RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 133 - Testo della trasmissione di venerdì 13 maggio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:                                                                             

Si avrà molto presto l’apertura ufficiale del processo di beatificazione per Giovanni Paolo II: l’annuncio di Benedetto XVI, oggi memoria della Vergine di Fatima,  nel giorno della sua udienza al clero romano nella Basilica di San Giovanni in Laterano: ai nostri microfoni il cardinale José Saraiva Martins e Tadeusz Konopka

 

Benedetto XVI nomina l’arcivescovo di San Francisco, William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede

 

Domani pomeriggio, la beatificazione di madre Ascensión Nicol Goñi, fondatrice delle suore Missionarie Domenicane del Rosario. La religiosa sarà elevata all’onore degli altari assieme a suor Marianne Cope, la madre dei lebbrosi a Molokai. Intervista con il postulatore, padre Vito Gomez

 

IN PRIMO PIANO:

Oggi la Chiesa celebra la memoria liturgica della Beata Vergine di Fatima: ce ne parla mons. Clemente Dotti

 

L’agenda di Papa Ratzinger: è il titolo del numero speciale di Limes presentato ieri alla presenza del nostro direttore generale padre Pasquale Borgomeo. Con noi padre Borgomeo e Stefano Picciaredda

 

CHIESA E SOCIETA’:

Oltre 2 mila fedeli si sono raccolti stamane a Roma, all'Auditorium Pio nei pressi del Vaticano, per celebrare la Giornata del pellegrino, organizzata dall’Opera Romana Pellegrinaggi

 

Violenze, intimidazioni e frodi nelle elezioni in Togo del 24 aprile scorso: la denuncia in un Rapporto della Commissione giustizia e pace della Conferenza episcopale togolese

 

Domani sabato 14 maggio a Roma l’Associazione culturale “Insieme per l’Athos” promuove il suo quarto Convegno nazionale sul Monte Athos

 

Accordo in vista tra Brasile ed Angola per la fornitura di nuovi aerei da combattimento, autoblindo e altri materiali militari

 

In Pakistan due scuole nazionalizzate tornano alla Chiesa cattolica. Secondo insegnanti e gruppi musulmani “è una decisione illegale e atroce”

 

Il primo rapporto annuale del Comitato governativo per i diritti umani ha denunciato nei giorni scorsi in Qatar gravi violazioni dei diritti umani

 

24 ORE NEL MONDO:

Rivolta in Uzbekistan: almeno 9 morti in scontri tra polizia e insorti

 

Diffuso il rapporto dell’ONU sulle condizioni di vita in Iraq nel 2004: la situazione è drammatica

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

13 maggio 2005

 

 

SI AVRA’ MOLTO PRESTO L’APERTURA UFFICIALE DEL PROCESSO DI BEATIFICAZIONE

PER GIOVANNI PAOLO II: L’ANNUNCIO DI BENEDETTO XVI NEL GIORNO

DELLA SUA UDIENZA AL CLERO ROMANO E DELLA PRESA DI POSSESSO DELL’APPARTAMENTO PONTIFICIO IN LATERANO. IL PAPA HA RIFLETTUTTO

SUL SIGNIFICATO E LA MISSIONE DEL SACERDOZIO,

RISPONDENDO ALLE DOMANDE DEI PARROCI ROMANI

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

Benedetto XVI “ha dispensato dal tempo di cinque anni di attesa dopo la morte del Servo di Dio Giovanni Paolo II (Karol Wojtyla), Sommo Pontefice, cosicché la causa di Beatificazione e Canonizzazione del medesimo Servo di Dio possa avere subito inizio”. Sono queste le parole, pronunciate in latino, con le quali il Papa ha dato questa mattina un annuncio atteso da milioni di fedeli in tutta la Chiesa. L’annuncio di Benedetto XVI è stato dato all’interno della Basilica Lateranense, durante l’incontro con il clero romano. Il racconto dell’evento nel servizio di Alessandro De Carolis:

 

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“Summus Pontifex Benedictus XVI (…) dispensavit a tempore quinque annorum exspectationis post mortem Servi Dei Ioannis Pauli II (Caroli Wojtyla), Summi Pontificis, ita ut causa Beatificationis et Canonizationis eiusdem Servi Dei statim incipi posset.

 

(applausi)

        

E’ velata dalla formula in latino ma scatena subito un commosso entusiasmo la grande notizia che coglie di sorpresa la Chiesa universale e il mondo: Giovanni Paolo II sarà presto Beato. E’ lo stesso Benedetto XVI, sfoggiando un sorriso emozionato, ad annunciare la deroga al Canone, che – ad appena 42 giorni dalla morte di Papa Wojtyla – risponde in sostanza a quel grido partito dal cuore di Piazza San Pietro l’8 aprile scorso, giorno delle esequie di Giovanni Paolo II: “Santo subito!”.

 

L’annuncio della dispensa pontificia – dato significativamente il 13 maggio, festa della Madonna di Fatima cui Giovanni Paolo II ha detto nel suo testamento di dovere la sua “seconda” vita – ha fatto questa mattina da spartiacque tra i due momenti di un altro avvenimento importante in questo inizio di Pontificato: la presa di possesso dell’appartamento pontificio in Laterano da parte di Benedetto XVI, nella sua veste di vescovo di Roma. Il Papa ha voluto incontrare in Basilica il clero capitolino, in quella che è una tradizionale udienza annuale, offrendo un’ampia riflessione sull’essenza spirituale e sulla natura ministeriale del sacerdozio e poi soffermandosi in dialogo con i sacerdoti, ascoltando e rispondendo alle loro domande.

 

Benedetto XVI ha fatto il suo ingresso nella Basilica Lateranense verso le 10, accompagnato dal cardinale vicario Camillo Ruini, dal vicegerente, mons. Luigi Moretti, e dal segretario generale del Vicariato, mons. Mauro Parmeggiani. Il Papa ha percorso la navata centrale della Basilica salutando i parroci romani che si protendevano dalle transenne per stringergli la mano. Dopo il saluto del cardinale Ruini, che ha annunciato in anteprima la presenza del Papa, con un suo discorso, all’apertura del Convegno diocesano dedicato ai temi della famiglia in Basilica, il prossimo 6 giugno – Benedetto XVI ha voluto subito salutare “con animo amico”, ha detto, ciascun sacerdote impegnato come lui “nella fatica quotidiana nella vigna del Signore”. I funerali di Giovanni Paolo II, ha affermato, hanno dimostrato come la Chiesa di Roma sia “profondamente unita e piena di fervore”. Merito certamente dei sacerdoti romani, ha riconosciuto il Papa, chiamati a promuovere insieme a lui “l’esemplarità” della Chiesa capitolina:

 

“Conto dunque su di voi, sulla vostra preghiera, sulla vostra accoglienza e dedizione, perché questa nostra amata Diocesi corrisponda sempre più generosamente alla vocazione che il Signore le ha affidato. E da parte mia vi dico: potete contare, nonostante i miei limiti, sulla sincerità del mio paterno affetto”.

 

Benedetto XVI ha poi offerto una disamina della situazione attuale della Chiesa. Se è ormai alle spalle, ha osservato, il tempo della “crisi d’identità” che aveva “travagliato” molti sacerdoti nel passato, “rimangono però ben presenti – ha asserito -quelle cause di ‘deserto spirituale’ che affliggono l’umanità del nostro tempo e conseguentemente minano anche la Chiesa che vive in questa umanità”. Come non temere, si è chiesto allora, “che esse possano insidiare anche la vita dei sacerdoti?” Di qui, dunque, il discorso è entrato, in modo concettualmente denso, nel merito del ministero sacerdotale:

 

“Siamo incaricati non di dire molte parole, ma di farci eco e portatori di una sola “Parola”, che è il Verbo di Dio fatto carne per la nostra salvezza () Cari sacerdoti di Roma, il Signore ci chiama amici, ci fa suoi amici, si affida a noi, ci affida il suo corpo nell’Eucaristia, ci affida la sua Chiesa. E allora dobbiamo essere davvero suoi amici, avere con Lui un solo sentire, volere quello che Egli vuole e non volere quello che Egli non vuole”.

 

Vivere ed agire come Gesù, ha proseguito Benedetto XVI, comporta l’avere una relazione privilegiata con lui, attraverso l’Eucaristia. Nell’invitare ogni sacerdote, sulla scia di Giovanni Paolo II, a vivere la Santa Messa come centro “assoluto” della propria vita, il Papa ha toccato il tema delicato dell’ubbidienza:

 

“Nella Chiesa però l’ubbidienza non è qualcosa di formalistico; è ubbidienza a colui che è a sua volta ubbidiente e impersona il Cristo ubbidiente. Tutto ciò non vanifica e nemmeno attenua le esigenze concrete dell’ubbidienza, ma assicura la sua profondità teologale e il suo respiro cattolico: nel vescovo ubbidiamo a Cristo e alla Chiesa intera, che egli rappresenta in questo luogo”.

 

La riflessione si è poi rivolta al ruolo di mediatore che il sacerdote svolge tra Dio e l’umanità. “Noi fungiamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro”. E in quanto ministro di Cristo, il sacerdote diventa servitore dell’uomo, per il dovere di annunciargli la salvezza del Vangelo, facendosi, come San Paolo” “tutto a tutti”:

 

“Naturalmente una tale vicinanza e dedizione ha per ciascuno di voi un costo personale, significa tempo, preoccupazioni, dispendio di energie. Conosco questa vostra fatica quotidiana e voglio ringraziarvi, da parte del Signore. Ma vorrei anche aiutarvi a non cedere sotto questa fatica. Per poter resistere, e anzi crescere, come persone e come sacerdoti, è fondamentale anzitutto l’intima comunione con Cristo, il cui cibo era fare la volontà del Padre”.

 

Proprio da Gesù, che sacrificò la propria vita per fare la volontà di Dio, il sacerdote impara, ha notato il Papa, “l’arte dell’ascesi sacerdotale”. Azione pastorale, dunque, ma anche preghiera e meditazione quotidiane perché, come lo ha dimostrato ampiamente Giovanni Paolo II, “il tempo per stare alla presenza di Dio è una vera priorità pastorale, in ultima analisi la più importante. Le ultime parole del suo discorso – prima dell’annuncio sul processo di beatificazione del suo predecessore – Benedetto XVI le ha dedicate all’esortazione alla santità personale di ogni membro del clero e alla comunione all’interno della gerarchia ecclesiale.

 

Quindi, il microfono è passato ai parroci e ai sacerdoti romani. Venti interventi, intervallati da considerazioni, manifestazioni d’affetto, domande, sollecitazioni al Pontefice su temi tra i più vari, dalla necessità di una riaffermazione di Cristo al centro della vita ecclesiale e parrocchiale alla situazione dei divorziati, all’impegno ecumenico e alla missione. Proprio gettando uno sguardo al mondo – in particolare soffermandosi sulla responsabilità dell’Europa verso gli altri continenti, specialmente verso l’Africa - Benedetto XVI, rispondendo a braccio, ha aperto una parentesi tra le più significative:

 

“L’Africa è un continente di grandissime possibilità, di una grandissima generosità da parte della sua gente, con una fede viva e impressionante, ma dobbiamo confessare che l’Europa ha esportato, purtroppo, non solo la fede in Cristo, ma anche i vizi. Ha esportato il senso della corruzione, ha esportato la violenza, che adesso sta devastando questa Africa. C’è il commercio delle armi. C’è lo sfruttamento dei tesori di questa terra. Tanto più noi cristiani dobbiamo fare di tutto perché arrivi la fede e con la fede la forza di resistere a questi vizi”.

 

Benedetto XVI ha quindi concluso il suo intervento a braccio, riaffermando con forza – tra gli applausi dei sacerdoti - la necessità della missione, dell’annuncio di Cristo a tutti gli uomini:

 

“Se noi abbiamo trovato il Signore, se per me il Signore è la luce e la gioia della vita, se è  così, siamo sicuri che a un altro che non ha trovato Cristo manca una cosa essenziale. E’ un dovere nostro offrirgli questa realtà essenziale. Poi lasciamo alla guida dello Spirito Santo e alla libertà di ognuno quello che succederà. Ma se siamo convinti che abbiamo fatto l’esperienza che senza Cristo la vita è incompleta, manca una realtà, la realtà fondamentale, siamo anche convinti che non facciamo torto a nessuno se gli mostriamo Cristo e offriamo la possibilità di trovare la gioia di aver trovato la vita”.

 

(applausi)

 

Pochi minuti prima delle 12.30, il Papa ha fatto rientro in Vaticano a bordo della berlina scoperta, ed ha benedetto la folla che si era rapidamente addensata ai lati della strada per salutarlo.

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Nel corso della sua visita alla Basilica lateranense, Benedetto XVI ha rivolto un saluto ai dipendenti del Vicariato di Roma, le cui varie mansioni, ha detto loro, “sono accomunate però dalla partecipazione alla stessa missione della Chiesa”. Proprio quest’unica missione, ha soggiunto il Papa, “chiama ciascuno ad una profonda comunione che ha in Gesù Cristo il suo centro, ed esige da parte di tutti una quotidiana disponibilità alla collaborazione. In tal modo – ha concluso il Pontefice, chiedendo preghiere e sostegno ai presenti - ognuno porta a compimento con gioia il compito che gli è affidato per il bene dell’intera Comunità diocesana”.

 

Ma torniamo all’annuncio di Benedetto XVI sulla dispensa dai cinque anni di attesa per Giovanni Paolo II perché la sua causa di Beatificazione possa avere subito inizio.  Ascoltiamo il commento del cardinale Josè Saràiva Martìns, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. Luca Collodi gli ha chiesto come si è arrivati a questa decisione:

 

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R. – Vorrei innanzitutto sottolineare l’intima e profonda gioia che invade i nostri cuori. Tutti lo aspettavano, perché la fama di santità di Giovanni Paolo II era chiara a tutti. Come si è arrivati a questo? Certamente bisogna ricordare le norme giuridiche attualmente in vigore. Il Diritto canonico, infatti, richiede che passino cinque anni dopo la morte del servo di Dio, perché si possa dare inizio alla causa della sua beatificazione. E’ un diritto certamente positivo che il Santo Padre può dispensare. Ed infatti per Madre Teresa di Calcutta sono stati dispensati due anni circa. Adesso per Giovanni Paolo II, Papa Benedetto ha dispensato in toto i cinque anni dopo la morte. E’ certamente un caso eccezionale, un caso straordinario, come straordinaria è la figura di Giovanni Paolo II.

 

D. – Che cosa succederà ora, dopo quest’annuncio?

 

R. – L’attore della causa, che poi è il Vicariato di Roma, deve procedere all’apertura ufficiale della causa di beatificazione, nonché alla nomina di un postulatore della causa. Sotto la guida, poi, del postulatore vengono raccolti i documenti e viene preparato altresì l’elenco dei testimoni che testimonieranno sulle virtù eroiche di Giovanni Paolo II. Questo è il meccanismo previsto dalle norme giuridiche. Ovviamente tutto questo richiede del tempo, ma ci auguriamo davvero che tutto proceda con celerità e che quanto prima potremo venerare Giovanni Paolo II come beato. Tutta la Chiesa ha proclamato questa santità e ha detto: “Per noi Giovanni Paolo II è stato un Vangelo vivente. Ha vissuto il Vangelo nella sua radicalità. E’ stato veramente un Santo”. Vox populi, vox Dei.   

 

D. – L’annuncio dell’apertura della causa di beatificazione di Giovanni Paolo II arriva nel giorno della festa della Madonna di Fatima…

 

R. – Certamente per noi si tratta di una felice coincidenza, ma io dico sempre che per Dio non ci sono coincidenze, c’è sempre la Provvidenza. Io vedo in questo un segno meraviglioso che viene a sottolineare in maniera particolarmente forte il rapporto intimo e profondo che sempre ha avuto Giovanni Paolo II con Fatima, con la Bianca Signora. La vita del Papa, Giovanni Paolo II, è quasi inspiegabile senza rapportarla a Fatima.

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Per conoscere le reazioni in Polonia, Roberto Piermarini ha raggiunto telefonicamente a Varsavia il corrispondente dell’agenzia Ansa Tadeusz Konopka:

 

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R. - Ovviamente è stata una notizia molto attesa ed accolta con soddisfazione e grande gratitudine. I vescovi polacchi, in una lettera che sarà letta domenica prossima in tutte la parrocchie, hanno invitato i cattolici a pregare in continuazione perché Papa Wojtyla possa diventare subito santo.

 

D. – Che cosa dicono i media polacchi?

 

R. – I media polacchi ricordano che per annunciare questa decisione, il Papa Benedetto XVI ha scelto una data molto particolare, il 24.mo anniversario dell’attentato. Infatti, oggi, alle 17.17 minuti, in un programma della radio pubblica verrà trasmesso una testimonianza registrata qualche anno fa all’Università cattolica di Dublino di mons. Dziwisz, che racconta quel tragico evento di 24 anni fa.

 

D. – La Polonia come ricorderà il 13 maggio del 1981?

 

R. – I giovani, qualche giorno fa, si sono dati appuntamento per una veglia notturna sulla stessa piazza dove sono stati per seguire insieme i funerali del Papa, 42 giorni fa. Sono attesi anche gli ospiti dalla Bielorussia, dall’Ucraina, dalla Repubblica Ceca, dalla Germania, a mezzanotte il vescovo ausiliare di Cracovia celebrerà la Messa la quale, sicuramente, sarà celebrata anche per dimostrare gratitudine per questa decisione, ma anche per la missione del nuovo Papa.

 

D. – I mezzi di comunicazione polacchi hanno raccolto in questi giorni, dalla morte di Giovanni Paolo II, testimonianze sulla santità di Papa Wojtyla?

 

R. – Certo le testimonianze vengono pubblicate in continuazione. C’è sempre la volontà di ricordare e di tener presente l’importanza di questo Pontificato non solo per la Polonia, ma anche per la Chiesa universale.

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BENEDETTO XVI NOMINA L’ARCIVESCOVO DI SAN FRANCISCO,

WILLIAM JOSEPH LEVADA, PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE

PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

 

Benedetto XVI ha nominato oggi prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede mons. William Joseph Levada, finora arcivescovo di San Francisco. Sulla figura del presule, che succede proprio a Papa Joseph Ratzinger alla guida dell’importante dicastero vaticano, il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Nato 69 anni fa a Long Beach, nell’arcidiocesi di Los Angeles, il nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, è stato ordinato sacerdote a Roma, nella Basilica di San Pietro, nel dicembre del 1961. Mons. Levada si è laureato in teologia alla Pontificia Università Gregoriana e, dopo aver ottenuto il dottorato, ha insegnato teologia nel seminario californiano di St. John. Nel 1976 è stato nominato officiale della Congregazione per la Dottrina della Fede. Nel 1983 è stato consacrato vescovo, tre anni dopo è stato nominato arcivescovo di Portland, nello Stato dell’Oregon. Qui, nei nove anni di servizio pastorale, si è dedicato in particolare alle vocazioni sacerdotali, valorizzando il seminario di Mt. Angel, dove ha insegnato ecclesiologia. E’ stato vescovo ausiliare di Los Angeles e vicario episcopale per la contea di Santa Barbara.

 

Nel 1995 è stato nominato da Giovanni Paolo II arcivescovo di San Francisco. Ha preso parte attivamente a numerosi comitati della Conferenza episcopale degli Stati Uniti. Dal 1986 al 1993, è stato l’unico vescovo americano a far parte del comitato editoriale della commissione vaticana per la pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Nel 2003 è stato nominato presidente del comitato sulla dottrina della conferenza dei vescovi americani.

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ALTRE NOMINE

 

In Colombia, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Riohacha mons. Héctor Salah Zuleta, finora Vescovo di Girardota. Nato a Bogotá nel 1942 mons. Zuleta è stato ordinato sacerdote nel 1972 e consacrato vescovo nel 1998.

 

 

FELICE DI STARE IN MISSIONE, DEDICO’ TUTTA LA SUA VITA AL SERVIZIO

DEGLI ULTIMI: DOMANI, LA BEATIFICAZIONE DI MADRE ASCENSIÓN NICOL GOÑI,

FONDATRICE DELLE SUORE MISSIONARIE DOMENICANE DEL ROSARIO. LA RELIGIOSA

SARA’ ELEVATA ALL’ONORE DEGLI ALTARI ASSIEME A SUOR MARIANNE COPE

- Intervista con il postulatore, padre Vito Gomez -

 

Due nuove Beate, docili all’azione dello Spirito Santo, che hanno contribuito con diversità di doni e di carismi ad edificare e rafforzare il Corpo di Cristo che è la Chiesa. Domani, alle ore 17, il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, presiederà la Santa Messa nella Basilica Vaticana e, per incarico di Benedetto XVI, darà lettura della Lettera Apostolica con la quale il Pontefice ha iscritto nell’albo dei Beati le Serve di Dio: Marianne Cope, religiosa professa delle Suore del Terz'Ordine Francescano di Syracuse e Ascensión Nicol Goñi, cofondatrice delle suore missionarie domenicane del Rosario. Quest’ultima nacque a Tafalla in Spagna, nel 1868, e a 14 anni entrò nel collegio di Santa Rosa da Lima nella città di Huesca. Nel 1886 emise i primi voti e cominciò a lavorare come insegnante. Nel 1918 fondò la nuova congregazione delle Domenicane missionarie del Rosario. Dopo una vita in missione, al servizio degli ultimi, nel 1940 si è spenta a Pamplona. Sul carisma della nuova Beata, Giovanni Peduto ha intervistato il postulatore, padre Vito Gomez:

 

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R. – Possiamo dire che il suo carisma era “Il Servizio generoso alla Parola di Dio”, sulle orme di San Domenico, fra i più bisognosi, tramite l’evangelizzazione nelle religioni dove non era ancora annunziato il nome di Gesù, sia nell’America Latina, sia in Cina. Madre Ascensión è stata una contemplativa fondata nell’ ‘amore misericordioso di Dio’; cercava di far tutto per diffondere questo amore in ogni parte del mondo, ed in ogni circostanza in risposta alla sua vocazione missionaria.

 

D. – Un fatto particolarmente significativo della sua vita ...

 

R. – Quel fatto che manifesta sia la sua instancabile fiducia nel potere della preghiera, sia la sua fiducia nella provvidenza, fatto accaduto nella selva amazzonica, all’inizio della sua fondazione, allorché le missionarie non avevano proprio niente da mangiare quel giorno. Madre Ascensión, con la sua gioia innata, pregava. Inaspettatamente chiamò alla porta un giapponese e offrì alle Suore cibo sufficiente per alcuni giorni. “Non abbiamo nemmeno una moneta a casa”, rispose la Madre. Il Commerciante, invece, capì che non avevano spiccioli, e lasciò la sua merce, aggiungendo che fra alcuni giorni poteva ritornare per ricevere il denaro. Le Suore hanno potuto mangiare e quando il giapponese fece il suo ritorno, la provvidenza di Dio aveva fatto giungere un’offerta alle missionarie per pagare.

 

D. – Il suo rapporto con Maria?

 

R. – La devozione prediletta della Madre Ascensión fu l’Eucaristia che visse in intimo rapporto con la spiritualità mariana. Fin dall’infanzia professò una devozione filiale a Maria. Devozione che consigliò sempre alle missionarie del Rosario.

 

D. – Quante sono e cosa fanno oggi le domenicane del Rosario?

 

R. – Le Domenicane Missionarie del Rosario sono 785 in nove Paesi dell’America Latina, in quattro dell’Africa, in Australia, nelle Filippine, India, Cina, Timor. Le suore appartengono a 24 nazionalità. Lavorano nell’educazione, la sanità, specialmente preventiva e pubblica, e nell’azione sociale cercando uno sviluppo integrale.

 

D. – Qual è il messaggio che lascia a noi cristiani oggi?

 

R. – La Madre Ascensión trasmette innanzitutto un messaggio di amore a Gesù Cristo in ogni circostanza della vita; manifestazione di questo amore a tutte le genti, cercando di condividere la sua vita per portare a tutti quanti la luce della fede, per aiutare a raggiungere una vita degna. La sua vita è un invito alla missione fra tutti i popoli.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina: “Nel giorno della Madonna di Fatima Benedetto XVI annuncia con gioia l’inizio della Causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II”: il primo incontro del Santo Padre con i sacerdoti e i diaconi della diocesi di Roma nella cattedrale di San Giovanni in Laterano

Un inserto speciale dedicato alla beatificazione – sabato 14 nella Basilica Vaticana – delle Serve di Dio Ascensión Nicol Goñi e Marianne Cope.

 

Nelle vaticane un articolo di Ignazio Schinella dal titolo “Papa Benedetto XVI, all’inizio sta ‘l’adorazione’”.

 

Nelle estere, Uzbekistan: sanguinosa rivola di estremisti islamici nella città orientale di Andijon.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Giovanni Marchi sul fascino che Roma esercitava su Hans Christian Andersen, il quale soleva dire: “Mi sento come se fossi nato a Roma”.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione legata al Prodotto interno lordo (PIL): preoccupano il governo i dati Istat sull’economia. Secondo l’Unione si tratta di recessione.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

13 maggio 2005

 

 

OGGI LA CHIESA CELEBRA LA MEMORIA LITURGICA

DELLA BEATA VERGINE DI FATIMA

- Intervista con mons. Clemente Dotti -

 

Oggi la Chiesa celebra la memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Fatima, nell’88° anniversario delle apparizioni ai tre pastorelli portoghesi iniziate il 13 maggio del 1917.  Per questa occasione Benedetto XVI ha esortato i fedeli a rivolgersi incessantemente e con fiducia alla Madonna affidando a Lei ogni necessità. Ma quale messaggio continua ad arrivare oggi da Fatima? Giovanni Peduto lo ha chiesto a mons. Clemente Dotti, cappellano del Santuario di Fatima:

 

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R. – Fondamentalmente è un messaggio di pace. Maria è apparsa in Cova da Iria, che significa “culla della pace”. E’ apparsa, non dimentichiamo, nel 1917, tempo di guerra e ha promesso la pace: se si darà ascolto, ci sarà la pace. Se non si darà ascolto, un’altra guerra. E siamo stati testimoni della Seconda Guerra Mondiale. E’ dunque soprattutto un messaggio di pace che vuole diffondere nel mondo, ma comincia dal cuore di ciascuno. Quindi l’appello a non peccare, perché il peccato è il primo ostacolo alla pace. Se vogliamo la pace nel cuore dobbiamo non offendere Dio: “che non si offenda più nostro Signore, che è già tanto offeso” – ha detto la Madonna. Con la pace nel cuore saremo capaci di andare incontro agli altri, per cui avremo la pace nelle famiglie e sapremo diffondere la pace anche nel mondo intero.

 

D.-   Maria ci esorta a pregare con il Rosario: come entrare nel segreto di questa preghiera, che ad alcuni può sembrare meccanica?

 

R. – Sì, è vero, può essere meccanico ripetere 50 volte la stessa preghiera, la stessa Ave Maria. La Madonna stessa ha insegnato a pregare. Nella richiesta che ha fatto tramite suor Lucia, chiedendo la devozione dei primi sabati del mese, la Madonna dice di meditare i misteri del Rosario: per poter recitare con devozione, con il cuore, non solo parole, recitando il Rosario, delle Ave Marie che non siano soltanto delle parole buttate fuori, pensando ad altro, occorre meditare i misteri della vita di Cristo e della vita di Maria. Penso che questo sia un po’ il segreto per dare valore alla preghiera del Rosario. Meditando i misteri che contempliamo, abbiamo un po’ una panoramica di tutta la vita di Cristo in compagnia di Maria, e noi siamo associati a loro mentre meditiamo questi misteri, e li applichiamo alla nostra vita.

 

D. – Ci può parlare del legame tra Fatima e Giovanni Paolo II?

 

R. – Certamente è stato un legame forte, al di là della devozione fondamentale che Papa Giovanni Paolo II ha sempre avuto, fin da piccolo: l’ha testimoniato in molti discorsi, in molti scritti. La devozione alla Madonna è sempre stata presente nella sua vita. Da quando ha capito che la visione che hanno avuto i tre pastorelli del vescovo vestito di bianco era riferito a lui, dopo l’attentato ha approfondito ancora di più il tema di Fatima ed è rimasto molto legato a Fatima. E’ stato l’unico Papa a visitare per ben tre volte il Santuario dicendo: la Madonna mi ha salvato la vita. “Una mano materna” ha deviato la pallottola. Quindi, una devozione profonda, dovuta anche ad una grande riconoscenza che aveva verso di Lei, ma soprattutto ha vissuto quel Totus Tuus, quell’abbandono, quel mettersi nelle sue mani, quel lasciarsi guidare da Maria, l’ha vissuto e insegnato anche a noi, attraverso le parole e l’esempio della sua vita, ad essere fiduciosi, ad abbandonarci come bambini nelle mani della mamma, che certamente ci porta a Cristo.

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ALLA GEOPOLITICA DELLA CHIESA CATTOLICA LIMES DEDICA IL NUMERO SPECIALE

INTITOLATO “L’AGENDA DI PAPA RATZINGER”, PRESENTATO IERI DAL DIRETTORE DELLA RIVISTA, LUCIO CARACCIOLO, ALLA PRESENZA DEL NOSTRO DIRETTORE GENERALE PADRE PASQUALE BORGOMEO

- Con noi padre Pasquale Borgomeo, Lucio Caracciolo e Stefano Picciaredda -

 

“Stato di salute geopolitica della Chiesa Cattolica”: questo l’obiettivo del numero speciale della rivista di geopolitica Limes, intitolato “L’agenda di Papa Ratzinger” e presentato ieri a Roma dal direttore, Lucio Caracciolo, e da alcuni autori del dossier, alla presenza di padre Pasquale Borgomeo, direttore generale della nostra emittente. C’era per noi Fausta Speranza:

 

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Una varietà di temi che rispecchia la problematicità del mondo globale. Ad emergere è la complessità della Chiesa cattolica e - spiega padre Borgomeo - “guai ad una Chiesa che fosse uniformità”. Poi l’ONU e le sfide, ognuna difficile, di Cina, America Latina, Africa, Islam, ‘neocon’ in USA, il tema caldo del relativismo. Viene ricordato che Giovanni Paolo II parlava di una sua spiritualità geografica. Padre Pasquale Borgomeo:

 

“Anche da un punto di vista di geopolitica è più che legittimo, anche da parte di persone che non sono uomini di Chiesa ma che seguono con attenzione e con serietà, farsi queste domande e tentare delle specie di anticipazioni partendo da quello che si conosce di Papa Ratzinger, quando ancora non era Papa, perché ogni Papa poi ha uno stile ed un carisma, ecc, cercando di capire in che maniera sarà in continuità col Pontificato di Giovanni Paolo II, e su quali strade e con quali priorità risponderà alle sfide”.

 

Da parte sua, Lucio Caracciolo, direttore di Limes, ha spiegato che “il dossier non vuole predire quale Papa sarà Benedetto XVI, né dargli consigli, ma ha solo l'ambizione di riflettere su problemi antichi e inediti che stanno di fronte al cattolicesimo internazionale''. Ma ascoltiamo un esempio delle tematiche affrontate, dal ricercatore Stefano Picciaredda, autore del dossier dedicato ai cattolici più lontani da Roma:

 

“La realtà del Brasile, che è il più grande Paese cattolico del mondo. Un Paese dove ci sono più cattolici ma dove la Chiesa sta vivendo – come si dice nel titolo dell’articolo – un inverno della Chiesa. C’è il problema della mancanza del clero, di queste enormi parrocchie sconfinate con 70 mila e più fedeli, con un solo prete anziano. C’è il problema della tensione dei vescovi che vorrebbero un aumentato ruolo dei laici, che vorrebbero ripensare addirittura come celebrare la domenica, la liturgia, quando non si può consacrare l’Eucaristia. E su questo c’è la Curia Romana che è molto prudente. C’è il dramma della povertà, c’è il dramma della diffusione della violenza”.

 

Fondamentale resta la metodologia in una società dell’informazione che troppo spesso sposa la banalità. Ancora Stefano Picciaredda:

        

“C’è tutta una complessità dentro la quale si prova a navigare non in maniera impressionistica o televisiva, cioè per immagini, per sensazioni, per giudizi rapidi, ma facendo uno scavo. E io volendo cercare di tratteggiare alcune sfide e realtà della Chiesa cattolica in questi continenti, apparentemente periferici, ho fatto un piccolo viaggio, cioè sono andato a vedere le visite ad Limina Apostolorum. E queste visite rappresentano un fatto da un certo punto di vista eccezionale, perché quale altra istanza internazionale, quale altro governo ha la possibilità di incontrare a rotazione testimonianze e pareri così interessanti, così autorevoli sulla realtà di un Paese, come in questo caso. Ho scoperto, ad esempio, che gli ambasciatori che vanno in Vaticano si sentono fare un lungo elenco delle situazioni di povertà presenti nel loro Paese, quelle più note e quelle meno. Invece con i vescovi dell’America Latina, il Papa ha parlato più di problemi intraecclesiali. Poi ci sono gli incontri con i vescovi africani e Giovanni Paolo II negli ultimi anni ha fortemente sollecitato gli episcopati africani perché le loro Chiese, in Sudan, Tanzania, Uganda, abbiano un ruolo molto più deciso nella difesa degli ultimi, nella promozione della pace, nel dialogo tra le religioni”.

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CHIESA E SOCIETA’

13 maggio 2005

 

 

OLTRE 2 MILA FEDELI SI SONO RACCOLTI STAMANE A ROMA, ALL'AUDITORIUM PIO

NEI PRESSI DEL VATICANO, PER CELEBRARE LA GIORNATA DEL PELLEGRINO,

ORGANIZZATA DALL’OPERA ROMANA PELLEGRINAGGI, IN COLLABORAZIONE

CON IL COMUNE  E LA PROVINCIA CAPITOLINA: EMOZIONE PER IL SALUTO PORTATO

DA BENEDETTO XVI PASSANDO PER VIA DELLA CONCILIAZIONE, DI RITORNO

DAL SUO INCONTRO  CON IL CLERO ROMANO, A SAN GIOVANNI IN LATERANO

 

ROMA. = Oltre duemila fedeli giunti da tutta Italia sono convenuti stamane all'Auditorium Pio di Roma, nei pressi del Vaticano, in occasione della Giornata del pellegrino, evento organizzato dall'Opera romana pellegrinaggi (ORP), in collaborazione con la Provincia ed il Comune capitolini. Alla manifestazione presentata dalla conduttrice Paola Saluzzi, sono intervenuti l'amministratore delegato della ORP, mons. Liberio Andreatta, il sindaco della città, Walter Veltroni ed il presidente della Provincia, Enrico Gasbarra. Dopo alcune testimonianze filmate e la presentazione dei programmi dell’Opera romana pellegrinaggi, è stato consegnato ai pellegrini il riconoscimento Fidelitas 2005. Grande emozione poi tra i fedeli che sono usciti dall’Auditorium per rendere omaggio in strada a Benedetto XVI, che intorno alle 12.30, di ritorno in Vaticano dal suo incontro con il clero di Roma - svoltosi nella mattinata a San Giovanni in Laterano - ha transitato in via della Conciliazione, impartendo la sua benedizione alla folla di fedeli che lo attendeva e sostando brevemente con la sua auto per salutare il sindaco e il presidente della Provincia di Roma. La Giornata del pellegrino proseguita con il pranzo al sacco nei giardini di Castel Sant’Angelo, prevede nel pomeriggio la visita alle Grotte Vaticane per l’omaggio alla tomba di Giovanni Paolo II, e la celebrazione Eucaristica, presieduta dal vescovo Angelo Comastri. (R.G.)

 

 

VIOLENZE, INTIMIDAZIONI E FRODI NELLE ELEZIONI IN TOGO DEL 24 APRILE SCORSO:

LA DENUNCIA IN UN RAPPORTO DELLA COMMISSIONE GIUSTIZIA E PACE

DELLA CONFERENZA EPISCOPALE TOGOLESE, PERVENUTO ALL’AGENZIA FIDES

 

LOME’. = Numero di seggi variabile (da 5.311 a 5.320 secondo diverse fonti anche ufficiali), liste incomplete, elettori scoperti con più di una scheda, intimidazioni e irruzioni armate. Sono le gravi irregolarità riscontrate in un rapporto della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale del Togo, riguardo le recenti elezioni presidenziali nel Paese africano, svoltesi il 24 aprile scorso. Il documento - pervenuto all’Agenzia Fides - è una vera e propria analisi minuziosa del voto che ha visto la vittoria, contestata dall’opposizione, di Faure Gnassinbé Eyadéma. Tra le irregolarità più gravi segnalate vi sono la discrepanza tra il numero delle cedole elettorali distribuite prima del voto (2.100.000) e il numero dei votanti (2.288.279) annunciati al momento della proclamazione del risultato elettorale; un numero più alto di schede nulle (5,21 per cento del totale) nelle regioni meridionali del Paese, favorevoli all’opposizione, rispetto a quelle settentrionali (solo lo 0,74 per cento) considerate vicine a Faure Gnassinbé Eyadéma; intimidazioni ai rappresentati di lista dell’opposizione. Il giorno della votazione inoltre, un centro di analisi del voto dell’opposizione è stato distrutto da miliziani armati e le linee telefoniche e telematiche sono state in gran parte tagliate. Il Rapporto dei presuli togolesi – riferisce la stessa Agenzia Fides -  afferma che il Partito al potere avrebbe saputo prima delle elezioni che non era in grado di vincerle (anche la maggior parte dei militari di truppa aveva votato contro il regime in un anticipo della votazione) ed avrebbe quindi preso delle misure per cercare di ribaltare il risultato. (R.G) 

 

 

DOMANI, SABATO 14 MAGGIO, A ROMA L’ASSOCIAZIONE CULTURALE “INSIEME

PER L’ATHOS” PROMUOVE IL SUO QUARTO CONVEGNO NAZIONALE SUL MONTE ATHOS

- A cura di Giovanni Peduto -

 

ROMA. = L’Associazione Culturale “Insieme per l’Athos” tiene domani, a Roma, il suo IV Convegno Nazionale di studi sulla cultura e spiritualità del Monte Athos. L’iniziativa, intitolata “Percorsi di luce dall’Athos all’Italia: la Sacra montagna e la nostra storia”, si terrà nel cuore di Roma al Foro di Traiano (Palazzo Roccagiovine). L’evento, patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dalla Fondazione Europea Dragan e dalle ambasciate di Bulgaria, Grecia, Romania, Russia, Serbia e Montenegro ed Ucraina presso il Quirinale, si svolge a cura dell’Associazione Culturale “Insieme per l’Athos”, costituitasi nel febbraio 2001 con il preciso scopo di riscoprire e divulgare l’immenso patrimonio spirituale ed artistico della cultura athonita attraverso iniziative di natura molteplice come viaggi, mostre, convegni, pubblicazioni, ecc. L’avvenimento si svolgerà con la benedizione della Sacra Epistasia del monte Athos, organo politico ed esecutivo della penisola monastica. L’appuntamento di domani intende mettere in luce i nessi storici – profondi ma poco evidenziati – tra le due penisole, italiana ed athonita. I percorsi di studio, guidati da insigni studiosi internazionali, coinvolgeranno, infatti, le più svariate discipline, nel tentativo di offrire un vasto panorama degli elementi artistici, storici e culturali che per secoli hanno collegato l’Athos e l’Italia.

 

 

LA COOPERAZIONE TRA PAESI DEL SUD PASSA PER LA VIA DELLE ARMI:

ACCORDO IN VISTA TRA BRASILE ED ANGOLA PER LA FORNITURA DI NUOVI AEREI

DA COMBATTIMENTO, AUTOBLINDO E ALTRI MATERIALI MILITARI

 

LUANDA. = Un accordo sud-sud da 100 milioni di dollari per l’acquisto di armi. È quanto stanno negoziando Brasile e Angola dopo la visita del Presidente José Eduardo dos Santos a Brasilia, all’inizio di maggio. Lo riferiscono fonti della stampa brasiliana e angolana, secondo le quali l’Angola intende acquistare dal Brasile da 8 a 12 aerei da combattimento “Tucano” (adatti alle operazioni antiguerriglia) oltre a chiedere l’assistenza brasiliana per aggiornare 400 camion di fabbricazione sovietica e 18 autoblindo “Urutu” di costruzione brasiliana. Secondo fonti militari di Luanda, i nuovi aerei “Tucano” hanno un sofisticato sistema elettronico che permetterà di coordinare la loro azione con quella degli aviogetti da combattimento in servizio nell’aeronautica locale. L’Angola inoltre intende comprare dal Brasile sistemi di telecomunicazione militari, fucili e divise per il proprio esercito e aggiornare i “Tucano” già in suo possesso. Il Brasile sta espandendo le sue attività in Africa come dimostrato dalla recente visita del Presidente, Luiz Inácio Lula da Silva, in diversi Paesi africani. Brasile e Angola hanno inoltre legami di carattere culturali, grazie all’appartenenza all’area lusofona. (R.G.)

 

 

IN PAKISTAN DUE SCUOLE NAZIONALIZZATE SONO TORNATE ALLA CHIESA CATTOLICA.

 LA DECISIONE E’ STATA ASPRAMENTE CONTESTATA

DA INSEGNANTI E GRUPPI MUSULMANI

 

KARACHI. = Sono tornate di nuovo alla Chiesa due scuole cattoliche che in Pakistan, dal 1972 erano state nazionalizzate. Si tratta del college femminile St Joseph e il St Patrick che il Dipartimento per l’istruzione di Sindh, nel Pakistan meridionale, ha deciso di restituire alla Commissione cattolica per l’educazione (CBE) di Karachi. La notizia ha suscitato forti critiche e proteste da parte dell’Associazione dei professori e ricercatori del Sindh (SPLA) e del Muttahida Majlis- i- Amal (MMA, un’alleanza di 6 partiti musulmani), secondo i quali la restituzione delle scuole sarebbe illegale. “Queste scuole appartengono all’arcidiocesi e dovevano essere restituite già da tempo”, ha affermato l’arcivescovo di Karachi, mons. Evarist Pinto, il quale ha tentato di rassicurare tutti dicendo che “entrambi i College sono in buone mani e impartiranno quell’istruzione di qualità da sempre riconosciuta agli Istituti cattolici in Pakistan”. Ma la reazione dei leader musulmani è stata dura, tanto da giungere a minacciare proteste nazionali. (M.V.S.)

 

 

DETENZIONI CAUTELARI, MALTRATTAMENTI A LAVORATORI E ABUSI NEI CONFRONTI

DI DONNE E BAMBINI. SONO QUESTE LE MAGGIORI VIOLAZIONI DENUNCIATE NEL PRIMO RAPPORTO ANNUALE DEL COMITATO GOVERNATIVO

 PER I DIRITTI UMANI IN QATAR

 

DOHA. = Il primo rapporto annuale del Comitato governativo per i diritti umani in Qatar ha denunciato nei giorni scorsi gravi violazioni subite dalla popolazione, soprattutto da lavoratori stranieri, donne e bambini. L’organo governativo è stato costituito nel 2003 con lo scopo di “consolidare la marcia del Paese verso la democrazia”. Molte proteste riguardano i casi di detenzione e la lentezza dei processi. Nel campo dell’occupazione le maggiori denunce riguardano i terribili maltrattamenti dei lavoratori stranieri da parte dei datori di lavoro, i mancati compensi per le prestazioni effettuate anche per lunghi periodi, “cosa che impedisce una vita dignitosa”, ed anche gli abusi contro i numerosi lavoratori non specializzati, soprattutto asiatici, che ricevono salari troppo miseri rispetto ai residenti. A destare una forte preoccupazione sono anche le disumane violenze perpetrate alle donne: “torture psichiche, percosse, reclusioni, violenze fisiche e sessuali da parte di mariti, custodi e parenti”. Nemmeno i più piccoli sono risparmiati da queste violenze e abusi. Infatti, fin dalla più tenera età, i bambini vengono impiegati come fantini nelle popolari corse dei cammelli. Per il loro esiguo peso sono ritenuti gli ideali cavalcatori, però questo gioco, per molti divertente, spesso giunge a drammatici esiti, provocando ai piccoli pericolose cadute dai dorsi dei cammelli, che a volte si rivelano letali. (M.V.S.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

13 maggio 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Uzbekistan la cittadina di Andijon, nella zona orientale del Paese, è stata teatro di scontri tra ribelli e forze della sicurezza: almeno 9 persone sono morte. Sulla situazione di questa regione uzbeka, una delle poche aree fertili dell’Asia centrale, ascoltiamo Giuseppe D’Amato:

 

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Nella notte gruppi di sconosciuti armati, giunti a bordo di auto, hanno assaltato la locale prigione liberando alcune migliaia di detenuti. La polizia ha reagito. Successivamente, sarebbe scoppiata l’insurrezione popolare. Gli insorti, appropriatisi anche di tre autoblindo, hanno occupato l’intera città. Successivamente si è tenuta una manifestazione alla quale hanno partecipato 15 mila persone nella piazza centrale. Si chiedono le dimissioni del presidente uzbeko, Islam Karimov, e la mediazione della Russia. Gli organizzatori della rivolta apparterrebbero ad un gruppo islamico religioso semi legale di nome ‘Akromiya’, fondato nel 1996. Le ragioni dell’insurrezione sarebbero da attribuire alla repressione poliziesca dei giorni scorsi. Nella capitale Tashkent, intanto, un uomo con indosso un giubbotto, è stato ucciso nei pressi dell’ambasciata di Israele. Si pensava, in un primo momento, fosse un kamikaze con una cintura esplosiva legata ai fianchi.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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La crisi in Uzbekistan è dunque scaturita da un complesso scenario politico. Sulla situazione nell’ex Repubblica sovietica, ascoltiamo Fabrizio Vielmini, osservatore dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa. L’intervista è di Andrea Sarubbi:

 

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R. – L’Uzbekistan, dopo il Turkmenistan, è forse il Paese dove il regime dittatoriale è caratterizzato dai tratti più repressivi fra tutti i sistemi politici centroasiatici. Il Paese è governato dal presidente Islam Karimov che ha intrapreso una sua guerra personale contro gli oppositori politici. Questi dissidenti hanno tentato di opporsi a Karimov sul piano politico chiedendo elezioni. Ma la repressione è stata dura. Il presidente ha poi iniziato a reprimere le forme di dissenso religioso: sono stati arrestati quanti professavano la loro appartenenza alla fede islamica. Si sono così acuite ancor di più le tensioni interne.

 

D. – Quindi l’Islam si è trasformato in opposizione politica?

 

R. – L’Islam è divenuto opposizione politica. L’Islam è divenuto l’unico spazio in cui si è potuta esprimere una qualche forma di dissenso a questo regime che è sempre più in contraddizione con quelle che sono le esigenze della società. Sul piano economico, in particolare, non è stata realizzata alcuna riforma.

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La Russia ha firmato un accordo con il Club di Parigi per il rimborso di una tranche pari a circa 15 miliardi di dollari del suo debito complessivo di 43 miliardi. Complessivamente, il debito ereditato dall’ex URSS è per il governo di Mosca di 95 miliardi di dollari, pari al 15 per cento del suo prodotto interno lordo.

 

Il presidente dell’Ucraina, Viktor Iushenko, ha dichiarato ieri, in diretta televisiva, che una eventuale adesione del Paese all’Unione Europea e alla Nato sarà sottoposta a referendum. Iushenko ha comunque precisato che l’adesione alla Nato “non è all’ordine del giorno”. Il presidente ucraino ha aggiunto che il Paese deve concentrare i propri sforzi su una maggiore integrazione con l’Europa e su un riavvicinamento con la Russia.

 

In Iraq continua l’offensiva condotta dalle truppe americane nella turbolenta regione di Al Anbar per catturare il terrorista giordano Al Zarqawi. Un rapporto dell’ONU documenta, inoltre, il deterioramento delle condizioni di vita degli iracheni. E nel Paese, scosso anche oggi dagli attacchi della guerriglia, è sempre più drammatico il bilancio delle vittime militari e civili. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Il comando statunitense ha reso noto che almeno 1700 soldati della Coalizione sono rimasti uccisi in Iraq. L’esecutivo iracheno ha rivelato che oltre 400 persone sono morte dopo l’insediamento del nuovo governo, avvenuto lo scorso 28 aprile. A questi dati bisogna aggiungere le vittime degli attacchi condotti stamani dalla guerriglia: a Baquba l’esplosione di un’autobomba ha provocato la morte di due soldati iracheni e di un civile; a Baghdad un gruppo di ribelli ha ucciso un poliziotto. Ma l’orrore della violenza non è l’unico dramma che attanaglia il Paese arabo. Un rapporto dell’ONU intitolato “Le condizioni di vita in Iraq nel 2004” delinea un quadro allarmante: il Paese è afflitto da un alto tasso di disoccupazione (18,4 per cento), dalla carenza di alloggi e di infrastrutture sanitarie, dalla mancanza di elettricità e di acqua potabile. L’inchiesta, realizzata grazie alla collaborazione tra Nazioni Unite e governo iracheno, ha preso in esame la situazione di 22 mila nuclei familiari. Tra i dati emersi sono estremamente gravi quelli che riguardano le fasce più deboli della popolazione: circa un quarto dei bambini iracheni soffre di malnutrizione ed il tasso di analfabetismo femminile è del 47 per cento. Il rapporto mostra lo stridente contrasto tra il grande potenziale dell’Iraq, ricco di risorse naturali e umane, e le difficili condizioni di vita degli iracheni.

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In Afghanistan almeno tre persone sono morte e 21 sono rimaste ferite nella provincia del Badakhshan nel corso di manifestazioni contro presunte profanazioni del Corano da parte di soldati americani a Guantanamo. Lo ha reso noto il vice governatore della provincia.

 

In Israele, la protesta di migliaia di persone contro il ritiro da Gaza, deciso dal premier Sharon, ha caratterizzato le celebrazioni di ieri per il 57.mo anniversario dalla nascita dello Stato ebraico. Nel suo discorso al corpo diplomatico, il presidente Katzav ha manifestato, intanto, preoccupazione per la ripresa del terrorismo.

 

Negli Stati Uniti è stata eseguita la condanna a morte di un serial killer reo confesso. L’uomo aveva rinunciato ad ogni ricorso e si era anche opposto ad eventuali rinvii. Si tratta della prima esecuzione nel New England da 45 anni. In questo Stato, gran parte dell’opinione pubblica è decisamente contraria alla pena di morte.

 

Spiragli di pace nel Darfur, martoriata regione sudanese: i due principali movimenti di ribelli hanno deciso di tornare al tavolo dei negoziati con il governo. Lo ha reso noto la Comunità di Sant'Egidio che ha promosso una serie di incontri tra le parti per favorire la riconciliazione. L’impegno per la pace è confermato anche dalla liberazione di 17 militari della forza multinazionale dell’Unione Africana (UA), rapiti martedì scorso da un gruppo di ribelli. Ma sul terreno la situazione resta comunque difficile: un gruppo di uomini armati ha ucciso due autisti che lavoravano per il Programma alimentare mondiale (PAM). L’Agenzia delle Nazioni Unite ha chiuso i campi per rifugiati dislocati al confine con il Ciad.

 

Un episodio di violenza è avvenuto anche nella Repubblica Democratica del Congo dove sconosciuti hanno teso un’imboscata ad una pattuglia di peacekeepers dell’ONU uccidendo un soldato del Bangladesh e ferendone altri sei. L’agguato si è verificato nella tormentata regione orientale dell’Ituri.

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