RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 129 - Testo della trasmissione di lunedì 9  maggio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:                                                                                   

Benedetto XVI ha ricevuto oggi i cardinali Ruini, Arinze, Kasper e Daoud

 

Gli auguri di Benedetto XVI per i 90 anni del prof. Elio Toaff, rabbino capo emerito di Roma. ‘Un’occasione – scrive il Papa – per rinnovare l’impegno a continuare il dialogo tra noi guardando con fiducia al futuro’

 

‘Solo la concordia e il rispetto potranno condurre l’umanità nella “terra promessa” della pace’: così

10 anni fa, Giovanni Paolo II, per il 50° anniversario della fine del secondo conflitto mondiale.

 

IN PRIMO PIANO:

I grandi del mondo riuniti a Mosca per celebrare il 60° anniversario della fine della seconda Guerra Mondiale. Putin promette: “Mai più una guerra fredda”. Intervista con Sergio Romano

 

Oggi la Giornata dell’Europa. Ai nostri microfoni il vicepresidente del Parlamento europeo Luigi Cocilovo

 

Quasi 3 milioni gli immigrati in Italia: in gran parte provengono dai Paesi dell’Est Europa. Lo anticipa il dossier statistico della Caritas 2005 che uscirà ad ottobre. Con noi Franco Pittau

 

Ieri alla Fiera del Libro di Torino un incontro sulla dimensione umana di Karol Wojtyla. Ce ne parla Krzystof Zanussi

 

Oggi il bicentenario della morte del grande drammaturgo poeta filosofo e storico tedesco Friedrich Schiller. Intervista con Quirino Principe

 

Presentato oggi al Museo Borghese di Roma il restauro della ‘Deposizione di Cristo’, sublime capolavoro di Raffaello. Il commento della dott.ssa Kristina Hermann Fiore.

 

CHIESA E SOCIETA’:

‘La ricorrenza della Giornata dell’Europa: un’occasione per non dimenticare che il processo dell’unificazione europea in corso nasce dalla volontà di non cadere più nel baratro della guerra’: così mons. Amedee Grab, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa

 

Al via ad Atene, da oggi fino al prossimo 16 maggio, la Conferenza Mondiale sulla missione e l’evangelizzazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese

 

‘Maria, donna dell’Eucaristia’: è il titolo di una raccolta di meditazioni del teologo Stefano De Fiores, pubblicata da Città Nuova

Fervono i preparativi a Colonia per la Giornata Mondiale della gioventù

 

Un bilancio positivo e di grande soddisfazione quello degli organizzatori della X edizione di Civitas conclusasi ieri a Padova

 

Promuovere una pesca sostenibile nell’Oceano Indiano Occidentale: è l’obiettivo di una Commissione Internazionale creata sulla base di uno studio della FAO

 

Disarmare la popolazione per favorire un clima più sereno in vista delle elezioni politiche: questo il Decreto emanato dal presidente del Burundi, Domitien Ndayizeye.

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq il nuovo governo finalmente al completo giura per la seconda volta. Sul terreno continuano gli attentati e gli scontri: almeno 75 i ribelli uccisi nell’ovest del Paese

 

Resi noti i dati ufficiali delle municipali nei Territori palestinesi: Al Fatah vince ma Hamas conquista i comuni più importanti.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

9 maggio 2005

 

 

LE UDIENZE DI BENEDETTO XVI

 

Stamane Benedetto XVI ha ricevuto in successive udienze il cardinale Camillo Ruini, vicario per la diocesi di Roma, con alcuni vescovi del Consiglio Episcopale; il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani; sua Beatitudine il cardinale Ignace Moussa Daoud, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.

 

 

GLI AUGURI DI BENEDETTO XVI PER I 90 ANNI DEL PROF. ELIO TOAFF,

RABBINO CAPO EMERITO DI ROMA. UN’OCCASIONE – SCRIVE IL PAPA –

 PER RINNOVARE L’IMPEGNO A CONTINUARE IL DIALOGO TRA NOI GUARDANDO CON FIDUCIA AL FUTURO

 

“La ricorrenza del Suo novantesimo genetliaco” è un’occasione “per rinnovare l’impegno a continuare il dialogo tra noi, guardando con fiducia al futuro”. Con queste parole Benedetto XVI ha inviato i suoi auguri al Rabbino capo emerito di Roma Elio Toaff che ieri a Villa Piccolomini ha festeggiato i suoi 90 anni. Il cardinale Walter Kasper, presente alla cerimonia, ha consegnato il messaggio al prof. Toaff.

 

“Unito a Lei e alla Comunità Ebraica di Roma - scrive il Papa - benedico l’Eterno per il dono della lunga e feconda vita che Le ha concesso, durante la quale la bontà di Dio si è tante volte manifestata e di cuore lodo l’Altissimo”. Benedetto XVI cita il Salmo 119: “Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Ti lodo perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le tue opere, tu mi consoci fino in fondo”.

 

“Con animo grato a Dio – prosegue Benedetto XVI - ringrazio Lei, chiarissimo Professore, per le buone relazioni che ha intessuto con la Santa Sede, particolarmente durante il Pontificato del mio compianto predecessore, il Papa Giovanni Paolo II”. Benedetto XVI ricorda con gioia l’abbraccio con cui il Rabbino Toaff accolse Papa Wojtyla nella storica visita nella Sinagoga di Roma il 13 aprile 1986. “Con sentimenti di sincera stima – conclude nel messaggio il Papa - rinnovo gli auguri per questo giorno di festa unendomi alla Sua Comunità, ai Suoi amici e a tutti coloro che Le vogliono bene”.

 

 

SOLO LA CONCORDIA E IL RISPETTO POTRANNO CONDURRE L’UMANITA’

NELLA “TERRA PROMESSA” DELLA PACE. DA GIOVANNI PAOLO II,

UN INSEGNAMENTO DESUNTO DALLA GUERRA, NEL SUO MESSAGGIO SCRITTO

 PER I 50 ANNI DALLA FINE DEL SECONDO CONFLITTO MONDIALE

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

“A mezzo secolo di distanza, i singoli, le famiglie, i popoli custodiscono ancora il ricordo di quei sei terribili anni: memorie di paure, di violenze, di penuria estrema, di morte; esperienze drammatiche di separazioni dolorose, vissute nella privazione di ogni sicurezza e libertà; traumi incancellabili dovuti a stermini senza fine”. Dieci anni fa, quando il mondo guardava alla fine della Seconda Guerra mondiale dalla distanza simbolica dei 50 anni, Giovanni Paolo II iniziava con quelle parole il suo messaggio dedicato all’anniversario dell’8 maggio 1945. Per una sintesi di quelle pagine, scritte da un Papa e insieme da un testimone diretto di quegli avvenimenti, ascoltiamo il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Ventitré pagine per condurre una riflessione “alta” su un orrore, scolpirne la memoria, rintracciare fili di luce tra le abissali miserie di quei 72 mesi. Ma anche uno sguardo retrospettivo coinvolgente, perché rende palpitante la rivisitazione dimostrando in che modo una sconvolgente pagina di storia fosse stata per il Papa venuto dalla Polonia prima di tutto una pagina di vita.

 

La Seconda Guerra mondiale “ha segnato una svolta per l'umanità contemporanea”, si legge nella prima pagina del Messaggio. “Col trascorrere del tempo i ricordi non devono impallidire; devono piuttosto farsi lezione severa per la nostra e per le future generazioni”. Mantenerne vivo il ricordo, soggiunge Giovanni Paolo II, “è un nostro preciso dovere”, perché tra le date del 1939 e del 1945, c’è racchiuso il sangue di decine di milioni di uccisi, di feriti, di dispersi. “Masse enormi di famiglie si sono viste costrette ad abbandonare terre a cui erano legate da secolare attaccamento; ambienti umani e monumenti carichi di storia sono stati devastati, città e paesi sconvolti e ridotti in macerie. Mai le popolazioni civili, in particolare donne e bambini – annotava Papa Wojtyla - hanno pagato in un conflitto un prezzo così alto di morti”.

 

Ma perché l’“incubo spaventoso” della guerra - che per i Paesi dell’est si trascinò, sotto il giogo di un altro totalitarismo di fatto fino al 1989 – ebbe quelle “incredibili proporzioni distruttive”? Perché essa, afferma Giovanni Paolo II - fu “una mobilitazione dell’odio”. La definizione del Papa è incisiva e innesca altri pensieri, altri ricordi di brutalità che sono l’eredità immane del Ventesimo secolo per il futuro. E’ quell’odio, alimentato dalla macchina della propaganda razziale, che partorisce i campi di sterminio, bollati da Giovanni Paolo II come “infernali”. “Auschwitz accanto a tanti altri lager - dichiara reciso - resta il simbolo drammaticamente eloquente delle conseguenze del totalitarismo”. All’epoca, constata con amarezza, “purtroppo non ci si rese conto che quando s'arriva a calpestare la libertà, si pongono le premesse d'un pericoloso slittamento nella violenza e nell'odio, forieri della 'cultura della guerra'”. E nemmeno si capì che “non si edifica una società degna della persona sulla sua distruzione, sulla repressione e sulla discriminazione”. In altre parole, incalza Papa Wojtyla, quel tragico conflitto, conclusosi qualche mese dopo l’8 maggio sul fronte del Pacifico con le drammatiche vicende di Hiroshima e Nagasaki, “appare con sempre maggiore chiarezza come 'un suicidio dell'umanità'”.

 

Quale lezione sociale e politica viene ai contemporanei dagli avvenimenti di 60 anni fa? Giovanni Paolo II non ha dubbi. “La guerra è incapace di dare giustizia”, scrive. “La cultura della pace si costruisce respingendo sul nascere ogni forma di razzismo e di intolleranza, non cedendo in alcun modo alla propaganda razziale, controllando gli appetiti economici e politici, rigettando con decisione la violenza ed ogni tipo di sfruttamento…”. Un “negoziato onesto, paziente e rispettoso dei diritti e delle aspirazioni delle parti – osserva altrove - può aprire la via ad una risoluzione pacifica delle situazioni più complesse”. Ma una lezione arriva anche agli uomini di fede, di qualunque fede. “L'onda di dolore che con la guerra si è riversata sulla terra – asserisce Giovanni Paolo II - ha spinto i credenti di tutte le religioni a mettere le loro risorse spirituali al servizio della pace (…) Il mondo – ribadisce - è testimone che, dopo l'immane tragedia della guerra, è nato qualcosa di nuovo nella coscienza dei credenti delle varie Confessioni religiose: essi si sentono più responsabili della pace tra gli uomini e hanno cominciato a collaborare tra di loro”. La Giornata mondiale di preghiera per la pace ad Assisi, il 27 ottobre 1986, “ha pubblicamente consacrato questo atteggiamento maturato nella sofferenza”.

 

Nonostante ciò, conclude Giovanni Paolo II, “c’è chi ancora prepara la guerra”, da un lato propugnando l’odio, dall’altro, costruendo e smerciando armi. Così il Papa si rivolge ai giovani. A voi, dice, “è affidata la missione di aprire nuove vie di fratellanza tra i popoli”. E a tutti i cristiani chiede di sentire “l’esigenza” di avere in sé “un cuore nuovo, capace di rispettare l'uomo e di promuoverne l'autentica dignità”, così da portare l’umanità ad entrare “nella 'terra promessa' della pace”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo "La Parola di Dio non venga fatta a pezzi dai continui cambiamenti delle mode": Benedetto XVI si è insediato sulla Cattedra del Vescovo di Roma nella Basilica di San Giovanni in Laterano.

Al "Regina Caeli" il Papa, in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, ha richiamato l'esigenza di assicurare in ogni forma di comunicazione obiettività, rispetto della dignità umana e attenzione al bene comune. 

 

Nelle vaticane, l'omelia del cardinale Giovanni Battista Re nel XXX anniversario della morte del cardinale Mindszenty.

 

Nelle estere, missionario gesuita assassinato nella Repubblica Democratica del Congo.

Concluse a Mosca le celebrazioni europee del sessantesimo anniversario della vittoria sul nazismo. Stemperati, in parte, i contrasti tra Bush e Putin. In Germania sottolineata la necessità di non dimenticare l'orrore.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Francesco Licinio Galati dal titolo "Nella ricerca del vero, del bello e del buono il segno di un invincibile anelito alla libertà": il 9 maggio 1805 moriva a Weimar Johann Christoph Friedrich Schiller.

 

Nelle pagine italiane, statali: si apre una settimana decisiva per i rinnovi dei contratti. I sindacati a Palazzo Chigi.  

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

9 maggio 2005

 

 

SFILATA DI CAPI DI STATO A MOSCA PER RICORDARE IL 60° ANNIVERSARIO DELLA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE.

PUTIN LANCIA UN MONITO: “MAI PIÙ UNA GUERRA FREDDA”

- Intervista con Sergio Romano -

 

Grandi cerimonie stamattina a Mosca, per i 60 anni dalla vittoria sul nazismo.  Numerosi – circa una cinquantina – i capi di Stato e di governo presenti nella piazza Rossa, per assistere ad una parata di 7 mila soldati. Da Mosca, Giuseppe D’Amato:

 

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E’ un giorno di vittoria del bene sul male: così il presidente Putin ha definito le celebrazioni ricordo del 60.mo anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale all’apertura della parata sulla Piazza Rossa. E’ nostra responsabilità ricordare i caduti – ha sottolineato il capo del Cremlino - ma non divideremo la vittoria fra la nostra e quella di altri. Putin ha poi rimarcato l’importanza della riconciliazione storica tra Russia e Germania e l’ha caratterizzata come una delle più preziose conquiste. La Russia di oggi – ha proseguito Putin – costruisce la sua politica sugli ideali di libertà e democrazia, sul diritto di ciascuno Stato di scegliere autonomamente la sua via di sviluppo. Il leader del Cremlino ha ribadito quindi il suo “no” ad un’altra guerra fredda.

 

La parata è così proseguita con la sfilata di reparti vestiti con le uniformi dell’Armata Rossa dell’epoca. Alcune migliaia di veterani, su cui spiccavano tante medaglie, sono passati a bordo di camion degli anni Quaranta davanti alla tribuna delle autorità dove erano presenti una cinquantina di capi di Stato. Tutta la simbolica utilizzata è stata quella sovietica. Dopo circa un’ora, a conclusione della manifestazione, Putin e i suoi ospiti hanno deposto dei fiori sulla tomba del milite ignoto prima del ricevimento ufficiale al Cremlino. Stasera, alle 20 di Mosca, le 18 in Italia, minuto di silenzio in tutta la Russia.

 

Da Mosca, per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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E il 60° anniversario della vittoria sul nazismo è stata l’occasione per un confronto a distanza tra il presidente russo Putin e il capo della Casa Bianca. Quest’ultimo ha criticato l’oppressione sovietica sull’Europa dell’Est seguita agli accordi di Yalta; il capo del Cremlino ha risposto affermando che non è possibile paragonare Stalin a Hitler. Ma ascoltiamo in proposito l’intervista di Giancarlo La Vella a Sergio Romano, già ambasciatore italiano a Mosca:

 

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R. - Tutti e due i leader hanno fatto riferimento al passato e alla storia per perseguire obiettivi politici. Quando Putin dice che il terrorismo è il nuovo nazismo e che occorre far fronte comune, in un certo senso utilizza la vittoria del 1945 per suoi fini. Non dimentichiamo che la Russia è minacciata dal terrorismo ceceno. Credo che ogni minaccia vada combattuta con metodi specifici. Affrontare il terrorismo con i metodi con cui fu combattuta la Germania nazista è pericoloso. Rischieremmo di commettere lo stesso errore che, a mio avviso, ha commesso Bush quando ha ritenuto di dover andare a combattere il terrorismo in Iraq con risultati che ormai abbiamo potuto constatare. Il terrorismo non è stato debellato e la situazione in Iraq continua ad essere dominata dall’insicurezza.

 

D. – Perché è stato scelto questo scenario, cioè le cerimonie per il 60° anniversario della vittoria sul nazismo, per questo confronto?

 

R. – Putin aveva deciso di servirsi di questa particolare ricorrenza per risvegliare il sentimento nazionale russo. Putin sta attraversando una fase difficile. Ha perduto una serie di battaglie. Tra queste soprattutto quella in Ucraina dove aveva sostenuto il candidato filorusso che poi ha perso il confronto elettorale con quello filo occidentale. Putin ritiene, come del resto stanno facendo i cinesi nella vicenda con il Giappone, che il richiamo al passato possa contribuire a cementare l’unità del Paese. Insomma, per tutte queste ragioni, la cerimonia del 60° anniversario ha acquistato una particolare importanza. La risposta di Bush ha incrinato i rapporti. Quello che Putin ha guadagnato da una parte, temo che lo abbia perduto dall’altra. Insomma, non mi sembra che le scelte di Putin e Bush siano state sagge.

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IL PARLAMENTO EUROPEO COMMEMORA IL 60.MO

DELLA FINE DELLA II GUERRA MONDIALE, NEL GIORNO TRADIZIONALMENTE DEDICATO

ALLA FESTA DELL’EUROPA

- Con noi il vice presidente Luigi Cocilovo -

 

Nel 60° anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale, oggi la sessione plenaria del Parlamento Europeo si apre con un intervento del presidente Borrell al quale fa seguito un interludio musicale di Bach, per commemorare le vittime del sanguinoso conflitto. Le celebrazioni avvengono nella giornata scelta da tempo per la festa dell’Europa. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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9 maggio 1950, Robert Schumann, ministro degli Esteri francese, presenta la proposta di un’Europa in grado di assicurare la pace. L’idea della cooperazione europea, che gradualmente diventa integrazione, è nata proprio in seguito ai traumi della Seconda Guerra Mondiale. Il principio è che pace e stabilità possono essere garantite al meglio attraverso unione ed interdipendenza. Il ricordo dell’orrore della guerra si intreccia, dunque, con quella speranza di pace. E non va dimenticato, sottolinea il vicepresidente del Parlamento europeo Luigi Cocilovo:

 

“E’ come se da tempo i governi europei si fossero talmente abituati a convivere con il vantaggio e con il significato più profondo dell’Unione da poterne trascurare gli effetti e le dinamiche, guardando piuttosto ad un egoistico ripiegamento verso malintesi interessi nazionali, che sono quelli che hanno messo più in luce alcune contraddizioni e alcuni limiti del percorso al Trattato costituzionale. Da qui, questo rischio di rottura anche con le opinioni pubbliche europee, spesso alimentato da responsabilità e da miopie dei governi nazionali, che scaricano sull’Europa contraddizioni che invece piuttosto appartengono alle loro tiepidezze, a forme di miopia, ad un’incapacità di reazione adeguata ai processi della cosiddetta globalizzazione del grande scenario planetario. Il significato dell’Europa unita è come quello della libertà, si apprezza fino in fondo soltanto quando si rischia di perderla, mentre invece sino a quando ci si convive si guardano aspetti del tutto secondari o, se no, addirittura strumentali”.

 

Tra le significative tappe dell’Unione, c’è l’allargamento grazie al quale oggi tra i Paesi membri che festeggiano ci sono anche le tre Repubbliche baltiche che nei giorni scorsi sono state il punto di partenza della polemica storica tra Stati Uniti e Russia. Repubbliche che dopo la fine della seconda guerra mondiale non hanno assaporato la libertà fino al crollo del regime comunista e che hanno poi deciso di entrare a far parte dell’Unione. Ancora il vicepresidente del Parlamento europeo Cocilovo:

 

“Dà la sensazione dell’Europa come motore di un processo di convivenza pacifica fra i popoli, fondato, appunto, sui valori irrinunciabili, su istituzioni di profonda ispirazione democratica e sulla piena salvaguardia delle libertà. L’Europa, come faro e come punto di riferimento di questo processo democratico, rappresenta un successo al di là delle previsioni di tutti, anche dei suoi stessi padri fondatori tanti anni fa. E oggi rappresenta nel mondo il riferimento insieme più ricco di suggestione, più consistente. L’Europa è in grado di dare un messaggio di ‘esportazione’, di ‘contagio’ del percorso e dei processi democratici, attraverso la costruzione istituzionale e politica”.

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QUASI 3 MILIONI DI PERSONE IN ITALIA SONO IMMIGRATI.

IN TESTA I PAESI DELL’EST EUROPA. LO ANTICIPA IL DOSSIER STATISTICO

DELLA CARITAS 2005 CHE USCIRÀ AD OTTOBRE

 

Italia terra di immigrazione: quasi 3 milioni gli immigrati a cui bisogna garantire integrazione e regole rispettose della diversità. E’ il quadro tracciato da Caritas Italiana, Caritas di Roma e Fondazione Migrantes nelle anticipazioni del Dossier statistico Immigrazione 2005 – che uscirà alla fine di ottobre. Rimarcata la necessità di maggiore integrazione sociale e politica, anche a livello europeo. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

 

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Immigrazione: un processo irreversibile. Così l’anticipazione del Dossier Statistico Immigrazione 2005 mette l’accento sul netto cambiamento dei flussi migratori che hanno interessato ed interessano Italia ed Europa negli ultimi 35 anni. Tabelle e grafici che guardando al 1970 evidenziano un’Italia meta e speranza per circa 140 mila persone, per oltre 1 milione nel 1997, per quasi tre milioni nel 2005. Franco Pittau curatore del rapporto:

 

“C’è stata un’impetuosa crisi per il ricongiungimento familiare. Questo porta a pensare che l’Italia abbia nel suo DNA, per sempre ormai, l’immigrazione. Anche se noi non facessimo più quote in ingresso, l’immigrazione aumenterebbe di più di 100 mila unità l’anno”.

 

Il dossier evidenzia che l’incidenza migratoria sulla popolazione italiana, oltre 2.730.000 persone, è ormai vicina alla media europea ovvero il 5 per cento, anche se ancora lontana dal 9 per cento di Austria e Germania. E che quindi da Paese di emigrazione – con circa 28 milioni di espatri a partire dall’unità d’Italia – si è arrivati a quello che viene definito “un periodo organico e stabile di flussi”. Il documento rimarca anche che sia a livello europeo sia italiano è necessario intensificare politiche attente a tutelare un ingresso precario e sempre più capaci di gestire questo fenomeno garantendo diritti e servizi per tutti. Ancora Pittau:

 

R. - Contrariamente all’idea dominante, il bisogno di migrazioni in Europa non è solo temporaneo. Quindi credo che lentamente vada passando che se l’impianto produttivo deve funzionare ci vogliono le persone che lo devono far funzionare e queste persone, in parte, ci mancano. 

 

D. - La maggior parte dell’immigrazione in Europa e in Italia da dove viene?

 

R. – Viene dall’Est.

 

Oltre all’Est Europa rimangono a forte emigrazione anche Africa e Asia e per quanto riguarda la diffusione sul territorio italiano il 60 per cento scelgono il Nord, il 30 per cento il Centro, il 10 per cento vanno al Sud.

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IERI ALLA FIERA DEL LIBRO DI TORINO

UN INCONTRO SULLA DIMENSIONE UMANA DI KAROL WOJTYLA

- Intervista con Krzystof Zanussi -

 

Per tutto l’incontro nessuno dei relatori l’ha mai chiamato Giovanni Paolo II, ma tutti – semplicemente – Karol Wojtyla. Perché questo è stato lo spirito dell’incontro organizzato ieri sera dalla Fondazione Sant’Anselmo alla Fiera Internazionale del Libro di Torino: riscoprire la dimensione umana, personale del Pontefice che ha cambiato la storia dell’ultimo scorcio di Novecento. Da Torino ce ne parla Fabrizio Accatino:

 

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La tavola rotonda ha raccolto alcune testimonianze di chi, a vario titolo, lo ha conosciuto e frequentato. C’era Aura Miguel, dell’emittente portoghese Rádio Renascença, che ha seguito Wojtyla in oltre 50 viaggi qua e là per il mondo e che rievoca, su tutti, il coraggio di quella sua visita in Kazakistan, dopo l’11 settembre 2001, mentre sul vicino Afghanistan piovevano le bombe degli Alleati. C’erano due giornalisti italiani: Luigi Accattoli del Corriere della Sera e Luigi Geninazzi di Avvenire. Hanno ricordato un Papa che non si è mai dimenticato di essere polacco e che ha mantenuto intatta fino all’ultimo la sua anima slava. E poi è intervenuto Krzysztof Zanussi, 66enne regista cinematografico, che ha più volte incrociato – umanamente e artisticamente – le strade del sacerdote di Wadowice. Zanussi ne ha diretto nel 1987 l’unica biografia cinematografica, “Da un Paese lontano”, e ne ha adattato per il grande schermo la pièce giovanile “Fratello del nostro Dio”. Zanussi ha pescato fra i numerosi ricordi personali che lo hanno legato al Pontefice: su tutti, quello vivido della malattia e della sofferenza:

 

“L’ho visto così debole e così entusiasta quando guardava i giovani che potevano ballare. Era un qualcosa che aveva un significato, perché si sentiva già l’ombra della morte, nel gennaio del 2004. E nello stesso tempo aveva questa grande gioia di vivere, una gioia che veniva dalla fede. Non c’era altro motivo per questa gioia. La vecchiaia normalmente è molto triste. La sua vecchiaia invece è stata sempre piena di speranza. Questo è stato il suo ultimo importantissimo messaggio per me”. 

 

Da Torino, Fabrizio Accatino per Radio Vaticana.

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OGGI IL BICENTENARIO DELLA MORTE DEL GRANDE DRAMMATURGO POETA FILOSOFO E STORICO TEDESCO FRIEDRICH SCHILLER

- Intervista con il germanista e musicologo Quirino Principe -

 

La Germania saluta con un anno di celebrazioni il bicentenario di Friedrich Schiller, drammaturgo, poeta, filosofo e storico tedesco, nato a Marbach am Neckar il 10 novembre 1759 e morto a Weimar il 9 maggio 1805. Anche in Italia, nei giorni scorsi un convegno all’Università Roma Tre ha indagato in particolare l’eredità di Schiller nelle culture romanze, europee e latinoamericane. Ascoltiamo al microfono di A.V. uno dei relatori, il professor Quirino Principe, germanista e musicologo.

 

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R. – Nelle culture romanze la figura di Schiller oggi è molto obnubilata, quasi dimenticata.

 

D. - La conoscenza delle sue opere è stata spesso mediata da fonti secondarie, traduzioni o libretti per il teatro musicale, dove trovò la sua fortuna. Lo stesso Principe ha portato al convegno alcuni esempi.

 

R. – “Don Carlo”, secondo le versioni di Giuseppe Verdi, a partire da Schiller, attraverso le numerose traduzioni italiane e discorso assolutamente analogo e parallelo a proposito di “Luisa Miller”.

 

D. - I suoi versi strinsero un efficace sodalizio con la musica, divenendo immortali come nell’Ode alla Gioia, finale della IX Sinfonia di Beethoven.

 

R. – Schilller è presente nella grande ideistica romantica e tardo romantica. In lingua tedesca ci sono per esempio composizioni di Strauss, Schubert su testi di Schiller. Ci sono poi una serie di composizioni corali, come alcuni cori di Strauss, Brahms e il finale della Nona sinfonia di Beethoven, che come noto è sull’Ode “An die Freude”, anche se mi permetto di ricordare che il titolo originale di quest’ode era “Alla libertà”. C’è poi invece il teatro di Schiller che ha ispirato moltissimo teatro. Voglio ricordare per esempio  come la “Die Jungfrau von Orléans” abbia ispirato sia la Giovanna d’Arco di Verdi che “La Fanciulla di Orleans” di Chajkovsky. In particolare poi c’è un caso molto curioso, e cioè la “Turandot” di Schiller, che è un dramma molto trascurato, tenuto ai margini. 

 

D. - Poi i grandi drammi storici: “Maria Stuarda” ispirò Donizetti, “Guglielmo Tell” Rossini, “Don Carlos”, “Luisa Miller” e i “Masnadieri” Giuseppe Verdi. La storia gioca un ruolo fondamentale nel pensiero e nel teatro schilleriano.

 

R. – Certo, lo sfondo storico c’è, ma c’è anche una notevole libertà nel trattarlo. C’è un’interpretazione della storia secondo il verosimile aristotelico, cioè questi giorni storici sono piegati a degli intenti morali.

 

D. - L’anniversario schilleriano coincide oggi con la Giornata dell’Europa, nell’anniversario (9 maggio 1950) dell’istituzione della “Comunità Europea per il Carbone e l’Acciaio” (CECA). Quali valori consegna Schiller all’attuale Europa unita?

 

R. – Tutta l’opera di Schiller, non soltanto il teatro, ma le poesie, le poesie filosofiche, gli aforismi, il saggio celeberrimo sulla poesia ingenua sentimentale ha un tema dominante, e cioè la libertà. Leggere il teatro di Schiller, metterlo in scena, ascoltare opere musicali che da questo teatro sono derivate, serve ad essere europei in modo meno mediocre.

 

(Musica)

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PRESENTATO OGGI AL MUSEO BORGHESE DI ROMA IL RESTAURO

 DELLA DEPOSIZIONE DI CRISTO, SUBLIME CAPOLAVORO DI RAFFAELLO

- Intervista con la dott.ssa Kristina Hermann Fiore -

 

Torna alla sua originaria bellezza la “Deposizione di Cristo”, tra le opere più significative di Raffaello. Il dipinto, capolavoro assoluto del Cinquecento, è stato sottoposto ad un accurato restauro ad opera della Soprintendenza speciale per il Polo museale romano. L’esito dei lavori è stato presentato stamani al Museo Borghese di Roma. A coordinare il restauro la dottoressa Kristina Hermann Fiore, direttore storico dell’arte della Galleria Borghese, che - al microfono di Alessandro Gisotti – spiega la complessità dell’intervento sul capolavoro raffaellesco:

 

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(Musica)

 

R. - Come in tutti i restauri, chiaramente è da valutare fino a che punto si vada in profondità di questa superficie composta da vari strati. Abbiamo tolto per prudenza soltanto l’ultima vernice oscurata, che aveva creato una specie di cortina torbida, oscura, grigia, che non consentiva più di leggere le differenze sottilissime di Raffaello nella descrizione dei vivi e dei morti, dei giovani e dei vecchi, di donne e uomini.

 

D. – Una cosa che colpisce subito l’occhio dell’osservatore sono i colori …

 

R. – Questa è stata una bellissima sorpresa per noi, anche durante il restauro! Per esempio la Maddalena, al centro del dipinto, aveva un vestito grigio, e pulendo è uscito fuori un viola bluastro meraviglioso. Un’altra sorpresa è la donna in ginocchio, una delle tre Marie, che ha un manto blu cangiante ed una fodera di questo manto in rosso, però il bordo intorno al corpo della fanciulla era stato ridipinto, in seguito ad un restauro precedente, con il marrone. L’acutezza dell’osservazione della restauratrice ha scoperto sotto delle tracce di rosso liberando tutto questo bordo che adesso dà l’effetto, quasi, di una corolla di un fiore che si sviluppa verso l’alto della figura di questa donna.

 

D. – Che cosa ci racconta questo dipinto della personalità di Raffaello?

 

R. – E’ difficile descrivere la personalità degli artisti, soprattutto quando sono così distanti nel tempo. Certamente, ha dato un’interpretazione rivoluzionaria del tema. Qui si tratta, infatti, per la prima volta in grande formato del trasporto vero del Corpo del Cristo morto verso la tomba, da parte di Nicodemo e Giovanni di Arimatea. C’è questa dinamica dei due gruppi di figure in diagonale verso i bordi, destro e sinistro, con un grande calcolo delle orizzontali e verticali di questa composizione, fatta con una maestria unica.

 

(Musica)

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CHIESA E SOCIETA’

9 maggio 2005

 

 

“La ricorrenza della Giornata dell’Europa è un’ occasione per non dimenticare che il processo dell’unificazione europea

in corso nasce dalla volontà di non cadere più nel baratro della guerra”.

Così mons. Amedee Grab, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

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ROMA. = “Oggi celebrare con coerenza l’Europa significa per essa assumersi l’impegno di far cessare le guerre che insanguinano la terra e che generano disperazione, disastri ambientali, disgregazione sociale, ingiustizie e povertà”. Per mons. Grab, presidente del Consiglio degli episcopati europei, che ha richiamato le recenti vicende dei Balcani, l’assenza di conflitti armati non significa assenza di “guerra”. “La vera pace, la giustizia e la stabilità sociale – si legge nel messaggio - mancano ancora in molte parti del nostro continente”. Da qui, dunque, la responsabilità e la necessità di ricordare “gli eventi scellerati ed inumani che caratterizzano ogni conflitto, in particolare insieme alle giovani generazioni, che non hanno conosciuto questi orrori”. Il presule, ribadendo che il rispetto degli Obiettivi del millennio rappresenta la migliore opportunità per mettere fine alla povertà in Africa, ha rinnovato l’appello ai governi e alle istituzioni europee sulla “necessità di una cancellazione del debito, di regole commerciali giuste e di una mondializzazione dal volto umano”. Un appello, questo, che ripete il messaggio dei vescovi europei ed africani, riuniti in Simposio a Roma nel novembre 2004. E proprio in questi giorni, le Chiese europee iniziano il processo di una Terza assemblea ecumenica europea sul tema “La luce di Cristo illumina tutti. Speranza di rinnovamento e unità in Europa”. Siamo coscienti – ha concluso mons. Grab -  che il Vangelo e la riconciliazione tra i cristiani sono i doni più preziosi che, come Chiese, possiamo offrire per il cammino della pace”. (E. B.)

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 Al via ad Atene, da oggi fino al prossimo 16 maggio, la Conferenza mondiale sulla missione e

l’evangelizzazione promossa dal Consiglio Ecumenico delle Chiese sul tema “Vieni, Spirito Santo,

guarisci e riconcilia! Chiamati ad essere comunità di riconciliazione e di guarigione”

 

ATENE. = Lo svolgimento della missione in situazioni di conflitto, il legame tra guarigione, salvezza e conversione, la missione tra gli infermi dell’HIV/AIDS e la visione della riconciliazione nelle popolazioni autoctone. Sono alcuni dei temi al centro dei settanta seminari previsti, all’incontro di Atene, promosso dal Consiglio ecumenico delle Chiese (WCC – COE), prendono parte i membri delle Chiese integrate nel Consiglio Ecumenico, circa 500 persone, esponenti della Chiesa cattolica, pentecostale ed evangelica, consulenti ed esperti. Fra questi, saranno 25 i delegati cattolici, designati dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani. I membri della delegazione cattolica ufficiale, parteciperanno a tutti gli aspetti del ricco programma in qualità di osservatori, poiché la Chiesa cattolica non è membro del Consiglio ecumenico delle Chiese. Obiettivo dell’incontro è rinnovare ai partecipanti una visione che passi attraverso strumenti efficaci per continuare a rispondere all’appello di essere in missione insieme e per poter agire, dunque, in favore della riconciliazione e della guarigione in Cristo nel mondo. Così, dalla riflessione e dalle testimonianze si dovrà sperimentare quella guarigione e quella riconciliazione che portano alla trasformazione delle persone. Per questa via, ciascuno potrà operare come agente di unità e di comunione all’interno delle proprie comunità. Le sessioni plenarie giornaliere verteranno sulle varie dimensioni di tali finalità e sugli elementi essenziali del tema di fondo. Uno degli incontri sarà inoltre dedicato ai complessi rapporti tra missione e violenza, nell’ambito del Decennio “Vincere la violenza (2001-2010)”, un impegno prioritario del Consiglio Ecumenico delle Chiese, giunto a metà percorso. L’organismo, nato ad Amsterdam nel 1948, raccoglie la quasi totalità delle Chiese cristiane non cattoliche. A partire dal pontificato di Giovanni XXIII, la Chiesa cattolica ha intensificato i suoi rapporti con il Consiglio Ecumenico. Attualmente, questo rapporto si articola con la presenza stabile di una consultrice, una religiosa, che rende presente la prospettiva cattolica nella trattazione dei temi. (E. B.)

 

 

“MARIA, DONNA DELL’EUCARISTIA”:

E’ IL TITOLO DI UNA RACCOLTA DI MEDITAZIONI DEL TEOLOGO STEFANO DE FIORES,

PUBBLICATA DA CITTA’ NUOVA

 

ROMA.= Il teologo ed esperto di Mariologia, Stefano de Fiores, ha scritto 31 meditazioni – una per ogni giorno di maggio, mese mariano – raccolte nel libro “Maria, donna dell’Eucaristia”, edito da Città Nuova. L’esperto di Mariologia e professore alla Pontificia università Gregoriana afferma che “il primo legame tra l’Eucaristia e Maria è dato dal mistero dell’Incarnazione, perché proprio allora, per opera dello Spirito Santo, Maria dona al Figlio dell’Altissimo la natura umana, cioè il corpo e il sangue che egli offrirà sulla Croce per la salvezza del mondo”. Padre De Fiores crede che “non avremmo l’Eucaristia senza Maria, perché fu sua Madre a dare a Gesù il corpo e il sangue che egli avrebbe offerto in cibo e bevanda ai suoi discepoli”. Le 31 meditazioni approfondiscono il rapporto tra Maria e l’Eucaristia. Tra i titoli: “Eucaristia e Maria nella logica del dono”, “Contempliamo l’Eucaristia nel Rosario”, “Vivere con Maria il mistero eucaristico”. La copertina del libro riproduce l’immagine della “Madonna dell’Eucaristia”, dipinta dal pittore neoclassico francese, Ingres. (A.G.)

 

 

FERVONO I PREPARATIVI A COLONIA PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’:

58 MILA FAMIGLIE PRONTE AD OSPITARE I RAGAZZI CHE SI RACCOGLIERANNO NELLA CITTA’ TEDESCA

PER L’INCONTRO CON BENEDETTO XVI

 

COLONIA. = Sono già 58.000 i posti che le famiglie di Colonia hanno messo a disposizione dei pellegrini, che nell’agosto prossimo celebreranno nella città tedesca la XX Giornata Mondiale della Gioventù con Benedetto XVI. A tre mesi dall’appuntamento, la generosa risposta ha sorpreso anche gli organizzatori dell’evento. Nel frattempo, continuano i preparativi per accogliere gli 800.000 giovani previsti. Il numero di volontari che si sono iscritti per assistere i pellegrini ed aiutare nelle varie fasi dell’avvenimento supera già i 20.000 (la cifra richiesta inizialmente). Tra di loro – informa l’agenzia Zenit – ci sono anche quasi 1.500 evangelici, mentre più di cinquecento appartengono ad altre religioni o sono atei. Tra le altre attività, si occuperanno di fornire informazioni, garantire il servizio d’ordine, distribuire cibo ed accompagnare i portatori di handicap. Dopo aver percorso molte città del Vecchio continente e le diocesi tedesche in preparazione spirituale all’incontro di agosto, la croce della Giornata Mondiale della Gioventù è tornata a Colonia, in pellegrinaggio fino alla cattedrale di Altenberg. Il governo tedesco ha dato un segnale di attenzione per l’evento, mettendo a disposizione della GMG 7,5 milioni di euro, oltre alle strutture logistiche necessarie per la sicurezza del Papa e dei giovani. (A.G.)

 

 

bilancio FINALE positivo Alla decima edizione di Civitas, conclusasi ieri a Padova.

Al salone nazionale del Terzo settore, del non profit e dell’associazionismo,

TRANSITATI quasi 50.000 visitatori. Oltre 600 le realtà rappresentate e 140 gli appuntamenti culturali

- A cura di Silvio Scacco -

 

Padova. = Ancora una volta Civitas si è dimostrata il luogo dei fatti, al di là del ricco programma culturale presentato, e i fatti sono proprio le persone che sono intervenute, che hanno girato fra gli stand e partecipato ai convegni e che testimoniano che l’interesse per questo settore c’è, è crescente ed è molto forte. Bilancio positivo, dunque, in quanto il ruolo di Civitas è quello di mettere in agenda le questioni delicate e non solo di coltivare il proprio orticello. Attorno al tema di quest’anno, “Società responsabile: a chi tocca?”, sono stati coinvolti la società civile, le istituzioni, l’impresa e il cittadino. Tra le molte iniziative di significato di quest’anno, ecco alcune tra le più importanti: Forum del Terzo Settore, Cgil, Cisl e Uil, Anci, Associazione Ong Italiane e Summit della Solidarietà hanno lanciato da Civitas la coalizione “pro welfare”, non inteso come privatizzazione, riducendo il terzo settore ad un mero erogatore di servizi disimpegnando e facendo ritirare lo Stato. "Chiediamo alle istituzioni – hanno detto i responsabili - rigore e onestà intellettuale: vogliamo sapere qual è lo stato del Paese, per definire un'agenda delle priorità". Il comitato internazionale che promuove la campagna mondiale contro la povertà ha scelto di riunirsi a Padova per denunciare una situazione davvero insopportabile. L’Italia ha il governo più avaro d’Europa e dei Paesi industrializzati e ha praticamente azzerato le risorse per la cooperazione internazionale. Infine, è stata lanciata una campagna contro il turismo sessuale: “La questione del turismo sessuale mette in discussione interi comportamenti, intere culture – ha dichiarato il magistrato di Milano, Gherardo Colombo – donne e bambini, nelle società tradizionali, sono sempre state considerati soggetti deboli, subalterni. Da qui, da questa percezione, bisogna agire per far entrare in ciascuno di noi un nuovo modo di sentire”.

 

 

 Disarmare la popolazione per favorire un clima più sereno in vista delle elezioni politiche.

È questo il decreto emanato dal presidente del Burundi, Domitien Ndayizeye.

Il provvedimento sarà certamente appoggiato dalla chiesa locale

che da sempre sostiene iniziative in favore della pace e della riconciliazione nazionale

 

BUJUMBURA. = Nei giorni scorsi il presidente del Burundi, Domitien Ndayizeye, ha emanato il decreto che prevede il disarmo della popolazione per favorire un clima più disteso in vista delle elezioni politiche fissate per il prossimo agosto. Commentando il provvedimento, una fonte della Chiesa locale ha affermato all’agenzia Fides che “con questi provvedimenti si vogliono evitare episodi d’intimidazione della popolazione o, peggio, veri e propri atti violenti”. Il decreto del presidente precisa che “l’ordine di consegnare le armi riguarda tutte le persone residenti sul territorio burundese non appartenenti alle forze di difesa e di sicurezza. Tutti coloro che rifiuteranno di consegnare un’arma e che resisteranno all’operazione di disarmo saranno puniti secondo la legge”. In Burundi, vi sono più di 300 mila armi leggere in circolazione tra la popolazione, a causa soprattutto della guerra civile scoppiata nel 1993. “Non vi sono civili che mostrano in pubblico armi, ma si sa che ve ne sono molte nelle case” specificano le fonti. “Le armi non sono vendute ai civili presso punti vendita alla luce del sole, ma chi vuole una pistola sa dove andare per procurarsela. Diverse armi provengono dalla vicina Repubblica Democratica del Congo, dove agiscono diversi movimenti di guerriglia e trafficanti di ogni genere”. (E. B.)

 

 

PROMUOVERE UNA PESCA SOSTENIBILE NELL’OCEANO INDIANO OCCIDENTALE:

E’ L’OBIETTIVO DI UNA COMMISSIONE INTERNAZIONALE CREATA SULLA BASE DI UNO STUDIO DELLA FAO

 

ROMA.= Il 75% delle risorse di pesca dell’Oceano Indiano occidentale – una fonte economica fondamentale per le popolazioni dei Paesi che vi si affacciano – sono già sfruttate al massimo della loro capacità di riproduzione e il rimanente 25%, ultra-sfruttato, necessita di una più accorta gestione. E’ quanto messo in luce da uno studio della FAO sulla base del quale è stata costituita la Commissione “South West Indian Ocean Fisheries” (SWIOFC) di cui fanno parte rappresentanti di Mozambico, Madagascar, Mauritius, Seychelles e Sudafrica. L’organismo internazionale è incaricato di promuovere una politica e una gestione della pesca responsabili e cooperanti. “Il contributo della pesca alla sicurezza alimentare e al contenimento della povertà” sarà oggetto, insieme a 20 anni di storia regionale della pesca, di un documento stilato nella prima riunione dell’organismo umanitario, tenutasi di recente in Kenya. “I pesci si muovono e non conoscono confini – ha detto Aubrey Harris, segretario della Commissione, citato dall’agenzia Misna – e per questo i Paesi interessati devono sedersi invece intorno a un tavolo e affrontare i problemi comuni” (A. G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

9 maggio 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq, dove si ripetono gli attentati della guerriglia e gli scontri tra le forze della coalizione e le formazioni ribelli, il nuovo governo ha pronunciato un nuovo giuramento davanti all’Assemblea nazionale. L’esecutivo di Baghdad ha anche annunciato l’arresto di al Al Zubaydi, considerato il numero due della rete terroristica di Al Qaeda in Iraq. Il nostro servizio:

 

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In Iraq, ormai un tunnel di violenze senza fine, almeno 75 ribelli sono stati uccisi nelle ultime 24 ore durante furiosi scontri tra guerriglieri e forze statunitensi nella turbolenta provincia occidentale di Al Anbar. Lo ha reso noto il comando americano aggiungendo che tra le vittime ci sono anche diversi miliziani non iracheni. L’offensiva statunitense, alla quale hanno partecipato anche truppe della Coalizione, è stata condotta, infatti, in un’area desertica a nord del fiume Eufrate considerata come una zona franca dai combattenti stranieri. Il dramma della violenza, dopo la strage nel deserto, ha scosso anche le affollate strade di Baghdad: un attentato suicida compiuto nel quartiere di Saidiyah contro un posto di blocco della polizia, ha provocato la morte di due agenti e di due civili. Sempre nella capitale, sono stati rinvenuti questa mattina i corpi di otto iracheni. Gli attentati e gli scontri non frenano, comunque, l’impegno politico del nuovo governo: l’intera formazione governativa ed i nuovi cinque ministri nominati ieri dal premier sciita, Ibrahim Jaafari, hanno pronunciato in Parlamento un nuovo giuramento. Per questa cerimonia sono state accolte le obiezioni formulate dai deputati curdi: ogni ministro ha menzionato il carattere federale del Paese che invece non era stato indicato nel giuramento dello scorso 3 maggio. L’aggiunta concorda con le recenti dichiarazioni del presidente curdo iracheno nelle quali Talabani indica il modello di un Iraq “indipendente e federale”.

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La tensione resta alta anche in Afghanistan: due soldati americani sono stati uccisi ieri nell’est del Paese, in un combattimento con una ventina di ribelli nella provincia di Laghman. Nel tentativo di riportare la calma, il governo ha ribadito la proposta di amnistia alla guerriglia, allargandola anche al mullah Omar ed a Gulbuddin Hekmatyar, ritenuto mandante di diversi tentativi di omicidio dello stesso presidente Karzai.

 

Nei Territori palestinesi la commissione elettorale ha reso noto i risultati ufficiali delle elezioni municipali tenutesi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza la scorsa settimana. Il partito di Al Fatah guidato dal presidente Abu Mazen, si è aggiudicato il maggior numero di consigli comunali. Ma il movimento integralista Hamas ha conquistato i centri più importanti. Al Fatah ha ottenuto 50 degli 84 Comuni della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. Ad Hamas sono andati invece 30 municipi tra cui Rafah e Kalqiliya. In Israele, intanto, il dispiegamento di forze dell’ordine non è bastato, stamani, ad evitare scontri a Gerusalemme, nella zona della spianata delle Moschee. Almeno 7 poliziotti israeliani e 4 dimostranti palestinesi sono rimasti feriti nei disordini, scoppiati in seguito alla presenza di un gruppo di estremisti ebrei.

 

Si è aperta stamani a Mosca, a margine delle celebrazioni per i 60 anni della vittoria, una riunione tra Stati Uniti, Russia, Unione Europea e ONU. Sono stati discussi tempi e termini del ritiro parziale annunciato da Israele dalla Striscia di Gaza e da settori della Cisgiordania. L’obiettivo dei mediatori internazionali è quello di far avanzare il dialogo israelo-palestinese per completare l’itinerario di pace della road map.

 

Spostiamoci in Spagna: 24 ore dopo l’annuncio di essere incinta, la principessa Letizia è in visita ufficiale alle Baleari con il marito, il principe Felipe. “Non possiamo nascondere la felicità che sentiamo per la nascita del nostro primo figlio”, ha detto l’erede al trono al suo arrivo, con la moglie, alla sede del Governo locale a Palma di Maiorca dove è stato accolto dalle autorità locali.

 

La Corea del Nord ha quasi completato il processo per la produzione di sei bombe nucleari: lo ha denunciato ieri Mohamed El Baradei, direttore generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA). El Baradei aveva già rivolto, nei giorni scorsi, un appello alla comunità internazionale chiedendo di esercitare pressioni sul regime nord-coreano per sventare la corsa nucleare di Teheran.

 

Nella Repubblica Centrafricana il ballottaggio tra il presidente uscente Bozizè e l’ex primo ministro Zigoulè, si è svolto ieri nella calma, sia nella capitale Bangui come nel resto del Paese. Alta l’affluenza alle urne e lento lo spoglio delle schede: i risultati saranno resi noti infatti solo tra due settimane. Il servizio di Giulio Albanese:

 

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Il favorito, tenendo conto anche del risultato del primo turno delle presidenziali, è il capo di Stato uscente Bozizé. Il responsabile della Commissione elettorale indipendente ha fatto sapere ieri sera che la consultazione si è svolta nella calma, regolarmente, sebbene si siano verificati in alcuni seggi sporadici incidenti, causati da facinorosi o da un’eccessiva invadenza delle forze dell’ordine. Dello stesso parere gli osservatori dell‘Organizzazione internazionale della francofonia. Fatta eccezione per qualche sporadico caso di irregolarità, le operazioni di voto possono considerarsi soddisfacenti. Bozizé è certo della vittoria avendo costretto all’esilio il suo predecessore, Patassè, accusato di malgoverno. Ieri i seggi sono stati aperti alle 6.00, ora locale. Nel corso della giornata, l’affluenza degli elettori è stata soddisfacente sia nella capitale sia nelle zone rurali. Secondo fonti ufficiali, avrebbe votato oltre il 75 per cento degli aventi diritto. Va ricordato che gli elettori hanno espresso la loro preferenza anche per eleggere 88 deputati dell’Assemblea nazionale.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Ieri si è votato anche in Uruguay per rinnovare le amministrazioni locali. I primi scrutini sembrano premiare la coalizione di sinistra Encuentro Progresista - Frente Amplio, che si avvia alla conquista di cinque province in cui si concentra il 70 per cento degli uruguayani. La stessa coalizione – che dal primo marzo governa il Paese – si è imposta anche a Montevideo, con il candidato sindaco Ricardo Ehrilch.

 

 

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