RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 211 - Testo della trasmissione di sabato 30 luglio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Una toccante testimonianza di fede: così, in un video messaggio, il Papa definisce la Missa Solemnis  di Beethoven, eseguita ieri sera nel Duomo di Colonia, in vista della GMG di agosto

 

Con un telegramma, il Papa ha manifestato la sua partecipazione spirituale al Rosario recitato ieri sera nei Giardini Vaticani, in occasione di Santa Marta

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

1780 donne assassinate in 5 anni in Guatemala: è uno dei dati sui crimini di cui sono vittime le donne nel Centroamerica: intervista con il prof. Daniele Pompeiano

 

Denunciare la drammatica situazione dei diritti umani in Eritrea: è l’obiettivo di due fratelli che hanno marciato da Ginevra a Roma: ai nostri microfoni Samuel e Tekle Ghebregherghis

 

Al Meeting internazionale sulle migrazioni, a Loreto, consegnato il premio Meeting 2005 all’assessore toscano Massimo Toschi, per l’iniziativa di cura di bambini palestinesi in ospedali israeliani: con noi lo stesso Toschi

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

Sri Lanka: l’arcivescovo di Colombo Oswald Gomis lancia un appello perché venga garantita la libertà religiosa limitata da alcuni disegni di legge

 

Finanziamenti dalla CEI per l’emergenza fame in Sahel

 

Filippine: cristiani e musulmani uniti nella prevenzione e nella lotta alla criminalità giovanile

 

A Porto Recanati il Movimento giovanile missionario sperimenta una missione in spiaggia e per le strade della cittadina turistica

 

A Buenos Aires una cattedra sulla Dottrina Sociale della Chiesa

 

24 ORE NEL MONDO:

Dopo l’arresto a Roma di uno dei quattro terroristi coinvolti nei falliti attentati di Londra, il ministro dell’Interno Pisanu annuncia perquisizioni in diverse regioni italiane

 

Rapita una dirigente del ministero della Sanità in Iraq, mentre un ordigno fa vittime nel sud di Baghdad

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

30 luglio 2005

 

 

UNA TOCCANTE TESTIMONIANZA DI FEDE: COSI’, IN UN VIDEO MESSAGGIO,

 IL PAPA DEFINISCE LA MISSA SOLEMNIS  DI BEETHOVEN, ESEGUITA IERI SERA

NEL DUOMO DI COLONIA, IN VISTA DELLA GMG DI AGOSTO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Le parole della preghiera dell’uomo diventano vie “della passione per Dio e per se stessi”: è quanto afferma Benedetto XVI in un video messaggio in tedesco per la Missa solemnis di Ludwig van Beethoven, eseguita ieri sera nel Duomo di Colonia, nel quadro della preparazione della GMG di agosto. Grande amante della musica classica, il Pontefice sottolinea come la messa di Beethoven sia una toccante testimonianza di fede. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“Fin dai primi tempi la musica, il canto, sono stati parte della Santa Messa”, constata Benedetto XVI che aggiunge: “Se l’uomo sta davanti a Dio, la sola parola non gli basta. Come in generale l’amore e la sofferenza spezzano i confini delle sole parole e cercano un’espressione che abbracci anche l’indicibile, così è pure per l’incontro con Dio, in cui l’uomo vuole andare aldilà di se stesso”.

 

“Anche per Beethoven, uomo che lotta e soffre in un tempo di cambiamento – rileva – era evidentemente una necessità interiore” creare una grande messa. La Missa Solemnis non è più “musica liturgica in senso proprio”. “Anche la fede della Chiesa – afferma il Pontefice – ora non è più presente come fatto ovvio”.

 

“Le parole della preghiera dell’uomo – prosegue il video messaggio – diventano ora vie della lotta per Dio, della passione per Dio e per se stessi”. In questo senso - sottolinea Benedetto XVI - la Missa solemnis è “una toccante testimonianza sempre nuova di una fede che cerca, che non si lascia sfuggire Dio e che attraverso la preghiera dei secoli lo raggiunge nuovamente”. 

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NOMINA

 

In Perù, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale del vicariato apostolico di Requena, presentata da mons. Victor De la Peña Pérez, dell’Ordine dei Frati Minori, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Il Papa ha nominato suo successore mons. Juan Tomás Oliver Climent, dell’Ordine dei Frati Minori, coadiutore del medesimo vicariato apostolico.

 

 

CON UN TELEGRAMMA, IL PAPA HA MANIFESTATO

LA SUA PARTECIPAZIONE SPIRITUALE AL ROSARIO RECITATO IERI SERA

NEI GIARDINI VATICANI, IN OCCASIONE DI SANTA MARTA

 

Con un telegramma inviato a mons. Angelo Comastri, vicario generale per la Città del Vaticano, Benedetto XVI ha voluto manifestare la sua partecipazione spirituale al Rosario recitato ieri sera lungo i viali dei Giardini Vaticani. Ha auspicato che dall’incontro venga un rinnovato impegno di carità nei fedeli. Occasione, la ricorrenza di Santa Marta. C’era per noi Tiziana Campisi:

 

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“Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno”.

 

Ricordare che la vita è dono da donare, talento da spendere senza ansia. E’ questo l’insegnamento da trarre dalle parole rivolte da Gesù a Marta nel Vangelo di Luca. L’affanno, l’ansia e la preoccupazione non giovano. Non è efficiente chi fa tanto, ma chi fa con Dio.

 

(Musica)

 

La figura di santa Marta è stata ricordata ieri sera, proprio nel giorno della festività dedicata alla sorella di Lazzaro di Betania, nei Giardini Vaticani. Centinaia le fiaccole accese dai fedeli in preghiera ai quali Benedetto XVI ha indirizzato il suo saluto, in un telegramma. Il Santo Padre, inviando la sua benedizione apostolica, ha espresso vivo apprezzamento per l’iniziativa auspicando dall’incontro di preghiera un rinnovato impegno di carità. Da 10 anni è tradizione la recita del Rosario in processione in un percorso che sosta dinanzi alle icone della Madonna di Czeistochova, Guadalupe, Fatima, Lourdes e della Guardia e che si conclude davanti all’effigie della Madre della Misericordia.

 

(Musica)

 

Laici, religiosi e giovani hanno pregato per la pace nel mondo e con l’intenzione di sostenere spiritualmente la missione apostolica del Papa. Con un collegamento radiofonico, al Rosario hanno preso parte anche le monache benedettine del monastero di clausura Mater Ecclesiae in Vaticano, che hanno recitato la decina del quinto mistero.

 

(Ave Maria)

 

Il Rosario si è concluso con il canto a San Gabriele, inno ufficiale della Radio Vaticana composto da mons. Guglielmo Zannoni e musicato dal maestro Alberico Vitalini. 

 

(Musica)

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il terrorismo. Catturati a Londra e a Roma gli attentatori del 21 luglio. Per Scotland Yard c'è ancora il rischio di attentati.

Sempre in prima, in rilievo l'Iraq, dove non finiscono le violenze. Le Filippine richiamano il personale diplomatico.

 

Nelle vaticane, due pagine dedicate al tema dell'Eucaristia.

 

Nelle estere, Medio Oriente: le autorità israeliane definiscono le misure per il ritiro da Gaza.

 

Nella pagina culturale, un elzeviro di Mario Gabriele Giordano dal titolo "Il tramonto dell'intellettuale": dopo il crollo delle ideologie.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il terrorismo. In carcere a Roma Osman Hussain, autore di un fallito attentato a Londra.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

30 luglio 2005

 

 

1780 DONNE ASSASSINATE IN 5 ANNI IN GUATEMALA: E’ UNO DEI DATI SUI CRIMINI

DI CUI SONO VITTIME LE DONNE IN PAESI DEL CENTROAMERICA

 - Intervista con il prof. Daniele Pompeiano -

 

In cinque anni, 1780 donne assassinate in Guatemala, 462 in Honduras, 117 in Costarica. Sono dati forniti dalle autorità di polizia dei singoli Paesi e che messi insieme lasciano emergere una drammatica situazione per le donne in Centroamerica. Negli ultimi anni, nonostante le pressioni della società civile nazionale e internazionale, le autorità continuano a sottovalutare il fenomeno, non riuscendo a mettere fine all'impunità che caratterizza questo genere di reati e a promuovere leggi adeguate per tutelare le donne contro abusi e maltrattamenti. Uno dei casi più eclatanti è quello del Guatemala. Come spiegare, per questo Paese, quello che sembra un accanimento contro le donne? Andrea Cocco lo ha chiesto a Daniele Pompeiano, professore di Storia dell'America Latina all'Università di Milano:

 

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R. – Io credo che la risposta vada cercata da un lato in un persistente maschilismo, per cui in una struttura sociale e statuale molto gerarchizzata le donne, e comunque gli esseri più deboli, rappresentano il terreno di sfogo su cui si realizza la ricaduta delle violenze, delle sopraffazioni, dello spirito di rivalsa.

 

D. - Nel Guatemala, la guerra civile tra guerriglia e forze governative, sostenute dai paramilitari, si è conclusa nel 1996. Da allora però, la violenza non è mai cessata…

 

R. – Sicuramente la criminalità dilagante è molto aggressiva in Guatemala ed è legata alla smobilitazione delle forze impegnate nell’opera di repressione da parte dello Stato delle insorgenze dei guerriglieri e dall’uso indiscriminato di polizie private e di quelle chiamate patrullas civiles, dette “Pac”, cioè contadini e altri civili armati e obbligati a prestare vigilanza in alcuni distretti. La smobilitazione di un vastissimo e articolato apparato di polizia e di intelligence ha prodotto una criminalità legata alla mancanza di un reddito e ad una copertura sostanziale da parte degli organi dello Stato.    

 

D. – Una delle maggiori problematiche legate alla violenza è l’indifferenza dell’opinione pubblica e delle autorità. Molto spesso le vittime, soprattutto se donne, evitano di denunciare gli abusi subiti, perché sanno di non essere tutelate. Che peso ha questo clima di impunità sul rispetto dei diritti umani nel Paese?

 

R. – Il tema dei diritti umani è un tema estremamente delicato nella misura in cui non soltanto non sono stati storicamente rispettati i diritti umani e in particolare i soggetti più deboli - quindi le popolazioni indigene, le donne e addirittura i bambini - ma in generale si respira nel Paese un clima di forte indifferenza rispetto a tali diritti. Pensiamo soltanto al destino delle lavoratrici delle maquilas. Le maquilas sono strutture di assemblaggio di pezzi di produzione che provengono dall’esterno. Non esiste nessuna forma di garanzia lavorativa, assicurativa, previdenziale nei riguardi di queste donne. Qualunque forma di attivazione sindacale viene vista come un rischio.

 

D. - Tra le persone che hanno scontato con la propria vita le critiche ai soprusi, vi sono alcuni sacerdoti, come padre Maria Furlan o il vescovo José Gerardi, assassinato nel 1998, dopo aver pubblicato un rapporto sulle violazioni dei diritti umani…

 

R. – La Chiesa ha svolto all’interno del Paese - ma non soltanto all’interno,  pensiamo anche al Nicaragua sandinista – un ruolo assolutamente profetico, nella misura in cui la Conferenza episcopale guatemalteca, alcuni anni fa, emanò una carta pastorale in cui si sollecitava il ceto politico ad una riforma agraria importante per dotare i contadini della terra e, quindi, per tagliare le basi e l’origine della povertà, dell’insofferenza, della criminalità.

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DENUNCIARE LA DRAMMATICA SITUAZIONE DEI DIRITTI UMANI IN ERITREA:

 E’ L’OBIETTIVO DI DUE FRATELLI CHE HANNO MARCIATO DA GINEVRA A ROMA

- Intervista con Samuel e Tekle Ghebregherghis -

 

Portare l’attenzione internazionale sulla drammatica situazione dei diritti umani in Eritrea. E’ l’intento della recente marcia, da Ginevra a Roma, di due giovani fratelli eritrei. Il servizio di Debora Donnini:

 

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Rompere il silenzio. Per questo Samuel e Tekle Ghebregherghis hanno percorso 1.200 chilometri a piedi. Vogliono che il mondo conosca la situazione in cui vivono gli eritrei, con migliaia di persone imprigionate, spesso in carceri segrete e senza processo. Sentiamo Samuel:

 

R. - Nel nostro Paese sono continuamente violati i diritti umani ed abbiamo più di 40 mila detenuti: non si sa neanche in quale carcere si trovino e in condizioni siano. Non si sa neanche se siano vivi o se siano morti. Non si sa assolutamente niente. Se a queste persone viene imputato di aver compiuto un reato, devono avere però un processo regolare. In carcere ci sono persone di tutti i tipi: ci sono giornalisti, ci sono ministri e collaboratori dell’attuale presidente e c’è tanta gente comune. Ci sono studenti universitari che sono stati incarcerati per aver detto una minima parola fuori posto o meglio che non è in linea con la politica dell’attuale governo. Di questi ministri e di questi giornalisti, si sa almeno dove si trovano. Il problema è che c’è moltissima gente che sparisce e della quale non si sa più niente, tanto più che essendo gente comune non fa notizia.

 

L’intento non è soltanto di parlare delle tante persone imprigionate, come ci spiega Tekle:

 

R. – Circa quattro milioni di eritrei vivono in uno stato di quasi paralisi totale, una sorta di prigionia mentale. La paura ha paralizzato la gente, che non può parlare e non può protestare. E’ come se fossero prigionieri non fisicamente ma mentalmente. Noi vogliamo dare voce a questa gente che vive questa terribile situazione. Tante famiglie che vengono arrestate, semplicemente perché i loro figli sono fuggiti magari in Sudan e in Etiopia. Il governo, in questi casi, va ad arrestare i genitori o chi è ritenuto in qualche modo complice. La gente ogni volta che succedono delle cose del genere vive nel terrore. Si è creato un clima di vera e propria sfiducia: non ci si può fidare neanche del proprio vicino, perché non si sa mai chi sia, magari potrebbe essere anche una spia. 

 

Nelle diverse tappe della marcia sono state raccolte, dunque, tante firme per chiedere di non dimenticare l’Eritrea.

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LA FIGURA DI GIOVANNI BATTISTA SCALABRINI AL CENTRO DELL’ODIERNA GIORNATA DEL MEETING INTERNAZIONALE SULLE MIGRAZIONI, A LORETO. CONSEGNATO

IL PREMIO MEETING 2005 ALL’ASSESSORE TOSCANO MASSIMO TOSCHI,

PER L’INIZIATIVA DI CURA DI BAMBINI PALESTINESI IN OSPEDALI ISRAELIANI

- Intervista con lo stesso premiato - 

        

Fu il primo a capire la portata epocale delle migrazioni: per questo è così attuale. E’ l’essenza degli interventi di questa mattina a Loreto, incentrati su Giovanni Battista Scalabrini a cento anni dalla morte, per celebrarne la personalità e l’attualità del carisma. Le migrazioni del “grande esodo” dell’Europa verso le Americhe tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 colpirono l’uomo, il cittadino e il vescovo Scalabrini, che cercò di reagire concretamente di fronte alle problematiche, ai drammi e alle angosce dei “figli della miseria e del lavoro” quali erano i migranti di allora e … di oggi. Ai nostri giorni le migrazioni hanno assunto una vera e propria dimensione planetaria e le intuizioni sociali, civili, politiche e religiose di Scalabrini risultano di estrema attualità. Il servizio di Giovanni Peduto:

 

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Il centenario di Scalabrini – è stato detto dagli oratori presenti al Meeting – non vuol essere solo la celebrazione di un ricordo e di storie del passato, “quando gli albanesi eravamo noi”, ma intende essere l’occasione per cercare di capire dove stiamo andando oggi in Europa e in Italia, proprio assieme a questi “concittadini” diversi da noi, ma che sono chiamati a costruire assieme a noi il futuro delle nostre città, della nostra società.

 

Scalabrini capì per primo che il fenomeno migratorio era parte integrante della questione sociale e operaia. Previde che il futuro della Chiesa si sarebbe giocato sul fattore della mobilità umana. Poco prima di morire (il 1 giugno 1905) aveva inviato alla Santa Sede un progetto di costituzione di una nuova Congregazione romana “Pro emigratis catholicis”. Oggi la Santa Sede dispone di un apposito Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, in seno al quale lavorano anche religiosi scalabriniani.

 

Questo pomeriggio a Loreto saranno protagonisti del Meeting ragazzi di vari Paesi impegnati in un “laboratorio interculturale”, mentre concluderà la giornata il musical “Per terre lontane” della Compagnia Scalabrini & Friends.

 

La mattina si è conclusa con l’assegnazione del Premio MIM 2005 al prof. Massimo Toschi, assessore alla cooperazione internazionale, al perdono e alla riconciliazione fra i popoli della Regione Toscana, per l’impegno da lui profuso nel rendere possibili le cure mediche a bambini palestinesi e per varie altre benemerenze.

 

Da Loreto, Giovanni Peduto, Radio Vaticana.

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Massimo Toschi, assessore al perdono e alla riconciliazione tra i popoli della regione Toscana, ha ricevuto il Premio “Meeting Internazionale delle Migrazioni 2005” in particolare per il progetto Saving Children, grazie al quale oltre 1000 bambini palestinesi sono stati curati in ospedali israeliani. Per sapere come è nata l’iniziativa, Francesca Fialdini ha intervistato lo stesso Massimo Toschi:

 

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R. – Durante la seconda Intifada molti bambini morivano perché non potevano essere curati. Le strutture sanitarie palestinesi erano degradate. Questo lo abbiamo visto in particolare a Nablus. Partendo da questo problema che ci pareva praticamente insolubile, c’è stato l’incontro con una straordinaria donna israeliana, Emanuela De Viri, con i pediatri palestinesi e poi con il Centro Peres. Da lì è nato un progetto che inizialmente prevedeva l’assistenza 300 bambini l’anno per tre anni. Oggi possiamo dire, dopo un anno e mezzo, che sono stati curati circa 1.500 bambini, il 30 per cento con operazioni a cuore aperto. Un risultato assolutamente singolare, che ha la misura del miracolo. La cosa più straordinaria è che è iniziata la guarigione dall’odio, cioè i palestinesi si sono resi conto che c’erano degli israeliani disposti a rischiare per curare i loro figli; gli israeliani hanno cominciato a toccare con mano, concretamente, il dolore infinito dei palestinesi. Questo, in qualche modo, ha contribuito a cambiare anche il modo di leggere il conflitto da parte degli israeliani. Quando io ho incontrato il presidente dell’ANP, Abu Mazen, lui mi ha detto: se avvengono queste cose, anche la politica deve cambiare.

 

D. – Il titolo del suo assessorato non fa riferimento alla parola pace, bensì al perdono e alla riconciliazione. Cosa significa?

 

R. – Oggi la parola pace è una parola ambigua, tanto è vero che noi italiani siamo coinvolti nella guerra in Iraq e noi chiamiamo quella guerra una missione di pace. Quindi c’è un rovesciamento. La vera differenza oggi è sul metodo, sulla via da seguire. Si può fare la pace attraverso la cooperazione, il perdono e la riconciliazione. E’ perché non si è avviato un processo di perdono e riconciliazione che in Kosovo siamo ancora al punto di partenza. E la stessa cosa vale per l’Afghanistan e a maggior ragione vale oggi in Iraq.

 

D. – Quali sono le sfide programmatiche e politiche su cui sta lavorando?

 

R. – Oggi sicuramente la questione israelo-palestinese. Accanto a questo la grande sfida dell’Africa. Bisogna abbattere non solo il muro che divide Betlemme da Gerusalemme, ma bisogna abbattere anche il grande muro di povertà che divide il Sud dal Nord del mondo, sapendo che lo potremo abbattere se la nostra politica si convertirà e comincerà ad inginocchiarsi davanti ai piccoli della terra. Mi è capitato di andare in un piccolo Paese dell’Africa, il Burkina Faso, e quando mi è capitato di veder morire una bimba disidrata, ho pensato che ovviamente non è il Padre Eterno ad aver deciso questo, ma lo aveva deciso una politica violenta, che metteva in conto che per il benessere dell’Occidente un bambino africano potesse morire anche di sete. Allora se noi vogliamo di nuovo riaprire una politica con l’Africa, bisogna anzitutto che chiediamo perdono di tutto questo, assumendoci questa responsabilità.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

Domani 31 luglio, 18a Domenica del Tempo Ordinario, il Vangelo ci presenta il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci.  Gesù prova una grande compassione per la  folla che lo segue e guarisce molti malati. Sul far della sera i discepoli vogliono congedare quella grande moltitudine perché vada a comprare altrove del cibo per sfamarsi. Ma Gesù risponde:

 

“Non occorre che vadano; date loro voi stessi da mangiare”.

 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:

 

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I discepoli si rivolgono a Cristo affinché lui congedi le folle che si sono radunate intorno a Lui. Lo fanno perché, preoccupati, si chiedono dove prendere il pane per saziare tante persone. Ma com è possibile che il Signore congedi la gente se Lui è lo scopo della vita di ogni uomo? Lui è quel centro che attira ogni creatura. Tutto converge in Cristo e l’uomo stesso trova il significato della propria persona solo in rapporto a Lui e con Lui. I discepoli evidentemente ancora non hanno compreso che non esiste nessun cibo e nessuna cosa che possa veramente saziare l’uomo, ma che l’unico che dà la vita e che sazia i bisogni dell’uomo è Cristo. E Lui lo fa attraverso il pane, attraverso le cose di questo mondo che vengono date tramite i discepoli stessi. Cristo coinvolge i discepoli nel suo amore, nella sua carità, e i discepoli possono comprendere che tutte le cose vengono dal Signore e che non sono semplice soddisfazione dei bisogni, ma diventano la comunione.

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CHIESA E SOCIETA’

30 luglio 2005

 

 

SRI LANKA: L’ARCIVESCOVO DI COLOMBO, MONS. OSWALD GOMIS, LANCIA UN APPELLO PERCHÈ VENGA GARANTITA LA LIBERTÀ RELIGIOSA LIMITATA DA ALCUNI DISEGNI DI LEGGE. INTANTO, ATTI DI VANDALISMO CONTRO UNA PARROCCHIA

- a cura di Tiziana Campisi -

 

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ColombO. = Rispettare il diritto fondamentale della libertà religiosa in Sri Lanka, da sempre esempio di pacifica convivenza tra diverse fedi, ma dove si è annidato un estremismo irrazionale. È l’appello che mons. Oswald Gomis, arcivescovo di Colombo, lancia attraverso AsiaNews al Governo e al Parlamento singalese. Da più di un anno l’organo legislativo è impegnato nella discussione di due disegni di legge che, se approvati, giustificherebbero discriminazioni non solo contro le minoranze religiose, ma anche contro la maggioranza buddista. Il vescovo ricorda che il testo originale della legge contro la conversione forzata (Bill on prohibition of forcible converison), proposta dal partito buddista Jathika Hela Urumaya, è stato approvato in modo parziale dal Parlamento il maggio scorso. La Corte Suprema, nell'agosto 2004, ne aveva giudicato incostituzionali due punti perché in contrasto con l’articolo 10 della Costituzione che assicura la libertà religiosa e consente di praticare o adottare una religione o un credo a propria scelta. Ora il testo aspetta l’esame di un Comitato permanente che ne studierà gli emendamenti necessari; tra i membri del Comitato compaiono anche 5 cattolici. Da condannare, per mons. Gomis, è anche il disegno di legge presentato dal ministro per gli Affari buddisti, Ratnasiri Wickremanayake. “L’Act for the protection of religious freedom – spiega l’rcivescovo - deve essere presentato in Parlamento per la seconda lettura, ma i tempi non sono ancora noti”. Organizzazioni cristiane e per i diritti umani si dicono già pronte a contestarlo davanti alla Corte Suprema. “Questa legge va contro l’armonia religiosa che caratterizza il nostro Paese”, ha detto mons. Gomis. L'appello giunge mentre la comunità cattolica continua ad essere oggetto di violenze da parte di gruppi buddisti fondamentalisti - riferisce AsiaNews - preoccupati di difendere la millenaria armonia del Paese da quello che definiscono ‘proselitismo cristiano’. Appena due settimane fa, il 17 luglio, un gruppo di uomini mascherati ha attaccato e dato fuoco a una chiesa cattolica a Pulastigama, nell’ex diocesi di mons. Gomis, quella di Anuradhapura, a nordest di Colombo. “Conosco bene la situazione di questa zona: qui cristiani e buddisti hanno sempre convissuto in modo cordiale. Questo attacco è un’azione organizzata da gruppi estremisti che vengono da fuori, ha dichiarato il presule, non so spiegarne il motivo, l’estremismo è estremismo, non ha ragioni, è completamente irrazionale”. Secondo padre Eric Fernando, parroco della chiesa, gli aggressori avevano l’unico scopo di distruggere e spargere odio”.

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FINANZIAMENTI DALLA CEI PER L’EMERGENZA FAME IN PAESI AFRICANI

 DELL’AREA DEL SAHEL. IN COLLABORAZIONE CON LA FONDAZIONE GIOVANNI PAOLO II PER IL SAHEL, EROGATI OLTRE 3000 EURO

 

ROMA. = La Conferenza episcopale italiana ha espresso, in un comunicato diffuso ieri, la sua solidarietà per i Paesi del Sahel colpiti in questi mesi da una grave carestia. Per tale motivo, in collaborazione con la Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel, organismo creato dal compianto Pontefice nel 1984, la presidenza della Cei ha erogato, attraverso il Comitato per gli interventi caritativi a favore del Terzo mondo, una somma complessiva di tre milioni e mezzo di euro, dai fondi derivanti da “L’otto per mille”, a sostegno di numerosi progetti a carattere assistenziale e per sopperire a carenze nutrizionali, sanitarie e abitative. Le Nazioni colpite dalla progressiva desertificazione del Sahel sono principalmente Burkina Faso, Niger, Mauritania, Mali, Ciad e Senegal meridionale. La Conferenza dei vescovi, particolarmente preoccupata anche per le alluvioni che stanno devastando l’India occidentale, ha affermato anche di essere in contatto con i presuli di quella regione coordinati dal cardinale Ivan Dias, arcivescovo di Mumbai (ex Bombay).

 

 

FILIPPINE: Cristiani e musulmani uniti nella prevenzione e nella lotta

alla criminalità giovanile. IN UN FORUM STUDIATI DIVERSI PROGETTI

DI EDUCAZIONE E FORMAZIONE E PERCORSI DI REINSERIMENTO SOCIALE

 

Zamboanga. = Per combattere la piaga dei ragazzi di strada, dediti a piccole azioni criminali, e della delinquenza giovanile, c’è bisogno di uno sforzo comune: istituzioni, comunità religiose, centri sociali, agenzie e educative, scuola, famiglia, ognuno deve fare la propria parte. È quanto è emerso dal forum organizzato nel mese di luglio a Zamboanga City, sull’isola di Mindanao, nel sud delle Filippine, per discutere della situazione e delle forme di prevenzione della violenza giovanile. Al forum hanno partecipato rappresentanti di diverse istituzioni ma anche leader cristiani e musulmani, che si sono impegnati a promuovere iniziative comuni per ottenere uno scopo di pubblico interesse: arginare il fenomeno della delinquenza giovanile e aiutare il recupero di ragazzi e giovani che vivono per le strade, fornendo loro un luogo dove vivere e l’istruzione necessaria per potersi inserire nel tessuto sociale. Uno degli argomenti toccati durante il forum è stato quello dei giovani che occupano le carceri filippine: nella città di Zamboanga e nella regione sono numerosi i ragazzi fra i 9 e i 18 anni in prigione per reati di vario genere. I partecipanti al forum hanno elaborato numerose proposte per un percorso di rieducazione, attraverso istituti di formazione e opere sociali in cui coinvolgere i giovani, sollecitando interventi delle istituzioni pubbliche. Intanto un cammino di formazione appositamente pensato per gli studenti dei college e delle università, appartenenti a diverse religioni, è stato proposto a Zamboanga City dal Movimento islamo-cristiano Silsilah, presso l’Harmony Village. I contenuti dei seminari trattati, che coinvolgono numerosi giovani ogni anno, vanno dai temi del dialogo e della responsabilità di ogni individuo, ai rapporti fra religioni e culture, ai grandi temi di attualità internazionale come la lotta al fondamentalismo e al terrorismo. (T.C.)

 

 

A Porto Recanati il Movimento Giovanile Missionario sperimenta

una missione in spiaggia e per le strade della cittadina turistica

 

Loreto. = Sono una ottantina i giovani che hanno scelto di vivere un'esperienza estiva di formazione missionaria organizzata dal Movimento Giovanile Missionario delle Pontificie Opere Missionarie. Da lunedì 25 luglio sono riuniti a Loreto per riflettere su "La Missione e i suoi doni": una settimana di preghiera e approfondimento a partire dai doni che ognuno può riconoscere nella propria vita. Ogni partecipante è chiamato a confrontarsi con se stesso, con il mondo e con il presente per poi riflettere sulla propria vocazione e relazione con Dio e sull'annuncio che sfocia oggi in un'esperienza attiva di evangelizzazione in strada a Porto Recanati. “A due a due i giovani percorrono le spiagge e le strade più frequentate per invitare le persone che incontrano ad un appuntamento per la sera, in una parrocchia del centro cittadino - spiega Ivano Lanzafame, Segretario del Movimento Giovanile Missionario delle POM -. In chiesa, con l’esposizione del Santissimo Sacramento, si svolge un’adorazione guidata con momenti comunitari e di silenzio e ci si può anche accostare al Sacramento della Penitenza. Sono particolarmente curate l’accoglienza e l’animazione liturgica.” Obiettivo dell’iniziativa è lanciare soprattutto un invito a quanti da tanto tempo non entrano in chiesa e non si accostano ai sacramenti. “Vogliamo sperimentare che l’evangelizzazione in strada, nel nostro quotidiano, è possibile. Quello che auspichiamo - prosegue Ivano Lanzafame - è che i giovani che fanno questa esperienza, i quali provengono da quasi tutte le regioni italiane, una volta tornati a casa, nei loro gruppi e nelle loro realtà, siano così pieni di entusiasmo da riproporla nei rispettivi ambienti”. (T.C.)

 

 

A BUENOS AIRES UNA CATTEDRA SULLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA.

SARÀ INAUGURATA IL 2 AGOSTO ALLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ CATTOLICA ARGENTINA

 

BUENOS AIRES. = La Commissione episcopale della pastorale sociale e la Pontificia Università Cattolica Argentina hanno organizzato un Atto Accademico per martedì 2 agosto a Buenos Aires, per presentare il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa e siglare un accordo tra la stessa Università Cattolica e la Pontificia Università Lateranense. Motivo dell’incontro tra le due istituzioni, la fondazione di una cattedra di Dottrina Sociale della Chiesa. L'Atto Accademico risponde alla richiesta del cardinale Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, dal cui lavoro quinquennale è emerso il Compendio. Interverranno, oltre al rettore dell'Università Cattolica Argentina e al presidente della commissione episcopale, il prof. Denis Biju-Duval, presidente dell'Istituto Pastorale Redemptor Hominis della Pontificia Università Lateranense. (T.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

30 luglio 2005

 

 

- A cura di Eugenio Bonanata e Andrea Cocco -

 

E’ stata smantellata la cellula di fondamentalisti responsabili dei falliti attentati del 21 luglio a Londra. Operazioni condotte ieri nella capitale britannica e a Roma hanno portato, infatti, all’arresto di tre terroristi del commando. Il quarto era già stato fermato nei giorni scorsi. Intanto la Corte d’Appello di Roma si è riunita per decidere sull’estradizione in Gran Bretagna del terrorista arrestato ieri nella capitale italiana. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Tutti i terroristi coinvolti nei falliti attentati del 21 luglio sono stati arrestati dalla polizia. A Londra la più grande operazione di polizia dalla Seconda Guerra Mondiale, ha portato ieri all’arresto di due estremisti. Si tratta di Ramzi Mohammed, accusato di aver tentato di far esplodere una bomba nella stazione della metropolitana di Oval, e dell’eritreo Said Ibrahim, l’uomo che secondo gli agenti ha abbandonato su un autobus uno zaino con una bomba. Nei giorni scorsi era anche stato fermato il somalo Yasin Omar, accusato di aver piazzato l’ordigno inesploso in una stazione della metropolitana. Il quarto uomo del commando, l’etiope Osman Hussain, è stato arrestato a Roma in un appartamento della periferia grazie alla preziosa collaborazione tra i servizi segreti italiani e quelli britannici. Secondo gli investigatori sarebbe l’aspirante kamikaze che ha tentato di farsi esplodere in una stazione della metropolitana londinese. Gli inquirenti hanno escluso che Hussain stesse preparando un attentato in Italia. Nel suo intervento alla Camera, il ministro italiano dell’Interno, Pisanu, ha affermato che gli attacchi del 21 luglio – in base a quanto rivelato dalle autorità britanniche - avrebbero provocato una strage uguale a quella del 7 luglio se non fosse intervenuto un difetto di funzionamento degli esplosivi. Pisanu ha aggiunto:

 

“Nel corso delle indagini è stato anche possibile individuare un fitto reticolo di soggetti appartenenti alle comunità eritrea ed etiopica in Italia, ritenuti funzionali alla copertura del latitante. Stiamo seguendo l’evoluzione della situazione complessiva nel Corno d’Africa, dove Al Qaeda si è insediata e da dove tende ad inviare suoi adepti in Europa e nel resto del mondo”.

 

In relazione alle dichiarazioni emerse durante l’interrogatorio del terrorista, il ministro Pisanu ha comunicato inoltre che sono in corso perquisizioni in almeno 15 province italiane.

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E dopo l’arresto di Osman Hussain, ci si interroga su come l’uomo sia riuscito a lasciare Londra, passare per Parigi, fino ad arrivare a Roma. Sotto accusa, ancora una volta, il trattato di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini nell’Unione Europea. Ce ne parla l’esperto di terrorismo del Corriere della Sera, Guido Olimpio, intervistato da Giada Aquilino:

 

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R. – Sicuramente i controlli all’interno di Schengen non funzionano. Noi sappiamo che le frontiere non sono sorvegliate, ma detto questo c’era un’allerta specifica antiterrorismo, lui era ricercato. Secondo me, ha sfruttato questo lassismo che c’è sicuramente. Utilizzando il treno ha destato meno sospetti. Di solito gli spostamenti in treno avvengono con maggiore tranquillità.

 

D. – Osman Hussein potrebbe appartenere ad un gruppo terroristico organizzato o si tratterebbe di una scheggia dell’estremismo islamico?

 

R. – Dagli elementi che abbiamo ritengo sia più probabile la seconda ipotesi e cioè che questo sia un gruppo che si è formato tra amici, tra conoscenti. Certo bisogna capire poi se c’è un ispiratore esterno, come quasi sempre esiste in questo tipo di organizzazioni.

 

D. – L’operazione di Roma è frutto di un lavoro di intelligence molto fitto. Come si è arrivati a questo?

 

R. – Grazie alla collaborazione che non c’è mai in tempi normali, quando non c‘è l’emergenza. Le comunicazioni sono subito volate, invece che passare attraverso i soliti canali burocratici. E’ stato fatto un lavoro di ricognizione e di indagine sui telefoni. In questo la polizia italiana è ormai bravissima. Quindi sono stati efficaci nel seguire questa debole traccia e questo ha funzionato, ma soprattutto hanno funzionato i rapporti con Scotland Yard.

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Approvata all’unanimità ieri dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite una risoluzione che amplia ulteriormente la lista nera delle organizzazioni e dei soggetti considerati alleati di Al Qaeda. Estesa e meglio definita, inoltre, la gamma delle sanzioni, in base ai comportamenti degli stessi soggetti. La gestione e il periodico aggiornamento della lista spetteranno ad un’apposita commissione creata dallo stesso Consiglio di Sicurezza.

 

Passiamo ora in Iraq, dove anche quella odierna è una giornata caratterizzata dalla violenza, mentre è salito a 40 il numero dei morti dell’attentato di ieri a Mossul, nel nord del Paese. Il nostro servizio:

 

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Non si attenua l’offensiva dei ribelli contro diplomatici e funzionari statali. A Baghdad la direttrice generale del ministero della Sanità è stata rapita nella sua abitazione. Inoltre, un convoglio del consolato britannico è stato attaccato a Bassora, nel sud del Paese, uccidendo due guardie del corpo britanniche. E a Baghdad l’esplosione di un ordigno al passaggio di un convoglio americano avrebbe provocato diverse vittime tra i soldati. La dinamica di questo incidente, tuttavia non è stata ancora chiarita. Intanto, sono stati ritrovati sgozzati nella capitale il direttore generale delle comunicazioni e i due impiegati dell’aeroporto internazionale di Baghdad, rapiti mercoledì scorso. Lo riferisce una fonte del ministero dell’Interno, specificando che le vittime sono state ritrovate bendate e con le mani legate. Ma anche le forze di sicurezza irachene restano sempre nel mirino della guerriglia. E sale a 40 morti il bilancio dell’attentato suicida sferrato ieri a Rabie, nei pressi di Mossul. Come da triste copione erano tutti giovani reclute in fila per l’arruolamento e, sempre come da copione, l’azione è stata rivendicata in Internet dal gruppo del terrorista giordano al Zarqawi. L’attacco peraltro ha subito rinfocolato le polemiche sui metodi usati dalla polizia negli arresti e negli interrogatori dei sospetti. Diversi media hanno riportato, infatti, denunce da parte di cittadini che raccontano di essere stati torturati con metodi degni del regime di Saddam. Il ministero dell’Interno, dal canto suo, ha respinto tali accuse con la necessità di garantire la sicurezza nel Paese. Infine, l’ex rais nei giorni scorsi è stato ascoltato dal tribunale speciale incaricato del processo, in merito alla rivolta degli sciiti del 1991, rivolta, questa, soppressa nel sangue dalle truppe di Baghdad; un interrogatorio di 45 minuti, che anticipa il processo il cui inizio dovrebbe essere fissato nei prossimi giorni.

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L’Uzbekistan ha formalmente ritirato il permesso concesso agli Stati Uniti di utilizzare la sua base aerea di Karshi Khanabad per le operazioni in Afghanistan. Lo scrive il Washington Post rivelando che il governo di Tashkent ha dato 180 giorni di tempo per smantellare le installazioni. Una decisione, questa, che secondo il quotidiano porrà seri problemi logistici all’esercito americano.

 

Un evento storico. Così Javier Solana, responsabile della politica estera dell’Unione Europea, ha definito la decisione di giovedì dell’IRA, di deporre le armi, dopo 30 anni di violenze. Il premier britannico Blair ha ordinato lo smantellamento delle torri militari di osservazione disseminate in punti strategici del Nord Irlanda e ha riportato il partito Sinn Fein al centro delle trattative politiche. I nazionalisti hanno chiamato la Chiesa cattolica e quella protestante a farsi garanti di questa nuova fase nell’Irlanda del Nord.

 

Quinto giorno di colloqui a Pechino per i sei Paesi che partecipano al negoziato multilaterale sulla crisi nucleare nordcoreana - le due Coree, Stati Uniti, Cina, Giappone e Russia. Le delegazioni sono al lavoro per formulare una dichiarazione congiunta per la soluzione pacifica della crisi. ''Sono negoziati molto difficili”, ha affermato il rappresentante americano Christopher Hill, il quale ha aggiunto che saranno necessari altri incontri per giungere ad una soluzione definitiva.

 

Ha causato l’ennesimo incidente diplomatico tra Grecia e Turchia la firma, venerdì, di un accordo commerciale tra Ankara e i dieci nuovi membri dell’Unione Europea. Con l’accordo, la Turchia ha accettato l’abbattimento delle barriere doganali con i nuovi Stati europei, tra cui la Repubblica di Cipro. Le autorità turche hanno tuttavia ribadito che non intendono dare riconoscimento alla Repubblica della parte greca dell’isola, divisa in due dal 1974. "La Turchia continua a sostenere un paradosso politico", ha reagito stamattina il governo greco per voce del ministro degli Esteri, Georges Koumoutsakos. "Si rifiuta di riconoscere un membro dell’Unione Europea, nel momento in cui si appresta a intraprendere i negoziati per la sua adesione all’organizzazione".

 

L’ex ministro della Sanità francese, Bernard Kouchner, fondatore di Medici Senza Frontiere, è arrivato nella notte in Niger con 18 tonnellate di aiuti alimentari. A causa della carestia infatti ottocentomila bambini sotto i 5 anni rischiano la vita mentre fame e malnutrizione minacciano oltre 3 milioni e mezzo di persone. Ma quali le cause dell’attuale situazione in Niger? Antonella Palermo lo ha chiesto a Giancarlo Cirri, direttore del Programma Alimentare Mondiale dell’ONU, raggiunto telefonicamente a Niamey:

 

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R. – Sono due: la siccità dell’anno scorso ed una invasione di cavallette. Questi due fenomeni hanno fatto sì che la produzione di cereali in Niger fosse piuttosto bassa. Quindi noi come Programma Alimentare Mondiale vogliamo evitare una catastrofe umanitaria, ma abbiamo pochissimo tempo per farlo.

 

D. – Il problema che accentua la crisi è anche che molti villaggi sono talmente difficili da raggiungere che non si conosce bene neanche quante persone hanno bisogno effettivamente di aiuto. Giusto?

 

R. – Il Niger è un Paese molto esteso e la distanza fra i villaggi è abbastanza importante. C’è poi un altro fattore aggravante nelle nostre operazione e cioè che siamo nella stagione delle piogge. Per evitare ancora una volta una catastrofe umanitaria si deve riuscire a coprire il fabbisogno nutrizionale della popolazione adulta, estremamente vulnerabile.

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Si sono concluse con una massiccia vittoria delle Forze per la difesa della democrazia (FDD), le elezioni del Senato in Burundi. L’ex forza ribelle dei guerriglieri Hutu ha conquistato 30 dei 34 seggi disponibili. Ad agosto i senatori dovranno procedere, insieme ai deputati, alla nomina del nuovo presidente della repubblica, ponendo così fine al processo di transizione dopo la guerra civile iniziata nel 1993.

 

Dopo 19 anni in Uganda torna il multipartitismo. E’ questo il responso del referendum che si è svolto giovedì nel Paese. Secondo i risultati non ancora definitivi, il sì ha ottenuto il 91,7% dei suffragi. Molto alto tuttavia l’astensionismo che avrebbe addirittura superato il 55%. Per l’opposizione, che aveva invitato gli ugandesi a boicottare il voto, il tasso di partecipazione riflette lo scarso sostegno di cui gode il presidente Yoweri Museveni.

 

 

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