RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 134 - Testo della trasmissione di sabato 14 maggio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:    

Telegramma di ringraziamento di Benedetto XVI al presidente italiano Ciampi, per l’attenzione e la vicinanza del Capo dello Stato in questa fase di inizio Pontificato

 

Benedetto XVI ordinerà domani mattina in San Pietro 21 nuovi sacerdoti della diocesi di Roma: intervista con mons. Giovanni Tani

 

Oggi pomeriggio il cardinale Saraiva Martins presiede la cerimonia di beatificazione di suor Marianna Cope, che ha speso la vita  per i lebbrosi dell’isola di Molokai, e di madre Ascensión Nicol Goñi, donna innamorata dell’Eucaristia. Ce ne parla padre Ernesto Piacentini

 

La gioia di tutta la Chiesa per l’avvio della causa di beatificazione di Giovanni Paolo II annunciata ieri da Benedetto XVI: con noi mons. Stanislao Dziwisz e il cardinale Franciszek Macharski

 

IN PRIMO PIANO:

La rivolta in Uzbekistan assume proporzioni drammatiche: i morti negli scontri sono almeno 200.

Il commento di Fabrizio Dragosei

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

Padre Aquileio Fiorentini è stato eletto nuovo superiore generale dei Missionari della Consolata

 

In Pakistan la “legge sulla blasfemia”, che prevede l’ergastolo o la pena di morte per quanti insultano il Corano, dal 1988 ha provocato la carcerazione di oltre 600 persone oltre a 20 esecuzioni

 

Il mondo musulmano protesta contro la profanazione del Corano da parte di alcuni soldati statunitensi nella prigione di Guantanamo

 

Aperta nei giorni scorsi a Roma la mostra storico fotografica dal titolo “Padre Pancrazio Pfeiffer: un generale senza armi”

 

Presentato ieri a Milano il Rapporto della Fondazione giustizia e solidarietà sul debito estero

 

L’ONU denuncia: prosegue a ritmi allarmanti la deforestazione nel mondo

 

24 ORE NEL MONDO:

Prorogato per altri 30 giorni lo stato di emergenza in Iraq dove almeno sei persone sono morte per nuovi attentati a Baghdad e a Ramadi

 

A Taiwan il Partito Democratico Progressista (PDP) del presidente Chen Shui-bian ha vinto le odierne.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

14 maggio 2005

 

 

TELEGRAMMA DI RINGRAZIAMENTO DI BENEDETTO XVI AL PRESIDENTE

ITALIANO CIAMPI,PER L’ATTENZIONE E LA VICINANZA DEL CAPO DELLO STATO

IN QUESTA FASE DI INIZIO PONTIFICATO

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Un augurio di prosperità e pace per l’Italia e per il suo presidente. E’ una delle espressioni di ringraziamento contenute nel telegramma inviato da Benedetto XVI al capo dello Stato italiano, Carlo Azeglio Ciampi. Il Papa ricorda la doppia e ravvicinata occasione di incontro con il presidente della Repubblica, in occasione della cerimonia d’inizio pontificato del 24 aprile e, successivamente, dell’udienza privata del 3 maggio scorso. “Ho già potuto esprimerle – scrive Benedetto XVI - il vivo compiacimento per le nobili espressioni di augurio, che Ella, anche a nome del Popolo italiano, aveva voluto inviarmi in occasione  dell'elezione alla Cattedra di Pietro. Vorrei ora ringraziarla anche per iscritto – prosegue il testo - del Suo premuroso atto di cortesia e le sono altresì riconoscente per aver voluto prendere parte alla cerimonia dell'inizio solenne del mio ministero petrino”.

 

Prima di impartire la Benedizione apostolica, il Pontefice ricambia “la cordiale attenzione” ricevuta dal presidente Ciampi “con sinceri auspici di prosperità e di pace”, invocando su lui e i suoi familiari la protezione mariana. “La Vergine Santa – chiude il telegramma - continui a guidarla nel servire la diletta Italia”.

 

 

UDIENZE

 

Stamane Benedetto XVI ha ricevuto in successive udienze il cardinale Darío Castrillón Hoyos, prefetto della Congregazione per il Clero; il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi; l’arcivescovo Stanisław Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici; il cardinale Eduardo Martínez Somalo, Camerlengo di Santa Romana Chiesa.

 

 

NOMINE

 

In Italia il Santo Padre ha nominato arcivescovo di Sant’Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia mons. Francesco Alfano, del clero della diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, parroco e vicario episcopale per il clero. Mons. Francesco Alfano è nato a Nocera Inferiore, in provincia di Salerno, il 13 giugno 1956. Ha conseguito la licenza in Teologia Dogmatica presso la Pontificia Università Gregoriana. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 17 aprile 1982.

 

Sempre in Italia il Papa ha nominato vescovo di Oria mons. Michele Castoro, del clero della diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, finora capo ufficio della Congregazione per i Vescovi. Mons. Castoro è nato il 14 gennaio 1952 ad Altamura, in provincia di Bari. Ha conseguito la Licenza in Teologia Fondamentale presso la Pontificia Università Gregoriana. In seguito ha ottenuto la Laurea in Storia e Filosofia presso l’Università degli Studi di Bari. E’ stato ordinato sacerdote il 6 agosto 1977. Chiamato nel 1985 al servizio della Santa Sede, ha svolto il suo ministero nella Congregazione per i Vescovi, dove nel 1996 è stato nominato capo ufficio. Nel 2001 è stato nominato anche sostituto della Segreteria del Collegio Cardinalizio. Dal 1998 è Prelato d’onore di Sua Santità.

 

 

BENEDETTO XVI ORDINERA’ DOMANI 21 NUOVI SACERDOTI
DELLA DIOCESI DI ROMA

- Intervista con mons. Giovanni Tani -

 

La diocesi di Roma avrà da domani 21 nuovi sacerdoti e sarà lo stesso Benedetto XVI a presiedere domani mattina, alle 9.30, la cerimonia di ordinazione che la nostra emittente seguirà in radiocronaca diretta, dalle 9.20, con commenti in italiano, tedesco, francese, spagnolo e, su satellite, in lingua inglese e portoghese. Sei dei futuri sacerdoti appartengono al Seminario Romano Maggiore, nove al Seminario Redemptoris Mater, mentre gli altri sono membri di Istituti religiosi di diritto diocesano, presenti a Roma. Sette sono di nazionalità italiana, gli altri provengono invece da Irlanda, Uruguay, Nigeria, Costa Rica, Romania, Bolivia, Perù, Kenya, Angola. Al rettore del Seminario Romano Maggiore, mons. Giovanni Tani, Giovanni Peduto ha chiesto anzitutto di tratteggiare un profilo dei prossimi ordinandi, tutti legati da un’età media piuttosto alta, che va da poco meno di 30 anni a oltre 50:

 

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R. - Maurizio, il 55.enne, lavorava ai Beni Culturali presso la Presidenza del Consiglio e, in particolare, si occupava di musica. Il suo percorso vocazionale è stato abbastanza lungo: è iniziato dopo i 40 anni ed è approdato al Seminario Romano cinque anni fa. Enzo lavorava nel Centro Meccanografico delle Poste, aveva un posto sicuro, come si dice, e qui a Roma la vocazione lo ha portato in Seminario per questa nuova avventura. Giovanni, laureato in lingue, compreso il russo, ha lavorato anche lui prima di entrare in seminario. Gli altri tre hanno percorsi vocazionali più tradizionali, legati alla vita parrocchiale.

 

D. – Verrebbe da chiedere perché si sono fatti sacerdoti e, più in generale, perché farsi sacerdoti oggi…

 

R. – Questa è una domanda molto impegnativa, che sconfina nel mistero di Dio e nel mistero dell’uomo e nella loro libertà. Certo è che accanto all’essere attirati fortemente da Dio, tutti questi riportano dentro anche la consapevolezza che non si tratta di qualche cosa per sé ma per gli altri, per far sì che la vita di tutti raggiunga lo scopo, il suo scopo nell’amore di Dio e nell’amore degli altri. Avvertiamo sempre più diffuso, oggi più che mai, il bisogno di trovare un senso profondo al vivere. I sacerdoti e coloro che lo diventano sentono di essere qui al centro di un impegno molto forte e molto bello.

 

D. – Lei, certamente, a questi novelli sacerdoti, avrà spiegato quali sfide li attendono…

 

R. – Credo che la sfida principale sia la sfida della fede: procedere nella fede in un ambiente dove essa non è più così immediata, così facile, giacché viviamo prevalentemente in un clima di indifferenza. L’altro aspetto, la grande sfida di oggi, è quello del trasmettere la fede. E’ sempre più evidente che la trasmissione della fede ha bisogno di una grande esperienza ed ha bisogno di rivestirsi di bellezza: una trasmissione che sappia cioè attirare, che sappia affascinare.

 

D. – Monsignore, cosa direbbe ad un giovane che le dicesse invece di sentire la vocazione?

 

R. – Gli raccomanderei, immediatamente, di affidarsi molto alla Chiesa, ad un’esperienza di Chiesa, di comunità, e quindi di rivolgersi subito alla parrocchia, di intensificare la sua vita di partecipazione alla comunità, di affidarsi ad un direttore spirituale esperto, in grado di aiutarlo a “leggersi” in questo suo orientamento vocazionale, di pregare molto e di compiere opere di carità, cioè di aiuto agli altri e di verificarsi in tutto questo per vedere se questo richiamo alla vocazione sacerdotale regge e si irrobustisce nel tempo o meno.

 

D. – Circa la curva vocazionale?

 

R. – Direi che in questi ultimi anni l’andamento delle vocazioni nel mondo tiene abbastanza. E’ certo che c’è stato un grosso calo negli anni precedenti e negli ultimi anni c’è una sostanziale tenuta. Se guardiamo le grandi aree del mondo, dobbiamo dire che l’area principale, la prima per numero di vocazioni, è l’America. Certamente l’America del Sud, in primo luogo, ma il dato riguarda tutta l’America con 37.191 unità, poi c’è l’Asia con uno scarto abbastanza notevole, con 27.931; per l’Europa con 24 mila, l’Africa con 21 mila e l’Oceania con 955 seminaristi. Penso che questi numeri possano dare una certa idea. Certo noi stiamo in Europa e sappiamo che l’Europa Occidentale soffre ancora, in questo momento, di una crisi che attende una risposta ancora forte per quanto riguarda questo problema.

 

D. – La diocesi di Roma, specificamente?

 

R. – La diocesi di Roma diciamo che per le vocazioni ha anche una tenuta sostanziale. Quest’anno il numero dei sacerdoti ordinati sono sei. L’anno prossimo ancora un numero abbastanza basso, poi ci saranno degli anni con numeri più elevati e diciamo che l’ingresso in seminario, in questi ultimi anni, è abbastanza soddisfacente con un numero per la diocesi di Roma che supera le dieci unità all’anno.

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IL RITRATTO DI SUOR MARIANNA COPE, CHE VERRA’ BEATIFICATA

 OGGI POMERIGGIO: UN’INTERA VITA SPESA PER I LEBBROSI DELL’ISOLA

DI MOLOKAI, COME MEDICO DEI CORPI E DELLE ANIME

- Intervista con padre Ernesto Piacentini -

 

Un “angelo” in un’“isola maledetta”, infestata dalla lebbra: è racchiusa in questo gioco d’opposti la storia di suor Marianna Cope, una delle due Serve di Dio che, insieme a Madre Ascensión Nicol Goñi, verrà beatificata oggi pomeriggio, alle 17, durante la cerimonia presieduta in San Pietro dal cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. Originaria della Germania orientale, dove nacque nel 1838, ma trasferitasi all’età di due anni a New York, Marianna Cope divenne una religiosa del Terz’Ordine francescano di Syracuse. Nel 1883, dimostrando notevole coraggio e insieme un grande fervore missionario, fu l’unica a rispondere all’appello del vescovo di Honolulu, che chiedeva di aprire una missione nel lebbrosario dell’isola di Molokai, nelle isole Hawaii. In quell’isola lavorò e servì i lebbrosi fino alla morte, che sopraggiunse nel 1918. Per un ritratto della nuova Beata, ascoltiamo il postulatore della Causa di beatificazione, padre Ernesto Piacentini, intervistato da Giovanni Peduto:

 

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R. - Fu modello di carità e di assistenza ai malati di lebbra. Durante la sua vita, infatti, si rivelarono le varie virtù, particolarmente la sua fortezza e la sua misericordia verso i malati di lebbra abbandonati. Ma tra tutte le sue virtù emerge la centralità di fede sorretta da forte speranza. A Molokai, quale espressione della sua fama di santità, sulla sua tomba fu eretto un monumento. E’ stata chiamata martire ed eroina di Molokai ed anche madre dei lebbrosi. Lavorando in pericolo costante per la propria vita, affrontò tutto con coraggio indomabile. A me personalmente madre Marianna ha comunicato il suo messaggio un giorno, quando arrivai a Molokai, davanti alla sua tomba. Era la prima volta che giungevo nell’isola e quell’ambiente aveva creato in me una certa pesantezza d’animo. Appena arrivai davanti alla tomba, lessi la frase che vi era scritta sopra in inglese antico: “Smile! The smile will not broken your face!”, cioè “Sorridi! Il sorriso non ti rovinerà la faccia!”. Da quel momento cominciai a sorridere ai lebbrosi, in particolare mi impegnai a lavorare per la causa di canonizzazione di madre Marianna, presentata al mondo come un esempio di incoraggiamento per aiutare i lebbrosi.

 

D. – Che cosa ha spinto questa donna a dare la vita per i lebbrosi?

 

R. – La spiritualità di madre Marianna Cope è stata una spiritualità francescana. Apparteneva alla Congregazione delle Suore Francescane di Syracuse. Di fatto, quando l’emissario del vescovo di Honolulu si presentò a madre Marianna, per andare a risolvere il grave problema della mancanza di assistenza ai lebbrosi nelle Isole Hawaii, ella rispose: “San Francesco ha abbracciato i lebbrosi e quindi io, come francescana, non posso rifiutare questo invito di andare ad assistere i lebbrosi abbandonati, miei fratelli”.

 

D. – Padre Ernesto, vuole tratteggiare un episodio particolare della vita di madre Marianna Cope?

 

R. – Mi sembra che uno di questi, significativi, sia quello che madre Marianna si prese cura dei figli dei lebbrosi a Molokai. Ella volle che si costruissero due collegi per i ragazzi figli dei lebbrosi ed un altro collegio per le ragazze. I figli dei lebbrosi nascono senza lebbra perché questa è una malattia non ereditaria e quindi, tenendoli ragionevolmente separati dai genitori con la dovuta igiene, cibo e medicine, potevano, da grandi, reinserirsi nella società. Un secondo fatto, parallelo, è che, restando questi ragazzi in mezzo alle loro famiglie e a tutti gli altri lebbrosi, essi erano oggetto anche di soprusi! A Molokai i malati di lebbra non avevano più principi di moralità e quindi essi erano in preda alla disperazione e alle violenze!

 

D. – Quale messaggio ci lascia madre Marianna Cope di Molokai?

 

R. – Della sua vita, madre Marianna Cope dice agli uomini di oggi che bisogna assistere i fratelli nel bisogno, particolarmente i fratelli che sono soli, abbandonati ed emarginati. Dice ad ogni uomo che le opere di misericordia vanno prese, accettate e praticate se si vuole essere cristiani, perché Cristo ha detto: “Ogni cosa che avrete fatto ai più piccoli, l’avrete fatta a me!”.

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Ricordiamo che la nostra emittente seguirà la cerimonia di Beatificazione in radiocronaca diretta a partire dalle 16.50 con commenti in italiano sull’onda media di 585 kHz e in modulazione di frequenza su 105 MHz. Per il satellite il commento sarà in lingua spagnola e inglese.

 

 

LA GIOIA DI TUTTA LA CHIESA PER L’AVVIO DELLA CAUSA DI BEATIFICAZIONE

DI GIOVANNI PAOLO II ANNUNCIATA IERI DA BENEDETTO XVI

- Interviste con mons. Stanislao Dziwisz e il cardinale Franciszek Macharski -

 

Grande gioia ieri in tutta la Chiesa per l’annuncio dato da Benedetto XVI di avviare prontamente la causa di beatificazione di Giovanni Paolo II senza attendere i 5 anni canonici dalla sua morte. Hanno esultato i fedeli che continuano a rendere omaggio alla tomba del Pontefice scomparso: una media di 23 mila persone al giorno, rende noto l’Osservatore Romano, si reca al sepolcro di Giovanni Paolo II nelle Grotte Vaticane.  Grande la gioia in tutta la Polonia. Profondamente commosso si è detto l’ex segretario personale di Papa Wojtyla, mons. Stanislao Dziwisz. Ascoltiamo il suo commento:

 

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(Parole in polacco)

 

Esprimo gioia e gratitudine a Papa Benedetto XVI per l’apertura della strada che conduce al riconoscimento ufficiale della santità di Papa Giovanni Paolo II. Questo accade proprio nell’anniversario dell’attentato alla sua vita, il 13 maggio, giorno delle apparizioni di Fatima. Questo è un segno dal Cielo che accogliamo con profonda commozione. E’ una riaffermazione di quello che il popolo di Dio ha espresso pubblicamente durante i funerali: “Subito Santo!”. Esprimo la mia gioia nel nome di don Mieczyslaw, del signor Angelo Gugel e delle suore Serve del Sacro Cuore, e tutti quelli che con dedizione hanno servito il Santo Padre ogni giorno nel suo lavoro apostolico.

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E adesso sentiamo la testimonianza dell’arcivescovo di Cracovia il cardinale Franciszek Macharski, raccolta da Stefano Leszczynki:

 

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Esprimo la mia gioia e la gratitudine perché questo Papa, Giovanni Paolo II, era per me un padre santo, santo e grande. Lui era un testimone di Dio. Ora questo Papa, così vicino a noi, sarà vicino anche a tanti altri, a tutto il mondo, e non solo a cattolici e credenti. Lui era veramente un dono dato da Dio in questi difficilissimi tempi perché il mondo sia più umano e più credente.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina un articolo di Giampaolo Mattei dal titolo "Commossi e gioiosi i pellegrini in preghiera davanti alla tomba del servo di Dio Giovanni Paolo II": la gratitudine dei fedeli per l'inizio della Causa di beatificazione e canonizzazione annunciato da Benedetto XVI.

 

Nelle vaticane, il discorso pronunciato nel 1990 dal cardinale Joseph Ratzinger in occasione del centenario della morte del cardinale John Henry Newman, "uno dei grandi maestri della Chiesa".

Gli interventi di venti presbiteri e di un diacono nella cattedrale di san Giovanni in Laterano durante l'incontro, ieri, con il Papa.

 

Nelle estere, Uzbekistan: ripresi gli scontri armati nella città di Andijan. Gli Usa esortano Governo e dimostranti alla moderazione.

 

Nella pagina culturale, un elzeviro di Mario Gabriele Giordano dal titolo "Acquistare un libro non significa leggerlo": in margine alla Fiera di Torino.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano l'economia: il Premier chiede aiuto alle parti sociali e all'Europa per superare la crisi.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

14 maggio 2005

 

 

LA RIVOLTA IN UZBEKISTAN ASSUME PROPORZIONI DRAMMATICHE: I MORTI

NEGLI SCONTRI SONO ALMENO 200. MIGLIAIA DI MANIFESTANTI HANNO CHIESTO,

STAMANI, LE DIMISSIONI DEL PRESIDENTE KARIMOV

- Intervista con ­ Fabrizio Dragosei -

 

La situazione in Uzbekistan è sempre più drammatica. Per ora la rivolta anti-presidenziale, scoppiata 48 ore fa, rimane circoscritta alla zona orientale dell’ex Repubblica Sovietica. Secondo alcune agenzie per i diritti umani, sarebbero almeno 200 i morti negli scontri ad Andijan. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

 

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“L’Uzbekistan non combatte contro donne e bambini”. Questa la prima reazione ufficiale ai disordini di Andijian del presidente Karimov, che ha denunciato che lo scopo principale della rivolta era liberare il capo di un gruppo estremista islamico in prigione da tempo. “L’azione era pianificata”, ha sottolineato il leader uzbeko, al centro di pesanti critiche della stampa internazionale. Tra i militari, fedeli a Tashkent, vi sono una decina di morti, mentre tra gli insorti “molti di più”, ha ammesso Karimov. Si ha, così, la conferma che ad Andigian vi è stato un vero bagno di sangue. Fonti ospedaliere parlano di oltre 200 morti e centinaia di feriti, molti dei quali sono fuggiti nel vicino Kirghizistan. Dopo una notte relativamente tranquilla le sparatorie sono ricominciate in tutta la città. Alcune migliaia di persone, al grido “assassini”, si sono radunate davanti al palazzo dell’amministrazione regionale, che era stato, ieri, occupato dai rivoltosi. La polizia, pare, però, controllare ormai la situazione.  Le notizie provenienti da Andijian restano confuse e le autorità uzbeke hanno intimato alla stampa di allontanarsi non potendo garantire la sicurezza dei giornalisti. L’Unione Europea ha puntato l’indice contro la politica di Tashkent e la repressione poliziesca. La Russia si dice preoccupata per gli eventi, definiti un problema interno uzbeko. Disoccupazione con tassi elevatissimi, povertà ed una situazione socio-economica complessa rendono esplosiva la situazione nella valle di Ferganà.

 

Per la Radio Vaticana Giuseppe D’Amato

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L’Uzbekistan rischia di scivolare in una crisi di proporzioni drammatiche. La protesta contro il presidente Karimov continua e il bilancio delle vittime si fa drammatico, c’è anche chi parla di 300 morti, mentre sono molti ad accusare il capo dello Stato di aver ordinato alle forze dell’ordine di sparare sulla folla. Karimov ha negato quest’accusa, affermando che dietro l’insurrezione vi sono gruppi integralisti islamici. Ma è possibile addebitare quanto successo all’estremismo islamico? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Fabrizio Dragosei, corrispondente a Mosca per il Corriere della Sera:

 

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R. – Sicuramente la protesta ha due componenti. C’è sicuramente una componente democratica e anti Karimov, che prende spunto dalle famose Rivoluzioni di Velluto, la prima in Georgia e poi in Ucraina. E c’è poi una componente dei gruppi estremistici islamici che in quella zona sono molto attivi e hanno iniziato questa rivolta con le armi, quindi non una rivolta pacifica, e che si richiamano a dei gruppi islamici estremisti collegati con gruppi internazionali, anche con Al Qaeda, che hanno fatto da tramite tra l’Uzbekistan e l’Afghanistan anche negli anni passati. Certamente, il loro movimento raccoglie maggiori consensi di quanto non ne raccoglierebbe in un Uzbekistan pacifico. E’ difficile oggi capire come uscire da questa situazione.

 

D. – Quindi, in questo momento, l’opposizione uzbeka secondo te non può esprimere un personaggio alternativo al presidente Karimov, come invece è successo in Ucraina?

 

R. – Purtroppo, in questo momento in Uzbekistan personaggi democratici che potrebbero diventare lo Yushenko dell’Uzbekistan non ci sono, proprio perché Karimov si è concentrato in questi anni in una repressione fortissima contro qualsiasi movimento democratico. Quindi, gli unici che hanno una presa nel Paese e che sono attivi sono questi leader islamici che, però, non sono amati dai pochi democratici che ancora fanno sentire la loro voce in Uzbekistan. Io ho l’impressione che sia difficile oggi vedere una rivoluzione di tipo democratico in Uzbekistan.

 

D. – La comunità internazionale sembra che stia a guardare quanto sta succedendo in Uzbekistan. La stessa Russia ha detto sono “fatti interni del Paese” …

 

R. – Questo deriva sicuramente dalla grande importanza strategica che oggi ha l’Uzbekistan e dal fatto che nessuno vuole perderlo. La Russia è ancora comunque presente in Uzbekistan, ha buoni rapporti con Karimov, li ha riaffermati in questo momento e ha deciso di giocare le sue carte sul presidente attuale, riconfermandogli la fiducia. Washington pure si è limitata a delle dichiarazioni molto generiche, invitando le parti a una certa moderazione. Gli unici che hanno fatto sentire la loro voce contro Karimov, chiedendo il rispetto dei diritti umani, sono gli europei. Oggi la Russia teme più di ogni altra influenza il crescere dell’estremismo islamico. E gli Stati Uniti ovviamente sono contrari a qualsiasi gruppo islamico estremista. Il rafforzamento di questi gruppi in Uzbekistan potrebbe creare grossissimi problemi.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, 15 Maggio, Solennità di Pentecoste, la liturgia ci presenta negli Atti degli Apostoli la discesa dello Spirito Santo come un vento gagliardo e come lingue di fuoco che si posano sui discepoli di Gesù. Il Vangelo invece ci racconta l’apparizione di Gesù risorto agli apostoli, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano per timore dei Giudei. Il Signore dice:

 

 «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi».

 

Su queste parole ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:

 

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Nella vicinanza del suo congedo Cristo intensifica il discorso sullo Spirito Santo, il Consolatore, lo Spirito di Verità, Spirito che ricorderà tutto ciò che Cristo ha detto e ha fatto. Infatti, solo con la Pentecoste i discepoli comprenderanno la grandezza, il senso e la portata della Passione, della morte e della Risurrezione di Cristo. Sant’Agostino sottolinea che il Padre ha mandato Suo Figlio per toccarci con il Suo amore e così suscitare in noi l’amore verso di Lui e questo si è realizzato nel dramma della Pasqua, tramite la morte. Solo inviando lo Spirito Santo il Signore può mandare anche noi, perché lo Spirito ci convincerà che l’amore vive in modo pasquale e che l’esito del sacrificio è la Risurrezione. Lo Spirito Santo ci convince che la rinuncia e la tristezza della prova vengono superate con la beatitudine della consolazione che al cuore umano solo il Paraclito, il Consolatore divino, può dare.

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CHIESA E SOCIETA’

14 maggio 2005

 

 

PADRE AQUILEIO FIORENTINI È STATO ELETTO NUOVO SUPERIORE GENERALE

DEI MISSIONARI DELLA CONSOLATA. PER LA PRIMA VOLTA NON SARÀ UN ITALIANO

A GUIDARE L’ISTITUTO FONDATO POCO PIÙ DI UN SECOLO FA

 

SAN PAOLO. =  Il capitolo generale dei Missionari della Consolata (IMC) in corso a San Paolo, in Brasile, ha eletto il nuovo superiore generale che guiderà l’Istituto nei prossimi sei anni: è padre Aquileo Fiorentini, 53 anni, nato in Brasile, a Tucunduya, Rio Grande do Sul. A comunicarlo all’agenzia Fides è stato il superiore della casa generalizia, padre Vincenzo Mura. Padre Fiorentini ha studiato filosofia a San Paolo, teologia a Roma, missiologia alla “Gregoriana” e spiritualità al “Teresianum”. Sempre a Roma, presso l’Università Pontificia Salesiana, ha conseguito la licenza in Psicologia. Dal 1984 al 1987, ha lavorato come parroco a Vilankulo, in Mozambico. Successivamente, é stato formatore ed economo nel seminario filosofico di Curitiba, in Brasile. Dal 1999 al 2005, é stato consigliere generale. Padre Fiorentini alla guida dei Missionari della Consolata sarà affiancato da padre Stefano Camerlengo, missionario in Congo, padre Francisco Lopez Vazque, missionario in Corea, padre Antonio Manuel, missionario in Brasile e padre Matthew Ouma, kenyano. La nuova direzione generale ha una forte connotazione internazionale, la maggiore nella storia dell’Istituto. Per la prima volta, infatti, il superiore non é italiano e, sempre per la prima volta, un africano – un keniano - entra nella direzione. Fondato a Torino il 29 gennaio 1901 dal beato Giuseppe Allamano, l’Istituto Missioni Consolata (IMC), dopo l’approvazione delle Costituzioni da parte di Propaganda Fide (1923), fu riconosciuto aggregato al dicastero missionario. I poco più di cento anni di storia missionaria dell’IMC si identificano con un periodo di trasformazione da cui sono nati i popoli liberi e le Chiese autoctone. A questo processo hanno contribuito i Missionari della Consolata, seguendo la metodologia del loro fondatore, che ha fatto della promozione umana e dell’evangelizzazione i due valori fondamentali e irrinunciabili delle culture locali. Oggi, i Missionari della Consolata sono circa un migliaio ed operano in 22 nazioni di quattro continenti: Europa, Africa, America e Asia. (E. B.)

 

 

In Pakistan la “legge sulla blasfemia”, che prevede l’ergastolo o la pena

di morte per quanti insultano il corano,

dal 1988 ha provocato la carcerazione di oltre 600 persone

oltre a 20 esecuzioni. A renderlo noto, il rapporto

della conferenza episcopale del paese

 - A cura di Eugenio Bonanata -

 

LAHORE. = A causa della “legge sulla blasfemia” in vigore in Pakistan, dal 1988 ad oggi sono 647 le persone accusate e incarcerate, mentre 20 sono quelle assassinate. Questi dati emergono dal rapporto che la Commissione Nazionale “Giustizia e Pace” della Conferenza Episcopale del Pakistan ha pubblicato giovedì scorso. La legge sulla blasfemia è stata introdotta nel 1986. Una sezione si riferisce alle offese al Corano, punite anche con l’ergastolo; un’altra prevede la pena di morte o l’ergastolo per “quanti con parole o scritti, gesti o rappresentazioni visibili, con insinuazioni dirette o indirette, insultano il sacro nome del Profeta”. La disposizione, che permette di incarcerare il presunto trasgressore in seguito a semplici dichiarazioni orali prestate da qualsiasi cittadino, favorisce talvolta l’utilizzo della legge come strumento di vendetta personale. La Chiesa cattolica pakistana definisce la normativa “ingiusta e discriminatoria” e da molto tempo ne chiede la totale cancellazione, criticando apertamente i superficiali emendamenti apportati dal governo del generale Pervez Musharraf. Secondo quanto sottolineato dall’agenzia di stampa “AsiaNews”, le modifiche si limitano a vizi di procedura e applicazione della legge, mantenendo in vigore la pena di morte per chi offende Maometto. Secondo quanto scritto nel rapporto della suddetta Commissione, i cristiani in carcere con l’accusa di blasfemia sono attualmente più di 80: un numero elevato se si considera la bassa percentuale dei cristiani rispetto alla popolazione pakistana (solo l’1%). Il documento informa, inoltre, che il 50% degli accusati di blasfemia sono musulmani, il 37% ahmadi, il 13% cristiani e l’1% indù. I casi sicuramente censiti – ha spiegato Peter Jacob, presidente della Commissione – sono 647, ma si stima che possano essere molti di più. Secondo quanto riferito l’estate scorsa ad “AsiaNews” da Ejaz ul Haq, ministro federale per gli Affari religiosi, è solamente negli ultimi 18 anni che si registra un abuso della legge, poiché dal 1927 al 1986 si erano registrati solo 7 casi di blasfemia. Nei processi iniziati a partire dal 1988, 102 persone sono state assolte dalla Corte suprema del Pakistan. Delle 20 persone uccise, 14 sono musulmane e 6 cristiane. Fra le persone assassinate dagli integralisti, vi è anche un avvocato ex giudice della Corte Suprema, Arif Huassain Bhatti, che aveva scelto di difendere gli imputati di blasfemia. In Pakistan, su una popolazione di 155 milioni di persone, i musulmani sono il 97%, in maggioranza sunniti, con il 20% di sciiti. I cristiani sono il 2,5%, fra i quali  oltre 1 milione di cattolici. (E. B.)

 

 

IL MONDO MUSULMANO PROTESTA CONTRO LA PRESUNTA PROFANAZIONE DEL CORANO DA PARTE DI ALCUNI SOLDATI STATUNITENSI

NELLA PRIGIONE DI GUANTANAMO. LE MANIFESTAZIONI PIU’ VIOLENTE IN AFGHANISTAN, CON 7 MORTI ED UNA VENTINA DI FERITI

 

GUANTANAMO. = La prigione di Guantanamo torna a riempire le pagine dei giornali internazionali, per l’ennesimo inquietante episodio di sopraffazione, questa volta a sfondo religioso. Durante alcuni interrogatori, i soldati statunitensi avrebbero profanato alcune copie del Corano, strappandole e gettandole nei bagni. La notizia, pubblicata dal settimanale statunitense “Newsweek”, ha fatto il giro del mondo, provocando un’ondata di proteste senza precedenti. Manifestazioni di piazza si sono avute nei Territori palestinesi, in Libia, Pakistan. Ma è stato in Afghanistan che si è registrato il bilancio più grave: almeno 7 morti ed una ventina di feriti. Quattro poliziotti e militari hanno perso la vita in scontri con i dimostranti nella provincia di Ghazni, a sudovest della capitale Kabul, mentre tre manifestanti sono stati uccisi nella provincia nordorientale di Badakhshan, tuttavia il bilancio, secondo fonti non ufficiali, sarebbe ancora più grave. Per protesta contro la grave dissacrazione, anche nel vicino Pakistan migliaia di persone sono scese in piazza a Islamabad, Karachi, Lahore, Peshawar, Multan e Quetta: qui la polizia non ha segnalato alcun incidente. I palestinesi si sono uniti alle contestazioni manifestando in alcune città della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. In Indonesia, il Paese musulmano più popoloso del mondo, centinaia di fedeli si sono riuniti in una moschea della capitale Giakarta per protestare in modo pacifico contro la dissacrazione del Corano. La Casa Bianca ha comunicato di aver aperto un’inchiesta per far luce sull’accaduto e per dare un nome ai responsabili. Dal 2001 Guantanamo, la base statunitense in territorio cubano, è il luogo di detenzione di centinaia di persone, in gran parte afgani e pakistani, accusate di terrorismo. (S.S.)

 

 

APERTA NEI GIORNI SCORSI A ROMA LA MOSTRA STORICO-FOTOGRAFICA DAL TITOLO “PADRE PANCRAZIO PFEIFFER: UN GENERALE SENZA ARMI”. SCOPO DELL’INIZIATIVA È RICORDARE LA STRAORDINARIA FIGURA DEL SACERDOTE BAVARESE CHE,

DURANTE L’OCCUPAZIONE NAZISTA A ROMA, SALVÒ CENTINAIA DI VITE UMANE,

TRA CUI MOLTI EBREI

 

ROMA. = Per ricordare il 60.mo anniversario della morte di padre Pancrazio Pfeiffer, avvenuta il 12 maggio 1945, la Società del Divin Salvatore, cui il religioso apparteneva, ha allestito una mostra nel palazzo Cesi di via della Conciliazione a Roma, sede della Curia generalizia dei Salvatoriani. Obiettivo dell’iniziativa è far conoscere l’opera di questo sacerdote, nato in Baviera, nel contesto della Seconda Guerra Mondiale, durante l’occupazione tedesca. Padre Pfeiffer venne definito “un generale senza armi”, che si è però servito delle armi della carità per salvare centinaia di vite umane, tra cui molti ebrei, e non solo a Roma. Era un uomo paziente ed infaticabile che, mettendo a frutto la sua nazionalità tedesca e godendo della fiducia di Papa Pio XII, è riuscito a svolgere una intensa attività di mediazione con il comando delle autorità tedesche, salvando un gran numero di vite umane, ottenendo informazioni, perorando situazioni particolari. La mostra, che sarà aperta al pubblico fino al 18 giugno, oltre a mettere a fuoco la figura di padre Pfeiffer ed il carisma dei Salvatoriani, vuole quindi sottolineare la grande opera di questo sacerdote tedesco durante il periodo bellico. Pfeiffer nacque il 18 ottobre 1872 a Brunnen, presso Fuessen, in Baviera. Nel 1888 sceglie di abbracciare la vita religiosa e il 18 marzo 1889 compie un viaggio a Roma per entrare nella Società del Divin Salvatore. Ordinato sacerdote nel 1896, entra a lavorare in Vaticano nel 1908, sotto il Pontificato di Pio X, nell’ufficio addetto alle udienze papali. Nel 1915 viene eletto superiore generale dei Salvatoriani, succedendo al Fondatore, incarico che mantiene per 30 anni, fino alla morte, il 12 maggio 1945. Durante l’occupazione tedesca di Roma, erano innumerevoli le persone che si rivolgevano a lui per avere notizie di parenti arrestati o ottenere la loro liberazione. Nessuno può calcolare quanti ebrei sia riuscito a nascondere, quanti perseguitati abbia protetto o quanti condannati a morte abbiano avuto salva la vita anche pochi momenti prima dell’esecuzione. Il tutto grazie alla tenacia di questo sacerdote. (E. B.)

 

 

IMPEGNI DI GIUSTIZIA: IL RAPPORTO DELLA FONDAZIONE “GIUSTIZIA E SOLIDARIETA’” SUL DEBITO ESTERO DEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO

E’ STATO PRESENTATO IERI A MILANO, NELL’AMBITO DELLA CAMPAGNA DELLA CEI IN FAVORE DELLA REMISSIONE DEL DEBITO PER I PAESI POVERI

- A cura di Fabio Brenna -

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MILANO. = Un impegno che deve proseguire per battere un’autentica forma di moderna schiavitù. Dal rapporto sul debito 2000-2005 e dalla Giornata di studio milanese arriva l’invito a rinnovare l’impegno sul fronte della riduzione del debito estero dei Paesi poveri, iniziativa, sostenuta da Giovanni Paolo II durante il Grande Giubileo del 2000. La Chiesa italiana ha raccolto finora 17 milioni di euro, 6 di questi sono stati destinati alla Guinea-Conakry, dove sono stati realizzati scuole, ambulatori, un ospedale e dato impulso a cooperative economiche. Più difficoltose le realizzazioni per lo Zambia, a cui sono stati destinati 10 milioni di euro. In questo Paese, si era anche indirizzato l’impegno giubilare dello Stato italiano, ma l’intervento si è via via complicato con il regolamento attuativo del provvedimento di legge e per le successive difficoltà di bilancio. Eppure, tracciando un bilancio di questa esperienza l’arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, ha parlato di una felice sintesi tra i principi della Dottrina sociale della Chiesa, le proposte per le istituzioni pubbliche e gli atteggiamenti e comportamenti concreti delle persone. Il cardinale Tettamanzi ha però esplicitamente chiesto allo Stato italiano il rispetto dei patti, quello cioè di dare lo 0,7 per cento del suo prodotto interno lordo come stanziamento minimo a favore della cooperazione allo sviluppo, rinnovando e completando il suo impegno con lo Zambia. Riccardo Moro, direttore della Fondazione Giustizia e Solidarietà, dopo aver osservato come le cancellazioni seguano il ritmo dell’iniziativa internazionale, ha evidenziato la mancanza di attività di controllo sull’utilizzo delle risorse ottenute con la cancellazione del debito.

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LA DEFORESTAZIONE NEL MONDO AVANZA IN MODO PREOCCUPANTE. A DENUNCIARLO È L’ONU ALLA VIGILIA DEL FORUM INTERNAZIONALE SULLE FORESTE, IN PROGRAMMA DAL 16 AL 27 MAGGIO A NEW YORK

 

PARIGI. = La deforestazione nel mondo ha un andamento allarmante. Lo ritiene l’ONU che, alla vigilia di una riunione internazionale sulle foreste, in programma a New York, ha diffuso un comunicato ricevuto a Parigi. Il tasso netto di disboscamento è pari a 9,4 milioni di ettari all’anno. Ogni anno, a partire dal decennio scorso, circa 15 milioni di ettari vengono disboscati e poco più di 5 vengono recuperati grazie alla rigenerazione naturale o alla decisione di piantare alberi in terreni precedentemente non boschivi. La deforestazione si produce principalmente nelle regioni tropicali, mentre nei Paesi nordici le foreste aumentano di  quantità. Dal 16 al 27 maggio, si svolgerà il forum dell’ONU sulle foreste, cui parteciperanno 300 responsabili governativi tra cui 40 ministri. (E. B.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

14 maggio 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq, almeno tre civili sono rimasti uccisi in seguito ad un nuovo attentato dinamitardo avvenuto in un quartiere meridionale di Baghdad. Sempre nella capitale, l’esplosione di un’autobomba nei pressi del Ministero dell’industria ha provocato la morte di quattro persone. Due militari iracheni sono morti, inoltre, per un attacco della guerriglia contro un posto di blocco dell’esercito a Ramadi. Il nostro servizio:

 

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In questo scenario dominato dalle violenze, il governo iracheno ha deciso di prorogare per altri 30 giorni lo stato di emergenza. Lo ha annunciato il premier sciita, Ibrahim Jaafari, precisando che il provvedimento non è esteso alle province curde. Un altro annuncio, dai contenuti completamente diversi, riguarda Saddam Hussein. L’ex presidente iracheno, che si trova in carcere dove attende di essere processato, ha deciso di scrivere le proprie memorie. Uno dei difensori dell’ex rais ha detto che Saddam intende scrivere una autobiografia con “molti dettagli rilevanti”. In Italia, intanto, l’opposizione chiede chiarimenti su un documento, stilato dal Ministero delle attività produttive, sul ruolo delle truppe italiane nel Paese arabo. Nel testo, si sottolinea l’importanza, per l’Italia, di andare in Iraq anche per tutelare gli interessi nazionali nell’approvvigionamento del petrolio. In un’interrogazione parlamentare, i Verdi chiedono inoltre al governo “risposte precise sulla scelta dell’ENI di partecipare alla guerra in Iraq e di Nassiriya quale sede operativa del contingente italiano”. Gli Stati Uniti considerano conclusa, infine, l’inchiesta sull’uccisione in Iraq dell’agente italiano Nicola Calipari. Secondo il rapporto americano, si è trattato di un tragico incidente.

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Momenti di tensione ieri alla frontiera fra Israele e Libano. Per la prima volta da gennaio sono entrate in azione artiglieria e aviazione dello Stato ebraico, che hanno  bombardato e distrutto quattro postazioni hezbollah nel Libano meridionale. L’area interessata è quella delle “Fattorie di Sheeba”, una zona controllata da Israele, che secondo gli hezbollah fa parte del territorio libanese. L’ONU ritiene, invece, che sia una regione della Siria.

 

Il presidente palestinese, Abu Mazen, sarà ricevuto a Washington dal capo della Casa Bianca, George Bush, il prossimo 26 maggio. Lo hanno riferito fonti palestinesi. Un incontro tra Bush e Abu Mazen era stato fissato, negli Stati Uniti, per lo scorso 10 gennaio. Ma questo appuntamento era stato rinviato per consentire il raggiungimento di risultati più significativi nel processo di pace israelo-palestinese.

 

A Taiwan, il Partito democratico progressista (PDP), ha vinto le elezioni per eleggere i membri del Parlamento. Il PDP, Partito del presidente Chen Shui-bian, ha ottenuto il 42,5 per cento dei voti, pari a 128 seggi dei 300 a disposizione. L’Assemblea nazionale dovrà votare una serie di emendamenti costituzionali, che potrebbero portare Taiwan sulla strada dell’indipendenza dalla Cina. Le operazioni di voto si sono svolte senza incidenti e l’affluenza alle urne è stata inferiore al 40 per cento. Ma quali saranno i compiti dei neo-deputati? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Francesco Sisci, corrispondente del quotidiano “La Stampa” da Pechino:

 

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R. – Sono quelli normali di un Parlamento, tra cui c’è forse la possibilità di varare degli emendamenti costituzionali.

 

D. –  E’ emersa ieri la nuova formula “Due sponde, una Cina”, nell’incontro tra il presidente cinese Hu Jintao e il leader del secondo maggiore partito dell’opposizione di Taiwan, James Soong. Qual è stata la risposta di Taipei?

 

R. – Questi due viaggi sembrano aver rovesciato la tendenza che finora sembrava essere: più sei schierato per l’indipendenza di Taiwan, più hai voti. Oggi, la tendenza sembra essere: più cerchi di andare verso l’unificazione con Pechino e più hai voti. Infatti, proprio questa settimana c’è stato un episodio, secondo me, molto importante: quello di una rottura forte tra l’attuale presidente, Chen Shui-bian, e l’ex presidente, Lee Teng-hui. L’ex presidente, Lee Teng-hui, ha accusato Chen Shui-bian di aver tradito gli ideali indipendentisti di Taiwan. Questa rottura potrebbe essere molto importante, perché si potrebbe spaccare il fronte filo-indipendentista e potrebbe preludere anche a dei passi di Chen Shui-bian verso un rapporto migliore con Pechino.

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Negli Stati Uniti cresce l’appoggio al Trattato di Kyoto per la limitazione dei gas serra, ratificato da diversi Paesi ma non dalla Casa Bianca. Centotrentadue sindaci di diversi schieramenti si sono ribellati alla politica ambientale del presidente Bush, imponendo alle proprie città di rispettare i vincoli stabiliti dal Protocollo internazionale: tra le metropoli che vi hanno aderito, anche New York e Los Angeles.

 

Agghiacciante rivelazione dell’ex generale cileno, Contreras, attualmente in carcere, sulla drammatica sorte toccata ai desaparecidos durante la dittatura di Augusto Pinochet. Per la prima volta, un membro dell’ex regime degli anni ’70 in Cile accetta la responsabilità dell’eliminazione degli oppositori. Ascoltiamo Maurizio Salvi:

 

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Dopo essere stato a lungo in silenzio ed avere persino accettato una condanna a 12 anni di carcere, Manuel Contreras, l’ex capo della DINA, la temibile polizia politica della dittatura cilena, ha deciso di cominciare a rivelare parte della sua verità sulla sorte di centinaia di oppositori di Augusto Pinochet, ufficialmente desaparecidos. Dal carcere dove si trova, e non potendo sopportare di essere uno dei pochi ad avere pagato con la prigione la lealtà al golpe militare e allo stesso Pinochet, l’ex generale ha consegnato alle autorità cilene un documento in cui giustifica le violazioni dei diritti umani commesse per combattere il terrorismo e rivela la sorte toccata ad almeno 580 desaparecidos: quasi la metà di questi, a suo avviso, sono stati gettati nelle acque di laghi, fiumi o dell’Oceano Pacifico. I familiari degli scomparsi hanno sottolineato che è positivo il fatto che per la prima volta un protagonista di quell’epoca abbia accettato il principio e la responsabilità delle autorità dello Stato nella repressione. Hanno chiesto l’intervento di un giudice istruttore e reclamato tempo per esaminare l’autenticità delle affermazioni dell’ex generale sulla sorte degli scomparsi.

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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Il Parlamento della Repubblica Democratica del Congo ha adottato, ieri sera, la nuova Costituzione che adesso verrà sottoposta a referendum. Lo scorso 17 marzo, la Costituzione era stata approvata dal Senato. Il testo prevede un sistema semi-presidenziale in uno Stato unitario ma fortemente decentralizzato.

 

 

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