesi per le strade della
capitale africana chiedendo la pace. I piccoli guineani sono partiti dai
quartieri poveri della periferia di Bissau e hanno concluso il corteo di fronte
al palazzo presidenziale. Secondo la stampa locale e internazionale, la
manifestazione di questi bambini - accompagnati da insegnanti e genitori - è la
più grande che la storia guineana ricordi. Nel marzo 2004, la comunità
internazionale aveva apprezzato il regolare svolgimento delle elezioni
legislative, viste come un passo importante per il ritorno delle istituzioni
democratiche nel piccolo e instabile Paese dell’Africa Occidentale, uno dei più
poveri del mondo. Nelle ultime settimane però la comunità internazionale non ha
nascosto i propri timori per il ritorno sulla scena politica, alla vigilia
delle elezioni, di personaggi del calibro di Yala e dell’ex dittatore João
Bernardo Vieira, al potere dal 1980 al 1998. L’ex colonia portoghese ha vissuto
nel 1998/99 un feroce conflitto interno, fomentato anche da Senegal e Guinea,
con cui si pose fine alla dittatura proprio di João Bernardo Vieira. (E. B.)
NEL NORD UGANDA CENTINAIA DI SFOLLATI DEL CAMPO PROFUGHI DI MUCWINI SI
RIVOLGONO ALLA PARROCCHIA DI KITGUM PER OTTENERE CIBO. PADRE GERNER,
PARROCO
DELLA MISSIONE CATTOLICA, ESPRIME LA SUA PREOCCUPAZIONE
PER LA
SITUAZIONE DEI CIVILI NEL PAESE
KAMPALA.
= “Abbiamo fame”: è la richiesta che da giorni centinaia di sfollati ripetono ai
responsabili della parrocchia di Kitgum, circa 500 chilometri a nord di
Kampala, dove si rivolgono per ottenere un aiuto alimentare. Secondo quanto
dichiarato all’agenzia MISNA da padre Josef Gerner, parroco della missione
cattolica di Kitgum, “provengono tutti dal campo profughi di Mucwini, una
ventina di chilometri dalla città, dove vivono circa 20 mila persone”. Il
missionario dice di non avere elementi per valutare cosa stia realmente
accadendo “ma di fatto -afferma- registriamo di continuo richieste di
assistenza alimentare. Stando alle testimonianze, sembrerebbe che i militari
dell’esercito ugandese stiano impedendo la distribuzione di cibo normalmente
assicurata dal Programma alimentare mondiale” (PAM/WFP) Nel nord Uganda,
centinaia di migliaia di civili – un milione e mezzo, secondo alcune stime -
vivono nei cosiddetti “campi protetti”, dove l’esercito dovrebbe garantire
protezione dagli attacchi dei ribelli dell’Esercito di resistenza del signore (Lord’s
Resistance Army, LRA), attivo in quella zona da 18 anni. “In questi campi –
specifica padre Gerner – in realtà la popolazione è sottoposta a sofferenze e
privazioni: per paura degli attacchi dei ribelli, di solito, gli sfollati di
Mucwini non lasciano il proprio campo. Se ora vengono a chiedere cibo,
significa che qualcosa sta accadendo”. Nei giorni scorsi anche il
sottosegretario dell’ONU, Jan Egeland, responsabile del settore umanitario,
aveva denunciato davanti al Consiglio di Sicurezza del Palazzo di Vetro la
grave situazione umanitaria dei civili in Nord Uganda. (E. B.)
IL GOVERNO DELLA MAURITANIA, DOPO OLTRE 10 ANNI,
HA LEGALIZZATO
TRE
ORGANIZZAZIONI UMANITARIE,
LA CUI
PRESENZA NEL PAESE ERA SOLO TOLLERATA
NOUAKCHOTT.
= Tre organizzazioni di difesa dei diritti umani sono state legalizzate dal
governo della Mauritania, dopo oltre un decennio in cui la loro esistenza era
semplicemente tollerata. Lo ha detto alla stampa Boubacar Messaoud, presidente
di “Sos-Esclaves”, spiegando che la disposizione riguarda la sua organizzazione
e altri due organismi non governativi, l’Associazione mauritana dei diritti
dell’uomo (AMDH) e il Gruppo di studio e ricerca sulla democrazia e lo sviluppo
economico e sociale (GERDDES). I dirigenti di queste ONG sono stati ricevuti
nel fine settimana dal ministro dell’Interno, che ha annunciato loro la
decisione “attesa da più di dieci anni”. Il direttore degli affari politici del
dicastero dell’Interno, Sidi Yeslem Ould Amar Cheine, ha aggiunto che la misura
diventerà effettiva al più presto e “ne potranno approfittare tutte le ONG che
presenteranno domanda e la cui documentazione sarà giudicata regolare”. I tre
organismi che hanno ottenuto il riconoscimento ufficiale fanno parte del “Forum
nazionale delle organizzazioni per i diritti dell’uomo” (FONADH), composto da 14
enti e mai riconosciuto dalle autorità del Paese, al 99% musulmano.
PRENDERSI CURA DEL PAZIENTE NON
SOLO DAL PUNTO DI VISTA MEDICO,
MA ANCHE SPIRITUALE E
PSICOLOGICO. È IL TEMA CENTRALE DEL CONVEGNO
“IL MONDO DI FRONTE ALLE SFIDE
DELL’UMANIZZAZIONE SANITARIA”
IN PROGRAMMA PRESSO L’OSPEDALE
“BUCCHERI LA FERLA
FATEBENEFRATELLI” DI PALERMO, IL 20 E IL 21 MAGGIO
PALERMO. = La pastorale della
sanità, il rapporto medico - paziente, i fondamenti etici dell’umanizzazione,
la diversità di approccio culturale. Sono questi, fra gli altri, i temi al
centro dell’incontro “Il mondo di fronte alle sfide dell’umanizzazione
sanitaria” che si svolgerà il 20 e il 21 maggio, presso l’ospedale “Buccheri La
Ferla Fatebenefratelli” di Palermo. Al convegno, organizzato da Fra Elia
Tripaldi, direttore amministrativo della struttura ospedaliera, e dal prof.
Salvino Leone, dirigente delle attività formative, medici, cattedratici e
religiosi di tutto il mondo porteranno il loro contributo. In un momento in cui
la medicina è più efficiente ma anche più lontana dai bisogni dell’uomo, i
modelli di assistenza sanitaria devono confrontarsi con nuove tipologie di
utenti, pazienti e di interventi socio-sanitari. Per Fra Elia Tripaldi, “non è
possibile curare bene dal punto di vista medico senza occuparsi di tutta la
persona, della sua sofferenza non solo fisica, ma anche psichica e spirituale”.
Non solo curare, dunque, ma soprattutto prendersi cura ed è per questo che “i
Fatebenefratelli – prosegue il direttore – cercano di dare risposte concrete in
un panorama sanitario che non sempre guarda gli interessi della persona che
soffre”. Infine – dichiara il prof. Leone – “porre l’uomo al centro
dell’attenzione sanitaria, valorizzando anche le differenze di ordine
culturale, sarà uno dei più importanti obiettivi della medicina del futuro”.
(E. B.)
LA
RADIO VATICANA RISPETTA I LIMITI DI EMISSIONE ELETTROMAGNETICA:
LO HA RICONOSCIUTO LA
COMMISSIONE BILATERALE ITALIA-SANTA SEDE,
NELLA RIUNIONE DEL 16
MAGGIO 2005
ROMA. = Impegni rispettati sulla questione
dell’elettrosmog. E’ quanto riconosce, in un comunicato congiunto, la
Commissione bilaterale tra l’Italia e la Santa Sede per la soluzione dei
problemi legati all’intensità delle emissioni elettromagnetiche della stazione
Radio Vaticana di Santa Maria di Galeria, che si è riunita lo scorso 16 maggio,
alla Farnesina, sotto la presidenza del sottosegretario di Stato agli Affari
Esteri, il senatore Roberto Antonione, e del sottosegretario per i Rapporti con
gli Stati, mons. Pietro Parolin. Durante la riunione – cui hanno preso parte
rappresentanti ed esperti dei Ministeri dell’Ambiente, delle Comunicazioni e
della Salute, il Direttore Generale ed esperti dell’APAT, oltre a dirigenti e
tecnici della Radio Vaticana - la Commissione ha esaminato i risultati delle
misurazioni effettuate nei mesi scorsi dagli esperti italiani dell’Agenzia
Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, dell’Agenzia Regionale Protezione
dell’Ambiente del Lazio e del Ministero delle Comunicazioni: è stato rilevato
che, in tutti i siti osservati, i “risultati registrano il mantenimento dei
livelli di emissione in conformità con gli obiettivi di qualità indicati dal
Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’8 luglio 2003”, e
quindi “il perdurante rispetto degli impegni reciprocamente assunti con il
Verbale di Accordo dell’8 giugno 2001”. Le due delegazioni, prosegue il
comunicato, “hanno convenuto di continuare il monitoraggio attraverso una nuova
campagna di prove che avrà luogo indicativamente nei prossimi mesi di
settembre/ottobre, e di attuare ulteriori forme di collaborazione, anche
nell’interesse della popolazione residente nell’area”. La Santa Sede – si legge
ancora nel testo della nota congiunta – “ha confermato il proprio impegno nella
scrupolosa e puntuale attuazione dell’intesa raggiunta con il Verbale d’accordo
dell’8 giugno 2001”. Circa poi “una soluzione definitiva al problema delle
intensità delle onde elettromagnetiche prodotte dagli impianti di Santa Maria
di Galeria, la Commissione – afferma il comunicato - ha preso atto, con
compiacimento, dell’opera di adeguamento e di conversione in corso di alcuni
suoi trasmettitori in onda media e corta alla tecnologia digitale terrestre
DRM”, che, una volta a regime, permetterà alla Radio Vaticana “di diffondere i
propri programmi con potenza di emissione inferiore e con una migliore qualità
di diffusione”.
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18
maggio 2005
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Afghanistan proseguono le
trattative per ottenere la liberazione dell’operatrice umanitaria
dell’organizzazione Care International, l’italiana Clementina Cantoni.
Fonti afghane e italiane confermano che è stato aperto un canale con i
rapitori. Il nostro servizio:
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Clementina Cantoni, la donna
italiana rapita in Afghanistan, è viva e sta bene. Il ministro dell’Interno di
Kabul ha reso noto che la polizia afghana ha stabilito un contatto permanente
con i sequestratori. Il ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini, ha
confermato che è stato aperto un canale precisando che i
rapitori hanno anche fatto ascoltare la voce della giovane milanese,
registrata su un nastro, durante una telefonata con un agente italiano dell’intelligence.
Il rapimento ha scosso in particolare la comunità
degli oltre 2000 stranieri di Kabul. Ma gli investigatori non sospettano i
talebani o i militanti di al Qaeda. Le indagini escludono, infatti, le matrici politica o
terroristica e sembrano privilegiare l’ipotesi di un sequestro
organizzato dalla criminalità comune per richiedere un riscatto. In queste
delicate ore, segnate dalla speranza e dall’angoscia, gli Stati Uniti hanno
ribadito di appoggiare Italia e Afghanistan nelle iniziative finalizzate ad
ottenere la liberazione della donna. A Kabul centinaia di vedove afghane hanno
manifestato per chiedere il rilascio della volontaria italiana. “Per oltre due
anni – ha detto il direttore di Care International in Afghanistan – Clementina
ha dedicato i propri sforzi alle vedove di Kabul”.
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In Iraq, le
forze della sicurezza irachena continuano ad essere colpite dalla guerriglia:
un alto ufficiale della polizia è stato assassinato a Baghdad. Nei pressi di
Baiji, città a nord di Baghdad, un attacco kamikaze ha provocato la morte di due
agenti. A Baquba, 18 persone sono rimaste ferite per l’esplosione di
un’autobomba che aveva come obiettivo un convoglio della polizia. Negli Stati
Uniti, intanto, ha ricevuto una condanna a sei mesi di reclusione Sabrina
Barman, la soldatessa americana coinvolta nello scandalo delle torture avvenute
nel famigerato carcere di Abu Ghraib.
Il piano di ritiro da Gaza e l’attuazione della ‘road map’ per un
accordo di pace tra israeliani e palestinesi: saranno questi i temi al centro
dell’incontro tra il capo della Casa Bianca, George Bush, ed il presidente
palestinese, Abu Mazen, il prossimo 26 maggio, negli Stati Uniti. Nei Territori
palestinesi, intanto, un militante del movimento radicale ‘Hamas’ è stato
ucciso in nottata in uno scontro a fuoco nel sud della Striscia di Gaza. A
Rafah è stato annunciato, inoltre, un nuovo appuntamento elettorale: per presunte
irregolarità nelle elezioni municipali dello scorso 5 maggio, il voto dovrà
essere ripetuto in tre seggi.
Tutela dei diritti umani e
cooperazione con le altre organizzazioni europee. Questi i punti principali del
vertice del Consiglio d’Europa, conclusosi ieri a Varsavia. Al termine dei
lavori, è stata firmata una dichiarazione in cui si condanna il terrorismo e si
esorta a combattere corruzione, traffico degli esseri umani e criminalità
organizzata. Sui valori affermati nel documento ascoltiamo, al microfono di
Francesca Sabatinelli, il corrispondente dell’ANSA dalla capitale polacca,
Tadeusz Konopka:
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R. – Il
Consiglio d’Europa ma anche le altre organizzazioni europee, escono da questo
Vertice più forti e determinati nel lavorare insieme e nel coordinare
l’attività comune a favore della democrazia e del maggior rispetto dei diritti
umani. Il Consiglio d’Europa, che esiste dal 1949, ha sicuramente una maggiore
esperienza rispetto ad altre organizzazioni, come l’Unione Europea e l’OSCE,
nella tutela dei diritti umani.
D. – Il Vertice di Varsavia si è chiuso con una dichiarazione dei
partecipanti…
R. – In questa dichiarazione si rende omaggio a
tutti coloro che nel passato hanno lottato affinché venissero combattute le
cortine che dividevano il vecchio Continente. Nel testo si ricordano il 60.mo anniversario della fine
della guerra, il 25.mo di fondazione del Sindacato polacco ‘Solidarnosh’ e
l’abbattimento, 15 anni fa, del muro di Berlino. Si ringraziano, inoltre, tutti
coloro che hanno lottato perché l’Europa fosse libera e unita.
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“In Italia
è in atto una ripresa modesta dall’inizio del 2004 che è destinata a rimanere
più lenta di quella degli altri Paesi dell’Unione Europea”. E’ la previsione contenuta nel rapporto
dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE)
sull’Italia. Secondo l’OCSE, la devolution rende difficile il controllo delle
uscite e il blocco delle assunzioni si è dimostrato poco efficace. Nel testo si precisa poi che l’Italia,
per conseguire gli obiettivi di bilancio 2005, potrebbe aver bisogno di
“ulteriori provvedimenti di tipo strutturale perché il debito si colloca ancora
oltre il 100 per cento del PIL”. L’OCSE, alla quale aderiscono 30 Paesi industrializzati, è
stata istituita con la Convenzione di Parigi entrata in vigore nel 1961.
Davanti alla
Corte regionale di Vladikavkaz, capoluogo dell’Ossezia del nord, è iniziato
ieri il processo al terrorista ceceno Nur-Pasha Kulayev, unico superstite del
commando che il primo settembre 2004 ha assaltato una scuola di Beslan. Durante
i drammatici giorni del sequestro, sono morte 317 persone, fra le quali 186
bambini. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
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Tensione,
rabbia, dolore. Tanti i parenti delle vittime presenti in aula, troppi per
essere contenuti nella stanza delle udienze. Le donne tenevano in mano il
ritratto del loro piccolo, morto nell’assalto. Il 24.enne ceceno, Nur-Pashi Kulayev, non ha quasi
mai alzato lo sguardo e ha parlato sottovoce per monosillabi dalla sua gabbia,
guardato a vista da un nutrito numero di agenti. All’esterno dell’edificio le
misure di sicurezza sono state imponenti. Sono in molti quelli che vorrebbero
farsi giustizia da soli. Il Comitato delle madri di Beslan si attende che nel
corso del processo venga fatta luce su molti misteri che circondano questa
tragedia. La Commissione parlamentare sta per completare la sua inchiesta. In
Cecenia, intanto, le truppe federali hanno ucciso il ‘numero tre’ della
guerriglia cecena, Alash Daudov, direttamente dipendente da Chamil
Basaiev.
Secondo gli inquirenti, Daudov avrebbe partecipato a tutti i più sanguinosi
attentati degli ultimi anni.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe
D’Amato.
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Crisi in Uzbekistan: un
gruppo di diplomatici e giornalisti stranieri è giunto oggi ad Andijan, teatro
dei disordini dei giorni scorsi. Ad invitare i rappresentanti internazionali il
governo del presidente Karimov che punta a dimostrare come in città non ci sia
stata repressione poliziesca, come invece affermato dall’opposizione. Negli
scontri, sarebbero morte secondo le autorità 169 persone, mentre fonti
indipendenti parlano di oltre 750 vittime.
In Russia è ripresa al
Tribunale di Mosca, per il terzo giorno consecutivo, la lettura della sentenza
contro il petroliere russo Mikhail Khodorkovsky, ex numero uno della Yukos e il
suo ex vice Platon Lebedev. La seduta odierna è durata tre ore. I due imputati
rischiano fino a 10 anni di carcere per frode ed evasione fiscale.
Saranno aggiornati a domani i colloqui
tra le due Coree sulla crisi innescata dalle aspirazioni nucleari di Pyongyang.
Le trattative, a livello ministeriale, sono in corso da lunedì nella città
nordcoreana di Kaesong, ma non hanno ancora portato ad una soluzione concreta.
I negoziati a sei, tra le due Coree, Stati Uniti, Cina, Giappone e Russia,
giunti la scorsa estate al terzo round di colloqui a Pechino, sono tuttora bloccati.
Siamo contrari allo schieramento in Darfur di truppe “straniere”, cioè
non del Continente africano. Lo hanno dichiarato ieri in Libia i rappresentanti
di Egitto, Ciad, Sudan, Gabon, Eritrea al termine del vertice di Tripoli
dedicato, in particolare, alla situazione della martoriata regione sudanese del
Darfur. Su questo incontro, Giulio Albanese:
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Due le notizie principali:
l’annuncio della ripresa dei negoziati di pace fra Karthoum e i ribelli del
Darfur, a fine maggio, e la riconciliazione tra Eritrea e Sudan, che erano
stati sull’orlo di un conflitto. I negoziati fra il governo di Karthoum e i
ribelli del Darfur, sospesi alla fine di dicembre, dovranno riprendere al più
tardi alla fine di maggio, secondo un comunicato ufficiale diramato al termine
del vertice. Ma non è tutto qui. I leader
africani che hanno preso parte al vertice hanno anche respinto qualunque
intervento straniero nel Darfur, chiedendo invece agli Stati africani di
mettere a disposizione della missione africana nel Darfur tutti gli uomini che
occorrono. I partecipanti al Summit hanno anche auspicato che i precedenti
accordi di cessate-il-fuoco e sul rispetto dei diritti umani siano rispettati
dalle parti in conflitto, esortandoli a cooperare con l’Unione Africana e la
Missione Africana nel Darfur. Il ministro degli Esteri sudanese ha detto che il
vertice ha stabilito una sorta di road-map sul modo di portare avanti le
discussioni. I negoziati aperti in ottobre ad Abuja, in Nigeria, si erano
infatti arenati su problemi politici, prevalentemente legati alla spartizione
del potere e delle ricchezze.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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Il Consiglio atlantico della
Nato ha preso oggi una prima decisione politica di fornire appoggio logistico
alla missione di pace dell'Unione africana (Ua) in Darfur, regione del Sudan
occidentale in preda ad una gravissima crisi umanitaria. E’ quanto si apprende al quartier generale
della NATO a Bruxelles, dove gli ambasciatori rappresentanti permanenti dei 26
Paesi dell'Alleanza hanno deciso di incaricare le autorità militari di condurre
alcuni passi preparatori. Bisognerà studiare le possibili misure di assistenza
alla missione dell'Unione africana nella regione del Sudan colpita da guerra
civile e catastrofi umanitarie. Si tratta quindi di un primo passo,
politicamente però rilevante. L’orientamento della NATO ad appoggiare la
missione era emerso fin dal mese scorso, quando c’era stata la richiesta di
aiuto da parte dell’UA e soprattutto ieri, dopo le dichiarazioni rese dal
segretario generale della NATO, Jaap de Hoop Scheffer, a conclusione
dell’incontro con il presidente della commissione dell’UA, Alpha Omar Konaré,
in visita a Bruxelles.
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