RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 137 - Testo della trasmissione di martedì 17 maggio 2005

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

I vescovi del Rwanda a Roma in visita ad Limina per presentare a Benedetto XVI l’impegno pastorale di rinascita di un Paese che non ha dimenticato il genocidio del ‘94

 

Per affrontare le sfide del terzo millennio, i popoli europei siano animati dai valori fondamentali della difesa della dignità umana e della libertà: così, l’arcivescovo Giovanni Lajolo nell’intervento al terzo Vertice dei capi di Stato e di governo del Consiglio d’Europa, a Varsavia

 

         Il culto di Maria non divida cattolici e anglicani. Così il documento congiunto cattolico-anglicano presentato ieri negli Stati Uniti

 

IN PRIMO PIANO:

L’Uzbekistan, da terra di scontro a terra di dialogo. La testimonianza del nuovo amministratore apostolico, mons. Jerzy  Maculewicz

 

“E’ il momento di schierarsi”. Ai nostri microfoni mons. Elio Sgreccia ribadisce la scelta dell’astensione per il referendum in Italia sulla fecondazione artificiale

 

Su internet un nuovo portale www.civiltadell’amore.org  per creare una grande rete di solidarieta’

tra le associazioni internazionali senza scopo di lucro. Con noi Giuseppe Rotunno e mons. Karel Kasteel

 

Domani, 18 maggio, concerto nella Basilica di Santa Maria Maggiore, nell’85° anniversario della nascita di Giovanni Paolo II: ai nostri microfoni mons. Angelo Comastri

 

CHIESA E SOCIETA’:

Inaugurata a Lima la 30.ma Assemblea del Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM) che quest’anno celebra il suo 50.mo anniversario

 

In India arrestati dalla polizia dell’Orissa quattro giovani perché distribuivano delle Bibbie alla popolazione locale

 

Un supplemento di Avvenire, l’intitolazione di una cima del Gran Sasso,la proclamazione di un anno speciale in Russia e la presentazione di una statua in Paraguay. Sono alcune delle iniziative dedicate domani a Giovanni Paolo II in occasione dell’85.mo anniversario della sua nascita

 

Kuwait:  concesso alle donne il diritto di voto

 

Nelle Filippine i vescovi ribadiscono il proprio ‘no’ allo sfruttamento minerario intensivo del sottosuolo stabilito dal governo di Manila

In programma dall’11 al 17 settembre presso il Monastero di Bose in Piemonte il 13° Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa

 

Presentato ieri alla Columbia University “Memoria e identità”, l’ultimo libro di Giovanni Paolo II

 

24 ORE NEL MONDO:

Afghanistan: rivendicato il rapimento della cooperatrice italiana.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

17 maggio 2005

 

I VESCOVI DEL RWANDA A ROMA IN VISITA AD LIMINA

PER PRESENTARE A BENEDETTO XVI L’IMPEGNO PASTORALE

DI RINASCITA DI UN PAESE CHE NON HA DIMENTICATO IL GENOCIDIO DEL ‘94

 

Da ieri mattina, in Vaticano, i vescovi rwandesi hanno iniziato la loro visita ad Limina. E’ una Conferenza episcopale ricostruita quella che si presenta per la prima volta davanti a Benedetto XVI, dopo la pagina nera del genocidio che ne aveva decimato i ranghi.  Giovedì scorso, incontrando il clero romano, il Papa aveva definito l’Africa “un continente di grandissime possibilità e grandissima generosità della sua gente”. Ed è su queste qualità - e sulla fede dei cattolici che rappresentano oltre il 60% del Paese – che puntano oggi i vescovi rwandesi, per restituire la serenità ad una nazione che ha bisogno ancora oggi, per decifrarne la fisionomia e intuirne il futuro, di ritornare ai giorni che ne hanno condizionato per sempre le vicende recenti. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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(Musica)

 

C’è una data-spartiacque che permette di capire la storia del Rwanda. Il 6 aprile 1994, l’aereo sul quale sta viaggiando il presidente Juvénal Habyarimana viene abbattuto. Il presidente muore e con lui perde la vita anche Cyprien Ntaryamira, presidente del Burundi, a bordo dell’aereo. Da quel momento, il Rwanda che c’era prima, pur travagliato da una violenta instabilità, sparisce, polverizzato da 100 giorni di massacri. Hutu contro tutsi, due etnie rivali da sempre, i primi in stragrande maggioranza ma per molti anni sudditi dei secondi. Sotto l’azione degli estremisti hutu, il Paese viene travolto dal gorgo di un eccidio, il cui simbolo di morte è la lama del machete e una fossa comune come agghiacciante epilogo. Tre mesi dopo, circa 800 mila uomini, donne e bambini tutsi – e hutu moderati - non esistono più. Altri tre milioni sono scappati. Il tutto sotto gli occhi miopi del mondo – l’ONU, come i singoli governi - che assistono con colpevole inerzia a quell’allucinante e pianificata follia, senza trovare il modo di abbozzare un’iniziativa. Anche la Chiesa locale vive un prima e un dopo. Il genocidio quasi la annienta, strappandole quattro vescovi, 103 sacerdoti, 65 religiose, 47 fratelli. Giovanni Paolo II è sgomento, lancia appelli a ripetizione. “Basta col sangue” esclama a gran voce durante il Regina Coeli del 15 maggio ’94. “Tutti – dice - dovranno rispondere dei loro crimini davanti alla storia e,a anzitutto, davanti a Dio”. Il 9 giugno, in un messaggio ai vescovi e ai fedeli del Rwanda, Papa Wojtyla si dice “profondamente sconvolto” dall’“orrore” della morte del presidente della Conferenza episcopale locale, il vescovo Thaddée Nsengiyumva, e di altri due vescovi, oltre che di altri membri della comunità ecclesiale. “Supplico tutti gli abitanti del Rwanda, così come i responsabili delle nazioni che possono dare il loro aiuto, di fare tutto il possibile affinché si aprano le vie della concordia e della ricostruzione del Paese così gravemente colpito”.

 

Nel luglio del ‘94, il Fronte patriottico rwandese, di marca tutsi, riesce a compattarsi e riconquistare la leadership. Il genocidio si ferma, ma l’eredità è pesantissima. Oltre ai morti, si contano 14 mila vedove e 300 mila orfani. Il Paese inizia a fare i conti con se stesso. A novembre di quello stesso anno, le Nazioni Unite istituiscono a Arusha, in Tanzania, un Tribunale penale internazionale per processare i responsabili dei massacri. Ma è una giustizia lenta e le autorità rwandesi decidono di provvedere da sole. Nel 2001, sorgono 11 mila tribunali tradizionali (i cosiddetti “Gacaca”), ciascuno composto di 19 membri eletti per acclamazione popolare. Davanti a loro un compito immane, per un giudizio che oltrepassa il mero atto processuale e arriva direttamente alle coscienze, alla capacità di saper imboccare la via della riconciliazione. “Dopo che il Paese è stato per anni in balia dell’odio e della violenza”, disse Giovanni Paolo II il 13 dicembre 2002 al nuovo ambasciatore rwandese presso la Santa Sede, solo “favorendo l’unità nazionale nel rispetto delle sensibilità e delle opinioni”, si potrà consentire “alle generazioni presenti e future di imparare nuovamente a vivere come fratelli, in un Paese riconciliato e prospero”. Un saldo con il passato che si annuncia lento, giacché si calcola che almeno 115 mila persone siano in attesa di giudizio e che addirittura un milione potrebbero finire sotto processo, secondo una dichiarazione rilasciata lo scorso gennaio alla Reuters da un alto funzionario della Giustizia rwandese. Ed è dunque qui, nei gangli di una società in cui l’odio e la vendetta sono ancora sentimenti vivi, che anche l’attuale Chiesa del Rwanda ha scelto di operare – si legge nei documenti episcopali - con una “pastorale di riconciliazione” diretta a ricucire le ferite e a porre le basi per la pace.

 

(Musica)

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NOMINE

 

Negli Stati Uniti, Benedetto XVI ha nominato vescovo coadiutore della diocesi di Fort Worth mons. Kevin W. Vann, del clero della diocesi di Springfield in Illinois, finora vicario episcopale per il Clero e parroco della Blessed Sacrament Parish a Springfield. Mons. Vann è nato a Springfield ne 1951. È stato ordinato sacerdote nel 1981.

 

Sempre negli Stati Uniti, il Papa ha nominato vescovo di Honolulu, nelle Hawaii, il reverendo Clarence Silva, del clero di Oakland, vicario generale. Nato nel 1949 ad Honolulu, mons. Silva è stato ordinato sacerdote nel 1975 ed incardinato nella diocesi di Oakland.

 

 

PER AFFRONTARE LE SFIDE DEL TERZO MILLENNIO, I POPOLI EUROPEI

SIANO ANIMATI DAI VALORI FONDAMENTALI DELLA DIFESA DELLA DIGNITA’ UMANA E DELLA LIBERTA’: COSI’, L’ARCIVESCOVO GIOVANNI LAJOLO NELL’INTERVENTO AL TERZO VERTICE DEI CAPI DI STATO E DI GOVERNO DEL CONSIGLIO D’EUROPA, A VARSAVIA. IL CAPO DELLA DELEGAZIONE VATICANA HA RIBADITO IL RUOLO PREMINENTE DEL CRISTIANESIMO NELLA FORMAZIONE DEL

COMUNE PATRIMONIO EUROPEO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Per rispondere alle tante sfide di questo inizio millennio, il Vecchio Continente deve essere animato dai suoi valori fondamentali, che affondano le proprie radici nel Cristianesimo. E’ il richiamo dell’arcivescovo Giovanni Lajolo, segretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati, intervenuto al Terzo Vertice dei Capi di Stato e di Governo del Consiglio d’Europa, ieri e oggi a Varsavia. Il presule ha portato al summit i saluti di Papa Benedetto XVI, che, ha evidenziato, “con la scelta del nome ha anche inteso ricordare un grande artefice della civiltà europea”. Quindi, ha ricordato l’incessante e appassionato impegno europeista di Giovanni Paolo II, figura di straordinaria rilevanza per la Polonia, Paese che ospita il vertice. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“L’Europa potrà essere amata dai suoi cittadini ed operare come fattore di pace e di civiltà nel mondo soltanto se sarà animata da alcuni valori fondamentali: la promozione della dignità dell’uomo e dei suoi diritti fondamentali”, “in primo luogo la libertà di coscienza e di religione”; “la ricerca del bene comune in spirito di solidarietà e il rispetto delle identità nazionali e culturali”. E’ quanto sottolineato dall’arcivescovo Giovanni Lajolo, che nel suo discorso, all’importante assiste europea, si è soffermato sui valori fondanti del Vecchio Continente. Mons. Lajolo ha ricordato il “ruolo preminente che il cristianesimo ha avuto nel formare ed arricchire tale patrimonio”, un ruolo “a tutti ben noto” che “non può essere ignorato.

 

 Il presule ha, così, rivolto l’attenzione alle sfide poste oggi alle società europee, sfide che provengono dal suo “dinamismo interno” e che riguardano il suo “approccio ai problemi mondiali”. Proprio il Consiglio d’Europa, “come garante della sicurezza democratica”, ha rilevato l’arcivescovo Lajolo, si trova a confrontare una duplice esigenza: da una parte, “il  principio di uguaglianza non torni a scapito della tutela della legittima diversità”; dall’altra, “il principio di libertà individuale non venga svincolato dal suo naturale inserimento nella totalità delle relazioni sociali”.

 

D’altro canto, mons. Lajolo ha messo l’accento anche su queste sfide che provengono dai grandi problemi mondiali ereditati dal XX secolo: la minaccia nucleare, l’insorgere dei fondamentalismi politico-religiosi e, ancora, i fenomeni migratori e alcune situazioni di pericolosa instabilità come la Bosnia-Erzegovina e il Kosovo, “entrambe bisognose di un assetto sicuro” nel rispetto delle minoranze. La Santa Sede, ha assicurato il presule, offre “l’appoggio proprio e di tutta la Chiesa cattolica, perché a tali sfide si dia una risposta adeguata”. Il messaggio di fraternità del Vangelo e l’impegno al dialogo ecumenico ed interreligioso, ha proseguito, si possono saldare con l’impegno al dialogo politico  e interculturale.

 

L’ultima parte dell’intervento, l’arcivescovo Lajolo l’ha dedicata all’architettura europea.  Il presule ha auspicato un “migliore coordinamento delle organizzazioni europee”. Finalità richiesta “da ciò che costituisce l’originalità creativa del progetto europeo”. Non serve, dunque, solo un efficace funzionamento delle singole istituzioni, ma anche una “equilibrata sinergia”, “che consenta ai cittadini europei di percepire l’Europa come la loro casa comune”. In tale contesto, ha lodato quanto fatto dal Consiglio d’Europa con le sue oltre 190 convenzioni. Un’esperienza preziosa, ha dichiarato, “perché traccia i contorni di ciò che potrebbe diventare un progetto di società europea”. Per quanto riguarda l’Unione Europea, questa deve continuare il comune impegno per “il rafforzamento dei diritti umani e della protezione legale dei cittadini europei”. Né ha mancato di parlare dell’Osce, l’Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza d’Europa, che, ha riconosciuto, nella sua dimensione transatlantica si contraddistingue per il “mantenimento della pace in un mondo globalizzato”.

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IL CULTO DI MARIA NON DIVIDA CATTOLICI E ANGLICANI.

COSI’ IL DOCUMENTO CONGIUNTO

CATTOLICO-ANGLICANO PRESENTATO IERI NEGLI STATI UNITI

 

Con una solenne Liturgia dei Vespri nella Cattedrale cittadina di St. James, è stata ufficialmente presentata ieri a Seattle, negli Stati Uniti, la dichiarazione della Commissione Internazionale Cattolica – Anglicana (Arcic) dal titolo “Maria: Grazia e Speranza in Cristo”. Il documento, frutto di una riflessione quinquennale, è il quinto elaborato dalla Commissione dalla sua istituzione nel 1982 su mandato di Giovanni Paolo II e dell’allora Primate anglicano Robert Runcie. Il testo non va considerato come emanazione dell’Autorità della Chiesa cattolica e della Comunione Anglicana, le quali si riservano di studiarlo ulteriormente e di valutarne il contenuto.

 

Questo quinto documento, che conclude il secondo ciclo del dialogo teologico cattolico-anglicano a livello internazionale, riconosce, in sostanza, che il culto di Maria, tanto radicato nella tradizione cattolica come in quella ortodossa, non dovrebbe essere motivo di sostanziali divisioni teologiche tra le due Chiese, dato che ha il suo fondamento nelle Scritture e nel cristianesimo delle origini e che quindi può considerarsi parte anche del patrimonio anglicano.

 

Attraverso “l’analisi delle comuni credenze dottrinali sulla Beata Vergine”, spiega il testo, la Commissione si è proposta di preparare il terreno per un’interpretazione condivisa dei dogmi mariani dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione di Maria solennemente proclamati dalla Chiesa cattolica nel 1854  e nel 1950 e che per 150 anni hanno diviso, tra gli altri, cattolici e anglicani. Nell’introduzione, i due co-presidenti dell’Arcic, Mons. Alexander Brunett, vescovo di Seattle,  e l'Arcivescovo Peter Carnley, Primate della Chiesa Anglicana di Australia, precisano che in esso vengono affrontate “definizioni dogmatiche che sono parte integrante della fede dei cattolici, ma sono in gran parte estranee a quella degli anglicani”.  Nonostante le discordanze il testo afferma comunque che è impossibile essere fedeli alla Scrittura e non prendere seriamente in considerazione Maria. I cattolici e gli anglicani – conclude il documento congiunto – credono che Maria abbia un ministero particolare di intercessione attraverso la sua attiva preghiera.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'ordinazione episcopale conferita dal Cardinale Angelo Sodano a Mons. Jerzy Maculewicz, Amministratore Apostolico dell'Uzbekistan.   

 

Nelle vaticane, due pagine dedicate alla prossima Giornata mondiale della Gioventù a Colonia.

 

Nelle estere, l'intervento dell'Arcivescovo Giovanni Lajolo al terzo Vertice del Consiglio d'Europa.

Iraq: l'ayatollah Alì Al Sistani formula un appello alla fratellanza tra le comunità sciita e sunnita.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Eugenio Fizzotti dal titolo "Un messaggio aperto alla trascendenza": cent'anni dalla nascita di Victor E. Frankl.

Per l' "Osservatore libri" un articolo di Giovanni Grandi sul volume di Piero Viotto dal titolo "Raissa Maritain - Dizionario delle Opere".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la vicenda del rapimento della volontaria in Afghanistan.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

17 maggio 2005

 

 

 

L’UZBEKISTAN, DA TERRA DI SCONTRO A TERRA DI DIALOGO. LA TESTIMONIANZA

DEL NUOVO AMMINISTRATORE APOSTOLICO MONS. MACULEWICZ

 

Riprendono le tensioni in Uzbekistan dopo le ultime ore di relativa calma. Nella regione orientale, al confine con il Kirghizistan, anche oggi si sono registrati scontri a fuoco tra militari e ribelli. Migliaia di civili stanno fuggendo oltre frontiera. E sarebbero quasi 750 i morti provocati dalla repressione dei disordini scoppiati la settimana scorsa nell’est dell’Uzbekistan. Lo ha denunciato stamattina l’opposizione dell’ex repubblica sovietica. Oggi sul terreno la situazione appare tranquilla. La diplomazia internazionale, intanto, è al lavoro per risolvere la crisi. Oggi è a Washington il ministro degli Esteri britannico, Straw, che ne parlerà con il segretario di Stato americano, Condoleeza Rice. Come tutte le regioni ex sovietiche, anche l’Uzbekistan è un crocevia di culture e la piccola comunità cattolica avrà presto il primo amministratore apostolico. E’ mons. Jerzy Maculewicz, nominato vescovo da Giovanni Paolo II: nei giorni scorsi ha ricevuto la consacrazione episcopale dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano. Giancarlo La Vella ha raccolto la sua testimonianza:

 

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R. – In questo momento l’Uzbekistan si trova in una situazione molto difficile e il mio cuore forse ha un po’ di paura. Ma se Dio mi vuole mandare in questo Paese, si vede che come francescano devo diventare messaggero della bontà e della pace, che è sempre stato motto di tutti i francescani.

 

D. – Che idea si è fatto in questi giorni su quanto sta accadendo in Uzbekistan?

 

R. – Prima di tutto, non abbiamo nessuna informazione sicura. Si vede però  che la situazione è grave. In questo momento, prima di tutto, voglio pregare per questo popolo, perché veramente ci sia la pace. Noi cristiani dobbiamo aiutare il dialogo, dobbiamo far vedere che si può convivere avendo anche opinioni diverse.

 

D. – L’Uzbekistan, come tante ex repubbliche sovietiche, è un crocevia di culture. In questo caso è importante il dialogo con il mondo islamico…

 

R. – E’ importantissimo. Io vorrei ricordare che ieri mattina sono stato ricevuto in udienza dal Papa e mi ha ripetuto che dobbiamo cercare di dialogare prima di tutto con l’islam. Spero saremo, quindi, un centro per il dialogo nello spirito di Assisi.

 

D. – Qual è la realtà cattolica, cristiana, in Uzbekistan?

 

R. – Vorrei dire che questa è una Chiesa piccolissima. In questo momento sono registrate 6 parrocchie. I cattolici sono più o meno 700. E’ una Chiesa giovane. Metà dei cattolici infatti sono bambini. C’è allora grande speranza per noi.

 

D. – Tra i segni di ispirazione di un vescovo c’è sempre il proprio motto. Qual è il suo?

 

R. –Ho scelto un frammento della lettera agli ebrei: “per compiere la tua volontà”. Questo è il mio programma, perché non sono sicuro di ciò che dovrò realizzare. Mi sento legato al Papa, quando ha detto: “Non ho un programma chiaro. Prima di tutto vorrei ascoltare Dio, vorrei ascoltare la Chiesa, la gente”. In questo momento mi trovo nella stessa situazione: voglio ascoltare gli altri, voglio ascoltare Dio e compiere quello che vuole da me.

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“E’ IL MOMENTO DI SCHIERARSI”.  AI NOSTRI MICROFONI MONS. ELIO SGRECCIA

RIBADISCE LA SCELTA DELL’ASTENSIONE PER IL REFERENDUM IN ITALIA

SULLA FECONDAZIONE ARTIFICIALE

- Intervista con il presule, con Renato Balduzzi e Giuliano Ferrara -

 

 

“E’ il momento di schierarsi” così, ieri, mons. Elio Sgreccia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, nel corso di un dibattito sulla procreazione medicalmente assistita in occasione della presentazione del volume “Le mani sull'uomo. Quali frontiere per la biotecnologia?" presso la Sala del Cenacolo della Camera dei Deputati. Al confronto hanno preso parte anche il presidente dei Ds alla Camera, Luciano Violante, il direttore de Il Foglio Giuliano Ferrara e i tre autori: Balduzzi, Cirotto e Sanna. C’era per noi Massimiliano Menichetti:

 

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Non bisogna avere esitazioni “Ci viene proposto qualcosa che non è sottoponibile a referendum”. E’ dalla splendida cornice della Sala del Cenacolo della Camera dei Deputati che Mons. Sgreccia afferma nettamente uno dei criteri che muovono al “non voto” per i quattro quesiti del referendum sulla fecondazione artificiale previsto per il prossimo 12 e 13 giugno. Il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, in riferimento all’embrione, ha ribadito che “è il momento di schierarsi, e dire se l'uomo è dove inizia davvero o dove lo vogliamo mettere noi”...

 

R. - Di fronte a queste scelte qui che rispettano l’individuo umano nel momento del suo sorgere e non lo rispettano di fronte alla selezione degli individui umani è necessario prendere posizione. Credo che saremmo colpevoli di fronte alle generazioni future se non dicessimo chiaramente in questo momento chiaramente il valore che spetta all’uomo.

 

D. – Lei ha detto: dopo la fecondazione quelle cellule sono già quell’individuo, quell’uomo che sarà…

 

R. – Perché contiene tutto il valore sostanziale.  Ontologicamente è quello che psicologicamente, giuridicamente svilupperà.

 

D. –Non è un uomo solo in potenza?

 

R. – Non è un uomo in potenza. E’ già quello che si manifesterà progressivamente attraverso lo sviluppo. Anche il bambino non è uguale all’adulto, però è ontologicamente quello che sarà da adulto, da vecchio, se non muore prima.

 

Un forte richiamo alla necessità di onestà intellettuale, nel dibattito sui temi della vita, è stato mosso da Renato Balduzzi, presidente nazionale del Meic e tra gli autori del testo presentato:

 

R. – Alcuni degli argomenti che sono offerti nel dibattito non reggono ad una considerazione più approfondita. Uno di questi, per esempio, è quello secondo cui l’astensione sarebbe qualcosa di meno del voto no, del voto sì, quando nel referendum abrogativo è pacifico che ci sono tre modi per votare: votare sì, votare no, astenersi, perché unico caso in tutte le elezioni del nostro Paese l’astensione nel referendum abrogativo ha degli effetti giuridici e allora bisogna aiutare tutti quanti ad avere questa onestà intellettuale.

 

"Gli scienziati devono convincersi che non devono mettere le mani sulla vita umana". Così il direttore del quotidiano “Il Foglio” Giuliano Ferrara, intervenuto al dibattito, che ha anche contrastato l’idea della complessità dei quesiti referendari riconducibili – ha spiegato – ad un si o un no al rispetto della vita:

 

“La posizione, che io ritengo moralmente sbagliata, si afferma attraverso la deformazione della sostanza del problema. E la sostanza del problema è: per far nascere dei bambini artificialmente possiamo usare, come se fossero strumenti degli esseri umani chiamati embrioni? Questo è il problema ed è un problema semplicissimo e la risposta, secondo me, è no, un no che si può declinare come no o come astensione se si punta all’efficienza maggiore del voto”.

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SU INTERNET UN NUOVO PORTALE WWW.CIVILTADELL’AMORE.ORG

PER CREARE UNA GRANDE RETE DI SOLIDARIETA’

TRA LE ASSOCIAZIONI INTERNAZIONALI SENZA SCOPO DI LUCRO

- Con noi Giuseppe Rotunno e mons. Karel Kasteel -

 

Costruire una grande rete di solidarietà tra le associazioni internazionali del terzo settore. E’ l’obiettivo del portale www.civiltàdellamore.org creato dal comitato di collegamento dei cattolici, e presentato in questi giorni in conferenza stampa a Roma. Tra i presenti, anche Carlo Casini presidente del Movimento della Vita italiano, che ha sottolineato l’importanza di questo portale nel diffondere i progetti e gli obiettivi delle associazioni non profit. Il servizio di Marina Tomarro.

 

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Fare un’adozione a distanza, aiutare la famiglia di un carcerato o un anziano solo, finanziare un microprogetto per un Paese del Sud del mondo. Il portale per la civiltà dell’amore permette attraverso una rete di associazioni non profit di ricevere e dare aiuto. Ma quali sono i risultati ottenuti? Giuseppe Rotunno, segretario nazionale del Comitato di collegamento dei cattolici per una civiltà dell’amore.

 

“I progetti che sono presentati di questo portale sono ‘Adotta un papà del Sud del mondo’, dove già più di 500 papà attraverso i missionari sul posto lavorano; le microimprese di giovani che vogliono avviare un futuro di lavoro proprio nel sud del mondo, grazie all’aiuto di piccoli imprenditori italiani che vanno sul posto, senza andare ai numeri della Caritas e di altre grandi reti della solidarietà, come il volontariato internazionale della FOCSIV o della Comunità di Sant’Egidio con l’assistenza alle persone sole”.  

 

E questa rete di solidarietà serve a creare un mondo rivolto verso il bene. Ma cosa vuol dire collaborare alla costruzione una civiltà dell’amore? Mons. Karel Kasteel, segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum:

 

“Significa mettere in pratica il Vangelo, perché si sa bene che il Vangelo si riassume in una sola cosa: volerci bene. ‘Guardate come si vogliono bene’, si diceva dei primi cristiani. Ed è così che la Chiesa ha saputo conquistare il mondo. Se noi vogliamo rievangelizzare questa umanità, un po’ lontana da Cristo, dobbiamo amarci e dimostrare che crediamo veramente nell’amore vero: quello non egoistico, quello che pensa al prossimo, quello che pensa a chi soffre, ai genitori che non sanno come mandare avanti la famiglia, alle persone che ormai da tanti anni non stanno a casa loro, o perché rifugiati o perché espulsi, a tutte le persone che stanno nel bisogno e che soffrono ovunque. Questo è il Vangelo: essere aperti a queste persone”.

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DOMANI SERA, 18 MAGGIO, CONCERTO NELLA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIO NELL’85.MO ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI GIOVANNI PAOLO II

- Intervista con mons. Angelo Comastri -

 

La Fondazione Pro Musica e Arte Sacra, con il patrocinio del Cardinale Arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore il Cardinale Bernard Francis Law, dedicherà domani sera alle ore 21 nello splendido tempio mariano un concerto straordinario alla memoria di Papa Giovanni Paolo II nel giorno del suo 85° genetliaco e per accompagnarne il processo di beatificazione. Sarà eseguita la Missa Speravi in Te Domine del compositore contemporaneo austriaco Hubert Steppan, scritta appositamente per il Santo Padre. Il concerto sarà trasmesso in diretta da Telepace e in differita, nella medesima serata, da Sat2000. L’ingresso alla Basilica è libero. Servizio di Luca Pellegrini.

 

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Domani, 18 Maggio 2005, avrebbe dovuto essere per tutti noi un giorno di festa: l’85° genetliaco di Giovanni Paolo II. Ma, dal momento che il Padre lo ha chiamato a sé prima che vedesse questo giorno, il concerto nella Basilica mariana a lui dedicato si trasformerà in un momento di commemorazione e anche di gioia, all’indomani della splendida notizia che il Santo Padre Benedetto XVI ha voluto dar corso immediato alla sua causa di beatificazione. Quello di domani sera diventa così anche un fervido augurio teso ad accompagnare questo processo e porlo sotto la protezione di Maria Santissima Salus Populi Romani, icona davanti alla quale più volte il Papa sostò in silenziosa preghiera riaffermando la sua intensa devozione alla Madre di Dio. Sotto la direzione di Rudolf Piehlmayer, l’Orchestra Filarmonica di Augusburg in Germania e il Coro del Duomo di Klagenfurt in Austria eseguiranno per la prima volta in Italia la Missa Speravi in Te Domine di Hubert Steppan, scritta appositamente per il Santo Padre ed eseguita in prima assoluta nel 1993 a Varsavia. Il concerto sarà preceduto da un atto commemorativo che prevede un ricordo del Presidente onorario della Fondazione mons. Angelo Comastri, Vicario Generale di Sua Santità per lo Stato della Città del Vaticano, che anticipa ai nostri microfoni il suo pensiero:

 

R. - La mia riflessione si articola attorno a questo tema centrale: Giovanni Paolo II nell’epoca delle paure è stato l’uomo del coraggio, nell’epoca dei grandi compromessi e delle indecisioni programmatiche è stato l’uomo delle decisioni. E mi sembra bello mettere in luce tre aspetti. Primo atto di coraggio di Giovanni Paolo II è stato quello di difendere la pace come strumento e unico rapporto possibile fra i popoli, e l’ha difeso anche quando soffiavano venti di guerra. Io ricordo ancora l’appello accorato del 16 marzo 2003. Il Papa si affaccia alla finestra, quando già si sentivano i rombi di guerra, e dice: “Io so che cos’è la guerra. Io ho il dovere di ricordare a costoro – e costoro sono quelli che credono nella guerra – che la guerra moltiplica i problemi e non li risolve, la guerra aumenta l’odio e non crea la pace”. Secondo, Giovanni Paolo II è stato l’uomo coraggioso nel difendere la famiglia, in un’epoca in cui si vorrebbe tutto livellare e addirittura eliminare l’umanità dell’uomo, togliendo la distinzione uomo-donna, padre-madre. Questo lo renderà benemerito per tutta la storia. Terzo grandissimo atto di coraggio di Giovanni Paolo II: la difesa della vita. Ha difeso la vita indistintamente e indiscriminatamente. Bianca, rossa o gialla, giovane o anziana, sana o ammalata, all’inizio o alla fine, la vita va difesa sempre, perché se si apre un argine nella difesa della vita, la vita è sempre a rischio. Non per nulla, è stato ancora lui a ricordarlo, i grandi totalitarismi del secolo scorso sono tutti partiti da errori antropologici, errori nella lettura dell’umanità dell’uomo, perché se si dà a qualcuno il diritto di stabilire che una vita è da vivere e l’altra è da uccidere è finita. E anche su questo Giovanni Paolo II ha parlato con estrema chiarezza e io ricorderò questo suo coraggio. Il concerto non sarà altro che un grazie, un grazie sicuramente sproporzionato, perché non basta un concerto per dire grazie ad un uomo di questo genere, ma vorrà essere il nostro piccolo grazie a quest’uomo coraggioso nell’epoca delle paure.

 

Prima dell'inizio del concerto la "Sperduta", l'antica campana di Santa Maria Maggiore, suonerà a lutto per tre minuti e ad essa si unirà contemporaneamente, da molto lontano, la campana papale della chiesa di S. Lubentius a Dietkirchen in Germania, che egli stesso ha benedetto nel 1980 in occasione della sua prima visita apostolica alla nazione tedesca. Subito dopo si espanderanno nella Basilica romana le note dell’ “Adagio per archi” di Samuel Barber.

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CHIESA E SOCIETA’

17 maggio 2005

 

 

INAUGURATA A LIMA LA 30.MA ASSEMBLEA DEL CONSIGLIO EPISCOPALE

LATINOAMERICANO (CELAM) CHE QUEST’ANNO CELEBRA IL SUO 50.MO ANNIVERSARIO.

IL CELAM PROMUOVE L’ATTIVITÀ PASTORALE DELLA CHIESA IN AMERICA LATINA

 

LIMA. = Il Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM) celebra quest’anno il suo 50.mo anniversario. In occasione di questa ricorrenza, si è aperta a Lima, in Perù, la XXX Assemblea plenaria del CELAM. Sono previsti gli interventi del sottosegretario del Pontificio Consiglio per i Laici, Guzmán Carriquiry, e dell’arcivescovo emerito di Paranà, mons. Estanislao Karlic. Il Consiglio episcopale latinoamericano è un organismo che promuove l’attività pastorale della Chiesa in America Latina. Sono molteplici le tappe storiche che hanno portato alla sua istituzione. Tra queste, si deve registrare la fondazione, nel 1858 a Roma, del Collegio Pio Latino Americano, dove sono stati formati diversi vescovi. Nel 1899, il Concilio plenario latinoamericano, convocato da Papa Leone XIII e tenutosi a Roma, ha poi gettato le basi per lo sviluppo della vita ecclesiastica e spirituale nel continente. Dopo queste importanti premesse, le Chiese dell’America Latina hanno quindi istituito il CELAM: la prima Conferenza dell’Episcopato latinoamericano si è tenuta a Rio de Janeiro dal 25 luglio al 4 agosto del 1955 ed ha aperto il cammino a successivi incontri. La seconda Conferenza, dedicata al tema “La Chiesa nell’attuale trasformazione dell’America latina alla luce del Concilio” e inaugurata da Papa Paolo VI, si è svolta nel 1968 a Medellin, in Colombia. La terza, incentrata sul tema dell’evangelizzazione nel presente e nel futuro dell’America Latina, si è tenuta nel 1979 a Puebla di Los Angeles, in Messico. La quarta Conferenza, svoltasi nel 1992 a Santo Domingo, è stata dedicata ai temi della promozione umana e della cultura cristiana. Frutto di queste quattro Conferenze sono importanti documenti che, interpretati alla luce degli insegnamenti del magistero della Chiesa, contengono orientamenti dottrinali e pastorali per la nuova evangelizzazione in America Latina. La decisione di convocare una quinta Conferenza può essere presa da Papa Benedetto XVI. Il CELAM rappresenta tutte le Conferenze episcopali del Continente americano ad eccezione di Stati Uniti e Canada. (A.L.)

 

 

IN INDIA, ARRESTATI DALLA POLIZIA DELL’ORISSA QUATTRO GIOVANI

PERCHÉ DISTRIBUIVANO DELLE BIBBIE ALLA POPOLAZIONE LOCALE

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

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BHUBANESHWAR. = Quattro giovani cattolici nello Stato indiano dell’Orissa sono stati arrestati per aver distribuito copie della Bibbia. I giovani sono accusati di presunta conversione al cristianesimo di 300 famiglie indù della zona. Nello Stato dell’Orissa, l’Atto di libertà religiosa stabilisce che un fedele indù deve ricevere l’autorizzazione da parte dell’amministrazione distrettuale prima di poter abbracciare una nuova religione. La mancanza di tale comunicazione può determinare provvedimenti e interventi delle autorità. La situazione della comunità cattolica in Orissa è difficile: negli ultimi anni si sono verificati diversi episodi di violenza verso minoranze religiose e comunità cristiane con lo scopo di riportare all’induismo i convertiti al cristianesimo. Lo scorso 26 agosto, un gruppo di fondamentalisti ha fatto irruzione in una chiesa distruggendo statue e oggetti religiosi. La polizia locale aveva dichiarato che l’aggressione sarebbe avvenuta dopo il presunto lancio di sassi contro commercianti del posto da parte di alcuni cristiani. Nel 2003, i leader delle Chiese cristiane hanno chiesto alla Commissione nazionale per le minoranze di porre fine alla campagna di riconversioni forzate, che avvengono in un’atmosfera di intimidazione.

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UN SUPPLEMENTO DI AVVENIRE, L’INTITOLAZIONE DI UNA CIMA DEL GRAN SASSO,

 LA PROCLAMAZIONE DI UN ANNO SPECIALE IN RUSSIA E LA PRESENTAZIONE

DI UNA STATUA IN PARAGUAY. SONO ALCUNE DELLE INIZIATIVE DEDICATE DOMANI

 A GIOVANNI PAOLO II, IN OCCASIONE DELL’85.MO ANNIVERSARIO DELLA SUA NASCITA

 

MILANO – MOSCA – ASUNCIÓN. = Si moltiplicano le iniziative organizzate per celebrare, domani, l’85.mo anniversario della nascita di Giovanni Paolo II. Il quotidiano cattolico Avvenire offrirà un contributo editoriale. Il supplemento di 80 pagine a colori  raccoglie interviste, articoli e commenti. Sempre domani, si svolgerà una cerimonia di intitolazione a Giovanni Paolo II di una cima e di un sentiero del Gran Sasso. Ad essere dedicata a Papa Wojtyła è una vetta alta 2.424 metri, che assumerà il nome di “Cima Giovanni Paolo II”. Verrà inoltre battezzato con il nome di  “Sentiero Papa Wojtyła” il percorso che permette di raggiungere la cima della montagna partendo dalla chiesetta medioevale di San Pietro della Ienca, dove Giovanni Paolo II ha spesso sostato in preghiera durante le escursioni nell’Appennino abruzzese. L’arcidiocesi moscovita della “Madre di Dio” proclamerà, inoltre, un anno dedicato alla memoria di Karol Wojtyla. Nel corso dell’anno, in tutte le parrocchie dell’arcidiocesi verrà esposta una mostra fotografica e saranno proposti i libri di Giovanni Paolo II tradotti in russo. In Paraguay è prevista, domani mattina, la presentazione di una statua in onore di Giovanni Paolo II. La statua, offerta dalle forze armate del Paraguay, è stata collocata nel presidio dell'Aeronautica di Ñu Guazú, una località visitata dal Papa nel corso della visita pastorale nel Paese latinoamericano del 1988. L’opera verrà scoperta al termine di una liturgia eucaristica presieduta dall’Arcivescovo di Asunción, mons. Pastor Cuquejo. (A.L.)

 

 

LE DONNE KUWAITIANE POTRANNO VOTARE. LO HA DECISO IL PARLAMENTO DEL PAESE ARABO, RICONOSCENDO ALLE DONNE TUTTI I DIRITTI ELETTORALI

 

KUWAIT. = L’obiettivo storico è stato raggiunto a sorpresa dopo giorni di discussione. Il testo di legge, nato come progetto per riconoscere il diritto delle donne al solo voto amministrativo, ha successivamente subito modifiche per volere del primo ministro, Sabah Al Ahmad Al Sabah. Durante la presentazione in aula, infatti, il premier ha chiesto all’Assemblea legislativa di riconoscere tutti i diritti politici. Alla fine, il Parlamento ha approvato il testo con 35 voti a favore, 23 contro e un astenuto. Per la prima volta nella storia del Kuwait, le donne sono chiamate a partecipare attivamente alla vita politica del Paese. Sarà peró tecnicamente impossibile per loro votare o candidarsi alle elezioni amministrative del prossimo 2 giugno. Lo storico appuntamento con le urne è così rinviato ad una nuova data da definirsi. (D.L.)

 

 

NELLE FILIPPINE I VESCOVI RIBADISCONO IL LORO ‘NO’ ALLO SFRUTTAMENTO

MINERARIO INTENSIVO DEL SOTTOSUOLO VOLUTO DAL GOVERNO DI MANILA

 

MANILA. = “Ci uniamo con il cuore e con la mente nel sostegno della nostra comunità e diciamo un fermo no allo sfruttamento intensivo delle risorse minerarie”. Questo il commento espresso da tre vescovi filippini della parte settentrionale dell'Isola di Luzon. Secondo i tre porporati il piano minerario promosso dal governo produrrebbe tensioni sociali in una zona prevalentemente abitata da tribù indigene nonché ingenti danni all'ecosistema. In una dichiarazione ufficiale i tre vescovi, tra cui il vice presidente della Conferenza episcopale delle Filippine (CBCP), mons. Oscar Cruz, hanno ribadito di non approvare la decisione del presidente Gloria Macapagal Arroyo di incoraggiare gli investimenti stranieri per dare maggiore impulso al settore minerario. Mons Oscar Cruz ha inoltre affermato che questa politica  “porterà solo un guadagno economico a breve termine a spese di danni ecologici a lungo termine”. Al momento, nel nord dell’isola di Luzon sono 7 i grandi progetti di estrazione di oro e rame in fase di espansione o sviluppo. Già a febbraio in una lettera ufficiale alla Arroyo l’arcivescovo di Davao e presidente della CBCP, mons. Fernando Capalla, chiedeva al governo di riconsiderare i costi ecologici e sociali dello sviluppo economico. (D.L.)

 

 

IN PROGRAMMA DALL’11 AL 17 SETTEMBRE PRESSO IL MONASTERO DI BOSE

IN PIEMONTE IL 13.MO CONVEGNO ECUMENICO INTERNAZIONALE

 DI SPIRITUALITA’ ORTODOSSA

- A cura di Giovanni Peduto -

 

BIELLA. = Dall’11 al 17 settembre 2005, il monastero di Bose a Biella, in Piemonte, ospiterà il XIII Convegno ecumenico Internazionale di Spiritualità ortodossa, organizzato con il patrocinio del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e del Patriarcato di Mosca. L’iniziativa intende offrire un’occasione di scambio fraterno e riflessione comune sulle radici della spiritualità cristiana, di cui, nelle sessioni bizantina e russa, saranno studiati due momenti essenziali, ricchi di echi e conseguenze nel dialogo ecumenico e interreligioso contemporaneo: Giovanni di Damasco, un padre al sorgere dell’Islam (11-13 settembre 2005); Andrej Rublev e l’icona russa (15-17 settembre 2005). La prima sessione analizzerà la figura di Giovanni di Damasco e la sua epoca. Quando all’orizzonte dei Paesi del vicino Oriente si profila l’affermarsi di una nuova potenza politica e di una nuova fede religiosa, l’Islam, Giovanni tenta un dialogo con questa realtà nascente, e raccoglie l’eredità cristiana in una delle prime sintesi teologiche. La sua difesa della legittimità dell’icona, inoltre, apre in seno al cristianesimo la possibilità di uno straordinario sviluppo artistico, che nella seconda sessione, dedicata ad Andrej Rublev e all’icona russa, sarà approfondito da un’angolatura particolare: la centralità della bellezza nella vita cristiana, come è stata colta dalla tradizione ortodossa russa nella sua dimensione artistica, liturgica, spirituale. Al Convegno, accanto ai maggiori specialisti a livello internazionale, sono attesi metropoliti, vescovi e monaci delle Chiese ortodosse, della Chiesa cattolica e delle Chiese della Riforma.

 

 

PRESENTATO IERI ALLA COLUMBIA UNIVERSITY “MEMORIA E IDENTITÀ”,

 L’ULTIMO LIBRO DI GIOVANNI PAOLO II. ALLA PRESENTAZIONE HA PARTECIPATO

ANCHE IL NUNZIO ALL’ONU, L’ARCIVESCOVO CELESTINO MIGLIORE

- A cura di Paolo Mastrolilli -

 

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NEW YORK. = Gli ultimi anni, mesi e giorni della vita di Giovanni Paolo II sono stati un “miracolo moderno”, tanto per il modo in cui i media li hanno raccontati, quanto per come li hanno vissuti i fedeli e l’intera comunità internazionale. E’ la riflessione che ha fatto il cardinale di New York, Edwar Egan, intervenendo ieri alla Columbia University alla presentazione del libro “Memoria e identità”, a cui ha partecipato anche il nunzio all’ONU, l’arcivescovo Celestino Migliore. Il porporato ha descritto le emozioni provate durante i funerali di Giovanni Paolo II e ha ricordato l’omelia dell’allora cardinale Ratzinger, in cui egli diceva che Karol Wojtyla osservava la cerimonia dalla Casa del Padre. L’arcivescovo di New York ha sottolineato l’identità polacca di Giovanni Paolo II, che emerge con forza nel suo ultimo libro e si fonde con i suoi valori e la sua fede. Quindi, ha aggiunto che Wojtyla guarda dal Paradiso il suo amico Benedetto XVI, convinto che con l’aiuto di Dio svolgerà bene la sua missione come lui. Il teologo, padre Gnaus, ha evidenziato le differenze di identità tra la Polonia cattolica e gli Stati Uniti, prima nazione universale imbevuta di una tradizione protestante a volte anti-cattolica. Ma poi ha ricordato l’evento storico del presidente George W.Bush, suo padre e Clinton inginocchiati davanti al corpo di Giovanni Paolo II, come un segno del mutamento profondo generato dal Papa polacco anche in America. Padre Lorenzo Albacete, teologo di New York, ha concluso richiamando la convergenza tra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI nel considerare la tensione tra il cristianesimo e le idee dell’illuminismo come uno dei principali problemi che la Chiesa oggi fronteggia, proprio perché il mondo non riconosce più come queste idee di libertà e dignità umana siano in realtà radicate nel cristianesimo.

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24 ORE NEL MONDO

17 maggio 2005

                                 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Un portavoce dei taleban ha smentito il coinvolgimento dalla sua organizzazione nel rapimento, ieri sera a Kabul, dell'italiana Clementina Cantoni. La polizia di Kabul riferisce di aver ricevuto una  rivendicazione da parte di un gruppo criminale che avrebbe proposto uno scambio con alcuni detenuti. Intanto, c’è la mobilitazione delle autorità internazionali e tante testimonianze di chi conosce l’impegno di cooperante della giovane donna. Il nostro servizio:

 

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Clementina Cantoni, 32 anni, volontaria per l'organizzazione umanitaria Care International, è stata presa ostaggio ieri sera da quattro uomini armati, in pieno centro di Kabul, nella zona meglio controllata dalla forza Nato. Il ministero degli Esteri italiano fa sapere che per giungere alla ''pronta  soluzione'' del rapimento è stato istituito un  ''tavolo di coordinamento'' tra l'ambasciata d'Italia a Kabul, l'Isaf (la forza di stabilizzazione della Nato in Afghanistan)  ed il ministero per la Sicurezza afghano. E da Bruxelles lo stesso segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, assicura che la forza Nato farà tutto ciò che è in suo potere.   

 

C’è da dire che diverse centinaia di  vedove afghane che hanno ricevuto assistenza dalla cooperatrice italiana, si sono  radunate intorno ad un centro aiuti di Kabul per chiederne l'immediata liberazione. E il parroco di Kabul, mons. Giuseppe Moretti, spiega che la popolazione vive come ''un'offesa'' il rapimento. Per gli operatori presenti in Afghanistan confessa la sua preoccupazione la portavoce dell'Alto Commissariato dell'Onu per i rifugiati (Unhcr), Laura Boldrini, che definisce il rapimento di Clementina Cantoni emblematico.

 

Sulla situazione generale in Afghanistan si pronuncia il sottosegretario agli Esteri, Margherita Boniver, che parla di “un quadro generale di deterioramento della sicurezza che comincia a proccupare parecchio anche perchè non collegato ad alcun fatto contingente quale potrebbe essere una scadenza elettorale''. E poi il ministro della Difesa, Antonio Martino, che rievoca la situazione in Bosnia nel 1995 per inquadrare l'Afghanistan di oggi.

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I musulmani non tollereranno alcun insulto ai loro valori sacri, specialmente il sacro Corano”. Lo ha detto oggi il presidente del Parlamento  iraniano, Gholamali Haddad Adel, parlando davanti all'assemblea  sulla notizia, resa nota dal settimanale americano Newsweek e  poi ritrattata, che copie del Corano erano state dissacrate da  alcune guardie nel campo di prigionia di Guantanamo. ''L'odio dei musulmani verso gli Usa - ha aggiunto Haddad  Adel - si mostra oggi più che in ogni altro tempo, e questo  dimostra la natura degli attuali dirigenti americani e la loro  ostilità verso l'Islam''.

 

Un soldato americano è stato ucciso e un altro è rimasto leggermente ferito oggi a nord di Baghdad nell'esplosione di un ordigno al passaggio della pattuglia di cui facevano parte. Secondo dati proprio di oggi, dall'invasione americana dell'Iraq, marzo 2003, il bilancio  dei soldati americani morti supera i 1.600. Intanto si discute a proposito del carcere di Abu Ghraib, situato alle periferia di Baghdad e divenuto tristemente famoso per lo scandalo delle torture ai danni di prigionieri iracheni. Il ministro della Giustizia iracheno, Abdul Husseini Shandel, ha affermato che potrebbe presto passare dal controllo dell'esercito Usa a quello del nuovo governo iracheno, assieme all'altro centro di detenzione di Camp Bucca, nel sud dell'Iraq. Secondo la stampa irachena, Shandel, ha riferito che negoziati sono in corso con l'esercito Usa e che “la presenza di un governo eletto in Iraq aiuta e incoraggia le autorità americane a trasferire compiti simili alle autorità irachene''. Nei due centri di detenzione di Abu Ghraib e Camp Bucca, sono attualmente reclusi 9.350 prigionieri iracheni, più della metà dei 16.700 detenuti complessivamente reclusi in Iraq.

 

Una separazione totale e  unilaterale tra Israele e la Striscia di Gaza, soprattutto sotto  l'aspetto economico, dopo il ritiro dello stato ebraico da  questa regione è impossibile. Lo ha affermato, secondo quanto ha riferito stamane la radio pubblica israeliana, il coordinatore delle attività di Israele nei Territori  palestinesi, generale Yusef Machleb.  L' ufficiale, in un rapporto, raccomanda al governo  israeliano di permettere a 15 mila manovali pendolari  palestinesi di Gaza e ad altri 20 mila della Cisgiordania di  lavorare in Israele per i prossimi tre anni.

 

Il presidente della commissione  dell'Unione africana (Ua), Alpha Omar Konarè, è oggi a  Bruxelles per incontri al massimo livello con la Nato e  con l'Unione europea. Al quartier generale dell'Alleanza atlantica si è parlato dell’appoggio logistico che la Nato dotrebbe fornire in Darfur, la regione sudanese in grave crisi umanitaria. A fine aprile l'Unione Africana aveva chiesto alla Nato un ''sostegno logistico'', non un intervento armato di truppe, per la sua missione di pace in Darfur e oggi Konarè, dopo l’incontro, si è detto fiducioso. La crisi umanitaria del Darfur, innescata da uno scontro fra due gruppi ribelli locali e i famigerati miliziani Janjaweed appoggiati dal governo, era iniziata nel febbraio del 2003 e, secondo dati UE, ha causato quasi due milioni di profughi. Sulle vittime, circolano stime comprese tra 180 mila e 300 mila. 

 

Il Fronte etiopico democratico rivoluzionario del popolo (Eprdf, al governo), ha annunciato di aver riportato ''una vittoria schiacciante'' nelle elezioni legislative che si sono svolte domenica nel Paese, ma l'opposizione si avvia ad un'ampia, ed in parte attesa, vittoria ad Addis Abeba, come in altri centri urbani. L'opposizione, dal canto suo, prende tempo prima di pronunciarsi definitivamente sulla regolarità del voto nelle campagne. Gli osservatori internazionali (UE ed Istituto Carter), oltre che quelli locali, parlano, almeno per il  momento, di irregolarità marginali nel voto, non tali comunque da inficiarlo. In ogni caso, va detto che si tratta delle  prime elezioni politiche veramente democratiche nella storia dell'Etiopia. 

 

Sei militari sono rimasti uccisi a causa dell'esplosione di una mina che ha distrutto il veicolo militare sul quale viaggiavano. Lo ha reso noto la rete televisiva turca Ntv precisando che l'eccidio è avvenuto sul monte Grabbar, nei pressi della città orientale di Shirnak, la cui regione è teatro da qualche settimana di frequenti scontri tra militari turchi e militanti dell'organizzazione separatista curda Pkk.

 

Germania, Giappone, Brasile e India hanno presentato ieri alle Nazioni Unite a New York una bozza di risoluzione per l'allargamento del Consiglio di sicurezza a 25 stati, di cui sei permanenti e quattro non.   Secondo quanto riferisce oggi in prima pagina la Frankfurter Allgemeine Zeitung, i 'quattro' stati - che ambiscono a entrare nel gruppo dei sei nuovi Paesi con seggio permanente - vorrebbero che la risoluzione per l'allargamento del Consiglio venisse votata gia' a giugno. Nel testo tuttavia non si menzionano per nome i Paesi aspiranti al seggio ma vengono solo indicate le aree geografiche da cui dovrebbero provenire i sei nuovi membri permanenti e i quattro non.

 

In Italia si discute sul risultato delle elezioni comunali in Sicilia: riconfermato sindaco di Catania,  Umberto Scapagnini, farmacologo e  medico personale di Silvio Berlusconi, che ha battuto il candidato di centrosinistra Enzo Bianco. L’Unione ha vinto invece nell’altra città capoluogo, Enna, mentre per quattro comuni sarà  ballottaggio. Domenica 15 e lunedì 16 maggio i cittadini sono andati al voto per eleggere i consigli comunali in 38 comuni.

E' cominciato oggi dinanzi alla Corte regionale di Vladikavkaz il processo al terrorista ceceno, unico superstite, secondo le autorità, del commando che il primo settembre del 2004 assaltò la scuola numero 1 di Beslan, in Ossezia, prendendo in ostaggio oltre mille persone. Il nostro servizio:

 

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Un sequestro sfociato nel sangue con la morte di 330 persone (aggressori esclusi), 186 delle quali bambini. Nur-Pasha Kulaiev, di 24 anni, ha già riconosciuto la propria colpevolezza, ma ha negato di aver personalmente ucciso nella Scuola numero 1. La prima udienza si è risolta nell'avvio della lettura del capo d'accusa: sequestro plurimo, strage e terrorismo. Ma il processo è destinato a proseguire per qualche mese, con l'audizione prevista di centinaia di persone. Attorno alla Corte, protetta da un massiccio dispositivo di sicurezza, si sono riunite decine di parenti delle vittime, che nel recente passato hanno contestato le autorità federali russe e, soprattutto, quelle regionali ossete, per non aver saputo prevenire il sequestro, nè scongiurare il massacro. La vicenda si concluse nel sangue dopo tre giorni, con una confusa battaglia esplosa improvvisamente in pieno giorno tra i sequestratori e gruppi sparsi delle forze di sicurezza che circondavano la scuola. L'assalto di Beslan, città dell’Ossezia nella Russia meridionale, fu realizzato secondo gli investigatori da un commando multinazionale di 30 uomini e due donne kamikaze (31 dei quali uccisi nello scontro finale) giunti in Ossezia dalle vicine regioni dell'Inguscezia e della Cecenia (Caucaso russo). A rivendicarne la paternità fu poi il principale capo militare della guerriglia islamico-secessionista cecena Shamil Basaiev.

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Un'esplosione di gas ha ucciso 21 minatori nel sud della Cina, nell' ultimo di una serie interminabile di incidenti nell' industria estrattiva cinese. Lo  afferma oggi l'agenzia ufficiale Nuova Cina. L'incidente è avvenuto in una piccola miniera nei pressi di Panzhihua, nella provincia del Sichuan. L'agenzia afferma che, secondo le prime indagini, la sciagura è avvenuta a causa dei ''metodi impropri'' usati per la ricerca nel sottosuolo. Dieci dei 31 operai che si trovavano nella miniera al momento dell'esplosione sono stati salvati. L' industria mineraria cinese è la più pericolosa del mondo. L'anno scorso oltre seimila minatori sono morti in incidenti sul lavoro.

 

 

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