RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
122 - Testo della trasmissione di lunedì 2 maggio 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
I vescovi dello Sri Lanka stamane dal Papa per la prima visita
ad Limina del Pontificato
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Nel Trigesimo
di Giovanni Paolo II, molte le iniziative in ricordo del Papa scomparso
Il Comitato
contro la tortura delle Nazioni Unite apre oggi a Ginevra la 34.ma sessione
Raggiunto un accordo tra il governo di Tunisi e la Croce Rossa
sulle visite nelle carceri del Paese
In Iraq almeno 8 morti
per tre attacchi kamikaze a Baghdad. Questa sera alle 18 sarà presentato il
rapporto italiano sulla morte di Calipari
Il presidente taiwanese
ha chiesto alle autorità cinesi di avviare negoziati per una pace definitiva
2
maggio 2005
AD UN MESE DALLA
SCOMPARSA DI GIOVANNI PAOLO II, BENEDETTO XVI
HA
CELEBRATO STAMANI LA SANTA MESSA NELLA SUA CAPPELLA PRIVATA.
STASERA IL
PAPA SI RECHERA’ ALLE GROTTE VATICANE
PER PREGARE SULLA TOMBA DELL’AMATO PREDECESSORE
- Servizio di Alessandro Gisotti -
Benedetto
XVI ha celebrato, stamani, nella sua Cappella privata la Santa Messa nel
Trigesimo della morte di Giovanni Paolo II. Stasera, poi, alle 19 il Papa si
recherà alle Grotte Vaticane per pregare sulla tomba del suo amato predecessore.
Un mese fa, dunque, la morte di Giovanni Paolo II: un evento che ha commosso il
mondo intero ed in particolare i fedeli che, per quasi 27 anni, hanno avuto in
Karol Wojtyla l’amato Pastore universale della Chiesa. Nei primi passi del
Pontificato, il suo successore alla Cattedra di Pietro, Benedetto XVI, ha
ricordato con emozione Giovanni Paolo II, la sua figura coraggiosa, il suo
straordinario ministero al servizio di Dio e del suo popolo. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
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(Musica)
“Carissimi fratelli e sorelle, alle 21.37 il nostro
amatissimo Santo Padre Giovanni Paolo II è tornato alla Casa del Padre”.
E’ trascorso un mese. Lunghissimo. Per i fedeli di
tutto il mondo, sono stati giorni di intense emozioni, di alterni sentimenti.
Tristezza e smarrimento per la perdita del Padre tanto amato. Gioia e serenità,
nella cristiana speranza di saperlo passato da una vita alla Vita. Il popolo di
Dio si è messo in cammino per dare l’ultimo commosso abbraccio al suo Pastore.
Ore ed ore di attesa per una manciata di secondi dinnanzi alle sue spoglie. Il
tempo di un grazie, pronunciato con il cuore più che con le labbra. Nei disegni
della Provvidenza, non esistono coincidenze, amava ripetere Karol Wojtyla. E
così, mirabile evento, i suoi funerali vengono celebrati da colui che gli
succederà alla Cattedra di Pietro. E’ l’8 aprile, il vento accarezza le pagine
del Vangelo:
“Possiamo essere sicuri che il nostro amato Papa sta
adesso alla finestra della Casa del Padre, ci vede e ci benedice. Sì, ci
benedica, Santo Padre. Noi affidiamo la tua cara anima alla Madre di Dio, tua
Madre”.
Mentre Benedetto XVI pronuncia queste parole, sembra
di poter vedere Giovanni Paolo II, quasi di poterlo sentire. Davanti a
quell’umile bara sul sagrato della Basilica di San Pietro, la famiglia umana si
ritrova unita. Leader di nazioni in guerra da decenni si stringono la mano. Il
Pastore che ha offerto la sua vita a Cristo, il Papa del perdono lascia nel suo
testamento spirituale un messaggio di amore assoluto. Vergato a più riprese a
partire dal 1979, il documento – come ogni passo della sua vita – inizia con
l’affidamento a Maria:
“Vegliate, perché non sapete in quale giorno il
Signore vostro verrà”: queste parole mi ricordano l’ultima chiamata, che
avverrà nel momento in cui il Signore vorrà. Desidero seguirLo e desidero che
tutto ciò che fa parte della mia vita terrena mi prepari a questo momento. Non
so quando esso verrà, ma come tutto, anche questo momento depongo nelle mani
della Madre del mio Maestro: Totus Tuus.
Il 19 aprile, i fedeli, che hanno amato con affetto
filiale Giovanni Paolo II, accolgono con emozione e gratitudine l’annuncio
dell’elezione a Pontefice del cardinale Joseph Ratzinger. Come prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede, il nuovo Vescovo di Roma è stato per
oltre vent’anni tra i collaboratori più stretti di Papa Wojtyla. Ma il rapporto
tra i due servitori della Chiesa è molto più profondo. “Rendo grazie a Dio –
scrive Giovanni Paolo II nel suo libro Alzatevi, Andiamo – per la
presenza e l’aiuto del cardinale Ratzinger, un amico fidato”. Così, nessuno si
stupisce quando le prime parole di Benedetto XVI, dalla Loggia della Basilica
di San Pietro, sono per il suo venerato predecessore:
“Cari fratelli e care sorelle, dopo il grande Papa
Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile
lavoratore nella vigna del Signore”.
Quando poi, raccolto il testimone di Pastore della
Chiesa, Benedetto XVI inizierà il suo ministero petrino, nella Messa solenne di
inizio Pontificato del 24 aprile, il pensiero andrà ancora una volta a Giovanni
Paolo II:
“In questo momento il mio
ricordo ritorna al 22 ottobre 1978, quando Papa Giovanni Paolo II iniziò il suo
ministero qui sulla Piazza di San Pietro. Ancora, e continuamente, mi risuonano
nelle orecchie le sue parole di allora: ‘Non abbiate paura, aprite anzi
spalancate le porte a Cristo!’”
(Voce di Giovanni Paolo II)
“Non abbiate paura, anzi spalancate le porte a
Cristo!”
(Musica)
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PRIMA VISITA AD LIMINA PER BENEDETTO XVI:
HA RICEVUTO STAMANE SETTE VESCOVI DELLO SRI LANKA
Benedetto XVI ha ricevuto questa
mattina in udienza 7 vescovi della Conferenza episcopale dello Sri Lanka: si
tratta della prima visita ‘ad Limina Apostolorum’ al nuovo Papa. Le diocesi
dello Sri Lanka sono 11, compresa quella di
Colombo che precisamente è un’arcidiocesi. Ci sono Anuradhapura, Badulla, Chilaw, Colombo,
Galle, Jaffna, Kandy, Kurunegala, Mannar,
Trincomalee-Batticaloa e Ratnapura.
Quest’ultima in questo momento è vacante, da quando il vescovo locale è
stato trasferito a Galle il 15 febbraio 2005. Il servizio di Fausta Speranza:
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I vescovi dello Sri Lanka si
sono pronunciati con forza nei giorni
scorsi sulla cosiddetta “legge anticonversioni” che l'Assemblea legislativa del Paese si appresta a
esaminare e votare. I vescovi hanno presentato una lettera indirizzata ai Parlamentari,
firmata dal Presidente della Conferenza Episcopale, mons. Vianney Fernando, e
un documento pubblico rivolto a fedeli e cittadini. Il punto è che il
provvedimento rende illegale la conversione religiosa in circostanze che
possono essere considerate “non etiche” e illegali. La discrezionalità viene
lasciata a un magistrato che deve decidere se il cambio di religione è operato
attraverso l'inganno e il proselitismo. Il concetto di proselitismo preoccupa molto la Chiesa anche
perché nel proselitismo si vuole far
rientrare la pura attività di carità o di solidarietà.
I vescovi affermano di
comprendere l’intenzione di proteggere la libertà religiosa nel Paese, ma
notano che “la nuova legislazione non sembra servire allo scopo per cui è
stata elaborata”. Inoltre, i presuli
chiariscono di condannare “con forza ogni tentativo di conversioni non etiche
perché esse si oppongono all'insegnamento del Cristianesimo, che sostiene la
libertà di coscienza” ma poi aggiungono che ognuno ha la facoltà di accettare,
nella sua libera volontà, un'altra religione.
Lo
Sri Lanka è uno dei Paesi colpiti dal devastante tsunami del 26 dicembre scorso.
Nella tragedia hanno perso la vita oltre 38.000 persone e moltissimi dei superstiti
sono rimasti senza niente: senza casa, senza imbarcazioni per il lavoro di
pesca. E l’assistenza alla popolazione gravemente colpita resta una delle
priorità soprattutto delle diocesi del sud. Il vescovo Perera, prima
responsabile della diocesi di Ratnapura e da marzo presule in Galle, sottolinea
come nella sua missione pastorale sia centrale l’impegno ad aiutare la
popolazione a tornare ad una normalità di vita ancora non riconquistata,
sperando nel supporto del governo e dei leader di altre religioni presenti
nell’area. Ricordiamo che lo Sri Lanka è un’isola dell’Asia
meridionale nell’Oceano Indiano di oltre 65.000 kmq. La sua forma di governo è la Repubblica.
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DOMANI MATTINA IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
CARLO AZEGLIO CIAMPI INCONTRERA’ IN VATICANO
BENEDETTO XVI
Il presidente della Repubblica
italiana Carlo Azeglio Ciampi domani mattina alle 11.00 compirà una visita
ufficiale in Vaticano per incontrare Benedetto XVI. Ciampi sarà così il primo
capo di Stato a recarsi in visita ufficiale da Benedetto XVI, a parte il saluto
reso domenica 24 aprile da quanti hanno preso parte al rito per l'inizio del
Pontificato. Il Quirinale ha sottolineato in una nota che nell’occasione il presidente della Repubblica rivolgerà
a Benedetto XVI l'invito a compiere un visita al Quirinale. Il 29 aprile scorso
il capo di Stato si era recato, con la moglie Franca, a pregare sulla tomba di
Giovanni Paolo II nelle Grotte Vaticane. Una data non casuale: in quel giorno,
festa di santa Caterina da Siena, Patrona d’Italia, era in programma la visita
al Quirinale di Papa Wojtyla.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
“Mi rivolgo a voi per la prima volta da questa finestra ...” : la preghiera del
Regina Coeli guidata dal Santo Padre nel giorno di San Giuseppe lavoratore.
La Santa Messa celebrata da
Benedetto XVI nel trigesimo della morte di Giovanni Paolo II.
Nelle vaticane, una pagina
dedicata all’Eucaristia.
Nelle estere, Togo: mediatori
internazionali tentano di sanare il conflitto
Nella pagina culturale, un
articolo di Giuseppe Costa dal titolo “ ‘rispetto’, un principio prioritario”:
un volume sugli aspetti etici e giuridici dell’informazione.
Nelle pagine italiane, in primo
piano l’articolo dal titolo “Parte da Scampia la voce dell’Italia che vuole
dignità, lavoro, e legalità”: 1 maggio, la positiva presenza di Cgil, Cisl
e Uil nel tormentato rione di Napoli.
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2
maggio 2005
GRATITUDINE
DEI FEDELI DEL TOGO A BENEDETTO XVI PER L’APPELLO DI PACE
LEVATO
IERI AL REGINA COELI. NEL PAESE AFRICANO, SI CERCA UN ACCORDO POLITICO,
DOPO I SANGUINOSI SCONTRI TRA FORZE DELL’ORDINE E SOSTENITORI DELL’OPPOSIZIONE,
ALL’INDOMANI DELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI
- Con
noi, mons. Pierre Nguyên Van Tot -
“Sono vicino alle care popolazioni
del Togo, sconvolte da dolorose lotte interne”: così, Benedetto XVI ha
manifestato ieri al Regina Coeli, in San Pietro, la sua attenzione per
il Paese africano, dove sembra tornata la calma, dopo i violenti scontri,
seguiti alle elezioni presidenziali del 24 aprile. Anche
l’Unione Africana e la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale
lavorano per il dialogo tra le parti politiche del Togo. L’opposizione contesta
la regolarità della vittoria di Faure Gnassingbé, figlio del defunto leader
Eyadema. Ma come
hanno accolto i fedeli togolesi l’appello di Benedetto XVI? Ascoltiamo il
nunzio in Togo, mons. Pierre Nguyên Van Tot, raggiunto telefonicamente da
Alessandro Gisotti nel confinante Benin:
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R. –
Siamo molto grati alla sollecitudine del Santo Padre per il Togo. In Benin ci
sono tre canali televisivi privati, di cui uno del governo, che hanno mostrato
il Santo Padre alla finestra. Hanno menzionato il messaggio del Papa per il
Togo. La gente ha accolto questo messaggio con molta gratitudine. E’ un segno di
interesse da parte della Chiesa nell’aiutare la popolazione che soffre.
D. – In questi ultimi giorni c’è
una relativa calma in Togo, dopo le violenze precedenti. Com’è la situazione?
R. – Sì, la situazione è più
calma, ma non si è ancora risolta. I Paesi vicini, comunque, stanno cercando di
aiutare le due parti in lotta a mettersi insieme per formare un governo di
unione nazionale. Se si arriverà a questa soluzione, credo che il popolo
respirerà meglio.
D. – C’è anche il problema degli
sfollati: tanti dal Togo sono fuggiti in Benin…
R. – Domani, andrò con il
segretario della nunziatura ed altre persone a visitare questi profughi. In
totale sono circa 8 mila. Di solito arrivano prima alla parrocchia di frontiera
– una parrocchia cattolica – vengono ben sistemati, in attesa di essere
trasferiti poi in un campo a 50 km da lì. C’è una cura anche da parte del
governo.
D. – Come si sta muovendo la
macchina della solidarietà della Chiesa per aiutare questa popolazione, che sta
soffrendo in questo momento?
R. – Nelle parrocchie si muove
l’Organizzazione della Caritas nazionale del Benin con l’aiuto della Caritas
degli Stati Uniti. Grazie alla nunziatura abbiamo anche aiuti dai fedeli.
Domani porteremo doni in denaro ed anche viveri per dare un po’ di sollievo e
soprattutto per mostrare la nostra solidarietà.
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IL MESE MARIANO NELL’ANNO DELL’EUCARISTIA: AD UN
MESE DALLA MORTE DI
GIOVANNI PAOLO II, RICORDIAMO LE SUE PAROLE SUL
LEGAME TRA LA MADRE DI DIO, PRIMO TABERNACOLO DELLA STORIA, E IL MISTERO EUCARISTICO
Ieri, primo maggio, è iniziato
il mese tradizionalmente dedicato a Maria, in coincidenza con l’Anno
dell’Eucaristia. In questo giorno particolare, in cui ricorre il primo mese
della morte di Giovanni Paolo II, vogliamo ricordare quanto Papa Wojtyla ha
detto sulla relazione tra la Madre di Dio, “primo tabernacolo della storia”, e
il mistero eucaristico. Il servizio di Sergio Centofanti.
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“Se
l'Eucaristia è mistero di fede, che supera tanto il nostro intelletto da
obbligarci al più puro abbandono alla parola di Dio, nessuno come Maria può
esserci di sostegno e di guida in simile atteggiamento”. E’ quanto scriveva
Giovanni Paolo II nella Enciclica Ecclesia de Eucharistia il 17 aprile 2003.
Per comprendere questo mistero, memoriale della morte e della risurrezione di
Gesù, occorre dunque mettersi alla scuola di Maria che alle nozze di Cana
invitava ad obbedire senza esitazione alle parole del Figlio: “Fate quello che
vi dirà”.
Con premura materna – scriveva
il Papa - Maria sembra dirci: «Non abbiate tentennamenti, fidatevi della parola
di mio Figlio. Egli, che fu capace di cambiare l'acqua in vino, è ugualmente
capace di fare del pane e del vino il suo corpo e il suo sangue, consegnando in
questo mistero ai credenti la memoria viva della sua Pasqua, per farsi in tal
modo “pane di vita”».
“In certo senso – leggiamo
ancora nell’Enciclica - Maria ha esercitato la sua fede eucaristica prima
ancora che l'Eucaristia fosse istituita, per il fatto stesso di aver offerto il
suo grembo verginale per l'incarnazione del Verbo di Dio”. Nell’Annunciazione
c’è infatti “un’analogia profonda tra il fiat pronunciato da Maria alle parole
dell'Angelo, e l'amen che ogni fedele pronuncia quando riceve il corpo del
Signore. A Maria fu chiesto di credere che colui che Ella concepiva «per opera
dello Spirito Santo» era il «Figlio di Dio». In continuità con la fede della
Vergine, nel Mistero eucaristico ci viene chiesto di credere che quello stesso
Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, si rende presente con l'intero suo
essere umano - divino nei segni del pane e del vino”.
«Beata
colei che ha creduto»: Maria – sottolineava Giovanni Paolo II - ha anticipato,
nel mistero dell'Incarnazione, anche la fede eucaristica della Chiesa. “Quando,
nella Visitazione, porta in grembo il Verbo fatto carne, ella si fa, in qualche
modo, «tabernacolo» – il primo «tabernacolo» della storia”.
“E lo sguardo rapito di Maria nel contemplare il volto di Cristo appena
nato e nello stringerlo tra le sue braccia – si chiedeva il Papa - non è forse
l'inarrivabile modello di amore a cui deve ispirarsi ogni nostra comunione
eucaristica?” Questo mistero infatti è mistero d’amore: vivere nell'Eucaristia
– secondo Giovanni Paolo II - è entrare in intima unione con Cristo che ci ha
amato con un “amore che va fino all’estremo, un amore che non conosce misura”.
“Significa assumere al tempo stesso l'impegno di conformarci a Cristo”.
Impossibile per l’uomo,
possibile a Dio. Per questo il Papa esortava a pregare il Rosario, a
contemplare Cristo con gli occhi pieni di amore di Maria. Il Rosario è un vero «compendio del Vangelo» e Giovanni
Paolo II lo integra con i Misteri della Luce al cui vertice pone proprio la
Santa Eucaristia. La Vergine Santa, che ha incarnato con l'intera sua
esistenza la logica dell'Eucaristia – concludeva il Pontefice – ci aiuti a
vivere questo mistero che “consente di attingere alla sorgente stessa della
grazia” e dà la forza di “trasformare il mondo secondo il Vangelo”.
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DA OGGI A NEW YORK LA CONFERENZA ONU SUL RIESAME
DEL TRATTATO
DI NON
PROLIFERAZIONE NUCLEARE: 188 I PAESI RIUNITI
- Intervista con Giorgio Alba -
“No al nucleare”. Con questo slogan, migliaia di
manifestanti, ieri a New York, hanno protestato contro l’aumento indiscriminato
degli armamenti atomici nel mondo. Dell’argomento se ne parla, da oggi sino al
27 maggio, al Palazzo di Vetro dell’Onu, dove parte la Conferenza
Internazionale di Riesame del Trattato di Non Proliferazione Nucleare. L’assise
vede riuniti i 188 Paesi firmatari dell’accordo varato nel 1970. Ma quali sono
gli obiettivi dell’incontro? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Giorgio Alba,
inviato a New York come delegato dall’organizzazione “Archivio Disarmo”:
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R. - Gli obiettivi sono comuni, perché tutti siamo preoccupati sia del
terrorismo nucleare, sia del possibile uso di armi nucleari. Bisogna concordare
le strategie. L’esempio dell’Iraq, in cui gli Stati Uniti affermavano
l’esistenza di armi di distruzione di massa tra cui il nucleare, ha dimostrato
che bisogna essere molto prudenti nel passare all’azione militare ed è
preferibile invece dare più rilievo agli strumenti diplomatici che già esistono
nel Trattato di non proliferazione. Quindi, la discussione verterà sugli: quali
sono gli strumenti da dare alla diplomazia e, quindi, al trattato, per
raggiungere gli scopi per cui è nato. Quindi, il completo disarmo nucleare.
Riguardo a questo punto esiste una proposta per la messa al bando delle armi
nucleari e attualmente è prevista una convenzione sulle armi chimiche e
biologiche. Non esiste invece una convenzione attualmente per le armi nucleari
ed è necessario iniziare subito i negoziati. Soprattutto è importante la messa
in sicurezza dei vecchi arsenali ex sovietici, ma anche americani, che
risalgono alla guerra fredda, perché attualmente uno dei rischi principali è
quello che plutonio ed uranio siano a rischio di furto da parte di terroristi.
Teniamo presente che ci sono anche degli effetti positivi. Cuba dal 2000 è
entrata a far parte del Trattato di non proliferazione e la Libia ha rinunciato
alle sue armi nucleari. Ci si aspettano altri segnali positivi.
D. - In che termini, in questa
Conferenza, si parlerà di Corea del Nord e di Iran, che sono i due Paesi che in
questi ultimi tempi più preoccupano dal punto di vista del riarmo nucleare…
R. – La situazione dell’Iran
desta preoccupazione, perché, secondo il Trattato, ha diritto legalmente a
perseguire l’arricchimento dell’uranio a scopi commerciali. Purtroppo, la
tecnologia dell’arricchimento permette, se potenziata, di costruire anche armi
nucleari. Riguardo alla Corea del Nord la situazione è molto grave, perché è un
Paese che sta letteralmente morendo di fame. L’arsenale nucleare sembra più
un’arma di ricatto per avere benefici economici, piuttosto che un reale
pericolo. Quindi, è necessario che, attraverso un dialogo e una spinta
diplomatica, si faccia uscire la Corea del Nord dall’angolo e la si faccia
rientrare all’interno della comunità internazionale, spingendola a rientrare
nel Trattato di non proliferazione.
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OPERE DEDICATE A MARIA DI GIOTTO, PAOLO UCCELLO,
MASACCIO, BEATO ANGELICO E ALTRI GRANDI
ARTISTI, IN MOSTRA A ROMA FINO ALL’11 MAGGIO. L’ESPOSIZIONE,
INTITOLATA
“VITA DI MARIA NELL’ARTE DAL ‘300 AL ‘400”, E’ VISITABILE
NELLA BASILICA DEI SS. AMBROGIO E CARLO AL CORSO
- Intervista con mons. Mauro Parmeggiani e mons.
Raffaello Martinelli -
Una mostra sulla “Vita di Maria
nell’arte dal ‘300 al ‘400”: la promuove il centro culturale “Giovanni Paolo
II” nelle suggestive sale sotterranee della Basilica romana dei SS. Ambrogio e
Carlo al Corso. In esposizione fino all’11 maggio, 29 pannelli che riproducono
le storie della Vergine nelle opere di Giotto, Paolo Uccello, Masaccio, Beato
Angelico e di altri grandi artisti dell’epoca. Il servizio di Roberta Moretti:
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(musica)
Dall’Immacolata Concezione
all’Assunzione al cielo: la mostra racconta la vita di Maria in un percorso
espositivo che è soprattutto un percorso dello spirito. Un cammino di
contemplazione e meditazione attraverso i simboli e i colori dell’iconografia
mariana del XIV e XV secolo. E l’idea è quella di recuperare la concezione
medievale dell’arte, come strumento di catechesi sulle Verità della fede.
L’immagine pittorica, infatti, diventa il tramite tra lo spettatore e la Vergine,
un mezzo per avvicinarsi alla Sua storia e al Suo mistero. Un intento, questo,
raggiunto anche grazie alla presenza, tra un episodio e l’altro, dei passi
evangelici corrispondenti e di antiche preghiere. Mons. Mauro Parmeggiani,
segretario generale del Vicariato di Roma:
“Questa mostra, attraverso la bellezza, ci fa riscoprire Maria come
madre, come figura da invocare, che intercede per noi e che ci sta vicino, che
ci sostiene e dà la possibilità anche a noi di dire quel ‘sì’ lungo la nostra
vita che è stato celebrato, appunto, dai grandi artisti, dai grandi poeti e da
coloro che noi incontriamo in questa mostra”.
A commentare la grande
attenzione dedicata a Maria dagli artisti di tutte le epoche è mons. Raffaello
Martinelli, rettore del Collegio ecclesiastico internazionale San Carlo
Borromeo:
“Già il fatto di essere madre è
una realtà affascinante, anche sul piano umano. Quando poi si tratta di un Dio
che sceglie una piccola donna ebrea ad essere la Madre del Suo Figlio, e quindi
a diventare la Madre di tutta l’umanità, questo senz’altro non può non
suscitare stupore. Ora, l’arte esprime proprio questa meraviglia, questo
affetto, questo amore per colei che, umile ancella, con il suo ‘fiat’ ha reso possibile anche tutto il
mistero dell’Incarnazione e della Redenzione nel piano di Dio”.
(musica)
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2
maggio 2005
nel trigesimo di giovanni paolo II, molte le iniziative in
ricordo
del papa scomparso. A roma una serie di incontri sulle più
recenti
opere letterarie a lui dedicate dai vaticanisti. In
cantiere anche un film
di animazione,
DEDICATO AI PIU’ GIOVANI
ROMA. = Esattamente un mese fa,
il 2 aprile alle 21.37, moriva Karol Wojtyla. Nel trigesimo della scomparsa, si
moltiplicano le iniziative per ricordare l’amata figura di Giovanni Paolo II. A
Roma si svolgono una serie di incontri sulle più recenti opere letterarie dedicate
dai vaticanisti italiani a Giovanni Paolo II e alla Chiesa. Promossa dall’Opera
Romana Pellegrinaggi, presso la propria sede, ad inaugurare il ciclo è il
volume del giornalista Rai, Fabio Zavattaro, dal titolo “I santi e Karol -
Il nuovo volto della santità”. Intervengono il cardinale José Saraiva
Martins, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il vescovo Renato
Boccardo, segretario generale dello Stato della Città del Vaticano, e il prof.
Augusto D’Angelo, dell’Università di Roma “La Sapienza”. In veste di moderatore
il giornalista RAI, Giuseppe De Carli. E nel pomeriggio, presso la sede del
Circolo San Pietro, verrà presentato in conferenza stampa il progetto di
intitolazione a Giovanni Paolo II della cima abruzzese oggi conosciuta come
“Gendarme”. L’incontro è presieduto dal ministro dell’Agricoltura, Gianni
Alemanno, ed è atteso il cardinale José Saraiva Martins, che il 18 maggio
prossimo, giorno dell’evento, presiederà una Santa Messa di suffragio nella chiesa
di San Pietro della Ienca di Camarda, nelle vicinanze della “Cima Giovanni
Paolo II”. E dopo la
fiction televisiva “Karol, un uomo diventato Papa”, Giovanni Paolo II sarà protagonista
di un film d’animazione, a lui dedicato, incentrato sul suo speciale rapporto
con i giovani. A realizzarlo, Mondo Tv, leader europeo di produzione e
distribuzione di cartoni animati per la tv e il cinema. Uscirà nelle sale di tutto
il mondo alla fine del 2006. (E. B.)
Il Comitato contro la tortura apre oggi a Ginevra la
34.esima sessione.
L’obiettivo è esaminare le misure intraprese dai governi di
alcuni paesi
come Togo, Uganda, Bahrein e Albania, per prevenire e
punire
gli atti di tortura. I lavori proseguiranno fino al 20
maggio prossimo
GINEVRA. = I rappresentanti di Togo, Uganda, Bahrein, Albania,
Canada, Svizzera e Finlandia risponderanno alle domande dei membri del Comitato sulle
misure intraprese dai rispettivi governi per mettere in opera le disposizioni
previste dalla Convenzione contro la tortura e gli altri trattamenti inumani o
degradanti. La Convenzione conta oggi 139 Stati aderenti. Questi Paesi si sono
impegnati a vietare esplicitamente il ricorso a “ordini superiori” o a “misure
eccezionali” per giustificare gli atti di tortura. Il Comitato è nato nel 1987,
proprio per garantire l’applicazione della Convenzione nei Paesi membri e per
sostenerli nell’applica-zione di tali disposizioni. In queste tre settimane di
sessione, i dieci membri indipendenti del Comitato esamineranno tutte le
informazioni su eventuali atti di tortura praticati sistematicamente da ciascun
Paese che fa parte della Convenzione. I primi Paesi a presentare i rapporti
alla commissione saranno Togo, Albania, Uganda e Bahrein. Nei giorni
successivi, sarà la volta degli altri Paesi. (E. B.)
RAGGIUNTO
UN ACCORDO TRA IL GOVERNO DI TUNISI E LA CROCE ROSSA.
DOPO
ANNI DI TRATTATIVE, IL PERSONALE DELL’ORGANIZZAZIONE UMANITARIA
INTERNAZIONALE
POTRA’ VISITARE LE CARCERI DEL PAESE E VERIFICARE SE I DETENUTI SIANO SOTTOPOSTI
A METODI CHE VIOLANO I DIRITTI UMANI
TUNISI.
= Dopo anni di trattative finalmente il Comitato internazionale della Croce
Rossa (CICR) ha ottenuto dal governo di Tunisi l’autorizzazione a visitare
le carceri del Paese. Nell’accordo, firmato dal coordinatore per i diritti
umani del governo tunisino, Mohamed Cherif, e dal rappresentante del Comitato
internazionale della Croce Rossa Bertrand Pferfele, inviato dalla sede centrale
di Ginevra, viene specificato che le visite avranno “carattere strettamente
umanitario”. Secondo alcune organizzazioni volontarie nelle carceri tunisine,
infatti, sarebbero utilizzati metodi che violano i diritti umani. La situazione
che maggiormente preoccupa la Croce Rossa è quella che vede coinvolti
soprattutto i detenuti accusati di partecipazione o connivenza con movimenti
integralisti islamici. In particolare si fa riferimento al gruppo “En-Nahda”,
il cui capo spirituale vive a Londra, dopo essersi visto riconoscere lo status
di rifugiato. Grazie a questo accordo, ora la Croce Rossa potrà portare avanti
non solo il suo compito di tutela dei diritti umanitari ma potrà anche
verificare e denunciare eventuali nuovi casi di violazione umanitaria. (R.A.)
L’industria
del cotone in Uzbekistan, Tagikistan e Turkmenistan
è tra i fattori
responsabili di stagnazione economica, degrado ambientale
e si basa sullo
sfruttamento di manodopera anche minorile. A denunciarlo
è l’International
Crisis Group, un’organizzazione internazionale non-profit per la
prevenzione dei conflitti,
in un recente rapporto
intitolato “La maledizione del cotone:
la distruttiva monocoltura dell’Asia Centrale”
WASHINGTON.
= L’industria del cotone è fondamentale per l’economia di alcuni Stati dell’Asia
centrale come Uzbekistan, Turkmenistan e Tagikistan. L’Uzbeki-stan, ad esempio,
è il quinto maggior produttore di cotone al mondo con un fatturato di circa 900
milioni di dollari Usa nel 2003. Tuttavia, nelle steppe poco fertili, “milioni
di poveri contadini lavorano per un salario minimo, o a volte nullo”. È
questo il quadro che emerge dal rapporto “La maledizione del cotone: la
distruttiva monocoltura dell’Asia centrale”, diffuso recentemente
dall’organizzazione internazionale non-profit International Crisis Group
(ICS). Il rapporto illustra la situazione in questi Paesi. Si tratta di
lavoro svolto soprattutto da donne e bambini. Questi, trascorrendo mesi
nei campi, perdono le lezioni scolastiche, si ammalano, a volte muoiono. I
giovani fuggono dalle coltivazioni, che non assicurano loro un futuro: i
contadini non sono proprietari dei terreni che lavorano e non possono scegliere
cosa coltivare o a chi vendere il raccolto. Proprio a causa di questa carenza
di manodopera, nel Turkmenistan, il presidente Niyazov ha annunciato che questa
estate i soldati dell’esercito saranno inviati a lavorare nei campi.
L’organizzazione internazionale sottolinea, inoltre, come questo sfruttamento
sia reso possibile dalla complicità tra i governi locali, gli industriali e
favorito anche dal silenzio della stampa controllata dalle autorità. Ma
l’industria del cotone danneggia anche l’ambiente. Infatti, le piantagioni
richiedono un’irrigazione intensiva e, a causa di questo sfruttamento, il mare
Aral è stato prosciugato. Ed è per questo che la regione sta diventando un
deserto salato. Il cotone dell’Asia centrale viene commerciato con le
principali società dell’Europa e degli Stati Uniti, la produzione è finanziata
da banche occidentali e il prodotto finale viene usato da rinomate aziende. Per
tutelare queste popolazioni l’ICS propone una certificazione di provenienza del
cotone. (E. B.)
IL TASSO DI MALNUTRIZIONE IN NIGER E’ SEMPRE PIU’
ALLARMANTE:
IL NUMERO DI RICOVERI E’ TRE VOLTE SUPERIORE A QUELLO DEGLI
ANNI PRECEDENTI. MEDICI SENZA FRONTIERE E’ IMPEGNATA AD ASSISTERE LE
POPOLAZIONI PIU’ COLPITE
NIAMEY.
= Ancora emergenza nutrizione in Niger. Negli ultimi mesi la situazione risulta
essere enormemente peggiorata. Infatti, l’organizzazione internazionale “Medici
Senza Frontiere” ha dovuto incrementare il proprio impegno assistenziale nelle
regioni maggiormente colpite dalla malnutrizione. Dal mese di gennaio, oltre
3.000 bambini gravemente malati sono stati curati all’interno del centro
nutrizionale terapeutico che l’organizzazione ha allestito a Maradi, situata a
sud del Niger. Entro la metà di maggio, saranno incrementati i posti letto per
accogliere le persone maggiormente bisognose di cure. Intanto, nella cittadina
è stato già aperto un secondo centro nutrizionale terapeutico e un terzo è
previsto nella regione di Tahua. La situazione nel Paese è allarmante: il
numero dei bambini malnutriti trattati ha raggiunto cifre elevatissime e la cosa
più grave è che continua ancora ad aumentare. Il tasso di ricoveri risulta essere
tre volte superiore a quello riscontrato nello stesso periodo negli anni
precedenti. “Medici Senza Frontiere” prevede di dover curare oltre 20.000
bambini gravemente malnutriti nel corso del 2005 ed è in programma la
distribuzione di circa 850 tonnellate di razioni alimentari alle famiglie dei
bimbi assistiti. (M.V.S.)
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2
maggio 2005
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A cura di Amedeo Lomonaco -
Il dramma degli attentati kamikaze, il probabile
ritiro delle forze della coalizione a partire dal 2006, gli sforzi del governo
di Canberra per liberare un cittadino australiano preso in ostaggio dai ribelli
e nuovi particolari sul caso Calipari. Sono questi gli ultimi sviluppi della
situazione in Iraq nel nostro servizio:
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Non si interrompono, in Iraq, gli attacchi della
guerriglia: una autobomba è stata lanciata a Baghdad contro un negozio di una
strada commerciale del quartiere meridionale di Karrada. La deflagrazione ha
causato la morte di quattro passanti. Poco dopo, un’altra vettura imbottita di
tritolo è saltata in aria nel quartiere di Zayouna uccidendo 4 persone. Dopo
questa ennesima ondata di attentati, 84 “sospetti terroristi” sono stati
catturati dalla polizia. E’ di almeno 30 morti, inoltre, il bilancio
dell’attacco di ieri avvenuto nei pressi della sede del partito curdo a Tall
Afar, ad ovest di Mossul. Molte delle vittime sono civili che stavano
partecipando ad un corteo funebre. Sul versante dei sequestri, cresce poi
l’angoscia per la sorte del cittadino australiano rapito da un gruppo di
ribelli. Il governo di Canberra ha annunciato che invierà una squadra di esperti nella gestione delle emergenze per
cercare di liberare l’ostaggio. Il premier australiano, John Howard, ha anche
precisato che l’Australia non accoglierà le richieste dei rapitori e non
rimpatrierà le proprie truppe dal Paese arabo. In questo clima di
violenze non mancano, comunque, segnali di speranza: il consigliere per la
sicurezza nazionale del governo iracheno ha dichiarato che il ritiro delle
forze della coalizione potrebbe iniziare a partire dal 2006. Il caso Calipari
si arricchisce, infine, di nuovi particolari: grazie a semplici procedure
informatiche è possibile leggere, nella versione integrale, il dossier
americano sull’uccisione dell’agente del SISMI. Nel testo, che avalla l’ipotesi
dell’incidente, sono anche riportati i nomi dei soldati della pattuglia
coinvolti nella drammatica vicenda. Il
rapporto italiano sulla morte di Calipari
sarà reso noto questa sera alle 18.00 Le divergenze tra
i due documenti riguardano la dinamica dei fatti, l’osservanza delle regole di
ingaggio e il coordinamento con la autorità competenti.
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La tensione è alta anche nei
Territori palestinesi e in Israele. In Cisgiordania un soldato israeliano ed un
militante palestinese sono rimasti uccisi in uno scontro a fuoco avvenuto a
nord di Tulkarem. In Israele, intanto, il ministro per gli Affari della
Diaspora, Nathan Sharansky, ha presentato le proprie dimissioni per protestare
contro il piano di evacuazione dalla Striscia di Gaza di circa 8000 coloni. Il
governo del primo ministro Ariel Sharon ha approvato, inoltre, il progetto per
l’istituzione della prima Università ebraica in Cisgiordania.
Raffica di arresti in Egitto
dopo gli attentati di sabato avvenuti al Cairo. Circa 200 persone sono state
fermate nel quartiere di Shubra El Kheima, alla periferia nord della città.
Nella zona abitavano le famiglie dei tre attentatori. Su questa operazione
della polizia ascoltiamo, al microfono di Eugenio Bonanata, il corrispondente
ANSA dal Cairo, Remigio Benni:
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R. – In base alle notizie
diffuse dal ministero degli Interni, tutte le persone coinvolte in questo
attentato sono collegate allo stesso attentatore di Khan el Khalili del 7
aprile scorso. I fermati farebbero parte di una stessa formazione. Viene così
ridimensionata la portata dell’avvenimento. Questo gruppo non sarebbe legato,
infatti, a nessuna organizzazione tradizionale del terrorismo islamico.
D. – Ci sono novità sul fronte
delle indagini?
R. – Sono state arrestate circa
200 persone nel quartiere di Shubra El Kheima dal quale venivano gli attentatori. E’ uno dei
quartieri più poveri nei quali probabilmente si sviluppano anche i maggiori
risentimenti verso l’esterno. Questa zona del Cairo è anche fonte di una serie
di frustrazioni che poi si possono tramutare in atti inconsulti.
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Avviare negoziati per una pace definitiva. Lo ha chiesto
stamani il presidente taiwanese Chen Shui-bian, rivolgendosi alle autorità
cinesi. Pechino – lo ricordiamo – considera l’isola di Taiwan una provincia
ribelle. Ma che significato ha l’appello di Chen Shui-bian alle autorità
cinesi? Risponde padre Bernardo Cervellera, direttore dell’Agenzia ‘AsiaNews’,
intervistato da Giada Aquilino:
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R. – L’appello è un’apertura alla
Cina per dialogare e per trovare dei modi di collaborare più intensamente dal
punto di vista economico, ma anche per rispettarsi sul lato di una certa
sovranità. Questa è una spinta che il partito democratico e Chen Shui-bian
stanno facendo da tanto tempo. In questo caso, è importante perché in Cina si
sta concludendo la visita di Lien Chan, che è del partito del Kuomintang,
dell’opposizione, e sta per partire una nuova visita, quella di un esponente
dell’altro partito, il People’s First Party,
anch’egli invitato ad andare in Cina per otto giorni. Naturalmente, Chen
Shui-bian vuole far presente al governo di Pechino che, se vuole trattare e
dialogare, deve usare i contatti con il governo di Taipei e non semplicemente
con i partiti dell’opposizione.
D. – Eppure, rimane ancora
valida la legge anti-secessione approvata dal Parlamento cinese a maggio, in
base alla quale Pechino potrebbe intervenire con la forza in caso di
dichiarazione di indipendenza di Taiwan ...
R. – Certo, questi dialoghi tra
il partito dell’opposizione e la Repubblica popolare cinese sono, da una parte,
un tentativo dei partiti di opposizione di calmare Pechino in questa linea
violenta. Teniamo presente che tutte le volte che la Cina ha mostrato il pugno
duro verso Taipei, i taiwanesi hanno sempre più sottolineato la loro voglia
d’indipendenza. Dall’altra parte, è anche un modo per Pechino, dopo aver
dimostrato di poter intervenire militarmente, di dire: è il momento di
dialogare.
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Il premier nipponico, Juichiro
Koizumi, ha chiesto all’Unione Europea di non revocare l’embargo alla Cina
sulla vendita delle armi. Ho espresso le nostre preoccupazioni: ha spiegato il
primo ministro nel corso del vertice UE-Giappone in corso in Lussemburgo. Il premier lussemburghese Jean-Claude Juncker,
presidente di turno dell’UE, ha dichiarato che i Venticinque stanno esaminando
l’ipotesi di togliere di togliere il divieto di vendita di armi imposto alla
Cina nel 1989. Ma è ancora troppo presto – ha precisato Juncker – per dare una
risposta definitiva.
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