RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
129 - Testo della trasmissione di lunedì 9
maggio 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Benedetto XVI ha ricevuto oggi
i cardinali Ruini, Arinze, Kasper e Daoud
10 anni fa, Giovanni Paolo II, per il 50°
anniversario della fine del secondo conflitto mondiale.
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Fervono i preparativi a Colonia per la Giornata Mondiale della
gioventù
In Iraq il nuovo governo finalmente al completo giura per la seconda volta. Sul terreno continuano gli attentati e gli scontri: almeno 75 i ribelli uccisi nell’ovest del Paese
Resi noti i dati ufficiali delle municipali nei Territori palestinesi: Al Fatah vince ma Hamas conquista i comuni più importanti.
9
maggio 2005
LE UDIENZE DI BENEDETTO XVI
Stamane Benedetto XVI ha
ricevuto in successive udienze il cardinale Camillo Ruini, vicario per la
diocesi di Roma, con alcuni vescovi del Consiglio Episcopale; il cardinale
Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la
Disciplina dei Sacramenti; il cardinale Walter Kasper, presidente del
Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani; sua
Beatitudine il cardinale Ignace Moussa Daoud, prefetto della Congregazione per
le Chiese Orientali.
GLI AUGURI DI BENEDETTO XVI PER I 90 ANNI DEL
PROF. ELIO TOAFF,
RABBINO CAPO EMERITO DI ROMA. UN’OCCASIONE –
SCRIVE IL PAPA –
PER
RINNOVARE L’IMPEGNO A CONTINUARE IL DIALOGO TRA NOI GUARDANDO CON FIDUCIA AL
FUTURO
“La ricorrenza del Suo
novantesimo genetliaco” è un’occasione “per rinnovare l’impegno a continuare il
dialogo tra noi, guardando con fiducia al futuro”. Con queste parole Benedetto
XVI ha inviato i suoi auguri al Rabbino capo emerito di Roma Elio Toaff che
ieri a Villa Piccolomini ha festeggiato i suoi 90 anni. Il cardinale Walter
Kasper, presente alla cerimonia, ha consegnato il messaggio al prof. Toaff.
“Unito a Lei e alla Comunità
Ebraica di Roma - scrive il Papa - benedico l’Eterno per il dono della lunga e
feconda vita che Le ha concesso, durante la quale la bontà di Dio si è tante
volte manifestata e di cuore lodo l’Altissimo”. Benedetto XVI cita il Salmo
119: “Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia
madre. Ti lodo perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le tue
opere, tu mi consoci fino in fondo”.
“Con animo grato a Dio –
prosegue Benedetto XVI - ringrazio Lei, chiarissimo Professore, per le buone
relazioni che ha intessuto con la Santa Sede, particolarmente durante il
Pontificato del mio compianto predecessore, il Papa Giovanni Paolo II”.
Benedetto XVI ricorda con gioia l’abbraccio con cui il Rabbino Toaff accolse
Papa Wojtyla nella storica visita nella Sinagoga di Roma il 13 aprile 1986.
“Con sentimenti di sincera stima – conclude nel messaggio il Papa - rinnovo gli
auguri per questo giorno di festa unendomi alla Sua Comunità, ai Suoi amici e a
tutti coloro che Le vogliono bene”.
SOLO LA CONCORDIA E IL
RISPETTO POTRANNO CONDURRE L’UMANITA’
NELLA “TERRA PROMESSA” DELLA PACE. DA GIOVANNI
PAOLO II,
UN INSEGNAMENTO DESUNTO DALLA GUERRA, NEL SUO
MESSAGGIO SCRITTO
PER I 50
ANNI DALLA FINE DEL SECONDO CONFLITTO MONDIALE
- Servizio di Alessandro De Carolis -
“A mezzo
secolo di distanza, i singoli, le famiglie, i popoli custodiscono ancora il
ricordo di quei sei terribili anni: memorie di paure, di violenze, di penuria
estrema, di morte; esperienze drammatiche di separazioni dolorose, vissute
nella privazione di ogni sicurezza e libertà; traumi incancellabili dovuti a
stermini senza fine”. Dieci anni fa, quando il mondo guardava alla fine della
Seconda Guerra mondiale dalla distanza simbolica dei 50 anni, Giovanni Paolo II
iniziava con quelle parole il suo messaggio dedicato all’anniversario dell’8
maggio 1945. Per una sintesi di quelle pagine, scritte da un Papa e insieme da
un testimone diretto di quegli avvenimenti, ascoltiamo il servizio di Alessandro
De Carolis.
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Ventitré
pagine per condurre una riflessione “alta” su un orrore, scolpirne la memoria,
rintracciare fili di luce tra le abissali miserie di quei 72 mesi. Ma anche uno
sguardo retrospettivo coinvolgente, perché rende palpitante la rivisitazione
dimostrando in che modo una sconvolgente pagina di storia fosse stata per il
Papa venuto dalla Polonia prima di tutto una pagina di vita.
La
Seconda Guerra mondiale “ha segnato una svolta per l'umanità contemporanea”, si
legge nella prima pagina del Messaggio. “Col trascorrere del tempo i ricordi
non devono impallidire; devono piuttosto farsi lezione severa per la nostra e
per le future generazioni”. Mantenerne vivo il ricordo, soggiunge Giovanni
Paolo II, “è un nostro preciso dovere”, perché tra le date del 1939 e del 1945,
c’è racchiuso il sangue di decine di milioni di uccisi, di feriti, di dispersi.
“Masse enormi di
famiglie si sono viste costrette ad abbandonare terre a cui erano legate da
secolare attaccamento; ambienti umani e monumenti carichi di storia sono stati
devastati, città e paesi sconvolti e ridotti in macerie. Mai le popolazioni civili, in particolare donne e
bambini – annotava Papa Wojtyla - hanno pagato in un conflitto un prezzo così
alto di morti”.
Ma perché l’“incubo spaventoso”
della guerra - che per i Paesi dell’est si trascinò, sotto il giogo di un altro
totalitarismo di fatto fino al 1989 – ebbe quelle “incredibili proporzioni
distruttive”? Perché essa, afferma Giovanni Paolo II - fu “una mobilitazione
dell’odio”. La definizione del Papa è incisiva e innesca altri pensieri, altri
ricordi di brutalità che sono l’eredità immane del Ventesimo secolo per il
futuro. E’ quell’odio, alimentato dalla macchina della propaganda razziale, che
partorisce i campi di sterminio, bollati da Giovanni Paolo II come “infernali”.
“Auschwitz accanto a tanti altri lager - dichiara reciso - resta il simbolo
drammaticamente eloquente delle conseguenze del totalitarismo”. All’epoca, constata con amarezza, “purtroppo non ci
si rese conto che quando s'arriva a calpestare la libertà, si pongono le
premesse d'un pericoloso slittamento nella violenza e nell'odio, forieri della
'cultura della guerra'”. E nemmeno si capì che “non si edifica una società
degna della persona sulla sua distruzione, sulla repressione e sulla
discriminazione”. In altre parole, incalza Papa Wojtyla, quel tragico
conflitto, conclusosi qualche mese dopo l’8 maggio sul fronte del Pacifico con
le drammatiche vicende di Hiroshima e Nagasaki, “appare con sempre maggiore
chiarezza come 'un suicidio dell'umanità'”.
Quale lezione sociale e
politica viene ai contemporanei dagli avvenimenti di 60 anni fa? Giovanni Paolo
II non ha dubbi. “La guerra è incapace di dare giustizia”, scrive. “La cultura della pace si costruisce respingendo sul
nascere ogni forma di razzismo e di intolleranza, non cedendo in alcun modo
alla propaganda razziale, controllando gli appetiti economici e politici,
rigettando con decisione la violenza ed ogni tipo di sfruttamento…”. Un
“negoziato onesto, paziente e rispettoso dei diritti e delle aspirazioni delle
parti – osserva altrove - può aprire la via ad una risoluzione pacifica delle
situazioni più complesse”. Ma una lezione arriva anche agli uomini di fede, di
qualunque fede. “L'onda di dolore che con la guerra si è riversata sulla terra
– asserisce Giovanni Paolo II - ha spinto i credenti di tutte le religioni a
mettere le loro risorse spirituali al servizio della pace (…) Il mondo –
ribadisce - è testimone che, dopo l'immane tragedia della guerra, è nato
qualcosa di nuovo nella coscienza dei credenti delle varie Confessioni religiose:
essi si sentono più responsabili della pace tra gli uomini e hanno cominciato a
collaborare tra di loro”. La Giornata mondiale di preghiera per la pace ad
Assisi, il 27 ottobre 1986, “ha pubblicamente consacrato questo atteggiamento
maturato nella sofferenza”.
Nonostante
ciò, conclude Giovanni Paolo II, “c’è chi ancora prepara la guerra”, da un lato
propugnando l’odio, dall’altro, costruendo e smerciando armi. Così il Papa si
rivolge ai giovani. A voi, dice, “è affidata la missione di aprire nuove vie di
fratellanza tra i popoli”. E a tutti i cristiani chiede di sentire “l’esigenza”
di avere in sé “un cuore nuovo, capace di rispettare l'uomo e di promuoverne
l'autentica dignità”, così da portare l’umanità ad entrare “nella 'terra
promessa' della pace”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il titolo "La Parola di Dio non venga fatta a pezzi dai
continui cambiamenti delle mode": Benedetto XVI si è insediato sulla Cattedra
del Vescovo di Roma nella Basilica di San Giovanni in Laterano.
Al
"Regina Caeli" il Papa, in occasione della Giornata Mondiale delle
Comunicazioni Sociali, ha richiamato l'esigenza di assicurare in ogni forma di
comunicazione obiettività, rispetto della dignità umana e attenzione al bene
comune.
Nelle
vaticane, l'omelia del cardinale Giovanni Battista Re nel XXX anniversario
della morte del cardinale Mindszenty.
Nelle
estere, missionario gesuita assassinato nella Repubblica Democratica del Congo.
Concluse
a Mosca le celebrazioni europee del sessantesimo anniversario della vittoria
sul nazismo. Stemperati, in parte, i contrasti tra Bush e Putin. In Germania
sottolineata la necessità di non dimenticare l'orrore.
Nella
pagina culturale, un articolo di Francesco Licinio Galati dal titolo
"Nella ricerca del vero, del bello e del buono il segno di un invincibile
anelito alla libertà": il 9 maggio 1805 moriva a Weimar Johann Christoph
Friedrich Schiller.
Nelle
pagine italiane, statali: si apre una settimana decisiva per i rinnovi dei contratti. I
sindacati a Palazzo Chigi.
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9 maggio 2005
SFILATA DI CAPI DI STATO A MOSCA PER
RICORDARE IL 60° ANNIVERSARIO DELLA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE.
PUTIN LANCIA UN MONITO: “MAI PIÙ UNA GUERRA FREDDA”
- Intervista con Sergio Romano -
Grandi
cerimonie stamattina a Mosca, per i 60 anni dalla vittoria sul nazismo. Numerosi – circa una cinquantina – i capi di
Stato e di governo presenti nella piazza Rossa, per assistere ad una parata di
7 mila soldati. Da Mosca, Giuseppe D’Amato:
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E’ un
giorno di vittoria del bene sul male: così il presidente Putin ha definito le celebrazioni
ricordo del 60.mo anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale
all’apertura della parata sulla Piazza Rossa. E’ nostra responsabilità ricordare
i caduti – ha sottolineato il capo del Cremlino - ma non divideremo la vittoria
fra la nostra e quella di altri. Putin ha poi rimarcato l’importanza della
riconciliazione storica tra Russia e Germania e l’ha caratterizzata come una
delle più preziose conquiste. La Russia di oggi – ha proseguito Putin –
costruisce la sua politica sugli ideali di libertà e democrazia, sul diritto di
ciascuno Stato di scegliere autonomamente la sua via di sviluppo. Il leader del
Cremlino ha ribadito quindi il suo “no” ad un’altra guerra fredda.
La
parata è così proseguita con la sfilata di reparti vestiti con le uniformi
dell’Armata Rossa dell’epoca. Alcune migliaia di veterani, su cui spiccavano
tante medaglie, sono passati a bordo di camion degli anni Quaranta davanti alla
tribuna delle autorità dove erano presenti una cinquantina di capi di Stato.
Tutta la simbolica utilizzata è stata quella sovietica. Dopo circa un’ora, a
conclusione della manifestazione, Putin e i suoi ospiti hanno deposto dei fiori
sulla tomba del milite ignoto prima del ricevimento ufficiale al Cremlino. Stasera,
alle 20 di Mosca, le 18 in Italia, minuto di silenzio in tutta la Russia.
Da Mosca, per la Radio Vaticana,
Giuseppe D’Amato.
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E il 60° anniversario della
vittoria sul nazismo è stata l’occasione per un confronto a distanza tra il
presidente russo Putin e il capo della Casa Bianca. Quest’ultimo ha criticato
l’oppressione sovietica sull’Europa dell’Est seguita agli accordi di Yalta; il
capo del Cremlino ha risposto affermando che non è possibile paragonare Stalin
a Hitler. Ma ascoltiamo in proposito l’intervista di Giancarlo La Vella a Sergio
Romano, già ambasciatore italiano a Mosca:
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R. -
Tutti e due i leader hanno fatto riferimento al passato e alla storia per
perseguire obiettivi politici. Quando Putin dice che il terrorismo è il nuovo
nazismo e che occorre far fronte comune, in un certo senso utilizza la vittoria
del 1945 per suoi fini. Non dimentichiamo che la Russia è minacciata dal terrorismo
ceceno. Credo che ogni minaccia vada combattuta con metodi specifici.
Affrontare il terrorismo con i metodi con cui fu combattuta la Germania nazista
è pericoloso. Rischieremmo di commettere lo stesso errore che, a mio avviso, ha
commesso Bush quando ha ritenuto di dover andare a combattere il terrorismo in
Iraq con risultati che ormai abbiamo potuto constatare. Il terrorismo non è
stato debellato e la situazione in Iraq continua ad essere dominata
dall’insicurezza.
D. – Perché è stato scelto
questo scenario, cioè le cerimonie per il 60° anniversario della vittoria sul
nazismo, per questo confronto?
R. – Putin aveva deciso di
servirsi di questa particolare ricorrenza per risvegliare il sentimento
nazionale russo. Putin sta attraversando una fase difficile. Ha perduto una
serie di battaglie. Tra queste soprattutto quella in Ucraina dove aveva
sostenuto il candidato filorusso che poi ha perso il confronto elettorale con
quello filo occidentale. Putin ritiene, come del resto stanno facendo i cinesi
nella vicenda con il Giappone, che il richiamo al passato possa contribuire a
cementare l’unità del Paese. Insomma, per tutte queste ragioni, la cerimonia
del 60° anniversario ha acquistato una particolare importanza. La risposta di
Bush ha incrinato i rapporti. Quello che Putin ha guadagnato da una parte, temo
che lo abbia perduto dall’altra. Insomma, non mi sembra che le scelte di Putin
e Bush siano state sagge.
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IL PARLAMENTO EUROPEO COMMEMORA IL 60.MO
DELLA FINE DELLA II GUERRA MONDIALE, NEL GIORNO TRADIZIONALMENTE
DEDICATO
ALLA FESTA DELL’EUROPA
- Con noi il vice presidente Luigi Cocilovo -
Nel 60° anniversario della fine
della Seconda Guerra Mondiale, oggi la sessione plenaria del Parlamento Europeo
si apre con un intervento del presidente Borrell al quale fa seguito un interludio
musicale di Bach, per commemorare le vittime del sanguinoso conflitto. Le
celebrazioni avvengono nella giornata scelta da tempo per la festa dell’Europa.
Il servizio di Fausta Speranza:
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9
maggio 1950, Robert Schumann, ministro degli Esteri francese, presenta la proposta
di un’Europa in grado di assicurare la pace. L’idea della cooperazione europea,
che gradualmente diventa integrazione, è nata proprio in seguito ai traumi
della Seconda Guerra Mondiale. Il principio è che pace e stabilità possono
essere garantite al meglio attraverso unione ed interdipendenza. Il ricordo
dell’orrore della guerra si intreccia, dunque, con quella speranza di pace. E
non va dimenticato, sottolinea il vicepresidente del Parlamento europeo Luigi
Cocilovo:
“E’
come se da tempo i governi europei si fossero talmente abituati a convivere con
il vantaggio e con il significato più profondo dell’Unione da poterne
trascurare gli effetti e le dinamiche, guardando piuttosto ad un egoistico
ripiegamento verso malintesi interessi nazionali, che sono quelli che hanno
messo più in luce alcune contraddizioni e alcuni limiti del percorso al
Trattato costituzionale. Da qui, questo rischio di rottura anche con le opinioni
pubbliche europee, spesso alimentato da responsabilità e da miopie dei governi
nazionali, che scaricano sull’Europa contraddizioni che invece piuttosto
appartengono alle loro tiepidezze, a forme di miopia, ad un’incapacità di
reazione adeguata ai processi della cosiddetta globalizzazione del grande
scenario planetario. Il significato dell’Europa unita è come quello della
libertà, si apprezza fino in fondo soltanto quando si rischia di perderla,
mentre invece sino a quando ci si convive si guardano aspetti del tutto secondari
o, se no, addirittura strumentali”.
Tra le significative tappe
dell’Unione, c’è l’allargamento grazie al quale oggi tra i Paesi membri che
festeggiano ci sono anche le tre Repubbliche baltiche che nei giorni scorsi
sono state il punto di partenza della polemica storica tra Stati Uniti e
Russia. Repubbliche che dopo la fine della seconda guerra mondiale non hanno assaporato
la libertà fino al crollo del regime comunista e che hanno poi deciso di
entrare a far parte dell’Unione. Ancora il vicepresidente del Parlamento
europeo Cocilovo:
“Dà la sensazione
dell’Europa come motore di un processo di convivenza pacifica fra i popoli,
fondato, appunto, sui valori irrinunciabili, su istituzioni di profonda
ispirazione democratica e sulla piena salvaguardia delle libertà. L’Europa,
come faro e come punto di riferimento di questo processo democratico,
rappresenta un successo al di là delle previsioni di tutti, anche dei suoi
stessi padri fondatori tanti anni fa. E oggi rappresenta nel mondo il
riferimento insieme più ricco di suggestione, più consistente. L’Europa è in grado
di dare un messaggio di ‘esportazione’, di ‘contagio’ del percorso e dei
processi democratici, attraverso la costruzione istituzionale e politica”.
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QUASI 3 MILIONI DI PERSONE IN
ITALIA SONO IMMIGRATI.
IN TESTA I PAESI DELL’EST EUROPA. LO ANTICIPA IL
DOSSIER STATISTICO
DELLA CARITAS 2005 CHE USCIRÀ AD OTTOBRE
Italia
terra di immigrazione: quasi 3 milioni gli immigrati a cui bisogna garantire
integrazione e regole rispettose della diversità. E’ il quadro tracciato da
Caritas Italiana, Caritas di Roma e Fondazione Migrantes nelle anticipazioni del
Dossier statistico Immigrazione 2005 – che uscirà alla fine di ottobre.
Rimarcata la necessità di maggiore integrazione sociale e politica, anche a
livello europeo. Il servizio di Massimiliano Menichetti:
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Immigrazione: un processo
irreversibile. Così l’anticipazione del Dossier Statistico Immigrazione 2005
mette l’accento sul netto cambiamento dei flussi migratori che hanno interessato
ed interessano Italia ed Europa negli ultimi 35 anni. Tabelle e grafici che guardando
al 1970 evidenziano un’Italia meta e speranza per circa 140 mila persone, per oltre
1 milione nel 1997, per quasi tre milioni nel 2005. Franco Pittau curatore del
rapporto:
“C’è
stata un’impetuosa crisi per il ricongiungimento familiare. Questo porta a pensare
che l’Italia abbia nel suo DNA, per sempre ormai, l’immigrazione. Anche se noi
non facessimo più quote in ingresso, l’immigrazione aumenterebbe di più di 100
mila unità l’anno”.
Il
dossier evidenzia che l’incidenza migratoria sulla popolazione
italiana, oltre 2.730.000 persone, è ormai vicina alla media europea ovvero il
5 per cento, anche se ancora lontana dal 9 per cento di Austria e Germania. E
che quindi da Paese di emigrazione – con circa 28 milioni di espatri a partire
dall’unità d’Italia – si è arrivati a quello che viene definito “un periodo organico e stabile di flussi”. Il
documento rimarca anche che sia a livello europeo sia italiano è necessario
intensificare politiche attente a tutelare un ingresso precario e sempre più
capaci di gestire questo fenomeno garantendo diritti e servizi per tutti.
Ancora Pittau:
R. - Contrariamente all’idea
dominante, il bisogno di migrazioni in Europa non è solo temporaneo. Quindi
credo che lentamente vada passando che se l’impianto produttivo deve funzionare
ci vogliono le persone che lo devono far funzionare e queste persone, in parte,
ci mancano.
D. - La maggior parte
dell’immigrazione in Europa e in Italia da dove viene?
R. – Viene dall’Est.
Oltre all’Est Europa rimangono a
forte emigrazione anche Africa e Asia e per quanto riguarda la diffusione sul
territorio italiano il 60 per cento scelgono il Nord, il 30 per cento il
Centro, il 10 per cento vanno al Sud.
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IERI ALLA FIERA DEL
LIBRO DI TORINO
UN INCONTRO SULLA DIMENSIONE UMANA DI KAROL
WOJTYLA
- Intervista con Krzystof Zanussi -
Per
tutto l’incontro nessuno dei relatori l’ha mai chiamato Giovanni Paolo II, ma
tutti – semplicemente – Karol Wojtyla. Perché questo è stato lo spirito
dell’incontro organizzato ieri sera dalla Fondazione Sant’Anselmo alla Fiera Internazionale
del Libro di Torino: riscoprire la dimensione umana, personale del Pontefice
che ha cambiato la storia dell’ultimo scorcio di Novecento. Da Torino ce ne
parla Fabrizio Accatino:
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La
tavola rotonda ha raccolto alcune testimonianze di chi, a vario titolo, lo ha
conosciuto e frequentato. C’era Aura Miguel, dell’emittente portoghese Rádio
Renascença, che ha seguito Wojtyla in oltre 50 viaggi qua e là per il mondo e
che rievoca, su tutti, il coraggio di quella sua visita in Kazakistan, dopo
l’11 settembre 2001, mentre sul vicino Afghanistan piovevano le bombe degli
Alleati. C’erano due giornalisti italiani: Luigi Accattoli del Corriere della
Sera e Luigi Geninazzi di Avvenire. Hanno ricordato un Papa che non si è mai
dimenticato di essere polacco e che ha mantenuto intatta fino all’ultimo la sua
anima slava. E poi è intervenuto Krzysztof Zanussi, 66enne regista
cinematografico, che ha più volte incrociato – umanamente e artisticamente – le
strade del sacerdote di Wadowice. Zanussi ne ha diretto nel 1987 l’unica
biografia cinematografica, “Da un Paese lontano”, e ne ha adattato per il
grande schermo la pièce giovanile “Fratello del nostro Dio”. Zanussi ha pescato
fra i numerosi ricordi personali che lo hanno legato al Pontefice: su tutti,
quello vivido della malattia e della sofferenza:
“L’ho
visto così debole e così entusiasta quando guardava i giovani che potevano
ballare. Era un qualcosa che aveva un significato, perché si sentiva già
l’ombra della morte, nel gennaio del 2004. E nello stesso tempo aveva questa
grande gioia di vivere, una gioia che veniva dalla fede. Non c’era altro motivo
per questa gioia. La vecchiaia normalmente è molto triste. La sua vecchiaia
invece è stata sempre piena di speranza. Questo è stato il suo ultimo importantissimo
messaggio per me”.
Da Torino, Fabrizio Accatino per
Radio Vaticana.
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OGGI IL BICENTENARIO DELLA MORTE DEL GRANDE DRAMMATURGO POETA FILOSOFO
E STORICO TEDESCO FRIEDRICH SCHILLER
-
Intervista con il germanista e musicologo Quirino Principe -
La
Germania saluta con un anno di celebrazioni il bicentenario di Friedrich
Schiller, drammaturgo, poeta, filosofo e storico tedesco, nato a Marbach am
Neckar il 10 novembre 1759 e morto a Weimar il 9 maggio 1805. Anche in Italia,
nei giorni scorsi un convegno all’Università Roma Tre ha indagato in
particolare l’eredità di Schiller nelle culture romanze, europee e
latinoamericane. Ascoltiamo al microfono di A.V. uno dei relatori, il
professor Quirino Principe, germanista e musicologo.
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R. – Nelle culture romanze la
figura di Schiller oggi è molto obnubilata, quasi dimenticata.
D. - La conoscenza delle sue
opere è stata spesso mediata da fonti secondarie, traduzioni o libretti per il
teatro musicale, dove trovò la sua fortuna. Lo stesso Principe ha portato al
convegno alcuni esempi.
R. – “Don Carlo”, secondo le
versioni di Giuseppe Verdi, a partire da Schiller, attraverso le numerose
traduzioni italiane e discorso assolutamente analogo e parallelo a proposito di
“Luisa Miller”.
D. - I suoi versi strinsero un efficace sodalizio con la
musica, divenendo immortali come nell’Ode alla Gioia, finale della IX Sinfonia
di Beethoven.
R. – Schilller è presente nella
grande ideistica romantica e tardo romantica. In lingua tedesca ci sono per
esempio composizioni di Strauss, Schubert su testi di Schiller. Ci sono poi una
serie di composizioni corali, come alcuni cori di Strauss, Brahms e il finale
della Nona sinfonia di Beethoven, che come noto è sull’Ode “An die Freude”, anche
se mi permetto di ricordare che il titolo originale di quest’ode era “Alla
libertà”. C’è poi invece il teatro di Schiller che ha ispirato moltissimo
teatro. Voglio ricordare per esempio
come la “Die Jungfrau von
Orléans” abbia
ispirato sia la Giovanna d’Arco di Verdi che “La Fanciulla di Orleans” di Chajkovsky. In particolare poi c’è un caso molto curioso, e cioè la “Turandot”
di Schiller, che è un dramma molto trascurato, tenuto ai margini.
D. - Poi i grandi
drammi storici: “Maria Stuarda” ispirò Donizetti, “Guglielmo Tell” Rossini,
“Don Carlos”, “Luisa Miller” e i “Masnadieri” Giuseppe Verdi. La storia gioca
un ruolo fondamentale nel pensiero e nel teatro schilleriano.
R. – Certo, lo sfondo storico
c’è, ma c’è anche una notevole libertà nel trattarlo. C’è un’interpretazione
della storia secondo il verosimile aristotelico, cioè questi giorni storici
sono piegati a degli intenti morali.
D. - L’anniversario schilleriano
coincide oggi con la Giornata dell’Europa, nell’anniversario (9 maggio 1950)
dell’istituzione della “Comunità Europea per il Carbone e l’Acciaio” (CECA).
Quali valori consegna Schiller all’attuale Europa unita?
R. – Tutta l’opera di Schiller,
non soltanto il teatro, ma le poesie, le poesie filosofiche, gli aforismi, il
saggio celeberrimo sulla poesia ingenua sentimentale ha un tema dominante, e
cioè la libertà. Leggere il teatro di Schiller, metterlo in scena, ascoltare opere
musicali che da questo teatro sono derivate, serve ad essere europei in modo
meno mediocre.
(Musica)
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PRESENTATO OGGI AL MUSEO
BORGHESE DI ROMA IL RESTAURO
DELLA DEPOSIZIONE
DI CRISTO, SUBLIME CAPOLAVORO DI RAFFAELLO
- Intervista con la dott.ssa Kristina Hermann
Fiore -
Torna alla sua
originaria bellezza la “Deposizione di Cristo”, tra le opere più significative
di Raffaello. Il dipinto, capolavoro assoluto del Cinquecento, è stato
sottoposto ad un accurato restauro ad opera della Soprintendenza speciale per
il Polo museale romano. L’esito dei lavori è stato presentato stamani al Museo
Borghese di Roma. A coordinare il restauro la dottoressa Kristina Hermann
Fiore, direttore storico dell’arte della Galleria Borghese, che - al microfono
di Alessandro Gisotti – spiega la complessità dell’intervento sul capolavoro
raffaellesco:
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(Musica)
R. -
Come in tutti i restauri, chiaramente è da valutare fino a che punto si vada in
profondità di questa superficie composta da vari strati. Abbiamo tolto per
prudenza soltanto l’ultima vernice oscurata, che aveva creato una specie di
cortina torbida, oscura, grigia, che non consentiva più di leggere le
differenze sottilissime di Raffaello nella descrizione dei vivi e dei morti,
dei giovani e dei vecchi, di donne e uomini.
D. – Una cosa
che colpisce subito l’occhio dell’osservatore sono i colori …
R. – Questa è stata una
bellissima sorpresa per noi, anche durante il restauro! Per esempio la
Maddalena, al centro del dipinto, aveva un vestito grigio, e pulendo è uscito
fuori un viola bluastro meraviglioso. Un’altra sorpresa è la donna in
ginocchio, una delle tre Marie, che ha un manto blu cangiante ed una fodera di
questo manto in rosso, però il bordo intorno al corpo della fanciulla era stato
ridipinto, in seguito ad un restauro precedente, con il marrone. L’acutezza
dell’osservazione della restauratrice ha scoperto sotto delle tracce di rosso
liberando tutto questo bordo che adesso dà l’effetto, quasi, di una corolla di
un fiore che si sviluppa verso l’alto della figura di questa donna.
D. – Che cosa ci racconta questo
dipinto della personalità di Raffaello?
R. – E’ difficile descrivere la personalità degli
artisti, soprattutto quando sono così distanti nel tempo. Certamente, ha dato
un’interpretazione rivoluzionaria del tema. Qui si tratta, infatti, per la
prima volta in grande formato del trasporto vero del Corpo del Cristo morto
verso la tomba, da parte di Nicodemo e Giovanni di Arimatea. C’è questa
dinamica dei due gruppi di figure in diagonale verso i bordi, destro e
sinistro, con un grande calcolo delle orizzontali e verticali di questa
composizione, fatta con una maestria unica.
(Musica)
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9
maggio 2005
“La ricorrenza della Giornata dell’Europa è un’
occasione per non dimenticare che il processo dell’unificazione europea
in corso nasce dalla volontà di non cadere più nel
baratro della guerra”.
Così mons. Amedee Grab, presidente del Consiglio delle
Conferenze Episcopali d’Europa
- A cura di Eugenio Bonanata -
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ROMA. = “Oggi celebrare con
coerenza l’Europa significa per essa assumersi l’impegno di far cessare le
guerre che insanguinano la terra e che generano disperazione, disastri ambientali,
disgregazione sociale, ingiustizie e povertà”. Per mons. Grab, presidente del
Consiglio degli episcopati europei, che ha richiamato le recenti vicende dei
Balcani, l’assenza di conflitti armati non significa assenza di “guerra”. “La
vera pace, la giustizia e la stabilità sociale – si legge nel messaggio -
mancano ancora in molte parti del nostro continente”. Da qui, dunque, la responsabilità
e la necessità di ricordare “gli eventi scellerati ed inumani che
caratterizzano ogni conflitto, in particolare insieme alle giovani generazioni,
che non hanno conosciuto questi orrori”. Il presule, ribadendo che il rispetto
degli Obiettivi del millennio rappresenta la migliore opportunità per mettere
fine alla povertà in Africa, ha rinnovato l’appello ai governi e alle
istituzioni europee sulla “necessità di una cancellazione del debito, di regole
commerciali giuste e di una mondializzazione dal volto umano”. Un appello,
questo, che ripete il messaggio dei vescovi europei ed africani, riuniti in
Simposio a Roma nel novembre 2004. E proprio in questi giorni, le Chiese
europee iniziano il processo di una Terza assemblea ecumenica europea sul tema
“La luce di Cristo illumina tutti. Speranza di rinnovamento e unità in Europa”.
Siamo coscienti – ha concluso mons. Grab -
che il Vangelo e la riconciliazione tra i cristiani sono i doni più
preziosi che, come Chiese, possiamo offrire per il cammino della pace”. (E. B.)
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Al via ad Atene, da oggi fino al prossimo 16 maggio, la
Conferenza mondiale sulla missione e
l’evangelizzazione promossa dal Consiglio Ecumenico
delle Chiese sul tema “Vieni, Spirito Santo,
guarisci e riconcilia! Chiamati ad essere comunità di
riconciliazione e di guarigione”
ATENE. = Lo svolgimento della
missione in situazioni di conflitto, il legame tra guarigione, salvezza e
conversione, la missione tra gli infermi dell’HIV/AIDS e la visione della
riconciliazione nelle popolazioni autoctone. Sono alcuni dei temi al centro dei
settanta seminari previsti, all’incontro di Atene, promosso dal Consiglio
ecumenico delle Chiese (WCC – COE), prendono parte i membri delle Chiese
integrate nel Consiglio Ecumenico, circa 500 persone, esponenti della Chiesa
cattolica, pentecostale ed evangelica, consulenti ed esperti. Fra questi,
saranno 25 i delegati cattolici, designati dal Pontificio Consiglio per la
Promozione dell’unità dei cristiani. I membri della delegazione cattolica
ufficiale, parteciperanno a tutti gli aspetti del ricco programma in qualità di
osservatori, poiché la Chiesa cattolica non è membro del Consiglio ecumenico
delle Chiese. Obiettivo dell’incontro è rinnovare ai partecipanti una visione
che passi attraverso strumenti efficaci per continuare a rispondere all’appello
di essere in missione insieme e per poter agire, dunque, in favore della
riconciliazione e della guarigione in Cristo nel mondo. Così, dalla riflessione
e dalle testimonianze si dovrà sperimentare quella guarigione e quella
riconciliazione che portano alla trasformazione delle persone. Per questa via,
ciascuno potrà operare come agente di unità e di comunione all’interno delle
proprie comunità. Le sessioni plenarie
giornaliere verteranno sulle varie dimensioni di tali finalità e sugli elementi
essenziali del tema di fondo. Uno degli incontri sarà inoltre dedicato ai
complessi rapporti tra missione e violenza, nell’ambito del Decennio “Vincere
la violenza (2001-2010)”, un impegno prioritario del Consiglio Ecumenico delle
Chiese, giunto a metà percorso. L’organismo, nato ad Amsterdam nel 1948,
raccoglie la quasi totalità delle Chiese cristiane non cattoliche. A partire
dal pontificato di Giovanni XXIII, la Chiesa cattolica ha intensificato i suoi
rapporti con il Consiglio Ecumenico. Attualmente, questo rapporto si articola
con la presenza stabile di una consultrice, una religiosa, che
rende presente la prospettiva cattolica nella trattazione dei temi. (E. B.)
“MARIA, DONNA DELL’EUCARISTIA”:
E’ IL TITOLO DI UNA RACCOLTA DI MEDITAZIONI DEL
TEOLOGO STEFANO DE FIORES,
PUBBLICATA DA CITTA’ NUOVA
ROMA.= Il teologo ed esperto di
Mariologia, Stefano de Fiores, ha scritto 31 meditazioni – una per ogni giorno
di maggio, mese mariano – raccolte nel libro “Maria, donna dell’Eucaristia”,
edito da Città Nuova. L’esperto di Mariologia e professore alla Pontificia
università Gregoriana afferma che “il primo legame tra l’Eucaristia e Maria è
dato dal mistero dell’Incarnazione, perché proprio allora, per opera dello
Spirito Santo, Maria dona al Figlio dell’Altissimo la natura umana, cioè il
corpo e il sangue che egli offrirà sulla Croce per la salvezza del mondo”.
Padre De Fiores crede che “non avremmo l’Eucaristia senza Maria, perché fu sua
Madre a dare a Gesù il corpo e il sangue che egli avrebbe offerto in cibo e
bevanda ai suoi discepoli”. Le 31 meditazioni approfondiscono il rapporto tra
Maria e l’Eucaristia. Tra i titoli: “Eucaristia e Maria nella logica del dono”,
“Contempliamo l’Eucaristia nel Rosario”, “Vivere con Maria il mistero
eucaristico”. La copertina del libro riproduce l’immagine della “Madonna
dell’Eucaristia”, dipinta dal pittore neoclassico francese, Ingres. (A.G.)
FERVONO I PREPARATIVI A COLONIA PER LA GIORNATA
MONDIALE DELLA GIOVENTU’:
58 MILA FAMIGLIE PRONTE AD OSPITARE I RAGAZZI CHE
SI RACCOGLIERANNO NELLA CITTA’ TEDESCA
PER L’INCONTRO CON BENEDETTO XVI
COLONIA.
= Sono già 58.000 i posti che le famiglie di Colonia hanno messo a disposizione
dei pellegrini, che nell’agosto prossimo celebreranno nella città tedesca la XX
Giornata Mondiale della Gioventù con Benedetto XVI. A tre mesi
dall’appuntamento, la generosa risposta ha sorpreso anche gli organizzatori
dell’evento. Nel frattempo, continuano i preparativi per accogliere gli 800.000
giovani previsti. Il numero di volontari che si sono iscritti per assistere i
pellegrini ed aiutare nelle varie fasi dell’avvenimento supera già i 20.000 (la
cifra richiesta inizialmente). Tra di loro – informa l’agenzia Zenit – ci sono
anche quasi 1.500 evangelici, mentre più di cinquecento appartengono ad altre
religioni o sono atei. Tra le altre attività, si occuperanno di fornire
informazioni, garantire il servizio d’ordine, distribuire cibo ed accompagnare
i portatori di handicap. Dopo aver percorso molte città del Vecchio continente
e le diocesi tedesche in preparazione spirituale all’incontro di agosto, la
croce della Giornata Mondiale della Gioventù è tornata a Colonia, in
pellegrinaggio fino alla cattedrale di Altenberg. Il governo tedesco ha dato un
segnale di attenzione per l’evento, mettendo a disposizione della GMG 7,5
milioni di euro, oltre alle strutture logistiche necessarie per la sicurezza
del Papa e dei giovani. (A.G.)
bilancio FINALE positivo Alla decima edizione di
Civitas, conclusasi ieri a Padova.
Al salone nazionale del Terzo settore, del non profit
e dell’associazionismo,
TRANSITATI quasi 50.000 visitatori. Oltre 600 le
realtà rappresentate e 140 gli appuntamenti culturali
- A cura di Silvio Scacco -
Padova. =
Ancora una volta Civitas si è dimostrata il luogo dei fatti, al di là del ricco
programma culturale presentato, e i fatti sono proprio le persone che sono
intervenute, che hanno girato fra gli stand e partecipato ai convegni e che
testimoniano che l’interesse per questo settore c’è, è crescente ed è molto
forte. Bilancio positivo, dunque, in quanto il ruolo di Civitas è
quello di mettere in agenda le questioni delicate e non solo di coltivare il
proprio orticello. Attorno al tema di quest’anno, “Società responsabile: a chi
tocca?”, sono stati coinvolti la società civile, le istituzioni, l’impresa e il
cittadino. Tra le molte iniziative di significato di quest’anno, ecco alcune
tra le più importanti: Forum del Terzo Settore, Cgil,
Cisl e Uil, Anci, Associazione Ong Italiane e Summit della Solidarietà hanno
lanciato da Civitas la coalizione “pro welfare”, non inteso come
privatizzazione, riducendo il terzo settore ad un mero erogatore di servizi
disimpegnando e facendo ritirare lo Stato. "Chiediamo alle istituzioni –
hanno detto i responsabili - rigore e onestà intellettuale: vogliamo sapere
qual è lo stato del Paese, per definire un'agenda delle priorità". Il comitato
internazionale che promuove la campagna mondiale contro la povertà ha scelto di
riunirsi a Padova per denunciare una situazione davvero insopportabile.
L’Italia ha il governo più avaro d’Europa e dei Paesi industrializzati e ha
praticamente azzerato le risorse per la cooperazione internazionale. Infine, è stata lanciata una campagna
contro il turismo sessuale: “La questione del turismo sessuale mette in
discussione interi comportamenti, intere culture – ha dichiarato il magistrato
di Milano, Gherardo Colombo – donne e bambini, nelle società tradizionali, sono
sempre state considerati soggetti deboli, subalterni. Da qui, da questa
percezione, bisogna agire per far entrare in ciascuno di noi un nuovo modo di
sentire”.
Disarmare la
popolazione per favorire un clima più sereno in vista delle elezioni politiche.
È questo il decreto emanato dal presidente del
Burundi, Domitien Ndayizeye.
Il provvedimento sarà certamente appoggiato dalla
chiesa locale
che da sempre sostiene iniziative in favore della
pace e della riconciliazione nazionale
BUJUMBURA. = Nei giorni scorsi il presidente del Burundi,
Domitien Ndayizeye, ha emanato il decreto che prevede il disarmo della
popolazione per favorire un clima più disteso in vista delle elezioni politiche
fissate per il prossimo agosto. Commentando il provvedimento, una fonte della
Chiesa locale ha affermato all’agenzia Fides che “con questi provvedimenti si
vogliono evitare episodi d’intimidazione della popolazione o, peggio, veri e
propri atti violenti”. Il decreto del presidente precisa che “l’ordine di
consegnare le armi riguarda tutte le persone residenti sul territorio burundese
non appartenenti alle forze di difesa e di sicurezza. Tutti coloro che
rifiuteranno di consegnare un’arma e che resisteranno all’operazione di disarmo
saranno puniti secondo la legge”. In Burundi, vi sono più di 300 mila armi
leggere in circolazione tra la popolazione, a causa soprattutto della guerra
civile scoppiata nel 1993. “Non vi sono civili che mostrano in pubblico armi,
ma si sa che ve ne sono molte nelle case” specificano le fonti. “Le armi non
sono vendute ai civili presso punti vendita alla luce del sole, ma chi vuole
una pistola sa dove andare per procurarsela. Diverse armi provengono dalla
vicina Repubblica Democratica del Congo, dove agiscono diversi movimenti di guerriglia
e trafficanti di ogni genere”. (E. B.)
PROMUOVERE
UNA PESCA SOSTENIBILE NELL’OCEANO INDIANO OCCIDENTALE:
E’ L’OBIETTIVO
DI UNA COMMISSIONE INTERNAZIONALE CREATA SULLA BASE DI UNO STUDIO DELLA FAO
ROMA.=
Il 75% delle risorse di pesca dell’Oceano Indiano occidentale – una fonte economica
fondamentale per le popolazioni dei Paesi che vi si affacciano – sono già sfruttate
al massimo della loro capacità di riproduzione e il rimanente 25%,
ultra-sfruttato, necessita di una più accorta gestione. E’ quanto messo in luce
da uno studio della FAO sulla base del quale è stata costituita la Commissione
“South West Indian Ocean Fisheries” (SWIOFC) di cui fanno parte rappresentanti
di Mozambico, Madagascar, Mauritius, Seychelles e Sudafrica. L’organismo
internazionale è incaricato di promuovere una politica e una gestione della
pesca responsabili e cooperanti. “Il contributo della pesca alla sicurezza
alimentare e al contenimento della povertà” sarà oggetto, insieme a 20 anni di
storia regionale della pesca, di un documento stilato nella prima riunione
dell’organismo umanitario, tenutasi di recente in Kenya. “I pesci si muovono e
non conoscono confini – ha detto Aubrey Harris, segretario della Commissione,
citato dall’agenzia Misna – e per questo i Paesi interessati devono sedersi
invece intorno a un tavolo e affrontare i problemi comuni” (A. G.)
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9 maggio 2005
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In
Iraq, dove si ripetono gli attentati della guerriglia e gli scontri tra le
forze della coalizione e le formazioni ribelli, il nuovo governo ha pronunciato
un nuovo giuramento davanti all’Assemblea nazionale. L’esecutivo di Baghdad ha
anche annunciato l’arresto di al Al Zubaydi, considerato il numero due della
rete terroristica di Al Qaeda in Iraq. Il nostro servizio:
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In Iraq,
ormai un tunnel di violenze senza fine, almeno 75 ribelli sono stati
uccisi nelle ultime 24 ore durante furiosi scontri tra guerriglieri e forze
statunitensi nella turbolenta provincia occidentale di Al Anbar. Lo ha reso
noto il comando americano aggiungendo che tra le vittime ci sono anche diversi
miliziani non iracheni. L’offensiva statunitense, alla quale hanno partecipato
anche truppe della Coalizione, è stata condotta, infatti, in un’area desertica
a nord del fiume Eufrate considerata come una zona franca dai combattenti
stranieri. Il dramma della violenza, dopo la strage nel deserto, ha scosso
anche le affollate strade di Baghdad: un attentato suicida compiuto nel
quartiere di Saidiyah contro un posto di blocco della polizia, ha provocato la
morte di due agenti e di due civili. Sempre nella capitale, sono stati
rinvenuti questa mattina i corpi di otto iracheni. Gli attentati e gli scontri
non frenano, comunque, l’impegno politico del nuovo governo: l’intera
formazione governativa ed i nuovi cinque ministri nominati ieri dal premier
sciita, Ibrahim Jaafari, hanno pronunciato in Parlamento un nuovo giuramento.
Per questa cerimonia sono state accolte le obiezioni formulate dai deputati
curdi: ogni ministro ha menzionato il carattere federale del Paese che
invece non era stato indicato nel giuramento dello scorso 3 maggio. L’aggiunta
concorda con le recenti dichiarazioni del presidente curdo iracheno nelle quali
Talabani indica il modello di un Iraq “indipendente e federale”.
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La tensione resta alta anche in Afghanistan: due soldati
americani sono stati uccisi ieri nell’est del Paese, in un combattimento con una
ventina di ribelli nella provincia di Laghman. Nel tentativo di riportare la
calma, il governo ha ribadito la proposta di amnistia alla guerriglia,
allargandola anche al mullah Omar ed a Gulbuddin Hekmatyar, ritenuto mandante
di diversi tentativi di omicidio dello stesso presidente Karzai.
Nei Territori palestinesi la commissione elettorale ha
reso noto i risultati ufficiali delle elezioni municipali tenutesi in
Cisgiordania e nella Striscia di Gaza la scorsa settimana. Il partito di Al
Fatah guidato dal presidente Abu Mazen, si è aggiudicato il maggior numero di
consigli comunali. Ma il movimento integralista Hamas ha conquistato i centri
più importanti. Al Fatah ha ottenuto 50 degli 84 Comuni della Cisgiordania e
della Striscia di Gaza. Ad Hamas sono andati invece 30 municipi tra cui Rafah e
Kalqiliya. In Israele, intanto, il dispiegamento di forze dell’ordine non è
bastato, stamani, ad evitare scontri a Gerusalemme, nella zona della spianata
delle Moschee. Almeno 7 poliziotti israeliani e 4 dimostranti palestinesi sono
rimasti feriti nei disordini, scoppiati in seguito alla presenza di un gruppo
di estremisti ebrei.
Si è aperta stamani a Mosca, a margine delle celebrazioni
per i 60 anni della vittoria, una riunione tra Stati Uniti, Russia, Unione
Europea e ONU. Sono stati discussi tempi e termini del ritiro parziale
annunciato da Israele dalla Striscia di Gaza e da settori della Cisgiordania.
L’obiettivo dei mediatori internazionali è quello di far avanzare il dialogo israelo-palestinese
per completare l’itinerario di pace della road map.
Spostiamoci in Spagna: 24 ore
dopo l’annuncio di essere incinta, la principessa Letizia è in visita ufficiale
alle Baleari con il marito, il principe Felipe. “Non possiamo nascondere la
felicità che sentiamo per la nascita del nostro primo figlio”, ha detto l’erede
al trono al suo arrivo, con la moglie, alla sede del Governo locale a Palma di
Maiorca dove è stato accolto dalle autorità locali.
La
Corea del Nord ha quasi completato il processo per la produzione di sei bombe nucleari:
lo ha denunciato ieri Mohamed El Baradei, direttore generale dell’Agenzia
Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA). El Baradei aveva già rivolto, nei
giorni scorsi, un appello alla comunità internazionale chiedendo di esercitare
pressioni sul regime nord-coreano per sventare la corsa nucleare di Teheran.
Nella Repubblica Centrafricana
il ballottaggio tra il presidente uscente Bozizè e l’ex primo ministro Zigoulè,
si è svolto ieri nella calma, sia nella capitale Bangui come nel resto del
Paese. Alta l’affluenza alle urne e lento lo spoglio delle schede: i risultati
saranno resi noti infatti solo tra due settimane. Il servizio di Giulio
Albanese:
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Il favorito, tenendo conto anche del risultato del primo
turno delle presidenziali, è il capo di Stato uscente Bozizé. Il responsabile
della Commissione elettorale indipendente ha fatto sapere ieri sera che la
consultazione si è svolta nella calma, regolarmente, sebbene si siano
verificati in alcuni seggi sporadici incidenti, causati da facinorosi o da
un’eccessiva invadenza delle forze dell’ordine. Dello stesso parere gli
osservatori dell‘Organizzazione internazionale della francofonia. Fatta eccezione
per qualche sporadico caso di irregolarità, le operazioni di voto possono
considerarsi soddisfacenti. Bozizé è certo della vittoria avendo costretto all’esilio
il suo predecessore, Patassè, accusato di malgoverno. Ieri i seggi sono stati
aperti alle 6.00, ora locale. Nel corso della giornata, l’affluenza degli
elettori è stata soddisfacente sia nella capitale sia nelle zone rurali.
Secondo fonti ufficiali, avrebbe votato oltre il 75 per cento degli aventi
diritto. Va ricordato che gli elettori hanno espresso la loro preferenza anche
per eleggere 88 deputati dell’Assemblea nazionale.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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Ieri si è votato anche in Uruguay per rinnovare le amministrazioni
locali. I primi scrutini sembrano premiare la coalizione di sinistra Encuentro
Progresista - Frente Amplio, che si avvia alla conquista di cinque
province in cui si concentra il 70 per cento degli uruguayani. La stessa
coalizione – che dal primo marzo governa il Paese – si è imposta anche a
Montevideo, con il candidato sindaco Ricardo Ehrilch.
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