RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
124 - Testo della trasmissione di mercoledì 4 maggio 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Si è spento ieri a Beirut il presidente della
Caritas Internationalis, mons. Fouad
el-Hage.
Vigilia
elettorale in Gran Bretagna per il rinnovo della Camera dei Comuni: sembra
scontata la vittoria di Tony Blair
In
Togo l’opposizione chiede nuove elezioni presidenziali e legislative entro sei
mesi
4 maggio 2005
L’IDOLATRIA DEL DENARO
E DEL POTERE SONO FALSE “PROMESSE DI VITA”:
SOLO IN DIO L’UOMO PUO’ RIPORRE LA PROPRIA
FIDUCIA.
LA SECONDA UDIENZA GENERALE DI BENEDETTO XVI
INCENTRATA SU UN TESTO DI GIOVANNI PAOLO II
- Servizio di Alessandro De Carolis -
E’ Dio il custode che protegge
l’uomo dall’idolatria del potere e del denaro. Alla seconda udienza generale
del suo pontificato, presieduta davanti a migliaia di persone di quattro
continenti, Benedetto XVI ha ripreso le meditazioni sui Salmi di Giovanni Paolo
II, in particolare sul Salmo 120, intitolato “il custode di Israele”. Ce ne
parla Alessandro De Carolis:
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Ci sono delle “alture” nella
vita di ogni persona dalle quali si ammirano talvolta quelli che in realtà sono
inganni della vista e dell’anima: potere, denaro, vita comoda, ma non Dio, vero
aiuto, la sicurezza, la “fiducia” per ciascun essere umano. Arriva da una
spiegazione apparentemente improvvisata, ma ben calata nella riflessione in
corso di svolgimento, l’insegnamento centrale dell’udienza generale di questa
mattina. Benedetto XVI, come annunciato mercoledì scorso, ha riannodato il filo
delle meditazioni sui Salmi e i Cantici della Liturgia delle Ore interrottesi
con Giovanni Paolo II il 26 gennaio di quest’anno.
(canto salmo)
Benedetto XVI è comparso, tra
gli oltre 20 mila in attesa in Piazza San Pietro, a bordo della jeep bianca
scoperta e, benedicendo la folla, si è fermato a salutare personalmente, prima
di dare inizio alla catechesi, i 50 disabili allineati su tre file alla destra
della sua sedia. Poi, riprendendo i testi delle meditazioni predisposti dal suo
predecessore, il Papa ha presentato le caratteristiche del Salmo 120:
“È un Salmo di fiducia poiché in esso risuona per sei volte il verbo
ebraico shamar, ‘custodire, proteggere’. Dio, il cui nome è
invocato ripetutamente, emerge come il ‘custode’ sempre sveglio, attento e
premuroso, la ‘sentinella’ che veglia sul suo popolo per tutelarlo da ogni
rischio e pericolo”.
A questo punto – ha proseguito
il Pontefice – il salmista alza lo sguardo “verso i monti”. Se le alture
descritte rappresentano geograficamente i colli di Gerusalemme, ben più importante
è il loro significato emblematico. I monti – ha detto – “possono
evocare anche i luoghi ove sorgono i santuari idolatrici, le cosiddette
‘alture’, spesso condannate dall’Antico
Testamento. In questo caso ci sarebbe un contrasto: mentre il pellegrino
avanza verso Sion, i suoi occhi cadono sui templi pagani, che costituiscono una
grande tentazione per lui”. Tuttavia, anche gli occhi dei cristiani del 21.
secolo - ha aggiunto il Papa parlando a braccio, salutato dall’applauso della
folla - non sono immuni da forme nuove, ma in fondo antiche, di idolatria:
“La ricchezza, il potere, il prestigio, la vita comoda. Alture che
sono tentazioni perché appaiono realmente come la promessa della vita, ma noi
nella nostra fede vediamo che non è vero, che queste alture non sono la vita.
La vera vita, il vero aiuto viene dal Signore e il nostro sguardo nel nostro
pellegrinaggio è diretto verso la vera altura, verso il vero monte: Cristo!”
In
questo panorama, si staglia però il terzo simbolo del Salmo, “il Signore che
sta alla destra del suo fedele”. E’ lui “l’immagine del custode”, della
“sentinella” che protegge il suo popolo”, ha affermato Benedetto XVI:
“E’ la certezza di non essere abbandonati nel tempo della prova,
dell’assalto del male, della persecuzione”.
Il
Papa, dopo aver riassunto i punti salienti della catechesi in francese,
inglese, tedesco e spagnolo, ha rivolto alcuni saluti ai gruppi di pellegrini,
parlando tra l’altro in slovacco, ceco, polacco e croato. Il suo benvenuto è
andato ai Preti del Sacro
Cuore di Gesù di Betharram e alle Piccole
Suore Missionarie della Carità di S. Luigi Orione, entrambi impegnati
nei Capitoli generali. “Cari fratelli e sorelle – è stato l’auspicio di
Benedetto XVI – siate sempre fedeli allo spirito dei vostri Fondatori, per
essere coraggiosi testimoni del Vangelo in questo nostro tempo”. Anche i
giovani sono stati esortati dal Papa a porsi alla “scuola di Maria per imparare
ad amare e seguire Cristo sopra ogni altra cosa”.
(canto salmo)
**********
L’insegnamento di Benedetto XVI
è stato ascoltato, dunque, da migliaia di fedeli giunti dal continente
americano fino all’Europa dell’Est. Roberta Moretti è andata tra loro per
raccogliere alcune impressioni:
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R. –
Mi ha colpito molto quando ha commentato il salmo, ribadendo il concetto del
pastore che è custode e nello stesso tempo è anche guida del suo gregge.
R. –
Sicuramente, colpisce la sua abilità di essere messaggero per tutte le genti,
vista anche la sua capacità di parlare in tante lingue diverse.
R. –
Senz’altro questa capacità di riferirsi con forza ancora una volta a Cristo e
di proporlo ad una massa internazionale di gente.
R. –
Cià che mi ha colpito è l’intensità di ciò che ha detto il Papa, ma soprattutto
come è stato accolto dai giovani; come questi ragazzi si sono sentiti vicini a
questo Papa in un momento così bello, perché il Papa ci ha come abbracciati, tutti
assieme, nell’amore ...
R. –
Mi è sembrato un papà: poi ho visto che ha preso in braccio dei bambini e mi ha
fatto molto piacere.
R. –
Questo fatto di aver fiducia in Dio, di non aver paura ... E’ un Dio che ci accompagna
di notte, di giorno, anche nelle prove, nelle sofferenze ... una chiamata
sempre alla speranza!
R. –
E’ unito a Maria e Maria lo aiuterà sempre!
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SARA’ IL PREFETTO DELLA
CONGREGAZIONE PER LE CAUSE DEI SANTI
A PRESIEDERE LE BEATIFICAZIONI PREVISTE IL 14
MAGGIO NELLA BASILICA VATICANA
Sia Paolo VI
che Giovanni Paolo II hanno presieduto cerimonie di beatificazione oltre che
quelle di canonizzazione, ma è lo stesso cardinale Saraiva Martins, al
microfono di Giovanni Peduto, a spiegarci che non è sempre stato così:
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Non si tratta di una novità
assoluta, ma la ripresa di una prassi plurisecolare, rimasta in uso nella
Chiesa fino al 1971.
Secondo questa prassi, infatti,
non era il Papa a celebrare le beatificazioni, neanche da quando avvenivano a
Roma, nella Basilica di San Pietro. Il rito veniva celebrato da un vescovo e da
un cardinale, delegato dal Santo Padre. Fu Paolo VI, appunto, nel 1971 procedette
di persona a presiedere la cerimonia di beatificazione, nella Basilica di San
Pietro, di Massimiliano Maria Kolbe. Era la prima volta che accadeva. In
occasione, poi, dell’Anno Santo 1975, che vide incrementare le cerimonie di
beatificazione, Paolo VI rese stabile questa sua decisione e procedette di
persona a presiedere le beatificazioni durante la Santa Messa e lo fece fino al
termine della sua vita.
La prassi introdotta da Paolo VI
è stata costantemente seguita da Giovanni Paolo II. Anzi, in occasione dei
numerosi e frequenti viaggi apostolici e pastorali nei vari continenti e Paesi
(Italia compresa), Giovanni Paolo II ha iniziato a compiere in quelle Chiese,
oltre alle solenni concelebrazioni eucaristiche, anche il rito della
beatificazione. Per decisione del Santo Padre Benedetto XVI, sabato 14 maggio
alle ore 17, nella Patriarcale Basilica di San Pietro in Vaticano, saranno
beatificate le serve di Dio Maria Anna Barbara Cope, religiosa professa delle
Suore del Terz’Ordine Francescano di Syracuse, nello Stato di New York,
conosciuta come Madre Marianna di Molokai, e Ascensione del Cuore di Gesù, cofondatrice
delle Suore Missionarie Domenicane del Rosario, della diocesi di Pamplona in
Spagna.
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A 35 ANNI DAL TRATTATO DI NON-PROLIFERAZIONE
NUCLEARE, DIBATTITO IN CORSO
AL PALAZZO DI VETRO DI NEW YORK. PRIORITA’ E
URGENZE NELLE PAROLE DELL’OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE ALL’ONU
- Intervista con mons. Celestino Migliore -
Disarmo nel mondo in battuta
d’arresto, mentre cresce la paura del riarmo atomico. Sono passati 35 anni dal
Trattato di non proliferazione nucleare, in vigore dal 1970, e bisogna fare
presto per aggiornare questa Carta, in buona parte disattesa, oggi perfino
superata dai nuovi equilibri geopolitici ma anche dal progresso delle
tecnologie: è quanto come ha denunciato il segretario generale dell’ONU, Kofi
Annan, in apertura della VII Conferenza di revisione del Trattato, in corso nel
Palazzo di Vetro a New York fino al 27 maggio, presenti delegati di 188 Paesi.
Ai lavori partecipa anche l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore
permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite. Roberta Gisotti lo ha intervistato:
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R. – Si respira qui un’aria da
circolo vizioso. Da una parte, i Paesi legittimamente dotati di armi nucleari
disattendono l’impegno assunto cinque anni fa di avviare seri negoziati per un
totale disarmo nucleare e questo a causa della proliferazione nucleare
clandestina, che preoccupa seriamente in quanto il nucleare può cadere nella mani
incontrollabili del terrorismo. Dall’altra parte, si prolifera accusando gli
Stati nucleari di non avere alcuna intenzione di negoziare un disarmo nucleare
totale. Però, generalmente, le conferenze internazionali prendono il via sulla
scorta di un testo di dichiarazione finale che delinea esattamente i risultati
e i piani di azione, ma in questo caso non esiste ancora alcun documento del
genere.
D. – Come rilanciare allora il
dibattito?
R. – Si lavora per rompere
questo circolo vizioso. Molto probabilmente non si arriverà ad alcuna decisione
ambiziosa, ma almeno il dibattito potrà mettere ognuno di fronte alle proprie
responsabilità, verso la sicurezza comune mondiale e suscitare una precisa volontà
politica.
D. – A
questo punto non sarebbe necessario avviare una Convenzione per il completo disarmo
nucleare?
R. – Si può e si deve attivare
un processo graduale, dove la gradualità si rivesta di tutta la costanza e
l’urgenza del caso. In vista, ad esempio, di un uso sconsiderato e devastante
del nucleare si rende urgente per prima cosa decidere l’interruzione della
produzione di materiale fissile a scopi di esplosioni nucleari. Inoltre sono da
potenziare ed estendere sempre di più le aree prive di armi nucleari, come già
per esempio l’America Latina, l’Africa, l’area del Pacifico. Il progetto va
incoraggiato anche per altre aree del mondo molto più sensibili.
D. – Eccellenza, c’è
l’impressione concreta che ci sia stata una caduta di attenzione davvero molto
rischiosa su questo tema. Come Osservatore permanente della Santa Sede, quali
argomenti porterà in questo contesto?
R. – Non è più il tempo in cui
si andava alla ricerca di un equilibrio del terrore. Oggi è tempo di rivedere
l‘intero concetto di deterrenza. La Santa Sede adottò questo principio negli anni della guerra fredda non per
un approccio duraturo nel tempo, ma alla precisa condizione che la deterrenza
costituisse un passo verso un progressivo disarmo nucleare. Ora nel mutato
contesto dei nostri giorni la deterrenza rischia di diventare un paravento per
migliorare la qualità degli arsenali nucleari.
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RINUNCIA E NOMINA
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Sorocaba (Brasile),
presentata da mons. José Lambert, C.S.S., in conformità al can. 401 § 1 del
Codice di Diritto Canonico. Al suo posto è stato nominato mons.
Eduardo Benes de Sales Rodrigues, finora vescovo di Lorena.
Mons. Benes de Sales Rodrigues,
nato il 25 giugno 1941 a Bias Fortes, arcidiocesi di Juiz de Fora, nello Stato
di Minas Gerais, è stato ordinato sacerdote nel 1964 a Juiz de Fora ed è stato
incardinato in quell’arcidiocesi. E’ stato, tra l’altro, professore di scienze
della religione e antropologia religiosa presso l’Università Federale di Juiz
de Fora; rettore e direttore spirituale del Seminario maggiore, nonché
coordinatore arcidiocesano della pastorale; vicario generale di Juiz de Fora
(1994-1998).
L’11 marzo 1998 è stato eletto
alla sede titolare di Case mediane, come ausiliare dell’arcidiocesi di Porto
Alegre, ricevendo l’ordinazione episcopale il 21 giugno successivo. Il 10
gennaio 2001 è stato nominato vescovo di Lorena.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l’udienza generale: “Il custode di Israele”; il commento del
Salmo 120 dei Vespri di venerdì della seconda Settimana.
Sempre
in prima, l’Iraq. Strage ad Erbil: attentato suicida contro reclute della
polizia provoca la morte di sessanta persone.
Nelle
vaticane, due pagine dedicate, rispettivamente, alla Solennità dell’Ascensione
e al cammino della Chiesa in Asia.
Nelle
estere, Medio Oriente: duro scambio di accuse tra Ariel Sharon e Abu Mazen.
Israele pretende una decisa lotta al terrorismo – L’Autorità Palestinese chiede
la restituzione delle città autonome.
Nella
culturale, un articolo di Franco Pelliccioni dal titolo “Una città sospesa su
mille ponti”: un viaggio alla scoperta dell’urbanistica di Amsterdam.
Nelle
pagine italiane, in primo piano l’articolo su Piazza Fontana. “Una strage senza
colpevoli: gli unici condannati sono i familiari delle vittime”. Le parti
civili dovranno pagare le spese processuali. La Cassazione conferma l’assoluzione
dei tre imputati.
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4 maggio 2005
ANCORA STRAGE IN IRAQ: NELLA
CITTÀ CURDA DI ERBIL,
DECINE DI ASPIRANTI POLIZIOTTI SONO MORTI
IN SEGUITO AD UN ENNESIMO ATTACCO KAMIKAZE
- Intervista con Adib Fateh Ali -
un
attentato kamikaze contro la sede di un partito curdo nel nord dell’Iraq ha causato
la morte di decine di aspiranti poliziotti. Episodi di violenza sono avvenuti
anche a Baghdad, dove nelle ultime 24 ore sono stati uccisi almeno 14 iracheni.
Sempre nella capitale, due soldati americani sono morti per l’esplosione di due
bombe. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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La
città curda di Erbil è stata teatro di un ennesimo attacco suicida. Un kamikaze
è entrato in una sezione locale del partito democratico del Kurdistan (PDK),
utilizzato anche come centro di reclutamento della polizia. L’uomo si è fatto
saltare in aria dopo essersi infiltrato tra le reclute. Il governatore di Erbil
ha dichiarato che la potente deflagrazione ha causato la morte di almeno 45
persone. Secondo altre fonti, tra le quali l’emittente ‘Al Arabiya’, le vittime
sono invece più di 60. L’odierno attacco rievoca il tragico duplice attentato
compiuto ad Erbil il primo febbraio 2004 e costato la vita a 117 persone. In
quell’occasione, due kamikaze si erano fatti esplodere contro le sedi dei
partiti curdi del PDK e dell’Unione patriottica del Kurdistan (PUK). Sul versante
politico, intanto, il presidente curdo Talabani ha garantito il proprio
sostegno al nuovo governo auspicando un Iraq unito, federale e indipendente.
L’esecutivo iracheno, presieduto dal premier sciita Al Jaafari, ha giurato ieri
davanti al Parlamento. Alla solenne cerimonia, apertasi con la lettura di
alcuni versetti coranici, hanno partecipato 30 ministri. Rispetto alla lista
annunciata lo scorso 28 aprile, mancano i nomi dei titolari di cinque ministeri
assegnati ad interim. Si tratta dei dicasteri della Difesa, del Petrolio, dell’Elettricità, dell’Industria e dei Diritti
umani. In Italia crescono, infine, le polemiche
per le divergenze dei dossier di Italia e Stati Uniti sulla morte di
Nicola Calipari. Da entrambe le parti è
stato comunque ribadito il convincimento che questo episodio non metterà in
discussione i rapporti italo-americani fondati sulla “comunanza di valori,
impegni ed obiettivi”. Domani, il
presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, interverrà in Parlamento sul caso
‘Calipari’. Appare comunque scontato l’esito delle indagini della Procura di
Roma: l’inchiesta va verso l’archiviazione.
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Ma perché
è stato colpito l’importante centro curdo di Erbil? Giada Aquilino lo ha
chiesto ad Adib Fateh Ali, rappresentante della comunità curda irachena in
Italia:
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R. – Sono stati presi di mira
dei giovani che si presentavano per il reclutamento nella polizia irachena.
Quindi obiettivo degli attentati sono coloro che vogliono costruire il futuro
Iraq e le istituzioni del Paese. Si sta levando in tutto il Paese, e in
generale in molti Stati arabi, una forte ostilità nei confronti dei curdi: c’è
la preoccupazione che il popolo curdo voglia chiedere la secessione dall’Iraq.
Cosa che non corrisponde al vero, in base a quanto ribadito dai leader curdi,
sia Barzani sia Talabani, secondo cui c’è la volontà di rimanere all’interno di
uno Stato federale iracheno. Ricordiamo che Erbil rappresenta il capoluogo del
Kurdistan federato, dove hanno sede il governo e il parlamento locali curdi.
D. – Nell’esplosione è stato
investito anche il Partito Democratico del Kurdistan: si voleva colpire la
leadership politica curda?
R. – Questo lo hanno già fatto
una volta. A febbraio dell’anno scorso c’è stata una duplice esplosione che ha
colpito i due partiti più rappresentativi, quelli che occupano 104 dei 111
seggi del Parlamento del Kurdistan. Al momento, poi, rimangono ancora irrisolti
alcuni dei problemi presentati dai curdi al governo centrale iracheno, cioè la
garanzia che l’esercito di Peshmerga, cioè la milizia curda, non venga sciolto
ma rimanga un corpo compatto all’interno del governo iracheno con compiti di
presidio dei territori del Kurdistan.
D. – Questo attentato giunge a
poche ore dal giuramento del nuovo governo iracheno, in cui la comunità curda
ha un vice premier e diversi ministri. C’è un collegamento?
R. – Decisamente sì. Nel
processo politico in atto in Iraq i curdi rappresentano il garante maggiore per
una stabilità, ma chiedono a loro volta garanzie per il futuro. Colpire i curdi
vuol dire minare la capacità del governo iracheno e di tutto il processo
politico iracheno ad andare avanti.
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CONVEGNO DOMANI A ROMA
SUI MIRACOLI EUCARISTICI
IN VISTA DEL CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE
ITALIANO DI BARI
- Intervista con padre Rafael Pascual -
In vista del prossimo Congresso
eucaristico nazionale italiano, in programma a Bari dal 21 al 29 di maggio, ma
soprattutto perché stiamo celebrando l’Anno eucaristico, voluto da Giovanni
Paolo II, il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, di concerto con l’Istituto
San Clemente I Papa e Martire, ha promosso un Convegno per domani 5 maggio sul
tema dei miracoli eucaristici, che sarà presieduto dall’arcivescovo Domenico
Sorrentino, segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti. Per l’occasione sarà inaugurata anche una mostra sui miracoli
eucaristici presso lo stesso Ateneo, allestita dal medesimo Istituto San
Clemente I Papa e Martire. La mostra resterà aperta fino al 19 di questo mese.
Sul fenomeno dei miracoli eucaristici Giovanni Peduto ha intervistato padre
Rafael Pascual, dei Legionari di Cristo, organizzatore del Convegno:
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R. – I miracoli eucaristici sono
dei fenomeni straordinari di diverso genere, per esempio, c’è la trasformazione
delle specie del pane e del vino in carne e sangue, poi anche la preservazione
miracolosa delle Ostie consacrate, alcune ostie che versano del sangue ...
Questi fenomeni si sono verificati lungo diversi periodi della storia della
Chiesa. Quello che risulta come il più antico è quello di Lanciano che risale
al secolo VIII; ci sono poi quelli verificatisi il secolo scorso in diverse
parti del mondo. Qui in Italia ci sono diversi luoghi dove sono avvenuti questi
miracoli eucaristici, ma li troviamo anche in Francia, in Germania, Olanda,
Spagna, e alcuni, addirittura, nel nuovo mondo, nell’America del Nord.
D. – Come si pone la Chiesa di
fronte a questi miracoli?
R. – La posizione della Chiesa è
sempre prudente come lo è davanti ai diversi fenomeni straordinari, ai diversi
miracoli, alle apparizioni, alle esperienze mistiche. Lungo la storia si è data
importanza ad una serie significativa di miracoli eucaristici. A parte quello
già citato di Lanciano, non si può dimenticare quello celebre di Bolsena, le
cui reliquie si conservano nella preziosissima cattedrale di Orvieto. In
qualche modo la stessa celebrazione della solennità del Corpus Domini sembra
essere in rapporto con questo miracolo.
D. – Oggi i cristiani sono
consapevoli della realtà dell’Eucaristia?
R. – Mi sembra che sia un po’
difficile generalizzare, ma si può parlare in qualche modo di una crisi del
fervore eucaristico che è concomitante a quella della fede che si sta verificando
lungo la cultura occidentale. L’Eucaristia è il Mysterium fidei per eccellenza,
come in ogni Messa noi ricordiamo, ma se la fede è debole, allora ne risente
anche il rapporto del cristiano con l’Eucaristia, ma penso che ci siano anche
dei motivi di speranza. Ci sono i tanti movimenti di esperienza cristiana in
cui si trova un risorgere di un fervore eucaristico.
D. – Quale miracolo eucaristico
l’ha colpito particolarmente e c’è qualche pubblicazione sui miracoli
eucaristici?
R. – Sì, ci sono tante
pubblicazioni. Io parlerei non soltanto di uno, ma di due miracoli che mi hanno
colpito, specialmente i due che ho già riferito precedentemente. Quello di
Lanciano mi sembra molto significativo perché, come hanno manifestato le
analisi scientifiche che si sono fatte a partire dagli anni ’70 del secolo
scorso, si è scoperto che si tratta di un fenomeno che non si può spiegare e
che ha un carattere fortemente simbolico e molto eloquente, perché si constata
che si tratta di vera carne e vero sangue e che la carne è costituita da
tessuto del cuore. Anche quello di Bolsena mi sembra molto eloquente per l’eco
che ha avuto in tutta la Chiesa, perché ha provocato una serie di eventi, di
rinnovamento del fervore eucaristico che si è manifestato in un modo molto
originale e anche multiforme, ad esempio con l’adorazione eucaristica in un modo
più solenne, gli inni eucaristici, le processioni del Corpus Domini che si
prolungano fino ai nostri giorni. Poco tempo fa ho avuto occasione di andare a
Bolsena ed Orvieto, dove ho trovato un libro ben fatto che si intitola proprio
‘Il miracolo di Bolsena’. Si sta anche preparando un poderoso volume che sarà
presentato in occasione del nostro Convegno, che si chiama ‘Miracoli
eucaristici e tesori nascosti’, sempre a cura dell’Istituto San Clemente I Papa
e Martire, che sarà edito dall’Editrice Studio Domenicano di Bologna.
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LA CAPPELLA DEGLI
SCROVEGNI COMPIE 700 ANNI. VARIE LE INIZIATIVE A PADOVA
PER CELEBRARE IL CAPOLAVORO DI GIOTTO NELLA CITTÀ
VENETA
- Intervista con Davide Banzato -
1305-2005. La
Cappella degli Scrovegni compie 700 anni. Varie le iniziative a Padova per
celebrare il capolavoro di Giotto nella città veneta: conferenze, rassegne musicali
e drammaturgiche e proposte editoriali. Il servizio è di Paolo Ondarza.
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(musica)
700 fa, agli inizi del Trecento,
veniva consacrata la chiesa padovana di Santa Maria della Carità all’Arena, più
nota come Cappella degli Scrovegni. Una superficie di 700 mq interamente
affrescata con le storie della Vergine e di Cristo. La narrazione si svolge in
una sequenza di 34 scene, disposte su tre registri, coinvolgendo visivamente ed
emotivamente il visitatore. Si tratta di una pagina fondamentale della storia
dell’arte europea, rappresentativa della svolta pittorica dell’era moderna, sul
finire dell’epoca medioevale. Davide Banzato, direttore dei Musei Civici di
Padova:
R. – A 700 anni di distanza
possiamo dire che il monumento è in uno stato abbastanza buono. Probabilmente
il ciclo degli affreschi di Giotto è quello conservato meglio. I lavori di
restauro si sono conclusi nel 2002. Le principali cause di degrado sono state
eliminate o vengono tenute sotto controllo.
D. – Qual è il valore artistico
della Cappella degli Scrovegni?
R. – La Cappella degli Scrovegni
è uno dei massimi raggiungimenti artistici dell’arte occidentale. E’ il documento
più importante della maturità di Giotto. Giotto era già stato a Roma per il
Giubileo, aveva già dipinto ad Assisi e qui opera una straordinaria sintesi tra
mentalità medievale, senso della prospettiva, stimoli tratti dalla classicità
che vengono reinterpretati nella chiave di un artista che aderisce alla
corrente gotica. Possiamo dire che l’idea della decorazione parietale nasce
proprio con la Cappella degli Scrovegni, secondo il senso che avrà fino a tutto
il ‘700, cioè una parete ordinata, nella quale si susseguono delle scene, degli
episodi, ordinati secondo una precisa architettura.
Gli affreschi giotteschi sono
anche una finestra aperta sulla vita quotidiana nel primo Trecento. Ambienti,
oggetti e abiti fedelmente riprodotti da Giotto, che, attraverso i colori
brillanti della sua tavolozza, rivela anche fede, paure e visioni dell’uomo
all’alba del XIV secolo.
(musica)
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4
maggio 2005
LE COMUNITA’ ZINGARE ROM E SINTI CELEBRANO OGGI,
NEL RICORDO DI GIOVANNI PAOLO II, L’ANNIVERSARIO
DELLA BEATIFICAZIONE
DI ZEFFIRINO GIMENEZ MALLA, PRIMO GITANO BEATO
- A cura di Giancarlo La Vella -
ROMA. = Tutte le comunità
zingare, Rom e Sinti, si danno appuntamento oggi pomeriggio nell’area del
Santuario del Divino Amore, sulla via Ardeatina, vicino Roma. Varie e
particolarmente sentite le motivazioni di questo evento. Innanzitutto,
ricordare con affetto filiale Giovanni Paolo II che, nel corso del suo Pontificato,
tanto ha fatto per riabilitare gli zingari e inserirli, quale popolo, fra le Nazioni
del mondo, vittima, come gli ebrei, dello sterminio operato dai nazisti durante
la Seconda Guerra Mondiale. Poi, celebrare l’ottavo anniversario della
beatificazione di Zeffirino Gimenez Malla, primo gitano ad essere elevato
all’onore degli altari proprio da Papa Wojtyla il 4 maggio 1997. Il beato
Zeffirino, già terziario francescano e facente parte della società di San
Vicenzo, nel 1936 all'età di 75 anni, in piena guerra civile spagnola, venne
barbaramente ucciso, a Barbastro, in Aragona, dai miliziani, reo di aver difeso
un sacerdote che stava per essere rastrellato insieme con altri suoi
confratelli. “Zeffirino – disse Giovanni Paolo II durante la cerimonia di
beatificazione – ottenne la palma del martirio con la medesima semplicità con
cui visse. La sua vita cristiana ci ricorda che il messaggio di salvezza non
conosce frontiere di razza o di cultura, perché Gesù è Redentore di tutti gli
uomini”. Le cerimonie religiose, che inizieranno alle 15.30, si snoderanno attraverso
la Via Crucis, per poi culminare nella celebrazione eucaristica, all’insegna
del rinnovato impegno dei Rom e Sinti ad offrire la vita in Cristo per la
gloria di Dio e al servizio del prossimo, nel gioioso augurio per il nuovo Pontefice,
Benedetto XVI. I fedeli si ritroveranno nella particolare atmosfera della
chiesa a cielo aperto, adiacente al Divino Amore, inaugurata il 26 settembre
2004 e dedicata al Beato Zeffirino. Guiderà il gruppo don Bruno Nicolini, da
sempre impegnato per la diocesi di Roma nella pastorale degli zingari.
DA OGGI FINO AL 13 DI QUESTO MESE SI TIENE A
LIONE, IN FRANCIA,
L’ASSEMBLEA GENERALE ANNUALE DELLE PONTIFICIE
OPERE MISSIONARIE
- A cura di Giovanni Peduto -
LIONE.
= Le Pontificie Opere missionarie tengono quest’anno (da oggi fino al 13 di
questo mese) la loro Assemblea generale annuale a Lione, in Francia, a motivo
dell’inaugurazione, in questa città, della casa restaurata di Pauline Jaricot
(1799-1862), che fu la fondatrice dell’Opera della propagazione della fede. Le Pontificie
Opere sono infatti quattro: oltre a quella appena citata abbiamo l’Opera di San
Pietro Apostolo, l’Associazione della Santa infanzia e l’Unione missionaria del
clero. Obiettivo dell’Assemblea in corso è quello di esaminare le domande di
sostegno per le necessità delle giovani Chiese, pervenute dal mondo intero. Vi
prendono parte i direttori nazionali delle Pontificie Opere Missionarie di 130
Paesi, assieme al prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei
popoli, il cardinale Crescenzio Sepe. Domani, i partecipanti all’incontro si
uniranno assieme ai cardinali e ai vescovi di Francia e di altri Paesi per la
concelebrazione eucaristica in occasione dell’apertura della cosiddetta ‘Casa
Loreto’, che ospitò la venerabile Pauline Jaricot dal 1832 fino alla morte e
trasformata ora in centro di preghiera, di riflessione e di missionarietà.
Pauline Jaricot iniziò nel 1818 l’Associazione per la propagazione della fede,
ufficialmente riconosciuta il 13 maggio 1822. Pauline Jaricot è la fondatrice
della più grande agenzia di aiuto alle missioni in tutta la storia della Chiesa
cattolica. La sua opera venne insignita del titolo ‘Pontificia’ da Pio XI nel
1922. L’Opera Pontificia della Santa infanzia venne invece fondata dal vescovo
di Nancy, mons. Charles Auguste Marie de Forbie-Janson, per dare
un’impostazione missionaria alla devozione a Gesù Bambino; oggi si articola in
un movimento di bambini cristiani per l’aiuto e la salvezza dei bambini pagani.
Nata nel 1843 come Associazione della Santa infanzia, sempre Pio XI l’ha dichiarata
‘Opera Pontificia’ nel 1922. Abbiamo poi la Pontificia Opera di San Pietro
Apostolo, dovuta all’iniziativa della signorina Jeanne Bigard, con
l’incoraggiamento e sotto la guida della madre Stephanie: lo scopo è quello
della preparazione al ministero sacerdotale dei giovani nei Paesi di missione.
La sua attività ebbe inizio nel 1886 e, stabilitasi ufficialmente a Caen nel
1889, venne riconosciuta anch’essa ‘Pontificia’ da Pio XI sempre nel 1922.
Abbiamo infine l’Unione Missionaria del Clero per animare i sacerdoti
all’evangelizzazione del mondo e promuovere la preghiera per le missioni: ne è
stato fondatore padre Paolo Manna, missionario in Birmania, preoccupato dello
scarso numero dei missionari. L’Opera venne approvata nel 1916 da Benedetto XV
e dichiarata ‘Pontificia’ nel 1956 da Pio XII.
L’EDUCAZIONE DELLE BAMBINE E’ FONDAMENTALE PER IL MIGLIORAMENTO
E LO SVILUPPO DELLE
NAZIONI. E’ QUANTO EMERGE DAL SESTO RAPPORTO ANNUALE SULLO STATO DELLE MADRI
NEL MONDO DIFFUSO IERI DA “SAVE THE CHILDREN”
ROMA. = Nel sesto rapporto
annuale, reso noto ieri, “Save the Children”, la più grande organizzazione
internazionale indipendente di tutela e promozione dei diritti dei bambini, ha
tracciato un quadro relativo alla situazione delle donne e delle bambine nel
mondo, stilando anche una graduatoria dei Paesi, considerandone 110
considerati, esclusa l’Italia, in cui la maternità è più o meno garantita. Nel
documento è presente anche un’ulteriore analisi, relativa a 71 Paesi, che ritrae
il livello di avanzamento o arretramento dei servizi educativi rivolti alle giovani
donne. 11 Paesi su 71 si sono rivelati al di sopra delle aspettative in materia,
tra cui, Mongolia, Kenya e Madagascar. Questo aspetto è di fondamentale importanza
in quanto il grado di educazione delle bambine è determinante per il
miglioramento e lo sviluppo di una Nazione. Suscitano quindi una piacevole
sorpresa i passi avanti compiuti da alcuni dei Paesi più poveri del mondo,
mentre si nota con rammarico che in alcune Nazioni ricche si sta assistendo ad
una lenta retrocessione, come la Guinea Equatoriale, l’Arabia Saudita e l’Oman.
Secondo Filippo Ungaro, portavoce di “Save the Children Italia”, “l’educazione
primaria riveste un’importanza così evidente che è difficile capire come mai
molti minori, soprattutto bambine, continuano a rimanere fuori dalla scuola”.
Inoltre continua dicendo che “investire nell’educazione femminile produce anche
una crescita del reddito individuale e nazionale, nell’arco di diverse generazioni”.
Dei 71 Paesi in via di sviluppo esaminati, Bolivia, Kenya, Camerun e Bangladesh
hanno realizzato i maggiori progressi nel settore dell’educazione delle
ragazze, mentre in Rwanda, Iraq, Malawi ed Eritrea la situazione non è delle
migliori a causa di una serie di problemi quali l’AIDS, la guerra e la rapida
crescita della popolazione. Secondo il documento, alcuni rimedi a questa situazione
sarebbero l’abolizione delle tasse scolastiche e di altre spese che scoraggiano
l’iscrizione delle fanciulle e la promozione di un sistema scolastico
alternativo per coloro che sono colpite da AIDS, guerre e disastri naturali.
L’appello si rivolge soprattutto ai Paesi ricchi affinché diano un supporto a
quelli più svantaggiati, sostenendo i programmi di educazione globale nell’ambito
del G8 del giugno prossimo. (M.V.S.)
PUBBLICITÀ E BUONA TV: QUESTO IL TITOLO DEL
CONVEGNO
ORGANIZZATO DAL COMITATO DI APPLICAZIONE DEL
CODICE
DI AUTOREGOLAMENTAZIONE “TV E MINORI”, OGGI A ROMA
- A cura di Eugenio
Bonanata -
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ROMA.
= Alcune grandi aziende commerciali recentemente hanno rifiutato di pubblicizzare
i loro prodotti all’interno di programmi televisivi di livello scadente. Il
motivo: quello spazio era accolto male o addirittura giudicato offensivo per il
pubblico. E’ questo il dato che ha offerto lo sfondo all’incontro di oggi.
Nelle parole di Emilio Rossi, presidente del Comitato organizzatore
dell’Incontro, difendere la qualità della programmazione televisiva è una
battaglia complessa e lo è ancor di più quando si devono tutelare i bambini.
Per questo precisa che il tema odierno è solo uno dei tanti aspetti della
questione, che meriterebbe dunque maggiore spazio di intervento e di analisi.
In questo quadro, benché sembri un paradosso o una provocazione, è possibile
pensare che la pubblicità influisca positivamente sulla qualità della
programmazione televisiva, creando un circolo virtuoso. Una possibilità,
questa, da un lato confermata da diversi esponenti del mondo della comunicazione
e della pubblicità intervenuti; d’altro canto, questa possibilità rovescia
l’opinione di quanti individuano proprio nella vendita di spazi televisivi agli
inserzionisti, considerata da molti la causa principale dello scadimento della
qualità televisiva. Ma gli operatori pubblicitari hanno affinato enormemente
nel tempo le proprie competenze. Per organizzare le proprie campagne, hanno
affermato di non guardare solo alla quantità dei contatti, ma di fare sempre
più riferimento al valore della qualità a più livelli. Infine, a chiedere
maggiore attenzione al rapporto tra tv e minori è stato proprio il mondo
dell’università, rappresentato dalla docente di psicologia, Maria D’Alessio.
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SI E’ SPENTO IERI A
BEIRUT IL PRESIDENTE DELLA CARITAS INTERNATIONALIS,
MONS. FOUAD EL- HAGE, ARCIVESCOVO MARONITA DI
TRIPOLI DEL LIBANO
BERUIT.= La Caritas
Internationalis è in lutto per la perdita del suo presidente mons. Fouad El- Hage. All’età di 66 anni, si è spento
ieri mattina dopo aver combattuto contro una lunga e devastante malattia. Nato
in Libano, aveva studiato a Roma, negli Stati Uniti e a Beirut, diventando
sacerdote nel 1968. Dopo essere stato eletto nel 1998 arcivescovo maronita di
Tripoli, nel nord del Libano, l’anno successivo salì alla guida della Caritas Internationalis
con la qualità di Presidente. In precedenza era stato capo della Caritas in Libano,
dove era conosciuto come “vescovo dei poveri”, e della Caritas del Medio Oriente/Nord
Africa. L’annuncio della scomparsa di mons. Fouad El- Hage è stato dato dal segretario
generale della Caritas, Duncan MacLaren, il quale “con profonda tristezza” ha
sottolineato che “l’arcivescovo Fouad non è stato soltanto il presidente della
Confederazione, ma un amico per tutti”. Con profonda commozione anche il
vice-presidente ha voluto rendergli omaggio ricordando anche il loro proficuo
lavoro in molte Caritas, sia in Europa che negli Stati Uniti. (M.V.S)
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4 maggio 2005
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
Furiosi scontri sono scoppiati, in Afghanistan, tra forze
di sicurezza e ribelli: un poliziotto e almeno 20 insorti sono rimasti uccisi
in seguito a combattimenti avvenuti ieri nella provincia meridionale di Zabul.
Lo ha reso noto stamani il comando della coalizione. La battaglia è stata una
delle più violente dopo la caduta del regime talebano.
Le autorità del Pakistan hanno annunciato di aver
arrestato un importante membro di al Qaeda. L’uomo, il libico Abu Faraj al
Libbi, è considerato il numero 3 dell’organizzazione terroristica di Osama Bin
Laden.
In Medio Oriente il presidente
dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, si è impegnato ad indire un
referendum nazionale su qualunque accordo con Israele riguardante lo status
finale dei Territori. Abu Mazen ha anche criticato le pressioni esercitate da
parte israeliana affinché vengano affrontati con maggiore durezza i militanti
palestinesi.
Il responsabile della squadra
dell’ONU inviata in Libano per verificare il ritiro delle truppe siriane dal
Paese dei Cedri, si è dichiarato “soddisfatto”. L’équipe delle Nazioni
Unite ha ispezionato, finora, le aree di Tripoli e di Beirut. La conclusione
della missione è prevista nei prossimi giorni. Dopo 29 anni di presenza militare,
la Siria ha annunciato la scorsa settimana di aver completato il rimpatrio del
proprio contingente dal Libano.
Vigilia elettorale in Gran Bretagna per il rinnovo della
Camera dei Comuni. Domani il primo ministro Tony Blair cercherà di conquistare
il terzo mandato consecutivo, dopo le vittorie alle elezioni del ’97 e del
2001. Nei sondaggi, il Partito laburista di Blair è dato in vantaggio sui
conservatori di ben 14 punti percentuali. Ascoltiamo Sagida Syed:
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Tony Blair sta forse già
brindando al suo terzo mandato. Ieri sera il partito laburista si assestava
comodamente sul 39 per cento dei voti, 10 punti in più rispetto al partito conservatore,
mentre i liberaldemocratici erano
fermi al 22 per cento. Questa campagna è stata giocata su temi forti: dalla
guerra in Iraq all’emigrazione, dalla riforma della sanità all’economia. Il
primo ministro, che conta su una vittoria sicura, anche se meno travolgente di
quelle passate, ha puntato sull’economia in salita, la disoccupazione ai minimi
storici e le riforme sociali. Spera di conquistarsi la benevolenza della
sinistra progressista, ha anche risuscitato il suo maestro dell’immagine e si è
presentato in coppia con l’antagonista di sempre, il cancelliere Gordon Brown,
possibile suo erede. Dovrà comunque rinunciare ad una fetta dell’elettorato che
non gli ha perdonato la guerra in Iraq. Il leader dei Tories, il partito
conservatore, ha puntato sull’annosa questione dell’emigrazione, meno visti e
lavoro assicurato per chi entra nel Regno Unito. Michael Howard, però, non
conquista il premio simpatia. E’ poco carismatico e non riesce a risollevare le
sorti di un partito che ha perso la propria identità dopo l’era Thatcher. I
liberaldemocratici sono ottimisti e promettono di ritirare le truppe come prima
azione di governo, ma raccolgono soltanto i voti di protesta. Chiunque vincerà
dovrà accontentarsi di un margine ristretto di scarto e dovrà restituire un po’
di ottimismo e di entusiasmo all’elettorato.
Da Londra, per la Radio Vaticana
Sagida Sayed.
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Nuove elezioni presidenziali e
legislative in Togo e nessun accordo per un governo di unità nazionale. E’ la
richiesta dell’opposizione togolese dopo l’ufficializzazione della vittoria di
Faure Gnassingbé alle contestate elezioni presidenziali dello scorso 24 aprile.
Il servizio di Giulio Albanese:
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Il principale partito di
opposizione togolese, l’Unione per le forze del cambiamento ha invitato ieri
sera il popolo a resistere escludendo, così, ogni forma di partecipazione ad un
eventuale governo di unità nazionale. La tensione politica si è acuita da
quando ieri il presidente della Corte Costituzionale ha annunciato ufficialmente
la vittoria di Faure Gnassimbé nelle contestate elezioni presidenziali del 24
aprile scorso. Avendo ottenuto il maggior numero di voti con il 60,15 per cento
dei suffragi, il figlio del defunto dittatore Gnassimbé Eyadema deve essere, a
questo punto, dichiarato presidente della Repubblica del Togo. La cerimonia del
giuramento, a meno di un improvviso colpo di scena, avverrà oggi. Ma il
segretario generale dell’Unione delle forze per il cambiamento ha spiegato ai
giornalisti che il popolo, questa volta, non potrà abbassare la testa subendo
l’ennesima beffa. La resistenza popolare avverrà nel rispetto del dettato
costituzionale che ‘sancisce libertà di espressione e di manifestazione’, ha
detto il segretario. Intanto, dall’esilio il leader dell’opposizione, Gilchrist Olimpio, ha chiesto l’indizione di
nuove elezioni presidenziali e legislative entro sei mesi. Olimpio ha ribadito
che è stata l’opposizione a vincere la scorsa volta e non l’oligarchia
presidenziale che da 40 anni opprime il Paese
africano.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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L’esplosione
di ieri allo stadio di Mogadiscio non è stata provocata da un incidente. Fonti
diplomatiche somale hanno rivelato che si è trattato di un fallito attentato contro
il premier di transizione somalo, Ali Mohamed Gedi, uscito incolume dallo
stadio. Le fonti hanno anche precisato che poco prima della deflagrazione, una
guardia del corpo di Gedi ha bloccato uno sconosciuto pronto a lanciare una
granata contro il premier.
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