RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 124 - Testo della trasmissione di mercoledì 4 maggio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:                                                                             

L’idolatria del denaro e del potere sono false “promesse di vita”: solo in Dio l’uomo può riporre la propria fiducia. La seconda udienza generale di Benedetto XVI incentrata su un testo di Giovanni Paolo II

 

Sarà il prefetto della Congregazione per le Cause dei santi a presiedere le beatificazioni previste il 14 maggio nella Basilica Vaticana: ce ne parla lo stesso cardinale José Saraiva Martins

 

A 35 anni dal Trattato di non-proliferazione nucleare, dibattito in corso al Palazzo di Vetro di New York: ai nostri microfoni, l’Osservatore permanente della Santa Sede, mons. Celestino Migliore

 

IN PRIMO PIANO:

Nella città curda di Erbil, nel Nord dell’Iraq, decine di aspiranti poliziotti sono morti in seguito ad un ennesimo attacco kamikaze. Intervista con Adib Fateh Ali

 

Convegno domani a Roma sui miracoli eucaristici in vista del Congresso eucaristico nazionale italiano di Bari. Ce ne parla padre Rafael Pascual

 

La Cappella degli Scrovegni compie 700 anni. Varie le iniziative a Padova per celebrare il capolavoro di Giotto nella città veneta. Con noi, Davide Banzato.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Le comunità zingare rom e sinti celebrano oggi, nel ricordo di Giovanni Paolo II, l’anniversario della beatificazione di Zeffirino Gimenez Malla, primo gitano beato

 

Da oggi fino al 13 maggio si tiene a Lione, in Francia, l’Assemblea generale annuale delle Pontificie Opere Missionarie

 

L’educazione delle bambine è fondamentale per il miglioramento e lo sviluppo delle nazioni. E’ quanto emerge dal VI rapporto annuale sullo stato delle madri nel mondo diffuso ieri da Save the Children

 

“Pubblicità e buona tv” è il titolo di un convegno organizzato dal Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione “TV e minori”, oggi a Roma

 

Si è spento ieri a Beirut il presidente della Caritas Internationalis, mons. Fouad el-Hage.

 

24 ORE NEL MONDO:

Vigilia elettorale in Gran Bretagna per il rinnovo della Camera dei Comuni: sembra scontata la vittoria di Tony Blair

 

In Togo l’opposizione chiede nuove elezioni presidenziali e legislative entro sei mesi

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

4 maggio 2005

 

L’IDOLATRIA DEL DENARO E DEL POTERE SONO FALSE “PROMESSE DI VITA”:

SOLO IN DIO L’UOMO PUO’ RIPORRE LA PROPRIA FIDUCIA.

LA SECONDA UDIENZA GENERALE DI BENEDETTO XVI

INCENTRATA SU UN TESTO DI GIOVANNI PAOLO II

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

E’ Dio il custode che protegge l’uomo dall’idolatria del potere e del denaro. Alla seconda udienza generale del suo pontificato, presieduta davanti a migliaia di persone di quattro continenti, Benedetto XVI ha ripreso le meditazioni sui Salmi di Giovanni Paolo II, in particolare sul Salmo 120, intitolato “il custode di Israele”. Ce ne parla Alessandro De Carolis:

 

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Ci sono delle “alture” nella vita di ogni persona dalle quali si ammirano talvolta quelli che in realtà sono inganni della vista e dell’anima: potere, denaro, vita comoda, ma non Dio, vero aiuto, la sicurezza, la “fiducia” per ciascun essere umano. Arriva da una spiegazione apparentemente improvvisata, ma ben calata nella riflessione in corso di svolgimento, l’insegnamento centrale dell’udienza generale di questa mattina. Benedetto XVI, come annunciato mercoledì scorso, ha riannodato il filo delle meditazioni sui Salmi e i Cantici della Liturgia delle Ore interrottesi con Giovanni Paolo II il 26 gennaio di quest’anno.

 

(canto salmo)

 

Benedetto XVI è comparso, tra gli oltre 20 mila in attesa in Piazza San Pietro, a bordo della jeep bianca scoperta e, benedicendo la folla, si è fermato a salutare personalmente, prima di dare inizio alla catechesi, i 50 disabili allineati su tre file alla destra della sua sedia. Poi, riprendendo i testi delle meditazioni predisposti dal suo predecessore, il Papa ha presentato le caratteristiche del Salmo 120:

 

“È un Salmo di fiducia poiché in esso risuona per sei volte il verbo ebraico shamar, ‘custodire, proteggere’. Dio, il cui nome è invocato ripetutamente, emerge come il ‘custode’ sempre sveglio, attento e premuroso, la ‘sentinella’ che veglia sul suo popolo per tutelarlo da ogni rischio e pericolo”.

 

A questo punto – ha proseguito il Pontefice – il salmista alza lo sguardo “verso i monti”. Se le alture descritte rappresentano geograficamente i colli di Gerusalemme, ben più importante è il loro significato emblematico. I monti – ha detto – “possono evocare anche i luoghi ove sorgono i santuari idolatrici, le cosiddette ‘alture’, spesso condannate dall’Antico Testamento. In questo caso ci sarebbe un contrasto: mentre il pellegrino avanza verso Sion, i suoi occhi cadono sui templi pagani, che costituiscono una grande tentazione per lui”. Tuttavia, anche gli occhi dei cristiani del 21. secolo - ha aggiunto il Papa parlando a braccio, salutato dall’applauso della folla - non sono immuni da forme nuove, ma in fondo antiche, di idolatria:

 

“La ricchezza, il potere, il prestigio, la vita comoda. Alture che sono tentazioni perché appaiono realmente come la promessa della vita, ma noi nella nostra fede vediamo che non è vero, che queste alture non sono la vita. La vera vita, il vero aiuto viene dal Signore e il nostro sguardo nel nostro pellegrinaggio è diretto verso la vera altura, verso il vero monte: Cristo!”

 

         In questo panorama, si staglia però il terzo simbolo del Salmo, “il Signore che sta alla destra del suo fedele”. E’ lui “l’immagine del custode”, della “sentinella” che protegge il suo popolo”, ha affermato Benedetto XVI:

 

“E’ la certezza di non essere abbandonati nel tempo della prova, dell’assalto del male, della persecuzione”.

 

         Il Papa, dopo aver riassunto i punti salienti della catechesi in francese, inglese, tedesco e spagnolo, ha rivolto alcuni saluti ai gruppi di pellegrini, parlando tra l’altro in slovacco, ceco, polacco e croato. Il suo benvenuto è andato ai Preti del Sacro Cuore di Gesù di Betharram e alle Piccole Suore Missionarie della Carità di S. Luigi Orione, entrambi impegnati nei Capitoli generali. “Cari fratelli e sorelle – è stato l’auspicio di Benedetto XVI – siate sempre fedeli allo spirito dei vostri Fondatori, per essere coraggiosi testimoni del Vangelo in questo nostro tempo”. Anche i giovani sono stati esortati dal Papa a porsi alla “scuola di Maria per imparare ad amare e seguire Cristo sopra ogni altra cosa”.

 

(canto salmo)

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L’insegnamento di Benedetto XVI è stato ascoltato, dunque, da migliaia di fedeli giunti dal continente americano fino all’Europa dell’Est. Roberta Moretti è andata tra loro per raccogliere alcune impressioni:

 

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R. – Mi ha colpito molto quando ha commentato il salmo, ribadendo il concetto del pastore che è custode e nello stesso tempo è anche guida del suo gregge.

 

R. – Sicuramente, colpisce la sua abilità di essere messaggero per tutte le genti, vista anche la sua capacità di parlare in tante lingue diverse.

 

R. – Senz’altro questa capacità di riferirsi con forza ancora una volta a Cristo e di proporlo ad una massa internazionale di gente.

 

R. – Cià che mi ha colpito è l’intensità di ciò che ha detto il Papa, ma soprattutto come è stato accolto dai giovani; come questi ragazzi si sono sentiti vicini a questo Papa in un momento così bello, perché il Papa ci ha come abbracciati, tutti assieme, nell’amore ...

 

R. – Mi è sembrato un papà: poi ho visto che ha preso in braccio dei bambini e mi ha fatto molto piacere.

 

R. – Questo fatto di aver fiducia in Dio, di non aver paura ... E’ un Dio che ci accompagna di notte, di giorno, anche nelle prove, nelle sofferenze ... una chiamata sempre alla speranza!

 

 

R. – E’ unito a Maria e Maria lo aiuterà sempre!

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SARA’ IL PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE PER LE CAUSE DEI SANTI

A PRESIEDERE LE BEATIFICAZIONI PREVISTE IL 14 MAGGIO NELLA BASILICA VATICANA

 

 

Sia Paolo VI che Giovanni Paolo II hanno presieduto cerimonie di beatificazione oltre che quelle di canonizzazione, ma è lo stesso cardinale Saraiva Martins, al microfono di Giovanni Peduto, a spiegarci che non è sempre stato così:

 

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Non si tratta di una novità assoluta, ma la ripresa di una prassi plurisecolare, rimasta in uso nella Chiesa fino al 1971.

 

Secondo questa prassi, infatti, non era il Papa a celebrare le beatificazioni, neanche da quando avvenivano a Roma, nella Basilica di San Pietro. Il rito veniva celebrato da un vescovo e da un cardinale, delegato dal Santo Padre. Fu Paolo VI, appunto, nel 1971 procedette di persona a presiedere la cerimonia di beatificazione, nella Basilica di San Pietro, di Massimiliano Maria Kolbe. Era la prima volta che accadeva. In occasione, poi, dell’Anno Santo 1975, che vide incrementare le cerimonie di beatificazione, Paolo VI rese stabile questa sua decisione e procedette di persona a presiedere le beatificazioni durante la Santa Messa e lo fece fino al termine della sua vita.

 

La prassi introdotta da Paolo VI è stata costantemente seguita da Giovanni Paolo II. Anzi, in occasione dei numerosi e frequenti viaggi apostolici e pastorali nei vari continenti e Paesi (Italia compresa), Giovanni Paolo II ha iniziato a compiere in quelle Chiese, oltre alle solenni concelebrazioni eucaristiche, anche il rito della beatificazione. Per decisione del Santo Padre Benedetto XVI, sabato 14 maggio alle ore 17, nella Patriarcale Basilica di San Pietro in Vaticano, saranno beatificate le serve di Dio Maria Anna Barbara Cope, religiosa professa delle Suore del Terz’Ordine Francescano di Syracuse, nello Stato di New York, conosciuta come Madre Marianna di Molokai, e Ascensione del Cuore di Gesù, cofondatrice delle Suore Missionarie Domenicane del Rosario, della diocesi di Pamplona in Spagna.

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A 35 ANNI DAL TRATTATO DI NON-PROLIFERAZIONE NUCLEARE, DIBATTITO IN CORSO

AL PALAZZO DI VETRO DI NEW YORK. PRIORITA’ E URGENZE NELLE PAROLE DELL’OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE ALL’ONU

- Intervista con mons. Celestino Migliore -

 

Disarmo nel mondo in battuta d’arresto, mentre cresce la paura del riarmo atomico. Sono passati 35 anni dal Trattato di non proliferazione nucleare, in vigore dal 1970, e bisogna fare presto per aggiornare questa Carta, in buona parte disattesa, oggi perfino superata dai nuovi equilibri geopolitici ma anche dal progresso delle tecnologie: è quanto come ha denunciato il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, in apertura della VII Conferenza di revisione del Trattato, in corso nel Palazzo di Vetro a New York fino al 27 maggio, presenti delegati di 188 Paesi. Ai lavori partecipa anche l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite. Roberta Gisotti lo ha intervistato:

 

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R. – Si respira qui un’aria da circolo vizioso. Da una parte, i Paesi legittimamente dotati di armi nucleari disattendono l’impegno assunto cinque anni fa di avviare seri negoziati per un totale disarmo nucleare e questo a causa della proliferazione nucleare clandestina, che preoccupa seriamente in quanto il nucleare può cadere nella mani incontrollabili del terrorismo. Dall’altra parte, si prolifera accusando gli Stati nucleari di non avere alcuna intenzione di negoziare un disarmo nucleare totale. Però, generalmente, le conferenze internazionali prendono il via sulla scorta di un testo di dichiarazione finale che delinea esattamente i risultati e i piani di azione, ma in questo caso non esiste ancora alcun documento del genere.

 

D. – Come rilanciare allora il dibattito?

 

R. – Si lavora per rompere questo circolo vizioso. Molto probabilmente non si arriverà ad alcuna decisione ambiziosa, ma almeno il dibattito potrà mettere ognuno di fronte alle proprie responsabilità, verso la sicurezza comune mondiale e suscitare una precisa volontà politica.

 

D. – A questo punto non sarebbe necessario avviare una Convenzione per il completo disarmo nucleare?

 

R. – Si può e si deve attivare un processo graduale, dove la gradualità si rivesta di tutta la costanza e l’urgenza del caso. In vista, ad esempio, di un uso sconsiderato e devastante del nucleare si rende urgente per prima cosa decidere l’interruzione della produzione di materiale fissile a scopi di esplosioni nucleari. Inoltre sono da potenziare ed estendere sempre di più le aree prive di armi nucleari, come già per esempio l’America Latina, l’Africa, l’area del Pacifico. Il progetto va incoraggiato anche per altre aree del mondo molto più sensibili.

 

D. – Eccellenza, c’è l’impressione concreta che ci sia stata una caduta di attenzione davvero molto rischiosa su questo tema. Come Osservatore permanente della Santa Sede, quali argomenti porterà in questo contesto?

 

R. – Non è più il tempo in cui si andava alla ricerca di un equilibrio del terrore. Oggi è tempo di rivedere l‘intero concetto di deterrenza. La Santa Sede     adottò questo principio negli anni della guerra fredda non per un approccio duraturo nel tempo, ma alla precisa condizione che la deterrenza costituisse un passo verso un progressivo disarmo nucleare. Ora nel mutato contesto dei nostri giorni la deterrenza rischia di diventare un paravento per migliorare la qualità degli arsenali nucleari.

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RINUNCIA E NOMINA

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Sorocaba (Brasile), presentata da mons. José Lambert, C.S.S., in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Al suo posto è stato nominato mons.  Eduardo Benes de Sales Rodrigues, finora vescovo di Lorena.

 

Mons. Benes de Sales Rodrigues, nato il 25 giugno 1941 a Bias Fortes, arcidiocesi di Juiz de Fora, nello Stato di Minas Gerais, è stato ordinato sacerdote nel 1964 a Juiz de Fora ed è stato incardinato in quell’arcidiocesi. E’ stato, tra l’altro, professore di scienze della religione e antropologia religiosa presso l’Università Federale di Juiz de Fora; rettore e direttore spirituale del Seminario maggiore, nonché coordinatore arcidiocesano della pastorale; vicario generale di Juiz de Fora (1994-1998).

 

L’11 marzo 1998 è stato eletto alla sede titolare di Case mediane, come ausiliare dell’arcidiocesi di Porto Alegre, ricevendo l’ordinazione episcopale il 21 giugno successivo. Il 10 gennaio 2001 è stato nominato vescovo di Lorena.

 

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l’udienza generale: “Il custode di Israele”; il commento del Salmo 120 dei Vespri di venerdì della seconda Settimana.

Sempre in prima, l’Iraq. Strage ad Erbil: attentato suicida contro reclute della polizia provoca la morte di sessanta persone.  

 

Nelle vaticane, due pagine dedicate, rispettivamente, alla Solennità dell’Ascensione e al cammino della Chiesa in Asia.

 

Nelle estere, Medio Oriente: duro scambio di accuse tra Ariel Sharon e Abu Mazen. Israele pretende una decisa lotta al terrorismo – L’Autorità Palestinese chiede la restituzione delle città autonome.

 

Nella culturale, un articolo di Franco Pelliccioni dal titolo “Una città sospesa su mille ponti”: un viaggio alla scoperta dell’urbanistica di Amsterdam.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano l’articolo su Piazza Fontana. “Una strage senza colpevoli: gli unici condannati sono i familiari delle vittime”. Le parti civili dovranno pagare le spese processuali. La Cassazione conferma l’assoluzione dei tre imputati. 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

4 maggio 2005

 

ANCORA STRAGE IN IRAQ: NELLA CITTÀ CURDA DI ERBIL,

DECINE DI ASPIRANTI POLIZIOTTI SONO MORTI

IN SEGUITO AD UN ENNESIMO ATTACCO KAMIKAZE

- Intervista con Adib Fateh Ali -

 

un attentato kamikaze contro la sede di un partito curdo nel nord dell’Iraq ha causato la morte di decine di aspiranti poliziotti. Episodi di violenza sono avvenuti anche a Baghdad, dove nelle ultime 24 ore sono stati uccisi almeno 14 iracheni. Sempre nella capitale, due soldati americani sono morti per l’esplosione di due bombe. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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La città curda di Erbil è stata teatro di un ennesimo attacco suicida. Un kamikaze è entrato in una sezione locale del partito democratico del Kurdistan (PDK), utilizzato anche come centro di reclutamento della polizia. L’uomo si è fatto saltare in aria dopo essersi infiltrato tra le reclute. Il governatore di Erbil ha dichiarato che la potente deflagrazione ha causato la morte di almeno 45 persone. Secondo altre fonti, tra le quali l’emittente ‘Al Arabiya’, le vittime sono invece più di 60. L’odierno attacco rievoca il tragico duplice attentato compiuto ad Erbil il primo febbraio 2004 e costato la vita a 117 persone. In quell’occasione, due kamikaze si erano fatti esplodere contro le sedi dei partiti curdi del PDK e dell’Unione patriottica del Kurdistan (PUK). Sul versante politico, intanto, il presidente curdo Talabani ha garantito il proprio sostegno al nuovo governo auspicando un Iraq unito, federale e indipendente. L’esecutivo iracheno, presieduto dal premier sciita Al Jaafari, ha giurato ieri davanti al Parlamento. Alla solenne cerimonia, apertasi con la lettura di alcuni versetti coranici, hanno partecipato 30 ministri. Rispetto alla lista annunciata lo scorso 28 aprile, mancano i nomi dei titolari di cinque ministeri assegnati ad interim. Si tratta dei dicasteri della Difesa, del Petrolio, dell’Elettricità, dell’Industria e dei Diritti umani. In Italia crescono, infine, le polemiche per le divergenze dei dossier di Italia e Stati Uniti sulla morte di Nicola Calipari. Da entrambe le parti è stato comunque ribadito il convincimento che questo episodio non metterà in discussione i rapporti italo-americani fondati sulla “comunanza di valori, impegni ed obiettivi”. Domani, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, interverrà in Parlamento sul caso ‘Calipari’. Appare comunque scontato l’esito delle indagini della Procura di Roma: l’inchiesta va verso l’archiviazione.

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Ma perché è stato colpito l’importante centro curdo di Erbil? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Adib Fateh Ali, rappresentante della comunità curda irachena in Italia:

 

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R. – Sono stati presi di mira dei giovani che si presentavano per il reclutamento nella polizia irachena. Quindi obiettivo degli attentati sono coloro che vogliono costruire il futuro Iraq e le istituzioni del Paese. Si sta levando in tutto il Paese, e in generale in molti Stati arabi, una forte ostilità nei confronti dei curdi: c’è la preoccupazione che il popolo curdo voglia chiedere la secessione dall’Iraq. Cosa che non corrisponde al vero, in base a quanto ribadito dai leader curdi, sia Barzani sia Talabani, secondo cui c’è la volontà di rimanere all’interno di uno Stato federale iracheno. Ricordiamo che Erbil rappresenta il capoluogo del Kurdistan federato, dove hanno sede il governo e il parlamento locali curdi.

 

D. – Nell’esplosione è stato investito anche il Partito Democratico del Kurdistan: si voleva colpire la leadership politica curda?

 

R. – Questo lo hanno già fatto una volta. A febbraio dell’anno scorso c’è stata una duplice esplosione che ha colpito i due partiti più rappresentativi, quelli che occupano 104 dei 111 seggi del Parlamento del Kurdistan. Al momento, poi, rimangono ancora irrisolti alcuni dei problemi presentati dai curdi al governo centrale iracheno, cioè la garanzia che l’esercito di Peshmerga, cioè la milizia curda, non venga sciolto ma rimanga un corpo compatto all’interno del governo iracheno con compiti di presidio dei territori del Kurdistan.

 

D. – Questo attentato giunge a poche ore dal giuramento del nuovo governo iracheno, in cui la comunità curda ha un vice premier e diversi ministri. C’è un collegamento?

 

R. – Decisamente sì. Nel processo politico in atto in Iraq i curdi rappresentano il garante maggiore per una stabilità, ma chiedono a loro volta garanzie per il futuro. Colpire i curdi vuol dire minare la capacità del governo iracheno e di tutto il processo politico iracheno ad andare avanti.

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CONVEGNO DOMANI A ROMA SUI MIRACOLI EUCARISTICI

IN VISTA DEL CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE ITALIANO DI BARI

- Intervista con padre Rafael Pascual -

 

In vista del prossimo Congresso eucaristico nazionale italiano, in programma a Bari dal 21 al 29 di maggio, ma soprattutto perché stiamo celebrando l’Anno eucaristico, voluto da Giovanni Paolo II, il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, di concerto con l’Istituto San Clemente I Papa e Martire, ha promosso un Convegno per domani 5 maggio sul tema dei miracoli eucaristici, che sarà presieduto dall’arcivescovo Domenico Sorrentino, segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Per l’occasione sarà inaugurata anche una mostra sui miracoli eucaristici presso lo stesso Ateneo, allestita dal medesimo Istituto San Clemente I Papa e Martire. La mostra resterà aperta fino al 19 di questo mese. Sul fenomeno dei miracoli eucaristici Giovanni Peduto ha intervistato padre Rafael Pascual, dei Legionari di Cristo, organizzatore del Convegno:

 

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R. – I miracoli eucaristici sono dei fenomeni straordinari di diverso genere, per esempio, c’è la trasformazione delle specie del pane e del vino in carne e sangue, poi anche la preservazione miracolosa delle Ostie consacrate, alcune ostie che versano del sangue ... Questi fenomeni si sono verificati lungo diversi periodi della storia della Chiesa. Quello che risulta come il più antico è quello di Lanciano che risale al secolo VIII; ci sono poi quelli verificatisi il secolo scorso in diverse parti del mondo. Qui in Italia ci sono diversi luoghi dove sono avvenuti questi miracoli eucaristici, ma li troviamo anche in Francia, in Germania, Olanda, Spagna, e alcuni, addirittura, nel nuovo mondo, nell’America del Nord.

 

D. – Come si pone la Chiesa di fronte a questi miracoli?

 

R. – La posizione della Chiesa è sempre prudente come lo è davanti ai diversi fenomeni straordinari, ai diversi miracoli, alle apparizioni, alle esperienze mistiche. Lungo la storia si è data importanza ad una serie significativa di miracoli eucaristici. A parte quello già citato di Lanciano, non si può dimenticare quello celebre di Bolsena, le cui reliquie si conservano nella preziosissima cattedrale di Orvieto. In qualche modo la stessa celebrazione della solennità del Corpus Domini sembra essere in rapporto con questo miracolo. 

 

D. – Oggi i cristiani sono consapevoli della realtà dell’Eucaristia?

 

R. – Mi sembra che sia un po’ difficile generalizzare, ma si può parlare in qualche modo di una crisi del fervore eucaristico che è concomitante a quella della fede che si sta verificando lungo la cultura occidentale. L’Eucaristia è il Mysterium fidei per eccellenza, come in ogni Messa noi ricordiamo, ma se la fede è debole, allora ne risente anche il rapporto del cristiano con l’Eucaristia, ma penso che ci siano anche dei motivi di speranza. Ci sono i tanti movimenti di esperienza cristiana in cui si trova un risorgere di un fervore eucaristico.

 

D. – Quale miracolo eucaristico l’ha colpito particolarmente e c’è qualche pubblicazione sui miracoli eucaristici?

 

R. – Sì, ci sono tante pubblicazioni. Io parlerei non soltanto di uno, ma di due miracoli che mi hanno colpito, specialmente i due che ho già riferito precedentemente. Quello di Lanciano mi sembra molto significativo perché, come hanno manifestato le analisi scientifiche che si sono fatte a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, si è scoperto che si tratta di un fenomeno che non si può spiegare e che ha un carattere fortemente simbolico e molto eloquente, perché si constata che si tratta di vera carne e vero sangue e che la carne è costituita da tessuto del cuore. Anche quello di Bolsena mi sembra molto eloquente per l’eco che ha avuto in tutta la Chiesa, perché ha provocato una serie di eventi, di rinnovamento del fervore eucaristico che si è manifestato in un modo molto originale e anche multiforme, ad esempio con l’adorazione eucaristica in un modo più solenne, gli inni eucaristici, le processioni del Corpus Domini che si prolungano fino ai nostri giorni. Poco tempo fa ho avuto occasione di andare a Bolsena ed Orvieto, dove ho trovato un libro ben fatto che si intitola proprio ‘Il miracolo di Bolsena’. Si sta anche preparando un poderoso volume che sarà presentato in occasione del nostro Convegno, che si chiama ‘Miracoli eucaristici e tesori nascosti’, sempre a cura dell’Istituto San Clemente I Papa e Martire, che sarà edito dall’Editrice Studio Domenicano di Bologna.

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LA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI COMPIE 700 ANNI. VARIE LE INIZIATIVE A PADOVA

PER CELEBRARE IL CAPOLAVORO DI GIOTTO NELLA CITTÀ VENETA

- Intervista con Davide Banzato -

 

1305-2005. La Cappella degli Scrovegni compie 700 anni. Varie le iniziative a Padova per celebrare il capolavoro di Giotto nella città veneta: conferenze, rassegne musicali e drammaturgiche e proposte editoriali. Il servizio è di Paolo Ondarza.

 

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(musica)

 

700 fa, agli inizi del Trecento, veniva consacrata la chiesa padovana di Santa Maria della Carità all’Arena, più nota come Cappella degli Scrovegni. Una superficie di 700 mq interamente affrescata con le storie della Vergine e di Cristo. La narrazione si svolge in una sequenza di 34 scene, disposte su tre registri, coinvolgendo visivamente ed emotivamente il visitatore. Si tratta di una pagina fondamentale della storia dell’arte europea, rappresentativa della svolta pittorica dell’era moderna, sul finire dell’epoca medioevale. Davide Banzato, direttore dei Musei Civici di Padova:

 

R. – A 700 anni di distanza possiamo dire che il monumento è in uno stato abbastanza buono. Probabilmente il ciclo degli affreschi di Giotto è quello conservato meglio. I lavori di restauro si sono conclusi nel 2002. Le principali cause di degrado sono state eliminate o vengono tenute sotto controllo.

 

D. – Qual è il valore artistico della Cappella degli Scrovegni?

 

R. – La Cappella degli Scrovegni è uno dei massimi raggiungimenti artistici dell’arte occidentale. E’ il documento più importante della maturità di Giotto. Giotto era già stato a Roma per il Giubileo, aveva già dipinto ad Assisi e qui opera una straordinaria sintesi tra mentalità medievale, senso della prospettiva, stimoli tratti dalla classicità che vengono reinterpretati nella chiave di un artista che aderisce alla corrente gotica. Possiamo dire che l’idea della decorazione parietale nasce proprio con la Cappella degli Scrovegni, secondo il senso che avrà fino a tutto il ‘700, cioè una parete ordinata, nella quale si susseguono delle scene, degli episodi, ordinati secondo una precisa architettura.

 

Gli affreschi giotteschi sono anche una finestra aperta sulla vita quotidiana nel primo Trecento. Ambienti, oggetti e abiti fedelmente riprodotti da Giotto, che, attraverso i colori brillanti della sua tavolozza, rivela anche fede, paure e visioni dell’uomo all’alba del XIV secolo.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

4 maggio 2005

 

LE COMUNITA’ ZINGARE ROM E SINTI CELEBRANO OGGI,

NEL RICORDO DI GIOVANNI PAOLO II, L’ANNIVERSARIO DELLA BEATIFICAZIONE

DI ZEFFIRINO GIMENEZ MALLA, PRIMO GITANO BEATO

- A cura di Giancarlo La Vella -

 

ROMA. = Tutte le comunità zingare, Rom e Sinti, si danno appuntamento oggi pomeriggio nell’area del Santuario del Divino Amore, sulla via Ardeatina, vicino Roma. Varie e particolarmente sentite le motivazioni di questo evento. Innanzitutto, ricordare con affetto filiale Giovanni Paolo II che, nel corso del suo Pontificato, tanto ha fatto per riabilitare gli zingari e inserirli, quale popolo, fra le Nazioni del mondo, vittima, come gli ebrei, dello sterminio operato dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Poi, celebrare l’ottavo anniversario della beatificazione di Zeffirino Gimenez Malla, primo gitano ad essere elevato all’onore degli altari proprio da Papa Wojtyla il 4 maggio 1997. Il beato Zeffirino, già terziario francescano e facente parte della società di San Vicenzo, nel 1936 all'età di 75 anni, in piena guerra civile spagnola, venne barbaramente ucciso, a Barbastro, in Aragona, dai miliziani, reo di aver difeso un sacerdote che stava per essere rastrellato insieme con altri suoi confratelli. “Zeffirino – disse Giovanni Paolo II durante la cerimonia di beatificazione – ottenne la palma del martirio con la medesima semplicità con cui visse. La sua vita cristiana ci ricorda che il messaggio di salvezza non conosce frontiere di razza o di cultura, perché Gesù è Redentore di tutti gli uomini”. Le cerimonie religiose, che inizieranno alle 15.30, si snoderanno attraverso la Via Crucis, per poi culminare nella celebrazione eucaristica, all’insegna del rinnovato impegno dei Rom e Sinti ad offrire la vita in Cristo per la gloria di Dio e al servizio del prossimo, nel gioioso augurio per il nuovo Pontefice, Benedetto XVI. I fedeli si ritroveranno nella particolare atmosfera della chiesa a cielo aperto, adiacente al Divino Amore, inaugurata il 26 settembre 2004 e dedicata al Beato Zeffirino. Guiderà il gruppo don Bruno Nicolini, da sempre impegnato per la diocesi di Roma nella pastorale degli zingari.

 

 

DA OGGI FINO AL 13 DI QUESTO MESE SI TIENE A LIONE, IN FRANCIA,

L’ASSEMBLEA GENERALE ANNUALE DELLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE

- A cura di Giovanni Peduto -

 

LIONE. = Le Pontificie Opere missionarie tengono quest’anno (da oggi fino al 13 di questo mese) la loro Assemblea generale annuale a Lione, in Francia, a motivo dell’inaugurazione, in questa città, della casa restaurata di Pauline Jaricot (1799-1862), che fu la fondatrice dell’Opera della propagazione della fede. Le Pontificie Opere sono infatti quattro: oltre a quella appena citata abbiamo l’Opera di San Pietro Apostolo, l’Associazione della Santa infanzia e l’Unione missionaria del clero. Obiettivo dell’Assemblea in corso è quello di esaminare le domande di sostegno per le necessità delle giovani Chiese, pervenute dal mondo intero. Vi prendono parte i direttori nazionali delle Pontificie Opere Missionarie di 130 Paesi, assieme al prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, il cardinale Crescenzio Sepe. Domani, i partecipanti all’incontro si uniranno assieme ai cardinali e ai vescovi di Francia e di altri Paesi per la concelebrazione eucaristica in occasione dell’apertura della cosiddetta ‘Casa Loreto’, che ospitò la venerabile Pauline Jaricot dal 1832 fino alla morte e trasformata ora in centro di preghiera, di riflessione e di missionarietà. Pauline Jaricot iniziò nel 1818 l’Associazione per la propagazione della fede, ufficialmente riconosciuta il 13 maggio 1822. Pauline Jaricot è la fondatrice della più grande agenzia di aiuto alle missioni in tutta la storia della Chiesa cattolica. La sua opera venne insignita del titolo ‘Pontificia’ da Pio XI nel 1922. L’Opera Pontificia della Santa infanzia venne invece fondata dal vescovo di Nancy, mons. Charles Auguste Marie de Forbie-Janson, per dare un’impostazione missionaria alla devozione a Gesù Bambino; oggi si articola in un movimento di bambini cristiani per l’aiuto e la salvezza dei bambini pagani. Nata nel 1843 come Associazione della Santa infanzia, sempre Pio XI l’ha dichiarata ‘Opera Pontificia’ nel 1922. Abbiamo poi la Pontificia Opera di San Pietro Apostolo, dovuta all’iniziativa della signorina Jeanne Bigard, con l’incoraggiamento e sotto la guida della madre Stephanie: lo scopo è quello della preparazione al ministero sacerdotale dei giovani nei Paesi di missione. La sua attività ebbe inizio nel 1886 e, stabilitasi ufficialmente a Caen nel 1889, venne riconosciuta anch’essa ‘Pontificia’ da Pio XI sempre nel 1922. Abbiamo infine l’Unione Missionaria del Clero per animare i sacerdoti all’evangelizzazione del mondo e promuovere la preghiera per le missioni: ne è stato fondatore padre Paolo Manna, missionario in Birmania, preoccupato dello scarso numero dei missionari. L’Opera venne approvata nel 1916 da Benedetto XV e dichiarata ‘Pontificia’ nel 1956 da Pio XII. 

 

 

L’EDUCAZIONE DELLE BAMBINE E’ FONDAMENTALE PER IL MIGLIORAMENTO

E LO SVILUPPO DELLE NAZIONI. E’ QUANTO EMERGE DAL SESTO RAPPORTO ANNUALE SULLO STATO DELLE MADRI NEL MONDO DIFFUSO IERI DA “SAVE THE CHILDREN”

 

ROMA. = Nel sesto rapporto annuale, reso noto ieri, “Save the Children”, la più grande organizzazione internazionale indipendente di tutela e promozione dei diritti dei bambini, ha tracciato un quadro relativo alla situazione delle donne e delle bambine nel mondo, stilando anche una graduatoria dei Paesi, considerandone 110 considerati, esclusa l’Italia, in cui la maternità è più o meno garantita. Nel documento è presente anche un’ulteriore analisi, relativa a 71 Paesi, che ritrae il livello di avanzamento o arretramento dei servizi educativi rivolti alle giovani donne. 11 Paesi su 71 si sono rivelati al di sopra delle aspettative in materia, tra cui, Mongolia, Kenya e Madagascar. Questo aspetto è di fondamentale importanza in quanto il grado di educazione delle bambine è determinante per il miglioramento e lo sviluppo di una Nazione. Suscitano quindi una piacevole sorpresa i passi avanti compiuti da alcuni dei Paesi più poveri del mondo, mentre si nota con rammarico che in alcune Nazioni ricche si sta assistendo ad una lenta retrocessione, come la Guinea Equatoriale, l’Arabia Saudita e l’Oman. Secondo Filippo Ungaro, portavoce di “Save the Children Italia”, “l’educazione primaria riveste un’importanza così evidente che è difficile capire come mai molti minori, soprattutto bambine, continuano a rimanere fuori dalla scuola”. Inoltre continua dicendo che “investire nell’educazione femminile produce anche una crescita del reddito individuale e nazionale, nell’arco di diverse generazioni”. Dei 71 Paesi in via di sviluppo esaminati, Bolivia, Kenya, Camerun e Bangladesh hanno realizzato i maggiori progressi nel settore dell’educazione delle ragazze, mentre in Rwanda, Iraq, Malawi ed Eritrea la situazione non è delle migliori a causa di una serie di problemi quali l’AIDS, la guerra e la rapida crescita della popolazione. Secondo il documento, alcuni rimedi a questa situazione sarebbero l’abolizione delle tasse scolastiche e di altre spese che scoraggiano l’iscrizione delle fanciulle e la promozione di un sistema scolastico alternativo per coloro che sono colpite da AIDS, guerre e disastri naturali. L’appello si rivolge soprattutto ai Paesi ricchi affinché diano un supporto a quelli più svantaggiati, sostenendo i programmi di educazione globale nell’ambito del G8 del giugno prossimo. (M.V.S.)

 

 

PUBBLICITÀ E BUONA TV: QUESTO IL TITOLO DEL CONVEGNO

ORGANIZZATO DAL COMITATO DI APPLICAZIONE DEL CODICE

DI AUTOREGOLAMENTAZIONE “TV E MINORI”, OGGI A ROMA

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

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ROMA. = Alcune grandi aziende commerciali recentemente hanno rifiutato di pubblicizzare i loro prodotti all’interno di programmi televisivi di livello scadente. Il motivo: quello spazio era accolto male o addirittura giudicato offensivo per il pubblico. E’ questo il dato che ha offerto lo sfondo all’incontro di oggi. Nelle parole di Emilio Rossi, presidente del Comitato organizzatore dell’Incontro, difendere la qualità della programmazione televisiva è una battaglia complessa e lo è ancor di più quando si devono tutelare i bambini. Per questo precisa che il tema odierno è solo uno dei tanti aspetti della questione, che meriterebbe dunque maggiore spazio di intervento e di analisi. In questo quadro, benché sembri un paradosso o una provocazione, è possibile pensare che la pubblicità influisca positivamente sulla qualità della programmazione televisiva, creando un circolo virtuoso. Una possibilità, questa, da un lato confermata da diversi esponenti del mondo della comunicazione e della pubblicità intervenuti; d’altro canto, questa possibilità rovescia l’opinione di quanti individuano proprio nella vendita di spazi televisivi agli inserzionisti, considerata da molti la causa principale dello scadimento della qualità televisiva. Ma gli operatori pubblicitari hanno affinato enormemente nel tempo le proprie competenze. Per organizzare le proprie campagne, hanno affermato di non guardare solo alla quantità dei contatti, ma di fare sempre più riferimento al valore della qualità a più livelli. Infine, a chiedere maggiore attenzione al rapporto tra tv e minori è stato proprio il mondo dell’università, rappresentato dalla docente di psicologia, Maria D’Alessio.

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SI E’ SPENTO IERI A BEIRUT IL PRESIDENTE DELLA CARITAS INTERNATIONALIS,

MONS. FOUAD EL- HAGE, ARCIVESCOVO MARONITA DI TRIPOLI DEL LIBANO

 

BERUIT.= La Caritas Internationalis è in lutto per la perdita del suo presidente mons. Fouad El- Hage. All’età di 66 anni, si è spento ieri mattina dopo aver combattuto contro una lunga e devastante malattia. Nato in Libano, aveva studiato a Roma, negli Stati Uniti e a Beirut, diventando sacerdote nel 1968. Dopo essere stato eletto nel 1998 arcivescovo maronita di Tripoli, nel nord del Libano, l’anno successivo salì alla guida della Caritas Internationalis con la qualità di Presidente. In precedenza era stato capo della Caritas in Libano, dove era conosciuto come “vescovo dei poveri”, e della Caritas del Medio Oriente/Nord Africa. L’annuncio della scomparsa di mons. Fouad El- Hage è stato dato dal segretario generale della Caritas, Duncan MacLaren, il quale “con profonda tristezza” ha sottolineato che “l’arcivescovo Fouad non è stato soltanto il presidente della Confederazione, ma un amico per tutti”. Con profonda commozione anche il vice-presidente ha voluto rendergli omaggio ricordando anche il loro proficuo lavoro in molte Caritas, sia in Europa che negli Stati Uniti. (M.V.S)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

4 maggio 2005

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Furiosi scontri sono scoppiati, in Afghanistan, tra forze di sicurezza e ribelli: un poliziotto e almeno 20 insorti sono rimasti uccisi in seguito a combattimenti avvenuti ieri nella provincia meridionale di Zabul. Lo ha reso noto stamani il comando della coalizione. La battaglia è stata una delle più violente dopo la caduta del regime talebano.

 

Le autorità del Pakistan hanno annunciato di aver arrestato un importante membro di al Qaeda. L’uomo, il libico Abu Faraj al Libbi, è considerato il numero 3 dell’organizzazione terroristica di Osama Bin Laden.

 

In Medio Oriente il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, si è impegnato ad indire un referendum nazionale su qualunque accordo con Israele riguardante lo status finale dei Territori. Abu Mazen ha anche criticato le pressioni esercitate da parte israeliana affinché vengano affrontati con maggiore durezza i militanti palestinesi.

 

Il responsabile della squadra dell’ONU inviata in Libano per verificare il ritiro delle truppe siriane dal Paese dei Cedri, si è dichiarato “soddisfatto”. L’équipe delle Nazioni Unite ha ispezionato, finora, le aree di Tripoli e di Beirut. La conclusione della missione è prevista nei prossimi giorni. Dopo 29 anni di presenza militare, la Siria ha annunciato la scorsa settimana di aver completato il rimpatrio del proprio contingente dal Libano.

 

Vigilia elettorale in Gran Bretagna per il rinnovo della Camera dei Comuni. Domani il primo ministro Tony Blair cercherà di conquistare il terzo mandato consecutivo, dopo le vittorie alle elezioni del ’97 e del 2001. Nei sondaggi, il Partito laburista di Blair è dato in vantaggio sui conservatori di ben 14 punti percentuali. Ascoltiamo Sagida Syed:

 

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Tony Blair sta forse già brindando al suo terzo mandato. Ieri sera il partito laburista si assestava comodamente sul 39 per cento dei voti, 10 punti in più rispetto al partito conservatore, mentre i liberaldemocratici    erano fermi al 22 per cento. Questa campagna è stata giocata su temi forti: dalla guerra in Iraq all’emigrazione, dalla riforma della sanità all’economia. Il primo ministro, che conta su una vittoria sicura, anche se meno travolgente di quelle passate, ha puntato sull’economia in salita, la disoccupazione ai minimi storici e le riforme sociali. Spera di conquistarsi la benevolenza della sinistra progressista, ha anche risuscitato il suo maestro dell’immagine e si è presentato in coppia con l’antagonista di sempre, il cancelliere Gordon Brown, possibile suo erede. Dovrà comunque rinunciare ad una fetta dell’elettorato che non gli ha perdonato la guerra in Iraq. Il leader dei Tories, il partito conservatore, ha puntato sull’annosa questione dell’emigrazione, meno visti e lavoro assicurato per chi entra nel Regno Unito. Michael Howard, però, non conquista il premio simpatia. E’ poco carismatico e non riesce a risollevare le sorti di un partito che ha perso la propria identità dopo l’era Thatcher. I liberaldemocratici sono ottimisti e promettono di ritirare le truppe come prima azione di governo, ma raccolgono soltanto i voti di protesta. Chiunque vincerà dovrà accontentarsi di un margine ristretto di scarto e dovrà restituire un po’ di ottimismo e di entusiasmo all’elettorato.

 

Da Londra, per la Radio Vaticana Sagida Sayed.

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Nuove elezioni presidenziali e legislative in Togo e nessun accordo per un governo di unità nazionale. E’ la richiesta dell’opposizione togolese dopo l’ufficializzazione della vittoria di Faure Gnassingbé alle contestate elezioni presidenziali dello scorso 24 aprile. Il servizio di Giulio Albanese:

 

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Il principale partito di opposizione togolese, l’Unione per le forze del cambiamento ha invitato ieri sera il popolo a resistere escludendo, così, ogni forma di partecipazione ad un eventuale governo di unità nazionale. La tensione politica si è acuita da quando ieri il presidente della Corte Costituzionale ha annunciato ufficialmente la vittoria di Faure Gnassimbé nelle contestate elezioni presidenziali del 24 aprile scorso. Avendo ottenuto il maggior numero di voti con il 60,15 per cento dei suffragi, il figlio del defunto dittatore Gnassimbé Eyadema deve essere, a questo punto, dichiarato presidente della Repubblica del Togo. La cerimonia del giuramento, a meno di un improvviso colpo di scena, avverrà oggi. Ma il segretario generale dell’Unione delle forze per il cambiamento ha spiegato ai giornalisti che il popolo, questa volta, non potrà abbassare la testa subendo l’ennesima beffa. La resistenza popolare avverrà nel rispetto del dettato costituzionale che ‘sancisce libertà di espressione e di manifestazione’, ha detto il segretario. Intanto, dall’esilio il leader dell’opposizione, Gilchrist Olimpio, ha chiesto l’indizione di nuove elezioni presidenziali e legislative entro sei mesi. Olimpio ha ribadito che è stata l’opposizione a vincere la scorsa volta e non l’oligarchia presidenziale che da 40 anni opprime il Paese   africano.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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L’esplosione di ieri allo stadio di Mogadiscio non è stata provocata da un incidente. Fonti diplomatiche somale hanno rivelato che si è trattato di un fallito attentato contro il premier di transizione somalo, Ali Mohamed Gedi, uscito incolume dallo stadio. Le fonti hanno anche precisato che poco prima della deflagrazione, una guardia del corpo di Gedi ha bloccato uno sconosciuto pronto a lanciare una granata contro il premier.

 

 

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