RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
136- Testo della trasmissione di lunedì 16 maggio 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Si apre oggi l’Assemblea annuale dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità
Incontro del cardinale Dionigi Tettamanzi con alcuni
detenuti del carcere milanese di San Vittore
Ancora
violenze in Iraq, all’indomani della visita a sorpresa del segretario di Stato
americano, Rice. Sei
morti e otto feriti in due diversi attentati
Le due Coree hanno
riaperto oggi, dopo 10 mesi di stallo imposto unilateralmente da Pyongyang,
colloqui politici a livello ministeriale.
16
maggio 2005
LA CARITA’ DI CRISTO IMPERSONATA DALLA DUE NUOVE
BEATE,
UN MODELLO DI VITA DA IMITARE: COSI’ IL PAPA AI
PELLEGRINI DELLE BEATIFICAZIONI, RICEVUTI IN AULA PAOLO VI
Tendere
alla santità senza stancarsi, sull’esempio delle due nuove Beate elevate sabato
scorso agli onori degli altari. Con questa esortazione, Benedetto XVI ha
salutato questa mattina, in Aula Paolo VI, i pellegrini che hanno partecipato
il 14 maggio alla cerimonia di beatificazione di Madre Ascensión Nicol Goñi e
di Suor Marianne Cope. Ce ne parla Alessandro De Carolis.
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Due “esemplari testimoni della
carità di Cristo”, la cui vita e le cui azioni, anche a distanza di circa un
secolo, spiegano a noi “il senso e il valore della nostra vocazione cristiana”.
Benedetto XVI si è soffermato a riflettere sullo spessore umano e spirituale
che permise a due donne innamorate di Dio e dei poveri di trasformare un
piccolo villaggio peruviano e un’isola popolata di lebbrosi in due oasi di
riscatto sociale e di sofferenza alleviata dalla fede.
“MANTENED VIVA LA
EXPERIENCIA DE LA CERCANÍA DE DIOS…
Mantenete viva l’esperienza
della ricerca di Dio nella vita missionaria (…) e lo spirito di fraternità
nelle vostre comunità”.
Quello spirito, ha aggiunto il
Papa, rivolto alle figlie spirituali di Madre Ascension Nicol Goñi, le
Domenicane Missionarie del Rosario, che rende “disposte ad andare dove più necessita
alla Chiesa, con lo stile che portò Madre Ascensión” fino alle terre di Porto Maldonado.
Anche Suor Marianne Cope, scrisse una pagina
di “straordinario apostolato” tra i lebbrosi di Molokai, l’“isola maledetta”
delle Hawaii, dove la religiosa aprì una missione, rimanendo per 35 anni
accanto ai malati di lebbra fino alla fine dei suoi giorni. Parlando in inglese
Benedetto XVI, ha messo in risalto “l’eroica virtù” della Beata, ricordando
come fu lei l’unica a rispondere con un “sì” coraggioso al vescovo, che aveva
lanciato un appello per l’apertura della missione nel lebbrosario. Un sì
scaturito dalla spiritualità francescana che animava Suor Marianne, superiora
della Congregazione delle Suore Francescane di Syracuse.
“UNDOUBTEDLY THE
GENEROSITY OF MOTHER MARIANNE…
Senza dubbio la generosità di
Madre Marianne fu, umanamente parlando, esemplare”.
Ma, ha osservato Benedetto XVI,
“le buone intenzioni e la mancanza di egoismo, da sole, non spiegano
adeguatamente la sua vocazione”, che diventa comprensibile, invece – ha affermato
– nella prospettiva di una fede pienamente radicata in Cristo”:
“La Vergine Maria ci ottenga il dono d’una costante fedeltà al
Vangelo. Ci aiuti a seguire l’esempio delle nuove Beate ed a tendere senza
stancarci alla santità”.
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ALTRE UDIENZE
Benedetto
XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, mons. Thaddée
Ntihinyurwa, arcivescovo di Kigali, mons. Philippe Rukamba, vescovo di Butare,
mons. Servilien Nzakamwita, vescovo di Byumba, e mons. Jean Damascène
Bimenyimana, vescovo di Cyangugu, primi vescovi del gruppo di presuli della Conferenza episcopale del
Rwanda, in visita ad Limina.
SARO’
AL CONGRESSO EUCARISTICO DI BARI PER RAFFORZARE I VINCOLI DI COMUNIONE TRA IL
PAPA E LA CHIESA D’ITALIA: COSI’, BENEDETTO XVI NELLA LETTERA DI NOMINA
DEL CARDINALE VICARIO, CAMILLO RUNI, COME SUO
INVIATO SPECIALE
ALL’ASSEMBLEA ECCLESIALE, NEL CAPOLUOGO PUGLIESE
DAL 21 AL 29 MAGGIO
- Servizio di Alessandro Gisotti -
Sarò al Congresso eucaristico a
Bari per rafforzare la comunione tra il Papa e la Chiesa italiana: è quanto
scrive Benedetto XVI nella lettera con la quale nomina il cardinale vicario
Camillo Ruini suo Inviato Speciale per l’evento, che si terrà nel capoluogo
pugliese dal 21 al 29 maggio. Il Pontefice conferma dunque quanto stabilito dal
predecessore, Giovanni Paolo II, e assicura le sue preghiere per l’importante
assemblea ecclesiale, affinché sia “ricca di frutti spirituali per i cristiani
e l’intera comunità italiana”. La missione che accompagnerà il cardinale Ruini
è composta da mons. Domenico Ciavarella, vicario
generale dell'arcidiocesi di Bari-Bitonto e mons. Piergiuseppe Vacchelli,
sottosegretario della Conferenza episcopale italiana. Il
servizio di Alessandro Gisotti:
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“Rendere omaggio a Cristo nel
Sacramento del suo amore” e “rafforzare al tempo stesso i vincoli di comunione
che legano il Successore di Pietro alla Chiesa che è in Italia e ai suoi Pastori”.
Così, Benedetto XVI spiega le finalità della sua presenza nella giornata
conclusiva del 24.mo Congresso Eucaristico italiano, il prossimo 29 maggio a
Bari.
“Quest’evento molto
significativo per la Chiesa italiana – scrive il Papa – si svolge nel contesto
dello speciale Anno dell’Eucaristia, durante il quale i cattolici del mondo intero
sono stimolati a prendere rinnovata consapevolezza del grande dono lasciatoci
da Cristo nell’Ultima Cena”. Nel Pane e nel Vino, divenuti nella Santa Messa il
Corpo e il Sangue del Signore, prosegue il Pontefice, “trova alimento e
sostegno il popolo cristiano per percorrere il cammino verso la santità,
vocazione universale di tutti i battezzati”.
Il Papa mette l’accento sul tema
scelto per il Congresso eucaristico: “Senza la domenica non possiamo vivere”.
Tema, avverte, “sul quale la Chiesa in Italia sta riflettendo per tracciare
efficaci vie di azione pastorale tese a riscoprire sempre più il valore del
Giorno del Signore, nel quale si celebra il mistero della Pasqua, di cui
l’Eucaristia è autentico e perenne memoriale”.
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AUGURI AI BUDDISTI PER LA FESTA DI VESAKH
NEL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DEL PONTIFICIO
CONSIGLIO
PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO, L’ARCIVESCOVO
MICHAEL FITZGERALD
- A cura di Amedeo Lomonaco -
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Possa questa festa rappresentare
un’occasione per consolidare le buone relazioni già esistenti tra buddisti e
cattolici. E’ l’auspicio espresso dal presidente del Pontificio Consiglio per
il dialogo interreligioso, l’arcivescovo Michael Fitzgerald, nel messaggio
rivolto ai buddisti in occasione della festa di Vesakh che commemora la
nascita, l’illuminazione e la morte del Buddha. L’arcivescovo Fitzgerald ha poi
ricordato che quest’anno ricorre il 40.mo anniversario della Dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Vaticano II
sulle relazioni tra la Chiesa Cattolica e le altre religioni. In questo
documento – sottolinea il presule – si afferma che “la Chiesa cattolica nulla
rigetta di quanto è santo e vero in queste religioni”. “Buddisti e cattolici -
prosegue mons. Fitzgerald - hanno così potuto incontrarsi in uno spirito di
apertura, sincerità e reciproco rispetto, impegnandosi nel dialogo”. Questa
conoscenza reciproca si è trasformata in una proficua collaborazione in
occasione del maremoto dello scorso 26 dicembre che ha colpito diversi Paesi
del Sud Est asiatico. Buddisti e cristiani hanno lavorato insieme per aiutare
le vittime, scrive l’arcivescovo precisando che i lunghi tempi necessari per la
ricostruzione richiedono il proseguimento di tali espressioni di solidarietà
interreligiosa. Il messaggio del presidente del Pontificio consiglio per il
dialogo interreligioso si conclude con l’auspicio che anche in molte altre
situazioni dove è richiesta la cooperazione tra tutte le persone di buona
volontà, si possano trovare soluzioni conformi alla dignità umana.
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MARIA: GRAZIA E SPERANZA IN CRISTO: E’ IL TITOLO DEL DOCUMENTO
DELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE
CATTOLICA-ANGLICANA
CHE VERRA’ PRESENTATO OGGI A SEATTLE, NEGLI STATI UNITI
- A cura di Alessandro Gisotti -
“Maria: grazia e
speranza in Cristo”: è il titolo del documento elaborato dalla Commissione
Internazionale cattolica – anglicana, che viene presentato oggi a Seattle,
negli Stati Uniti. Il documento è il quinto pubblicato dall’organismo ecumenico
istituito nel 1982 su mandato di Giovanni Paolo II e l’allora primate anglicano
Robert Runcie. Dopo Seattle, il documento verrà presentato il 19 maggio a
Londra, nell’Abbazia di Westminster. A sottolineare l’importanza dell’evento,
il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani ha pubblicato una nota sugli
ultimi sviluppi del dialogo cattolico-anglicano.
Maria e il suo ruolo
nella dottrina e nella vita della Chiesa: questo, dunque, è il tema del
documento che conclude il secondo ciclo, a livello internazionale, del dialogo
teologico cattolico-anglicano. Il testo non va considerato come emanazione
dell’autorità della Chiesa cattolica e della Comunione anglicana, che si
riservano di studiarlo ulteriormente e a valutarne il contenuto. Durante gli
ultimi due anni, il Pontificio consiglio per l’Unità dei Cristiani ha “nutrito
preoccupazione per le ripercussioni provocate sulle reciproche relazioni dai
recenti sviluppi verificatisi nell’ambito dell’Anglicanesimo in Nord America”.
Il dicastero vaticano si riferisce, in particolare, alla decisione della Chiesa
episcopaliana americana, nel 2003, di procedere all’ordinazione episcopale di
un ministro, che intratteneva una dichiarata relazione omosessuale e la
decisione presa dalla diocesi anglicana canadese di New Westminster di
introdurre un rituale di benedizione per coppie appartenenti allo stesso sesso.
La pubblicazione del
Rapporto Windsor nell’ottobre 2004 e il comunicato dei primati anglicani
di quest’anno - si legge in un comunicato del pontificio consiglio per l’Unità
dei Cristiani - “avevano cercato di chiarire l’orientamento che la Comunione
anglicana intendeva assumere”. Pur tra le difficoltà, è sempre forte quindi la
speranza che il dialogo cattolico-anglicano possa “continuare a progredire
verso la piena comunione”. Scopo, questo, prefisso sin dal marzo 1966, quando
Papa Paolo VI e l’arcivescovo di Canterbury, Michael Ramsey espressero l’intenzione
di “inaugurare un dialogo basato sui Vangeli e sulle antiche tradizioni
comuni”.
“A conclusione del
nostro lavoro – ha dichiarato l’arcivescovo di Seattle, Alexander Brunett –
spero sinceramente che questo documento rifletta l’esempio dato da Maria nell’obbedire alla volontà di
Dio. Il testo – ha rilevato – è scaturito dai nostri sforzi di obbedire
all’appello, tanto frequentemente espresso dalle nostre rispettive autorità, di
ricercare ciò che abbiamo in comune e di celebrare le importanti tradizioni
della nostra eredità condivisa”.
Prima del documento
su Maria, la Commissione aveva pubblicato altre quattro dichiarazioni: sulla Salvezza,
pubblicata nel 1987, in cui si esprime un accordo sostanziale sulla dottrina
dell’Eucaristia e del ministero sacerdotale. Un documento sulla Chiesa come
comunione, pubblicata nel 1991, finalizzata a sostanziare la comunione
ritenuta ormai reale tra anglicani e cattolici. La dichiarazione Vivere in
Cristo: la morale la comunione e la Chiesa, nel 1994, ritenuto il più
complesso tentativo di ricercare una posizione comune tra le due Chiese sulla
morale. Infine, il documento Il dono dell’autorità del 1998, che ha
segnato un notevole progresso sulla questione del ministero petrino.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
“Solo nel perdono si compie il vero rinnovamento del mondo”: nella solennità di
Pentecoste Benedetto XVI ordina ventuno nuovi sacerdoti per la diocesi di Roma.
Nelle vaticane, la
beatificazione delle serve di Dio Ascension Nicol Goni e Marianne Cope.
La riflessione del Santo Padre
alla preghiera del “Regina Caeli”.
La lettera del Papa al cardinale
Camillo Ruini per la nomina a suo inviato speciale al Congresso eucaristico
nazionale in programma a Bari dal 21 al 29 maggio.
Nelle estere, Uzbekistan: ad
Andijan si teme un massacro. Testimoni oculari parlano di circa 600 morti. Si
moltiplicano gli appelli alla moderazione.
In Iraq nuove brutalità.
Ritrovati in diverse località 46 corpi, alcuni dei quali decapitati.
Visita del segretario di Stato
USA che sottolinea che non bastano le armi per risolvere la crisi, ma urge una
risposta politica.
Nella pagina culturale, un
articolo di Angelo Marchesi dal titolo “Il relativismo e la cultura odierna”.
Nelle italiane, in primo piano
l’economia: domani in Parlamento il ministro e il ragioniere dello Stato
riferiranno sui conti pubblici.
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16
maggio 2005
SECONDO IL MINISTERO DEGLI INTERNI, SONO 70 LE
PERSONE RIMASTE UCCISE
NEGLI SCONTRI DI VENERDÌ IN UZBEKISTAN,
MENTRE LE ONG PRESENTI NEL PAESE DENUNCIANO ALMENO
500 MORTI
- Intervista con Luigi Bonanate -
Oltre
settanta persone sono morte per gli incidenti di venerdì scorso ad Andijan,
nell’Uzbekistan orientale secondo il ministero dell’Interno. Cifre molto
lontane da quelle fornite da Ong presenti nel Paese che parlano di almeno 500
morti. Intanto, scontri sono segnalati anche al confine con il Kirghizistan. Il
servizio di Eugenio Bonanata:
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Almeno 600 persone sono morte nelle operazioni militari
lanciate per reprimere l’insurrezione in Uzbekistan. Lo ha detto una testimone
che afferma di aver visto molti dei cadaveri e che racconta che, ad Andijan,
centinaia di parenti stazionano davanti all’obitorio e agli ospedali in cerca
dei loro parenti scomparsi. “Ci sparavano come ai conigli”, racconta un piccolo
uzbeko intrappolato venerdì nel caos di sangue sulla piazza quando i soldati
hanno aperto il fuoco sulla folla. La situazione in città oggi
sembra essere calma, ma spari sono stati sentiti a Kara-Suu, la città di
frontiera tra Uzbekistan e Kirghizistan, dove si segnalano scontri e saccheggi.
E sarebbero circa 900 gli uzbeki riusciti ad arrivare in Kirghizistan dove sono
stati allestiti campi profughi. Inoltre, fonti del ministero degli Interni,
riferiscono di una settantina di arresti tra “gli organizzatori dei disordini”.
Ma le notizie sono confuse e difficilmente controllabili. Intanto si
moltiplicano le denunce di violazioni dei diritti umani nel Paese. Dopo l’appello
del ministro degli Esteri britannico, anche l’Osce ha chiesto che tutte le
parti coinvolte nella drammatica giornata rinuncino alla violenza.
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Ma come guardano gli Stati Uniti o
l’Europa alla situazione in Uzbekhistan? Ascoltiamo, nell’intervista di Fausta
Speranza, la riflessione del prof. Luigi Bonanate, docente di relazioni
internazionali all’Università di Torino:
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R. – Le distanze sono spirituali, politiche e non
geografiche. Naturalmente, potrei venire immediatamente corretto da chi mi
dicesse: “Attenzione, l’aspetto tellurico, cioè l’aspetto geografico, l’aspetto
territoriale, in questa vicenda sono assolutamente centrali”, per la solita
vecchia storia del petrolio, o meglio degli oleodotti, che attraversano tutti
questi Paesi, andando o a sud o a nord, cioè o verso la Turchia o verso la
Russia. E questo, secondo gli specialisti è uno degli elementi decisivi di
tutta questa vicenda. Gli Stati Uniti e l’Europa sono vicini alla zona del Mar
Caspio, tanto quanto la vicenda petrolio è centrale nelle loro scelte
strategiche. D’altra parte, potremmo dire che il Caspio è vicino a sua volta
alla Cina e la Cina è il ‘convitato di pietra’ in questo momento, cioè una
specie di pauroso testimone che ci guarda – così dicono – dall’alto della
Grande Muraglia, in attesa di diventare la prossima grande potenza. Insomma,
qui siamo di fronte a un bel problema, direi proprio grosso, nel quale bisogna
inserire tra l’altro la storia della decostruzione dell’Impero sovietico. Siamo
di fronte a Paesi i cui nomi, fino a pochissimi anni fa, erano a tutti
sconosciuti. Non sappiamo chi siano. Adesso sentiamo parlare di questa
importantissima Valle di Fergana, che è il cuore pulsante di tutta questa zona
dell’Asia centrale e non sappiamo cosa fare. Al momento, direi di studiare
bene.
D. – Secondo lei, Stati Uniti ed
Europa stanno studiando qualcosa?
R. – Anche qui verrebbe da
rispondere “forse è meglio di no”, se guardiamo ad altri “studi” fatti
recentemente, tipo quelli che hanno portato alla situazione irachena. L’Europa
penso, o temo, non stia proprio studiando niente. Gli Stati Uniti invece sono
di certo molto impegnati nell’Asia centrale ma siamo di fronte ad un deficit
spaventoso di cultura politica internazionalistica, di mancanza di abitudine a
pensare ai rapporti tra gli Stati in termini ampi, complessivi, globali,
profondi. Noi continuiamo a ragionare secondo una logica che io sovente ai miei
studenti evoco con una battuta, che non è mia, che è quella della palla da
biliardo. Noi, infatti, continuiamo a pensare che gli Stati tra di loro abbiano
dei rapporti per i quali “io ti do un colpo e tu reagisci”. Questo è un modo
meccanicistico, ingenuo, infantile ma - mi spiace dirlo – il botta e risposta
sembra esattamente il modo della politica estera americana. E’ lì che dobbiamo
cambiare, dobbiamo parlare con questi Paesi, dobbiamo prospettare dei grandi
progetti di trasformazione economica, sociale, culturale.
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ENNESIMA TRAGEDIA LEGATA AGLI SBARCHI DI
CLANDESTINI SULLE COSTE ITALIANE: ALMENO 14 AFRICANI ANNEGATI E 3 DISPERSI
NEL NAUFRAGIO DI UN BARCONE PARTITO DALLA LIBIA
- Intervista con Lequyen Ngo-Dinh -
Ennesima
tragedia legata al fenomeno degli sbarchi di clandestini sulle coste italiane:
almeno 14 africani sono annegati nel naufragio del barcone con il quale
cercavano, questa notte, di raggiungere l'Italia dalla Libia e altri tre
risultano dispersi. Lo ha reso noto il ministero degli Interni libico. Secondo
le fonti, le forze di sicurezza hanno trovato 14 corpi, hanno portato in salvo
sei clandestini ma sarebbero ancora in cerca di tre persone. Il barcone che
trasportava 23 clandestini, provenienti dal Nord Africa e dai Paesi della zona
sub-sahariana, è affondato nella zona di An Nukat al Khams, 30 Km a ovest di Tripoli,
poche ore dopo aver lasciato le coste libiche verso l'Italia. L’episodio torna
a interpellare l’Italia che vive la situazione di emergenza soprattutto
sull’isola di Lampedusa. Luca Pellegrini ha incontrato la responsabile per
l’asilo della Caritas italiana che è anche responsabile per l’immigrazione
della Caritas diocesana di Roma, Lequyen Ngo-Dinh:
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R. –
Bisogna dire che questi sono flussi ricorrenti. Ormai dal 2000 arrivano migliaia
di persone ogni anno e hanno scelto come rotta Lampedusa, perché, tra l’altro,
è un’isola vicino alla Tunisia. E’ distante infatti solo 70 miglia. A Lampedusa
vi è solo un centro di accoglienza, strutturato per 190 posti. E non è
pensabile, credo, in un’isola così piccola immaginare la creazione di dieci
centri da mille posti. Per cui, sicuramente, è una struttura pensata per
un’accoglienza breve. Se le persone arrivano e arrivano in un numero di molto
superiore e non si riesce a smistarle, allora finiscono per rimanere in 400,
600, mille e più in questa struttura dove ci sono stanze per 40 persone e gli
spazi per le donne sono molto limitati. Non è assolutamente pensato per
un’accoglienza di medio periodo e per così tante persone. E’ una situazione di
emergenza che però bisogna senz’altro pensare di risolvere senza tornare tutti
gli anni a parlare degli stessi problemi.
D. – Allora, il futuro di queste
persone come lo dobbiamo immaginare?
R. – Intanto, bisogna purtroppo
fare una distinzione tra le persone. Bisogna prevedere azioni prioritarie
rispetto ad altre. Per esempio, rispetto ai richiedenti asilo, cioè alle persone
che hanno lasciato il loro Paese per motivi di persecuzione, bisogna fare in
modo che queste persone possano presentare domanda nei modi e nei tempi
adeguati e abbiano degli interpreti in modo tale da poter raccontare la propria
storia. Questo può, a volte, non accadere se le condizioni logistiche di
accoglienza sono talmente precarie per cui mancano gli interpreti e non c’è
tempo e modo di verificare. Quindi, magari, un potenziale richiedente asilo
viene respinto perché non si è riusciti a capire che era appunto un potenziale
richiedente asilo. Viceversa, per quanto riguarda i cosiddetti migranti
economici che lasciano il proprio Paese alla ricerca di un futuro migliore, per
quanto possa essere crudele dirlo, è evidente che se arrivano in Italia in modo
irregolare non sarà possibile mantenerli sul territorio e saranno in qualche
modo respinti da dove sono partiti. Questo, però, deve avvenire per lo meno in
condizioni di sicurezza.
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UNITI DAL SACERDOZIO,
DIVISI DALLA STORIA:
NE LIBRO DI ULDERICO MUNZI, LE TESTIMONIANZE DEI
PRETI DI GUERRA ITALIANI
CHE MILITARONO TRA I PARTIGIANI O NELLA REPUBBLICA
DI SALO’
- Intervista con l’autore -
Entrare
nella coscienza lacerata di chi fu costretto dalla storia a levare in alto la
Croce di Cristo tra gli orrori della guerra, vissuta su fronti opposti. E’ ciò
che ha fatto, con la cautela ma anche la delicatezza imposte dal caso, il
giornalista del Corriere della sera e scrittore Ulderico Munzi, nel suo libro
“Gesù in camicia nera, Gesù partigiano”. Il volume, che porta la prefazione di
Giulio Andreotti, raccoglie le testimonianze di 11 sacerdoti italiani, oggi
ultraottantenni, che militarono tra il 1943 e il ’45 tra le fila dei partigiani
o tra quelle della Repubblica di Salò. Si tratta di pagine in cui, insieme alla
memoria della violenza di quei giorni, affiora anche il bisogno di spiegare in
che modo fosse possibile conciliare gli obblighi del ministero con la propria
visione degli eventi. Alessandro De Carolis ne ha parlato con l’autore del
libro:
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R. – Dall’angolazione
dei sacerdoti posso dire che coloro che andarono con la Repubblica Sociale
Italiana obbedirono in un certo senso al clima nel quale erano stati educati e
condizionati. Furono, costoro, circa 900 sacerdoti cappellani militari. Gli
altri, coloro che andarono con i partigiani, invece, obbedirono al vento della
libertà.
D. – Come nasceva per quei
sacerdoti la scelta di schierarsi su un fronte piuttosto che su un altro?
R. – Uno di loro mi ha detto che
la patria è un altare. Si tratta di un sacerdote che ha fatto la Campagna di
Russia. All’epoca, non c’era stata ancora la divisione, non si stava sul fronte
dell’odio, o da una parte o dall’altra: quel sacerdote alleviava le sofferenze
spirituali di coloro che combattevano in Russia. Ecco dunque che, quando la
patria diventa un altare, molte adesioni ai giorni tragici del ’43, ’45,
vengono spiegate. Non bisogna dimenticare che il sacerdote cappellano assisteva
colui che gridava “Viva l’Italia!” ed era sul punto di essere fucilato e nello
stesso tempo doveva poi alleviare la sofferenza del fucilatore che, anche lui,
gridava “Viva l’Italia” premendo il grilletto.
D. – C’è chi si è giustificato,
a distanza di tanti anni. C’è chi ha difeso le proprie scelte ancora una volta,
o chi, semplicemente, ha cercato di rimuovere quella pagina drammatica?
R. – I sacerdoti che ebbero un
ruolo durante quei giorni tragici sono rimasti oggi, credo, una quindicina.
Alcuni non hanno parlato perché non erano in grado di parlare. Altri non hanno
parlato perché il trauma era tanto forte che non se la sentivano. Chi ha
sofferto molto, ad esempio, è stato don Edgardo Fei, che è stato trascinato dal
vento della guerra accanto ai Granatieri di Sardegna, della Repubblica Sociale
Italiana, e che un giorno ha visto uccidere un partigiano, forse ucciso in modo
terribile, e se ne è andato. C’è poi un altro personaggio, don Gino Marchesini,
che ha assistito alla strage di Oderzo, dove i partigiani comunisti chiamavano
ad uno ad uno le Guardie nazionali repubblicane dicendo: “Venite, perché vi
riportiamo a casa”. Questi andavano e poi venivano massacrati sul greto di un
fiume. Don Gino Marchesini questa cosa non la dimenticherà mai.
D. – C’è stato un momento di
riconciliazione tra i sacerdoti?
R. – Nel libro, alla fine, c’è
un momento in cui i due sacerdoti, mons. Berto Ferrari e mons. Gino Marchesini,
tra mille difficoltà che non sto a raccontare, provano a dirsi reciprocamente:
“Riconciliamoci, fratello mio, in Dio”.
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SENSIBILIZZARE ALLA BELLEZZA E ALL’ARTE EREDITATI
DAL PASSATO:
AL
VIA, IN ITALIA, LA SETTIMA EDIZIONE DELLA SETTIMANA DELLA CULTURA.
MUSEI,
DIMORE E SITI ARCHEOLOGICI APERTI GRATIS DA OGGI AL 22 MAGGIO
-
Intervista con Rocco Buttiglione -
Sette
giorni in compagnia del patrimonio artistico italiano: è la sfida lanciata
dalla VII Settimana della Cultura, da oggi al 22 maggio, con lo slogan
“L’Italia è arte. Per tutti”. Si tratta di un’iniziativa che coinvolge tutte le
regioni italiane e che conta circa 2000 eventi. Il progetto nasce per
promuovere la conoscenza dei beni storico-artistici dell’Italia, come
sottolineato nel sito informativo “beniculturali.it”. Il servizio di Francesca
Smacchia:
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(Musica)
Seicento
visite guidate, 400 mostre, 50 aperture straordinarie di dimore storiche di proprietà
privata. Ed un numero considerevole di spettacoli tra danza, teatro e cinema.
Sono alcuni dei numeri dell’edizione 2005 della VII Settimana della cultura:
sette giorni da dedicare alle bellezze e alle curiosità del patrimonio
artistico italiano e per visitare musei, pinacoteche, aree archeologiche senza
pagare il biglietto, anche in orari e percorsi insoliti, ed assistere a
convegni, conferenze o prendere parte a laboratori didattici per i più piccoli
e per gli adulti. Rocco Buttiglione, ministro dei Beni e delle attività
culturali:
R. - I beni culturali sono come il testamento che le generazioni passate
ci hanno lasciato. In quel testamento è contenuto ciò che di più importante essi
hanno o credono di aver capito intorno alla bellezza, alla verità e al bene.
Allora, studiare questi reperti, contemplarli, cercare di imparare da essi,
ricostruire il messaggio di cui sono portatori, significa essere introdotti
nella cultura. Questa settimana è un tentativo di avvicinare alla nostra
cultura, ai nostri beni culturali, la popolazione italiana e, ovviamente, anche
i turisti che vengono in Italia. E’ importante non tanto per ciò che avviene
nella settimana, quanto per l’educazione che noi speriamo che si acquisisca
durante la settimana. Speriamo che in questa settimana molte persone possano
imparare il gusto dell’incontrare l’opera d’arte.
D. - Ci può fare un esempio di
qualche evento?
R. - Vorrei sottolineare non un
evento, ma un tipo di eventi: quelli rivolti in modo particolare ai giovani,
quelli indirizzati alla fruibilità dell’opera, quelli che insegnano ai giovani
come si legge un’opera d’arte. Pensate che bello un gioco di scavo: insegnare,
far vedere ai ragazzi come si scava. E qui ricordo il Museo sannita di
Campobasso, che ha inventato questo gioco e merita di essere ricordato.
In molti Comuni italiani
verranno organizzati percorsi per spiegare la storia dell’arte e l’architettura
del territorio.
(Musica)
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16
maggio 2005
LA PREGHIERA SULLA TOMBA DI GIOVANNI PAOLO II E
L’INCONTRO
CON PAPA BENEDETTO XVI. SONO ALCUNE DELLE TAPPE
DEL PELLEGRINAGGIO
DI UNA DELEGAZIONE DI FEDELI RUSSI A ROMA
MOSCA.
= Un gruppo di cattolici russi arriverà questa sera a Roma per chiedere a Papa
Benedetto XVI di visitare la Russia. I fedeli saranno accompagnati
dall’arcivescovo metropolita dell'Arcidiocesi della
Madre di Dio a Mosca, mons. Tadeush Kondrusevich. La delegazione di
cattolici russi parteciperà all’udienza generale del prossimo 18 maggio. Fra i
pellegrini ci saranno parrocchiani provenienti dalle città di Mosca, San
Pietroburgo, Kaliningrado e da altre località del Paese. “Il desiderio di
pregare sulla tomba di Giovanni Paolo II è così grande – ha detto il presule -
che sono stati in molti a chiedermi di organizzare il pellegrinaggio”. Al
gruppo di pellegrini russi è stata già data l’autorizzazione per celebrare la
Santa Messa nella cripta della basilica di San Pietro il 18 maggio, giorno della
nascita di Karol Wojtyla. Nell’arcidiocesi moscovita della “Madre di Dio” verrà
inoltre ufficialmente proclamato, mercoledì prossimo, un anno dedicato alla memoria
di Giovanni Paolo II. Nel corso dell’anno, in tutte le parrocchie
dell’arcidiocesi verrà esposta una mostra del fotografo Gregorij Galonski e
saranno proposti i libri di Giovanni Paolo II tradotti in russo. Verrà
presentata, infine, la raccolta di testimonianze di grazie ricevute dai
cattolici russi per le preghiere rivolte a Giovanni Paolo II. (A.L.)
SI APRE OGGI L’ASSEMBLEA ANNUALE
DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ CON LE DELEGAZIONI DI 192 PAESI E
SARÀ
ESAMINATA LA PROPOSTA DI BUDGET 2006-2007
GINEVRA. = La prevenzione e la
lotta ai tumori, la diffusione della tubercolosi e della malaria, il rischio di
una nuova pandemia influenzale e i progressi delle vaccinazioni. Sono alcuni
dei temi al centro della 58.esima Assemblea dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità, che si apre oggi a Ginevra. All’incontro partecipano i rappresentanti
di 192 Stati membri dell’Organizzazione. L’Assemblea esaminerà, fino al 25
maggio, la proposta di bugdet 2006-07
e prenderà in esame alcune risoluzioni ‘chiave’ con l’obiettivo di definire
nuove strategie di tutela della salute. Particolare attenzione verrà rivolta,
quest’anno, alle vaccinazioni, ai progressi nelle terapie per HIV/AIDS e alla
promozione di stili di vita sani. “L’Italia - sottolinea il ministro della
Salute, Francesco Storace - risponderà all’appello dell’Organizzazione mondiale
della Sanità per incrementare le risorse finalizzate ad affrontare i flagelli
che colpiscono vaste aree del pianeta. Ogni anno più di mezzo milione di donne
muore durante la gravidanza o al momento del parto ed almeno 10 milioni di
bambini non arrivano a compiere il primo anno di vita. Quest’anno sono stati
invitati ad intervenire all’Assemblea Bill Gates, co-fondatore della
‘Fondazione Bill e Melinda Gates’, ed il presidente della Repubblica delle
Maldive, Maumoon Abdul Gayoom. (A.L.)
“IN CARCERE LA PREGHIERA È FORSE PIÙ PREZIOSA,
PERCHÉ NEI MOMENTI IN CUI
LA DISPERAZIONE SEMBRA PREVALERE C’È UN’ALTRA VIA:
QUELLA DI RIVOLGERSI A CRISTO”. LO HA DETTO IERI IL CARDINALE DIONIGI
TETTAMANZI INCONTRANDO
ALCUNI DETENUTI DEL CARCERE MILANESE DI SAN
VITTORE
MILANO. = “Tra queste mura
occorre, ogni giorno, avere un grande coraggio, ma sappiate che la forza di
affrontare le fatiche che la vita riserva ad ognuno di noi arriva solo dallo
Spirito Santo”. Con queste parole l’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi
Tettamanzi, si è rivolto a diciannove giovani reclusi nel carcere milanese di
San Vittore, dove ha amministrato il sacramento della Cresima. Anche qui – ha
aggiunto il porporato - dobbiamo ascoltare la parola di Dio ed entrare in
colloquio con lui. “Lascio San Vittore – ha affermato il porporato - con la
convinzione che questo sia un luogo di pace dove nasce e si sviluppa l’amore
per Dio e quello tra di noi”. Sulla proposta di Giovanni Paolo II per
un’amnistia o una riduzione delle pene, l’arcivescovo ha poi precisato che “il
problema è di difficile soluzione”. Ma la complessità – ha proseguito - non può
farci dimenticare la strada maestra che, in carcere, deve essere la
rieducazione. Anche quando l’attesa è troppo lunga - ha ricordato il cardinale
Tettamanzi - si tende a fare in modo
che la cultura diffusa nei riguardi dei carcerati rimanga quella di sempre: un
atteggiamento di difesa che si sottrae ad affrontare i problemi. “Ma dobbiamo
ricordarci – ha concluso il porporato - che il carcere non è un mondo a sé, ma fa
parte della società”. (A.L.)
QUESTO POMERIGGIO A ROMA, PRESSO LA SEDE
DELL’OPERA ROMANA PELLEGRINAGGI, LA PRESENTAZIONE-DIBATTITO SUL LIBRO “STORIA
DI KAROL”,
- A cura di Giovanni Peduto -
ROMA. =
Questo pomeriggio alle 18.30, si terrà il secondo degli incontri, organizzati
dall’Opera Romana Pellegrinaggi, con le più recenti opere letterarie dedicate a
Giovanni Paolo II, e ai problemi della Chiesa, dai giornalisti vaticanisti
italiani. In vetrina il volume “Storia di Karol” di Gianfranco Svidercoschi che
ha ispirato la fiction “Karol: un uomo diventato Papa”. Il recente successo
della miniserie televisiva trasmessa in prima serata da Canale 5, “Karol: un
uomo diventato Papa”, ha riacceso l’attenzione dell’opinione pubblica nei
confronti di un Karol Wojtyla poco conosciuto. Quel giovane ‘Lolek’,
appassionato di sport e recitazione, operaio e seminarista clandestino nella
Polonia occupata dai nazisti. Il Wojtyla prete, vescovo e cardinale in una
cattolicissima Cracovia oppressa dal regime comunista. Del giovane Karol
Wojtyla, ma anche dell’anziano Giovanni Paolo II e dei suoi ricordi,
discuteranno mons. Pawel Ptasznik, responsabile della sezione polacca della
Segretaria di Stato Vaticana, Giacomo Battiato, regista della fiction “Karol:
un uomo diventato Papa”, il vaticanista de “Il Messaggero”, Orazio Petrosillo,
e Gianfranco Svidercoschi, autore del libro “Storia di Karol” (Ancora Edizioni),
dal quale è stata tratta la miniserie televisiva. Il dibattito, che sarà introdotto
da mons. Liberio Andreatta, si terrà a partire dalle ore 18.30 presso la sede
dell’Opera Romana Pellegrinaggi, in via della Pigna, a Roma. Il prossimo appuntamento
è in programma lunedì 6 giugno con la presentazione del libro “Tramonto del cristianesimo
in Palestina” di Elisa Pinna, vaticanista dell’ANSA.
I GIOVANI D’EUROPA
INSIEME A VARSAVIA PER LA PROMOZIONE E LA COSTRUZIONE
DI UN’ EUROPA PIÙ
DEMOCRATICA E PIÙ APERTA ALLA DIVERSITÀ
VARSAVIA. = In occasione del
Vertice dei capi di Stato e di governo a Varsavia, la gioventù europea si
incontra oggi nella capitale polacca per il secondo giorno del Vertice promosso
dal Consiglio d’Europa (CDE) in collaborazione con
il Ministero dell’Istruzione e dello Sport polacco ed il Forum europeo della
gioventù. I giovani, provenienti da organizzazioni giovanili di 48 Paesi
europei, si incontrano per discutere del consolidamento della democrazia e
della preparazione di una nuova campagna europea per la promozione della
diversità. Il vertice si è aperto, ieri, alla presenza del segretario generale
del CDE, Terry Davis. Nel suo discorso Davis ha sottolineato che “una
partecipazione attiva è la chiave di una democrazia in buona salute e della
responsabilizzazione dei cittadini, qualunque sia la loro età”. Presenti alla
cerimonia di apertura anche il commissario europeo
per l’educazione, Jan Figel, ed il presidente del Congresso dei Poteri Locali e
Regionali del Consiglio d’Europa, Giovanni Di Stasi. Il programma di
oggi prevede l’intervento di Lech Walesa, fondatore e leader del sindacato
‘Solidarnosc’, Premio Nobel per la pace ed ex presidente della Polonia. I
giovani intendono approvare una dichiarazione sulle aspettative della gioventù
europea nei confronti dell’Europa, sul dialogo interculturale e sulla lotta
contro ogni forma di razzismo, xenofobia e intolleranza. (D.L.)
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16
maggio 2005
- A cura di Eugenio Bonanata -
Ancora violenze in Iraq, all’indomani della
visita a sorpresa del segretario di Stato americano, Rice: 6 morti e 8 feriti in due diversi attentati. Stamattina a
Baghdad due iracheni sono stati uccisi e altri quattro feriti dall’esplosione
di una bomba al passaggio di un convoglio militare. Poco dopo, quattro soldati
iracheni sono morti e altri quattro sono stati feriti in due attacchi nella
regione di Baquba, a nord della capitale. Inoltre quattro attentatori, che
intendevano uccidere un alto ufficiale della polizia irachena, sono stati a loro
volta uccisi oggi in un agguato. L’hanno riferito fonti interne, senza fornire
per il momento altri dettagli. Un alto dirigente del ministero dell’Istruzione,
secondo la stampa, è invece rimasto vittima di un agguato assieme al figlio e
l’autista.
Si
delinea una condanna nel processo di primo grado per frode ed evasione fiscale
nei confronti del magnate Mikhail Khodorkovski, fondatore del colosso petrolifero
russo Yukos e del suo socio Platon Lebedev. L’udienza di lettura del verdetto,
iniziata stamattina a Mosca, è stata sospesa dopo poco più di un’ora ed è destinata
a proseguire domani. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
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Il processo è iniziato nel luglio scorso. Sono stati
radunati documenti in ben 400 volumi. “Questo è un procedimento politico” ha
commentato l’avvocato difensore di Khodorkovsky. Della stessa opinione numerosi
mass media internazionali. Khodorkovsky avrebbe sfidato il Cremlino finanziando
partiti politici antagonisti, creando progetti economici paralleli ed aspirando
ad entrare in politica. Una scelta, quest’ultima, in pieno contrasto con gli
accordi sanciti fra oligarchi e Putin, all’indomani delle elezioni di
quest’ultimo a presidente della Federazione russa. Il Cremlino ha sempre negato
qualsiasi addebito sottolineando che nessuno è al di sopra della legge.
La vicenda Yukos è
iniziata nell’estate 2003 con l’arresto del socio di Khodorkovsky, Platon Lebedev. Dopo tre mesi anche
l’amministratore delegato della Yukos è finito dietro le sbarre con l’accusa di
evasione fiscale e falsi in bilancio. La Yukos, la maggiore compagnia petrolifera
del Paese nel 2003, è stata via via privata dei suoi gioielli. Nel dicembre
scorso il cuore della Yukos, la Yuganskneft è stata venduta per pagare le imposte
evase.
Per la Radio Vaticana,
Giuseppe D’Amato.
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Tre
miliziani della guerriglia islamico-indipendentista cecena sono stati uccisi nelle
ultime ore. Secondo fonti di polizia, citate oggi dall’agenzia russa Interfax
il blitz fa salire a una decina i ribelli eliminati a partire da domenica in Cecenia.
Nella sparatoria anche tre poliziotti dell’amministrazione locale cecena,
fedele al governo di Mosca, sono stati feriti.
Le due
Coree hanno riaperto oggi, dopo 10 mesi di stallo imposto unilateralmente da
Pyongyang, colloqui politici a livello ministeriale, in un momento decisivo per
la crisi nucleare creata dai piani atomici del regime nord-coreano. I colloqui
avvengono nella città nordecoreana di Kaesong, una decina di chilometri a nord
del confine lungo il 38° parallelo tra le due Coree. Il servizio di Chiaretta
Zucconi:
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Seul cercherà di usare i colloqui intercoreani per
sollecitare Pyongyang a ritornare al tavolo negoziale a sei sulla crisi
nucleare cui partecipano Coree, Cina, Stati Uniti, Russia e Giappone, ed
interrotto da giugno dell’anno scorso. La riunione di oggi si apre, tuttavia,
in un clima di forte tensione all’interno della Comunità Internazionale dopo
che la scorsa settimana Pyongyang ha annunciato di aver terminato con successo
la rimozione di ottomila barre di materiale radioattivo da una centrale
nucleare a Nord della capitale e che si starebbe preparando un esperimento
atomico. Ma durante i negoziati di oggi, che dureranno due giorni, si parlerà
anche di rifugiati Nord coreani e di aiuti alimentari. Di recente, Pyongyang si
era rifiutata di partecipare al quindicesimo giro di consultazioni intercoreane
ad alto livello governativo accusando la Sud Corea di aver accattato 468 profughi
Nord coreani provenienti da Paesi del Sud-Est asiatico.
Per Radio Vaticana, da Tokyo, Chiaretta Zucconi.
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In Afghanistan due soldati afgani
sono morti e altri cinque sono rimasti feriti ieri, nello scoppio di una mina
esplosa al passaggio del loro veicolo nel sud del Paese. Lo hanno annunciato
oggi fonti ufficiali dell’esercito americano in Afghanistan.
Si parla di pace per il Burundi. Ieri a Dar Es Salaam, in Tanzania, il
presidente Ndayizeye e il capo dell’Fln, le Forze nazionali di liberazione,
Rwasa, ultimo movimento ribelle del Paese africano, hanno annunciato una tregua
immediata. Ce ne parla Beatrice Luccardi:
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L’annuncio è stato dato al termine dell’incontro promosso
dal presidente tanzaniano Benjamin Mpaka. Le FNL erano l’ultima formazione
antigovernativa burundese a non aver ancora deposto le armi. Le trattative si
erano infatti interrotte nell’agosto dello scorso anno dopo che tali ribelli avevano
ucciso, nel campo profughi di Gatumba, oltre 150 rifugiati da poco giunti dal
vicino Congo-Kinshasa. Dopo alcuni tentativi di mediazione del governo
sudafricano, il presidente tanzaniano ha raccolto il testimone organizzando
l’incontro a Dar er Salaam, iniziato nella stessa giornata di ieri. L’iter di
pacificazione del Burundi, assistito da un’apposita missione dell’ONU, la
Monub, dovrebbe portare in agosto alle elezioni presidenziali e mettere la
parola fine ad una sanguinosa guerra civile durata oltre 10 anni e costata la
vita a circa 300 mila persone in larga parte civili.
Per la
Radio Vaticana, Beatrice Luccardi.
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Si sono
concluse nel pomeriggio di ieri le operazioni di voto in Etiopia dove gli
elettori sono stati chiamati a scegliere i deputati del nuovo parlamento. Superiore
ad ogni aspettativa l’affluenza alle urne. Oltre l’85% dei 26 milioni di elettori, infatti, si è recata a votare.
Scontata la vittoria del partito del primo ministro Zenawi, ma l’esigua
opposizione non accetta l’esito delle consultazioni e parla di brogli e di
atteggiamento anti-democratico della maggioranza. Per la proclamazione
ufficiale bisogna attendere l’8 giugno, intanto il governo ha vietato tutte le
manifestazioni per un mese.
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I “signori della guerra” somali
hanno ritirato 600 armati da Mogadiscio per dimostrare che la città è sicura.
Proprio a Mogadiscio, infatti, dovrebbe essere ospitata l’amministrazione del
Paese. Una disputa su dove istallare il governo del presidente Abdullahi Yusuf
ha causato contrasti di potere nella lacerata amministrazione che ha operato da
uffici con base in Kenya, dal momento della sua formazione alla fine dei
colloqui di pace tenutesi a Nairobi lo scorso anno.
In Israele
migliaia di poliziotti sono stati mobilitati per impedire che il movimento dei
coloni paralizzi il traffico automobilistico con una nuova manifestazione di opposizione
al ritiro da Gaza. Ieri il traffico ferroviario è stato bloccato due volte
nella zona di Tel Aviv e stamani ultras della destra radicale hanno incendiato
pneumatici in una arteria di Gerusalemme. Dal canto suo il governo israeliano
ha deciso a grande maggioranza di prolungare di nuovo, con lievi modifiche, il
controverso decreto-legge del 2003 che pone severe restrizioni al diritto dei
palestinesi dei Territori, sposati ad arabi israeliani, maschi e femmine, di stabilirsi
nel Paese e di riceverne la cittadinanza.
Sono
stati regolarmente riaperti i seggi elettorali nei 38 comuni della Sicilia dove
si vota per le elezioni amministrative. Saranno chiusi alle 15. Subito dopo, in
tutti i comuni dell’isola, comincerà lo spoglio per il referendum propositivo,
senza quorum, sull’approvazione della nuova legge elettorale alla Regione siciliana. Successivamente nei comuni dove
si vota anche le per le amministrative
seguirà la conta delle schede, nell’ordine, per il sindaco, per il consiglio
comunale e per i consigli delle municipalità, dove sono previste.
E’
iniziato stamattina al Castello reale di Varsavia il terzo vertice dei capi di
Stato e di governo di 46 Paesi membri del Consiglio d'Europa, che discuteranno
oggi e domani vari aspetti del futuro del Vecchio continente e in particolare
di come rafforzare la democrazia e la tutela dei diritti umani in Europa
occidentale, orientale ed nell’Asia caucasica. Al dibattito del vertice saranno
sottoposte tre nuove convenzioni internazionali: sulla lotta al terrorismo, sul
riciclaggio del denaro sporco e contro il commercio degli uomini.
L’arresto
ai primi di maggio in Pakistan del libico Abu Faraj al-Libbi, presunto numero
tre della rete terroristica al-Qaida, non ha fornito alcuna indicazione su
Osama Bin Laden. Lo ha dichiarato oggi il presidente pachistano Musharraf,
confermando che le ricerche dei servizi segreti occidentali si stanno concentrando
nelle aree montagnose, tra l’Afghanistan e il Pakistan.
Un
tribunale indonesiano ha confermato la condanna a due anni e mezzo di reclusione
per il leader religioso islamico Abu Bakar Bashir. La condanna si riferisce al
suo coinvolgimento nel sanguinoso attentato di Bali del 2002, in cui morirono
oltre 200 persone. Bashir si potrà appellare alla Corte Suprema.