RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 138 - Testo della trasmissione di mercoledì 18  maggio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“Giovanni Paolo II dall’alto ci vede ed è con noi”: all’udienza generale, il primo pensiero di Benedetto XVI è per il suo predecessore, che oggi avrebbe compiuto 85 anni

 

Nuova evangelizzazione e famiglia al centro del messaggio di Benedetto XVI ai partecipanti all’Assemblea del CELAM, in Perú, nel 50.mo dalla fondazione del Consiglio episcopale latinoamericano

 

Messa celebrata da mons. Stanislao Dziwisz nelle Grotte Vaticane in memoria di Giovanni Paolo II

 

Concerto straordinario stasera nella Basilica di Santa Maria Maggiore nell’85° anniversario della nascita di Papa Wojtyla: con noi, mons. Angelo Comastri

 

L’ecumenismo ora passa anche attraverso la Vergine Maria. Convergenze sorprendenti tra anglicani e cattolici sulla devozione mariana nel documento congiunto presentato in questi giorni dalla Commissione cattolica–anglicana: ai nostri microfoni, mons. Brian Farrell.

 

IN PRIMO PIANO:

La vicenda del falso scoop del settimanale Newsweek sull’oltraggio del Corano nella base USA di Guantanamo: intervista con Vittorio Zucconi

 

“Il Corpo glorioso. Il riscatto dell’uomo nelle teologie e nelle rappresentazioni del Cristo risorto”: è stato il tema del II Simposio internazionale di studi sulle arti per il sacro: con noi il cardinale Paul Poupard e mons. Pasquale Iacobone.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il vescovo di Lahore chiede all’Arabia Saudita di liberare 40 emigrati cristiani del Pakistan, arrestati perché partecipavano ad una Messa a Ryad

Cancellare completamente il debito estero del Kenya e incoraggiare le importazioni dai Paesi in via di sviluppo. Così i vescovi del Kenya, rivolgendosi ai governi dei Paesi creditori

 

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha espresso preoccupazione per la situazione politica della Guinea Bissau

 

Nel nord Uganda, centinaia di sfollati del campo profughi di Mucwini si rivolgono alla parrocchia di Kitgum per ottenere cibo

 

Il governo della Mauritania dopo oltre 10 anni ha legalizzato tre organizzazioni umanitarie la cui presenza nel Paese era solo tollerata

 

In programma presso l’ospedale “Buccheri la Ferla Fatebenefratelli” di Palermo, il 20 e il 21 maggio, il Convegno “Il mondo di fronte alle sfide dell’umanizzazione sanitaria”

 

La Radio Vaticana rispetta i limiti di emissione elettromagnetica: lo ha riconosciuto la commissione bilaterale Italia-Santa Sede.

 

24 ORE NEL MONDO:

Stabilito un contatto con i rapitori di Clementina Cantoni, la donna italiana rapita in Afghanistan

 

Annunciata ieri la ripresa dei negoziati di pace fra il governo di Karthoum e i ribelli del Darfur.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

18 maggio 2005

 

“GIOVANNI PAOLO II DALL’ALTO CI VEDE ED E’ CON NOI”:

ALL’UDIENZA GENERALE, IL PRIMO PENSIERO DI BENEDETTO XVI

E’ PER IL SUO PREDECESSORE, CHE OGGI AVREBBE COMPIUTO 85 ANNI.

 

Prima di tutto, il ricordo dell’“amato” Giovanni Paolo II: in una Piazza San Pietro a lungo sferzata dalla pioggia, Benedetto XVI è arrivato stamani in papamobile per la consueta udienza generale del mercoledì. Davanti ad almeno 30 mila persone, il primo pensiero del Pontefice è andato al suo predecessore, che oggi avrebbe compiuto 85 anni. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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“Vorrei ricordare che oggi è il compleanno del nostro amato Papa Giovanni Paolo II. Avrebbe compiuto oggi 85 anni e siamo sicuri che dall’alto ci vede ed è con noi. In quest’occasione vogliamo dire al Signore un grande grazie per il dono di questo Papa e vogliamo dire grazie al Papa stesso per tutto quanto ha fatto e sofferto”.

 

In piedi, le mani strette sul microfono e sulle labbra ancora un pensiero imprevisto dal testo ufficiale ma dettato dall’affetto per chi lo ha preceduto a capo della Chiesa. Benedetto XVI inizia così l’udienza generale di oggi, nel giorno in cui Giovanni Paolo II avrebbe ricevuto l’abbraccio della folla per la sua ricorrenza. E quell’abbraccio arriva ugualmente dai 30 mila che con i loro ombrelli inzuppati dalla pioggia coprono Piazza San Pietro di un uniforme tappeto colorato.

 

(canto salmo)

 

La catechesi del Papa sulla Liturgia dei Vespri si concentra invece sul Salmo 112: semplice e bello, dice, un “vero portale d’ingresso a una piccola raccolta” di sei Salmi, tra i quali il 112 spicca per le sue strofe di lode a Dio, che ha liberato il popolo eletto dalla schiavitù egiziana. Recitandone i versetti appassionati, ha osservato Bendetto XVI, “è come se un respiro incessante salisse dalla terra al cielo per esaltare il Signore, Creatore del cosmo e della storia”. Ma è qui la vera grandezza del Salmo, nell’intuizione del compositore: quella trascendenza divina, “descritta con immagini verticali”, ben oltre l’orizzonte umano, restituisce all’uomo non un Dio distante nella sua immensità, ma vicino e sollecito:

 

“I suoi occhi non sono altezzosi e distaccati, come quelli di un freddo imperatore. Il Signore – dice il Salmista – ‘si china a guardare’ (...) Il Signore si abbassa con premura verso la nostra piccolezza e indigenza che ci spin-gerebbe a ritrarci timorosi. Egli punta direttamente col suo sguardo amoroso e col suo impegno efficace verso gli ultimi e i miseri del mondo: ‘Solleva l’indigente dalla polvere, dall’immondizia rialza il povero’. Dio si china, quindi, sui bisognosi e sofferenti per consolarli”.

 

Il Salmo mostra questa predilezione con immagini efficaci: il povero che siede tra i principi oppure, sottolinea il Papa, “la donna sola e sterile, umiliata dalla antica società come se fosse un ramo secco e inutile”, alla quale “Dio dà l’onore e la grande gioia di avere parecchi figli”. In questi versetti, afferma Benedetto XVI, “è facile intuire  (…) la prefigurazione delle parole di Maria nel Magnificat, il cantico delle scelte di Dio che ‘guarda all’umiltà della sua serva’”.

 

(canto salmo)

 

Tra i folti gruppi di fedeli nella Piazza – con i quali, anche al momento del congedo, il Papa ha ricercato a lungo il contatto umano, stringendo mani, conversando e benedicendo – erano presenti, tra gli altri, i buddisti giapponesi del Movimento Risho Kosei-kai, ai quali Benedetto XVI uno speciale saluto, così come ha impartito una “speciale benedizione apostolica” al gruppo di pellegrini russi, accompagnati dall’arcivescovo della “Madre di Dio” a Mosca, Tadeus Kondrusiewicz. Il saluto del Pontefice ha raggiunto pubblicamente anche i monaci formatori dei Monasteri Trappisti e la delegazione del Pellegrinaggio militare italiano a Lourdes, guidata dall’ordinario militare, l’arcivescovo Angelo Bagnasco, mentre, poco dopo, il Papa ha salutato i genitori di Terri Schiavo, la donna statunitense lasciata morire di fame e di sete, per ordine dei giudici, il 31 marzo scorso dopo 15 anni di coma.

 

Infine, nell’invitare tutti ad approfondire la preghiera del Rosario, Benedetto XVI ha concluso ricordando la cerimonia con la quale in Abruzzo autorità italiane e locali hanno intitolato oggi a Giovanni Paolo II una cima del Massiccio del Gran Sasso, alta 2.424 metri e il percorso che permette di raggiungerla, denominato “Sentiero Papa Wojtyla”, che parte dalla chiesetta medievale, più volte visitata dal Pontefice scomparso, di San Pietro della Ienca.

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NUOVA EVANGELIZZAZIONE E FAMIGLIA:

AL CENTRO DEL MESSAGGIO DI BENEDETTO XVI

AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA DEL CELAM, IN PERU’,

NEL 50.MO DALLA FONDAZIONE DEL CONSIGLIO EPISCOPALE LATINOAMERICANO

- A cura di Fausta Speranza -

 

In occasione del 50esimo anniversario della fondazione del Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM), ai partecipanti alla XXX Assemblea plenaria, in corso a Lima in Perù, Benedetto XVI  ha inviato un messaggio di saluto in cui ricorda che Pio XII aveva voluto istituire il CELAM con “l’obiettivo di sostenere l’impegno pastorale dei vescovi e dare risposta ad alcuni dei gravi problemi della Chiesa in America Latina”. E il Papa ricorda l’impegno per la “nuova evangelizzazione”, rinnovata testimonianza dell’incontro con Cristo vivo. Guardando al futuro, Benedetto XVI indica quale priorità la pastorale per la famiglia, in questo momento “assediata da gravi sfide”. Il Papa raccomanda di porre “un accento particolare” sulla catechesi familiare, sulla promozione di “una corretta visione del matrimonio e della morale coniugale”. A proposito della collaborazione tra i vescovi e tra questi e la Santa Sede – sottolinea poi il Papa – il CELAM “cerca di incrementare lo spirito di comunione, di mutua carità nella vita interna della Chiesa”.

 

 

RINUNCE E NOMINE

 

         Il Santo Padre ha nominato vescovo di Roraima (Brasile) il sacerdote Roque Paloschi, finora parroco in Pinheiro Machado nella diocesi di Bagé.

 

         Sempre in Brasile, il Papa ha nominato vescovo di Sobral mons. Fernando Antônio Saburido, O.S.B., finora vescovo di titolare di Tacia montana e ausiliare di Olinda e Recife.

 

Inoltre, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Linz (Austria), presentata da mons. Maximilian Aichern, O.S.B., in conformità al canone 401 §2 del Codice di Diritto Canonico.

 

 

NEL GIORNO IN CUI PAPA GIOVANNI PAOLO II AVREBBE COMPIUTO 85 ANNI,

 CIRCA 200 PERSONE ALLA MESSA CELEBRATA DA MONS. STANISLAO DZIWISZ

NELLE GROTTE VATICANE

 

“Come figli di un padre buono ci siamo radunati intorno alla sua tomba”: così mons. Stanislao Dziwisz, che è stato segretario personale di Giovanni Paolo II, ha sottolineato affetto, nostalgia, gratitudine nei confronti del Papa scomparso, nell’omelia della Messa da lui celebrata in questo 18 maggio, nelle prime ore della mattina alle Grotte vaticane. Hanno partecipato circa duecento persone, tra cui un folto gruppo di pellegrini russi guidati dall'arcivescovo di Mosca, Tadeusz Kondrusiewicz. Mons. Dziwisz ha spiegato che ricordi, pensieri, commozioni diventano “un’offerta di ringraziamento” per il dono della vita di Giovanni Paolo II. E ha poi ricordato in particolare la “fede ferma e vissuta dal Papa”, la sua speranza e il suo “sguardo fissato nell’eternità”. Dopo aver ricordato che il 18 maggio di ogni anno, se non di persona almeno con il pensiero e con le preghiere, siamo tutti andati da Giovanni Paolo II, mons. Dziwisz ha detto: “Non potevamo mancare oggi”, aggiungendo: “Siamo venuti insieme con  Papa Benedetto XVI per il quale tu sei il ‘caro Papa’ … sicuri che continuerai a benedirci”.

 

 

CONCERTO STRAORDINARIO STASERA NELLA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE

 ALLA MEMORIA DI GIOVANNI PAOLO II

NEL GIORNO IN CUI AVREBBE COMPIUTO 85 ANNI

- Con noi, mons. Angelo Comastri -

 

Concerto straordinario alle 21.00 di oggi nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore  alla memoria di Papa Giovanni Paolo II nel giorno in cui avrebbe compiuto 85 anni. Sarà eseguita la Missa Speravi in Te, Domine, del compositore contemporaneo austriaco Hubert Steppan, scritta appositamente per il Santo Padre. Il concerto, trasmesso in diretta da Telepace  e in differita nella stessa sera da Sat2000, sarà preceduto da un intervento di mons. Angelo Comastri, Vicario generale di Sua Santità per lo Stato della Città del Vaticano e Presidente onorario della Fondazione Pro Musica e Arte Sacra, promotrice dell’evento. Lo ascoltiamo nell’intervista di Luca Pellegrini:

 

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R. – Io credo che la gente, soprattutto la gente semplice, abbia immediatamente intuito che dietro il coraggio di Giovanni Paolo II c’era l’uomo di Dio, c’era il santo. E il santo è una persona che parla, è una persona che affascina. Io ricordo il cardinale Schuster, parlando ai sacerdoti a Milano, pochi mesi prima della sua morte, diceva: guardate, oggi la gente diffida di tutti, ma di fronte ad un santo, anche in quest’epoca di diffidenza, la gente è pronta a mettersi in ginocchio e noi lo vediamo nel caso di Giovanni Paolo II. La gente immediatamente ha percepito che Giovanni Paolo II era un uomo di Dio e che dietro il suo coraggio c’era un rapporto diretto, costante, continuo con il Signore. E un uomo che si presenta al mondo con questa statura spirituale indubbiamente parla e affascina. Ecco il perché di queste folle immense che vengono alla sua tomba. Vengono ad attingere qualcosa dalle sue certezze, che oggi mancano a tanti.

 

D. - Infine, Eccellenza, quali sono secondo lei i frutti ecclesiali che Giovanni Paolo II lascia in eredità, perché maturino, se non sono maturati, al suo successore Benedetto XVI?

 

R. – Io credo innanzitutto il suo impegno per la pace che Benedetto XVI ha voluto immediatamente fare suo. Il suo impegno di dialogo, ma un dialogo fatto tra identità forti. Giovanni Paolo II ci ha fatto capire che per dialogare non bisogna svendere la verità. Se tu non hai nessuna identità, tu non parli con nessuno perché non c’è niente da dire. Soltanto se hai un’identità, un’identità vissuta e convinta tu puoi dialogare. Quindi Giovanni Paolo II ha lasciato come eredità questo convincimento che per dialogare bisogna che ci sia identità, un’identità vissuta. Ci vogliono delle convinzioni. Chiaramente, ci ha insegnato che quando si ha un’identità forte, ci si mette a confronto con gli altri nel rispetto: nel rispetto della dignità, nel rispetto delle convinzioni   che possono essere anche diverse. Dialogare nel rispetto è l’unico modo per poter convivere. A livello ecclesiale Giovanni Paolo II ci ha ricordato che il vero problema della Chiesa di sempre è il problema della fede. La Chiesa deve sempre rinnovarsi nella fede. Non per nulla i grandi rimproveri che Gesù ha fatto ai primi discepoli, quindi alla prima Chiesa, sono stati sempre rimproveri sulla fede. Voi siete gente di poca fede. Voi avete poca fede, voi dubitate perché avete poca fede. Giovanni Paolo II ci ha ricordato che nelle burrasche di oggi il rimprovero di Gesù è ancora questo e quindi ci ha stimolato tutti a ritornare ad una fede più matura, ad una fede più convinta, perché soltanto un popolo che crede e crede con entusiasmo e con passione può essere in questo mondo il volto di Cristo e l’annuncio di Cristo.

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ALLO STUDIO DELL’AUTORITA’ DELLA CHIESA CATTOLICA

 E DELLA COMUNIONE ANGLICANA

IL DOCUMENTO SU “MARIA: GRAZIA E SPERANZA IN CRISTO”

PRESENTATO IN QUESTI GIORNI DALLA COMMISSIONE CATTOLICA–ANGLICANA

- Intervista con mons. Brian Farrell -

 

Passa allo studio dell’Autorità della Chiesa cattolica e della Comunione Anglicana il documento elaborato dalla Commissione internazionale cattolica – anglicana (Arcic) presentato in questi giorni a Seattle, negli Stati Uniti. Il documento, che si intitola “Maria: grazia e speranza in Cristo” riconosce, in sostanza, che il culto di Maria, tanto radicato nella tradizione cattolica come in quella ortodossa, non dovrebbe essere motivo di sostanziali divisioni teologiche tra le due Chiese, dato che ha il suo fondamento nelle Scritture e nel cristianesimo delle origini e che quindi può considerarsi parte anche del patrimonio anglicano. Ma per capire se si tratta di  un passo storico e quali novità effettivamente comporta, Giovanni Peduto ha incontrato mons. Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani:

 

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R. – Specificamente diciamo che tra noi cattolici e gli anglicani, e in genere anche il mondo protestante, semplificando si dice sempre che i cattolici sono a favore di Maria e i protestanti no. In questo documento abbiamo studiato, per diversi anni con persone molto competenti, la realtà di Maria nella vita della Chiesa e nella dottrina e abbiamo trovato che sui punti fondamentali siamo veramente molto vicini. Abbiamo trovato anche su punti che possono essere quelli più difficili una convergenza sorprendente.

 

D. – C’è dunque una maggiore comprensione a livello teologico tra cattolici e anglicani per quanto riguarda il culto mariano?

 

R. – C’è e c’è una riscoperta anche nel mondo anglicano dell’importanza di Maria. Abbiamo trovato,  leggendo e rileggendo i testi fondanti della Comunione Anglicana, un posto privilegiato per Maria. Influenze posteriori hanno portato, per buona parte, la Comunione Anglicana a distanziarsi di più dalla tradizionale devozione a Maria. Però, bisogna anche dire che una buona parte della Comunione Anglicana è sicuramente vicina a noi in questa devozione.

 

D. – Questo documento ora porta a una facilitazione nel dialogo ecumenico tra anglicani e cattolici. Più in generale a che punto è il dialogo ecumenico tra cattolici e anglicani?

 

R. – Questo documento va ora presentato alla Chiesa cattolica e alla Comunione Anglicana.  Vedremo quale sarà la risposta, perché è un documento da studiare e da assimilare, non è una dichiarazione formale, autoritaria della dottrina. Pertanto, ci vuole un po’ di tempo adesso per vedere se sarà bene accolto o no. Penso che sarà molto interessante vedere la reazione non solo tra noi e gli anglicani ma anche nel mondo ecumenico in generale, perché il documento presenta anche punti di metodologia che possono risultare nuovi e interessanti per il dialogo ecumenico.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo “Vogliamo dire al Signore un grande grazie per il dono di questo Papa”: in apertura dell’udienza generale, Benedetto XVI ricorda il genetliaco di Giovanni Paolo II. 

La Santa Messa celebrata dall’arcivescovo Dziwisz nelle Grotte Vaticane. 
Sempre in prima un articolo di Mario Pendinelli dal titolo “Nel ‘Discorso delle rose’ il tragitto che seguirà nella Sua missione”: un mese fa l’elezione di Benedetto XVI.  

 

Nelle vaticane, il messaggio del Papa al presidente del Consiglio episcopale latinoamericano.  

Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Italia.

 

Nelle estere, Iraq: una condanna di soli sei mesi alla soldatessa Sabrina Harman, una delle “aguzzine” del carcere di Abu Ghraib.

Per la rubrica dell’“Atlante geopolitico” un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo “Nelle tragedie dell'infanzia le bambine vittime due volte”.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Mario Spinelli dal titolo “Le eroiche gesta di un ‘generale senza armi’”: una mostra nella Casa generalizia dei Salvatoriani ricorda la figura di padre Pancrazio Pfeiffer. 

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema dell’economia. Appello del capo dello Stato al comune senso di responsabilità per superare “difficoltà serie con misure credibili”.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

18 maggio 2005

 

DOPO LA VICENDA DEL FALSO SCOOP DEL SETTIMANALE NEWSWEEK SULL’OLTRAGGIO DEL CORANO NELLA BASE USA DI GUANTANAMO,

TORNA IN PRIMO PIANO IL DIBATTITO SULLE RESPONSABILITA’ DEI MASS MEDIA IN UN MONDO SEMPRE PIU’ GLOBALIZZATO

- Intervista con Vittorio Zucconi -

 

Non si placano le polemiche negli Stati Uniti dopo che il settimanale Newsweek ha ritrattato la notizia sugli atti di spregio del Corano compiuti nella base americana di Guantanamo. L’articolo ha innescato violente manifestazioni in alcuni Paesi musulmani, tra cui Afghanistan e Pakistan, provocando almeno una quindicina di morti e decine di feriti. La marcia indietro di Newsweek è stata seguita da reazioni indignate da parte dell'amministrazione Bush. La vicenda riporta in primo piano le responsabilità dei media in un mondo sempre più globalizzato. Alessandro Gisotti ha raccolto il commento di Vittorio Zucconi, corrispondente negli Stati Uniti del quotidiano “La Repubblica”, raggiunto telefonicamente a Washington:

 

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R. – Sappiamo che tutti possiamo commettere errori colossali nel nostro mestiere. Possiamo lasciarci prendere dalla voglia dello scoop, della notizia, e magari scoprire non soltanto che non è del tutto vera, come è stato nel caso di Newsweek, ma che può addirittura avere conseguenze globali e, soprattutto, conseguenze mortali.

 

D. – Come stanno reagendo i mezzi di comunicazione americani a questa vicenda?

 

R. – Naturalmente la stampa filo-Bush, filo-Casa Bianca, ci sta cucinando sopra sdegnate denunce su come questa stampa progressista racconta una quantità di bugie. Gli altri giornali, più responsabilmente, dicono che certamente è stato commesso un errore gravissimo, però bisogna anche osservare che, sia nel carcere di Guantanamo sia nelle prigioni controllate dagli americani, in Afghanistan o in Iraq, sono accadute cose orripilanti. C’è proprio il peccato originale di questa guerra: la bugia. Si è andati a combattere, a invadere sulla base di premesse false.

 

D. – Quasi a dire che, quando inizia la guerra, la prima a morire è la verità…        

 

R. – Naturalmente. Qui, direi che addirittura è premorta. E’ chiaro che si rimbalza, si fa un ping-pong di accuse reciproche e continue, in cui entrambe le parti, sia quelli che sostengono la guerra, sia quelli che dicono “è stato un errore”, tendono  - per usare un’espressione un po’ da osteria – a far riuscire il solitario, cioè a pescare le carte che vogliono e a non guardare quelle che non servono al gioco.

 

D. – La reazione violenta in Afghanistan e Pakistan alla pubblicazione dell’articolo di Newsweek mostra quanto il mondo islamico abbia i nervi scoperti nei confronti degli Stati Uniti. Washington proprio non riesce a conquistare i cuori e le menti, come si diceva una volta?

 

R. – Questo è secondo me il punto sul quale riflettere. Il vero punto doloroso è che una cosa del genere è apparsa perfettamente credibile a migliaia di islamici in Pakistan e in altre nazioni. Tutto questo è credibile. Perché è credibile? Perché, sì, certamente Newsweek ha danneggiato l’immagine dell’America, ma l’immagine dell’America agli occhi di molti arabi è quella che viene da Baghdad.

 

D. – Dall’inizio dei conflitti prima in Afghanistan e poi in Iraq, gli Stati Uniti contano oltre 1500 morti e migliaia sono i feriti. Come sopporta l’opinione pubblica questo stillicidio continuo?

 

R. – Lo sopporta con sempre più difficoltà. E’ vero che non ci sono dimostrazioni per strada al grido di “Riportate i ragazzi a casa”, però i segnali sono chiarissimi. L’ondata di emozione del “partiamo, partiamo”, “andiamo a vendicarci, a batterci, a fare giustizia”, sgorgate dall’11 settembre, si sta molto seccando. Le forze americane hanno difficoltà a trovare nuove reclute e devono dargli più soldi. Dall’altra, diminuisce la popolarità di Bush e tutto questo continua a reggere, perché a differenza del Vietnam questo è un esercito interamente volontario. Quindi, cinicamente, si può dire che finché muoiono gli altri, finché muoiono i figli degli altri, si può resistere. Ma gli altri stanno diventando molti.     

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“IL CORPO GLORIOSO. IL RISCATTO DELL’UOMO NELLE TEOLOGIE

E NELLE RAPPRESENTAZIONI DEL CRISTO RISORTO”: È IL TEMA

DEL II SIMPOSIO INTERNAZIONALE DI STUDI SULLE ARTI PER IL SACRO,

SVOLTOSI NEI GIORNI SCORSI PRESSO LA PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE

- Intervista con il cardinale Paul Poupard e mons. Pasquale Iacobone -

 

La Risurrezione nell’arte, nel cinema, nel teatro e nella letteratura: se ne è discusso recentemente a Roma, presso la Pontificia Università Lateranense, nel corso del II Simposio internazionale di Studi sulle arti per il sacro, sul tema: “Il Corpo Glorioso. Il riscatto dell’uomo nelle teologie e nelle rappresentazioni del Cristo Risorto”. L’iniziativa è stata promossa dal Pontificio Consiglio della Cultura, in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e il Crucifixus Festival di Primavera di Brescia. Il servizio di Roberta Moretti:

 

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“Tocca a voi, uomini e donne che dedicate all’arte la vostra vita, dire con la ricchezza della vostra genialità che in Cristo il mondo è redento: è redento l’uomo, è redento il corpo umano, è redenta l’intera creazione”: parole intense, quelle di Giovanni Paolo II nella “Lettera agli Artisti” del 1999. Le riprende, nella sua introduzione al Simposio, il cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che spiega come la rappresentazione artistica del Cristo Risorto renda visibile il mistero di Dio, gettando “nuova luce sulla dignità dell’uomo e sulla sua corporeità”:

 

“Direi che tutto quello che l’arte può fare è far sognare, perché noi siamo fatti in modo tale che non possiamo pensare realmente se non abbiamo un’immagine. Tutti i grandi capolavori ci fanno toccare ciò che non è toccabile: il Cristo risorto che è reale, ma che è una realtà spirituale”.

 

Ma per conoscere le caratteristiche fondamentali dell’iconografia del Cristo Risorto nell’arte, ascoltiamo mons. Pasquale Iacobone, docente di Arte Cristiana alla Pontificia Università Gregoriana: 

 

“Innanzitutto la luce, per cui il corpo appare un vero sole che emana raggi luminosi, a volte anche delle fiamme, un’aureola solare. Quindi, c’è questo contrasto fortissimo tra il corpo trasfigurato, traslucido, e lo sfondo scuro che è quello degli inferi e della morte. Spesso è il corpo nudo che mostra le ferite, e quindi in continuità con il corpo di Cristo che ha subito la passione e la morte, rivestito di una doppia tunica e mantella rossa e bianca, per dire contemporaneamente la rivelazione della divinità, ma anche - il rosso - di una umanità trasfigurata dall’amore”.

 

Un tema di grande fascino, quello della Risurrezione di Cristo, cui però tutte le arti, e in particolare il cinema, hanno sempre preferito quello della Passione, di forte impatto emotivo e documentato più ampiamente nei Vangeli.

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CHIESA E SOCIETA’

18 maggio 2005

 

IL GOVERNO PAKISTANO AIUTI I CRISTIANI DETENUTI IN ARABIA SAUDITA.

È L’APPELLO RIVOLTO DALL’ARCIVESCOVO DI LHAORE MONS. LAWRENCE SALDANHA,

CHE CHIEDE L’INTERVENTO DELLE AUTORITÀ PER LA SCARCERAZIONE DI 40 CRISTIANI

 

LAHORE – RYAD – TEHERAN. = L’arcivescovo di Lahore in Pakistan, mons. Lawrence Saldanha, ha chiesto alle autorità locali di intervenire presso il governo saudita per la scarcerazione di 40 cittadini pakistani cristiani, detenuti a Ryad. L’arresto risale al 23 aprile scorso, quando a Ryad i 40 cristiani pakistani furono sorpresi mentre celebravano la Messa in un appartamento. Durante l’irruzione, la polizia ha trovato libri e materiale audiovisivo di carattere religioso. Mons. Saldanha, rivolgendosi al governo, definisce l’arresto un “grave episodio di discriminazione religiosa e violazione dei diritti umani”. Ma a distanza di settimane, le autorità saudite, in un Paese dove è illegale qualsiasi pratica religiosa diversa dall’islam, non hanno ancora rilasciato commenti. Stesso atteggiamento da parte del Pakistan che, nonostante ripetuti appelli anche da parte di numerose organizzazioni umanitarie, non ha espresso un sola parola di condanna per l’azione di forza. Intanto, in Iran, un’altra vicenda del genere mette a repentaglio la vita di un uomo. Hamid Pourmand, pastore della Chiesa protestante convertito dall’islam, al momento del suo arresto era colonnello dell’esercito iraniano. Il 16 febbraio scorso, è stato accusato di aver tenuto nascosta la sua conversione ai superiori. La legge islamica vigente nel Paese non permette che un non musulmano faccia parte dell’esercito con il grado di ufficiale. In piedi rimangono ancora le accuse di apostasia e proselitismo. In particolare, secondo i giudici, il pastore è colpevole di aver “fatto parte per diversi anni di una Chiesa sotterranea attraverso la quale molti hanno tradito l’islam per il cristianesimo”. L’imputato è in attesa di essere giudicato dal tribunale islamico della sua città natale nel sud dell’Iran: il rischio per lui è la pena di morte per impiccagione.

 

 

CANCELLARE COMPLETAMENTE IL DEBITO ESTERO DEL KENYA

E INCORAGGIARE LE IMPORTAZIONI DAI PAESI IN VIA DI SVILUPPO:

COSI’ I VESCOVI DEL KENYA RIVOLGENDOSI AI GOVERNI DEI PAESI CREDITORI

 

Nairobi. = “Il debito diventa una questione etica quando pone seri ostacoli al pieno rispetto dei diritti umani. Mentre per ripagare il debito si riduce la gente in povertà, i creditori determinano i destini politici, economici e sociali del Kenya”. Ad affermarlo sono i 29 vescovi del Paese, in una lettera pastorale nella quale chiedono la cancellazione del debito estero del Kenya e dell’Africa. “Alla fine del 2004 – si legge nel documento – il debito estero dell’Africa sub-sahariana è di 231 milioni di dollari, mentre il prodotto interno lordo (Pil) di questi Paesi è di circa 350 milioni”. In altre parole, osserva l’episcopato keniano, le nazioni africane “non possono pagare i debiti e sostenere lo sviluppo. Molti Paesi devono sborsare più del 20% dei loro introiti per ripianare le somme dovute o pagare le quote di interesse annuale di tali debiti”. Nella lettera – dal titolo “Il fardello del debito internazionale” – i vescovi del Kenya riconoscono che vi sono anche cause locali nella crescente disparità tra il nord e il sud del pianeta. “Corruzione da parte dei nostri dirigenti politici e mancanza di un ‘buongoverno’ sono responsabili della povertà odierna tanto quanto il debito”. Malgrado abbia ricevuto aiuti per circa 17 milioni di dollari – sottolineano i responsabili della Chiesa cattolica locale – “il Kenya ha visto un progressivo declino della sua economia”. Per questo nel documento si chiede “ai governi dei Paesi creditori di cancellare completamente il debito del Kenya, allentare le misure restrittive di politica monetaria e incoraggiare le importazioni dai Paesi in via di sviluppo”. (E. B.)

 

 

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha espresso preoccupazione

per la situazione politica della Guinea Bissau. Intanto, 15mila bambini

sono scesi per le strade della capitale chiedendo la pace

 

BISSAU. = I quindici membri del massimo organo decisionale del Palazzo di Vetro hanno condannando le recenti dichiarazioni di Kumba Yala, ex capo di Stato della Guinea Bissau, deposto da un golpe incruento del settembre 2003, che nei giorni scorsi si è auto-dichiarato presidente. Proprio mentre il presidente in carica del governo di transizione, Henrique de Rosa, creato all’indomani del colpo di mano 2003, lanciava via radio l’allarme, chiedendo ai militari di “difendere la costituzione”, poco meno di duecento giovani sostenitori di Kumba Yala sono scesi in piazza. La manifestazione, illegale secondo le autorità di Bissau, è stata interrotta dalla polizia, che è intervenuta utilizzando anche gas lacrimogeni per disperdere la folla. Ma ieri Bissau è stata teatro di un’altra e più importante marcia: almeno 15.000 bambini sono scesi per le strade della capitale africana chiedendo la pace. I piccoli guineani sono partiti dai quartieri poveri della periferia di Bissau e hanno concluso il corteo di fronte al palazzo presidenziale. Secondo la stampa locale e internazionale, la manifestazione di questi bambini - accompagnati da insegnanti e genitori - è la più grande che la storia guineana ricordi. Nel marzo 2004, la comunità internazionale aveva apprezzato il regolare svolgimento delle elezioni legislative, viste come un passo importante per il ritorno delle istituzioni democratiche nel piccolo e instabile Paese dell’Africa Occidentale, uno dei più poveri del mondo. Nelle ultime settimane però la comunità internazionale non ha nascosto i propri timori per il ritorno sulla scena politica, alla vigilia delle elezioni, di personaggi del calibro di Yala e dell’ex dittatore João Bernardo Vieira, al potere dal 1980 al 1998. L’ex colonia portoghese ha vissuto nel 1998/99 un feroce conflitto interno, fomentato anche da Senegal e Guinea, con cui si pose fine alla dittatura proprio di João Bernardo Vieira. (E. B.)

 

NEL NORD UGANDA CENTINAIA DI SFOLLATI DEL CAMPO PROFUGHI DI MUCWINI SI RIVOLGONO ALLA PARROCCHIA DI KITGUM PER OTTENERE CIBO. PADRE GERNER,

PARROCO DELLA MISSIONE CATTOLICA, ESPRIME LA SUA PREOCCUPAZIONE

PER LA SITUAZIONE DEI CIVILI NEL PAESE

 

KAMPALA. = “Abbiamo fame”: è la richiesta che da giorni centinaia di sfollati ripetono ai responsabili della parrocchia di Kitgum, circa 500 chilometri a nord di Kampala, dove si rivolgono per ottenere un aiuto alimentare. Secondo quanto dichiarato all’agenzia MISNA da padre Josef Gerner, parroco della missione cattolica di Kitgum, “provengono tutti dal campo profughi di Mucwini, una ventina di chilometri dalla città, dove vivono circa 20 mila persone”. Il missionario dice di non avere elementi per valutare cosa stia realmente accadendo “ma di fatto -afferma- registriamo di continuo richieste di assistenza alimentare. Stando alle testimonianze, sembrerebbe che i militari dell’esercito ugandese stiano impedendo la distribuzione di cibo normalmente assicurata dal Programma alimentare mondiale” (PAM/WFP) Nel nord Uganda, centinaia di migliaia di civili – un milione e mezzo, secondo alcune stime - vivono nei cosiddetti “campi protetti”, dove l’esercito dovrebbe garantire protezione dagli attacchi dei ribelli dell’Esercito di resistenza del signore (Lord’s Resistance Army, LRA), attivo in quella zona da 18 anni. “In questi campi – specifica padre Gerner – in realtà la popolazione è sottoposta a sofferenze e privazioni: per paura degli attacchi dei ribelli, di solito, gli sfollati di Mucwini non lasciano il proprio campo. Se ora vengono a chiedere cibo, significa che qualcosa sta accadendo”. Nei giorni scorsi anche il sottosegretario dell’ONU, Jan Egeland, responsabile del settore umanitario, aveva denunciato davanti al Consiglio di Sicurezza del Palazzo di Vetro la grave situazione umanitaria dei civili in Nord Uganda. (E. B.)

 

 

IL GOVERNO DELLA MAURITANIA, DOPO OLTRE 10 ANNI, HA LEGALIZZATO

TRE ORGANIZZAZIONI UMANITARIE,

LA CUI PRESENZA NEL PAESE ERA SOLO TOLLERATA

 

NOUAKCHOTT. = Tre organizzazioni di difesa dei diritti umani sono state legalizzate dal governo della Mauritania, dopo oltre un decennio in cui la loro esistenza era semplicemente tollerata. Lo ha detto alla stampa Boubacar Messaoud, presidente di “Sos-Esclaves”, spiegando che la disposizione riguarda la sua organizzazione e altri due organismi non governativi, l’Associazione mauritana dei diritti dell’uomo (AMDH) e il Gruppo di studio e ricerca sulla democrazia e lo sviluppo economico e sociale (GERDDES). I dirigenti di queste ONG sono stati ricevuti nel fine settimana dal ministro dell’Interno, che ha annunciato loro la decisione “attesa da più di dieci anni”. Il direttore degli affari politici del dicastero dell’Interno, Sidi Yeslem Ould Amar Cheine, ha aggiunto che la misura diventerà effettiva al più presto e “ne potranno approfittare tutte le ONG che presenteranno domanda e la cui documentazione sarà giudicata regolare”. I tre organismi che hanno ottenuto il riconoscimento ufficiale fanno parte del “Forum nazionale delle organizzazioni per i diritti dell’uomo” (FONADH), composto da 14 enti e mai riconosciuto dalle autorità del Paese, al 99% musulmano.

 

 

PRENDERSI CURA DEL PAZIENTE NON SOLO DAL PUNTO DI VISTA MEDICO,

MA ANCHE SPIRITUALE E PSICOLOGICO. È IL TEMA CENTRALE DEL CONVEGNO

“IL MONDO DI FRONTE ALLE SFIDE DELL’UMANIZZAZIONE SANITARIA”

IN PROGRAMMA PRESSO L’OSPEDALE

“BUCCHERI LA FERLA FATEBENEFRATELLI” DI PALERMO, IL 20 E IL 21 MAGGIO

 

PALERMO. = La pastorale della sanità, il rapporto medico - paziente, i fondamenti etici dell’umanizzazione, la diversità di approccio culturale. Sono questi, fra gli altri, i temi al centro dell’incontro “Il mondo di fronte alle sfide dell’umanizzazione sanitaria” che si svolgerà il 20 e il 21 maggio, presso l’ospedale “Buccheri La Ferla Fatebenefratelli” di Palermo. Al convegno, organizzato da Fra Elia Tripaldi, direttore amministrativo della struttura ospedaliera, e dal prof. Salvino Leone, dirigente delle attività formative, medici, cattedratici e religiosi di tutto il mondo porteranno il loro contributo. In un momento in cui la medicina è più efficiente ma anche più lontana dai bisogni dell’uomo, i modelli di assistenza sanitaria devono confrontarsi con nuove tipologie di utenti, pazienti e di interventi socio-sanitari. Per Fra Elia Tripaldi, “non è possibile curare bene dal punto di vista medico senza occuparsi di tutta la persona, della sua sofferenza non solo fisica, ma anche psichica e spirituale”. Non solo curare, dunque, ma soprattutto prendersi cura ed è per questo che “i Fatebenefratelli – prosegue il direttore – cercano di dare risposte concrete in un panorama sanitario che non sempre guarda gli interessi della persona che soffre”. Infine – dichiara il prof. Leone – “porre l’uomo al centro dell’attenzione sanitaria, valorizzando anche le differenze di ordine culturale, sarà uno dei più importanti obiettivi della medicina del futuro”. (E. B.)

 

 

LA RADIO VATICANA RISPETTA I LIMITI DI EMISSIONE ELETTROMAGNETICA:

LO HA RICONOSCIUTO LA COMMISSIONE BILATERALE ITALIA-SANTA SEDE,

NELLA RIUNIONE DEL 16 MAGGIO 2005

 

ROMA. = Impegni rispettati sulla questione dell’elettrosmog. E’ quanto riconosce, in un comunicato congiunto, la Commissione bilaterale tra l’Italia e la Santa Sede per la soluzione dei problemi legati all’intensità delle emissioni elettromagnetiche della stazione Radio Vaticana di Santa Maria di Galeria, che si è riunita lo scorso 16 maggio, alla Farnesina, sotto la presidenza del sottosegretario di Stato agli Affari Esteri, il senatore Roberto Antonione, e del sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Pietro Parolin. Durante la riunione – cui hanno preso parte rappresentanti ed esperti dei Ministeri dell’Ambiente, delle Comunicazioni e della Salute, il Direttore Generale ed esperti dell’APAT, oltre a dirigenti e tecnici della Radio Vaticana - la Commissione ha esaminato i risultati delle misurazioni effettuate nei mesi scorsi dagli esperti italiani dell’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, dell’Agenzia Regionale Protezione dell’Ambiente del Lazio e del Ministero delle Comunicazioni: è stato rilevato che, in tutti i siti osservati, i “risultati registrano il mantenimento dei livelli di emissione in conformità con gli obiettivi di qualità indicati dal Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’8 luglio 2003”, e quindi “il perdurante rispetto degli impegni reciprocamente assunti con il Verbale di Accordo dell’8 giugno 2001”. Le due delegazioni, prosegue il comunicato, “hanno convenuto di continuare il monitoraggio attraverso una nuova campagna di prove che avrà luogo indicativamente nei prossimi mesi di settembre/ottobre, e di attuare ulteriori forme di collaborazione, anche nell’interesse della popolazione residente nell’area”. La Santa Sede – si legge ancora nel testo della nota congiunta – “ha confermato il proprio impegno nella scrupolosa e puntuale attuazione dell’intesa raggiunta con il Verbale d’accordo dell’8 giugno 2001”. Circa poi “una soluzione definitiva al problema delle intensità delle onde elettromagnetiche prodotte dagli impianti di Santa Maria di Galeria, la Commissione – afferma il comunicato - ha preso atto, con compiacimento, dell’opera di adeguamento e di conversione in corso di alcuni suoi trasmettitori in onda media e corta alla tecnologia digitale terrestre DRM”, che, una volta a regime, permetterà alla Radio Vaticana “di diffondere i propri programmi con potenza di emissione inferiore e con una migliore qualità di diffusione”.

 

 

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24 ORE NEL MONDO

18 maggio 2005

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Afghanistan proseguono le trattative per ottenere la liberazione dell’operatrice umanitaria dell’organizzazione Care International, l’italiana Clementina Cantoni. Fonti afghane e italiane confermano che è stato aperto un canale con i rapitori. Il nostro servizio:

 

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Clementina Cantoni, la donna italiana rapita in Afghanistan, è viva e sta bene. Il ministro dell’Interno di Kabul ha reso noto che la polizia afghana ha stabilito un contatto permanente con i sequestratori. Il ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini, ha confermato che è stato aperto un canale precisando che i rapitori hanno anche fatto ascoltare la voce della giovane milanese, registrata su un nastro, durante una telefonata con un agente italiano dell’intelligence. Il rapimento ha scosso in particolare la comunità degli oltre 2000 stranieri di Kabul. Ma gli investigatori non sospettano i talebani o i militanti di al Qaeda. Le indagini escludono, infatti, le matrici politica o terroristica e sembrano privilegiare l’ipotesi di un sequestro organizzato dalla criminalità comune per richiedere un riscatto. In queste delicate ore, segnate dalla speranza e dall’angoscia, gli Stati Uniti hanno ribadito di appoggiare Italia e Afghanistan nelle iniziative finalizzate ad ottenere la liberazione della donna. A Kabul centinaia di vedove afghane hanno manifestato per chiedere il rilascio della volontaria italiana. “Per oltre due anni – ha detto il direttore di Care International in Afghanistan – Clementina ha dedicato i propri sforzi alle vedove di Kabul”.

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In Iraq, le forze della sicurezza irachena continuano ad essere colpite dalla guerriglia: un alto ufficiale della polizia è stato assassinato a Baghdad. Nei pressi di Baiji, città a nord di Baghdad, un attacco kamikaze ha provocato la morte di due agenti. A Baquba, 18 persone sono rimaste ferite per l’esplosione di un’autobomba che aveva come obiettivo un convoglio della polizia. Negli Stati Uniti, intanto, ha ricevuto una condanna a sei mesi di reclusione Sabrina Barman, la soldatessa americana coinvolta nello scandalo delle torture avvenute nel famigerato carcere di Abu Ghraib.

 

Il piano di ritiro da Gaza e l’attuazione della ‘road map’ per un accordo di pace tra israeliani e palestinesi: saranno questi i temi al centro dell’incontro tra il capo della Casa Bianca, George Bush, ed il presidente palestinese, Abu Mazen, il prossimo 26 maggio, negli Stati Uniti. Nei Territori palestinesi, intanto, un militante del movimento radicale ‘Hamas’ è stato ucciso in nottata in uno scontro a fuoco nel sud della Striscia di Gaza. A Rafah è stato annunciato, inoltre, un nuovo appuntamento elettorale: per presunte irregolarità nelle elezioni municipali dello scorso 5 maggio, il voto dovrà essere ripetuto in tre seggi.

 

Tutela dei diritti umani e cooperazione con le altre organizzazioni europee. Questi i punti principali del vertice del Consiglio d’Europa, conclusosi ieri a Varsavia. Al termine dei lavori, è stata firmata una dichiarazione in cui si condanna il terrorismo e si esorta a combattere corruzione, traffico degli esseri umani e criminalità organizzata. Sui valori affermati nel documento ascoltiamo, al microfono di Francesca Sabatinelli, il corrispondente dell’ANSA dalla capitale polacca, Tadeusz Konopka:

 

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R. – Il Consiglio d’Europa ma anche le altre organizzazioni europee, escono da questo Vertice più forti e determinati nel lavorare insieme e nel coordinare l’attività comune a favore della democrazia e del maggior rispetto dei diritti umani. Il Consiglio d’Europa, che esiste dal 1949, ha sicuramente una maggiore esperienza rispetto ad altre organizzazioni, come l’Unione Europea e l’OSCE, nella tutela dei diritti umani.

 

D. – Il Vertice di Varsavia si è chiuso con una dichiarazione dei partecipanti…

 

R. – In questa dichiarazione si rende omaggio a tutti coloro che nel passato hanno lottato affinché venissero combattute le cortine che dividevano il vecchio Continente. Nel testo si ricordano il 60.mo anniversario della fine della guerra, il 25.mo di fondazione del Sindacato polacco ‘Solidarnosh’ e l’abbattimento, 15 anni fa, del muro di Berlino. Si ringraziano, inoltre, tutti coloro che hanno lottato perché l’Europa fosse libera e unita.

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  “In Italia è in atto una ripresa modesta dall’inizio del 2004 che è destinata a rimanere più lenta di quella degli altri Paesi dell’Unione Europea”. E’ la previsione contenuta nel rapporto dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) sull’Italia. Secondo l’OCSE, la devolution rende difficile il controllo delle uscite e il blocco delle assunzioni si è dimostrato poco efficace. Nel testo si precisa poi che l’Italia, per conseguire gli obiettivi di bilancio 2005, potrebbe aver bisogno di “ulteriori provvedimenti di tipo strutturale perché il debito si colloca ancora oltre il 100 per cento del PIL”. L’OCSE, alla quale aderiscono 30 Paesi industrializzati, è stata istituita con la Convenzione di Parigi entrata in vigore nel 1961.

 

Davanti alla Corte regionale di Vladikavkaz, capoluogo dell’Ossezia del nord, è iniziato ieri il processo al terrorista ceceno Nur-Pasha Kulayev, unico superstite del commando che il primo settembre 2004 ha assaltato una scuola di Beslan. Durante i drammatici giorni del sequestro, sono morte 317 persone, fra le quali 186 bambini. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

 

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Tensione, rabbia, dolore. Tanti i parenti delle vittime presenti in aula, troppi per essere contenuti nella stanza delle udienze. Le donne tenevano in mano il ritratto del loro piccolo, morto nell’assalto. Il 24.enne ceceno, Nur-Pashi Kulayev, non ha quasi mai alzato lo sguardo e ha parlato sottovoce per monosillabi dalla sua gabbia, guardato a vista da un nutrito numero di agenti. All’esterno dell’edificio le misure di sicurezza sono state imponenti. Sono in molti quelli che vorrebbero farsi giustizia da soli. Il Comitato delle madri di Beslan si attende che nel corso del processo venga fatta luce su molti misteri che circondano questa tragedia. La Commissione parlamentare sta per completare la sua inchiesta. In Cecenia, intanto, le truppe federali hanno ucciso il ‘numero tre’ della guerriglia cecena, Alash Daudov, direttamente dipendente da Chamil Basaiev. Secondo gli inquirenti, Daudov avrebbe partecipato a tutti i più sanguinosi attentati degli ultimi anni.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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Crisi in Uzbekistan: un gruppo di diplomatici e giornalisti stranieri è giunto oggi ad Andijan, teatro dei disordini dei giorni scorsi. Ad invitare i rappresentanti internazionali il governo del presidente Karimov che punta a dimostrare come in città non ci sia stata repressione poliziesca, come invece affermato dall’opposizione. Negli scontri, sarebbero morte secondo le autorità 169 persone, mentre fonti indipendenti parlano di oltre 750 vittime.

 

In Russia è ripresa al Tribunale di Mosca, per il terzo giorno consecutivo, la lettura della sentenza contro il petroliere russo Mikhail Khodorkovsky, ex numero uno della Yukos e il suo ex vice Platon Lebedev. La seduta odierna è durata tre ore. I due imputati rischiano fino a 10 anni di carcere per frode ed evasione fiscale.

 

Saranno aggiornati a domani i colloqui tra le due Coree sulla crisi innescata dalle aspirazioni nucleari di Pyongyang. Le trattative, a livello ministeriale, sono in corso da lunedì nella città nordcoreana di Kaesong, ma non hanno ancora portato ad una soluzione concreta. I negoziati a sei, tra le due Coree, Stati Uniti, Cina, Giappone e Russia, giunti la scorsa estate al terzo round di colloqui a Pechino, sono tuttora bloccati.

 

Siamo contrari allo schieramento in Darfur di truppe “straniere”, cioè non del Continente africano. Lo hanno dichiarato ieri in Libia i rappresentanti di Egitto, Ciad, Sudan, Gabon, Eritrea al termine del vertice di Tripoli dedicato, in particolare, alla situazione della martoriata regione sudanese del Darfur. Su questo incontro, Giulio Albanese:

 

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Due le notizie principali: l’annuncio della ripresa dei negoziati di pace fra Karthoum e i ribelli del Darfur, a fine maggio, e la riconciliazione tra Eritrea e Sudan, che erano stati sull’orlo di un conflitto. I negoziati fra il governo di Karthoum e i ribelli del Darfur, sospesi alla fine di dicembre, dovranno riprendere al più tardi alla fine di maggio, secondo un comunicato ufficiale diramato al termine del vertice. Ma non è tutto qui. I leader    africani che hanno preso parte al vertice hanno anche respinto qualunque intervento straniero nel Darfur, chiedendo invece agli Stati africani di mettere a disposizione della missione africana nel Darfur tutti gli uomini che occorrono. I partecipanti al Summit hanno anche auspicato che i precedenti accordi di cessate-il-fuoco e sul rispetto dei diritti umani siano rispettati dalle parti in conflitto, esortandoli a cooperare con l’Unione Africana e la Missione Africana nel Darfur. Il ministro degli Esteri sudanese ha detto che il vertice ha stabilito una sorta di road-map sul modo di portare avanti le discussioni. I negoziati aperti in ottobre ad Abuja, in Nigeria, si erano infatti arenati su problemi politici, prevalentemente legati alla spartizione del potere e delle ricchezze.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Il Consiglio atlantico della Nato ha preso oggi una prima decisione politica di fornire appoggio logistico alla missione di pace dell'Unione africana (Ua) in Darfur, regione del Sudan occidentale in preda ad una gravissima crisi umanitaria.  E’ quanto si apprende al quartier generale della NATO a Bruxelles, dove gli ambasciatori rappresentanti permanenti dei 26 Paesi dell'Alleanza hanno deciso di incaricare le autorità militari di condurre alcuni passi preparatori. Bisognerà studiare le possibili misure di assistenza alla missione dell'Unione africana nella regione del Sudan colpita da guerra civile e catastrofi umanitarie. Si tratta quindi di un primo passo, politicamente però rilevante. L’orientamento della NATO ad appoggiare la missione era emerso fin dal mese scorso, quando c’era stata la richiesta di aiuto da parte dell’UA e soprattutto ieri, dopo le dichiarazioni rese dal segretario generale della NATO, Jaap de Hoop Scheffer, a conclusione dell’incontro con il presidente della commissione dell’UA, Alpha Omar Konaré, in visita a Bruxelles.

 

 

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