RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 128 - Testo della trasmissione di domenica 8  maggio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:                                                                             

L’importante ruolo dei media, che possono favorire il bene o il male: nella Giornata mondiale delle comunicazioni sociali Benedetto XVI, al Regina Coeli, fa appello alla responsabilità personale. Per la festa della mamma un saluto particolare del Papa attraverso migliaia di bambini arrivati in piazza San Pietro per la maratona di primavera: ce ne parla p. Antonio Maria Perrone.

 

Il Popolo di  Roma stretto intorno al suo Vescovo: ieri pomeriggio il Santo Padre nella basilica di San Giovanni in Laterano per il rito di insediamento.

 

39.ma Giornale mondiale delle comunicazioni sociali: intervista con l’arcivescovo John Foley

 

IN PRIMO PIANO:

60 anni fa l’8 maggio del 1945 l’Europa usciva dal tunnel della Seconda Guerra Mondiale; ai nostri microfoni il prof. Eugenio Bonanate.

 

Tecnologia digitale e lotta alla povertà: il 12 e 13 maggio a Milano e New York V edizione della Conferenza mondiale “Infopoverty”. Con noi Pierpaolo Saporito.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Migliaia di persone hanno partecipato oggi a Pompei alla Supplica alla Vergine Maria.

 

Ucciso ieri a Kinshasa da banditi di strada il p. gesuita René De Haes

 

Il cardinale Giovanni Battista Re presiede nella chiesa romana di Santa Balbina una solenne concelebrazione eucaristica per commemorare 30 anni dalla morte del cardinale Midszenty

 

In Perù 5 serate gastronomiche organizzate dai Padri Agostiniani per aiutare la regione peruviana dell’Apurimac

 

L’Organizzazione Mondiale della Santità lancia l’allarme meningite nei campi per rifugiati in Darfur

 

24 ORE NEL MONDO:

 

Bush arriverà questa sera a Mosca ma i rapporti tra Stati Uniti e Russia sono tesi - In Iraq il premier Jaafari completa il governo – Oggi elezioni nella Repubblica Centrafricana.

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

8 maggio 2005

 

 

 

IL MISTERO CRISTIANO DELL’ASCENSIONE ED IL RUOLO DEI MEDIA PER FAVORIRE L’INTESA FRA I POPOLI DEL MONDO INTERO : I TEMI AFFRONTATI STAMANE

DAL PAPA, PRIMA DELLA RECITA  DEL REGINA COELI, IN UNA PIAZZA SAN PIETRO GREMITA DI MIGLIAIA DI FEDELI, COME NELLE GRANDI OCCASIONI.

E PER LA PRIMA VOLTA E’ APPARSO IL NUOVO STEMMA DI BENEDETTO XVI,

SULL’ARAZZO ROSSO STESO SOTTO LA  FINESTRA DEL SUO STUDIO.

NELLA MATTINA, ANCHE IL SALUTO AI BAMBINI PARTECIPANTI ALLA MARATONA DI PRIMAVERA, NEL GIORNO DELLA FESTA DELLA MAMMA.

 

-          Servizio di Roberta Gisotti -

 

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         “Nell’attuale epoca dell’immagine i mass media costituiscono effettivamente una straordinaria risorsa per promuovere la solidarietà e l’intesa della famiglia umana”: cosi il Papa nella Giornata odierna delle comunicazioni sociali, dedicata al tema “I mezzi di comunicazione al servizio della comprensione tra i popoli” E “prova straordinaria”, ha ricordato Benedetto XVI, ne abbiamo avuta recentemente, in occasione della morte e delle esequie di Giovanni Paolo II. “Tutto dipende però – ha aggiunto il Santo Padre – dal modo in cui vengono usati”

 

Questi importanti strumenti della comunicazione possono favorire la conoscenza reciproca e il dialogo, oppure, al contrario, alimentare il pregiudizio e il disprezzo tra gli individui e i popoli; possono contribuire a diffondere la pace o a fomentare la violenza. Ecco perché occorre sempre fare appello alla responsabilità personale; è necessario che tutti facciano la loro parte per assicurare in ogni forma di  comunicazione obiettività, rispetto della dignità umana e attenzione al bene comune. In tal modo si contribuisce ad abbattere i muri di ostilità che ancora dividono l’umanità, e si possono consolidare quei vincoli di amicizia e di amore che sono segni del Regno di Dio nella storia.”

 

Benedetto XVI si è soffermato quindi sulla solennità dell’Ascensione del Signore al Cielo, celebrata oggi in molti Paesi, tra cui anche l’Italia. Una festa che invita la comunità cristiana a volgere lo sguardo a Colui che “salendo al Cielo” – ha spiegato il Papa -  “ha riaperto la via verso la nostra patria definitiva, che è il paradiso.”

 

“Siamo pertanto chiamati a rinnovare la nostra fede in Gesù, l’unica vera àncora di salvezza per tutti gli uomini.”

 

Infine la benedizione e l’invocazione a Maria perché protegga la Chiesa e specialmente quanti sono dedicati “all’opera di evangelizzazione mediante i mezzi della comunicazione sociale”; e poi dopo la recita del regina Coeli, una particolare raccomandazione di Benedetto XVI:

 

“Auspico che la formazione delle nuove generazioni sia sempre al centro dell’attenzione della comunità ecclesiale e delle pubbliche istituzioni.”

 

Tale richiamo è giunto dopo che il Papa aveva questa mattina rivolto  un particolare omaggio ai bambini e a tutte le loro mamme per la Festa della Mamma, affacciandosi alle 10 dalla stessa finestra del suo studio per salutare duemila alunni della scuole elementari di Roma e del Lazio, arrivati in Piazza San Pietro, in occasione della 25 ma Maratona di Primavera - Festa nazionale della scuola.

 

“La mia benedizione e saluti ai vostri genitori, ai vostri amici…. Auguri a voi tutti e particolarmente alle mamme”

 

I piccoli maratoneti hanno animato al centro della piazza una bella coreografia sul tema “Europa e Musica” e poi hanno liberato verso il cielo tanti palloncini con messaggi d’amore per la ‘Mamma celeste’. Quindi il via, alla presenza di autorità civili, alla Maratona di 5 chilometri con meta finale il Pincio, cui hanno partecipato anche studenti delle scuole superiori e diversi amatori della FIDAL impegnati in una speciale sezione agonistica. Tutti uniti dallo stesso spirito di correre con la voglia di costruire un mondo migliore, come ha spiegato padre Antonio Maria Perrone, presidente nazionale della FIDAE, scuole cattoliche, al microfono di Marina Tomarro:

 

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R. – La maratona è una forma di presenza visibile di giovani che marciano per le vie di Roma per significare una realtà, quella giovanile, che è una realtà in crescita, naturalmente, con dei valori che ogni ragazzo porta in se stesso e  che nella comunione con gli altri possono essere meglio evidenziati.

 

D.- A questa Maratona hanno partecipato sia scuole cattoliche, che scuole pubbliche. Può essere l’occasione per uno scambio di idee?

 

R. – Certo. Noi, per esempio, rappresentiamo le scuole cattoliche, ma non andiamo assolutamente contro le cosiddette scuole statali, anzi siamo insieme per una società migliore. Queste sono le parole che io dico sempre. D’altra parte formiamo il sistema educativo nazionale per la formazione dei giovani, per dare così un contributo ad una società più elevata dal punto di vista culturale, attraverso l’educazione.

 

D. – Qual è il messaggio che deve arrivare da questo tipo di iniziative?

 

R.- Continuiamo! Che la maratona non si esaurisca in un solo giorno, ma sia un camminare insieme costante per tutta la vita, soprattutto per il periodo della gioventù, perché sono i giovani le fondamenta della nostra società di domani.

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IL POPOLO DI ROMA STRETTO INTORNO AL SUO VESCOVO: IERI POMERIGGIO IL SANTO PADRE NELLA BASILICA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO PER IL RITO DI INSEDIAMENTO

 

 

Migliaia di fedeli hanno accolto ieri pomeriggio Benedetto XVI nella Basilica di San Giovanni il Laterano dove si è svolto il rito di insediamento sulla cattedra episcopale romana. Il Papa è arrivato a bordo di una mercedes nera decappottata. Ad attenderlo, nella madre di tutte le chiese, anche il sindaco di Roma Walter Veltroni, il presidente della Provincia Enrico Gasbarra e il presidente della Regione, Piero Marrazzo. Il servizio di Tiziana Campisi.

 

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“Cari romani, adesso sono il vostro vescovo e così voglio cercare con tutto il cuore di essere il vostro vescovo, il vescovo di Roma. E tutti noi vogliamo cercare di essere sempre più cattolici, sempre più fratelli e sorelle nella grande famiglia di Dio, quella famiglia in cui non esistono stranieri”.

 

Con un pizzico d’emozione ha salutato così Benedetto XVI i fedeli della sua diocesi. Dalla cattedra di San Giovanni in Laterano, come vescovo di Roma, ieri pomeriggio, ha voluto sottolineare qual è il compito del successore di Pietro spiegando che il seggio di ogni cattedrale è simbolo della potestà di insegnamento, una potestà di obbedienza e servizio attraverso la quale la Parola di Dio indica la strada.

 

Al vescovo di Roma Benedetto XVI hanno prestato obbedienza, come rappresentanza della diocesi, dodici persone tra cui presbiteri, diaconi, religiosi e laici, poi la liturgia della Parola al termine della quale il Papa ha voluto ricordare il significato della festa dell’Ascensione celebrata oggi.

 

“L’ascensione del Signore significa che Cristo non si è allontanato da noi, ma che adesso grazie al suo essere con il Padre è vicino ad ognuno di noi per sempre. Ognuno di noi può dargli del ‘tu’. Ognuno può chiamarlo. Possiamo allontanarci noi da lui interiormente. Possiamo vivere voltandogli le spalle, ma Egli ci aspetta sempre ed è sempre vicino a noi”.

 

Il vescovo di Roma siede sulla sua Cattedra per dare testimonianza a Cristo, ha detto poi il Santo Padre, a lui spetta il ministero dell’interpretazione della Sacra Scrittura, parte essenziale del mandato conferito dal Signore a Pietro, la cui comprensione cresce sotto l’ispirazione dello Spirito Santo. 

 

“Dove la Sacra Scrittura viene staccata dalla voce vivente della Chiesa, cade in preda alle dispute degli esperti, ma la scienza da sola non può fornirci un’interpretazione definitiva e vincolante, non è in grado di darci nell’interpretazione quella certezza con cui possiamo vivere e per cui possiamo morire”.

 

Spaventa tanti uomini dentro e fuori la Chiesa questa potestà di insegnamento, ha proseguito Benedetto XVI, molti si chiedono se essa non minacci la libertà di coscienza, se non sia una presunzione contrapposta alla libertà di pensiero.

 

“Non è così. La potestà di insegnare nella Chiesa comporta un impegno al servizio dell’obbedienza alla fede”.

 

E al termine della celebrazione una preghiera per il popolo di Roma: il Santo Padre si è recato nella Basilica di Santa Maria Maggiore dove ha reso omaggio all’Icona di Maria Salus Populi dinanzi alla quale i romani, per tradizione, pregano la Madre della Salvezza.

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OGGI, DOMENICA 8 MAGGIO: GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

AL SERVIZIO DELLA COMPRENSIONE TRA I POPOLI

 

- Intervista di Giovanni Peduto con l’arcivescovo John Foley -

 

Oggi 8 maggio, 39.ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali sul tema “I mezzi di comunicazione al servizio della comprensione tra i popoli”. Il messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata è stato pubblicato il 24 gennaio scorso nella festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Al centro della sua riflessione c’è un appello preciso: gli operatori dei mass media contribuiscano ad abbattere i muri dell’odio e della violenza promuovendo, invece, la pace e il dialogo.  Ma ascoltiamo, nell’intervista di Giovanni Peduto, l’arcivescovo Jonh Foley, presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali:

 

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R. –Papa Giovanni Paolo II ha detto che “le moderne tecnologie hanno a loro disposizione possibilità senza precedenti per operare il bene, per diffondere la verità. Eppure il loro cattivo uso può fare un male incalcolabile, dando origine all’incomprensione, al pregiudizio e addirittura al conflitto”. Penso che questa sia la sintesi del potere e della potenza dei mezzi di comunicazione per il bene e per il male.

 

D. – “Dalla stessa bocca … esce benedizione e maledizione. Non deve essere così”. Giovanni Paolo II iniziava il suo messaggio sui mezzi di comunicazione sociale, citando la lettera di San Giacomo. “Le parole – scriveva – hanno un potere straordinario e possono unire i popoli o dividerli”…

 

R. – Ricordo una conversazione avuta con Papa Giovanni Paolo II, a pranzo, alcuni anni fa. Io gli ho parlato del valore delle sue azioni simboliche e lui ha detto che la parola “simbolo” viene da una parola greca, sun-ballo, che ha il significato di “portare insieme”, l’opposto della parola greca, dia-ballo, cioè “rompere”. Allora il Santo Padre ha affermato che le cose simboliche possono unire le persone nell’amore, in un’unione più completa. Le cose diaboliche invece possono rompere i collegamenti tra le persone. Giovanni Paolo II allora ha detto che le sue azioni simboliche hanno avuto l’intenzione di portare la gente insieme, di unire le persone.

 

D. – Il messaggio pontificio invita i comunicatori a “costruire ponti di dialogo tra i popoli, rompendo il ciclo fatale di violenza, rappresaglia e nuova violenza, oggi così diffuso”. In questo senso - notava Giovanni Paolo II – “è stato consolante vedere quanto velocemente la comunità internazionale ha risposto al maremoto che ha sconvolto il sud-est asiatico, anche grazie alla rapidità delle notizie” …

 

R. – Penso che lo tsunami, questo maremoto, abbia avuto un’eco nel mondo perché i mezzi di comunicazione hanno fatto un rapporto completo sui bisogni delle persone in quella zona. Possiamo parlare anche di uno tsunami di interesse nella morte del Santo Padre, Giovanni Paolo II, e nella elezione del suo successore, Benedetto XVI. Tutti i popoli del mondo sono stati uniti in una cerimonia per la sepoltura del Santo Padre, Giovanni Paolo II. E tutti si sono riuniti di nuovo per l’inaugurazione del Ministero pastorale del suo successore, Benedetto XVI. La stessa persona, una volta quale cardinale Ratzinger e l’altra come Papa Benedetto XVI, ha parlato e ha fatto davanti alla gente di tutto il mondo un programma di amore e di verità.

 

D. – Nel messaggio c’è poi un forte appello agli operatori del settore a promuovere una vera cultura della vita, prendendo loro stessi le distanze dall’attuale cospirazione a danno della vita e trasmettendo la verità sul valore e la dignità di ogni persona umana.

 

R. – La storia dei viaggi pastorali del Santo Padre Giovanni Paolo II, è una storia di servizio ad ogni persona, alla dignità di ogni persona. Lui ha parlato di una cultura della vita e di una cultura della morte. Ha detto sempre una parola contro la cultura della morte, che sembra essere presente nel mondo di oggi. Penso che i mezzi di comunicazione possano aiutare a promuovere una cultura di vita, indicando il valore di ogni vita umana, come hanno fatto in occasione dello tsunami nel sud-est asiatico. Per ogni tragedia umana i mezzi di comunicazione sottolineano il valore di ogni vita umana. Spero che loro possano fare questo sempre, per ogni avvenimento della vita, cioè sottolineare l’importanza della vita umana, la dignità della vita umana, come Giovanni Paolo II ha fatto e come Benedetto XVI sta facendo.

 

D. – Giovanni Paolo II nei suoi oltre 26 anni di Pontificato ha richiamato con forza i cattolici ad essere presenti nel campo dei mass media. Ma i cattolici fanno abbastanza o dovrebbero fare di più?

 

R. – Dovrebbero fare di più in molti sensi. Penso che nelle nostre scuole dovremmo avere un corso per preparare la gente ad utilizzare i mezzi, come consumatori e come persone attive nei mezzi di comunicazione sociale. Come consumatori, devono essere persone che fanno scelte intelligenti e responsabili, perché i mezzi di comunicazione possono nutrire la nostra vita intellettuale e spirituale. Più cattolici dovrebbero essere presenti nei mezzi stessi. Dobbiamo motivare le persone ad essere presenti, per fare un lavoro positivo, per aiutare in modo positivo la gente a conoscere Gesù e a sapere quali sono i valori fondamentali per una vita felice.

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OGGI IN PRIMO PIANO

8 maggio 2005

 

 

 

CON LA SCONFITTA DELLA GERMANIA NAZISTA,

L’8 MAGGIO 1945 L’EUROPA SI PREPARAVA ALLA DEMOCRAZIA. DOMANI A MOSCA,

LE CELEBRAZIONI PER I 60 ANNI DALLA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

- Intervista con il prof. Luigi Bonanate -

 

L’8 maggio 1945 l’Europa usciva dal tragico tunnel della guerra. Pochi giorni dopo il suicidio di Hitler, la Germania – ormai stretta in una morsa dagli eserciti russo e alleato – si arrese decretando di fatto la fine del regime nazista. Domani, una cinquantina di capi di Stato, tra cui il presidente americano Bush, saranno a Mosca per celebrare con Vladimir Putin i 60 anni dalla fine del conflitto, che fece tra i 40 e i 50 milioni di morti e culminò con le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki. Ma cosa significò quell’8 maggio per chi usciva da cinque anni e mezzo di guerra? Alessandro De Carolis ha rivolto la domanda al prof. Luigi Bonanate, docente di relazioni internazionali all’Università di Torino:

 

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R. – L’8 maggio è la data che ci ricorda che il nazi-fascismo, il più terribile nemico che l’umanità, nel mondo contemporaneo, abbia conosciuto, fu definitivamente sconfitto. L’8 maggio è il momento nel quale l’idea di democrazia, di libertà, di rispetto dei diritti umani ha finalmente trionfato. Ma questo è costato decine di milioni di morti. All’incirca, la guerra in Europa è costata tra i 30 e i 40 milioni di morti; all’interno di questi 30-40 milioni di persone, non vanno dimenticati i 6 milioni di ebrei, l’oggetto circoscritto, in un certo qual mostruoso senso, della posizione nazi-fascista.

 

D. – Tre mesi prima della caduta della Germania, ci fu la Conferenza di Yalta. Dopo la resa dei totalitarismi, la Dichiarazione sull’Europa liberata che ne scaturì fu certamente un enorme passo avanti per la ripresa democratica del continente. Ma che tipo di democrazia nacque da Yalta?

 

R. – Beh, intanto si potrebbe discutere se sia vero che sia nata proprio a Yalta, perché una parte di tutto questo dibattito porterà poi fino a Potsdam, e questo per dire che fu un lungo processo. Dovessi sintetizzare che cosa venne deciso: venne decisa la divisione dell’Europa in due. C’è una frase famosa di Winston Churchill, successiva di alcuni anni. Lui disse: “Da Stettino sul Baltico a Trieste sull’Adriatico è calata un’immensa cortina di ferro”. La verità di questa frase sta nel fatto che lì erano arrivati gli eserciti. Se occidentali e Unione Sovietica erano stati ovviamente alleati in guerra, è anche vero che la corsa verso Berlino fu una competizione, e laddove gli eserciti si fermarono, lì – più o meno – si instaurano dei regimi, di due tipi diversi. Da una parte, a Occidente, ovviamente, i regimi democratico-parlamentari, dall’altra parte i regimi di cosiddetta democrazia popolare o socialista. Tutto questo, se Dio vuole, il 9 novembre 1989, finì.

 

D. – A 60 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, cosa paga ancora la Comunità internazionale a quella grande tragedia collettiva?

 

R. – Direi che più che pagare, ottiene degli interessi, cioè il ricordo della Seconda Guerra Mondiale dev’essere tenuto vivo come terribile, ma grande ammonimento. Come tante volte si è detto e come, tra l’altro, più volte il papato ha ricordato, “mai più una guerra come quella”, ebbene, non c’è – credo – prezzo altrettanto alto che quello di quella guerra. Tanto più se noi le aggiungiamo poi quello che è stato l’aspetto asiatico, altrettanto terribile, che si è concluso con Hiroshima e Nagasaki, quindi con la bomba atomica che ha lanciato l’ombra del suo fungo sul mezzo secolo successivo ...

 

D. – Alla cerimonia di lunedì prossimo a Mosca mancheranno i capi di Stato delle Repubbliche Baltiche che insistono nel chiedere alla Russia una sorta di ‘pentimento’ per l’annessione subita dall’Unione Sovietica. E’ la testimonianza, in fondo, che poi non tutti i conti con il passato sono stati saldati ...

 

R. – E’ vero che la loro libertà è stata calpestata, i loro diritti sono stati conculcati, allora ... Ma sono passati 60 anni! Forse, dovremmo guardare in avanti e non più indietro, da questo punto di vista! Tra l’altro, i Paesi baltici sono proprio tra quelli che sono stati i protagonisti della rivoluzione del 1987-89 e di quelli che hanno tratto grandi vantaggi dalla caduta del bipolarismo. Quindi, riaprire le vecchie ferite mi sembra – tutto sommato – oggi inutile.

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TECNOLOGIA DIGITALE E LOTTA ALLA POVERTA’: IL 12 E IL 13 MAGGIO A MILANO E NEW YORK V EDIZIONE DELLA CONFERENZA MONDIALE “INFOPOVERTY”

 

Aiutare le realtà in via di sviluppo attraverso l’alta tecnologia e la tecnologia digitale. E’ l’obbiettivo che si pone la V edizione di Infopoverty World Conference, che si svilupperà in due giorni il 12 e 13 maggio prossimo fra il Politecnico e l’Università Cattolica di Milano, sul tema “Attori e strategie per lo sviluppo: tecnologia digitale e lotta alla povertà”.  .Collegati in videoconferenza ci saranno il Palazzo di Vetro dell’ONU a New York, ma anche una comunità Navajo in Arizona; l’Università di Baghdad; l’università di Costantine in Algeria; un villaggio tunisino; un centro studi in Rwanda e a Pechino. Servizio di Fabio Brenna.

 

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Il progetto Infopoverty intende superare il digital divide, il sottosviluppo tecnologico, attraverso l’uso innovativo degli strumenti ICT (Information & Communication Tecnologies), in grado di fornire servizi a banda larga e senza filo per sostenere lo sviluppo delle comunità più disagiate. Un’applicazione utile in molti e importanti settori, come ci spiega Pierpaolo Saporito, presidente dell’OCCAM, organismo delle Nazioni Unite che organizza l’evento:

 

“Veramente, noi adesso siamo arrivati a bisogni velleitari, cioè, quindi sono tecnologie più a livello di gadget. Noi vediamo che l’applicazione della telemedicina può salvare delle vite come pure preservare anche la sanità a livello mondiale, oppure salvare dei raccolti: basta scannerizzare una foglia di una cultura per vedere che tipo di parassita ha, mandarla ad un centro il quale da subito una diagnosi e si fa un intervento. E soprattutto, d’ora in poi i servizi a larga banda che sono essenziali. Cioè, nel discorso della telemedicina noi abbiamo già messo in campo applicazioni tipo – non so – i raggi x da montare sulle autoambulanze in modo che l’infortunato viene immediatamente analizzato sul posto dell’incidente; o le ecografie, eccetera ... Per esempio, usando anche gli stessi telefonini, possiamo avere come degli scanner remoti ... Quindi, sono facilità impensabili! Tutta la Conferenza verte sull’analisi di quanto si può fare e si lanciano poi dei progetti concreti”.

 

La prima esperienza di villaggio digitale alimentato dall’energia solare fu attuata in Honduras nel 1999, subito dopo le devastazioni dell’uragano Mitch. L’ultima realizzazione portata a termine riguarda un villaggio tunisino dove sarà possibile fare telemedicina e istruzione a distanza tramite le apparecchiature donate da Infopoverty. Nel prossimo convegno milanese si getteranno le basi per un intervento nei Paesi del Sud-Est asiatico devastati dallo tsunami e per la creazione di una piattaforma tecnologica digitale di supporto a tutte le ONG - Organizzazioni non governative - impegnate nelle azioni di solidarietà internazionale. Infopoverty è anche un contributo allo sviluppo a basso costo. Sentiamo ancora Pierpaolo Saporito:

 

“Con poche risorse ma con molta intelligenza, utilizzando soprattutto la rete satellitare – teniamo conto che oggi, sul pianeta, c’è un surplus di satelliti, che è il vero investimento, senza il quale non si potrebbe parlare di questo, che però sono tutti vuoti! Quindi, c’è anche una necessità di riempirli con nuovi servizi. Ecco che c’è una convergenza di interessi che permette, obiettivamente, se applicata con intelligenza, di dare una forte accelerazione. Teniamo conto che tutti questi Paesi cosiddetti ‘poveri’, sono invece molto ricchi di risorse. Ci sono tantissimi altri punti di vantaggio che non sono mai stati utilizzati!”.

 

Da Milano, per Radio Vaticana, Fabio Brenna.

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CHIESA E SOCIETA’

8 maggio 2005

 

 

IL PADRE GESUITA RENE’ DE HAES E’  STATO UCCISO IERI A KINSHASA NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO,  DA BANDITI DI STRADA. A SPARARE CONTRO LA VETTURA DEL RELIGIOSO BELGA ALCUNI UOMINI IN DIVISA MILITARE, POI FUGGITI TRA LA FOLLA.

- A cura di Salvatore Sabatino -

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KINSHASA. = I colpi di arma da fuoco lo hanno raggiunto mentre era al volante della sua auto, bloccato in un ingorgo nella parte nord di Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo. René de Haes, un padre gesuita molto noto per la sua attività d’insegnamento e per i suoi scritti teologici in particolare sulla religione in Africa, era nato in Belgio 72 anni fa e viveva nel Paese africano da diversi anni. Gravemente ferito, il padre gesuita è stato trasportato urgentemente alla clinica universitaria ma a causa delle sue condizioni il tentativo di soccorso si è rivelato vano. I suoi aguzzini, secondo testimoni in divisa militare, sono riusciti a fuggire tra la folla. Sconosciuto il movente del delitto, anche se gli investigatori seguono la pista della rapina. Ipotesi, questa, confermata dal fatto che molti degli oggetti personali del religioso sarebbero stati asportati dalla vettura. Padre De Haes, docente di teologia alle “Facolta Cattoliche” e direttore del “Centro spirituale Manresa”, si era distinto negli anni anche per le sue ricerche e il suo impegno nel sociale. Sulla questione del moltiplicarsi delle sette in Africa, in un articolo pubblicato dal mensile “Popoli” nel 2001, all’interno di una sottile e articolata analisi, padre De Haes aveva scritto tra l’altro: “Secondo l'opinione pubblica i poveri sfruttati e abbandonati alla loro sorte dalla Chiesa e dai ceti ricchi, troverebbero nelle sette certezze e speranze, in poche parole una concezione alternativa dell'esistenza”. Il 27 aprile dell’anno scorso, in qualità di rettore, aveva celebrato il cinquantenario dell’ “Institut Saint Pierre Canisius”, ricordando che già dal 1954 i gesuiti belgi avevano ispirato la loro azione in terra congolese alla figura del gesuita Peter Kanijs, latinizzato in Canisius, beatificato nel 1869, tre secoli dopo essere stato teologo papale al Concilio di Trento nel 1562.

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SOLENNE CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA OGGI NELLA CHIESA ROMANA

DI SANTA BALBINA  PER COMMEMORARE I 30 ANNI DALLA MORTE

DEL CARDINALE Jozsef Mindszenty, PRIMATE D’UNGHERIA DURANTE I DIFFICILI ANNI DI GUERRA COMUNISTA CONTRO LE RADICI CRISTIANTE DEL PAESE MAGIARO.

 

ROMA. = Una concelebrazione eucaristica in occasione di tre anniversari importanti per la vita del cardinale Jozsef Mindszenty, l’avversario più forte della guerra scatenata nel secondo dopoguerra dal comunismo contro le radici cristiane dell'Ungheria. Ricorre, infatti, oggi il 90° anniversario dell’ordinazione sacerdotale, il 60° della nomina ad arcivescovo di Esztergom ed il 30° dalla scomparsa di questa straordinaria figura del secolo scorso, Primate d’Ungheria, custode della Sacra Corona e quindi difensore anche dell'identità storica del suo gregge. Per commemorare il cardinale Jozsef Mindszenty è giunto a Roma il primate d’Ungheria ed arcivescovo di Esztergom- Budapest, cardinale Peter Erdo, che nella Chiesa di Santa Balbina ha partecipato alla solenne concelebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione dei Vescovi. Ed è stato proprio il porporato a ripercorrere, nell’omelia, le fasi della sua intensa vita. “Il cardinale Jozsef Mindszenty – ha riferito il porporato – fu l’intrepido difensore delle radici cristiane d’Ungheria contro il comunismo”. Alla fine della seconda Guerra Mondiale, l'Ungheria viene occupata dall'esercito sovietico. Il vescovo József Mindszenty, già incarcerato il 27 novembre 1944, il 16 settembre 1945 viene nominato da Pio XII Primate di Ungheria. Intanto prosegue implacabile la sovietizzazione del Paese, e per la Chiesa i tempi si fanno sempre più difficili. Dopo una lunga campagna diffamatoria, il 26 dicembre 1948 il cardinale Primate viene arrestato e accusato di alto tradimento. Il processo si conclude l'8 febbraio, con la condanna all'ergastolo. Il 23 ottobre 1956, a tre anni dalla morte di Stalin, Budapest insorge. Viene nominato un governo di emergenza. Una settimana più tardi il cardinale Mindszenty viene liberato, ma arriva la repressione sovietica ed il primate si rifugia nell'ambasciata statunitense, portando con sé la corona di Santo Stefano. Rimarrà nella sede diplomatica per 15 lunghissimi anni, fino al 1971, quando accetta di lasciare l'Ungheria. Muore a Vienna il 6 maggio 1975, dopo essere stato accolto in Vaticano da Paolo VI. Il cardinale Re durante la sua omelia ha poi voluto ricordare la visita che nel 1991 Giovanni Paolo II fece alla tomba del cardinale Mindszenty. Il Pontefice – ha riferito il porporato-  lo definì “una preziosa testimonianza di fedeltà a Cristo e alla Chiesa e di amore alla Patria. Il suo nome ed il suo ricordo rimarranno sempre in benedizione”. (S.S.)

 

 

MIGLIAIA DI PERSONE HANNO PARTECIPATO OGGI A POMPEI ALLA SUPPLICA PER LA VERGINE MARIA, CHE SI SVOLGE NELLA CITTADINA MARIANA DA 122 ANNI. IL PENSIERO DI TUTTI E’ ANDATO A GIOVANNI PAOLO II, PELLEGRINO PER DUE VOLTE A POMPEI.

- A cura di Loreta Somma –

 

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POMPEI.=  Maria, autentica discepola che ha accolto Gesù per prima e lo ha seguito sempre, ci insegna ad essere veri seguaci del suo Figlio ed autentici missionari. Questo auspicio è stato al centro dell’omelia, tenuta dal cardinale Attilio Nicora, che ha presieduto la celebrazione eucaristica e la Supplica alla Madonna di Pompei, svoltasi oggi nella cittadina mariana. Salutato dal vescovo prelato e delegato pontificio, mons. Carlo Liberati, il cardinale Nicora, presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, è stato accolto da decine di migliaia di pellegrini, giunti da tutta Italia e dall’estero per questo appuntamento che si ripete da 122 anni, ogni 8 maggio e ogni prima domenica di ottobre. Quest’anno il pensiero di tutti è andato in modo particolare al ricordo di Giovanni Paolo II, pellegrino qui a Pompei per ben due volte, e al nuovo Papa Benedetto XVI, al quale il vescovo ha inviato un telegramma per ricordargli la celebrazione odierna e per invitarlo a venire al più presto a Pompei.

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“PERU’ FISSO: UNA TIPICA CENA DI SOLIDARIETA’”. DAL 19 MAGGIO PROSSIMO CINQUE SERATE GASTRONOMICHE SOLIDALI ORGANIZZATE DAI PADRI AGOSTINIANI PER AIUTARE LA REGIONE PERUVIANA DELL’APURIMAC.

 

ROMA. = “Perù fisso: una tipica cena di solidarietà”. Un’occasione gastronomica unica, che alla degustazione di piatti tipici peruviani, unisce la solidarietà concreta per le popolazioni in via di sviluppo. Dal 19 maggio prossimo alle 20.30 e per cinque settimane consecutive, la cucina peruviana sbarcherà infatti a Roma, e lo farà grazie alla collaborazione della LU.EL.PI, società di catering fondata  e gestita da Elsa Javier, ristoratrice peruviana da 15 anni in Italia. Empanadas, Tamales, Ceviche, tutti piatti tipici della millenaria tradizione andina, che risveglieranno i sensi del palato, anche quelli più sofisticati, senza perdere di vista le esigenze dei meno fortunati. Le portate verranno servite in una cena a menù fisso, del costo di 15 Euro. La cifra verrà devoluta completamente all’Associazione “Apurimac Onlus”, dei Padri Agostiniani, che dal 1992 ha finanziato oltre 170 progetti di sviluppo sociale. “Apurimac Onlus” riesce ogni anno a realizzare in maniera concreta e fattiva numerosi progetti di collaborazione con le popolazioni latino-americane e africane. E numerose sono pure le collaborazioni che in questi anni hanno fatto crescere il potenziale dell’Associazione, come quella con la FIMMG – Federazione Italiana del Medici di Famiglia, che ha portato numerosi medici di medicina generale nella regione andina di Apurimac, da cui l’associazione prende il nome. Le cene si svolgeranno presso la sede di “Apurimac Onlus”, in via dei Panieri, 32 – Zona Trastevere. Per ulteriori informazioni potete chiamare il seguente numero: 06-45426336. (S.S.)

 

 

L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’ LANCIA L’ALLARME MENINGITE  NEI CAMPI PER RIFUGIATI IN DARFUR. GIA’ ESEGUITE 30 MILA VACCINAZIONI. DA GENNAIO AD OGGI SEGNALATI 118 CASI, MA POTREBBE TRASFORMARSI IN EPIDEMIA

 

SARAF OMRA (DARFUR). = “Neisseria meningitides W 135”. E’ il nome clinico del tipo di meningite riscontrata in alcuni campi profughi del Darfur. L’Organizzazione mondiale della sanità ha comunicato ieri che da gennaio a oggi ne sono stati segnalati 118 casi, 8 dei quali mortali, un terzo nel solo campo di Saraf Omra. Fonti mediche hanno inoltre confermato che il ceppo della patologia può potenzialmente provocare un’epidemia, soprattutto in condizioni di sovraffollamento, esodi, pellegrinaggi e situazioni di crisi sociale. Il vento carico di polvere e le infezioni respiratorie dovute alle notti fredde accentuano la diffusione della malattia tra dicembre e giugno con una punta in aprile e maggio. Infezione delle meningi, sottile rivestimento del cervello e del midollo spinale, la malattia è causata da microbi presenti nel pulviscolo atmosferico; anche se diagnosticata per tempo e trattata, può essere mortale, entro 24-48 ore dal contagio, per il 5-10 % dei pazienti. I casi del Darfur non configurano ancora un’epidemia, ma l’Oms raccomanda vaccinazioni di massa e a Saraf Omra ne sono state effettuate 30.000 con buoni risultati. Nella parte orientale del Sudan, negli stati di Gadaref e Blue Nile, al confine con l’Etiopia, verso la fine di gennaio erano stati diagnosticati 169 casi, 23 mortali. L’ultima epidemia colpì il Sudan nel 1999 con oltre 33.000 ammalati e 2306 vittime. (S.S.)


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24 ORE NEL MONDO

8 maggio 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

● Entra nel vivo il viaggio in Europa del presidente statunitense, George Bush, per il 60.mo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale. Questa mattina il capo della Casa Bianca ha incontrato a Maastricht il primo ministro olandese, Jan Peter Balkenende, e poi ha visitato il cimitero americano di Margraten dove ha sottolineato il valore della libertà per l’umanità. Ma l’appuntamento centrale della giornata è previsto questa sera quando Bush si recherà nella dacia del presidente russo, Vladimir Putin. Il nostro servizio:

 

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L’incontro si preannuncia carico di tensioni. Uno dei portavoce del governo russo fa sapere che “la cena nella dacia di Putin sarà fredda”. L’attuale fase di gelo nei rapporti tra Russia e Stati Uniti segue le dichiarazioni del presidente americano rilasciate ieri in Lettonia, dove Bush ha intrecciato alcuni orrori del passato con i timori del presente: “L’Europa e il mondo non dovranno più conoscere i drammi dei totalitarismi e delle dittature”; “l’occupazione sovietica dell’Europa dell'Est sarà ricordata come una delle più grandi ingiustizie della storia” ha detto il capo della Casa Bianca indicando la Bielorussia come “l'ultima dittatura presente in Europa”. “Bisogna diffondere la democrazia affinché la vittoria della pace sia duratura”, ha aggiunto Bush riconoscendo le responsabilità degli Stati Uniti per quanto accaduto nell’Europa dell’Est dopo la seconda Guerra mondiale. Bush ha anche condannato l’accordo di Yalta del 1945 tra il suo predecessore Roosevelt e il leader dell’ex regime sovietico Stalin per la divisione dell’Europa. Il presidente statunitense, che ha elogiato i popoli baltici per aver resistito durante una “lunga veglia di sofferenza e speranza” durata cinquant’anni, ha  poi detto che il nuovo governo iracheno costituisce un esempio di transizione riuscita da una dittatura alla democrazia. La reazione del presidente russo non si è fatta attendere: “Il nostro popolo – ha detto Putin - ha liberato 11 Paesi europei dai nazisti. Altro che invasione – ha rimarcato il capo del Cremlino – sottolineando che l’URSS sbaragliò tre quarti della macchina bellica di Adolf Hitler”. Nei confronti degli Stati Uniti Putin ha anche lanciato un preciso monito: “La democrazia non si può esportare con armi e dollari”.

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Si prospetta, dunque, all’insegna della tensione l’incontro di questa sera a Mosca tra Putin e Bush. Molti osservatori concordano sul rischio di una nuova guerra fredda. Sostiene questa tesi anche l’opinionista del quotidiano “La Stampa”, Giulietto Chiesa. L’intervista è di Amedeo Lomonaco:

 

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R. – Potrebbe essere l’inizio della nuova guerra fredda, perché le dichiarazioni Condoleeza Rice e di Bush hanno rilasciato sulla fine della seconda Guerra Mondiale e sul fatto che la Russia deve accettare l’ingresso della democrazia americana nei suoi confini, sono provocatorie per Mosca. Le dichiarazioni di Putin a caldo lo testimoniano. Questo significa un inasprimento inevitabile - io credo - delle relazioni tra Russia e Stati Uniti e in generale tra Russia e Occidente.

 

D. – Sarà dunque un clima molto freddo quello di domani durante le celebrazioni per il 60.mo anniversario della fine della seconda guerra mondiale?

 

R. – Sì, sarà un clima assolutamente gelido. Non si capisce a questo punto per quale ragione Bush abbia accettato di venire a celebrare l’anniversario della vittoria e poi rilasciare queste dichiarazioni. Bisogna anche capire quali saranno gli effetti politici. Uno di questi sarà il prevedibile avvicinamento tra Russia e Bielorussia fino, probabilmente all’unificazione, dei due Paesi. E se ci sarà una federazione, toccare la Bielorussia sarà equivalente a toccare la Russia. Il gioco potrebbe allora diventare estremamente grave.

 

D. – Quanto c’è di vero nella dichiarazione di Bush, secondo cui “la Bielorussia è l’ultima dittatura in Europa”?

 

R.- Se la Bielorussia è una dittatura, anche la Russia è una dittatura. Bisognerà quindi trarne le conseguenze da questa affermazione. Se la Russia non è una dittatura, non è una dittatura neanche la Bielorussia. Mi pare che l’affermazione sia del tutto irresponsabile e piena di conseguenze gravi.

 

D. – Qual è allora il ruolo di Putin nello scacchiere politico europeo?

 

R. – Putin è un elemento centrale dell’equilibrio europeo. Bisognerà semplicemente decidere se si vuole andare allo scontro con lui o no. Si tratterà di vedere se l’Europa si fa trascinare in questa avventura pericolosa oppure se l’Europa adotterà un’altra linea di comportamento verso tutto il problema della cosiddetta “esportazione della democrazia”.

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●In Iraq, il premier Ibrahim Jaafari ha completato la formazione del nuovo governo assegnando i cinque ministeri che erano ancora vacanti. La nomina dei nuovi ministri non ha riservato sorprese: come previsto, i dicasteri della Difesa e dell’Industria sono andati a due sunniti. Per il ministero del Petrolio e dell’Elettricità sono stati scelti due sciiti. Il dicastero dei Diritti umani è stato invece assegnato ad un curdo che però non ha accettato l’incarico. Sul terreno, intanto, le forze della coalizione hanno ucciso sei persone sospettate di appartenere al gruppo terroristico del giordano al-Zarqawi, A Baghdad, uomini armati hanno assassinato, inoltre, un alto funzionario del ministero dei Trasporti e delle Comunicazioni.

 

In Afghanistan, sono 3 le persone morte per l’attentato compiuto ieri a Kabul. Una delle vittime è un ingegnere birmano che lavorava per le Nazioni Unite. Lo ha riferito, stamani, il ministero dell'Interno afghano.

 

●Israele ha deciso di congelare, per il momento, il rilascio di altri detenuti palestinesi. Lo ha reso noto il premier Ariel Sharon nell’odierna seduta del Consiglio dei ministri.    Sharon ha subordinato ulteriori liberazioni di detenuti palestinesi ad una dura repressione da parte dell’ANP contro i gruppi fondamentalisti dell’Intifada.

 

Il segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, ha ribadito a Buenos Aires che Iran ed Israele non devono avere armi nucleari. L’Iran ha annunciato, intanto, la ripresa del proprio programma atomico. il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Hamid Reza Asefi, ha detto che le garanzie fornite a Francia, Germania e Gran Bretagna sul carattere pacifico del programma di  Teheran sono “sufficienti”.

 

●Sono iniziate regolarmente stamani, nella Repubblica Centrafricana, le operazioni di voto delle legislative ed il ballottaggio per eleggere il nuovo presidente. Per le presidenziali, ci si attende la  riconferma di Francois Bozizè, capo di Stato uscente,. Al primo turno Bozizè ha ottenuto il 43 per cento dei voti e l’ex primo ministro, Martin Ziguelè, il 23 per cento delle preferenze.

 

Tragedia in Perù: un autobus per il trasporto di passeggeri è caduto in un precipizio, causando la morte di 40 persone e il ferimento di altre 18. Lo ha riferito l’emittente radiofonica ‘Rpp Noticias’. L'automezzo assicurava il collegamento fra Lima e Tallabamba.

 

In Australia, un aereo è precipitato nel nord del Paese e tutte e 15 le persone a bordo sono morte. Lo ha reso noto la polizia locale aggiungendo che il velivolo si è schiantato, ieri, contro una collina a circa 11 km dalla pista di Lockhart Rive.

 

 

 

 

 

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