RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
130 - Testo della trasmissione di martedì10 maggio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Presa di possesso del cardinale Arinze del titolo della chiesa
suburbicaria di Velletri-Segni.
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Inaugurata una nuova
chiesa nella diocesi di Chittagong nel Bangladesh
“Mai più guerra fredda”: dopo le parole ieri di Putin, a
Mosca il vertice Russia-UE. Mentre Bush è in Georgia
A Baghdad almeno 10 morti e trenta feriti per l’esplosione
di due autobomba
In Italia nuova netta affermazione del centro-sinistra in tre regioni a
Statuto speciale: Trentino, Val d’Aosta e Sardegna.
10 maggio 2005
DAGLI ORRORI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE IL
MONITO A CAPIRE
PER NON RIPETERE I TRAGICI
ERRORI. IL COMPITO PRIMARIO DELLE NAZIONI UNITE
DI RIPRISTINARE IL
‘DIRITTO DOPO LA GUERRA’ ED AFFERMARE LA PACE DUREVOLE:
INTERVENTO
DELL’OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE ALL’ONU
“Non vi è alcun dubbio che sia stato un terribile conflitto e che sia
giusto e saggio ricordare che sia stata la peggiore fra le varie inutili
catastrofi per mano dell’uomo, che ha reso il ventesimo secolo uno dei più
dolorosi che l’umanità abbia conosciuto”: così l’arcivescovo Celestino
Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite,
intervenuto ieri, nel Palazzo di Vetro dell’ONU a New York, alla commemorazione
del 60.mo anniversario della fine della Seconda Guerra mondiale. In questa occasione
sono state proclamate due Giornate, l’8 e 9 maggio, dedicate alla rimembranza e
alla riconciliazione. Il servizio di Roberta Gisotti:
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“Molte voci – ha osservato l’arcivescovo Migliore – ci ammoniscono dal
non dimenticare”, chiedendoci di capire a fondo le ragioni che hanno indotto i
tragici errori del passato.
Anzitutto il presule ha citato quali radici della Seconda Guerra mondiale
l’esaltazione dello Stato e della razza, e la superba autosufficienza di
un’umanità, basata sulla manipolazione della scienza, della tecnologia e della forza, dove il ruolo della Legge non
era più veicolo per l’applicazione della giustizia. Tutto ciò ci insegna - ha
sottolineato mons. Migliore - che “quando l’uomo perde il senso delle sue
aspirazioni trascendenti, immediatamente riduce se stesso e gli altri ad un
oggetto, un numero e perfino una semplice merce.”
In secondo luogo, il rappresentante della Santa Sede ha osservato “che
seppure noi accettiamo che in determinate circostanze, l’uso ristretto e
condizionato della forza possa essere inevitabile per adempiere alla
responsabilità di proteggere uno Stato o la comunità internazionale, noi siamo
chiamati ad essere abbastanza realistici da riconoscere che risoluzioni
pacifiche siano possibili e nessun sforzo dovrebbe essere risparmiato per raggiungerle”.
In terzo luogo - ha aggiunto l’arcivescovo - occorre oggi portare
l’attenzione non tanto, come nel passato, sul ‘diritto alla guerra’ e al
‘diritto in guerra’, ma piuttosto sul ‘diritto dopo la guerra’, ossia “su come
raggiungere velocemente ed effettivamente il ristabilimento della giustizia e
la pace durevole, che è il solo ammissibile obiettivo per l’uso della forza”.
Infine l’ultima considerazione riguardo la recente “nuova enfasi” che è
stata data al possibile ruolo di pace dell’ONU. La Santa Sede – ha detto mons. Migliore
– condivide la preoccupazione del Segretario generale perché il sistema delle
Nazioni Unite raccolga pienamente la sfida di aiutare i Paesi portandoli dalla
guerra alla pace durevole. Questa infatti la condizione sine qua non che
dà significato all’esistenza stessa delle Nazioni Unite.
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PRESA DI
POSSESSO DEL CARDINALE ARINZE DEL TITOLO
DELLA CHIESA SUBURBICARIA DI
VELLETRI-SEGNI
Domenica
22 maggio, solennità della Santissima Trinità, alle ore 18.30, il cardinale
Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la
Disciplina dei Sacramenti, prenderà possesso del titolo della Chiesa
Suburbicaria di Velletri - Segni nella
Cattedrale di Velletri. Lo rende noto l’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche
del Sommo Pontefice.
NOMINE
Negli Stati Uniti, Benedetto XVI
ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Baltimora mons. Denis James Madden,
del clero della medesima arcidiocesi, segretario generale aggiunto della “Catholic
Near East Welfare Association” a New York, assegnandogli la sede titolare
vescovile di Baia.
Sempre negli Stati Uniti, il
Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di
Birmingham in Alabama, presentata da mons. David E. Foley, per sopraggiunti
limiti d’età.
In Nicaragua, il Papa ha
accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Jinotega, presentata
da mons. Pedro Lisímaco de Jesús Vílchez Vílchez, per
sopraggiunti limiti d’età. Il Santo Padre ha nominato suo successore padre
Carlos Enrique Herrera Gutiérrez, dell’Ordine dei Frati Minori,
finora Parroco di San Rafael del Norte, nella stesa diocesi di Jinotega.
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OGGI
SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l’Iraq, dove continuano – in particolare a Baghdad – i sanguinosi
atti di violenza.
Nelle
vaticane, due pagine dedicate alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù a
Colonia.
Nelle
estere, l’intervento della Santa Sede alla VII Conferenza di esame del Trattato
di non proliferazione delle armi nucleari.
Per
la rubrica dell’”Atlante geopolitico”, un articolo di Giuseppe Fiorentino dal titolo
“Colombia: le ‘Farc’ e la sfida allo Stato”.
Nella
pagina culturale, un articolo di Angelo Mundula dal titolo “L’orologio più
giusto è il cuore dell’uomo”: la dimensione del tempo.
Per
l’”Osservatore libri” un articolo di Giulio Colombi dal titolo “Un prezioso scrigno
di fede e di spiritualità”: il volume “Santorale bresciano con testi di meditazioni
di Paolo VI”.
Nelle
pagine italiane, la Dichiarazione della Radio Vaticana dopo l’emanazione della
sentenza di primo grado del processo per l’accusa di inquinamento elettromagnetico.
La dichiarazione preannuncia l’impugnazione in sede di appello di tale
sentenza.
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10 maggio 2005
SULLA SENTENZA IERI DI
PRIMO GRADO DEL PROCESSO INTENTATO
CONTRO LA RADIO VATICANA PER PRESUNTO INQUINAMENTO
ELETTROMAGNETICO,
LA NOTA DEL NOSTRO DIRETTORE DEI PROGRAMMI
- Con noi, lo stesso padre Federico Lombardi -
Il giudice Luisa Martone, del
Tribunale di Roma, ha emesso ieri la sentenza di primo grado del processo
intentato contro la Radio Vaticana per presunto inquinamento elettromagnetico.
La sentenza dispone la condanna a 10 giorni di arresto, con sospensione della
pena, per il Padre Borgomeo, Direttore Generale della Radio, e per il card.
Roberto Tucci, presidente del Comitato di gestione della Radio fino al 2000,
assolve invece l’ing. Pacifici, vice direttore tecnico. La condanna comprende
anche il pagamento delle spese processuali, mentre un risarcimento dei danni
nei confronti delle parti civili dovrebbe essere liquidato in separata sede. La
nota del nostro direttore dei Programmi, Padre Federico Lombardi:
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Rimandando una valutazione più
approfondita alla pubblicazione delle motivazioni della sentenza – prevista
entro 90 giorni - la Direzione della Radio esprime rincrescimento per il fatto
che le sue posizioni non siano state riconosciute valide e accolte dal Tribunale,
e pur apprezzando l’assoluzione di uno degli imputati, si riserva di impugnare
in sede di appello una sentenza che ritiene chiaramente ingiustificata sia per
considerazioni di diritto, sia per motivi di fatto.
In ogni caso, è opportuno
ricordare brevemente gli antefatti che hanno portato alla sentenza odierna.
Nel corso del 2001 l’attività
del Centro Trasmittente della Radio Vaticana sito presso Santa Maria di
Galeria, a Nord di Roma, era diventata oggetto di vivaci polemiche, a nostro
avviso del tutto ingiustificate. Il contenzioso verteva sulla osservanza o meno
delle nuove normative italiane sulle emissioni elettromagnetiche. Il problema
fu affrontato e risolto prima dell’estate di quell’anno nel quadro delle
trattative fra Italia e Santa Sede svolte in una apposita Commissione
bilaterale. Ciononostante alcune associazioni ambientalistiche, comitati e persone
residenti nella zona introdussero contro la Radio Vaticana una causa penale,
con l’accusa di aver diffuso “radiazioni elettromagnetiche atte ad offendere o
molestare persone residenti nelle aree circostanti, arrecando alle stesse
disagio, disturbo, fastidio e turbamento”. A tre dirigenti dell’Emittente venne
imputato il reato di “getto pericoloso di cose”, in violazione all’art. 674 del
Codice Penale.
Di qui il processo, che in una
prima fase si concluse il 19 febbraio 2002 con la dichiarazione, da parte del
Giudice, di non doversi procedere per difetto di giurisdizione, in forza del
Trattato Lateranense, riconoscendo la Radio Vaticana come Ente Centrale della
Chiesa Cattolica. Una successiva sentenza della Corte di Cassazione, il 9
aprile 2003, non accoglieva tuttavia tale interpretazione, e rinviava quindi la
causa al Tribunale.Il 23 ottobre dello stesso anno iniziava quindi una nuova
fase del processo, durata un anno e mezzo, che dopo numerose udienze è giunta a
conclusione con la sentenza di oggi.
Come da noi spiegato molte volte
in questi anni e ribadito dalla difesa nel corso del processo, la Radio
Vaticana ha sempre svolto la sua attività nel quadro degli accordi internazionali
esistenti con l’Italia relativi al Centro trasmittente di Santa Maria di
Galeria, si è sempre attenuta alle raccomandazioni internazionali in materia di
emissioni elettromagnetiche anche prima della esistenza di normative italiane,
e dal 2001, in seguito all’accordo con il Governo italiano, rispetta attentamente
i limiti previsti dalla nuova normativa italiana, attualmente vigente, come
dimostrano le misurazioni svolte per mandato della Commissione bilaterale dalle
istituzioni pubbliche italiane più competenti e attrezzate in materia. Essendo
tale normativa assai restrittiva, non vi è alcun motivo giustificato di
preoccupazione da parte della popolazione.
Confidiamo che la giustizia
italiana, nei successivi gradi di giudizio, riconoscerà alla fine la
correttezza dei comportamenti della Direzione dell’Emittente, e contribuirà
così a sgombrare l’orizzonte dalle ombre che per troppo lungo tempo hanno
recato danno alla sua buona reputazione e hanno contribuito ad alimentare nella
popolazione timori infondati.
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Da parte sua, il quotidiano
Avvenire scrive che “la sentenza con cui un giudice romano ha ritenuto di
condannare ‘esemplarmente’ Radio Vaticana ha dell’incredibile. E a prescindere
da questioni – che non interessa qui riproporre – di diritto internazionale”. Ancora
si legge: “E’ assodato, infatti, nonostante tutti i tentativi di nascondere
questa verità, che l’emittente ha sempre operato non solo nel pieno rispetto
delle norme italiane di legge, ma anche auto-imponendosi i più severi dei
limiti e delle regole vigenti a livello internazionale. Ma la condanna, che
verrà ovviamente impugnata, si basa paradossalmente su questo rigoroso “stare
nella legge” e viene costruita “per analogia” intorno all’idea di un presunto
“getto pericoloso di cose” (le onde radio) fuori dai recinti dell’emittente.
Due domande. Era davvero necessario arrivare a tanto? O bisogna concludere che
a tanto si è voluti deliberatamente arrivare?”.
“LO SPECCHIO DEL MONDO, LE RAGIONI DELLA CRISI DELL’ONU”:
E’ IL
TITOLO DEL SAGGIO DEL GIORNALISTA PAOLO MASTROLILLI,
PRESENTATO OGGI ALLA SALA STAMPA ESTERA A ROMA
Conoscere le
ragioni della crisi delle Nazioni Unite per comprendere i conflitti che dividono
il mondo di oggi. E’ quanto si propone il giornalista, nostro collaboratore a
New York, Paolo Mastrolilli, con il saggio “Lo Specchio del mondo”, edito da
Laterza, in libreria in questi giorni. Il libro, ricco di testimonianze
inedite, è stato presentato stamani alla Sala Stampa Estera a Roma, alla
presenza del ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini. Sulla crisi del
Palazzo di Vetro e sugli scenari futuri per le Nazioni Unite, Alessandro Gisotti
ha intervistato Paolo Mastrolilli:
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R. –
L’ONU è il luogo dove si incontrano i governi del mondo, i 191 Paesi rappresentati.
Non è il governo del mondo, ma un luogo dove appunto si discutono le crisi e le
questioni che scuotono il pianeta. Quindi, riflette naturalmente le tensioni
che ci sono, questa fase di incertezza nel passaggio del dopo Guerra Fredda al
nuovo secolo segnato in questo momento dalla guerra al terrorismo. L’ONU
finisce per rispecchiare queste tensioni e queste difficoltà nell’adempiere i
propri compiti.
D. – Nella prima parte del libro
l’attenzione viene concentrata sul fallimento di alcune missioni di peace
keeping: Somalia, Rwanda, Srebrenica. In queste vicende emerge l’impotenza
dell’ONU, ma anche le responsabilità di Potenze interessate più al proprio interesse
nazionale che al bene della pace …
R. – Esatto, in tutte queste
crisi c’è una doppia responsabilità. Una, sicuramente, è quella dell’ONU, della
burocrazia, dei Caschi Blu, degli uomini che lavorano per l’ONU e possono
commettere errori. L’ONU è la somma delle volontà dei Paesi membri. Il
Consiglio di Sicurezza, che prende le decisioni sulla guerra e sulla pace, decide
in base a quello che stabiliscono i Paesi membri.
D. – L’attacco all’Iraq del 2003
ha scosso le fondamenta del Palazzo di Vetro. Tuttavia anche l’intervento
militare in Kosovo, nel 1999, non aveva ricevuto l’avallo del Consiglio di
Sicurezza. Perché, allora, la guerra in Iraq è stata percepita come un colpo
senza precedenti all’autorevolezza delle Nazioni Unite?
R. – La differenza fondamentale
è che nel caso del Kosovo non c’era stato un dibattito alle Nazioni Unite.
L’ONU era stata direttamente scavalcata. Per quanto riguarda l’Iraq, invece,
gli Stati Uniti sono andati all’ONU, hanno chiesto il permesso di attaccare,
non lo hanno ricevuto e questo dibattito ha spaccato la comunità internazionale.
Per questo è stato visto come un particolare colpo all’ONU, perché poi
l’intervento è avvenuto nonostante il Palazzo di Vetro non l’avesse avallato.
D. – Tra veti incrociati,
risoluzioni, agende per il futuro, si discute da anni della riforma delle
Nazioni Unite, in particolare del Consiglio di Sicurezza. E’ una discussione destinata
a rimanere infruttuosa?
R. – E’ una discussione molto importante perché riguarda il
futuro dell’ONU e la sua efficacia. Per quanto riguarda la questione del
Consiglio di Sicurezza, il segretario generale, Kofi Annan, vorrebbe che si
arrivasse ad una conclusione entro settembre quando ci sarà un’Assemblea
generale alla quale parteciperanno i capi di Stato e di governo. E potrebbe
essere presentata presto una risoluzione da parte dei Paesi come Germania e
Giappone, che vorrebbero entrare nel Consiglio di Sicurezza come membri
permanenti. La riforma però è più complessa: non riguarda solamente il
Consiglio di Sicurezza, ci sono tante altre questioni come la definizione del
terrorismo, la guerra preventiva…
D. – Un capitolo del libro viene
dedicato alle relazioni fra Santa Sede e Nazioni Unite. In tale contesto,
Giovanni Paolo II ha segnato, in modo indelebile, i rapporti fra il Palazzo di
Vetro e il Palazzo Apostolico. Quale eredità lascia il Papa polacco all’ONU?
R. – Importantissima. Il Santo
Padre aveva visitato l’ONU e ha lasciato un’impressione molto significativa in
tutti i Paesi membri e nella burocrazia del Palazzo di Vetro. E’ molto
importante sottolineare che la Santa Sede ha sempre spiegato che il suo appoggio
nei confronti dell’ONU nasce dal fatto che il Palazzo di Vetro è l’istituzione
internazionale impegnata a trovare soluzioni pacifiche alle crisi
internazionali basandosi sul rispetto della legge. Questa è una tradizione che
risale all’Enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII ed è un punto
fermo della politica internazionale della Santa Sede.
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GIOVANNI PAOLO II E BENEDETTO
XVI, DUE PAPI NEL SOLCO DI UN FORTE DIALOGO CON L’EBRAISMO: IL RABBINO CAPO
EMERITO DI ROMA,
CHE HA FESTEGGIATO 90 ANNI, FA IL PUNTO SUI
RAPPORTI CON LA CHIESA CATTOLICA
- Intervista con Elio Toaff -
“L’attuale suo genetliaco
diventa occasione per rinnovare l’impegno a continuare il dialogo tra noi,
guardando con fiducia al futuro”. Si conclude con questa frase il messaggio con
il quale Benedetto XVI si è congratulato con il rabbino capo emerito di Roma,
Elio Toaff, per i suoi 90 anni, compiuti domenica scorsa. Un messaggio che è
stato molto gradito, come spiega lo stesso Toaff nell’intervista di Fabio
Colagrande:
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R. – E’
stata per me una grande soddisfazione. Mi sono sentito veramente molto gratificato
da queste espressioni.
D. – Domenica scorsa, c’è stata
una festa molto bella per la celebrazione dei suoi 90 anni. Era presente anche
una folta delegazione da parte della Santa Sede. Un avvenimento in qualche modo
storico, che segna la forte evoluzione del dialogo tra la Chiesa cattolica e la
comunità ebraica…
R. – Sì, è qualcosa cui tenevo
molto, cioè che si approfondissero questi rapporti in maniera che tutti quelli
che erano stati gli inciampi del passato fossero del tutto superati.
D. – Questo segno positivo del
cambiamento può in qualche modo segnare il futuro?
R. – Nel passato, come ho detto,
ci sono state grandi incomprensioni. Ma ora, posso dire, ciò è superato quasi
completamente …
D. – Benedetto XVI ricorda con
gioia l’abbraccio con il quale lei ha accolto nella Sinagoga di Roma Giovanni
Paolo II, il 13 aprile 1986. In questo suo 90° compleanno io credo che lei sia
tornato con la memoria a quella giornata…
R. – Certamente. E’ stato un
episodio che ha cancellato tante di quelle incomprensioni. Ricordo che quando
il Papa mi è venuto incontro e mi ha abbracciato, per me è stato un qualcosa di
veramente inaspettato, che mi ha anche dato l’impressione che fosse nata una
nuova era dei rapporti fra ebraismo e cristianesimo.
D. – Prof. Toaff, uno dei primi
atti ufficiali di Benedetto XVI è stato un messaggio rivolto alla comunità
ebraica di Roma. E’ stato un segno molto forte anche quello…
R. – Certamente ed è stato molto
apprezzato. Il che vuol dire che anche il nuovo Papa è nella scia
dell’insegnamento venuto da Giovanni Paolo II.
D. – Vedere oggi le religioni in
qualche modo unite nelle intenzioni per la pace, per la giustizia, può aprire
veramente una nuova era?
R. – Direi di sì, se tutti
fossero ben disposti a realizzare questo fine, che veramente porterebbe un gran
beneficio all’umanità intera.
D. – Lei ha detto che lo spirito
non invecchia mai. Come si fa, però, a non far invecchiare lo spirito? C’è una
ricetta?
R. – No, non c’è una ricetta,
bisogna soltanto crederci.
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IL 25ESIMO DELL’ORDINAZIONE
EPISCOPALE DEL CARDINALE MARTINI
AL CENTRO DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA STAMANE
NEL SEMINARIO DI VENEGONDO
- Con noi, lo stesso porporato -
Il cardinale Carlo Maria
Martini, arcivescovo emerito di Milano, ha festeggiato il 25.mo anniversario di
ordinazione episcopale nella diocesi che ha guidato per oltre 22 anni. Lo ha
fatto in due momenti: domenica, in Duomo, a Milano, celebrando la solennità dell’Ascensione,
davanti a 5 mila fedeli; questa mattina, in un gremito Seminario di Venegondo,
che ricorda quest’anno il 70.mo anniversario di fondazione, nell’ambito
dell’annuale “Festa dei fiori”, con la presenza di tanti presbiteri. Il
servizio è di Fabio Brenna:
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Il cardinale Dionigi Tettamanzi,
attuale arcivescovo di Milano, ha definito oggi l’episcopato del cardinale
Martini “dono di grazie per tutti i presbiteri” e gli ha chiesto di proseguire
da Gerusalemme nella sua preghiera di intercessione, in particolare per le vocazioni.
Il cardinale Martini è tornato a
raccomandare la sua eredità, lasciata tre anni or sono alla diocesi nel momento
del commiato: praticare la ‘lectio divina’, preghiera orante della Parola di
Dio, e chiedere al Signore il dono del discernimento per saper leggere la vita
quotidiana ed i fatti contemporanei alla luce del Vangelo. E a questo proposito
ha ricordato:
“Si dice giustamente che nel
mondo ci sia molto relativismo, che tutte le cose sono prese come se valessero un
po’ tutte le altre, ma c’è anche un relativismo cristiano che è il leggere
tutte le cose relative a questo momento, nel quale tutta la storia sarà
palesemente giudicata. E allora appariranno le opere degli uomini nel loro vero
valore. Il Signore sarà giudice dei cuori. Ciascuno avrà la sua lode da Dio.
Non saremo più soltanto in ascolto
degli applausi o dei fischi, delle approvazioni o delle disapprovazioni, ma
sarà il Signore a darci il criterio ultimo, definitivo delle cose. Si compirà
il giudizio sulla storia. Si vedrà chi aveva ragione!”.
Per un cristiano, le beatitudini
rimangono poi il faro secondo cui orientare tutte le scelte della vita. Anche
dovendo affrontare il confronto in situazioni difficili, come quelle che
l’arcivescovo emerito sperimenta quotidianamente a Gerusalemme:
“Abbiamo tutti un immenso
bisogno di imparare a vivere insieme come diversi, rispettandoci, non
distruggendoci a vicenda, non ‘ghettizzandoci’, non disprezzandoci e neanche
soltanto tollerandoci, perché sarebbe troppo poco la tolleranza. Ma neanche,
direi, tentando subito la conversione perché questa parola, in certe situazioni
e popoli, suscita muri invalicabili. E allora che cosa? Fermentandoci a vicenda,
in maniera che ciascuno sia portato a raggiungere più profondamente la propria
autenticità, la propria verità, di fronte al mistero di Dio. E per questo non
c’è mezzo più concreto, più accessibile che non le parole di Gesù nel discorso
della montagna”.
Il cardinale Carlo Maria Martini
ha 78 anni. E’ stato nominato arcivescovo di Milano da Giovanni Paolo II il 29
dicembre 1979 e consacrato in San Pietro il 6 gennaio 1980 e nello stesso anno
ha preso possesso della diocesi di Milano, il 20 febbraio, reggendola poi per
oltre 22 anni.
Da Milano, per la Radio
Vaticana, Fabio Brenna.
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IL SERVIZIO DEI GESUITI PER I RIFUGIATI INSIGNITO STAMANI
A ROMA
DEL
PREMIO “ENRIQUE DE LA MATA FOR PEACE 2005”,
“PER
LA STRAORDINARIA OPERA SVOLTA DA 25 ANNI A FAVORE DEI PIÙ BISOGNOSI IN 50 PAESI”
-
Intervista con la dott.ssa Cecilia Bock -
“Accompagnare,
servire e difendere i diritti dei rifugiati e degli sfollati”: è la missione
del JRS, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, insignito oggi a Roma del
premio “Enrique de la Mata for Peace 2005”, “per la straordinaria opera svolta
da 25 anni a favore dei più bisognosi in 50 Paesi e per l’aiuto dato a
innumerevoli persone, in particolare ai bambini”. L’organizzazione offre
sostegno ai rifugiati, attraverso progetti educativi, di generazione del
reddito e di assistenza psicologica, ma non mancano le difficoltà. Al microfono
di Roberta Moretti, Cecilia Bock, coordinatrice internazionale dei programmi
del JRS:
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R. – Il JRS,
interloquendo da una parte con i governi che ospitano questi rifugiati e in
molti altri casi proprio con fazioni di ribelli che si trovano in territori in
cui ci sono questi movimenti di popolazione, spesso si trova proprio in situazioni
di estremo pericolo. Per esempio, due anni fa lo staff del JRS venne rapito da
uno dei fronti rivoluzionari in Colombia. Poi, alla fine, si risolse tutto
bene. Oppure, un’altra situazione analoga in Burundi, in cui un padre gesuita
del JRS, Antonio Bargiggia, perse la vita. Abbiamo poi grandissimi problemi di
logistica, per esempio in Darfur o in Ciad, per far arrivare il materiale didattico
che utilizziamo per le nostre scuole; oppure problemi proprio a livello
organizzativo: ci sono difficoltà enormi.
D. – Il vostro aiuto è rivolto
in particolare ai bambini rifugiati. Quali situazioni incontrate e come
intervenite?
R. – Molto spesso i rifugiati si
trovano in questi campi che sono vere e proprie “prigioni a cielo aperto”: non
riescono a rientrare nel loro luogo di origine perché spesso c’è un conflitto,
però, al tempo stesso, non vengono accolti dai governi dei Paesi in cui si
trovano i campi profughi. Sono dei posti dove, ovviamente, ragazzi e bambini
non hanno niente da fare e questo li porta ad essere molto aggressivi. Molti di
questi bambini, inoltre, sono definiti “unaccompanied”, cioè “non
accompagnati”, perché perdono i genitori durante la fuga dal proprio Paese.
Possono quindi facilmente diventare vittime di reclutamenti da parte di diverse
fazioni militari per la guerriglia... Pensiamo che dare un servizio come quello
dell’educazione sia importante, perché ovviamente è un impegno per il loro
futuro e al tempo stesso è anche uno strumento di protezione!
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10 maggio 2005
UNA NUOVA CHIESA NELLA DIOCESI DI CHITTAGONG NEL
BANGLADESH.
ALLA CERIMONIA DI INAUGURAZIONE HA PRESO PARTE IL
NUNZIO,
MONS. PAUL TSHANG IN-NAM
CHITTAGONG. = La
comunità diocesana di Chittagong celebra i Sacramenti in una nuova chiesa,
inaugurata nei giorni scorsi dall’arcivescovo Paul Tshang In-Nam, nunzio
apostolico in Bangladesh. La nuova chiesa – informa l’agenzia Fides – si trova
nella storica parrocchia di Padrishibpur, nel distretto di Barishal, uno dei
primi siti dove si insediarono i missionari. La prima chiesa fu costruita a
metà del 1700, poi rinnovata agli inizi del 1800 e una seconda volta nel secolo
scorso. Ora è stata ristrutturata ed è a disposizione delle liturgie celebrate
dai fedeli cattolici bengalesi. Alla cerimonia di inaugurazione, il nunzio ha
sottolineato che il Bangladesh, Paese a larga maggioranza islamica, è una
“nazione dove regna l’armonia interreligiosa e le diverse comunità coesistono
pacificamente”. Ha così ricordato i messaggi di solidarietà ricevuti in occasione
della morte di Giovanni Paolo II e gli auguri per l’elezione di Benedetto XVI.
Alla Santa Messa hanno partecipato anche i vescovi delle diverse diocesi del
Paese. E’ seguita una festa del villaggio cui hanno partecipato oltre 2.500
fedeli. Con il 70% della popolazione che vive al di sotto della soglia di
povertà, il Bangladesh è uno dei Paesi più poveri del mondo. La comunità
cattolica è molto vicina agli indigenti, a quanti soffrono la fame
alimentandosi con un pugno di riso. (A.G.)
LE
NAZIONI UNITE AL LAVORO PER PRESTARE AIUTO A 25 MILA RIFUGIATI
NEL
CAMPO PROFUGHI KENYOTA DI DADAAB,
DEVASTATO
DALLE INONDAZIONI DELLO SCORSO APRILE
NAIROBI.
= L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR), in sinergia
con altre agenzie dell’ONU, è impegnato nei lavori di riparazione degli ingenti
danni causati dalle violente piogge e inondazioni abbattutesi alla fine di aprile
sul campo profughi di Dadaab, nel Kenya nord-orientale. Secondo quanto
riferisce un comunicato dell’ACNUR, citato dall’agenzia Fides, nel disastro, un
bambino di quattro anni ha perso la vita e tre dei suoi fratelli sono rimasti
feriti a causa del crollo del tetto del loro alloggio. Complessivamente, hanno
subito danni le abitazioni di circa 25 mila rifugiati somali. La maggioranza
delle abitazioni di Ifo, uno dei tre campi di Dadaab, è crollata o è stata
spazzata via dalle piogge torrenziali di giovedì 28 aprile. Nel distretto di
Isolo (Kenya orientale), almeno 300 famiglie, circa 1500 persone, sono state
costrette a lasciare le loro abitazioni e oltre 300 capi di bestiame sono rimasti
uccisi a causa delle inondazioni. Il PAM, Programma Alimentare Mondiale
dell’ONU, ha già avviato una
distribuzione di aiuti alimentari nel campo profughi. L'ACNUR e le ONG partner
stanno invece distribuendo aiuti non alimentari, come coperte, set di utensili
per cucinare, teli impermeabili e sapone. Fortunatamente, nonostante i timori
di contaminazione delle riserve idriche, gli operatori medici hanno registrato
solo un leggero incremento dei casi di dissenteria. (A.G.)
“UN’ALLEANZA DI CIVILTA’”. E’ QUELLA AUSPICATA DA
22 PAESI ARABI
E 12 LATINO AMERICANI CHE SI INCONTRERANNO OGGI A
BRASILIA
NEL PRIMO VERTICE POLITICO- ECONOMICO
BRASILIA. = Si apre oggi a
Brasilia il primo vertice politico-economico tra Paesi arabi e latinoamericani,
fortemente voluto dal presidente brasiliano, Luis Inacio Lula Da Silva. Vi
partecipano 60 ministri e più di 800 imprenditori di 22 Paesi della Lega Araba
e 12 latino-americani. Secondo Celso Amorim, ministro degli Esteri brasiliano,
si tratta di una vera e propria “alleanza di civiltà”. Il ministro ha detto
inoltre che “l’America Latina ha sempre avuto rapporti intensi con l’Europa e
gli Stati Uniti, recentemente anche con il Giappone, ma piuttosto scarsi con i
Paesi arabi”. Lo scopo del vertice è quello di sancire una forte intesa
commerciale tra i diversi Stati, ma anche di riflettere su posizioni più
orientate alla sfera politica. E’ presente a Brasilia anche il presidente
dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas, e si pensa che dall’incontro
possa emergere un testo riguardante la situazione mediorientale. Nel 2004, le
esportazioni e le importazioni tra Brasile e Stati arabi hanno superato gli 8
miliardi di dollari, con un aumento del 50% rispetto all’anno precedente. Al
vertice, che dovrebbe avere cadenza annuale, si discuterà anche di MERCOSUR, il
Mercato comune latino americano del cosiddetto “cono del sud”. (M.V.S.)
ACCORDO TRA REPUBBLICA
DOMINICANA E HAITI
PER UNA COOPERAZIONE NEL CONTROLLO DELLE MALATTIE
ENDEMICHE.
NELL’AREA, SONO DECINE DI MIGLIAIA I CONTAGIATI
DALL’AIDS E DALLE FEBBRI EMORRAGICHE
SANTO
DOMINGO. = Le autorità della Repubblica Dominicana e di Haiti hanno sottoscritto
un accordo per cooperare nel controllo delle malattie endemiche che affliggono
migliaia di persone in entrambi i Paesi. Una parte rilevante nel progetto, che
prevede particolare attenzione verso malattie come dengue, tubercolosi, malaria
e HIV/AIDS - avrà l’Organizzazione panamericana per la salute (OPS) che,
riferisce la MISNA, metterà a disposizione delle autorità sanitarie dei due
governi strumenti e conoscenze. Il ministro della Salute di Haiti, Josette
Bijou, al termine della cerimonia per la firma dell’accordo ha espresso
particolare preoccupazione per la recrudescenza dell’Hiv/Aids e della tubercolosi
nel suo Paese, oltre che per il tasso di mortalità materna e infantile. Secondo
il Fondo dell’Onu per l’infanzia (UNICEF), alla fine del 2003 erano più di
60.000 gli haitiani infettati dall’Hiv/Aids, 19.000 dei quali minori; un dato
preoccupante ma in linea con l’età media molto bassa della popolazione di Haiti
(il 40% degli haitiani ha meno di 15 anni). A questo si aggiunga che il tasso
di mortalità infantile alla nascita, nel Paese caraibico, è dell’83 per mille e
che ogni anno muoiono 138.000 bambini con meno di 5 anni. Dengue e malaria
preoccupano invece di più la Repubblica Dominicana, che vede però soprattutto
in questo accordo la possibilità di limitare la penetrazione delle malattie
endemiche haitiane sul suo territorio, così da non compromettere il turismo,
fondamentale fonte di introiti in valuta pregiata per uno Stato con un debito
pubblico enorme.
INIZIATIVE DEL MOVIMENTO OASI A 15 ANNI DALLA
MORTE DEL SUO FONDATORE,
PADRE
VIRGINIO ROTONDI
- A cura di Giovanni Peduto -
CASTEL GANDOLFO. = Per celebrare
il 15.mo anniversario della morte di padre Virginio Rotondi, il gesuita che a
partire dagli anni ’60, grazie alla rubrica radiofonica “Ascolta, si fa sera” e
ad una serie di rubriche tenute su una serie di riviste e quotidiani, portò la
Parola di Dio nelle case di milioni di italiani, il Movimento Oasi, l’Istituto
secolare “Ancilla Domini” e la Fondazione padre Virginio Rotondi organizzano
una “tre giorni” di riflessione dedicata alla sua figura e alla sua spiritualità.
L’appuntamento è in programma a partire da venerdì 13, anniversario della morte
di padre Rotondi, fino a domenica 15 maggio, al Centro internazionale Movimento
Oasi di Castel Gandolfo (Roma), Via dei Laghi km 8.5, e vedrà confrontarsi una
serie di personalità di spicco, autorità religiose e civili e, soprattutto,
numerosi amici che ricorderanno la figura, l’opera e la spiritualità di padre
Virginio Rotondi. Tra gli autorevoli relatori, il presidente emerito del
Pontificio Consiglio per la pastorale della salute, il cardinale Fiorenzo
Angelini; il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta; il
professor Franco Splendori, direttore generale dell’Agenzia di Sanità Pubblica
della Regione Lazio; il professor Vincenzo Saraceni, ex assessore alla Sanità
della Regione Lazio, e don Giovanni d’Ercole, il religioso che ha raccolto
l’eredità “comunicativa” di padre Rotondi, intervenendo a numerose trasmissioni
televisive nazionali. Nell’occasione sarà celebrato anche il 55.mo anniversario
di fondazione del Movimento Oasi, fondato da padre Virginio Rotondi per servire
silenziosamente la Chiesa in numerose nazioni. Il movimento offre ai giovani,
soprattutto liceali, azioni formative volte all’accrescimento personale e corsi
vocazionali.
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10 maggio 2005
- A cura di Eugenio Bonanata -
“Continua il processo per formare una grande Europa unita”.
Con queste parole il presidente russo Vladimir Putin ha aperto al Cremlino il
vertice semestrale con l’Ue, che dovrebbe concludersi con la firma di un vasto
accordo strategico di cooperazione. “Approvare quest’accordo - ha sottolineato
Putin - permetterà di fare importanti progressi nella formazione di una grande
Europa, assicurando uno sviluppo ancora più dinamico dei rapporti tra la Russia
e l’UE”. Il leader del Cremlino ha rimarcato che malgrado divergenze su una
serie di questioni, Russia e Unione Europea “riescono a trovare soluzioni concrete
reciprocamente accettabili”. In questo quadro si colloca l’auspicio per una più
stretta alleanza contro il terrorismo.
Ieri, il presidente russo ha
esortato il mondo a non permettere mai più che ritorni la guerra fredda. In
occasione del 60.mo anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale, Mosca,
blindata per la parata sulla Piazza Rossa, ha accolto oltre 50 capi di Stato e
di Governo. Bush e Putin si sono detti concordi nell’affermare che “la minaccia
reale da affrontare è il terrorismo”.
Intanto, il presidente americano
George Bush completa oggi a Tbilisi, capitale della Georgia, il suo viaggio
intrapreso in occasione del 60.mo anniversario della vittoria alleata sul
nazismo e il fascismo. Con il presidente georgiano Saakashvili, ha discusso
l’adesione del Paese alla Nato. Bush, ha detto inoltre che la Rivoluzione delle
Rose georgiana ha ispirato altri Paesi, con riferimento implicito, nell’ex
Unione Sovietica, a Ucraina e Kirghizistan. Infine, ha auspicato che la Russia
riconosca che è un vantaggio avere come vicini Paesi democratici. Nel pomeriggio,
il presidente americano partirà da Tbilisi e, nella notte tra martedì e
mercoledì, ora italiana, farà ritorno alla Casa Bianca.
“Oggi possiamo commemorare
un’Europa riunificata e non ampliata”, dopo Yalta che spezzò in due il
continente. Il presidente del Parlamento europeo, Josep Borrel Fontelles, ieri
ha voluto così solennemente celebrare il 9 maggio, festa dell’Europa, che
quest’anno ha coinciso con la commemorazione del 60.mo della fine della Seconda
Guerra Mondiale e anche con il primo anniversario dello storico allargamento
dell’Unione Europea a Paesi dell’Europa dell’est. Il servizio di Giovanni Del
Re:
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Tre avvenimenti di natura
diversa - ha affermato il presidente - ma collegati tra loro. Il tema del
diverso destino delle due Europe, a Ovest, all’insegna della democrazia e del
benessere; a Est, sotto la dittatura, è in realtà un leitmotiv di questa
celebrazione. “La fine della guerra portò la pace e la libertà ad una metà del
continente”, ha infatti affermato Borrel; “l’altra fu vittima di un nuovo
ordine mondiale, scaturito da Yalta”. Del resto, il ricordo della storia
dell’Europa del XX secolo deve tener vivo l’impegno di pace, filo rosso
dell’integrazione europea. Oggi - ha infatti proseguito Borrel - è una buona
opportunità per ricordare insieme il nostro dovere di memoria collettiva e di
farlo soprattutto con le nuove generazioni che non hanno conosciuto la guerra.
Il messaggio – ha concluso il presidente del Parlamento europeo – che dobbiamo
inviare a tutta l’Europa e al mondo intero, celebrando il 60.mo anniversario
della fine della guerra e l’inizio dell’avventura dell’Unione Europea,
dev’essere l’impegno a proseguire nella lotta per i valori della pace, della
giustizia e della tolleranza. Non solo per l’Europa, ma per il mondo intero.
Da Bruxelles, Giovanni Del Re,
ADNK.
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Dopo
una gestazione durata 17 anni e due anni di lavori per la costruzione, viene
inaugurato oggi a Berlino il Memoriale alle vittime dell'Olocausto, primo luogo
della memoria per gli ebrei europei sterminati durante il nazismo costruito in
Germania dopo l'unificazione tedesca. Si tratta di un immenso campo ricoperto
di stele di cemento.
Ancora
violenze nella capitale irachena per lo scoppio di due autobomba. Secondo un
bilancio provvisorio, 10 morti e 30 feriti. La prima è scoppiata in pieno
centro, mentre l’altra ha colpito il comando della polizia fluviale lungo le
sponde del Tigri, nella zona sud di Baghdad. Intanto l’esercito americano ha
reso nota la morte di un soldato americano di ieri nei pressi di Falluja. Il
tutto all’indomani del durissimo attacco americano contro la guerriglia del
terrorista giordano, Al Zarqawi, nella provincia di Anbar. Sul fronte politico
l’Assemblea nazionale irachena ha approvato a Baghdad la composizione della
Commissione incaricata della stesura della nuova Costituzione che dovrebbe
essere approvata entro il prossimo agosto per poi essere sottoposta a
referendum prima delle elezioni legislative previste per dicembre prossimo.
E ci
spostiamo in Afghanistan dove il super ricercato mullah Omar, leader dei taleban,
ha risposto con un no secco ad un’offerta di amnistia che gli era stata
avanzata ieri da un esponente del governo Karzai. Oggi, un portavoce dei
taleban ha fatto sapere ai giornalisti che il suo capo non solo rifiuta
qualsiasi offerta di amnistia ma esorta i militanti fondamentalisti a
proseguire la loro guerra contro gli americani e il governo di Kabul.
Sempre
alta la tensione in Medio Oriente. Sette poliziotti israeliani sono rimasti
feriti ieri a Gerusalemme durante tafferugli con un gruppo di dimostranti
palestinesi. Le forze dell’ordine cercavano di limitare l’accesso alla Spianata
delle Moschee per evitare che i palestinesi si scontrassero con alcuni
estremisti ebrei. Intanto, il premier israeliano Sharon ha annunciato l’avvio
del ritiro di Israele dalla Striscia di Gaza per metà agosto. Tuttavia, il
ministro degli Esteri israeliano Shalom, ha precisato che se Hamas dovesse vincere
le elezioni presidenziali palestinesi di luglio, bisognerà ripensare
l’avviamento del piano di disimpegno.
L’Iran
sembra deciso a riprendere entro pochi giorni le attività di arricchimento
dell’uranio per la produzione di energia. Dunque, il parlamento iraniano non
intende ratificare il protocollo addizionale al Trattato di non proliferazione
nucleare (TNP). La firma del protocollo era stata decisa da Teheran in un
accordo raggiunto nell’ottobre del 2003 con Francia, Germania e Gran Bretagna
per favorire le trattative bilaterali sul programma nucleare iraniano. Intanto,
diverse decine di persone hanno presentato stamane le loro candidature alle
elezioni presidenziali in Iran, nelle prime due ore delle operazioni di registrazione
presso il ministero dell’Interno. Le candidature possono essere ufficialmente
presentate fino al prossimo 14 maggio. Una settimana dopo il Consiglio dei
Guardiani, la corte costituzionale che ha l’autorità di effettuare il vaglio
dei candidati, annuncerà i nomi degli ammessi alla corsa elettorale.
In
Italia nuova netta affermazione del centro-sinistra nella tornata elettorale
amministrativa che ha chiamato alle urne oltre due milioni di elettori in tre
regioni a Statuto speciale: Trentino, Val d’Aosta e Sardegna. In leggero calo
l’affluenza alle urne. Il servizio di Giampiero Guadagni:
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L’Unione di centrosinistra ha
confermato i sindaci di Aosta e Trento; Ballottaggio invece a Bolzano tra il
sindaco uscente, di centrosinistra, e lo sfidante di centrodestra, attualmente
in vantaggio. Spoglio in rilento in Sardegna, dove comunque l’Unione vince al
primo turno in sei province su otto: Cagliari, Nuoro, Sassari, Carbonia,
Campidanu e Ogliastra. Il centrodestra vince ad Oristano, ballottaggio ad
Olbia. Esulta il centrosinistra: il leader DS, Fassino, parla di un altro
sfondamento elettorale, mentre sull’altro fronte Volonté, UDC, sottolinea il
grave disagio dell’elettorato verso la Casa delle Libertà.
Per la Radio Vaticana, Giampiero
Guadagni.
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Si
dicono innocenti i due rwandesi comparsi ieri davanti alla Corte d’Assise di
Bruxelles con l’accusa di aver favorito l’uccisione di circa 800 mila persone
in Rwanda, nel 1994. Dopo oltre dieci anni di inchiesta, la Corte si pronuncerà
secondo il principio di 'competenza universale' nel giudicare gli autori di
crimini contro l'umanità come vuole una legge del 1993.
Ieri,
in un villaggio della Cina centrale un’esplosione di dinamite, conservata
illegalmente, ha distrutto diverse abitazioni, uccidendo 14 persone. Esplosivi
e fuochi d'artificio prodotti e conservati illegalmente provocano centinaia di
vittime oggi anno nelle zone rurali della Cina. A marzo, nel Nord del Paese,
l’esplosione in un villaggio uccise 20 bambini di una scuola elementare, in
seguito al crollo del tetto della scuola.
E’ di
dieci morti il bilancio di alcuni scontri armati avvenuti tra esercito e guerriglieri
delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia nella zona a Nord ovest del Paese.
Lo ha riferito il capo delle operazioni militari della quarta brigata
dell’Esercito, il colonnello Jorge Segura.
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