RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 130 - Testo della trasmissione di martedì10 maggio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:   

Dagli orrori della Seconda Guerra Mondiale il monito per non ripetere i tragici errori. Compito delle Nazioni Unite: ripristinare il ‘diritto dopo la guerra’ ed affermare la pace durevole: intervento dell’Osservatore permanente della Santa Sede all’ONU, arcivescovo Celestino Migliore

 

Presa di possesso del cardinale Arinze del titolo della chiesa suburbicaria di Velletri-Segni.

 

IN PRIMO PIANO:

Sulla sentenza ieri di primo grado del processo contro la radio vaticana per presunto inquinamento elettromagnetico, la nota del nostro direttore dei programmi, padre Federico Lombardi

 

“Lo specchio del mondo, le ragioni della crisi dell’ONU”: è il titolo del saggio del nostro collaboratore a New York, Paolo Mastrolilli, presentato oggi a Roma. Intervista con l’autore

 

Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, due Papi in forte dialogo con l’ebraismo: il rabbino capo emerito di Roma, Elio Toaff, che ha festeggiato 90 anni, parla dei rapporti con la Chiesa cattolica

 

Il 25.mo dell’ordinazione episcopale del cardinal Martini al centro della Messa nel Seminario di Venegondo che festeggia il 70.mo di fondazione

 

Al Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati il premio “Enrique de La Mata for peace 2005”, “per l’opera straordinaria, da 25 anni, a favore dei più bisognosi in 50 Paesi”. Con noi la dott.ssa Cecilia Bock.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Inaugurata una nuova chiesa nella diocesi di Chittagong nel Bangladesh

 

L’ONU al lavoro per prestare aiuto a 25 mila rifugiati nel campo profughi kenyota di Dadaab, devastato dalle inondazioni dello scorso aprile

 

‘Un’alleanza di civiltà’ è quella auspicata da 22 Paesi Arabi e 12 latino americani che si incontreranno oggi a Brasilia nel primo vertice politico-economico

 

Accordo tra Repubblica Dominicana e Haiti per una cooperazione nel controllo delle malattie endemiche

 

Diverse le iniziative del movimento Oasi per celebrare il 15.mo anniversario dalla morte del suo fondatore, padre Virginio Rotondi.

 

24 ORE NEL MONDO:

“Mai più guerra fredda”: dopo le parole ieri di Putin, a Mosca il vertice Russia-UE. Mentre Bush è in Georgia

 

A Baghdad almeno 10 morti e trenta feriti per l’esplosione di due autobomba

 

In Italia nuova netta affermazione del centro-sinistra in tre regioni a Statuto speciale: Trentino, Val d’Aosta e Sardegna.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

10 maggio 2005

 

 

DAGLI ORRORI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE IL MONITO A CAPIRE

PER NON RIPETERE I TRAGICI ERRORI. IL COMPITO PRIMARIO DELLE NAZIONI UNITE

DI RIPRISTINARE IL ‘DIRITTO DOPO LA GUERRA’ ED AFFERMARE LA PACE DUREVOLE:

INTERVENTO DELL’OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE ALL’ONU

 

“Non vi è alcun dubbio che sia stato un terribile conflitto e che sia giusto e saggio ricordare che sia stata la peggiore fra le varie inutili catastrofi per mano dell’uomo, che ha reso il ventesimo secolo uno dei più dolorosi che l’umanità abbia conosciuto”: così l’arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, intervenuto ieri, nel Palazzo di Vetro dell’ONU a New York, alla commemorazione del 60.mo anniversario della fine della Seconda Guerra mondiale. In questa occasione sono state proclamate due Giornate, l’8 e 9 maggio, dedicate alla rimembranza e alla riconciliazione. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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“Molte voci – ha osservato l’arcivescovo Migliore – ci ammoniscono dal non dimenticare”, chiedendoci di capire a fondo le ragioni che hanno indotto i tragici errori del passato. 

 

Anzitutto il presule ha citato quali radici della Seconda Guerra mondiale l’esaltazione dello Stato e della razza, e la superba autosufficienza di un’umanità, basata sulla manipolazione della scienza, della tecnologia  e della forza, dove il ruolo della Legge non era più veicolo per l’applicazione della giustizia. Tutto ciò ci insegna - ha sottolineato mons. Migliore - che “quando l’uomo perde il senso delle sue aspirazioni trascendenti, immediatamente riduce se stesso e gli altri ad un oggetto, un numero e perfino una semplice merce.”

 

In secondo luogo, il rappresentante della Santa Sede ha osservato “che seppure noi accettiamo che in determinate circostanze, l’uso ristretto e condizionato della forza possa essere inevitabile per adempiere alla responsabilità di proteggere uno Stato o la comunità internazionale, noi siamo chiamati ad essere abbastanza realistici da riconoscere che risoluzioni pacifiche siano possibili e nessun sforzo dovrebbe essere risparmiato per raggiungerle”.

 

In terzo luogo - ha aggiunto l’arcivescovo - occorre oggi portare l’attenzione non tanto, come nel passato, sul ‘diritto alla guerra’ e al ‘diritto in guerra’, ma piuttosto sul ‘diritto dopo la guerra’, ossia “su come raggiungere velocemente ed effettivamente il ristabilimento della giustizia e la pace durevole, che è il solo ammissibile obiettivo per l’uso della forza”.

 

Infine l’ultima considerazione riguardo la recente “nuova enfasi” che è stata data al possibile ruolo di pace dell’ONU. La Santa Sede – ha detto mons. Migliore – condivide la preoccupazione del Segretario generale perché il sistema delle Nazioni Unite raccolga pienamente la sfida di aiutare i Paesi portandoli dalla guerra alla pace durevole. Questa infatti la condizione sine qua non che dà significato all’esistenza stessa delle Nazioni Unite.

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PRESA DI POSSESSO DEL CARDINALE ARINZE DEL TITOLO

DELLA CHIESA SUBURBICARIA DI VELLETRI-SEGNI

 

Domenica 22 maggio, solennità della Santissima Trinità, alle ore 18.30, il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, prenderà possesso del titolo della Chiesa Suburbicaria di Velletri - Segni nella Cattedrale di Velletri. Lo rende noto l’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice.

 

 

NOMINE

 

Negli Stati Uniti, Benedetto XVI ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Baltimora mons. Denis James Madden, del clero della medesima arcidiocesi, segretario generale aggiunto della “Catholic Near East Welfare Association” a New York, assegnandogli la sede titolare vescovile di Baia.

 

Sempre negli Stati Uniti, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Birmingham in Alabama, presentata da mons. David E. Foley, per sopraggiunti limiti d’età.

 

In Nicaragua, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Jinotega, presentata da mons. Pedro Lisímaco de Jesús Vílchez Vílchez, per sopraggiunti limiti d’età. Il Santo Padre ha nominato suo successore padre Carlos Enrique Herrera Gutiérrez, dell’Ordine dei Frati Minori, finora Parroco di San Rafael del Norte, nella stesa diocesi di Jinotega.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina l’Iraq, dove continuano – in particolare a Baghdad – i sanguinosi atti di violenza.

 

Nelle vaticane, due pagine dedicate alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia.

 

Nelle estere, l’intervento della Santa Sede alla VII Conferenza di esame del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari.

Per la rubrica dell’”Atlante geopolitico”, un articolo di Giuseppe Fiorentino dal titolo “Colombia: le ‘Farc’ e la sfida allo Stato”.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Angelo Mundula dal titolo “L’orologio più giusto è il cuore dell’uomo”: la dimensione del tempo.

Per l’”Osservatore libri” un articolo di Giulio Colombi dal titolo “Un prezioso scrigno di fede e di spiritualità”: il volume “Santorale bresciano con testi di meditazioni di Paolo VI”.

 

Nelle pagine italiane, la Dichiarazione della Radio Vaticana dopo l’emanazione della sentenza di primo grado del processo per l’accusa di inquinamento elettromagnetico. La dichiarazione preannuncia l’impugnazione in sede di appello di tale sentenza.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

10 maggio 2005

 

 

SULLA SENTENZA IERI DI PRIMO GRADO DEL PROCESSO INTENTATO

CONTRO LA RADIO VATICANA PER PRESUNTO INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO,

LA NOTA DEL NOSTRO DIRETTORE DEI PROGRAMMI

- Con noi, lo stesso padre Federico Lombardi -

 

Il giudice Luisa Martone, del Tribunale di Roma, ha emesso ieri la sentenza di primo grado del processo intentato contro la Radio Vaticana per presunto inquinamento elettromagnetico. La sentenza dispone la condanna a 10 giorni di arresto, con sospensione della pena, per il Padre Borgomeo, Direttore Generale della Radio, e per il card. Roberto Tucci, presidente del Comitato di gestione della Radio fino al 2000, assolve invece l’ing. Pacifici, vice direttore tecnico. La condanna comprende anche il pagamento delle spese processuali, mentre un risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili dovrebbe essere liquidato in separata sede. La nota del nostro direttore dei Programmi, Padre Federico Lombardi:

 

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Rimandando una valutazione più approfondita alla pubblicazione delle motivazioni della sentenza – prevista entro 90 giorni - la Direzione della Radio esprime rincrescimento per il fatto che le sue posizioni non siano state riconosciute valide e accolte dal Tribunale, e pur apprezzando l’assoluzione di uno degli imputati, si riserva di impugnare in sede di appello una sentenza che ritiene chiaramente ingiustificata sia per considerazioni di diritto, sia per motivi di fatto.

 

In ogni caso, è opportuno ricordare brevemente gli antefatti che hanno portato alla sentenza odierna.

 

Nel corso del 2001 l’attività del Centro Trasmittente della Radio Vaticana sito presso Santa Maria di Galeria, a Nord di Roma, era diventata oggetto di vivaci polemiche, a nostro avviso del tutto ingiustificate. Il contenzioso verteva sulla osservanza o meno delle nuove normative italiane sulle emissioni elettromagnetiche. Il problema fu affrontato e risolto prima dell’estate di quell’anno nel quadro delle trattative fra Italia e Santa Sede svolte in una apposita Commissione bilaterale. Ciononostante alcune associazioni ambientalistiche, comitati e persone residenti nella zona introdussero contro la Radio Vaticana una causa penale, con l’accusa di aver diffuso “radiazioni elettromagnetiche atte ad offendere o molestare persone residenti nelle aree circostanti, arrecando alle stesse disagio, disturbo, fastidio e turbamento”. A tre dirigenti dell’Emittente venne imputato il reato di “getto pericoloso di cose”, in violazione all’art. 674 del Codice Penale.

 

Di qui il processo, che in una prima fase si concluse il 19 febbraio 2002 con la dichiarazione, da parte del Giudice, di non doversi procedere per difetto di giurisdizione, in forza del Trattato Lateranense, riconoscendo la Radio Vaticana come Ente Centrale della Chiesa Cattolica. Una successiva sentenza della Corte di Cassazione, il 9 aprile 2003, non accoglieva tuttavia tale interpretazione, e rinviava quindi la causa al Tribunale.Il 23 ottobre dello stesso anno iniziava quindi una nuova fase del processo, durata un anno e mezzo, che dopo numerose udienze è giunta a conclusione con la sentenza di oggi.

 

Come da noi spiegato molte volte in questi anni e ribadito dalla difesa nel corso del processo, la Radio Vaticana ha sempre svolto la sua attività nel quadro degli accordi internazionali esistenti con l’Italia relativi al Centro trasmittente di Santa Maria di Galeria, si è sempre attenuta alle raccomandazioni internazionali in materia di emissioni elettromagnetiche anche prima della esistenza di normative italiane, e dal 2001, in seguito all’accordo con il Governo italiano, rispetta attentamente i limiti previsti dalla nuova normativa italiana, attualmente vigente, come dimostrano le misurazioni svolte per mandato della Commissione bilaterale dalle istituzioni pubbliche italiane più competenti e attrezzate in materia. Essendo tale normativa assai restrittiva, non vi è alcun motivo giustificato di preoccupazione da parte della popolazione.

 

Confidiamo che la giustizia italiana, nei successivi gradi di giudizio, riconoscerà alla fine la correttezza dei comportamenti della Direzione dell’Emittente, e contribuirà così a sgombrare l’orizzonte dalle ombre che per troppo lungo tempo hanno recato danno alla sua buona reputazione e hanno contribuito ad alimentare nella popolazione timori infondati.

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Da parte sua, il quotidiano Avvenire scrive che “la sentenza con cui un giudice romano ha ritenuto di condannare ‘esemplarmente’ Radio Vaticana ha dell’incredibile. E a prescindere da questioni – che non interessa qui riproporre – di diritto internazionale”. Ancora si legge: “E’ assodato, infatti, nonostante tutti i tentativi di nascondere questa verità, che l’emittente ha sempre operato non solo nel pieno rispetto delle norme italiane di legge, ma anche auto-imponendosi i più severi dei limiti e delle regole vigenti a livello internazionale. Ma la condanna, che verrà ovviamente impugnata, si basa paradossalmente su questo rigoroso “stare nella legge” e viene costruita “per analogia” intorno all’idea di un presunto “getto pericoloso di cose” (le onde radio) fuori dai recinti dell’emittente. Due domande. Era davvero necessario arrivare a tanto? O bisogna concludere che a tanto si è voluti deliberatamente arrivare?”.

 

 

“LO SPECCHIO DEL MONDO, LE RAGIONI DELLA CRISI DELL’ONU”:

E’ IL TITOLO DEL SAGGIO DEL GIORNALISTA PAOLO MASTROLILLI,

PRESENTATO OGGI ALLA SALA STAMPA ESTERA A ROMA

 

Conoscere le ragioni della crisi delle Nazioni Unite per comprendere i conflitti che dividono il mondo di oggi. E’ quanto si propone il giornalista, nostro collaboratore a New York, Paolo Mastrolilli, con il saggio “Lo Specchio del mondo”, edito da Laterza, in libreria in questi giorni. Il libro, ricco di testimonianze inedite, è stato presentato stamani alla Sala Stampa Estera a Roma, alla presenza del ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini. Sulla crisi del Palazzo di Vetro e sugli scenari futuri per le Nazioni Unite, Alessandro Gisotti ha intervistato Paolo Mastrolilli:

 

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R. – L’ONU è il luogo dove si incontrano i governi del mondo, i 191 Paesi rappresentati. Non è il governo del mondo, ma un luogo dove appunto si discutono le crisi e le questioni che scuotono il pianeta. Quindi, riflette naturalmente le tensioni che ci sono, questa fase di incertezza nel passaggio del dopo Guerra Fredda al nuovo secolo segnato in questo momento dalla guerra al terrorismo. L’ONU finisce per rispecchiare queste tensioni e queste difficoltà nell’adempiere i propri compiti.

 

D. – Nella prima parte del libro l’attenzione viene concentrata sul fallimento di alcune missioni di peace keeping: Somalia, Rwanda, Srebrenica. In queste vicende emerge l’impotenza dell’ONU, ma anche le responsabilità di Potenze interessate più al proprio interesse nazionale che al bene della pace …

 

R. – Esatto, in tutte queste crisi c’è una doppia responsabilità. Una, sicuramente, è quella dell’ONU, della burocrazia, dei Caschi Blu, degli uomini che lavorano per l’ONU e possono commettere errori. L’ONU è la somma delle volontà dei Paesi membri. Il Consiglio di Sicurezza, che prende le decisioni sulla guerra e sulla pace, decide in base a quello che stabiliscono i Paesi membri.

 

D. – L’attacco all’Iraq del 2003 ha scosso le fondamenta del Palazzo di Vetro. Tuttavia anche l’intervento militare in Kosovo, nel 1999, non aveva ricevuto l’avallo del Consiglio di Sicurezza. Perché, allora, la guerra in Iraq è stata percepita come un colpo senza precedenti all’autorevolezza delle Nazioni   Unite?

 

R. – La differenza fondamentale è che nel caso del Kosovo non c’era stato un dibattito alle Nazioni Unite. L’ONU era stata direttamente scavalcata. Per quanto riguarda l’Iraq, invece, gli Stati Uniti sono andati all’ONU, hanno chiesto il permesso di attaccare, non lo hanno ricevuto e questo dibattito ha spaccato la comunità internazionale. Per questo è stato visto come un particolare colpo all’ONU, perché poi l’intervento è avvenuto nonostante il Palazzo di Vetro non l’avesse avallato.

 

D. – Tra veti incrociati, risoluzioni, agende per il futuro, si discute da anni della riforma delle Nazioni Unite, in particolare del Consiglio di Sicurezza. E’ una discussione destinata a rimanere infruttuosa?

 

R. – E’ una discussione molto importante perché riguarda il futuro dell’ONU e la sua efficacia. Per quanto riguarda la questione del Consiglio di Sicurezza, il segretario generale, Kofi Annan, vorrebbe che si arrivasse ad una conclusione entro settembre quando ci sarà un’Assemblea generale alla quale parteciperanno i capi di Stato e di governo. E potrebbe essere presentata presto una risoluzione da parte dei Paesi come Germania e Giappone, che vorrebbero entrare nel Consiglio di Sicurezza come membri permanenti. La riforma però è più complessa: non riguarda solamente il Consiglio di Sicurezza, ci sono tante altre questioni come la definizione del terrorismo, la guerra preventiva…

 

D. – Un capitolo del libro viene dedicato alle relazioni fra Santa Sede e Nazioni Unite. In tale contesto, Giovanni Paolo II ha segnato, in modo indelebile, i rapporti fra il Palazzo di Vetro e il Palazzo Apostolico. Quale eredità lascia il Papa polacco all’ONU?

 

R. – Importantissima. Il Santo Padre aveva visitato l’ONU e ha lasciato un’impressione molto significativa in tutti i Paesi membri e nella burocrazia del Palazzo di Vetro. E’ molto importante sottolineare che la Santa Sede ha sempre spiegato che il suo appoggio nei confronti dell’ONU nasce dal fatto che il Palazzo di Vetro è l’istituzione internazionale impegnata a trovare soluzioni pacifiche alle crisi internazionali basandosi sul rispetto della legge. Questa è una tradizione che risale all’Enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII ed è un punto fermo della politica internazionale della Santa Sede.

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GIOVANNI PAOLO II E BENEDETTO XVI, DUE PAPI NEL SOLCO DI UN FORTE DIALOGO CON L’EBRAISMO: IL RABBINO CAPO EMERITO DI ROMA,

CHE HA FESTEGGIATO 90 ANNI, FA IL PUNTO SUI RAPPORTI CON LA CHIESA CATTOLICA

- Intervista con Elio Toaff -

 

“L’attuale suo genetliaco diventa occasione per rinnovare l’impegno a continuare il dialogo tra noi, guardando con fiducia al futuro”. Si conclude con questa frase il messaggio con il quale Benedetto XVI si è congratulato con il rabbino capo emerito di Roma, Elio Toaff, per i suoi 90 anni, compiuti domenica scorsa. Un messaggio che è stato molto gradito, come spiega lo stesso Toaff nell’intervista di Fabio Colagrande:

 

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R. – E’ stata per me una grande soddisfazione. Mi sono sentito veramente molto gratificato da queste espressioni.

 

D. – Domenica scorsa, c’è stata una festa molto bella per la celebrazione dei suoi 90 anni. Era presente anche una folta delegazione da parte della Santa Sede. Un avvenimento in qualche modo storico, che segna la forte evoluzione del dialogo tra la Chiesa cattolica e la comunità ebraica…

 

R. – Sì, è qualcosa cui tenevo molto, cioè che si approfondissero questi rapporti in maniera che tutti quelli che erano stati gli inciampi del passato fossero del tutto superati.

 

D. – Questo segno positivo del cambiamento può in qualche modo segnare il futuro?

 

R. – Nel passato, come ho detto, ci sono state grandi incomprensioni. Ma ora, posso dire, ciò è superato quasi completamente …

 

D. – Benedetto XVI ricorda con gioia l’abbraccio con il quale lei ha accolto nella Sinagoga di Roma Giovanni Paolo II, il 13 aprile 1986. In questo suo 90° compleanno io credo che lei sia tornato con la memoria a quella giornata…

 

R. – Certamente. E’ stato un episodio che ha cancellato tante di quelle incomprensioni. Ricordo che quando il Papa mi è venuto incontro e mi ha abbracciato, per me è stato un qualcosa di veramente inaspettato, che mi ha anche dato l’impressione che fosse nata una nuova era dei rapporti fra ebraismo e cristianesimo.

 

D. – Prof. Toaff, uno dei primi atti ufficiali di Benedetto XVI è stato un messaggio rivolto alla comunità ebraica di Roma. E’ stato un segno molto forte anche quello…

 

R. – Certamente ed è stato molto apprezzato. Il che vuol dire che anche il nuovo Papa è nella scia dell’insegnamento venuto da Giovanni Paolo II.

 

D. – Vedere oggi le religioni in qualche modo unite nelle intenzioni per la pace, per la giustizia, può aprire veramente una nuova era?

 

R. – Direi di sì, se tutti fossero ben disposti a realizzare questo fine, che veramente porterebbe un gran beneficio all’umanità intera.

 

D. – Lei ha detto che lo spirito non invecchia mai. Come si fa, però, a non far invecchiare lo spirito? C’è una ricetta?

 

R. – No, non c’è una ricetta, bisogna soltanto crederci.

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IL 25ESIMO DELL’ORDINAZIONE EPISCOPALE DEL CARDINALE MARTINI

AL CENTRO DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA STAMANE

NEL SEMINARIO DI VENEGONDO

- Con noi, lo stesso porporato -

 

Il cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano, ha festeggiato il 25.mo anniversario di ordinazione episcopale nella diocesi che ha guidato per oltre 22 anni. Lo ha fatto in due momenti: domenica, in Duomo, a Milano, celebrando la solennità dell’Ascensione, davanti a 5 mila fedeli; questa mattina, in un gremito Seminario di Venegondo, che ricorda quest’anno il 70.mo anniversario di fondazione, nell’ambito dell’annuale “Festa dei fiori”, con la presenza di tanti presbiteri. Il servizio è di Fabio Brenna:

 

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Il cardinale Dionigi Tettamanzi, attuale arcivescovo di Milano, ha definito oggi l’episcopato del cardinale Martini “dono di grazie per tutti i presbiteri” e gli ha chiesto di proseguire da Gerusalemme nella sua preghiera di intercessione, in particolare per le vocazioni.

 

Il cardinale Martini è tornato a raccomandare la sua eredità, lasciata tre anni or sono alla diocesi nel momento del commiato: praticare la ‘lectio divina’, preghiera orante della Parola di Dio, e chiedere al Signore il dono del discernimento per saper leggere la vita quotidiana ed i fatti contemporanei alla luce del Vangelo. E a questo proposito ha ricordato:

 

“Si dice giustamente che nel mondo ci sia molto relativismo, che tutte le cose sono prese come se valessero un po’ tutte le altre, ma c’è anche un relativismo cristiano che è il leggere tutte le cose relative a questo momento, nel quale tutta la storia sarà palesemente giudicata. E allora appariranno le opere degli uomini nel loro vero valore. Il Signore sarà giudice dei cuori. Ciascuno avrà la sua lode da Dio. Non saremo più soltanto in    ascolto degli applausi o dei fischi, delle approvazioni o delle disapprovazioni, ma sarà il Signore a darci il criterio ultimo, definitivo delle cose. Si compirà il giudizio sulla storia. Si vedrà chi aveva ragione!”.

 

Per un cristiano, le beatitudini rimangono poi il faro secondo cui orientare tutte le scelte della vita. Anche dovendo affrontare il confronto in situazioni difficili, come quelle che l’arcivescovo emerito sperimenta quotidianamente a Gerusalemme:

 

“Abbiamo tutti un immenso bisogno di imparare a vivere insieme come diversi, rispettandoci, non distruggendoci a vicenda, non ‘ghettizzandoci’, non disprezzandoci e neanche soltanto tollerandoci, perché sarebbe troppo poco la tolleranza. Ma neanche, direi, tentando subito la conversione perché questa parola, in certe situazioni e popoli, suscita muri invalicabili. E allora che cosa? Fermentandoci a vicenda, in maniera che ciascuno sia portato a raggiungere più profondamente la propria autenticità, la propria verità, di fronte al mistero di Dio. E per questo non c’è mezzo più concreto, più accessibile che non le parole di Gesù nel discorso della montagna”.

 

Il cardinale Carlo Maria Martini ha 78 anni. E’ stato nominato arcivescovo di Milano da Giovanni Paolo II il 29 dicembre 1979 e consacrato in San Pietro il 6 gennaio 1980 e nello stesso anno ha preso possesso della diocesi di Milano, il 20 febbraio, reggendola poi per oltre 22 anni.

 

Da Milano, per la Radio Vaticana, Fabio Brenna.

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IL SERVIZIO DEI GESUITI PER I RIFUGIATI INSIGNITO STAMANI A ROMA

DEL PREMIO “ENRIQUE DE LA MATA FOR PEACE 2005”,

“PER LA STRAORDINARIA OPERA SVOLTA DA 25 ANNI A FAVORE DEI PIÙ BISOGNOSI IN 50 PAESI”

- Intervista con la dott.ssa Cecilia Bock -

 

“Accompagnare, servire e difendere i diritti dei rifugiati e degli sfollati”: è la missione del JRS, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, insignito oggi a Roma del premio “Enrique de la Mata for Peace 2005”, “per la straordinaria opera svolta da 25 anni a favore dei più bisognosi in 50 Paesi e per l’aiuto dato a innumerevoli persone, in particolare ai bambini”. L’organizzazione offre sostegno ai rifugiati, attraverso progetti educativi, di generazione del reddito e di assistenza psicologica, ma non mancano le difficoltà. Al microfono di Roberta Moretti, Cecilia Bock, coordinatrice internazionale dei programmi del JRS:

 

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R. – Il JRS, interloquendo da una parte con i governi che ospitano questi rifugiati e in molti altri casi proprio con fazioni di ribelli che si trovano in territori in cui ci sono questi movimenti di popolazione, spesso si trova proprio in situazioni di estremo pericolo. Per esempio, due anni fa lo staff del JRS venne rapito da uno dei fronti rivoluzionari in Colombia. Poi, alla fine, si risolse tutto bene. Oppure, un’altra situazione analoga in Burundi, in cui un padre gesuita del JRS, Antonio Bargiggia, perse la vita. Abbiamo poi grandissimi problemi di logistica, per esempio in Darfur o in Ciad, per far arrivare il materiale didattico che utilizziamo per le nostre scuole; oppure problemi proprio a livello organizzativo: ci sono difficoltà enormi.

 

D. – Il vostro aiuto è rivolto in particolare ai bambini rifugiati. Quali situazioni incontrate e come intervenite?

 

R. – Molto spesso i rifugiati si trovano in questi campi che sono vere e proprie “prigioni a cielo aperto”: non riescono a rientrare nel loro luogo di origine perché spesso c’è un conflitto, però, al tempo stesso, non vengono accolti dai governi dei Paesi in cui si trovano i campi profughi. Sono dei posti dove, ovviamente, ragazzi e bambini non hanno niente da fare e questo li porta ad essere molto aggressivi. Molti di questi bambini, inoltre, sono definiti “unaccompanied”, cioè “non accompagnati”, perché perdono i genitori durante la fuga dal proprio Paese. Possono quindi facilmente diventare vittime di reclutamenti da parte di diverse fazioni militari per la guerriglia... Pensiamo che dare un servizio come quello dell’educazione sia importante, perché ovviamente è un impegno per il loro futuro e al tempo stesso è anche uno strumento di protezione!

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CHIESA E SOCIETA’

10 maggio 2005

 

 

UNA NUOVA CHIESA NELLA DIOCESI DI CHITTAGONG NEL BANGLADESH.

ALLA CERIMONIA DI INAUGURAZIONE HA PRESO PARTE IL NUNZIO,

 MONS. PAUL TSHANG IN-NAM

 

CHITTAGONG. = La comunità diocesana di Chittagong celebra i Sacramenti in una nuova chiesa, inaugurata nei giorni scorsi dall’arcivescovo Paul Tshang In-Nam, nunzio apostolico in Bangladesh. La nuova chiesa – informa l’agenzia Fides – si trova nella storica parrocchia di Padrishibpur, nel distretto di Barishal, uno dei primi siti dove si insediarono i missionari. La prima chiesa fu costruita a metà del 1700, poi rinnovata agli inizi del 1800 e una seconda volta nel secolo scorso. Ora è stata ristrutturata ed è a disposizione delle liturgie celebrate dai fedeli cattolici bengalesi. Alla cerimonia di inaugurazione, il nunzio ha sottolineato che il Bangladesh, Paese a larga maggioranza islamica, è una “nazione dove regna l’armonia interreligiosa e le diverse comunità coesistono pacificamente”. Ha così ricordato i messaggi di solidarietà ricevuti in occasione della morte di Giovanni Paolo II e gli auguri per l’elezione di Benedetto XVI. Alla Santa Messa hanno partecipato anche i vescovi delle diverse diocesi del Paese. E’ seguita una festa del villaggio cui hanno partecipato oltre 2.500 fedeli. Con il 70% della popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà, il Bangladesh è uno dei Paesi più poveri del mondo. La comunità cattolica è molto vicina agli indigenti, a quanti soffrono la fame alimentandosi con un pugno di riso. (A.G.)

 

 

LE NAZIONI UNITE AL LAVORO PER PRESTARE AIUTO A 25 MILA RIFUGIATI

NEL CAMPO PROFUGHI KENYOTA DI DADAAB,

DEVASTATO DALLE INONDAZIONI DELLO SCORSO APRILE

 

NAIROBI. = L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR), in sinergia con altre agenzie dell’ONU, è impegnato nei lavori di riparazione degli ingenti danni causati dalle violente piogge e inondazioni abbattutesi alla fine di aprile sul campo profughi di Dadaab, nel Kenya nord-orientale. Secondo quanto riferisce un comunicato dell’ACNUR, citato dall’agenzia Fides, nel disastro, un bambino di quattro anni ha perso la vita e tre dei suoi fratelli sono rimasti feriti a causa del crollo del tetto del loro alloggio. Complessivamente, hanno subito danni le abitazioni di circa 25 mila rifugiati somali. La maggioranza delle abitazioni di Ifo, uno dei tre campi di Dadaab, è crollata o è stata spazzata via dalle piogge torrenziali di giovedì 28 aprile. Nel distretto di Isolo (Kenya orientale), almeno 300 famiglie, circa 1500 persone, sono state costrette a lasciare le loro abitazioni e oltre 300 capi di bestiame sono rimasti uccisi a causa delle inondazioni. Il PAM, Programma Alimentare Mondiale dell’ONU, ha già avviato una distribuzione di aiuti alimentari nel campo profughi. L'ACNUR e le ONG partner stanno invece distribuendo aiuti non alimentari, come coperte, set di utensili per cucinare, teli impermeabili e sapone. Fortunatamente, nonostante i timori di contaminazione delle riserve idriche, gli operatori medici hanno registrato solo un leggero incremento dei casi di dissenteria. (A.G.)

 

 

“UN’ALLEANZA DI CIVILTA’”. E’ QUELLA AUSPICATA DA 22 PAESI ARABI

E 12 LATINO AMERICANI CHE SI INCONTRERANNO OGGI A BRASILIA

NEL PRIMO VERTICE POLITICO- ECONOMICO

 

BRASILIA. = Si apre oggi a Brasilia il primo vertice politico-economico tra Paesi arabi e latinoamericani, fortemente voluto dal presidente brasiliano, Luis Inacio Lula Da Silva. Vi partecipano 60 ministri e più di 800 imprenditori di 22 Paesi della Lega Araba e 12 latino-americani. Secondo Celso Amorim, ministro degli Esteri brasiliano, si tratta di una vera e propria “alleanza di civiltà”. Il ministro ha detto inoltre che “l’America Latina ha sempre avuto rapporti intensi con l’Europa e gli Stati Uniti, recentemente anche con il Giappone, ma piuttosto scarsi con i Paesi arabi”. Lo scopo del vertice è quello di sancire una forte intesa commerciale tra i diversi Stati, ma anche di riflettere su posizioni più orientate alla sfera politica. E’ presente a Brasilia anche il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas, e si pensa che dall’incontro possa emergere un testo riguardante la situazione mediorientale. Nel 2004, le esportazioni e le importazioni tra Brasile e Stati arabi hanno superato gli 8 miliardi di dollari, con un aumento del 50% rispetto all’anno precedente. Al vertice, che dovrebbe avere cadenza annuale, si discuterà anche di MERCOSUR, il Mercato comune latino americano del cosiddetto “cono del sud”. (M.V.S.)

 

 

ACCORDO TRA REPUBBLICA DOMINICANA E HAITI

PER UNA COOPERAZIONE NEL CONTROLLO DELLE MALATTIE ENDEMICHE.

NELL’AREA, SONO DECINE DI MIGLIAIA I CONTAGIATI DALL’AIDS E DALLE FEBBRI EMORRAGICHE

 

SANTO DOMINGO. = Le autorità della Repubblica Dominicana e di Haiti hanno sottoscritto un accordo per cooperare nel controllo delle malattie endemiche che affliggono migliaia di persone in entrambi i Paesi. Una parte rilevante nel progetto, che prevede particolare attenzione verso malattie come dengue, tubercolosi, malaria e HIV/AIDS - avrà l’Organizzazione panamericana per la salute (OPS) che, riferisce la MISNA, metterà a disposizione delle autorità sanitarie dei due governi strumenti e conoscenze. Il ministro della Salute di Haiti, Josette Bijou, al termine della cerimonia per la firma dell’accordo ha espresso particolare preoccupazione per la recrudescenza dell’Hiv/Aids e della tubercolosi nel suo Paese, oltre che per il tasso di mortalità materna e infantile. Secondo il Fondo dell’Onu per l’infanzia (UNICEF), alla fine del 2003 erano più di 60.000 gli haitiani infettati dall’Hiv/Aids, 19.000 dei quali minori; un dato preoccupante ma in linea con l’età media molto bassa della popolazione di Haiti (il 40% degli haitiani ha meno di 15 anni). A questo si aggiunga che il tasso di mortalità infantile alla nascita, nel Paese caraibico, è dell’83 per mille e che ogni anno muoiono 138.000 bambini con meno di 5 anni. Dengue e malaria preoccupano invece di più la Repubblica Dominicana, che vede però soprattutto in questo accordo la possibilità di limitare la penetrazione delle malattie endemiche haitiane sul suo territorio, così da non compromettere il turismo, fondamentale fonte di introiti in valuta pregiata per uno Stato con un debito pubblico enorme.

 

 

INIZIATIVE DEL MOVIMENTO OASI A 15 ANNI DALLA MORTE DEL SUO FONDATORE,

PADRE VIRGINIO ROTONDI

- A cura di Giovanni Peduto -

 

CASTEL GANDOLFO. = Per celebrare il 15.mo anniversario della morte di padre Virginio Rotondi, il gesuita che a partire dagli anni ’60, grazie alla rubrica radiofonica “Ascolta, si fa sera” e ad una serie di rubriche tenute su una serie di riviste e quotidiani, portò la Parola di Dio nelle case di milioni di italiani, il Movimento Oasi, l’Istituto secolare “Ancilla Domini” e la Fondazione padre Virginio Rotondi organizzano una “tre giorni” di riflessione dedicata alla sua figura e alla sua spiritualità. L’appuntamento è in programma a partire da venerdì 13, anniversario della morte di padre Rotondi, fino a domenica 15 maggio, al Centro internazionale Movimento Oasi di Castel Gandolfo (Roma), Via dei Laghi km 8.5, e vedrà confrontarsi una serie di personalità di spicco, autorità religiose e civili e, soprattutto, numerosi amici che ricorderanno la figura, l’opera e la spiritualità di padre Virginio Rotondi. Tra gli autorevoli relatori, il presidente emerito del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute, il cardinale Fiorenzo Angelini; il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta; il professor Franco Splendori, direttore generale dell’Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio; il professor Vincenzo Saraceni, ex assessore alla Sanità della Regione Lazio, e don Giovanni d’Ercole, il religioso che ha raccolto l’eredità “comunicativa” di padre Rotondi, intervenendo a numerose trasmissioni televisive nazionali. Nell’occasione sarà celebrato anche il 55.mo anniversario di fondazione del Movimento Oasi, fondato da padre Virginio Rotondi per servire silenziosamente la Chiesa in numerose nazioni. Il movimento offre ai giovani, soprattutto liceali, azioni formative volte all’accrescimento personale e corsi vocazionali.

 

 

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24 ORE NEL MONDO

10 maggio 2005

 

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

“Continua il processo per formare una grande Europa unita”. Con queste parole il presidente russo Vladimir Putin ha aperto al Cremlino il vertice semestrale con l’Ue, che dovrebbe concludersi con la firma di un vasto accordo strategico di cooperazione. “Approvare quest’accordo - ha sottolineato Putin - permetterà di fare importanti progressi nella formazione di una grande Europa, assicurando uno sviluppo ancora più dinamico dei rapporti tra la Russia e l’UE”. Il leader del Cremlino ha rimarcato che malgrado divergenze su una serie di questioni, Russia e Unione Europea “riescono a trovare soluzioni concrete reciprocamente accettabili”. In questo quadro si colloca l’auspicio per una più stretta alleanza contro il terrorismo.

 

Ieri, il presidente russo ha esortato il mondo a non permettere mai più che ritorni la guerra fredda. In occasione del 60.mo anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale, Mosca, blindata per la parata sulla Piazza Rossa, ha accolto oltre 50 capi di Stato e di Governo. Bush e Putin si sono detti concordi nell’affermare che “la minaccia reale da affrontare è il terrorismo”.

 

Intanto, il presidente americano George Bush completa oggi a Tbilisi, capitale della Georgia, il suo viaggio intrapreso in occasione del 60.mo anniversario della vittoria alleata sul nazismo e il fascismo. Con il presidente georgiano Saakashvili, ha discusso l’adesione del Paese alla Nato. Bush, ha detto inoltre che la Rivoluzione delle Rose georgiana ha ispirato altri Paesi, con riferimento implicito, nell’ex Unione Sovietica, a Ucraina e Kirghizistan. Infine, ha auspicato che la Russia riconosca che è un vantaggio avere come vicini Paesi democratici. Nel pomeriggio, il presidente americano partirà da Tbilisi e, nella notte tra martedì e mercoledì, ora italiana, farà ritorno alla Casa Bianca.

 

“Oggi possiamo commemorare un’Europa riunificata e non ampliata”, dopo Yalta che spezzò in due il continente. Il presidente del Parlamento europeo, Josep Borrel Fontelles, ieri ha voluto così solennemente celebrare il 9 maggio, festa dell’Europa, che quest’anno ha coinciso con la commemorazione del 60.mo della fine della Seconda Guerra Mondiale e anche con il primo anniversario dello storico allargamento dell’Unione Europea a Paesi dell’Europa dell’est. Il servizio di Giovanni Del Re:

 

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Tre avvenimenti di natura diversa - ha affermato il presidente - ma collegati tra loro. Il tema del diverso destino delle due Europe, a Ovest, all’insegna della democrazia e del benessere; a Est, sotto la dittatura, è in realtà un leitmotiv di questa celebrazione. “La fine della guerra portò la pace e la libertà ad una metà del continente”, ha infatti affermato Borrel; “l’altra fu vittima di un nuovo ordine mondiale, scaturito da Yalta”. Del resto, il ricordo della storia dell’Europa del XX secolo deve tener vivo l’impegno di pace, filo rosso dell’integrazione europea. Oggi - ha infatti proseguito Borrel - è una buona opportunità per ricordare insieme il nostro dovere di memoria collettiva e di farlo soprattutto con le nuove generazioni che non hanno conosciuto la guerra. Il messaggio – ha concluso il presidente del Parlamento europeo – che dobbiamo inviare a tutta l’Europa e al mondo intero, celebrando il 60.mo anniversario della fine della guerra e l’inizio dell’avventura dell’Unione Europea, dev’essere l’impegno a proseguire nella lotta per i valori della pace, della giustizia e della tolleranza. Non solo per l’Europa, ma per il mondo intero.

 

Da Bruxelles, Giovanni Del Re, ADNK.

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Dopo una gestazione durata 17 anni e due anni di lavori per la costruzione, viene inaugurato oggi a Berlino il Memoriale alle vittime dell'Olocausto, primo luogo della memoria per gli ebrei europei sterminati durante il nazismo costruito in Germania dopo l'unificazione tedesca. Si tratta di un immenso campo ricoperto di stele di cemento.

 

Ancora violenze nella capitale irachena per lo scoppio di due autobomba. Secondo un bilancio provvisorio, 10 morti e 30 feriti. La prima è scoppiata in pieno centro, mentre l’altra ha colpito il comando della polizia fluviale lungo le sponde del Tigri, nella zona sud di Baghdad. Intanto l’esercito americano ha reso nota la morte di un soldato americano di ieri nei pressi di Falluja. Il tutto all’indomani del durissimo attacco americano contro la guerriglia del terrorista giordano, Al Zarqawi, nella provincia di Anbar. Sul fronte politico l’Assemblea nazionale irachena ha approvato a Baghdad la composizione della Commissione incaricata della stesura della nuova Costituzione che dovrebbe essere approvata entro il prossimo agosto per poi essere sottoposta a referendum prima delle elezioni legislative previste per dicembre prossimo.

 

E ci spostiamo in Afghanistan dove il super ricercato mullah Omar, leader dei taleban, ha risposto con un no secco ad un’offerta di amnistia che gli era stata avanzata ieri da un esponente del governo Karzai. Oggi, un portavoce dei taleban ha fatto sapere ai giornalisti che il suo capo non solo rifiuta qualsiasi offerta di amnistia ma esorta i militanti fondamentalisti a proseguire la loro guerra contro gli americani e il governo di Kabul.

Sempre alta la tensione in Medio Oriente. Sette poliziotti israeliani sono rimasti feriti ieri a Gerusalemme durante tafferugli con un gruppo di dimostranti palestinesi. Le forze dell’ordine cercavano di limitare l’accesso alla Spianata delle Moschee per evitare che i palestinesi si scontrassero con alcuni estremisti ebrei. Intanto, il premier israeliano Sharon ha annunciato l’avvio del ritiro di Israele dalla Striscia di Gaza per metà agosto. Tuttavia, il ministro degli Esteri israeliano Shalom, ha precisato che se Hamas dovesse vincere le elezioni presidenziali palestinesi di luglio, bisognerà ripensare l’avviamento del piano di disimpegno.

 

L’Iran sembra deciso a riprendere entro pochi giorni le attività di arricchimento dell’uranio per la produzione di energia. Dunque, il parlamento iraniano non intende ratificare il protocollo addizionale al Trattato di non proliferazione nucleare (TNP). La firma del protocollo era stata decisa da Teheran in un accordo raggiunto nell’ottobre del 2003 con Francia, Germania e Gran Bretagna per favorire le trattative bilaterali sul programma nucleare iraniano. Intanto, diverse decine di persone hanno presentato stamane le loro candidature alle elezioni presidenziali in Iran, nelle prime due ore delle operazioni di registrazione presso il ministero dell’Interno. Le candidature possono essere ufficialmente presentate fino al prossimo 14 maggio. Una settimana dopo il Consiglio dei Guardiani, la corte costituzionale che ha l’autorità di effettuare il vaglio dei candidati, annuncerà i nomi degli ammessi alla corsa elettorale.

 

In Italia nuova netta affermazione del centro-sinistra nella tornata elettorale amministrativa che ha chiamato alle urne oltre due milioni di elettori in tre regioni a Statuto speciale: Trentino, Val d’Aosta e Sardegna. In leggero calo l’affluenza alle urne. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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L’Unione di centrosinistra ha confermato i sindaci di Aosta e Trento; Ballottaggio invece a Bolzano tra il sindaco uscente, di centrosinistra, e lo sfidante di centrodestra, attualmente in vantaggio. Spoglio in rilento in Sardegna, dove comunque l’Unione vince al primo turno in sei province su otto: Cagliari, Nuoro, Sassari, Carbonia, Campidanu e Ogliastra. Il centrodestra vince ad Oristano, ballottaggio ad Olbia. Esulta il centrosinistra: il leader DS, Fassino, parla di un altro sfondamento elettorale, mentre sull’altro fronte Volonté, UDC, sottolinea il grave disagio dell’elettorato verso la Casa delle Libertà.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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Si dicono innocenti i due rwandesi comparsi ieri davanti alla Corte d’Assise di Bruxelles con l’accusa di aver favorito l’uccisione di circa 800 mila persone in Rwanda, nel 1994. Dopo oltre dieci anni di inchiesta, la Corte si pronuncerà secondo il principio di 'competenza universale' nel giudicare gli autori di crimini contro l'umanità come vuole una legge del 1993.

 

Ieri, in un villaggio della Cina centrale un’esplosione di dinamite, conservata illegalmente, ha distrutto diverse abitazioni, uccidendo 14 persone. Esplosivi e fuochi d'artificio prodotti e conservati illegalmente provocano centinaia di vittime oggi anno nelle zone rurali della Cina. A marzo, nel Nord del Paese, l’esplosione in un villaggio uccise 20 bambini di una scuola elementare, in seguito al crollo del tetto della scuola.

 

E’ di dieci morti il bilancio di alcuni scontri armati avvenuti tra esercito e guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia nella zona a Nord ovest del Paese. Lo ha riferito il capo delle operazioni militari della quarta brigata dell’Esercito, il colonnello Jorge Segura.

 

 

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