RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 121 - Testo della trasmissione di domenica 1 maggio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:                                                                             

La preghiera per la piena comunione con i fratelli ortodossi che celebrano la Pasqua oggi, il forte auspicio che non manchi il lavoro ai giovani e il pensiero a tutte le popolazioni che soffrono: sono tra i punti forti delle parole di Benedetto XVI al Regina Coeli, recitato dalla finestra su una Piazza San Pietro gremita di folla e illuminata da un sole primaverile

Alle Acli, presenti al Regina Coeli in Piazza San Pietro, il Papa ha augurato di continuare a vivere la scelta della fraternità cristiana nel campo del lavoro e della vita sociale: ai nostri microfoni Luigi Bobba.

 

IN PRIMO PIANO:

Il mese di maggio, tradizionalmente dedicato a Maria, si vive quest’anno alla luce particolare dell’Anno eucaristico: intervista con l’arcivescovo Angelo Comastri

 

1° maggio, festa di San Giuseppe Lavoratore: con noi padre Angelo Catapano

 

Non si può avere più Europa con meno fondi: è la raccomandazione dell’Europarlamento in giorni decisivi per le prospettive finanziarie dell’Unione. Ce ne parlano, Gianni Pittella e Jean-Claude Juncker.

 

CHIESA E SOCIETA’:

I vescovi dello Sri Lanka intervengono, con una nota pubblica ed una lettera ai parlamentari, nel dibattito sulla legge anti-conversioni, all’esame dell’Assemblea legislativa

 

Celebrazione liturgica notturna per la Pasqua ortodossa russa

 

In cinquemila si sono riuniti al santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei in occasione del XIX Meeting dei giovani

 

Oggi in Spagna la Giornata delle vocazioni native

 

Nelle chiese italiane la giornata di sensibilizzazione per la raccolta dei fondi destinati all'otto per mille

 

Da giovedì a domenica prossima presso il Monastero di Bose un colloquio ecumenico internazionale sul battesimo fonte della vita cristiana.

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq ancora violenza: un’autobomba uccide cinque iracheni e ferisce altre dodici persone

 

Uccisi tre civili in un bombardamento aereo in Afghanistan su un campo di presunti ribelli

 

Tre i morti per l’attentato ieri in Egitto, rivendicato da due gruppi terroristici considerati minori.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 maggio 2005

 

 

LA PASQUA ORTODOSSA, LE URGENZE DEL MONDO DEL LAVORO,

IL PENSIERO ALLE POPOLAZIONI CHE SOFFRONO: AL CENTRO DELLE PAROLE DEL PAPA

 AL REGINA COELI. A BRACCIO AFFETTUOSE E SIGNIFICATIVE NOTE PERSONALI

 

La preghiera per la piena comunione con i fratelli ortodossi che celebrano la Pasqua oggi, il forte auspicio che non manchi il lavoro ai giovani e il pensiero a tutte le popolazioni che soffrono: sono tra i punti forti delle parole di Benedetto XVI al Regina Coeli, recitato dalla finestra su una piazza San Pietro gremita di folla e illuminata da un sole primaverile. Parole che il Papa ha letto aggiungendo a braccio significative note personali. Ascoltiamolo nel servizio di Fausta Speranza:

 

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“Mi rivolgo a voi per la prima volta da questa finestra, che l’amata figura del mio Predecessore ha reso familiare a innumerevoli persone nel mondo intero”.

 

Comincia così il saluto di Benedetto XVI per la recita del Regina Coeli in un giorno che rappresenta la Pasqua ortodossa e la festa di San Giuseppe lavoratore ma che è anche la prima occasione in cui parla dalla finestra dello studio papale.

 

“Pensiamo anche all’altra finestra”.

 

Con questa affettuosa aggiunta il Papa spiega che “di domenica in domenica Giovanni Paolo II, fedele ad un appuntamento diventato un’amabile consuetudine, ha accompagnato per oltre un quarto di secolo la storia della Chiesa e del mondo e – sottolinea – noi continuiamo a sentirlo più che mai vicino”. E in riferimento al suo impegno ha parole di gratitudine “verso coloro che – dice - mi hanno sostenuto in questi giorni con la preghiera e verso quanti da ogni parte del mondo mi hanno inviato messaggi e voti augurali.

 

“Con particolare affetto” saluta le Chiese ortodosse e le Chiese cattoliche di rito orientale, che proprio in questa domenica celebrano la risurrezione di Cristo:

 

“A questi nostri cari fratelli rivolgo il tradizionale annuncio di gioia: Christós anesti! Sì, Cristo è risorto, è veramente risorto”.

 

Con altrettanta intensità, ricorda che si tratta di un’occasione speciale di preghiera di fede e di lode a Colui che è il nostro comune Signore e che – aggiunge - interpella cattolici e ortodossi:

 

“Ci chiama a percorrere con decisione il cammino verso la piena comunione.”

 

Ricordando che la memoria liturgica di San Giuseppe Lavoratore fu istituita dal Papa Pio XII proprio cinquant’anni fa, Benedetto XVI ribadisce l’intento di sottolineare l’importanza del lavoro e della presenza di Cristo e della Chiesa nel mondo operaio”. Richiama alla mente il ‘Vangelo del lavoro’, di cui parlava Giovanni Paolo II nell’Enciclica Laborem exercens, per esprime un auspicio preciso:

 

“Auspico che non manchi il lavoro specialmente per i giovani, e che le condizioni lavorative siano sempre più rispettose della dignità della persona umana.”

 

Ma anche qui c’è una discreta intrusione personale che – osiamo dire – ci suona quasi come un’affettuosa richiesta di auguri:

 

“E voi sapete che io mi chiamo Giuseppe”.

 

Con il pensiero a tutti i lavoratori, Benedetto XVI saluta in particolare quelli appartenenti a numerose associazioni presenti in piazza e quelli che chiama “gli amici delle Acli” che celebrano quest’anno il sessantesimo di fondazione. A loro augura di “continuare a vivere la scelta della ‘fraternità cristiana’ come valore da incarnare nel campo del lavoro e della vita sociale”, ribadendo l’obiettivo della Chiesa:

 

“La solidarietà, la giustizia e la pace siano i pilastri su cui costruire l’unità della famiglia umana”.

 

In questa giornata che è anche la prima del mese dedicato tradizionalmente a Maria, il Papa affida “alla Vergine tutte le necessità della Chiesa e dell’umanità”, ricordando l’insegnamento del suo predecessore:

 

“Con la parola e, più ancora, con l’esempio il Papa Giovanni Paolo II ci ha insegnato a contemplare Cristo con gli occhi di Maria, specialmente valorizzando la preghiera del Santo Rosario.”

 

         Dopo la recita del Regina Coeli, l’appello del Papa per “tutti i popoli che soffrono” prende il via con l’incipit di una confidenza:

 

“In questi giorni mi ritrovo spesso a pensare a tutti i popoli che soffrono a causa di guerre, malattie e povertà. In particolare, oggi sono vicino alle care popolazioni del Togo, sconvolte da dolorose lotte interne. Per tutte queste nazioni imploro il dono della concordia e della pace.”

 

         Dopo alcuni saluti particolari in lingua spagnola e in italiano, Benedetto XVI ha augurato “Buona domenica a tutti”, tornando poi a ripetere arrivederci e aggiungendo parole che restano dentro in modo particolare:

 

“Grazie per l’attenzione”

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Ma ascoltiamo ora le voci di alcuni, tra le migliaia di fedeli presenti questa mattina in Piazza San Pietro, raccolte da Roberta Moretti:

 

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R. – Mi fa piacere che continui a parlarci di Papa Giovanni Paolo II e che quindi cerchi di mantenere una continuità, perché abbiamo bisogno di sentirlo ancora vicino. Mi ha fatto piacere il discorso sul lavoro per i giovani. Si auspica che ci siano sempre più opportunità e che siano mantenuti i diritti e la dignità che è fondamentale.

 

R. – Colpisce la sua semplicità e il suo affetto come se veramente fossimo dei fratelli e delle sorelle. Lui comincia sempre così: “Cari fratelli e care sorelle”. E’ un uomo dolcissimo, semplice e profondo.

 

R. – E’ la scuola di Giovanni Paolo II e ancora porta avanti la sua tradizione. E’ una cosa bellissima.

 

R. – Sono stati saluti che ha dedicato a tutte le persone che sono venute qui a vederlo.

 

R. – Facciamo tanti auguri di buon onomastico al Papa. Mi ha commosso alla fine, quando ha detto buona domenica.

 

D. – Comincia a volergli bene?

 

R. – Sì, sicuramente.

 

R. – Ha fatto riferimento a queste terre un pò dimenticate, dove tuttora ci sono dei conflitti, che probabilmente non fanno parlare il mondo, ma che creano divisioni, creano scontri.

 

D. – Che impressione ha del nuovo Papa?

 

R. – Ogni giorno sempre migliore. E’ un Papa aperto, ha le idee chiare, sia in materia di dottrina, ma anche nel dialogo con le altre religioni. E’ stato bello oggi che abbia ricordato, ad esempio, la Pasqua degli ortodossi. Credo che farà grandi cose per questa Chiesa.

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ALLE ACLI, PRESENTI AL REGINA COELI IN PIAZZA SAN PIETRO, IL PAPA HA AUGURATO

DI CONTINUARE A VIVERE LA SCELTA DELLA FRATERNITA’ CRISTIANA

 NEL CAMPO DEL LAVORO E DELLA VITA SOCIALE

- Con noi Luigi Bobba -

 

         Proprio ieri, nel convegno organizzato a Roma dalle Acli alla vigilia della festa del lavoro e nel sessantesimo dalla fondazione, le ACLI hanno presentato le loro proposte per rilanciare il mercato del lavoro. Al microfono di Alessandro Guarasci, il presidente Luigi Bobba parla del loro impegno:

 

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R. – Deve rimettere al centro dell’agenda politica la questione del lavoro come leva per uno sviluppo sostenibile. Secondo, deve avere un’agenda appunto, con dei punti, delle priorità, delle scelte che siano costose anche per le organizzazioni sociali, ma che obblighino la politica ad invertire la rotta e a fare delle scelte che siano scelte di futuro per il Paese. Terzo, è un’agenda che bisogna scrivere insieme, il movimento cooperativo, il terzo settore, le organizzazioni sindacali, il mondo delle imprese, perché la crisi è così drammatica, così urgente, che ha bisogno di uno sforzo che sia veramente corale.

 

D. – E sul costo del lavoro come bisogna muoversi?

 

R. – Da un lato, con la revisione dell’Irap, consentendo alle imprese di dedurre parte di questo costo in modo da liberare una parte di risorse per la crescita. Dall’altro lato, chiediamo che il costo degli assegni familiari sia messo a carico della fiscalità generale e non del costo del lavoro, rendendo in questo modo più pesante la busta paga dei lavoratori.

 

D. – Bobba ha anche però un problema “formazione”. In Italia se ne fa poca e male...  

 

R. – E’ lì che bisogna investire, è lì che c’è la strada per rinnovare e riqualificare il capitale umano del Paese, anche usando la leva fiscale così come la si è utilizzata per ristrutturare la casa. E’ ora di ripensare a riqualificare, ad offrire una mano a chi vuole imparare, a chi vuole rimettersi in gioco, a chi vuole migliorare la propria professionalità.

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Ricordiamo che le iniziative e i festeggiamenti delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani hanno preso il via lo scorso agosto in relazione alla prima riunione fondativa. Le ACLI nascevano 60 anni fa con l’intento di fondare sul messaggio evangelico e sull'insegnamento della Chiesa la loro azione per la promozione dei lavoratori, con l’obiettivo di operare per una società in cui sia assicurato, secondo democrazia e giustizia, lo sviluppo integrale di ogni persona. Oltre alla ricorrenza nel corso dell’anno anche dei 60 anni dal primo Congresso nazionale, è giunta adesso la festa del 1 maggio, occasione privilegiata per ricordare ancora l’anniversario ma anche per analizzare il lavoro sia nel contesto del mondo globalizzato, sia nello scenario italiano, in particolare alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa. Ieri, i due giorni di festeggiamenti e riflessioni si sono aperti con la Messa in S. Spirito in Sassia presieduta da mons. Betori, segretario generale della Cei. Oggi la presenza in Piazza San Pietro per partecipare alla recita del Regina Coeli insieme con il nuovo Papa Benedetto XVI.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 maggio 2005

 

 

IL MESE DI MAGGIO, TRADIZIONALMENTE DEDICATO A MARIA,

SI VIVE QUEST’ANNO ALLA LUCE PARTICOLARE DELL’ANNO EUCARISTICO

- Intervista con l’arcivescovo Angelo Comastri -

 

Quest’anno il mese di Maggio, tradizionalmente dedicato alla Madre di Dio e al Rosario, cade nell’Anno dell’Eucaristia. Una coincidenza felice. Giovanni Peduto ne ha parlato con l’arcivescovo Angelo Comastri, vicario del Papa per la Città del Vaticano e per 9 anni prelato a Loreto, dove sorge uno dei Santuari mariani più visitati al mondo:

 

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R. – L’Eucaristia è il grande dono di Gesù. Il dono della sua presenza. Una presenza che vuole diventare nostra carne e nostro sangue. Nell’Anno dell’Eucaristia, il mese mariano ci invita ad accostarci all’Eucaristia con lo stile di Maria. Maria è colei che ha aperto il cuore a Gesù. Maria è colei che è diventata la dimora di Gesù. Possiamo dire: il primo tabernacolo eucaristico è stata Maria. Per questo dobbiamo imparare da lei l’accoglienza, l’ospitalità nei confronti di Dio. Maria è la creatura che si è fidata di Dio, è la libertà umana che si è aperta a Dio. Guardando Maria, noi impariamo a diventare tabernacoli eucaristici.

 

D. – E quindi, come vivere in maniera proficua questo mese di maggio?

 

R. – Noi abbiamo bisogno continuamente di rinnovare la fede. La fede non è mai un dono per sempre, un dono acquisito per sempre:  ogni giorno dobbiamo riaprire il cuore al Signore. E chi, più di Maria, ci può insegnare la fede ed educare alla fede? Non dimentichiamo mai che il più bell’elogio di Maria è quello pronunciato da Elisabetta la quale, appena la vide entrare nella sua casa, esclamò: “A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me? Beata te perché hai creduto nelle parole dette dal Signore!”. Maria è colei che ha creduto. Dobbiamo chiedere costantemente a Maria che interceda per noi, perché oggi noi possiamo dire la fede in questo mondo che ha tanto bisogno della luce del Vangelo. Noi viviamo in società apparentemente felici, ma in verità disperate perché oggi si avverte che questo mondo è vuoto, questa società è vuota e noi sappiamo che abbiamo il compito di portare dentro questa società, dentro questo mondo, la speranza: il dono di Dio, che è Gesù Cristo.

 

D. – Eccellenza, che rapporto dobbiamo avere noi cristiani con Maria?

 

R. – Un rapporto di figli con la madre. Le parole che Gesù pronunciò sulla croce guardando Maria e guardando Giovanni: “Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua madre!”. Noi sappiamo che noi tutti possiamo riferire a noi stessi quelle parole. Anche a noi Gesù dice: “Figlio, ecco tua madre!”. E Maria è la donna che ha dato spazio nella sua vita al dono dell’amore. Maria, ai piedi della Croce, credeva che la Croce non fosse la sconfitta di Dio, ma la vittoria di Dio. Maria è colei che guardando la Croce capiva che la forza di Dio, l’onnipotenza di Dio, è l’amore. E’ guardando Maria e accostandoci a Maria che noi possiamo capire che la vera potenza che cambia il mondo è la potenza dell’amore. E Benedetto XVI, nella Messa d’inizio del suo ministero, ci ha detto una parola stupenda: “La salvezza viene dal Crocifisso e non dai crocifissori!”. Questo sguardo sul Crocifisso ce lo dà Maria.

 

         Benedetto XVI ci ha detto: “Il mio programma non è altro che quello di ascoltare la volontà di Dio”. E, se noi andiamo al Vangelo, il Vangelo ci parla di Maria con estrema chiarezza. Il Vangelo ci presenta Maria come la donna che si apre a Gesù e che ci insegna a diventare anche noi porte spalancate su Cristo. Il Papa Benedetto XVI ha fatto suo il grido di Giovanni Paolo II: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!”. Maria è colei che ci aiuta ad aprire la porta. Maria è colei che  diventa modello di apertura della porta del cuore e della libertà al Signore. Guardando Maria, non ci si allontana mai da Gesù perché Maria è colei che ci prende per mano e ci porta a Gesù. E Maria ha soltanto un nome da pronunciare: “Gesù”, perché lei vuole condurre i figli all’incontro con suo Figlio, perché Maria sa che è lui il Salvatore.

 

D. – Maria e il Rosario: un nesso inscindibile. Come pregare bene questa preghiera?

 

R. – Il Rosario è una preghiera stupenda, ma bisogna imparare a pregare il Rosario. Perché il Rosario non è una preghiera banale, non è semplicemente una ripetizione. Il Rosario non è altro che il colloquio d’amore del Figlio con la madre, per poter imparare da lei l’ascolto del Vangelo e quindi l’ascolto di Gesù. Ogni volta che noi recitiamo il Santo Rosario, o più esattamente: preghiamo il Santo Rosario, dobbiamo preparare il cuore, prepararlo a metterci in cammino dentro il mistero della vita di Gesù, perché il Rosario non è altro che un itinerario di fede dentro i misteri della salvezza, presi per mano dalla madre. Ma se non si è pronti a fare questo cammino, il Rosario diventa una preghiera vuota. Se invece il cuore è preparato a fare questo cammino, se è disposto a fare questo cammino, allora il Rosario è una preghiera stupenda. Come diceva Giovanni Paolo II: “E’ una preghiera cristologica”, è una preghiera nel mistero di Cristo, presi per mano dalla madre.

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1° MAGGIO, FESTA DI SAN GIUSEPPE LAVORATORE

- Intervista con padre Angelo Catapano -

 

                   1° maggio, festa dei lavoratori, ma anche festa di San Giuseppe lavoratore. A San Giuseppe si ispira la Congregazione dei Giuseppini del Murialdo, fondata da San Leonardo Murialdo, insieme con l’altra dei Giuseppini cosiddetti di Asti. Dei Giuseppini del Murialdo fa parte padre Angelo Catalano che è direttore della casa generalizia di Roma ed è responsabile delle riviste “Vita giuseppina” e “La voce di San Giuseppe”. A padre Catapano, Giovanni Peduto ha chiesto innanzitutto quale lavoro facesse san Giuseppe, che qualche volta viene definito falegname, altre volte carpentiere:

 

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R. – I termini che usano i Vangeli di Matteo e di Marco, dal greco sarebbe “tecton”, in latino “faber” e poi tradizionalmente, nei secoli passati, fino a pochi anni fa, si parlava piuttosto di falegname. In realtà, oggi si usa di più la traduzione “carpentiere”, proprio perché è un termine un poco più ampio, generico, che comprende anche il lavoro del falegname, ma potrebbe essere anche aperto al discorso del fabbro: in qualche modo, chi costruisce. Ed è bello e simpatico già pensare questo. Dobbiamo anche pensare, poi, che si trattava di un piccolo villaggio di Nazareth, dove veramente i lavori non potevano essere così precisi e categorizzati.

 

D. – In questo lavoro, era aiutato da Gesù?

 

R. – Certamente. Tant’è che il Vangelo stesso dice ad un certo punto: non è lui il figlio del falegname? Addirittura, gli si dice: non è lui il carpentiere? Effettivamente, Gesù ha passato tanti anni accanto a Giuseppe in quella bottega di Nazareth, in quella vita nascosta che ha una sua stessa importanza, come esempio, non solo per l’umiltà ma anche per l’elevazione del lavoro ad una dignità che non è solo umana ma diventa a quel punto ‘divina’. Giuseppe certamente ha educato Gesù, l’ha istruito nel lavoro, ma anche un poco alla volta, passando gli anni, da educatore si è fatto discepolo di Gesù e si è messo alla sua scuola. E lui ha imparato ed è stato istruito da Gesù!

 

D. – Qual è il senso cristiano del lavoro che ci viene oggi da questa festa?

 

R. – Certamente, questa festa del primo maggio ha bisogno di un rilancio. Nei lunghi anni del Pontificato, da poco conclusosi, Giovanni Paolo II non ha perso occasione per incontrare in questa circostanza il mondo del lavoro. E’ per tutta la Chiesa un motivo di rincontrare il mondo del lavoro, i problemi di oggi e non vederlo soltanto come una questione qualunque, perché il lavoro è la chiave, come ha detto Papa Wojtyla, della questione sociale.

 

D. – San Giuseppe è stato il custode del Redentore. Nel lavoro si può quindi chiedere anche la sua intercessione ...

 

R. – Certamente. E’ il modello, il patrono dei lavoratori. D’altra parte, l’opera che lui svolge accanto a Gesù nel mondo del lavoro accompagna quell’opera che Gesù Cristo stesso farà nella sua vita pubblica: l’opera della Redenzione, perché Gesù viene ad operare. E noi ci auguriamo che, insieme con la benedizione di San Giuseppe, ci sia anche – ed è di buon auspicio – il nuovo Papa, Benedetto, che porta nel nome di battesimo il nome stesso di San Giuseppe.

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NON SI PUO’ AVERE PIU’ EUROPA CON MENO FONDI: E’ LA RACCOMANDAZIONE DELL’EUROPARLAMENTO IN GIORNI DECISIVI PER LE PROSPETTIVE FINANZIARIE DELL’UNIONE. IL PRESIDENTE DI TURNO, JUNCKER, INCONTRERA’ I CAPI DI STATO E DI GOVERNO ENTRO IL 10 MAGGIO, PER DEFINIRE LA POSIZIONE DEL CONSIGLIO EUROPEO DI FRONTE ALLA PROPOSTA DI DIMINUIRE I CONTRIBUTI DEGLI STATI NAZIONALI, FINORA ALL’1.24% DEL PRODOTTO INTERNO LORDO

- Con noi Gianni Pittella e Jean-Claude Juncker -

 

Da ora al 10 maggio il premier lussemburghese Juncker, presidente di turno del Consiglio europeo, avrà consultazioni con tutti i leader dei Paesi membri per definire la posizione del Consiglio in tema di prospettive finanziarie per gli anni dal 2007 al 2013. E’ quanto ha annunciato, in questi giorni, di fronte alle sollecitazioni del Parlamento europeo che chiede di non abbassare i contributi dei governi nazionali perché “non si può avere più Europa con meno fondi”. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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''Non mi faccio troppe illusioni'' sulla possibilità di un accordo entro giugno sul bilancio dell'Unione europea. E' quanto confessa il presidente di turno dell'Ue, intervenuto nei giorni scorsi al Parlamento europeo e poi anche all'assemblea del Consiglio d'Europa. Jean-Claude Juncker ha più volte sottolineato che il compromesso sul bilancio resta il grande obbiettivo della sua presidenza, che terminerà proprio il 30 giugno. Il testimone passerà dopo alla Gran Bretagna che, essendo molto coinvolta su questo dossier anche in virtù di alcuni privilegi che le sono stati accordati al momento della sua adesione, potrebbe affrontare grosse difficoltà a far passare un accordo. E l’approvazione del bilancio è ovviamente una questione cruciale in questa fase: con la Costituzione, l’Europa cerca di fare un passo in avanti notevole sul piano politico, ma proprio ora i governi nazionali stanno discutendo la proposta di diminuire i contributi finora equivalenti all’1,24% del prodotto interno lordo. Qualcuno ha ventilato perfino la possibilità di scendere fino all’1%. Ma quali obiettivi potrebbero essere mortificati in caso di taglio di fondi? Lo abbiamo chiesto all’europarlamentare italiano Gianni Pittella:

 

R. - Sicuramente per l’Italia il rischio reale è molto forte per quanto riguarda la moltiplicazione e le politiche di coesione. I fondi europei per la coesione, che in questi anni sono affluiti nelle regioni soprattutto meridionali, sono fortemente a rischio. E’ una perdita notevolissima, che metterebbe in ginocchio tutto il Mezzogiorno, e non solo il Mezzogiorno d’Italia. E’ stato quantificato, in termini assoluti, il rischio che si correrebbe se passasse la linea sciagurata dell’1%: si perderebbero 20 miliardi di euro. 20 miliardi di euro in 6 anni sono una cifra. Quindi, noi non possiamo accettare questa situazione. D’altra parte, non si può dire allo stesso tempo che si vuole più Europa, che si vuole affidare all’Unione Europea maggiori compiti e maggiori prerogative, che si fa una costituzione nella quale si potenziano questi compiti e, poi allo stesso tempo, non si danno le risposte necessarie per ottemperare queste funzioni. E’ una contraddizione che si riflette poi nel giudizio dei cittadini. Quando si dice che il cittadino è disilluso nei confronti dell’Europa, bisognerebbe capire i motivi di questa disillusione. Io penso che i motivi siano anche quelli di una discrasia tra le attese che il cittadino ha nei confronti dell’Europa e le reali possibilità dell’Europa di dar corso a queste attese.

 

D. – In molti ribadiscono che non si può pretendere di avere più Europa con meno fondi, ma il problema è che i governi non si assumono le responsabilità?

 

R. – Il problema è che il meccanismo di finanziamento e di bilancio comunitario è un meccanismo assolutamente penalizzante. Noi dipendiamo esattamente dagli Stati nazionali. Questo è un meccanismo che ovviamente incide sull’autonomia reale dell’Unione Europea.

 

D. – Parliamo di un’altra sfida, in questo momento decisiva: quella di far diventare il patto di stabilità anche un patto di crescita. Come parlare di prospettive finanziarie considerando queste sfide?


R. – Nell’ambito delle prospettive finanziarie c’è una rubrica, la rubrica n° 3, nella quale sono previsti  finanziamenti per la ricerca. Faccio soltanto un esempio: se alla voce ‘ricerca’ non si mettono risorse sufficienti, ovviamente non si realizzano gli obiettivi della Strategia di Lisbona. Quindi, il patto per la crescita e la stabilità non è soltanto un insieme di vincoli: dovrebbe essere anche un insieme di opportunità, ma queste opportunità dipendono anche dalla capacità finanziaria dell’Unione Europea.

 

Restano le finalità di un’Europa che tanta strada ha fatto dall’inizio dell’avventura di integrazione, come ha sottolineato ai nostri microfoni lo stesso presidente di turno dell’Unione, Jean Claude Juncker:

 

R. – BASICLY, THE BROADEN…

In fondo, aver allargato l’Unione Europea non ha comportato un cambiamento rispetto al 1957. Abbiamo aderito al progetto di unione nel 1957, perché quella generazione, che usciva dalla Seconda Guerra Mondiale, voleva riportare la pace nel continente. In questo momento stiamo discutendo gli aspetti finanziari e i dettagli tecnici per portare avanti l’Unione che ha sempre gli stessi obiettivi di fondo: un’integrazione economica e politica per un grande continente di pace.

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CHIESA E SOCIETA’

1 maggio 2005

 

 

I VESCOVI DELLO SRI LANKA INTERVENGONO, CON UNA NOTA PUBBLICA

ED UNA LETTERA AI PARLAMENTARI, NEL DIBATTITO SULLA LEGGE ANTI-CONVERSIONI, ALL’ESAME DELL’ASSEMBLEA LEGISLATIVA,

CHIEDENDO DI NON APPROVARLA E DI ISTITUIRE PIUTTOSTO UN CONSIGLIO INTERRELIGIOSO PER FAVORIRE L’ARMONIA TRA LE RELIGIONI

- A cura di Roberta Gisotti -

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COLOMBO. = Un documento pubblico rivolto ai fedeli e ai cittadini e una lettera indirizzata ai Parlamentari: i vescovi dello Sri Lanka intervengono nel dibattito aperto nel Paese asiatico sulla cosiddetta ‘legge anti-conversioni’, che l’Assemblea legislativa si appresta a votare. Se approvata, la legge renderà illegale la conversione religiosa in circostanze definite “non etiche” e sarà un magistrato a decidere se il cambio di religione è avvenuto attraverso l’inganno e il proselitismo. Proprio il concetto di proselitismo preoccupa molto la Chiesa se comprende anche l’attività di carità o di solidarietà. Nel documento pubblico i vescovi srilankesi condannano “con forza ogni tentativo di conversioni non etiche perché esse si oppongono all’insegnamento del Cristianesimo, che sostiene la libertà di coscienza”, ma affermano pure “che ognuno ha la libertà di accettare, nella sua libera volontà, un’altra religione”. “Questa libertà è sacra e inviolabile – dichiarano i presuli - ed è garantita dalla Carta fondamentale dei Diritti dell’uomo, nonché dalla Costituzione” dello Sri Lanka. I presuli notano che la legge “non porterà armonia interreligiosa, ma genererà ulteriori sospetti e ostilità”. Piuttosto allora si propone di istituire un Consiglio che comprenda i leader di tutte le religioni nel Paese, che possa investigare sulle denunce di conversioni non etiche. I vescovi ricordano inoltre che il Cristianesimo ha contribuito all’indipendenza dai colonizzatori britannici, ma nonostante ciò sin dal 1960 ha subito violazioni della propria libertà: la nazionalizzazione delle scuole, l’impedimento a costruire edifici di culto e attacchi veri e propri a personale e strutture.

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CELEBRAZIONE LITURGICA NOTTURNA PER LA PASQUA ORTODOSSA RUSSA.

FRA LA FOLLA CHE HA ASSISTITO ALLA CERIMONIA

ANCHE IL PRESIDENTE RUSSO PUTIN

 

MOSCA. = Erano oltre cinquemila i fedeli che la notte scorsa hanno affollato la cattedrale moscovita del Cristo Salvatore in occasione della cerimonia liturgica notturna per la Pasqua ortodossa celebrata dal patriarca di Mosca e di tutte le Russie Alessio II. Fra loro c’era anche il presidente russo Vladimir Putin che, tornato di recente dalla sua visita in Israele, mostra una sempre maggiore attenzione alla  rifioritura religiosa e in particolare alla riscoperta  postsovietica della millenaria identità cristiana della Russia.  In questo giorno di Pasqua ortodossa, “in occasione della resurrezione del Cristo”, il presidente russo ha diffuso un messaggio di auguri ai fedeli in cui ha sottolineato “l’influenza positiva crescente della Chiesa  ortodossa russa e di altre confessioni cristiane tradizionali  sullo sviluppo della moralità e della spiritualità della  società russa, l'educazione delle giovani generazioni e la  soluzione di problemi urgenti nel campo della cultura e dell'insegnamento”. (R.A.)

 

 

IN CINQUEMILA AL SANTUARIO DELLA BEATA VERGINE DEL ROSARIO DI POMPEI

IN OCCASIONE DEL XIX MEETING DEI GIOVANI, DEDICATO AL TEMA DELLA PROSSIMA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ: “SIAMO VENUTI PER ADORARLO”.

DAL VESCOVO DI POMPEI, L’APPELLO AI GIOVANI A “RIBELLARSI”

PER AMORE ALLA SVENTURA DELLA MASSIFICAZIONE

- A cura di Francesca Fialdini -

 

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POMPEI. = Sono oltre 5 mila i ragazzi riuniti qui, nella suggestiva cornice del primo sole di maggio, all’ombra del Vesuvio e del Santuario della Beata Vergine del Rosario, per partecipare alla XIX edizione del Meeting dei giovani, quest’anno studiato in vista della prossima Giornata mondiale della gioventù di Colonia, di cui riprende il tema: “Siamo venuti per adorarlo”. Tre i momenti strutturali della giornata, dedicati alla scoperta del significato profondo di parole come ricerca, contemplazione e viaggio, inteso qui alla maniera di chi accoglie il messaggio cristiano facendone la metafora della propria esistenza. Diversi gli ospiti di eccezione, invitati a sollecitare le coscienze dei giovani con la loro testimonianza, tra cui l’eremita, padre Giuseppe Castelli, e la fondatrice del Centro di recupero Comunità Shalom, suor Rosalina Ravasio, entrambi alternati nel loro contributo dalle voci del mondo dello spettacolo, come quella di Amedeo Minghi, già ispirato dalla personalità di Giovanni Paolo II nel brano “Un uomo venuto da molto lontano”. Molti i momenti dedicati alla preghiera. Alla celebrazione eucaristica, il vescovo di Pompei, mons. Carlo Liberati, nell’omelia ha invitato i giovani a non accontentarsi delle tante piccole verità che prevalgono nell’attuale, generale, disorientamento, ma a rivolgersi all’unico amore che non delude, Cristo Incarnato.

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 “NELLE MISSIONI CI SONO MOLTI GIOVANI CHE SENTONO LA CHIAMATA A DEDICARE

LA PROPRIA VITA A GESÙ CRISTO, DOBBIAMO AIUTARLI A PREPARARSI BENE!”

E’ QUESTO IL MESSAGGIO LANCIATO DAL DIRETTORE NAZIONALE

DELLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE IN OCCASIONE

 DELLA GIORNATA DELLE ‘VOCAZIONI NATIVE’ CHE SI SVOLGE OGGI IN SPAGNA

MADRID. = “Le vocazioni native sono una ricchezza non solo per la Chiesa, ma anche per la società stessa”. Ad affermarlo è mons. Francisco Pérez, Arcivescovo Castrense e Direttore Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM) della Spagna, in occasione della Giornata delle Vocazioni native, che si celebra oggi nella penisola iberica. Lo slogan scelto, “Vocazioni native, ricchezza delle Chiese giovani”, vuole sottolineare che il migliore indicatore della vitalità e maturità di una comunità cristiana sono le sue “chiamate” a servizio del Vangelo e che il Signore suscita queste vocazioni in seno alle comunità in cui si è accolta la parola di Cristo. Secondo un Rapporto pubblicato dalle Pontificie Opere Missionarie della Spagna, tra il 1997 ed il 2002 il numero di sacerdoti e seminaristi in Africa ha visto un incremento pari a 3.995 officianti in più. Anche l’Asia è tra i primi posti nella classifica dei Paesi con la più alta percentuale di giovani che si consacrano a Dio. Nella presentazione del Rapporto, mons. Pérez ha sottolineato come “le comunità cristiane in Africa, Asia ed America aumentino”, a differenza dell’“inverno vocazionale” che soffre l'Europa. (R.A.)

 

 

SI CELEBRA OGGI NELLE CHIESE ITALIANE LA GIORNATA DI SENSIBILIZZAZIONE

PER LA RACCOLTA DEI FONDI DESTINATI ALL'OTTO PER MILLE. OGNI ANNO GLI ITALIANI POSSONO SOSTENERE LE TANTE OPERE DI CARITÀ IN ITALIA E NEL TERZO MONDO. L’IMPEGNO DELLA CHIESA E’  RENDERE QUESTO GESTO CONSAPEVOLE,

SEGNO DELLA PERSONALE APPARTENENZA ALLA COMUNIONE ECCLESIALE

 

ROMA. = Nell’Amazzonia centrale, a Borba, sul Rio Madeira, opera la “nave ospedale Padre Goes” che porta soccorso sanitario e medicinali alle popolazioni locali che vivono lungo il corso del fiume; a Fiesole le famiglie dell’Unione famigliare di Santa Maria dell’accoglienza” hanno potuto aprire la loro casa alle ragazze madri e ai portatori di handicap; sono solo alcune delle opere rese possibili grazie ai contribuenti italiani che possono destinare l'otto per mille dell'Irpef alla Chiesa cattolica. Un gesto semplice che verrà ricordato oggi nelle parrocchie di tutta Italia in occasione della Giornata nazionale per la promozione alla firma dell'otto per mille. “È importante l'impegno della Chiesa per rendere questo gesto consapevole, segno della personale appartenenza alla comunione ecclesiale, e della corresponsabilità al sostegno alla missione evangelica della Chiesa”, spiega Paolo Mascarino, direttore del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa. (R. A.)

 

 

DA GIOVEDI’ A DOMENICA PROSSIMA PRESSO IL MONASTERO DI BOSE UN COLLOQUIO ECUMENICO INTERNAZIONALE SUL BATTESIMO, FONTE DELLA VITA CRISTIANA

- A cura di Giovanni Peduto -

 

BIELLA. = Dal 5 all’8 di questo mese si terrà presso il Monastero di Bose, a Biella, in Piemonte, un Colloquio ecumenico internazionale di spiritualità sul tema “Il Battesimo, fonte della vita cristiana”. La manifestazione si iscrive in una serie di incontri triennali iniziati nel 1996 in collaborazione con diverse Facoltà di teologia protestanti e cattoliche di Francia e Svizzera. Questi colloqui intendono approfondire alcune tematiche teologiche e spirituali in una prospettiva ecumenica e nel contempo offrire un luogo per uno scambio fraterno tra cristiani appartenenti a differenti Chiese. La presente edizione si propone di “interrogare” la teologia e la prassi del battesimo oggi. In modo particolare, chiedendosi come conciliare l’unicità del Battesimo con la diversità delle Chiese nelle quali la vita cristiana si sviluppa: quando nella Chiesa, una, santa e apostolica, l’unità battesimale viene realizzata, allora può essere resa un’autentica testimonianza cristiana all’amore di Dio che guarisce e riconcilia. Il nostro unico battesimo in Cristo costituisce un appello alle Chiese perché superino le loro divisioni e manifestino visibilmente la loro comunione. 

 

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24 ORE NEL MONDO

1 maggio 2005

 

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

In Iraq, il nuovo governo del premier sciita Ibrahim Jaafari prosegue il suo cammino in un clima di violenza. Anche oggi i terroristi sono entrati in azione. Il nostro servizio:

 

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A Baghdad un’autobomba è esplosa al passaggio di un convoglio militare americano provocando, secondo fonti del ministero degli Interni, la morte di cinque iracheni, tra cui una bambina, e il ferimento di altre 12 persone. E, ad una ventina di chilometri da Baghdad, cinque poliziotti, al loro posto di blocco, sono rimasti uccisi in un’imboscata tesa da una trentina di uomini armati. Mentre ieri guerriglieri hanno lanciato almeno sette razzi contro la città di Falluja, uccidendo tre civili iracheni e ferendone un altro. Lo hanno riferito i militari americani aggiungendo che nella città nel triangolo sunnita sono state sparate anche due bombe di mortaio, che non hanno provocato vittime. Intanto, il comando americano a Baghdad mantiene la sua versione di “un tragico incidente” che è costato la vita a Nicola Calipari, l’agente segreto italiano ucciso in Iraq durante la liberazione dell’ostaggio italiano Giuliana Sgrena. Nessuna azione disciplinare, quindi, verrà presa nei confronti di alcun soldato americano. Ed è ancora in “fase di elaborazione” il rapporto italiano sul caso Calipari: il ministero degli Esteri ha fatto sapere che sarà reso pubblico lunedì.

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In Afghanistan sette persone, tra cui tre civili, sono rimaste uccise in un bombardamento aereo condotto dalla forza internazionale, sotto il comando americano, su un campo di presunti ribelli. Lo hanno reso noto ieri le forze Usa. L’attacco, in cui sono morti anche quattro militanti, è stato condotto nella provincia dell’Uruzgan, dove sono frequenti gli attacchi dei Taleban contro le forze americane e i governativi afghani e dove martedì scorso un militare Usa è rimasto ucciso in un agguato. E proprio ieri è cominciata la presentazione delle candidature per le elezioni parlamentari previste per il 18 settembre. Una tappa fondamentale nel faticoso cammino verso la democrazia, intrapreso dopo la caduta del regime dei talebani nel 2002.

 

Turisti ancora nel mirino del terrorismo islamico in Egitto. A meno da un mese dall’attentato che lo scorso 7 aprile costò la vita a tre stranieri, nel pomeriggio di ieri due diversi attentati kamikaze hanno scosso nuovamente il Cairo. I tre attentatori, un uomo, sua moglie e sua sorella, sono morti e otto persone, tra cui una cittadina italiana, sono rimaste ferite. Due gruppi hanno rivendicato l’attentato: si tratta delle “Brigate del martire Abdallah Azzam” e dei “Mujahiddin d'Egitto”.

 

I ministri degli Esteri dei Paesi confinanti con l’Iraq, riuniti ieri ad Istanbul, hanno affermato il loro sostegno al nuovo governo di Baghdad. L’obiettivo è promuovere stabilità e coesione nel Paese. È stato il primo ministro turco, Tayyp Erdogan, a lanciare l’appello ai rappresentanti degli altri otto Paesi. Si tratta dell’ottavo incontro di questo tipo negli ultimi due anni e si svolge a tre giorni dal giuramento del nuovo governo iracheno, nato dopo tre mesi di estenuanti trattative tra le varie componenti del Paese. 

 

L’Iran ha avvertito ieri l’Europa che già nei prossimi giorni potrebbe riavviare il ciclo per l’arricchimento dell’uranio, dopo che l’ultima tornata di trattative con Francia, Germania e Gran Bretagna, tenutasi venerdì sera a Londra, non ha dato risultati concreti. Proprio per avviare queste trattative l’Iran aveva accettato, nell’autunno scorso, di sospendere tutte le attività del ciclo di arricchimento. Ma Teheran insiste nel dire che non intende abbandonare definitivamente questa tecnologia, che può essere utilizzata sia per alimentare le centrali sia per costruire ordigni atomici, mentre gli Europei chiedono appunto di rinunciarvi in cambio di incentivi economici, tecnologici e politici. Gli Stati Uniti, insieme con Israele, accusano esplicitamente l’Iran di perseguire un programma nucleare militare, ma hanno detto di appoggiare gli sforzi diplomatici dell’Europa.

 

Sempre presidiata dalle forze dell’ordine Lomè, la capitale togolese protagonista in questa ultima settimana di numerosi e sanguinosi scontri. Il Paese è in preda ad una violenta crisi scaturita dalle elezioni presidenziali, vinte da Faure Gnassingbè, figlio dell’ex dittatore defunto del Paese africano, Gnassingbè Eyademà. Sorveglianza stretta per i collegi elettorali dell'opposizione per timori di un riaccendersi di violenze.

 

 

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