RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
137 - Testo della trasmissione di martedì 17 maggio 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
Su internet un nuovo portale
www.civiltadell’amore.org per creare
una grande rete di solidarieta’
CHIESA E SOCIETA’:
Kuwait: concesso alle donne il diritto di voto
Presentato ieri alla Columbia
University “Memoria e identità”, l’ultimo libro di Giovanni Paolo II
Afghanistan: rivendicato il rapimento della cooperatrice italiana.
17
maggio 2005
I VESCOVI DEL RWANDA A
ROMA IN VISITA AD LIMINA
PER PRESENTARE A BENEDETTO XVI L’IMPEGNO PASTORALE
DI RINASCITA DI UN PAESE CHE NON HA DIMENTICATO IL
GENOCIDIO DEL ‘94
Da ieri mattina, in Vaticano, i
vescovi rwandesi hanno iniziato la loro visita ad Limina. E’ una Conferenza episcopale ricostruita quella che si
presenta per la prima volta davanti a Benedetto XVI, dopo la pagina nera del
genocidio che ne aveva decimato i ranghi.
Giovedì scorso, incontrando il clero romano, il Papa aveva definito
l’Africa “un continente di grandissime possibilità e grandissima generosità
della sua gente”. Ed è su queste qualità - e sulla fede dei cattolici che
rappresentano oltre il 60% del Paese – che puntano oggi i vescovi rwandesi, per
restituire la serenità ad una nazione che ha bisogno ancora oggi, per
decifrarne la fisionomia e intuirne il futuro, di ritornare ai giorni che ne
hanno condizionato per sempre le vicende recenti. Il servizio di Alessandro De
Carolis:
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(Musica)
C’è una data-spartiacque che
permette di capire la storia del Rwanda. Il 6 aprile 1994, l’aereo sul quale
sta viaggiando il presidente Juvénal Habyarimana viene abbattuto. Il presidente
muore e con lui perde la vita anche Cyprien Ntaryamira, presidente del Burundi,
a bordo dell’aereo. Da quel momento, il Rwanda che c’era prima, pur travagliato
da una violenta instabilità, sparisce, polverizzato da 100 giorni di massacri.
Hutu contro tutsi, due etnie rivali da sempre, i primi in stragrande
maggioranza ma per molti anni sudditi dei secondi. Sotto l’azione degli
estremisti hutu, il Paese viene travolto dal gorgo di un eccidio, il cui
simbolo di morte è la lama del machete e una fossa comune come agghiacciante
epilogo. Tre mesi dopo, circa 800 mila uomini, donne e bambini tutsi – e hutu
moderati - non esistono più. Altri tre milioni sono scappati. Il tutto sotto
gli occhi miopi del mondo – l’ONU, come i singoli governi - che assistono con
colpevole inerzia a quell’allucinante e pianificata follia, senza trovare il
modo di abbozzare un’iniziativa. Anche la Chiesa locale vive un prima e un
dopo. Il genocidio quasi la annienta, strappandole quattro vescovi, 103
sacerdoti, 65 religiose, 47 fratelli. Giovanni Paolo II è sgomento, lancia
appelli a ripetizione. “Basta col sangue” esclama a gran voce durante il Regina Coeli del 15 maggio ’94. “Tutti –
dice - dovranno rispondere dei loro crimini davanti alla storia e,a anzitutto,
davanti a Dio”. Il 9 giugno, in un messaggio ai vescovi e ai fedeli del Rwanda,
Papa Wojtyla si dice “profondamente sconvolto” dall’“orrore” della morte del presidente
della Conferenza episcopale locale, il vescovo Thaddée Nsengiyumva, e di altri
due vescovi, oltre che di altri membri della comunità ecclesiale. “Supplico
tutti gli abitanti del Rwanda, così come i responsabili delle nazioni che
possono dare il loro aiuto, di fare tutto il possibile affinché si aprano le
vie della concordia e della ricostruzione del Paese così gravemente colpito”.
Nel luglio del ‘94, il Fronte
patriottico rwandese, di marca tutsi, riesce a compattarsi e riconquistare la
leadership. Il genocidio si ferma, ma l’eredità è pesantissima. Oltre ai morti,
si contano 14 mila vedove e 300 mila orfani. Il Paese inizia a fare i conti con
se stesso. A novembre di quello stesso anno, le Nazioni Unite istituiscono a
Arusha, in Tanzania, un Tribunale penale internazionale per processare i
responsabili dei massacri. Ma è una giustizia lenta e le autorità rwandesi decidono
di provvedere da sole. Nel 2001, sorgono 11 mila tribunali tradizionali (i
cosiddetti “Gacaca”), ciascuno composto di 19 membri eletti per acclamazione
popolare. Davanti a loro un compito immane, per un giudizio che oltrepassa il
mero atto processuale e arriva direttamente alle coscienze, alla capacità di
saper imboccare la via della riconciliazione. “Dopo che il Paese è stato per
anni in balia dell’odio e della violenza”, disse Giovanni Paolo II il 13
dicembre 2002 al nuovo ambasciatore rwandese presso la Santa Sede, solo
“favorendo l’unità nazionale nel rispetto delle sensibilità e delle opinioni”,
si potrà consentire “alle generazioni presenti e future di imparare nuovamente
a vivere come fratelli, in un Paese riconciliato e prospero”. Un saldo con il
passato che si annuncia lento, giacché si calcola che almeno 115 mila persone
siano in attesa di giudizio e che addirittura un milione potrebbero finire
sotto processo, secondo una dichiarazione rilasciata lo scorso gennaio alla
Reuters da un alto funzionario della Giustizia rwandese. Ed è dunque qui, nei
gangli di una società in cui l’odio e la vendetta sono ancora sentimenti vivi,
che anche l’attuale Chiesa del Rwanda ha scelto di operare – si legge nei
documenti episcopali - con una “pastorale di riconciliazione” diretta a
ricucire le ferite e a porre le basi per la pace.
(Musica)
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NOMINE
Negli Stati Uniti, Benedetto XVI
ha nominato vescovo coadiutore della diocesi di Fort Worth mons. Kevin W. Vann,
del clero della diocesi di Springfield in Illinois, finora vicario episcopale
per il Clero e parroco della Blessed Sacrament Parish a Springfield.
Mons. Vann è nato a Springfield ne 1951. È stato ordinato sacerdote nel 1981.
Sempre negli Stati Uniti, il
Papa ha nominato vescovo di Honolulu, nelle Hawaii, il reverendo Clarence Silva, del clero di Oakland, vicario
generale. Nato nel 1949 ad Honolulu, mons. Silva è stato ordinato sacerdote nel
1975 ed incardinato nella diocesi di Oakland.
PER AFFRONTARE LE SFIDE
DEL TERZO MILLENNIO, I POPOLI EUROPEI
SIANO ANIMATI DAI VALORI FONDAMENTALI DELLA DIFESA
DELLA DIGNITA’ UMANA E DELLA LIBERTA’: COSI’, L’ARCIVESCOVO GIOVANNI LAJOLO
NELL’INTERVENTO AL TERZO VERTICE DEI CAPI DI STATO E DI GOVERNO DEL CONSIGLIO
D’EUROPA, A VARSAVIA. IL CAPO DELLA DELEGAZIONE VATICANA HA RIBADITO IL RUOLO
PREMINENTE DEL CRISTIANESIMO NELLA FORMAZIONE DEL
COMUNE PATRIMONIO EUROPEO
- Servizio di Alessandro Gisotti -
Per rispondere alle tante sfide
di questo inizio millennio, il Vecchio Continente deve essere animato dai suoi
valori fondamentali, che affondano le proprie radici nel Cristianesimo. E’ il
richiamo dell’arcivescovo Giovanni Lajolo,
segretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati, intervenuto al
Terzo Vertice dei Capi di Stato e di Governo del Consiglio d’Europa, ieri e
oggi a Varsavia. Il presule ha portato al summit i saluti di Papa
Benedetto XVI, che, ha evidenziato, “con la scelta del nome ha anche inteso
ricordare un grande artefice della civiltà europea”. Quindi, ha ricordato
l’incessante e appassionato impegno europeista di Giovanni Paolo II, figura di
straordinaria rilevanza per la Polonia, Paese che ospita il vertice. Il
servizio di Alessandro Gisotti:
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“L’Europa potrà essere amata dai
suoi cittadini ed operare come fattore di pace e di civiltà nel mondo soltanto
se sarà animata da alcuni valori fondamentali: la promozione della dignità dell’uomo
e dei suoi diritti fondamentali”, “in primo luogo la libertà di coscienza e di
religione”; “la ricerca del bene comune in spirito di solidarietà e il rispetto
delle identità nazionali e culturali”. E’ quanto sottolineato dall’arcivescovo
Giovanni Lajolo, che nel suo
discorso, all’importante assiste europea, si è soffermato sui valori fondanti
del Vecchio Continente. Mons. Lajolo ha ricordato il “ruolo preminente che il
cristianesimo ha avuto nel formare ed arricchire tale patrimonio”, un ruolo “a tutti
ben noto” che “non può essere ignorato.
Il presule ha, così, rivolto l’attenzione alle sfide poste oggi
alle società europee, sfide che provengono dal suo “dinamismo interno” e che
riguardano il suo “approccio ai problemi mondiali”. Proprio il Consiglio
d’Europa, “come garante della sicurezza democratica”, ha rilevato l’arcivescovo
Lajolo, si trova a confrontare una duplice esigenza: da una parte, “il principio di uguaglianza non torni a scapito
della tutela della legittima diversità”; dall’altra, “il principio di libertà
individuale non venga svincolato dal suo naturale inserimento nella totalità
delle relazioni sociali”.
D’altro canto, mons. Lajolo ha
messo l’accento anche su queste sfide che provengono dai grandi problemi
mondiali ereditati dal XX secolo: la minaccia nucleare, l’insorgere dei
fondamentalismi politico-religiosi e, ancora, i fenomeni migratori e alcune
situazioni di pericolosa instabilità come la Bosnia-Erzegovina e il Kosovo,
“entrambe bisognose di un assetto sicuro” nel rispetto delle minoranze. La
Santa Sede, ha assicurato il presule, offre “l’appoggio proprio e di tutta la
Chiesa cattolica, perché a tali sfide si dia una risposta adeguata”. Il
messaggio di fraternità del Vangelo e l’impegno al dialogo ecumenico ed interreligioso,
ha proseguito, si possono saldare con l’impegno al dialogo politico e interculturale.
L’ultima parte dell’intervento,
l’arcivescovo Lajolo l’ha dedicata all’architettura europea. Il presule ha auspicato un “migliore
coordinamento delle organizzazioni europee”. Finalità richiesta “da ciò che
costituisce l’originalità creativa del progetto europeo”. Non serve, dunque,
solo un efficace funzionamento delle singole istituzioni, ma anche una
“equilibrata sinergia”, “che consenta ai cittadini europei di percepire
l’Europa come la loro casa comune”. In tale contesto, ha lodato quanto fatto
dal Consiglio d’Europa con le sue oltre 190 convenzioni. Un’esperienza
preziosa, ha dichiarato, “perché traccia i contorni di ciò che potrebbe
diventare un progetto di società europea”. Per quanto riguarda l’Unione Europea,
questa deve continuare il comune impegno per “il rafforzamento dei diritti
umani e della protezione legale dei cittadini europei”. Né ha mancato di parlare
dell’Osce, l’Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza d’Europa,
che, ha riconosciuto, nella sua dimensione transatlantica si contraddistingue
per il “mantenimento della pace in un mondo globalizzato”.
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IL CULTO DI MARIA NON DIVIDA CATTOLICI E
ANGLICANI.
COSI’ IL DOCUMENTO CONGIUNTO
CATTOLICO-ANGLICANO PRESENTATO IERI NEGLI STATI
UNITI
Con una solenne Liturgia dei
Vespri nella Cattedrale cittadina di St. James, è stata ufficialmente
presentata ieri a Seattle, negli Stati Uniti, la dichiarazione della Commissione
Internazionale Cattolica – Anglicana (Arcic) dal titolo “Maria: Grazia e
Speranza in Cristo”. Il documento, frutto di una riflessione quinquennale,
è il quinto elaborato dalla Commissione dalla sua istituzione nel 1982 su mandato
di Giovanni Paolo II e dell’allora Primate anglicano Robert Runcie. Il testo
non va considerato come emanazione dell’Autorità della Chiesa cattolica e della
Comunione Anglicana, le quali si riservano di studiarlo ulteriormente e di
valutarne il contenuto.
Questo quinto documento, che
conclude il secondo ciclo del dialogo teologico cattolico-anglicano a livello
internazionale, riconosce, in sostanza, che il culto di Maria, tanto radicato
nella tradizione cattolica come in quella ortodossa, non dovrebbe essere motivo
di sostanziali divisioni teologiche tra le due Chiese, dato che ha il suo
fondamento nelle Scritture e nel cristianesimo delle origini e che quindi può
considerarsi parte anche del patrimonio anglicano.
Attraverso “l’analisi delle
comuni credenze dottrinali sulla Beata Vergine”, spiega il testo, la Commissione
si è proposta di preparare il terreno per un’interpretazione condivisa dei
dogmi mariani dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione di Maria solennemente
proclamati dalla Chiesa cattolica nel 1854
e nel 1950 e che per 150 anni hanno diviso, tra gli altri, cattolici e
anglicani. Nell’introduzione, i due co-presidenti dell’Arcic, Mons. Alexander
Brunett, vescovo di Seattle, e
l'Arcivescovo Peter Carnley, Primate della Chiesa Anglicana di Australia,
precisano che in esso vengono affrontate “definizioni dogmatiche che sono parte
integrante della fede dei cattolici, ma sono in gran parte estranee a quella
degli anglicani”. Nonostante le
discordanze il testo afferma comunque che è impossibile essere fedeli alla
Scrittura e non prendere seriamente in considerazione Maria. I cattolici e gli
anglicani – conclude il documento congiunto – credono che Maria abbia un
ministero particolare di intercessione attraverso la sua attiva preghiera.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l'ordinazione episcopale conferita dal Cardinale Angelo Sodano
a Mons. Jerzy Maculewicz, Amministratore Apostolico dell'Uzbekistan.
Nelle
vaticane, due pagine dedicate alla prossima Giornata mondiale della Gioventù a
Colonia.
Nelle
estere, l'intervento dell'Arcivescovo Giovanni Lajolo al terzo Vertice del
Consiglio d'Europa.
Iraq:
l'ayatollah Alì Al Sistani formula un appello alla fratellanza tra le comunità
sciita e sunnita.
Nella
pagina culturale, un articolo di Eugenio Fizzotti dal titolo "Un messaggio
aperto alla trascendenza": cent'anni dalla nascita di Victor E. Frankl.
Per l' "Osservatore libri" un articolo di
Giovanni Grandi sul volume di Piero Viotto dal titolo "Raissa Maritain -
Dizionario delle Opere".
Nelle
pagine italiane, in primo piano la vicenda del rapimento della volontaria in
Afghanistan.
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17
maggio 2005
L’UZBEKISTAN, DA TERRA
DI SCONTRO A TERRA DI DIALOGO. LA TESTIMONIANZA
DEL NUOVO AMMINISTRATORE APOSTOLICO MONS. MACULEWICZ
Riprendono le tensioni in Uzbekistan dopo le ultime ore di
relativa calma. Nella regione orientale, al confine con il Kirghizistan, anche
oggi si sono registrati scontri a fuoco tra militari e ribelli. Migliaia di
civili stanno fuggendo oltre frontiera. E sarebbero quasi 750 i morti provocati
dalla repressione dei disordini scoppiati la settimana scorsa nell’est
dell’Uzbekistan. Lo ha denunciato stamattina l’opposizione dell’ex repubblica
sovietica. Oggi sul terreno la situazione appare tranquilla. La diplomazia
internazionale, intanto, è al lavoro per risolvere la crisi. Oggi è a
Washington il ministro degli Esteri britannico, Straw, che ne parlerà con il
segretario di Stato americano, Condoleeza Rice. Come tutte le regioni ex sovietiche,
anche l’Uzbekistan è un crocevia di culture e la piccola comunità cattolica
avrà presto il primo amministratore apostolico. E’ mons. Jerzy Maculewicz, nominato
vescovo da Giovanni Paolo II: nei giorni scorsi ha ricevuto la consacrazione episcopale
dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano. Giancarlo La Vella ha
raccolto la sua testimonianza:
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R. – In questo momento l’Uzbekistan si trova in una situazione molto
difficile e il mio cuore forse ha un po’ di paura. Ma se Dio mi vuole mandare
in questo Paese, si vede che come francescano devo diventare messaggero della
bontà e della pace, che è sempre stato motto di tutti i francescani.
D. – Che idea si è fatto in
questi giorni su quanto sta accadendo in Uzbekistan?
R. – Prima di tutto, non abbiamo
nessuna informazione sicura. Si vede però
che la situazione è grave. In questo momento, prima di tutto, voglio
pregare per questo popolo, perché veramente ci sia la pace. Noi cristiani
dobbiamo aiutare il dialogo, dobbiamo far vedere che si può convivere avendo
anche opinioni diverse.
D. – L’Uzbekistan, come tante ex
repubbliche sovietiche, è un crocevia di culture. In questo caso è importante
il dialogo con il mondo islamico…
R. – E’ importantissimo. Io
vorrei ricordare che ieri mattina sono stato ricevuto in udienza dal Papa e mi
ha ripetuto che dobbiamo cercare di dialogare prima di tutto con l’islam. Spero
saremo, quindi, un centro per il dialogo nello spirito di Assisi.
D. – Qual è la realtà cattolica,
cristiana, in Uzbekistan?
R. – Vorrei dire che questa è
una Chiesa piccolissima. In questo momento sono registrate 6 parrocchie. I
cattolici sono più o meno 700. E’ una Chiesa giovane. Metà dei cattolici infatti
sono bambini. C’è allora grande speranza per noi.
D. – Tra i segni di ispirazione
di un vescovo c’è sempre il proprio motto. Qual è il suo?
R. –Ho scelto un frammento della
lettera agli ebrei: “per compiere la tua volontà”. Questo è il mio programma,
perché non sono sicuro di ciò che dovrò realizzare. Mi sento legato al Papa,
quando ha detto: “Non ho un programma chiaro. Prima di tutto vorrei ascoltare
Dio, vorrei ascoltare la Chiesa, la gente”. In questo momento mi trovo nella
stessa situazione: voglio ascoltare gli altri, voglio ascoltare Dio e compiere
quello che vuole da me.
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“E’
IL MOMENTO DI SCHIERARSI”. AI NOSTRI
MICROFONI MONS. ELIO SGRECCIA
RIBADISCE LA SCELTA
DELL’ASTENSIONE PER IL REFERENDUM IN ITALIA
SULLA FECONDAZIONE
ARTIFICIALE
- Intervista con il
presule, con Renato Balduzzi e Giuliano Ferrara -
“E’ il momento di schierarsi” così, ieri, mons. Elio Sgreccia, Presidente
della Pontificia Accademia per la Vita, nel corso di un dibattito sulla
procreazione medicalmente assistita in occasione della presentazione del volume
“Le mani sull'uomo. Quali frontiere per la biotecnologia?" presso la Sala
del Cenacolo della Camera dei Deputati. Al confronto hanno preso parte anche il
presidente dei Ds alla Camera, Luciano Violante, il direttore de Il Foglio
Giuliano Ferrara e i tre autori: Balduzzi, Cirotto e Sanna. C’era per noi
Massimiliano Menichetti:
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Non bisogna avere esitazioni “Ci
viene proposto qualcosa che non è sottoponibile a referendum”. E’ dalla
splendida cornice della Sala del Cenacolo della Camera dei Deputati che Mons.
Sgreccia afferma nettamente uno dei criteri che muovono al “non voto” per i quattro
quesiti del referendum sulla fecondazione artificiale previsto per il prossimo
12 e 13 giugno. Il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, in
riferimento all’embrione, ha ribadito che “è il momento di schierarsi, e dire
se l'uomo è dove inizia davvero o dove lo vogliamo mettere noi”...
R. - Di fronte a queste scelte
qui che rispettano l’individuo umano nel momento del suo sorgere e non lo
rispettano di fronte alla selezione degli individui umani è necessario prendere
posizione. Credo che saremmo colpevoli di fronte alle generazioni future se non
dicessimo chiaramente in questo momento chiaramente il valore che spetta
all’uomo.
D. – Lei ha detto: dopo la
fecondazione quelle cellule sono già quell’individuo, quell’uomo che sarà…
R. – Perché contiene tutto il valore
sostanziale. Ontologicamente è quello
che psicologicamente, giuridicamente svilupperà.
D. –Non è un uomo solo in
potenza?
R. – Non è un uomo in potenza. E’ già quello che si
manifesterà progressivamente attraverso lo sviluppo. Anche il bambino non è
uguale all’adulto, però è ontologicamente quello che sarà da adulto, da
vecchio, se non muore prima.
Un forte richiamo alla necessità
di onestà intellettuale, nel dibattito sui temi della vita, è stato mosso da
Renato Balduzzi, presidente nazionale del Meic e tra gli autori del testo
presentato:
R. – Alcuni degli argomenti che sono offerti nel
dibattito non reggono ad una considerazione più approfondita. Uno di questi,
per esempio, è quello secondo cui l’astensione sarebbe qualcosa di meno del
voto no, del voto sì, quando nel referendum abrogativo è pacifico che ci sono
tre modi per votare: votare sì, votare no, astenersi, perché unico caso in
tutte le elezioni del nostro Paese l’astensione nel referendum abrogativo ha
degli effetti giuridici e allora bisogna aiutare tutti quanti ad avere questa
onestà intellettuale.
"Gli scienziati devono
convincersi che non devono mettere le mani sulla vita umana". Così il
direttore del quotidiano “Il Foglio” Giuliano Ferrara, intervenuto al
dibattito, che ha anche contrastato l’idea della complessità dei quesiti referendari
riconducibili – ha spiegato – ad un si o un no al rispetto della vita:
“La
posizione, che io ritengo moralmente sbagliata, si afferma attraverso la deformazione
della sostanza del problema. E la sostanza del problema è: per far nascere dei
bambini artificialmente possiamo usare, come se fossero strumenti degli esseri
umani chiamati embrioni? Questo è il problema ed è un problema semplicissimo e
la risposta, secondo me, è no, un no che si può declinare come no o come
astensione se si punta all’efficienza maggiore del voto”.
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SU INTERNET UN NUOVO PORTALE WWW.CIVILTADELL’AMORE.ORG
PER CREARE UNA GRANDE RETE DI SOLIDARIETA’
TRA LE ASSOCIAZIONI INTERNAZIONALI SENZA SCOPO DI
LUCRO
- Con noi Giuseppe Rotunno e mons. Karel Kasteel -
Costruire una grande rete di
solidarietà tra le associazioni internazionali del terzo settore. E’
l’obiettivo del portale www.civiltàdellamore.org
creato dal comitato di collegamento dei cattolici, e presentato in questi
giorni in conferenza stampa a Roma. Tra i presenti, anche Carlo Casini presidente
del Movimento della Vita italiano, che ha sottolineato l’importanza di questo
portale nel diffondere i progetti e gli obiettivi delle associazioni non profit. Il servizio di Marina
Tomarro.
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Fare un’adozione a distanza, aiutare la famiglia di
un carcerato o un anziano solo, finanziare un microprogetto per un Paese del
Sud del mondo. Il portale per la civiltà dell’amore permette attraverso una
rete di associazioni non profit di ricevere e dare aiuto. Ma quali sono
i risultati ottenuti? Giuseppe Rotunno, segretario nazionale del Comitato di
collegamento dei cattolici per una civiltà dell’amore.
“I progetti che sono
presentati di questo portale sono ‘Adotta un papà del Sud del mondo’, dove già
più di 500 papà attraverso i missionari sul posto lavorano; le microimprese di
giovani che vogliono avviare un futuro di lavoro proprio nel sud del mondo,
grazie all’aiuto di piccoli imprenditori italiani che vanno sul posto, senza
andare ai numeri della Caritas e di altre grandi reti della solidarietà, come
il volontariato internazionale della FOCSIV o della Comunità di Sant’Egidio con
l’assistenza alle persone sole”.
E questa rete di solidarietà serve
a creare un mondo rivolto verso il bene. Ma cosa vuol dire collaborare alla
costruzione una civiltà dell’amore? Mons. Karel Kasteel, segretario del Pontificio
Consiglio Cor Unum:
“Significa mettere in pratica il Vangelo, perché si sa bene che il
Vangelo si riassume in una sola cosa: volerci bene. ‘Guardate come si vogliono
bene’, si diceva dei primi cristiani. Ed è così che la Chiesa ha saputo
conquistare il mondo. Se noi vogliamo rievangelizzare questa umanità, un po’
lontana da Cristo, dobbiamo amarci e dimostrare che crediamo veramente
nell’amore vero: quello non egoistico, quello che pensa al prossimo, quello che
pensa a chi soffre, ai genitori che non sanno come mandare avanti la famiglia,
alle persone che ormai da tanti anni non stanno a casa loro, o perché rifugiati
o perché espulsi, a tutte le persone che stanno nel bisogno e che soffrono ovunque.
Questo è il Vangelo: essere aperti a queste persone”.
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DOMANI
SERA, 18 MAGGIO, CONCERTO NELLA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIO NELL’85.MO
ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI GIOVANNI PAOLO II
-
Intervista con mons. Angelo Comastri -
La Fondazione Pro Musica e Arte
Sacra, con il patrocinio del Cardinale Arciprete della Basilica di Santa Maria
Maggiore il Cardinale Bernard Francis Law, dedicherà domani sera alle ore 21
nello splendido tempio mariano un concerto straordinario alla memoria di Papa
Giovanni Paolo II nel giorno del suo 85° genetliaco e per accompagnarne il
processo di beatificazione. Sarà eseguita la Missa Speravi in Te
Domine del compositore contemporaneo austriaco Hubert Steppan, scritta appositamente
per il Santo Padre. Il concerto sarà trasmesso in diretta da Telepace e in
differita, nella medesima serata, da Sat2000. L’ingresso alla Basilica è
libero. Servizio di Luca Pellegrini.
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Domani, 18 Maggio 2005, avrebbe
dovuto essere per tutti noi un giorno di festa: l’85° genetliaco di Giovanni
Paolo II. Ma, dal momento che il Padre lo ha chiamato a sé prima che vedesse
questo giorno, il concerto nella Basilica mariana a lui dedicato si trasformerà
in un momento di commemorazione e anche di gioia, all’indomani della splendida
notizia che il Santo Padre Benedetto XVI ha voluto dar corso immediato alla sua
causa di beatificazione. Quello di domani sera diventa così anche un fervido
augurio teso ad accompagnare questo processo e porlo sotto la protezione di
Maria Santissima Salus Populi Romani, icona davanti alla quale più volte
il Papa sostò in silenziosa preghiera riaffermando la sua intensa devozione
alla Madre di Dio. Sotto la direzione di Rudolf Piehlmayer,
l’Orchestra Filarmonica di Augusburg in Germania e il Coro del Duomo di Klagenfurt
in Austria eseguiranno per la prima volta in Italia la Missa Speravi in
Te Domine di Hubert Steppan, scritta appositamente per il Santo Padre ed
eseguita in prima assoluta nel 1993 a Varsavia. Il concerto sarà preceduto da
un atto commemorativo che prevede un ricordo del Presidente onorario della
Fondazione mons. Angelo Comastri, Vicario Generale di Sua Santità per lo Stato
della Città del Vaticano, che anticipa ai nostri microfoni il suo pensiero:
R. - La mia riflessione si articola attorno a questo tema centrale:
Giovanni Paolo II nell’epoca delle paure è stato l’uomo del coraggio,
nell’epoca dei grandi compromessi e delle indecisioni programmatiche è stato
l’uomo delle decisioni. E mi sembra bello mettere in luce tre aspetti. Primo
atto di coraggio di Giovanni Paolo II è stato quello di difendere la pace come
strumento e unico rapporto possibile fra i popoli, e l’ha difeso anche quando
soffiavano venti di guerra. Io ricordo ancora l’appello accorato del 16 marzo
2003. Il Papa si affaccia alla finestra, quando già si sentivano i rombi di
guerra, e dice: “Io so che cos’è la guerra. Io ho il dovere di ricordare a
costoro – e costoro sono quelli che credono nella guerra – che la guerra
moltiplica i problemi e non li risolve, la guerra aumenta l’odio e non crea la
pace”. Secondo, Giovanni Paolo II è stato l’uomo coraggioso nel difendere la
famiglia, in un’epoca in cui si vorrebbe tutto livellare e addirittura eliminare
l’umanità dell’uomo, togliendo la distinzione uomo-donna, padre-madre. Questo
lo renderà benemerito per tutta la storia. Terzo grandissimo atto di coraggio
di Giovanni Paolo II: la difesa della vita. Ha difeso la vita indistintamente e
indiscriminatamente. Bianca, rossa o gialla, giovane o anziana, sana o ammalata,
all’inizio o alla fine, la vita va difesa sempre, perché se si apre un argine
nella difesa della vita, la vita è sempre a rischio. Non per nulla, è stato
ancora lui a ricordarlo, i grandi totalitarismi del secolo scorso sono tutti
partiti da errori antropologici, errori nella lettura dell’umanità dell’uomo,
perché se si dà a qualcuno il diritto di stabilire che una vita è da vivere e
l’altra è da uccidere è finita. E anche su questo Giovanni Paolo II ha parlato
con estrema chiarezza e io ricorderò questo suo coraggio. Il concerto non sarà
altro che un grazie, un grazie sicuramente sproporzionato, perché non basta un
concerto per dire grazie ad un uomo di questo genere, ma vorrà essere il nostro
piccolo grazie a quest’uomo coraggioso nell’epoca delle paure.
Prima dell'inizio del concerto
la "Sperduta", l'antica campana di Santa Maria Maggiore, suonerà a
lutto per tre minuti e ad essa si unirà contemporaneamente, da molto lontano,
la campana papale della chiesa di S. Lubentius a Dietkirchen in Germania, che
egli stesso ha benedetto nel 1980 in occasione della sua prima visita
apostolica alla nazione tedesca. Subito dopo si espanderanno nella Basilica
romana le note dell’ “Adagio per archi” di Samuel Barber.
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17
maggio 2005
INAUGURATA A LIMA LA 30.MA ASSEMBLEA DEL CONSIGLIO EPISCOPALE
LATINOAMERICANO (CELAM)
CHE QUEST’ANNO CELEBRA IL SUO 50.MO ANNIVERSARIO.
IL CELAM PROMUOVE
L’ATTIVITÀ PASTORALE DELLA CHIESA IN AMERICA LATINA
LIMA. = Il Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM) celebra
quest’anno il suo 50.mo anniversario. In occasione di questa ricorrenza, si è
aperta a Lima, in Perù, la XXX Assemblea plenaria del CELAM. Sono previsti gli
interventi del sottosegretario del Pontificio Consiglio per i Laici, Guzmán
Carriquiry, e dell’arcivescovo emerito di Paranà, mons. Estanislao Karlic. Il
Consiglio episcopale latinoamericano è un organismo che promuove l’attività
pastorale della Chiesa in America Latina. Sono molteplici le tappe storiche che
hanno portato alla sua istituzione. Tra queste, si deve registrare la
fondazione, nel 1858 a Roma, del Collegio Pio Latino Americano, dove sono stati
formati diversi vescovi. Nel 1899, il Concilio plenario latinoamericano,
convocato da Papa Leone XIII e tenutosi a Roma, ha poi gettato le basi per lo
sviluppo della vita ecclesiastica e spirituale nel continente. Dopo queste
importanti premesse, le Chiese dell’America Latina hanno quindi istituito il
CELAM: la prima Conferenza dell’Episcopato latinoamericano si è tenuta a Rio de
Janeiro dal 25 luglio al 4 agosto del 1955 ed ha aperto il cammino a successivi
incontri. La seconda Conferenza, dedicata al tema “La Chiesa nell’attuale
trasformazione dell’America latina alla luce del Concilio” e inaugurata da Papa
Paolo VI, si è svolta nel 1968 a Medellin, in Colombia. La terza, incentrata
sul tema dell’evangelizzazione nel presente e nel futuro dell’America Latina,
si è tenuta nel 1979 a Puebla di Los Angeles, in Messico. La quarta Conferenza,
svoltasi nel 1992 a Santo Domingo, è stata dedicata ai temi della promozione
umana e della cultura cristiana. Frutto di queste quattro Conferenze sono
importanti documenti che, interpretati alla luce degli insegnamenti del
magistero della Chiesa, contengono orientamenti dottrinali e pastorali per la
nuova evangelizzazione in America Latina. La decisione di convocare una quinta
Conferenza può essere presa da Papa Benedetto XVI. Il CELAM rappresenta tutte
le Conferenze episcopali del Continente americano ad eccezione di Stati Uniti e
Canada. (A.L.)
IN INDIA, ARRESTATI DALLA POLIZIA DELL’ORISSA QUATTRO GIOVANI
PERCHÉ DISTRIBUIVANO
DELLE BIBBIE ALLA POPOLAZIONE LOCALE
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
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BHUBANESHWAR. = Quattro
giovani cattolici nello Stato indiano dell’Orissa sono stati arrestati per aver
distribuito copie della Bibbia. I giovani sono accusati di presunta conversione
al cristianesimo di 300 famiglie indù della zona. Nello Stato dell’Orissa, l’Atto di libertà religiosa stabilisce che un fedele indù
deve ricevere l’autorizzazione da parte dell’amministrazione distrettuale prima
di poter abbracciare una nuova religione. La mancanza di tale comunicazione può
determinare provvedimenti e interventi delle autorità. La situazione della
comunità cattolica in Orissa è difficile: negli ultimi anni si sono verificati
diversi episodi di violenza verso minoranze religiose e comunità cristiane con
lo scopo di riportare all’induismo i convertiti al cristianesimo. Lo scorso 26
agosto, un gruppo di fondamentalisti ha fatto irruzione in una chiesa
distruggendo statue e oggetti religiosi. La polizia locale aveva dichiarato che
l’aggressione sarebbe avvenuta dopo il presunto lancio di sassi contro
commercianti del posto da parte di alcuni cristiani. Nel 2003, i leader delle
Chiese cristiane hanno chiesto alla Commissione nazionale per le minoranze di
porre fine alla campagna di riconversioni forzate, che avvengono in
un’atmosfera di intimidazione.
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UN SUPPLEMENTO DI AVVENIRE, L’INTITOLAZIONE DI UNA CIMA DEL GRAN SASSO,
LA PROCLAMAZIONE DI UN ANNO SPECIALE IN RUSSIA E LA PRESENTAZIONE
DI UNA STATUA IN PARAGUAY.
SONO ALCUNE DELLE INIZIATIVE DEDICATE DOMANI
A GIOVANNI PAOLO II, IN OCCASIONE DELL’85.MO ANNIVERSARIO DELLA
SUA NASCITA
MILANO – MOSCA – ASUNCIÓN. = Si moltiplicano le iniziative organizzate
per celebrare, domani, l’85.mo anniversario della nascita di Giovanni Paolo II.
Il quotidiano cattolico Avvenire
offrirà un contributo editoriale. Il supplemento di 80 pagine a colori raccoglie interviste, articoli e commenti.
Sempre domani, si svolgerà una cerimonia di intitolazione a Giovanni Paolo II
di una cima e di un sentiero del Gran Sasso. Ad essere dedicata a Papa
Wojtyła è una vetta alta 2.424 metri, che assumerà il nome di “Cima
Giovanni Paolo II”. Verrà inoltre battezzato con il nome di “Sentiero Papa Wojtyła” il percorso che
permette di raggiungere la cima della montagna partendo dalla chiesetta
medioevale di San Pietro della Ienca, dove Giovanni Paolo II ha spesso sostato
in preghiera durante le escursioni nell’Appennino abruzzese. L’arcidiocesi
moscovita della “Madre di Dio” proclamerà, inoltre, un anno dedicato alla
memoria di Karol Wojtyla. Nel corso dell’anno, in tutte le parrocchie
dell’arcidiocesi verrà esposta una mostra fotografica e saranno proposti i
libri di Giovanni Paolo II tradotti in russo. In Paraguay è prevista, domani
mattina, la presentazione di
una statua in onore di Giovanni Paolo II. La statua, offerta dalle forze armate
del Paraguay, è stata collocata nel presidio dell'Aeronautica di Ñu Guazú, una località visitata dal Papa nel corso della visita pastorale
nel Paese latinoamericano del 1988. L’opera verrà scoperta al termine di una
liturgia eucaristica presieduta dall’Arcivescovo di Asunción, mons. Pastor Cuquejo. (A.L.)
LE DONNE KUWAITIANE POTRANNO VOTARE. LO HA DECISO
IL PARLAMENTO DEL PAESE ARABO, RICONOSCENDO ALLE DONNE TUTTI I DIRITTI
ELETTORALI
KUWAIT. = L’obiettivo storico è stato raggiunto a sorpresa dopo giorni di
discussione. Il testo di legge, nato come progetto per riconoscere il diritto
delle donne al solo voto amministrativo, ha successivamente subito modifiche
per volere del primo ministro, Sabah Al Ahmad Al Sabah. Durante la
presentazione in aula, infatti, il premier ha chiesto all’Assemblea legislativa
di riconoscere tutti i diritti politici. Alla fine, il Parlamento ha approvato
il testo con 35 voti a favore, 23 contro e un astenuto. Per la prima volta
nella storia del Kuwait, le donne sono chiamate a partecipare attivamente alla
vita politica del Paese. Sarà peró tecnicamente impossibile per loro votare o
candidarsi alle elezioni amministrative del prossimo 2 giugno. Lo storico
appuntamento con le urne è così rinviato ad una nuova data da definirsi. (D.L.)
NELLE FILIPPINE I
VESCOVI RIBADISCONO IL LORO ‘NO’ ALLO SFRUTTAMENTO
MINERARIO INTENSIVO DEL SOTTOSUOLO VOLUTO
DAL GOVERNO DI MANILA
MANILA. = “Ci uniamo con il cuore e con la mente nel sostegno della
nostra comunità e diciamo un fermo no allo sfruttamento intensivo delle risorse
minerarie”. Questo il commento espresso da tre vescovi filippini della parte
settentrionale dell'Isola di Luzon. Secondo i tre porporati il piano minerario
promosso dal governo produrrebbe tensioni sociali in una zona prevalentemente
abitata da tribù indigene nonché ingenti danni all'ecosistema. In una
dichiarazione ufficiale i tre vescovi, tra cui il vice presidente della
Conferenza episcopale delle Filippine (CBCP), mons. Oscar Cruz, hanno ribadito
di non approvare la decisione del presidente Gloria Macapagal Arroyo di
incoraggiare gli investimenti stranieri per dare maggiore impulso al settore
minerario. Mons Oscar Cruz ha inoltre affermato che questa politica “porterà solo un guadagno economico a breve
termine a spese di danni ecologici a lungo termine”. Al
momento, nel nord dell’isola di Luzon sono 7 i grandi progetti di estrazione di
oro e rame in fase di espansione o sviluppo. Già a febbraio in una lettera ufficiale
alla Arroyo l’arcivescovo di Davao e presidente della CBCP, mons. Fernando
Capalla, chiedeva al governo di riconsiderare i costi ecologici e sociali dello
sviluppo economico. (D.L.)
IN PROGRAMMA DALL’11 AL 17 SETTEMBRE PRESSO IL
MONASTERO DI BOSE
IN PIEMONTE IL 13.MO CONVEGNO ECUMENICO
INTERNAZIONALE
DI
SPIRITUALITA’ ORTODOSSA
- A cura di Giovanni Peduto -
BIELLA. = Dall’11 al 17 settembre 2005, il
monastero di Bose a Biella, in Piemonte, ospiterà il XIII Convegno ecumenico
Internazionale di Spiritualità ortodossa, organizzato con il patrocinio del
Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e del Patriarcato di Mosca.
L’iniziativa intende offrire un’occasione di scambio fraterno e riflessione
comune sulle radici della spiritualità cristiana, di cui, nelle sessioni bizantina
e russa, saranno studiati due momenti essenziali, ricchi di echi e conseguenze
nel dialogo ecumenico e interreligioso contemporaneo: Giovanni di Damasco,
un padre al sorgere dell’Islam (11-13 settembre 2005); Andrej Rublev e
l’icona russa (15-17 settembre 2005). La prima sessione analizzerà la
figura di Giovanni di Damasco e la sua epoca. Quando all’orizzonte dei Paesi
del vicino Oriente si profila l’affermarsi di una nuova potenza politica e di
una nuova fede religiosa, l’Islam, Giovanni tenta un dialogo con questa realtà
nascente, e raccoglie l’eredità cristiana in una delle prime sintesi
teologiche. La sua difesa della legittimità dell’icona, inoltre, apre in seno
al cristianesimo la possibilità di uno straordinario sviluppo artistico, che
nella seconda sessione, dedicata ad Andrej Rublev e all’icona russa, sarà
approfondito da un’angolatura particolare: la centralità della bellezza nella
vita cristiana, come è stata colta dalla tradizione ortodossa russa nella sua
dimensione artistica, liturgica, spirituale. Al Convegno, accanto ai maggiori
specialisti a livello internazionale, sono attesi metropoliti, vescovi e monaci
delle Chiese ortodosse, della Chiesa cattolica e delle Chiese della Riforma.
PRESENTATO
IERI ALLA COLUMBIA UNIVERSITY “MEMORIA E IDENTITÀ”,
L’ULTIMO LIBRO DI GIOVANNI PAOLO II. ALLA PRESENTAZIONE HA PARTECIPATO
ANCHE IL NUNZIO ALL’ONU,
L’ARCIVESCOVO CELESTINO MIGLIORE
- A cura di Paolo
Mastrolilli -
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NEW
YORK. = Gli ultimi anni, mesi e giorni della vita di Giovanni Paolo II sono
stati un “miracolo moderno”, tanto per il modo in cui i media li hanno
raccontati, quanto per come li hanno vissuti i fedeli e l’intera comunità
internazionale. E’ la riflessione che ha fatto il cardinale di New York, Edwar
Egan, intervenendo ieri alla Columbia University alla presentazione del libro
“Memoria e identità”, a cui ha partecipato anche il nunzio all’ONU,
l’arcivescovo Celestino Migliore. Il porporato ha descritto le emozioni provate
durante i funerali di Giovanni Paolo II e ha ricordato l’omelia dell’allora
cardinale Ratzinger, in cui egli diceva che Karol Wojtyla osservava la
cerimonia dalla Casa del Padre. L’arcivescovo di New York ha sottolineato
l’identità polacca di Giovanni Paolo II, che emerge con forza nel suo ultimo
libro e si fonde con i suoi valori e la sua fede. Quindi, ha aggiunto che Wojtyla
guarda dal Paradiso il suo amico Benedetto XVI, convinto che con l’aiuto di Dio
svolgerà bene la sua missione come lui. Il teologo, padre Gnaus, ha evidenziato
le differenze di identità tra la Polonia cattolica e gli Stati Uniti, prima
nazione universale imbevuta di una tradizione protestante a volte
anti-cattolica. Ma poi ha ricordato l’evento storico del presidente George W.Bush, suo padre e Clinton inginocchiati davanti al corpo di
Giovanni Paolo II, come un segno del mutamento profondo generato dal Papa
polacco anche in America. Padre Lorenzo Albacete, teologo di New York, ha
concluso richiamando la convergenza tra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI nel
considerare la tensione tra il cristianesimo e le idee dell’illuminismo come
uno dei principali problemi che la Chiesa oggi fronteggia, proprio perché il
mondo non riconosce più come queste idee di libertà e dignità umana siano in
realtà radicate nel cristianesimo.
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17
maggio 2005
- A cura di Fausta Speranza -
Un
portavoce dei taleban ha smentito il coinvolgimento dalla sua organizzazione
nel rapimento, ieri sera a Kabul, dell'italiana Clementina Cantoni. La polizia
di Kabul riferisce di aver ricevuto una
rivendicazione da parte di un gruppo criminale che avrebbe proposto uno
scambio con alcuni detenuti. Intanto, c’è la mobilitazione delle autorità
internazionali e tante testimonianze di chi conosce l’impegno di cooperante
della giovane donna. Il nostro servizio:
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Clementina
Cantoni, 32 anni, volontaria per l'organizzazione umanitaria Care International,
è stata presa ostaggio ieri sera da quattro uomini armati, in pieno centro di
Kabul, nella zona meglio controllata dalla forza Nato. Il ministero degli
Esteri italiano fa sapere che per giungere alla ''pronta soluzione'' del rapimento è stato istituito
un ''tavolo di coordinamento'' tra
l'ambasciata d'Italia a Kabul, l'Isaf (la forza di stabilizzazione della Nato
in Afghanistan) ed il ministero per la
Sicurezza afghano. E da Bruxelles lo stesso segretario generale della Nato,
Jaap de Hoop Scheffer, assicura che la forza Nato farà tutto ciò che è in suo
potere.
C’è da
dire che diverse centinaia di vedove
afghane che hanno ricevuto assistenza dalla cooperatrice italiana, si sono radunate intorno ad un centro aiuti di Kabul
per chiederne l'immediata liberazione. E il parroco di Kabul, mons. Giuseppe
Moretti, spiega che la popolazione vive come ''un'offesa'' il rapimento. Per
gli operatori presenti in Afghanistan confessa la sua preoccupazione la
portavoce dell'Alto Commissariato dell'Onu per i rifugiati (Unhcr), Laura
Boldrini, che definisce il rapimento di Clementina Cantoni emblematico.
Sulla
situazione generale in Afghanistan si pronuncia il sottosegretario agli Esteri,
Margherita Boniver, che parla di “un quadro generale di deterioramento della sicurezza
che comincia a proccupare parecchio anche perchè non collegato ad alcun fatto
contingente quale potrebbe essere una scadenza elettorale''. E poi il ministro
della Difesa, Antonio Martino, che rievoca la situazione in Bosnia nel 1995 per
inquadrare l'Afghanistan di oggi.
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“I musulmani non tollereranno
alcun insulto ai loro valori sacri, specialmente il sacro Corano”. Lo ha detto
oggi il presidente del Parlamento iraniano,
Gholamali Haddad Adel, parlando davanti all'assemblea sulla notizia, resa nota dal settimanale americano Newsweek
e poi ritrattata, che copie del Corano
erano state dissacrate da alcune
guardie nel campo di prigionia di Guantanamo. ''L'odio dei musulmani verso gli
Usa - ha aggiunto Haddad Adel - si
mostra oggi più che in ogni altro tempo, e questo dimostra la natura degli attuali dirigenti americani e la
loro ostilità verso l'Islam''.
Un
soldato americano è stato ucciso e un altro è rimasto leggermente ferito oggi a
nord di Baghdad nell'esplosione di un ordigno al passaggio della pattuglia di
cui facevano parte. Secondo dati proprio di oggi, dall'invasione americana
dell'Iraq, marzo 2003, il bilancio dei
soldati americani morti supera i 1.600. Intanto si discute a proposito del
carcere di Abu Ghraib, situato alle periferia di Baghdad e divenuto tristemente
famoso per lo scandalo delle torture ai danni di prigionieri iracheni. Il
ministro della Giustizia iracheno, Abdul Husseini Shandel, ha affermato che
potrebbe presto passare dal controllo dell'esercito Usa a quello del nuovo governo
iracheno, assieme all'altro centro di detenzione di Camp Bucca, nel sud dell'Iraq.
Secondo la stampa irachena, Shandel, ha riferito che negoziati sono in corso
con l'esercito Usa e che “la presenza di un governo eletto in Iraq aiuta e incoraggia
le autorità americane a trasferire compiti simili alle autorità irachene''. Nei
due centri di detenzione di Abu Ghraib e Camp Bucca, sono attualmente reclusi
9.350 prigionieri iracheni, più della metà dei 16.700 detenuti complessivamente
reclusi in Iraq.
Una separazione
totale e unilaterale tra Israele e la
Striscia di Gaza, soprattutto sotto
l'aspetto economico, dopo il ritiro dello stato ebraico da questa regione è impossibile. Lo ha
affermato, secondo quanto ha riferito stamane la radio pubblica israeliana, il
coordinatore delle attività di Israele nei Territori palestinesi, generale Yusef Machleb. L' ufficiale, in un rapporto, raccomanda al governo israeliano di permettere a 15 mila manovali
pendolari palestinesi di Gaza e ad
altri 20 mila della Cisgiordania di
lavorare in Israele per i prossimi tre anni.
Il
presidente della commissione
dell'Unione africana (Ua), Alpha Omar Konarè, è oggi a Bruxelles per incontri al massimo livello
con la Nato e con l'Unione europea. Al
quartier generale dell'Alleanza atlantica si è parlato dell’appoggio logistico
che la Nato dotrebbe fornire in Darfur, la regione sudanese in grave crisi umanitaria.
A fine aprile l'Unione Africana aveva chiesto alla Nato un ''sostegno logistico'',
non un intervento armato di truppe, per la sua missione di pace in Darfur e
oggi Konarè, dopo l’incontro, si è detto fiducioso. La crisi umanitaria del
Darfur, innescata da uno scontro fra due gruppi ribelli locali e i famigerati
miliziani Janjaweed appoggiati dal governo, era iniziata nel febbraio del 2003
e, secondo dati UE, ha causato quasi due milioni di profughi. Sulle vittime,
circolano stime comprese tra 180 mila e 300 mila.
Il
Fronte etiopico democratico rivoluzionario del popolo (Eprdf, al governo), ha
annunciato di aver riportato ''una vittoria schiacciante'' nelle elezioni
legislative che si sono svolte domenica nel Paese, ma l'opposizione si avvia ad
un'ampia, ed in parte attesa, vittoria ad Addis Abeba, come in altri centri
urbani. L'opposizione, dal canto suo, prende tempo prima di pronunciarsi
definitivamente sulla regolarità del voto nelle campagne. Gli osservatori
internazionali (UE ed Istituto Carter), oltre che quelli locali, parlano,
almeno per il momento, di irregolarità
marginali nel voto, non tali comunque da inficiarlo. In ogni caso, va detto che
si tratta delle prime elezioni
politiche veramente democratiche nella storia dell'Etiopia.
Sei
militari sono rimasti uccisi a causa dell'esplosione di una mina che ha distrutto
il veicolo militare sul quale viaggiavano. Lo ha reso noto la rete televisiva
turca Ntv precisando che l'eccidio è avvenuto sul monte Grabbar, nei pressi
della città orientale di Shirnak, la cui regione è teatro da qualche settimana
di frequenti scontri tra militari turchi e militanti dell'organizzazione
separatista curda Pkk.
Germania,
Giappone, Brasile e India hanno presentato ieri alle Nazioni Unite a New York
una bozza di risoluzione per l'allargamento del Consiglio di sicurezza a 25
stati, di cui sei permanenti e quattro non.
Secondo quanto riferisce oggi in prima pagina la Frankfurter Allgemeine
Zeitung, i 'quattro' stati - che ambiscono a entrare nel gruppo dei sei nuovi
Paesi con seggio permanente - vorrebbero che la risoluzione per l'allargamento
del Consiglio venisse votata gia' a giugno. Nel testo tuttavia non si
menzionano per nome i Paesi aspiranti al seggio ma vengono solo indicate le
aree geografiche da cui dovrebbero provenire i sei nuovi membri permanenti e i
quattro non.
In
Italia si discute sul risultato delle elezioni comunali in Sicilia:
riconfermato sindaco di Catania,
Umberto Scapagnini, farmacologo e
medico personale di Silvio Berlusconi, che ha battuto il candidato di
centrosinistra Enzo Bianco. L’Unione ha vinto invece nell’altra città
capoluogo, Enna, mentre per quattro comuni sarà ballottaggio. Domenica 15 e lunedì 16 maggio i cittadini sono
andati al voto per eleggere i consigli comunali in 38 comuni.
E'
cominciato oggi dinanzi alla Corte regionale di Vladikavkaz il processo al terrorista
ceceno, unico superstite, secondo le autorità, del commando che il primo
settembre del 2004 assaltò la scuola numero 1 di Beslan, in Ossezia, prendendo
in ostaggio oltre mille persone. Il nostro servizio:
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Un
sequestro sfociato nel sangue con la morte di 330 persone (aggressori esclusi),
186 delle quali bambini. Nur-Pasha Kulaiev, di 24 anni, ha già riconosciuto la
propria colpevolezza, ma ha negato di aver personalmente ucciso nella Scuola
numero 1. La prima udienza si è risolta nell'avvio della lettura del capo
d'accusa: sequestro plurimo, strage e terrorismo. Ma il processo è destinato a
proseguire per qualche mese, con l'audizione prevista di centinaia di persone.
Attorno alla Corte, protetta da un massiccio dispositivo di sicurezza, si sono
riunite decine di parenti delle vittime, che nel recente passato hanno
contestato le autorità federali russe e, soprattutto, quelle regionali ossete,
per non aver saputo prevenire il sequestro, nè scongiurare il massacro. La
vicenda si concluse nel sangue dopo tre giorni, con una confusa battaglia
esplosa improvvisamente in pieno giorno tra i sequestratori e gruppi sparsi
delle forze di sicurezza che circondavano la scuola. L'assalto di Beslan, città
dell’Ossezia nella Russia meridionale, fu realizzato secondo gli investigatori
da un commando multinazionale di 30 uomini e due donne kamikaze (31 dei quali
uccisi nello scontro finale) giunti in Ossezia dalle vicine regioni
dell'Inguscezia e della Cecenia (Caucaso russo). A rivendicarne la paternità fu
poi il principale capo militare della guerriglia islamico-secessionista cecena
Shamil Basaiev.
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Un'esplosione
di gas ha ucciso 21 minatori nel sud della Cina, nell' ultimo di una serie interminabile
di incidenti nell' industria estrattiva cinese. Lo afferma oggi l'agenzia ufficiale Nuova Cina. L'incidente è
avvenuto in una piccola miniera nei pressi di Panzhihua, nella provincia del
Sichuan. L'agenzia afferma che, secondo le prime indagini, la sciagura è avvenuta
a causa dei ''metodi impropri'' usati per la ricerca nel sottosuolo. Dieci dei
31 operai che si trovavano nella miniera al momento dell'esplosione sono stati
salvati. L' industria mineraria cinese è la più pericolosa del mondo. L'anno
scorso oltre seimila minatori sono morti in incidenti sul lavoro.
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