RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 131 - Testo della trasmissione di mercoledì 11 maggio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:                                                                             

L’umanità non è votata “alla prevaricazione dei prepotenti e dei perversi”: oggi all’udienza generale, Benedetto XVI ha invitato a leggere nei segni dei tempi l’opera del Signore, “artefice supremo” della storia. Il Papa ha anche ricordato che venerdì prossimo ricorre la festa della Beata Vergine Maria di Fatima, esortando i fedeli a rivolgersi incessantemente e con fiducia alla Madonna, affidando a Lei ogni necessità: la riflessione del teologo don Massimo Serretti.

 

IN PRIMO PIANO:

In corso ad Atene la Conferenza sulla missione e l’evangelizzazione promossa dal Consiglio Ecumenico delle Chiese: ai nostri microfoni il prof. Giovanni Giuranna

 

Inaugurato a Berlino il memoriale per le vittime della Shoah: la riflessione di Giuseppe Laras

 

Italia: costituito un comitato di donne per il non voto ai prossimi referendum sulla procreazione assistita. Con noi Olimpia Tarzia

 

Riapre al pubblico Villa Gregoriana a Tivoli: intervista con Monica Stocchino e Tatiana Chirova

 

Inzia oggi il Festival del Cinema di Cannes.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Innalzata ieri sulla cima “Gendarme” del Gran Sasso, una croce in ricordo di Papa Wojtyla

 

Cina: annunciata dopo quattro anni la sparizione di un vescovo nella provincia di Hebei

 

Appello del Patriarca maronita libanese, cardinale Sfeir, dopo il recente ritiro militare della Siria

 

Siglato a Timor Est un accordo tra governo e Chiesa cattolica a tutela dell’insegnamento cattolico nelle scuole pubbliche

 

Si apre oggi in Perú la campagna di solidarietà “Compartir 2005”.

 

24 ORE NEL MONDO:

Ondata di attacchi kamikaze in Iraq: oltre 60 i morti.

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

11 maggio 2005

 

L’UMANITA’ NON E’ VOTATA “ALLA PREVARICAZIONE DEI PREPOTENTI

E DEI PERVERSI”: ALL’UDIENZA GENERALE BENEDETTO XVI

INVITA A LEGGERE NEI SEGNI DEI TEMPI

L’OPERA DEL SIGNORE, “ARTEFICE SUPREMO” DELLA STORIA

- Intervista con il teologo don Massimo Serretti -

 

La storia “non è in mano a potenze oscure, al caso o alle sole scelte umane”: così il Papa stamane all’udienza generale in piazza San Pietro, commentando il “Cantico dell’Agnello”, tratto dall’Apocalisse. Nei saluti finali ai giovani, ai malati e agli sposi novelli il Santo Padre ha ricordato che venerdì prossimo ricorre la Festa della Beata Vergine Maria di Fatima, esortandoli a rivolgersi “incessantemente e con fiducia alla Madonna”, per ogni loro necessità. Tra i fedeli presenti anche un gruppo di pellegrini dall’Umbria, che hanno portato la Fiaccola di Santa Rita da Cascia, per farla benedire dal Papa, prima della tradizionale processione del 21 maggio nella cittadina umbra, a ricordo della Santa. Il servizio di Roberta Gisotti.

 

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Ad attendere in piazza San Pietro Benedetto XVI, una folla festante, con cui il Santo Padre – complice la bella giornata di primavera - si è intrattenuto a lungo prima e dopo la catechesì. Il Papa giunto a bordo della sua auto scoperta ha percorso un largo giro, durato oltre 5 minuti, per salutare subito da vicino e benedire i fedeli, oltre 17 mila, di tutto il mondo. Poi salito sul sagrato ha iniziato la sua catechesi incentrata sul ruolo di Dio nella storia. Ed è partito dall’Apocalisse, un “libro – ha detto – “di giudizio, di salvezza e soprattutto di speranza”, spiegando che “Dio non è indifferente alla vicende umane, ma in esse penetra realizzando le sue ‘vie’, ossia i suoi progetti e le sue ‘opere’ efficaci”:

 

“Sullo scatenarsi di energie malvagie, sull’irrompere veemente di Satana, sull’emergere di tanti flagelli e mali, si eleva il Signore, arbitro supremo della vicenda storica”.

 

“Questo intervento divino ha uno scopo ben preciso: - ha puntualizzato Benedetto XVI – essere un segno che invita alla conversione tutti i popoli della Terra”:

 

“Le nazioni devono imparare a «leggere» nella storia un messaggio di Dio. L’avventura dell’umanità non è – come può sembrare - confusa e senza significato, né è votata senza appello alla prevaricazione dei prepotenti e dei perversi.”

 

Dunque “esiste la possibilità di riconoscere l’agire divino nascosto nella storia”. Per questo occorre  “scrutare, alla luce del Vangelo i segni dei tempi” – come raccomanda il Concilio Vaticano nella Costituzione “Guadium et spes” - per vedere in quei segni “la manifestazione dell’agire stesso di Dio”:

 

“Questo atteggiamento di fede porta l’uomo a ravvisare la potenza di Dio operante nella storia, e ad aprirsi così al timore del nome del Signore.”

 

Un timore che però “non coincide con la paura ma è il riconoscimento del mistero della trascendenza divina”:

 

“Grazie al timore del Signore non si ha paura del male che imperversa nella storia e si riprende con vigore il cammino della vita”

 

Un cammino accompagnato dalla parole del Signore, pronunciate l’ultima sera della sua vita:

 

“’Abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!’”

 

Finita la catechesi, per Benedetto XVI, nuovo ‘bagno’ di folla, una folla che ha scandito senza stancarsi il suo nome, in segno di grande affetto e simpatia.

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La presenza attiva di Dio nella storia, che sottrae le vicende umane dal male o dalla casualità, è uno degli spunti di riflessione offerti dalla catechesi odierna di Benedetto XVI, incentrato sull’Apocalisse. Nell’uso comune, l’aggettivo “apocalittico” ha una connotazione negativa. Com’è possibile allora presentare al mondo di oggi, in particolare ai giovani, la realtà dell’Apocalisse, “libro – come dice il Papa – di giudizio, di salvezza e soprattutto di speranza”? Il parere di don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense, intervistato da Alessandro De Carolis:

 

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R. – Di per sé è un termine greco che passa poi nel latino e nell’italiano e sta ad indicare, notoriamente, la rivelazione: cioè, l’Apocalisse è la rivelazione. Che la rivelazione contenga in sé aspetti di bene e aspetti anche di male, questo attiene al realismo della nostra condizione umana. Quello che può provocare timore o spavento è il fatto che c’è anche una rivelazione del male nel testo biblico che chiude la rivelazione.

 

D. – Nella sua catechesi, Benedetto XVI afferma tra l’altro: “L’avventura umana non è senza significato”. E’ un messaggio forte ma stride con la convinzione di chi, guardando ai tanti mali del mondo, sostiene che Dio invece è estraneo alle vicende dell’umanità …

 

R. – Certo, questo è il dramma della storia, è il dramma dell’incontro tra la libertà dell’uomo e la libertà di Dio. Dio non è estraneo alla storia: infatti, i popoli e le culture che non hanno conosciuto la rivelazione ebraico-cristiana, non hanno neppure il concetto di storia che abbiamo noi. Quindi, è proprio la nostra stessa nozione di storia, cioè di un tempo in cui accade qualcosa di significativo, in cui ne va del bene dell’uomo, questa concezione del tempo in cui accade qualcosa è proprio legata all’agire di Dio. Un mondo chiuso in se stesso, un’umanità che agisce solo a partire da se stessa, è una escrezione biologica che non ha dignità di storia. E’ chiaro che la presenza di Dio nella storia non è una presenza che si imponga; la presenza di Dio nella storia è una presenza discreta, una presenza che passa sempre attraverso la mediazione personale. La verità di Dio non si presenta nella storia come una verità armata: è sempre una verità disarmata che corteggia l’uomo con una forza di persuasione, ma una persuasione che va riconosciuta. Diceva Blaise Pascal: “C’è sempre abbastanza luce perché coloro che vogliono vedere possano vedere. Nella rivelazione di Dio, nell’agire di Dio nella storia c’è sempre abbastanza ombra perché coloro che non vogliono riconoscerlo possano non riconoscerlo”.

 

D. – C’è un altro aspetto nella catechesi di oggi che spesso anche tra i credenti è fonte di equivoco: il timore di Dio. Il Papa ha spiegato che questo timore non coincide con la paura. Che vuol dire, dunque, avere timore di Dio?

 

R. – Il timore esprime il senso che l’uomo, in quanto creatura, ha della grandezza e della maestà di Dio. Il timore è il segno di una comunione che è in atto. L’uomo sa che ha a che fare con il Signore e quindi il timore è il segno di questo vivere al cospetto di Dio.

 

D. – Quindi, il giusto timore di Dio – nel segno di questa relazione di cui lei parlava – è un atto che protegge dalla paura, non che la provoca?

 

R. – Certamente. Il timore non è compatibile con la paura. Di fatto, questo Cantico è un cantico di vittoria, è un atto di espressione della letizia profonda del cuore dell’uomo.

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NOMINE

 

Il Papa ha nominato vescovo di Araçuaí, in Brasile, padre Severino Clasen, dell’Ordine Francescano dei Frati Minori, finora parroco e rettore della Parrocchia – Santuario di “São Francisco de Assis” nell’arcidiocesi di São Paulo. Mons. Clasen è nato il 10 giugno 1954 nella località di Indaiá, nella diocesi brasiliana di Rio do Sul. È stato ordinato sacerdote il 10 luglio 1982.

 

Il Pontefice ha poi nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Valencia, in Spagna, mons. Salvador Giménez Valls, vicario episcopale della Vicaria II di Valencia, assegnandogli la sede titolare vescovile di Abula. Mons. Salvador Giménez Valls è nato a Muro di Alcoy, provincia di Alicante e arcidiocesi di Valencia, il 31 maggio 1948, ed è stato ordinato sacerdote il 9 giugno 1973.

        

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l’udienza generale.

Sempre in prima, in evidenza l’Iraq, dove imperversano gli atti di violenza.

 

Nelle vaticane, due pagine sacerdotali.

 

Nelle estere, Tribunale penale internazionale dell’Aja per l’ex Jugoslavia: possibile maxi-processo per l’eccidio di Srebrenica.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Marco Testi dal titolo “La ‘rinascita’ di Villa Gregoriana, prezioso gioiello strappato all’oblio”: riapre al pubblico il monumento abbandonato per dieci anni e ora restaurato.

 

Nelle italiane, in primo piano il tema del rinnovo dei contratti degli statali.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

11 maggio 2005

 

IN CORSO AD ATENE LA CONFERENZA SULLA MISSIONE E L’EVANGELIZZAZIONE

PROMOSSA DAL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE

- Intervista con il prof. Giovanni Giuranna -

 

Si sono aperti ieri ad Atene i lavori della Conferenza Mondiale sulla missione e l’evangelizzazione promossa dal CEC, il Consiglio Ecumenico delle Chiese sul tema: “Vieni, Spirito Santo, guarisci e riconcilia! Chiamati in Cristo ad essere comunità di riconciliazione e di guarigione”. Il CEC è il più importante organismo ecumenico a livello mondiale: fondato nel 1948, riunisce oltre 340 Chiese cristiane: la Chiesa Cattolica non ne fa formalmente parte, ma coopera con il Consiglio in modo stabile con propri rappresentanti. Nella relazione introduttiva il pastore metodista keniano Samuel Kobia, segretario generale del CEC, ha invitato a portare a tutto il mondo il messaggio d’amore e di pace  di Cristo, anche se può essere impopolare. Ma sul clima che c’è alla Conferenza ad Atene ascoltiamo uno dei delegati cattolici presenti all’incontro, il prof. Giovanni Giuranna, missionario laico comboniano, intervistato da Sergio Centofanti:

 

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R. – Il clima è veramente straordinario, da un punto di vista spirituale. A questo appuntamento che si ripete ogni 8 anni sono presenti praticamente più di 300 tra Chiese e organizzazioni diverse. Siamo, per la prima volta, in un contesto a maggioranza ortodossa e ci confrontiamo sul tema della missione, che oggettivamente è uno dei temi su cui esistono vari elementi di difficoltà. Il classico tema del proselitismo, del territorio canonico da parte ortodossa: tutto questo però non è emerso. C’è un clima di grande serenità. In particolare, con la giornata di ieri, si è data una introduzione tematica al fatto che lo Spirito sia il principio di guarigione e riconciliazione. Con oggi la riflessione prende un taglio più ecclesiologico, cioè come la comunità cristiana, le comunità cristiane, le Chiese, possono in Cristo essere comunità capaci di riconciliare e di guarire.

 

D. – I cristiani sono consapevoli di dover testimoniare insieme la fede al mondo?

 

R. – Tra le varie delegazioni presenti qui direi proprio di sì. Bisogna dire, ovviamente, che il percorso ecumenico, che ha fatto tanti progressi nel corso degli anni, è un lavoro che con fatica ogni denominazione, ogni Chiesa, cerca di far penetrare al proprio interno. 

 

D. – Quali le speranze da questa Conferenza?

 

R. – Lo scopo è sostanzialmente quello di riuscire a vivere l’ecumenismo dell’amicizia, della conoscenza. Al di là di quello che avviene nelle varie tende, dove si approfondiscono i temi, dove ci si confronta, forse l’ecumenisno procede a gran velocità nei piccoli gruppi dove ogni mattina e ogni sera si ascolta insieme la parola di Dio, e per la prima volta con un metodo nuovo, cioè il metodo della lectio divina, che ha sostituito quello che si faceva in passato, il classico studio biblico che è caratteristico per lo più della tradizione protestante. Quindi, la grande speranza è che questo binomio, riconciliazione e guarigione, possa essere riportato in qualche modo nelle proprie Chiese di appartenenza ed entrare in circolo nell’organismo, diciamo così, del “Corpo di Cristo”. 

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INAUGURATO A BERLINO IL MEMORIALE DEDICATO ALLE VITTIME DELLA SHOAH

- Intervista con Giuseppe Laras -

 

E’ stato inaugurato ieri pomeriggio a Berlino, alla presenza dei vertici dello Stato tedesco, dei rappresentanti delle comunità ebraiche e di oltre mille invitati provenienti da tutto il mondo, il nuovo memoriale interamente dedicato alle vittime dell’Olocausto. Durante la cerimonia di apertura il presidente del Bundestag, Wolfgang Thierse, ha ribadito che “il monumento sarà un monito per la Storia”. La struttura pensata 17 anni fa, e progettata dall’architetto newyorkese Peter Eisenman è stata costruita a totale carico del governo. Massimiliano Menichetti.

 

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(musica)

 

Il silenzio, il rispetto, le note dei cori delle sinagoghe hanno accompagnato l’apertura ufficiale del Memoriale di Berlino per le vittime della Shoah, nel 60 anniversario dalla liberazione nazista. Un immenso campo trafitto da 2.711 stele di cemento, di diverse altezze, disposte l’una dietro l’altra all’interno di un perimetro grande quanto un campo di calcio, nel cuore della città nei pressi della Porta di Brandeburgo. Un monumento costruito quasi in corrispondenza di quella che era la cancelleria di Hitler e del suo bunker sotterraneo, a rimarcare che non bisogna dimenticare. Giuseppe Laras, presidente dei Rabbini d’Italia:

 

“Questa inaugurazione è molto significativa, perché ha una valenza simbolica fondamentale: nel cuore del nazismo sorge questo monumento che vuole essere una espressione di espiazione nei confronti degli ebrei e dell’umanità”.

 

Stele senza nome, ha evidenziato l’architetto Eisenman che ha ideato il progetto, per far parlare il silenzio, le voci delle vittime, per creare un luogo in cui riflettere. Ancora Giuseppe Laras:

 

“Il ricordo vuole attivare energie e forze che possano impedire quello che di brutto, di violento e di malvagio è accaduto”.

 

L'idea del Memoriale prese le mosse nel 1988 per iniziativa della giornalista Lea Rosh e dello storico Eberhard Jaeckel. Fra i sostenitori ci fu l'allora cancelliere Helmuth Kohl. Dieci anni dopo la conferma che lo Stato avrebbe coperto ogni costo. In 17 anni furono vagliati progetti, vinte le reticenze sulla grandezza e l’ubicazione di quello che oggi è il primo luogo della memoria, per gli ebrei europei sterminati durante il nazismo, costruito in Germania dopo l'unificazione tedesca. All’interno della struttura un museo sotterraneo articolato in 4 spazi: quello delle dimensioni, delle famiglie, dei nomi in cui sono documentati i dati biografici di 3,5 milioni di ebrei sterminati e quello dei luoghi. Un Memoriale, hanno rimarcato politici e rappresentanti religiosi, capace di testimoniare l’orrore di un tempo ma anche la speranza per il futuro.

 

(musica)

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DONNE E VITA: SI È COSTITUITO UN COMITATO DI DONNE PER IL NON VOTO

AI REFERENDUM. LA SALUTE DELLA DONNA È PIÙ TUTELATA CON LA LEGGE 40,

DICE LA COORDINATRICE DEL COMITATO, OLIMPIA TARZIA

- Intervista con la coordinatrice -

 

“Donne e vita”: è il nome del comitato per il non voto al referendum sulla procreazione, che si è costituito ieri a Roma. Composto da donne dello spettacolo, della cultura e della politica in modo trasversale, il comitato collaborerà con l’atro comitato,“Scienza e vita”. Per i promotori del referendum con questi si tutelerebbe meglio anche la salute della donna, al contrario di quanto sostiene Olimpia Tarzia, coordinatrice del nuovo comitato. Le abbiamo chiesto perché e per quale motivo è nato un comitato specifico delle donne. L’intervista è di Debora Donnini.

 

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R. – Perché si è creata una errata informazione sui referendum: si dice che i referendum andrebbero a salvaguardare maggiormente la salute delle donne. La legge 40, in realtà, tutela la salute delle donne molto più di quanto accadesse prima. Prima della legge di fatto la donna era soggetta a mille procedure anche non protocollate, non solo ma veniva sottoposta ad una somministrazione ormonale imponente, tale da provocare la liberazione simultanea di 15-20 ovuli che poi venivano tutti fecondati come sappiamo. La legge, invece, pone al massimo tre il numero di ovuli da produrre immediatamente e fecondare, quindi è chiaro che il dosaggio ormonale è estremamente limitato e non comporta quei rischi che venivano a seguito della stimolazione prima della legge. Vorrei ricordare che una forte stimolazione ovarica, portava a gravi rischi per la salute della donna. E tra i referendum è previsto proprio di cancellare alcuni paletti della legge 40, tra cui quello di non impiantare più di tre ovuli.

 

D. – Donne dello spettacolo, della cultura e della politica in modo trasversale, tra l’altro, fra i partiti hanno aderito a questo comitato …

 

R. – Io come coordinatore del comitato sono convinta che il valore della vita, il diritto alla vita non debba avere nessuna appartenenza, né politica, né religiosa. Quindi, prima di partire mi sono assicurata dell’adesione di donne parlamentari di uno schieramento politico e dell’altro. Le adesioni sono iniziate ieri. Stiamo preparando una sorta di manifesto, quindi del perché proponiamo il non voto, che verrà reso pubblico a breve in una conferenza stampa.

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RIAPRE AL PUBBLICO VILLA GREGORIANA A TIVOLI

- Interviste con Monica Stocchino e Tatiana Chirova -

 

“Quelle cascate insieme alle rovine sono tra le cose la cui conoscenza ci fa interiormente più ricchi”. Lo scrittore Wolfgang Goethe così descriveva la sua visita al parco di Villa Gregoriana a Tivoli, che venerdì riaprirà al pubblico dopo i lavori di restauro finanziati dal FAI, il Fondo Ambiente Italiano. Intanto, oggi il parco è stato visitato dal presidente Carlo Azeglio Ciampi che ha espresso la sua ammirazione per il lavoro compiuto, ricordando che i restauri della villa ottocentesca sono stati portati avanti da amministrazioni comunali di colore diverso a dimostrazione che ci vuole coesione fra tutte le forze vive della nazione per far crescere il Paese. Il servizio di Marina Tomarro:

 

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Percorsi tortuosi, cascate scroscianti, scorci panoramici che sembrano usciti da opere dei paesaggisti ottocenteschi. Così si presenta Parco di Villa Gregoriana a Tivoli, aperto dopo 10 anni di chiusura per opera di restauro. Sentiamo Monica Stocchino, direttore dei lavori a Parco di Villa Gregoriana.

 

R. – Un anno fa si è cominciato a pulire la Villa, a portare via il seccume accumulatosi negli anni. Effettivamente ha portato alla luce anche molti di quegli aspetti caratteristici e particolari che adesso sono ben evidenti nella Villa. Dopo di che si è lavorato sulle acque, bonificando l’alveo, e infine si è lavorato nuovamente tornando a ripristinare i sentieri, provvedendoli di parapetti, di muri di contenimento, ripristinando l’intero sistema di regimentazione delle acque, che era andato ormai del tutto perduto ed era sommerso da una infinità di detriti che lo rendevano inefficiente.

 

D. – Ma quali sono i luoghi più caratteristici di questa Villa da visitare?

 

R. – Sicuramente c’è il Belvedere basso, che dà una vista della cascata costruita da Gregorio XVI che è decisamente affascinante.

 

Villa Gregoriana fu progettata nel 1835 per volontà di Papa Gregorio XVI, che volle sistemare il percorso del fiume Aniene in un modello di integrazione tra natura ed estro artistico. Tatiana Chirova, direttore artistico del Parco:

 

R. – In questa Villa c’è tutta quella serie di fontane e fontanelle che non hanno l’impostazione di Villa d’Este. Questo è stato un restauro abbastanza difficile: e non è bastato semplicemente censire l’aspetto vegetazionale, le 3200 piante che vi si ritrovano. In un lavoro di questo genere bisogna rendere compatibile ciò che è considerato infestante. Per esempio, l’edera in una Villa d’Este non avrebbe ragione di esistere, in quelle siepi tutte ordinate. Qui invece è la protagonista insieme alla rovina. Quindi, bisogna prima interpretare il luogo e poi saperlo in qualche modo raccontare.

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INIZIA OGGI IL FESTIVAL DEL CINEMA DI CANNES

 

Al via la 58.ma edizione del Festival del cinema di Cannes: in concorso 21 pellicole opere dei talenti artistici più stimolanti, rigorosi ed inquieti del panorama cinematografico attuale. Una vera rappresentazione degli umori e delle linee estetiche che attraversano il mondo del cinema. Il servizio è di Luca Pellegrini.

 

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L’air du temp, l’aria del tempo, si espande dal cinema - collettore di umori, speranze dubbi e paure del mondo -, e soffia su Cannes, sede del famoso Festival. Dodici giorni di autentica kermesse culturale, artistica, mediatica, finanziaria, commerciale, nel corso dei quali capolavori cinematografici si mischiano ai trionfi della vanità e della moda, perché il cinema è anche industria, lavoro, e, non ultimo, potere. Ma, depurando l’arte da questi elementi contaminanti anche se necessari, in quest’edizione il Festival francese sfodera il meglio in assoluto del cinema mondiale, allestendo una selezione per il concorso che offre nomi di registi e di attori di assoluto, incontrastato prestigio. Ventuno film in competizione provenienti da quattordici Paesi, dei quali dodici sono prime assolute che cultori, appassionati e semplici spettatori attendono con curiosità. Soltanto per fare alcuni nomi: Gus Van Sant, Atom Egoyan, David Cronenberg, Jim Jarmusch, i fratelli Dardenne, Michael Haneke, Lars von Trier, Amos Gitai, Wim Wenders, e la sempre folta ed eletta schiera dei registi in rappresentanza del lontano Oriente, con le loro pulsioni e, spesso, con i loro estremismi. Per l’Italia, il gruppo di opere, assai povero in verità, si concentra sul nome di Marco Tullio Giordana con il suo “Quando sei nato non puoi più nasconderti”: attraverso lo sguardo ed il cuore di un dodicenne della Bergamo bene si scoprono e compatiscono i drammi dell’immigra-zione clandestina.

 

Grigi, se non neri e bui, i temi affrontati anche da molte altre pellicole. Qualche esempio: il razzismo di von Trier, la violenza di Rodriguez, la denuncia di Gitai, la minaccia di Cronenberg. Insomma, il campionario non è rasserenante: specchio dei tempi, moda estetica o facilità di presa? Non si allontana da questo clima nemmeno George Lucas, che presenta proprio sulla Croisette, in anteprima mondiale, il conclusivo ed assai cupo capitolo della seconda trilogia di “Star Wars”. Certamente, sono tutti sguardi intelligenti e critici sul mondo e nel cuore umano, ove l’istinto spesso governa più della ragione. Non difficile, infine, sarà scovare il nome di un vincitore, ma di sicuro imprevedibile il giudizio della Giuria orientata dalle scelte del suo Presidente, il bosniaco Emir Kusturica, due Palme d’Oro alle spalle e un Premio speciale per la regia, un radicale sognatore, un visionario eclettico, un indomito passionale. Ma anche un indefesso cantore dell’umanità, nei suoi aspetti beffardi, travolgenti, pieni di gioia e di illusioni. Condensa tale carattere una sua curiosa affermazione: “Credo che l’amore si possa mostrare meglio facendo lievitare due persone per aria che non facendogli dire delle banalità come ti amo”. Anche quest’anno ecco, dunque, ai nastri di partenza Cannes, il Festival delle meraviglie e, come sembra, il Festival delle inquietudini.

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CHIESA E SOCIETA’

11 maggio 2005

 

INNALZATA IERI SULLA CIMA “GENDARME” DEL GRAN SASSO

UNA CROCE IN RICORDO DI PAPA WOJTYLA,

“A INDICARE CHE LA PACE VIENE DALL’ALTO

 E CHE IL SUO ‘GENDARME’ È GIOVANNI PAOLO II”

 

L’AQUILA. = Da ieri sul Gran Sasso svetta un’imponente croce di ferro in ricordo di Papa Wojtyla. La struttura, pesante oltre 500 chilogrammi, è stata innalzata dagli uomini del Corpo Forestale dello Stato e del Soccorso Alpino del CAI su una cima di 2.424 metri, finora conosciuta come “Il Gendarme”, che il 18 maggio diventerà ufficialmente la “Cima Giovanni Paolo II”. “E’ una croce commemorativa – ha sottolineato il Comitato promotore dell’iniziativa, sancita dal Comune dell’Aquila – a indicare al mondo che ‘la pace viene dall’alto’ e che il suo ‘gendarme’ è Giovanni Paolo II”. Un tributo all’amato Pontefice, la cui effige, con relativo stemma, sarà collocata al centro della croce e circondata da quella dei quattro patroni dell’Aquila: San Massimo D’Aveia Levita e Martire, San Equizio Amiternino Abate, San Pietro Celestino V e San Bernardino da Siena. Sul basamento, realizzato con pietre calcaree locali, è posta una targa in bronzo con la data e la dedica a Papa Giovanni Paolo II. “Non è stata un’operazione semplice – hanno commentato i militari del Corpo Forestale – a causa della turbolenza in alta quota. Ma una volta stabilizzato l’elicottero, abbiamo potuto posizionare velocemente e in sicurezza la Croce”. Alle operazioni ha assistito anche il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, che il 18 maggio presiederà la cerimonia di intitolazione. (R.M.)

 

 

ANNUNCIATA DOPO 4 ANNI DALLA CHIESA CATTOLICA CINESE

LA SPARIZIONE DI UN VESCOVO NELLA PROVINCIA DI HEBEI.

LE AUTORITÀ LOCALI DECLINANO OGNI RESPONSABILITA’

 

PECHINO. = E’ stato reso noto solo ora dalla Chiesa cattolica cinese che il vescovo 83enne Shi Enxiang, di Yixian, nella provincia di Hebei, è sparito da oltre 4 anni. Si teme che il presule possa aver fatto la fine di mons. Fan Xueyn e mons. Li Lifang, morti in carcere, ma le autorità del Paese negano di avere qualsiasi notizia su di lui. Il vescovo, ricercato dal 1995, è scomparso la mattina del 13 aprile 2001 dalla casa della nipote, a Pechino. Secondo i testimoni, sarebbe stato portato via da 2 automobili con targa di Xushui, della provincia di Hebei. Sia la polizia della città che quella di Pechino hanno sempre negato ogni responsabilità. Insieme alla notizia della sparizione di mons. Shi Enxiang, c’è poi quella della detenzione da 6 anni di  padre Liu Deli, 42 anni, della diocesi di Yixian. (R.M.)

 

 

“ANCHE SE LE BARRIERE ESTERNE SONO CADUTE, RESTANO QUELLE INTERNE.

CIASCUNO LAVORI PER RIDARE AL LIBANO LA SUA PROSPERITÀ, LA SUA LIBERTÀ

E LA SUA INDIPENDENZA”. COSÌ, IL PATRIARCA MARONITA NASRALLAH SFEIR,

COMMENTANDO IL RECENTE RITIRO MILITARE DELLA SIRIA DAL PAESE DEI CEDRI

 

BKERKE’. = Secondo il patriarca maronita, cardinale Pierre Nasrallah Sfeir, i libanesi stanno marciando verso l’unità e la democrazia e non tollerano più “ingerenze straniere”. Il porporato, che la prossima settimana compirà 85 anni, ha così voluto rifare il punto sulla situazione socio-politica del Libano, che vede i cristiani alle prese con numerosi problemi. Il porporato ha espresso i propri convincimenti a Bkerké, sede del patriarcato, incontrando una delegazione di ex alunni di scuole cattoliche. “Anche se le barriere esterne sono cadute – ha spiegato, riferendosi al recente ritiro militare siriano dal Libano – restano quelle interne. Bisogna lavorare, ognuno a partire dalla sua realtà, per ridare al Libano la sua prosperità, la sua libertà e la sua indipendenza”. "Noi - ha concluso - siamo per la libertà in senso assoluto: ogni persona deve essere responsabile dei suoi atti”. (A.M.)

 

 

SIGLATO A TIMOR EST UN ACCORDO TRA GOVERNO E CHIESA CATTOLICA,

PER TUTELARE L’INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE NELLE SCUOLE PUBBLICHE

 

DILI. = Dopo più di due settimane di protesta non violenta e di ampia mobilitazione popolare, il governo di Timor Est e la Chiesa cattolica locale hanno siglato un accordo sul tema dell’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche. Il presidente del Paese, Xanana Gusmao, storico capo della resistenza timorese nel processo di distacco dall’Indonesia, ha riconosciuto in una dichiarazione congiunta con i capi delle Chiese che l’insegnamento delle religione deve far parte del regolare curriculum di studi, durante le ore di lezione scolastica. La proposta del governo, varata nel febbraio scorso, voleva invece renderlo opzionale. Resta comunque ai genitori degli studenti la discrezionalità di usufruirne. Nel Paese, i cattolici rappresentano il 96 per cento della popolazione. Un’eredità, questa, della colonizzazione portoghese. (R.M.)

 

 

AL VIA OGGI IN PERU’ LA CAMPAGNA DI SOLIDARIETA’ “COMPARTIR 2005”,

PROMOSSA DALLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL PAESE PER DARE SOSTEGNO

AI BAMBINI VITTIME DI VIOLENZA E TERRORISMO

 

LIMA. = “Chi accoglie uno di questi piccoli nel mio nome accoglie me” (Mt 18,5): E’ lo slogan della campagna di solidarietà “Compartir 2005”, promossa dalla Conferenza episcopale del Perú, quest’anno sul tema: “Bambini e adolescenti maltrattati”. Attraverso incontri e attività ricreative, la Campagna vuole attirare l’attenzione sulle gravi condizioni in cui versano molti giovani peruviani, spesso vittime della violenza e del terrorismo. Secondo i dati dell’Istituto Nazionale del Benessere Familiare (INABIF), negli ultimi anni, almeno 1.200 bambini sono morti in Perú a causa del terrorismo; 12 mila divenuti disabili; 30 mila sono orfani e un numero indeterminato manifesta diversi livelli di squilibri psicologici. Inoltre, dal 2002 al 2005, sono stati 16.882 coloro che, oltre alla violenza sociale e politica, hanno subito maltrattamenti in famiglia. (M.V.S.)

 

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24 ORE NEL MONDO

11 maggio 2005

- A cura di Fausta Speranza -

 

Proprio in questi minuti giunge notizia che un proiettile di mortaio ha colpito il complesso nel centro di Baghdad dove si trova il ministero del Petrolio. Ma non si hanno ancora ulteriori informazioni. Tristemente confermato invece il bilancio di 65 persone morte stamane per l’offensiva della guerriglia in tre città dell’Iraq. Il nostro servizio:

 

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L’attacco più sanguinoso è avvenuto a Tikrit, ex feudo di Saddam Hussein a circa 170 chilometri a nord di Baghdad: un kamikaze a bordo di un'autobomba si è fatto esplodere davanti a una stazione di pullman affollata da pendolari, uccidendo almeno 31 persone e ferendone una settantina. Ancora più a nord, a Hawija, a ovest della città petrolifera di Kirkuk, un altro kamikaze, imbottito di esplosivo, si è fatto esplodere in un centro di reclutamento delle forze armate, uccidendo almeno 20 persone.  Baghad ci sono state esplosioni: quella nel quartiere meridionale di Dora, ha provocato tre morti; solo feriti per quelle nei quartieri occidentali di al-Jadida e Jamia.  Intanto, ieri in relazione alla situazione in Iraq, il ministro degli Esteri, Fini, ha detto che l’avvio del processo che porterà al ritiro delle truppe italiane coincide con “l’ultimo atto del percorso indicato dall’ONU”, con la risoluzione 1546, cioè dicembre 2005. Aggiungendo che il governo iracheno potrebbe chiedere un mese o due di più di tempo, e anzi indicandolo come probabile, ha indicato che si potrebbe arrivare al gennaio o al febbraio 2006. Ma una cosa è certa secondo Fini: “Non accadrà che l’Italia prenda una decisione di disimpegno dall’Iraq in modo unilaterale”.

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Ma perché in questi ultimi giorni il Paese è tornato ad essere un vero e proprio campo di battaglia? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Fabio Alberti, presidente dell’organizzazione umanitaria “Un Ponte per...”:

 

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R. – Purtroppo tutto quello che sta succedendo, duole dirlo, in qualche maniera era previsto. Si osservava come è stato gestito il processo politico di transizione all’interno dell’Iraq, mettendo gli uni contro gli altri. Queste cose hanno favorito lo sviluppo della violenza all’interno del Paese. Occorrerebbe cambiare completamente impostazione, ricercare l’unità fra gli iracheni, conoscere l’esistenza di una opposizione politica all’attuale governo, perché altrimenti le cose continueranno ad andare avanti di violenza in violenza.

 

D. – L’Iraq, comunque, da qualche mese ha istituzioni proprie. Voi avete notato che, sia pur lentamente, si sta muovendo qualcosa in senso democratico?

 

R. – Questo non lo si può dire. Le stesse elezioni è molto difficile definirle democratiche o per pressioni a favore del voto o per pressioni a favore del boicottaggio. La gente comincia già ad essere delusa. Per esempio, si attende una cosa principalmente e cioè il ritorno della sicurezza e su questo terreno i miglioramenti non ci sono. Devo dire che, purtroppo, non si notano miglioramenti e siamo molto preoccupati.  

 

D. – Una violenza quella di questi giorni legata al problema della presenza straniera in Iraq o comunque motivata anche, a questo punto, da una lotta per il potere…

 

R. – Evidentemente c’è anche questo. E proprio per questo se si operasse per un’unità irachena si potrebbe avviare un processo, ormai difficile, ma che tenda ad emarginare le frange più violente e ad includere nel processo politico, invece, coloro che sono stati finora esclusi.

 

D. – Dalla fase bellica a quella odierna, che cosa è cambiato dal punto di vista degli interventi umanitari?

 

R. – E’ cambiato soprattutto il fatto che in parte non si possono più fare. Noi continuiamo a lavorare con un profilo molto basso, perché anche chi è iracheno e lavora con noi può essere a rischio. L’operatività è diventata difficilissima. Non c’è nessun operatore internazionale. Noi non abbiamo persone italiane giù, ma neanche le altre organizzazioni. Questo ovviamente rende tutto molto complicato.

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Lo stato di allerta è stato proclamato in Israele dalle autorità a partire da oggi, in occasione delle solennità per la Giornata dei Caduti, fino a domani quando, sulla base del calendario lunare ebraico, milioni di israeliani festeggeranno la Giornata della Indipendenza. Secondo stime ufficiali, sono oltre 20.000 gli israeliani caduti in 57 anni di conflitto con i palestinesi e con gli Stati arabi vicini. Oggi cerimonie commemorative hanno luogo in tutti i cimiteri militari del Paese, alla presenza di dirigenti politici. Da ieri sono bloccati tutti i valichi di transito con i territori palestinesi. La scorsa notte nella zona di Qalqilya (Cisgiordania) un potente ordigno è esploso a ridosso della barriera di separazione costruita da Israele. Non si segnalano vittime. Sotto il fuoco palestinese si sono trovati la scorsa notte anche i coloni di Neve’ Dekalim, a sud di Gaza, ma non ci sono state vittime. Domani migliaia di israeliani prevedono di recarsi nelle colonie ebraiche nella striscia di Gaza per esprimere una volta ancora opposizione al progetto di ritiro elaborato dal governo di Ariel Sharon. Misure straordinarie di sicurezza sono state approntate dall’esercito israeliano.

 

L’ex premier libanese Omar Karame e l’ex capo della Sicurezza generale Jamil Sayyed sono stati ricevuti dal presidente Bashar Al-Assad a Damasco, dove hanno  incontrato anche l’ex capo dell’intelligence militare siriana in  Libano, generale Rustom Ghazali: è quanto riferisce il quotidiano indipendente libanese An-Nahar spiegando che sarebbero stati discussi i modi per sostenere i due esponenti filosiriani nelle elezioni del 29 maggio nel Paese dei Cedri. I due esponenti filosiriani sono stati entrambi costretti a dimettersi dopo l’uccisione dell’ex premier libanese Rafik Hariri nell’attentato a febbraio scorso che aveva innescato un’ondata di proteste antisiriane, sfociata nel ritiro delle truppe di Damasco dal Libano. Commentando la notizia degli incontri di Karame e Sayyed a Damasco, il deputato d’opposizione Farez Suaid ha dichiarato alla Tv libanese LBC che la Siria sta cercando di mantenere la sua presa sul Libano, anche dopo aver completato il ritiro delle sue truppe il 26 aprile scorso.

 

Si è conclusa pacificamente la vicenda della presa degli ostaggi, fra cui quattro esponenti politici del partito socialista greco del Pasok, da parte di un gruppo di studenti anarchici, ad Atene. Un gruppo di studenti – secondo una prima ricostruzione – aveva aggredito due guardie del corpo degli esponenti politici. Uno degli agenti era stato ferito in modo non grave, mentre il suo collega, per evitare a sua volta il pestaggio, aveva aperto il fuoco a scopo intimidatorio, e aveva ferito ad un piede uno degli assalitori. La presa degli ostaggi, che inizialmente erano un centinaio, è durata circa otto ore.

 

La Corea del nord ha completato l’estrazione di barre di combustibile spento dal suo reattore nucleare di Yongbyon, aprendo, secondo gli esperti, la via al trattamento delle barre per l’estrazione di plutonio con cui fabbricare bombe atomiche. Lo ha reso noto stasera l’agenzia di stampa ufficiale nordcoreana ‘KCNA’ ricevuta a Seul. Il 10 febbraio scorso il ministero degli esteri nordcoreano aveva annunciato che il Paese è gia in possesso di ordigni atomici e intende rafforzare ulteriormente, se necessario, il suo deterrente nucleare a scopi di difesa contro il pericolo di un attacco o di una invasione degli Stati Uniti.

 

“Non rappresentava alcun pericolo” la bomba a mano trovata vicino al podio dal quale il presidente americano George W. Bush ha arringato ieri la folla nella più grande piazza di Tbilisi. Lo ha indicato oggi Gela Bezhuashvili, consigliere per la sicurezza nazionale della Georgia. “La bomba a mano – ha detto Bezhuashvili – non era pronta all’uso. E’ stata trovata a circa cinquanta metri dal podio sulla Piazza della Libertà, mentre i presidenti degli Stati Uniti e della Georgia tenevano i loro discorsi”.

 

Il presidente afghano Hamid Karzai ha chiesto oggi alla NATO di continuare ad impegnarsi in Afghanistan anche dopo le elezioni parlamentari di settembre per evitare che il lavoro sia lasciato a metà. Karzai, parlando agli ambasciatori dei 26 Paesi dell’Alleanza riuniti a Bruxelles, ha anche ringraziato per quanto ha fatto finora la NATO anche con il sacrificio estremo di suoi uomini. Introducendo i lavori del Consiglio Atlantico, il segretario generale dell’Alleanza, Jaap de Hoop Scheffer, ha comunque assicurato che la NATO resterà impegnata in Afghanistan e ha fornito conferme sui tempi di espansione della missione ISAF di cui l’Italia è perno nella sua fase attuale. Inoltre, Karzai, rispondendo ai giornalisti, ha in sostanza smentito che sia stata offerta un’amnistia anche al mullah Omar, il super-ricercato leader dei taleban.

 

I russi se ne stanno andando via in massa dal Kirghizistan dopo la “rivoluzione dei tulipani” che il 24 marzo, nel giro di poche ore, ha rovesciato il regime del presidente Askar Akaiev. Lo segnala con allarme il presidente ad interim di quella Repubblica ex-sovietica d’Asia Centrale, Kurmanbek Baliev, in un’intervista al quotidiano russo ‘Novie Izviestia’. Pur essendo uno dei capofila della “rivoluzione dei tulipani” che a parole promette una conduzione più democratica e trasparante della cosa pubblica rispetto al paternalistico  Akaiev, Bakiev non ha difficoltà ad ammettere che “gli eventi  del 24 marzo hanno sconvolto la popolazione russofona” (il 15%  su una popolazione complessiva di 4,8 milioni di persone) e che  l’esodo “è una questione dolorosa per noi, per gli abitanti  del Kirghizistan, per l’economia del Paese”. Le presidenziali di luglio dovrebbero risolversi in un duello tra Bakiev e l’altro leader della rivoluzione dei tulipani, Felix Kulov, anche lui convinto che in Kirghizistan prevale tuttora un “disordine” disdicevole per gli investimenti stranieri.

 

In Italia, quattro sbarchi di clandestini sono avvenuti prima della mezzanotte sulle coste di Lampedusa, per complessivi 379 immigrati. Intorno alle 4 sono poi giunti nell’isola altri 120 clandestini e all’alba 31 extracomunitari sono stati avvistati dalla Guardia di Finanza. Segnalato l’arrivo di un barcone diretto verso l’isola con un numero imprecisato di immigrati. Intanto a Milano la Guardia di Finanza ha sequestrato circa 40.000 permessi di soggiorno falsi destinati ad essere venduti a clandestini. Arrestato un italiano.

 

Il Parlamento austriaco ha ratificato con un solo voto contrario il Trattato Costituzionale europeo. Finora lo hanno ratificato sei Paesi: Lituania, Ungheria, Slovenia e Italia con iter parlamentare; Spagna e Grecia per via referendaria. Il Trattato dovrà ora essere ratificato anche dalla camera delle regioni del Parlamento, che tuttavia ha solo il potere di rallentare, ma non rifiutare la ratifica. 

 

Anche il Parlamento bulgaro a stragrande maggioranza ha ratificato oggi il Trattato di adesione di Sofia all’Unione europea con il quale la Bulgaria entrerà il primo gennaio del 2007 nell’UE.  Bulgaria e Romania avevano firmato il trattato il 25 aprile scorso a Lussemburgo. La ratifica è stata votata da 230 deputati, un solo contrario e due astenuti. “L’adesione all’Unione Europea corrisponde agli interessi nazionali”, ha dichiarato il premier, Simeone di Sassonia. Nel caso in cui tutti i paesi dell’Unione riterranno che la Bulgaria sia in ritardo nella lotta alla criminalità e alla corruzione, nel Trattato vi è una clausola di salvaguardia che ritarderà di un anno l’entrata del Paese nell’UE.

 

Ventiquattro persone sono morte e nove sono rimaste ferite, in seguito ad un incidente che ha coinvolto un autobus nel nord delle Filippine. Lo hanno riferito oggi fonti ufficiali della polizia locale. L’autobus ha urtato una grossa pietra che era sul bordo della strada di montagna, nei pressi della città di Tuba, a circa 210 km a nord di Manila.  

 

 

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