RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 209 - Testo della trasmissione di giovedì 28 luglio 2005

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Ultima giornata di Benedetto XVI in Valle d’Aosta. Oggi pomeriggio, la partenza in aereo alla volta di Roma, poi il trasferimento nella residenza estiva di Castel Gandolfo: ai nostri microfoni, il saluto al Papa del vescovo di Aosta, Giuseppe Anfossi, e l’attesa dei fedeli castellani, nelle parole del vescovo di Albano, Marcello Semeraro

 

Il cordoglio del Pontefice per le vittime dei monsoni in India, in un telegramma al cardinale arcivescovo di Bombay, Ivan Dias

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

L’Egitto, ancora scosso dagli attentati di Sharm el Sheikh, si prepara ad accogliere nella località del Mar Rosso un vertice straordinario della Lega Araba: il commento di Antonio Ferrari

 

Il dialogo con l’Islam che rispetta la sacralità della vita, opposto alla visione religiosa strumentalizzata dal terrorismo: ai nostri microfoni, una riflessione di padre Justo Lacunza

 

L’integrazione dei figli degli immigrati in Europa deve iniziare dalla scuola: se ne è parlato all’VIII Meeting internazionale sulle migrazioni in corso a Loreto

 

Da ieri fino al 31 luglio, la capitale ospita la manifestazione “Stelle e pianeti nel cielo di Roma”, sponsorizzata anche dalla Specola Vaticana: con noi, Maurizio Chirri e padre Sabino Maffeo

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il Parlamento polacco ha approvato una legge che istituisce la Giornata di Giovanni Paolo II. Il 16 ottobre, il Pontefice sarà ricordato come costruttore di pace e personalità esemplare

 

Espropriate le abitazioni di tribù indigene nel nord ovest del Bangladesh per costruire un “villaggio modello”, finanziato dall’UE. Sgomento del vescovo di Dinajpur, Moses Costa, e della Caritas locale

 

In Perù, conferita a mons. Miguel Irĺzar Campos, vescovo del Callao, la Medaglia d’onore per il lavoro pastorale e l’impegno sociale, svolto nel Paese per 45 anni

 

Il movimento carismatico indiano, “Jesus Youth International”, si prepara alla Giornata mondiale della Gioventù di Colonia: preghiera e missione in primo piano

 

Nella nuova udienza sul presunto inquinamento elettromagnetico causato dalla Radio Vaticana, il GIP del Tribunale di Roma restituisce gli atti alla Procura di Roma per ulteriori valutazioni

 

24 ORE NEL MONDO:

A Londra continuano gli arresti di sospetti, dopo il fermo, ieri, di uno dei terroristi del 21 luglio

 

Sgomento in Iraq dopo l’uccisione, ieri, di due diplomatici algerini

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

28 luglio 2005

 

ULTIMA GIORNATA DI BENEDETTO XVI IN VALLE D’AOSTA.

 OGGI POMERIGGIO LA PARTENZA IN AEREO ALLA VOLTA DI ROMA,

POI IL TRASFERIMENTO NELLA RESIDENZA ESTIVA DI CASTEL GANDOLFO.

AI NOSTRI MICROFONI IL SALUTO AL PAPA

DEL VESCOVO DI AOSTA, GIUSEPPE ANFOSSI, E L’ATTESA DEI FEDELI CASTELLANI, NELLE PAROLE DEL VESCOVO DI ALBANO, MARCELLO SEMERARO

- Con noi, Salvatore Mazza -

 

Sta per concludersi il periodo di riposo di Benedetto XVI a Les Combes di Introd, in Valle d’Aosta. La partenza in aereo da Aosta è prevista oggi pomeriggio alle ore 17.30 e l’arrivo all’aeroporto di Ciampino alle 18.30. Subito dopo, informa una nota della Sala Stampa della Santa Sede, il Papa raggiungerà il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. A partire da domenica prossima, 31 luglio, il Pontefice reciterà la preghiera mariana dell’Angelus dalla sua residenza estiva. Le udienze generali riprenderanno regolarmente da mercoledì 3 agosto. Ma torniamo a questa ultima giornata valdostana di Benedetto XVI, raccontata dall’inviato di Avvenire, Salvatore Mazza, raggiunto telefonicamente a Les Combes da Alessandro Gisotti:

        

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R. – Prevedibile che questa mattina Benedetto XVI si sia congedato dai Salesiani della colonia di Les Combes, che è adiacente allo chalet dove ha soggiornato in questi giorni, dagli uomini delle forze dell’ordine, che hanno garantito la sua tranquillità in questa valle. Poi, oggi pomeriggio, ci sarà la partenza e tutti i saluti ufficiali avverranno a Les Combes. Ci sarà il vescovo, ci saranno le autorità regionali.

 

D. - Quali sono le tue impressioni alla fine di questo primo soggiorno valdostano di Banedetto XVI?

 

R. - Credo che veramente si sia fatto conoscere, Benedetto XVI. Parlo della gente “normale”. Diciamo che i giornalisti, che seguono le cose vaticane e avevano avuto modo, in passato, di avvicinare il cardinale Ratzinger sapevano già che si tratta di una persona di un’estrema gentilezza, estrema cordialità. Aspetti però che probabilmente al grande pubblico non potevano arrivare, mentre arrivava piuttosto l’immagine del custode della dottrina e della fede. Quindi un’immagine un po’ rigida, un po’ severa. Ecco, direi che proprio le occasioni di incontro estemporaneo, hanno permesso alla gente di scoprire la grandissima umanità, semplicità, spontanea e veramente immediata di questo Pontefice.

 

D. – Quale immagine, secondo te, rimarrà di questo soggiorno valdostano, quale lo riassume meglio?

 

R. – Due cose vorrei mettere in luce: una pubblica e una privata. Benedetto XVI ha fatto due Angelus qui; durante il primo Angelus, c’erano molti disabili, molti malati che erano rimasti, come dire, un po’ sparsi sul campo sportivo. Il Papa si era pubblicamente rammaricato di non averli potuti salutare tutti uno per uno. La domenica successiva ha voluto che fosse riservato loro una sorte di settore e alla fine dell’Angelus è andato a salutarli tutti uno per uno, prendendosi tutto il tempo di cui aveva bisogno e fermandosi a parlare con queste persone. E’ stata una cosa, secondo me, molto significativa. Il momento privato, la dedica che ha lasciato firmando il registro degli ospiti del museo dedicato a Giovanni Paolo II; in quell’occasione, ha scritto: “Vi ringrazio per l’accoglienza e per questi posti”. Ha voluto manifestare pubblicamente, sia pure in un momento privato, quanto sia stato conquistato dalla serenità di questi luoghi che gli hanno consentito di riposare, di studiare, di portare avanti il suo lavoro nella quiete e nella privacy più completa, in un’atmosfera realmente idilliaca.

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I fedeli valdostani hanno imparato ad amare, fin dai primi giorni a Les Combes, le qualità umane di Benedetto XVI. In particolare, ha colpito la semplicità del Papa, come sottolinea il vescovo di Aosta, mons. Giuseppe Anfossi, intervistato da Luca Collodi:

 

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R. – Il suo sorriso, il suo tratto cordialissimo e semplice con le persone, ci dà un’immagine di bontà; quando parla, ci dà un’immagine di profondità di pensiero, ma sempre caldo.

 

D. – Mons. Anfossi, un racconto che ha colpito molto, anche i lettori dei giornali, è l’incontro che il Papa ha fatto con un bambino, un pastorello, che d’inverno studia e d’estate porta le mucche all’alpeggio, al pascolo…

 

R. – Il bambino ha chiesto al Papa se conosceva i nomi di tutte quelle montagne bellissime che lo circondavano, su un orizzonte quasi rotondo. Il Papa ha risposto che non conosceva il nome di quelle belle montagne e allora lui gliele ha indicate.

 

D. – Mons. Anfossi, lei, ad Introd, lunedì scorso, nel salutare il Papa, lo ha invitato a ritornare in Valle d’Aosta…

 

R. – In realtà lo ho invitato due volte. Certamente in quella occasione, ma anche prima dell’Angelus del 24 luglio, quando gli ho detto che noi gli volevamo bene e che non eravamo certi che avrebbe accettato il nostro invito in Valle d’Aosta. Sin dal primo giorno, quando è arrivato, c’erano molti genitori con bambini ammalati, portatori di handicap o disabili che nutrivano il desiderio di vederlo. Quando il Papa viene qui, infatti, c’è molta gente che soffre che desidera vederlo e questo il Papa lo deve sapere. Lui ha anche detto che c’è poi la sofferenza dovuta al momento che stiamo vivendo, segnato dal terrorismo, ed un’altra sofferenza dovuta alla difficoltà con cui viviamo la fede cristiana in questo momento.

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Se dunque, la Valle d’Aosta si appresta a salutare il Papa, i fedeli di Castel Gandolfo attendono con emozione il suo arrivo. Sentimento che viene riassunto  da mons. Marcello Semeraro, vescovo della diocesi di Albano, al microfono di Fausta Speranza:

 

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R. - E’ certamente grande l’aspettativa e l’attesa nei fedeli. I sacerdoti si dispongono già ad accompagnare i fedeli delle diverse parrocchie agli appuntamenti degli Angelus domenicali, in modo particolare. Così come le comunità parrocchiali sperano in improvvise visite del Papa. C’è tutta un’espressione di affetto, di sollecitudine al Santo Padre. Venendo qui, il Papa troverà panorami certamente differenti rispetto a quelli della Valle d’Aosta, ma troverà invece ugualmente l’affetto, la gioia, il raccoglimento ed anche tutta l’amicizia dei castellani e della diocesi di Albano e di quanti giungono nelle nostre cittadine per salutare il Papa.

 

D. – Mons. Semeraro, nella storia da sempre è stato forte il legame tra il Papa e la cittadina di Castel Gandolfo. A suo avviso, oggi in che modo si sente vivo questo legame?

 

R. – Diciamo che tutti i Papi, anche in circostanze particolari, hanno messo in evidenza i legami anche affettivi e psicologi e non da ultimo spirituali. Giovanni Paolo II, in particolar modo, parlando alla diocesi di Albano ha sottolineato i legami che esistono tra la cattedrale di Roma di San Giovanni in Laterano e quella fatta edificare ugualmente da Costantino, qui in Albano, e dedicata ugualmente a San Giovani Battista. Questo crea senz’altro un legame e un congiungimento con gli altri vincoli e dei rapporti molto stretti, che per noi si traducono in fedeltà all’insegnamento del Papa e in stretta unità alla sua persona.

 

D. – Mons. Semeraro, ci sarà qualche momento particolare previsto in questo soggiorno di Benedetto XVI a Castel Gandolfo, che lei aspetta con particolare attenzione?

 

R. – Noi ce lo auguriamo, anche se non è ancora programmato nulla. Ci sono tuttavia degli appuntamenti tradizionali, come nel giorno dell’Assunta, Giovanni Paolo II normalmente scendeva nella parrocchia di Castel Gandolfo per presiedere l’Eucaristia. In altre circostanze, potremmo dire in modo quasi abitudinario, c’è poi l’incontro con il clero della diocesi di Albano, che attende con grande speranza e con forte emozione questa possibilità. Noi ce lo auguriamo davvero. Intendiamo tuttavia rispettare il desiderio del Santo Padre di trascorrere momenti di silenzio e di tranquillità.

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IL CORDOGLIO DI BENEDETTO XVI PER LE VITTIME DEI MONSONI IN INDIA,

 IN UN TELEGRAMMA AL CARDINALE IVAN DIAS

- A cura di Roberta Moretti -

 

         Profondo cordoglio di Papa Benedetto XVI per le tragiche conseguenze delle piogge monsoniche che hanno sconvolto in questi giorni lo Stato occidentale indiano del Maharashtra, provocando la morte di almeno 418 persone. In un telegramma inviato stamani all’arcivescovo di Bombay, cardinale Ivan Dias, a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, il Pontefice assicura “profonda solidarietà, cura pastorale e fervide preghiere, perché Dio onnipotente doni pace eterna ai defunti e consolazione e forza a chi è rimasto senza casa”. Il Papa, si legge, invoca il dono “della speranza, della forza e della pace sulle autorità civili e su quanti sono impegnati nell’imponente lavoro di soccorso e di ricostruzione”.

 

Le autorità di New Delhi parlano delle più imponenti piogge mai abbattutesi sul Paese: 94 centimetri in un giorno, la stessa quantità che cade su Londra in un anno. Frane e smottamenti di terreno hanno provocato vittime soprattutto a Bombay, capitale finanziaria dell’India, dove attualmente l’elettricità funziona a singhiozzo, il traffico stradale, ferroviario e aereo è bloccato, le banche sono chiuse e la Borsa in servizio ridotto. Il governatore della regione, Vilasrao Deshmukh, ha stabilito che la città si fermerà per un giorno per permettere ai soccorsi di intervenire anche nelle zone rimaste isolate. “La situazione è così grave – ha dichiarato Deshmukh – che, nonostante gli sforzi impiegati, non siamo in grado di raggiungere tutti i distretti”. Più di 700 mila ettari di raccolti sono stati inghiottiti dalle acque, molti abitanti sono stati costretti a rifugiarsi in albergo o sul luogo di lavoro, impossibilitati a tornare a casa. Secondo il ministro degli Interni Patil, negli ultimi due mesi già 633 persone sono morte nel Paese a causa delle piogge, e più di 5 milioni di indiani sono stati colpiti dalle inondazioni che hanno distrutto le infrastrutture in 16 mila villaggi, alcuni rimasti isolati per giorni.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Aprono la prima pagina gli approfondimenti sul terrorismo; Birmingham: uno degli arrestati è il fallito "kamikaze" del 21 luglio.

 

Nelle vaticane, una pagina dedicata al cammino della Chiesa in America.

 

Nelle estere, il telegramma di cordoglio del Santo Padre per le vittime delle alluvioni che hanno tragicamente colpito la regione di Bombay, in India.

Iraq: assassinati dal gruppo di Al Zarqawi i due diplomatici algerini che erano tenuti in ostaggio.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Marco Testi dal titolo "Dinamiche visive e visionarie dell'opera letteraria di Federigo Tozzi": la scrittura del romanziere messa in relazione con l'intera cultura del primo Novecento.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema del terrorismo.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

28 luglio 2005

       

 

IL VERTICE DELLA LEGA ARABA IN EGITTO DOPO L’ONDATA DI TERRORISMO,

MENTRE MUBARAK AVANZA LA QUINTA CANDIDATURA ALLA PRESIDENZA

- Intervista con Antonio Ferrari -

 

L’Egitto, ancora scosso dagli attentati di Sharm el-Sheikh, si prepara ad accogliere proprio nella località del Mar Rosso, un vertice straordinario della Lega Araba, convocato per mercoledì prossimo dal presidente Hosni Mubarak. Ad Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera ed analista di questioni mediorientali, Giada Aquilino ha chiesto quale segnale voglia lanciare con questa decisione il presidente egiziano:

 

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R. – Mubarak si trova in una posizione di estrema difficoltà come leader moderato del più grande Paese arabo. Mubarak - che oggi ha annunciato di candidarsi per la quinta volta alla presidenza della Repubblica, in vista delle elezioni del 7 settembre - teme che questa ondata di terrorismo possa mettere in pericolo proprio quei regimi moderati che con il terrorismo non vogliono avere nulla da spartire. Mubarak ha ricevuto un colpo incredibile con l’ultima strage di Sharm el-Sheikh. Non dimentichiamo che il turismo è la prima voce dell’economia egiziana. Un colpo del genere, quindi, può addirittura cancellare le entrate di una intera stagione. E’ chiaro ed evidente che l’attacco era diretto proprio al Paese e alla sua stabilità di Stato moderato. Mubarak inoltre vuole coinvolgere in questa strategia il maggior numero possibile di Stati arabi. Sicuramente saranno dalla sua parte, anche per prendere delle misure e delle iniziative forti contro il terrorismo, Paesi come la Giordania, forse anche la Siria e l’Arabia Saudita: quest’ultima si trova in una situazione estremamente delicata, con un possibile prossimo passaggio dei poteri: c’è chi dice che ormai Re Fahd stia arrivando al traguardo della sua vita e quindi c’è da pensare ad una transizione, la meno traumatica possibile. Ci sono poi la Tunisia, il Marocco, l’Algeria. Insomma, credo che l’iniziativa in questo momento, anche con il sostegno della Lega Araba, sia importante proprio per definire finalmente uno spartiacque politico ed anche una linea comportamentale che in qualche modo isoli sempre più questa infezione terroristica.

 

D. – Perché ora Mubarak ha promesso nuove leggi contro il terrorismo?

 

R. – Siamo davanti ad un certo paradosso. Si continua a chiedere ai Paesi arabi maggiore democrazia e più rispetto dei diritti umani; però questi attacchi terroristici – come vediamo nello stesso Occidente, che è stato obiettivo degli attacchi, basta pensare agli Stati Uniti, alla Spagna, alla Gran Bretagna – stanno restringendo, in qualche modo, un margine della nostra libertà quotidiana. E’ chiaro quindi che anche da parte dei Paesi arabi - e dell’Egitto che ne è il più grande - c’è proprio la volontà di promulgare e di far rispettare delle leggi ancora più dure.

 

D. – Mubarak si ricandiderà per un quinto mandato nelle elezioni di settembre, che vedono una sua scontata vittoria, anche se ci saranno più candidati in lizza. Che tipo di elezioni saranno, allora?

 

R. – Mubarak ha aperto, sia pure con molti limiti, alla partecipazione di altri candidati. Dietro le quinte, c’è sempre l’idea che Mubarak si ripresenti per poi tirare la volata al figlio Gamal. La decisione di Mubarak di aprire ad altri candidati quantomeno limiterà o eviterà che il risultato non ricalchi quello di certi Paesi comunisti di antica memoria. Lo stesso Mubarak ha detto che si accontenterebbe di avere il 70 per cento dei consensi: questo potrebbe fargli dire che tutto sommato non sono state elezioni plebiscitarie come d’abitudine, ma che in fondo c’è stato un certo pluralismo. Da questo potrebbe poi trarre la forza per poter dire: in fondo, sono ancora io la scelta migliore.

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IL DIALOGO POSSIBILE CON L’ISLAM CHE RISPETTA LA SACRALITA’ DELLA VITA,

OPPOSTO ALLA VISIONE RELIGIOSA STRUMENTALIZZATA DAL TERRORSIMO

- Intervista con padre Justo Lacunza -

 

L’onda lunga delle stragi terroristiche in Occidente non comporta conseguenze solo sul piano sociale e politico. La tensione e la paura che hanno investito le società di questa parte del globo stanno producendo un condizionamento culturale, che si ripercuote sul dialogo e la convivenza pacifica con il mondo musulmano, che alcune frange insistono nel ritenere impossibile. Su questo problema e sul modo di affrontarlo, Debora Donnini ha sentito padre Justo Lacunza, rettore del Pontificio Istituto di Studi arabi e islamistica.

 

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R. – Nei momenti di violenza è ovvio che noi sentiamo il colpo della morte e della sofferenza. In questa situazione, nella quale vediamo la morte violenta, dovuta al terrorismo, di moltissimi dei nostri fratelli e sorelle, in molte parti del mondo, questo evidentemente getta sabbia nei nostri occhi. Non è facile individuare le vie d‘uscita e, senza dubbio, quando accade un atto terroristico ci sono dietro l’insegnamento e le finanze, l’indottrinamento. Questo evidentemente lascia pensare che il terrorismo venga appoggiato, venga finanziato. La società civile, quindi, innanzitutto i governi, gli Stati, che sono i primi responsabili perché questa situazione del terrorismo venga gestita nel mondo migliore, devono affrontare i problemi con provvedimenti che devono partire dalle istituzioni stesse dello Stato.

 

D. – Si parla spesso dell’importanza del dialogo con l’islam moderato…

 

R. – Qui è il problema. Ci sono dei musulmani, ci sono delle formazioni, dei movimenti, che interpretano l’islam in modo tale che per loro la via della violenza è garantita dalla lettura dei testi. Ma questo, lo dobbiamo dire ad alta voce, è vietato nella visione globale dell’islam. Nella religione islamica c’è la sacralità della persona umana. Ci troviamo quindi davanti ad un fenomeno che è quello dei terroristi i quali avvelenano le menti e i cuori, perché interpretano e utilizzano i testi della loro religione in un determinato modo. La violenza, dunque, gli attentati e ogni tipo di simili azioni, trovano fondamento in una lettura dei testi, un’interpretazione di quello che per loro significa la religione musulmana.

 

D. – C’è forse una galassia di organizzazioni, oltre ai terroristi, che magari non sono terroristiche, e che però hanno una predicazione integralista e violenta… …

 

R. – L’insegnamento e l’educazione sono assolutamente fondamentali. Incitare all’odio, chiamare alle armi per lottare contro gli “infedeli”, contro l’Occidente, contro Israele, contro chicchessia, evidentemente va condannato e va sottolineato, perché nelle società libere, civili e democratiche non c’è spazio per ogni sorta di violenza contro chicchessia, perché c’è la sacralità della persona umana che deve essere al centro delle società umane. Questo, dunque, va condannato e fa parte del mantenimento dell’ordine pubblico. Queste predicazioni, questi insegnamenti vengono normalmente finanziati. Il problema è questo: la religione e la fede, quando vengono trasformate con la miscela brutale, crudele, micidiale di una ideologia che prende la violenza come strada maestra, evidentemente provocano una grande esplosione.

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L’INTEGRAZIONE DEI FIGLI DEGLI IMMIGRATI DEVE INIZIARE DALLA SCUOLA.

L’ARGOMENTO IN DISCUSSIONE ALL’VIII MEETING INTERNAZIONALE DI LORETO

 

         Da due giorni, Loreto è il fulcro di un’approfondita riflessione ecclesiale e sociale sul fenomeno dell’immigrazione. A questo tema, è dedicato l’VIII Meeting internazionale, promosso dai Padri Scalabriniani, dal titolo “Figli di stranieri o figli di nessuno? I minori immigrati nell’Europa di oggi e di domani”. A seguirne i lavori, è il nostro inviato, Giovanni Peduto:

 

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Con l’analisi del fenomeno della seconda generazione, l’appuntamento lauretano affronta un tema cruciale per la nostra società sempre più anziana e sempre più povera di nascite. Oggi, i figli degli immigrati cominciano a diventare parte integrante della complessa problematica giovanile, ma nello stesso tempo vivono le difficoltà di una duplice appartenenza, per cui è necessario prendere coscienza della situazione per affrontare con serenità il problema, mettendo in atto politiche organiche di integrazione nella società, nella scuola e nel mondo della formazione professionale e del lavoro.

 

Si apre in altri termini un problema che non è più soltanto di inclusione, ma di vera e propria piena cittadinanza. Da questo punto di vista un ruolo fondamentale lo ha e deve svolgerlo proprio la scuola, perché è nelle aule scolastiche che il futuro della società ha già preso forma. Il numero dei bambini, figli di immigrati, è crescente, così come numerose sono le etnie e le nazionalità rappresentate. Tutto ciò pone il problema di costruire percorsi di integrazione e di cittadinanza, partendo dal rispetto e dal dialogo delle diversità. Una sfida importante, che richiede innanzitutto un’adeguata preparazione del corpo docente, impegnato in questa funzione difficile. La carrellata delle esperienze si è ampliata questa mattina nella riflessione e nel dibattito italiano, sia per l’apporto significativo di esperti che stanno studiando il fenomeno, sia con la presentazione di realizzazioni e di suggestioni molto varie, provenienti da situazioni locali che dimostrano non solo la generosità degli operatori, ma il supporto di analisi e di conoscenze sulla complessa situazione della seconda generazione in Italia.

 

Il Meeting sulle migrazioni a Loreto, guardando alla casa di Maria, qui venerata, scopre la scuola del vero incontrarsi, del vero accogliersi, quindi la scuola del vero cammino verso l’integrazione fra i popoli. L’umanità, guardando alla casa di Maria, scopre il cuore di un’Europa che per il suo dna non può non camminare verso l’integrazione, la solidarietà, la comunione nei diversi ambiti della vita umana. Solo con queste premesse i minori immigrati potranno essere anch’essi protagonisti nell’Europa di oggi e di domani.

 

Da Loreto, Giovanni Peduto, Radio Vaticana.

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DA IERI FINO AL 31 LUGLIO, LA CAPITALE OSPITA LA MANIFESTAZIONE

“STELLE E PIANETI NEL CIELO DI ROMA”,

SPONSORIZZATA, TRA GLI ALTRI, DALLA SPECOLA VATICANA

- Il servizio di Rosa Praticò -

 

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Viaggiare nello spazio. Fare due passi tra le stelle. Spiare costellazioni e pianeti. Trovarsi faccia a faccia con Giove. La tuta d’astronauta non serve. In questi giorni, in Italia, basta raggiungere il Belvedere più famoso della Capitale: il Pincio. La terrazza su Piazza del Popolo si è trasformata in un osservatorio astronomico con tanto di telescopi, monitor e binocoli speciali. E se non bastasse, anche un mini planetario per saperne di più sul sistema solare o gli oggetti del cielo profondo.

 

Inoltre, ogni sera, dalle 21.30, per curiosi e appassionati, si svolge un ciclo di conferenze, con la possibilità di incontrare esperti come l’astronauta Umberto Guidoni: il primo europeo ad abitare la Stazione Spaziale Internazionale. Ma qual è l’obiettivo dell’iniziativa? Lo abbiamo chiesto ad uno degli organizzatori, il dott. Maurizio Chirri, dell’Associazione astrofili Hipparcos:

 

R. – Far conoscere al grande pubblico quelli che sono gli obiettivi della nostra associazione ed ossia la diffusione della conoscenza del cielo e di tematiche che sono connesse, come la ricerca della vita nello spazio. Credo che iniziative come questa permettano intanto di superare la distanza tra il mondo della ricerca e il grande pubblico. Al Pincio, come conferenzieri, sono presenti docenti universitari e ricercatori, ovvero coloro che fanno ricerca e la espongono con chiarezza al pubblico, che apprezza questa iniziativa che è ormai giunta alla decima edizione.

 

Non a caso l’iniziativa è sponsorizzata da una serie di istituzioni scientifiche, tra cui la Specola Vaticana. Ma qual è lo sguardo del cristiano verso il cielo? Abbiamo sentito padre Sabino Maffeo, assistente del direttore della Specola:

 

R. – La prima cosa che mi viene in mente sono le bellissime parole con cui iniziata un salmo: Coeli narrant gloriam Dei et opera manuum suarum annuntiat firmamentum il firmamento annuncia la gloria di Dio. Oggi i cristiani hanno questa sensibilità? Non saprei. Molti anni fa, padre Vigano scrisse un libro il cui titolo era “L’astronomia avvicina ancora a Dio?”. L’astronomia, come altre scienze, può avvicinare a Dio, nel senso che uno vede nelle cose che studia le meraviglie del Creato. Le vede naturalmente non quando le scopre scientificamente, ma perché in base alla fede che ha riesce a vedere in quelle cose che studia la presenza di Dio. Lo sguardo del cristiano al cielo, che sia un ricercatore o uno scienziato, è quello di cercare per scoprire i segreti della natura. Se invece lo fa come un contemplativo, allora lo sguardo al cielo aiuta a contemplare la grandezza di Dio, a pregare, ad unirsi a Lui e a lodarlo per le cose meravigliose che ha fatto.

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CHIESA E SOCIETA’

28 luglio 2005

 

 

IL PARLAMENTO POLACCO HA APPROVATO UNA LEGGE CHE ISTITUISCE LA GIORNATA

DI GIOVANNI PAOLO II. IL 16 OTTOBRE IL PONTEFICE SARÀ RICORDATO

COME PERSONALITÀ ESEMPLARE E PER LE SUE INIZIATIVE DI PACE

- A cura di Tiziana Campisi -

 

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VARSAVIA. = Il Parlamento polacco ha istituito ieri con una legge la Giornata di Giovanni Paolo II. La data scelta è il 16 ottobre, per ricordare l’elezione sulla cattedra di Pietro del cardinale Karol Woytjla, nel 1978 arcivescovo di Cracovia. I sì sono stati 338, 3 i no, 2 gli astenuti: questi, i dati della votazione parlamentare riferiti dall’agenzia cattolica polacca, KAI. Nel testo normativo si legge che la giornata commemorativa vuole rendere omaggio ad un uomo che, attingendo alle fonti del cristianesimo, insegnava ad essere solidali, coraggiosi ed umili. “Il pontificato di Giovanni Paolo II ha cambiato il corso della storia del mondo in ogni sua dimensione”, spiegano le motivazioni della delibera parlamentare. “L’istituzione di una tale giornata – asserisce la legge – esprimerà l’orgoglio che un tale grande umanista, un uomo di profonda scienza e cultura, è stato formato dalla tradizione polacca”. Il Parlamento chiarisce inoltre che la Giornata di Giovanni Paolo II vuole fare memoria delle innumerevoli iniziative del compianto Pontefice volte a risolvere conflitti sociali, politici ed internazionali. “Era un uomo di pace e speranza –  si legge ancora nella decisione dell’organo legislativo – Indicava a tutto il mondo, ad ogni comunità, a tutti gli uomini e ad ogni uomo che la vita si può rendere più umana, e insegnava come, mantenendo la propria fede, è possibile donare agli altri rispetto e amore”.

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ESPROPRIATE LE ABITAZIONI DI TRIBU’ INDIGENE NEL NORD-OVEST DEL BANGLADESH PER COSTRUIRE UN “VILLAGGIO MODELLO”, FINANZIATO DALL’UNIONE EUROPEA. SGOMENTO DEL VESCOVO DI DINAJPUR, MOSES COSTA, E DELLA CARITAS LOCALE

 

DHAKA. = Membri delle tribù indigene del nord-ovest del Bangladesh sostengono di essere stati espropriati delle loro case dai rappresentanti dei governi locali e, nei giorni scorsi, si sono riuniti nella capitale, Dhaka, in segno di protesta. Secondo alcuni portavoce adivasi (indigeni), gli ufficiali del distretto di Dinajpur hanno buttato fuori dalle loro abitazioni almeno 65 famiglie, costrette a sfollare nel villaggio di Borodol, 190 chilometri a nord di Dhaka. Altre 50, nel distretto di Rajshahi, sono state minacciate. Il governo locale vuole creare in queste aree alcuni adarshya gram, “villaggi ideali”, con finanziamenti dell’Unione Europea. Durante la manifestazione, cui hanno partecipato circa 150 rappresentanti di diverse tribù, il leader della tribù dei Santal, Malai Tudu, che ha combattuto per l’indipendenza del Bangladesh dal Pakistan nel 1971, ha letto l’articolo della costituzione che garantisce a tutti i bengalesi il diritto a vivere in libertà. Albert Sorren, assistente universitario e cattolico Santal, si è chiesto se gli espropri siano dovuti alla lontananza del governo, incapace di controllare le amministrazioni locali: “Il governo – ha affermato – deve sapere come gli adivasi hanno abitato quelle zone per centinaia di anni”. Inoltre, Santosh Sorren, direttore della Caritas a Dinajpur, ha dichiarato che le terre degli adivasi risultano “khash, cioè “terre di nessuno”, dove famiglie hanno vissuto indisturbate per oltre 100 anni. La maggior parte delle famiglie minacciate a Rajshahi sono indù, mentre 15 delle 65 famiglie di Dinajpur sono cattoliche e si guadagnano da vivere con lavori occasionali o coltivando la terra. La Caritas sta cercando di aiutare queste famiglie con sussidi, attrezzature per la riabilitazione e assistenza. Un rappresentante della Caritas ha dichiarato che il vescovo di Dinajpur, Moses Costa, ha chiesto al ministro per gli Affari delle donne e dei bambini di mettere in discussione questi espropri. Ha anche chiesto un’indagine giudiziaria per far sì che le famiglie possano ritornare nelle loro terre. Mons. Costa ha scritto, inoltre, al primo ministro e al vice-commissario del distretto di Dinajpur, per giungere ad una soluzione sul piano umanitario. Si è rivolto infine al rappresentante dell’Unione Europea a Dhaka, giacché sarà l’UE a finanziare la creazione del “villaggio ideale” di Dinajpur. (R.M.)

 

 

“LA SFIDA MAGGIORE È STATA LAVORARE SEMPRE CON I PIÙ POVERI E I PIÙ LONTANI DALLA CHIESA”: COSI’, MONS. MIGUEL IRĺZAR CAMPOS, VESCOVO DEL CALLAO,

 IN PERÙ, NEL RICEVERE NEI GIORNI SCORSI LA MEDAGLIA D’ONORE PER IL LAVORO PASTORALE E L’IMPEGNO SOCIALE, SVOLTO NEL PAESE PER 45 ANNI

 

CALLAO.= Lunedì scorso, in concomitanza con la ricorrenza del 33.mo anniversario dell’ordinazione episcopale di mons. Miguel Irízar Campos, vescovo del Callao, in Perù, il Congresso della Repubblica peruviana ha insignito il presule della medaglia d’onore con il grado di “commendatore”, in riconoscimento del suo disinteressato lavoro pastorale e dell’impegno sociale svolto da più di 45 anni nel Paese. Ringraziando dell’onorificenza, mons. Irízar Campos ha spiegato che “la sua maggiore sfida è stata sempre quella di lavorare per i più poveri e i più lontani della Chiesa”. “Ringrazio Dio per questo riconoscimento – ha affermato, visibilmente commosso – ma devo dire che l’onorificenza più grande che posso avere è la Croce di Cristo”. Mons. Irízar Campos, nato a Ormáiztegui, in Spagna, nel 1934, è giunto in Perù nel 1960, inviato in missione dalla sua Congregazione religiosa, quella dei Passionisti. Nel 1972, fu nominato vicario apostolico di Yurimaguas, scegliendo come motto episcopale: “Inviato a portare la Buona Novella”. Ha lavorato 17 anni come vescovo missionario, annunciando il Vangelo alle comunità native della foresta peruviana. Nel 1989, Giovanni Paolo II lo ha nominato vescovo coadiutore della diocesi del primo porto peruviano del Callao, di cui dal 1995 è vescovo. (R.M.)

 

 

IL MOVIMENTO CARISMATICO INDIANO, “JESUS YOUTH INTERNATIONAL”

SI PREPARA ALLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’ DI COLONIA:

PREGHIERA E MISSIONE IN PRIMO PIANO

 

KOCHI. = La preghiera personale, la Parola di Dio, i Sacramenti, la sequela di Cristo e l’impegno per l’evangelizzazione: sono i cinque pilastri su cui si fonda l’impegno del “Jesus Youth International” (JYI), movimento carismatico cattolico nato nello stato indiano del Kerala negli anni ‘70, con lo scopo di portare Cristo ai giovani con modalità e strumenti propri dei giovani. Una realtà che oggi coinvolge oltre 30 mila ragazzi anche in altri Stati dell’Asia, in America e in Europa. “I giovani hanno nel profondo del loro cuore il desiderio di restare vicini a Gesù: con questa convinzione ‘Jesus Youth International’ ne promuove la crescita umana e spirituale e li rende ben presto veri e propri operatori di evangelizzazione, perché essi stessi diventino protagonisti nel portare l’annuncio di Gesù Cristo”, spiega Manoj Sunny, uno dei responsabili del movimento. “La realtà del JYI – precisa – si caratterizza con il marchio della missione. Nel movimento, sta infatti crescendo il numero dei giovani volontari che scelgono di trascorrere un anno della loro vita totalmente nel servizio missionario. E’ un’esperienza davvero edificante, che lascia una traccia profonda”. Oltre alla presenza nelle parrocchie, le piccole comunità del JYI evangelizzano per le strade, nelle scuole, nelle università e nei luoghi di aggregazione. Durante l’assemblea del “Jesus Youth International”, tenutasi a Roma nel 2003, il movimento ha chiesto il riconoscimento ufficiale della Santa Sede, attraverso il Pontificio Consiglio per i Laici. Dopo aver preso parte alla Giornata mondiale della gioventù asiatica, grande raduno dei giovani cattolici del continente tenutosi a Bangalore, in India, nell’agosto del 2003, una folta rappresentanza del JYI si sta preparando da 2 anni alla GMG di Colonia, per un esperienza di comunione e condivisione con gli altri giovani del mondo. (R.M.)

 

 

NUOVA UDIENZA DAVANTI AL GIP DEL TRIBUNALE DI ROMA

SULLE QUESTIONIDEL PRESUNTO INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO

CAUSATO DALLA RADIO VATICANA

 

ROMA. = Nel quadro del procedimento in corso contro la Radio Vaticana per l’accusa di omicidio colposo conseguente ad inquinamento elettromagnetico, il GIP Zaira Secchi, dopo aver valutato la possibilità di eseguire perizie scientifiche utili al processo, nei mesi scorsi aveva escluso la fattibilità di perizie elettromagnetiche o biologiche, mentre aveva disposto l’attuazione di una perizia epidemiologica, ritenendo che questa avrebbe potuto fornire eventualmente dati rilevanti. Tuttavia, le indagini preliminari devono chiudersi entro il termine massimo di due anni, che non è sufficiente per la realizzazione di una simile perizia. Di conseguenza, il GIP ha deciso oggi di restituire gli atti alla Procura della Repubblica, che deve valutare come procedere ulteriormente, se è sua intenzione proseguire le indagini.

 

 

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24 ORE NEL MONDO

28 luglio 2005

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Andrea Cocco -

 

“Occorre arrestare al più presto tutti i terroristi dei falliti attentati del 21 luglio. Sono persone estremamente pericolose che hanno fatto un solo errore”. Lo ha detto il capo di Scotland Yard, Ian Blair, durante una riunione con i capi della polizia metropolitana  all’indomani dell’arresto di uno dei quattro attentatori, un giovane somalo. Blair ha anche aggiunto che i terroristi latitanti o altre cellule potrebbero colpire ancora. La polizia ha reso noto, intanto, che nelle ultime ore sono state fermate 12 persone. Il nostro servizio:

 

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La gigantesca caccia all’uomo, innescata da Scotland Yard dopo gli attacchi terroristici del 7 luglio, continua ad alternare indagini e arresti. Nell’ambito dell’inchiesta sui falliti attentati di giovedì scorso, almeno 9 persone sono state fermate in seguito a due blitz condotti in un quartiere a sud della capitale. La polizia ha arrestato anche tre donne sospettate di aver dato asilo ai terroristi. Tra i nove fermati, non sono compresi i 3 presunti attentatori dei mancati attacchi di giovedì scorso. Il quarto, il somalo Yasir Omar, è stato arrestato ieri. Omar è emigrato in Gran Bretagna dalla Somalia nel 1992 e nel maggio del 2000 gli è stato rilasciato il permesso di soggiorno permanente. Riceveva anche un regolare sussidio di povertà dal governo britannico. La polizia ha annunciato, intanto, “il più massiccio dispiegamento di sempre” di propri agenti nella metropolitana di Londra, per fornire maggiori garanzie di sicurezza nel sistema dei trasporti. Nuovi particolari emergono, inoltre, sugli attentati del 7 luglio: all’indomani della strage è stata ritrovata un’auto carica di esplosivo. Sulla vettura c’erano ben 16 bombe. L’auto, lasciata nei pressi della stazione ferroviaria di Luton, era stata noleggiata dai terroristi autori dei 4 attacchi simultanei che hanno provocato la morte di 52 persone. Scotland Yard ha reso noto, infine, che sono state identificate tutte le vittime.

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In Iraq, Al Qaeda ha annunciato di avere ucciso i due diplomatici algerini rapiti giovedì scorso, minacciando azioni analoghe contro i rappresentanti di altri Paesi arabi ed islamici. Sempre nella capitale, un gigantesco rogo si è sviluppato in seguito all’esplosione di una bomba collocata sui binari. L’attentato, perpetrato contro un treno-cisterna carico di petrolio, non ha comunque provocato vittime. Sulla situazione in Iraq, ascoltiamo al microfono di Andrea Sarubbi, il commento di Guido Olimpio, esperto di terrorismo del Corriere della Sera:

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R. - L’uccisione dei due diplomatici algerini, che segue quella dell’egiziano, è un tentativo evidente di intimorire i Paesi che hanno pieni rapporti diplomatici con l’Iraq: i gruppi terroristici vogliono isolare diplomaticamente l’Iraq. Inoltre, è un tentativo di compiere un’azione di solidarietà con gruppi estremisti che operano in Paesi come l’Algeria e lo stesso Egitto. Infine, è un modo per la fazione di Al Zarqawi di dimostrare di condurre uno scontro globale.

 

D. – Sono stati colpiti l’Egitto, l’Algeria... C’è qualche Paese arabo che può invece considerarsi al sicuro, in questo momento?

 

R. – In questa fase, penso che pochissimi Paesi arabi possano considerarsi sicuri. Forse un po’ la Siria, ma anche la Siria ha dei problemi. Fa passare, sì, i mujaheddin e i volontari, ma in qualche caso li arresta. Quindi, non credo che alcun Paese arabo sia sicuro in questa fase.    

 

D. – Si può effettivamente oggi – tra Iraq, Gran Bretagna ed Egitto – parlare di un fronte globale del terrorismo?

 

R. – Con queste azioni, indubbiamente, c’è una specie di saldatura del fronte, perché sono frequenti i messaggi di appoggio ad Al Zarqawi da parte di alcuni gruppi mediorientali. Ma in realtà soltanto alcune fasce estreme sono su questa linea. La Jemaah Islamiyah e la Jihad, infatti, hanno condannato l’uccisione del diplomatico egiziano da parte di Al Zarqawi.

 

D. – Ma qual è il disegno di Al Zarqawi? C’è anche un obiettivo politico?

 

R. – Certamente, Al Zarqawi vuol dimostrare di essere potente. Uccide certamente moltissime persone - non soltanto diplomatici, ma decine di civili iracheni - ma forse politicamente non è così importante. Penso che sia diventata soltanto una setta di assassini e basta. Al tempo stesso, però, si propone come il punto di riferimento di tutte le forze più estremiste. In questo senso, ricalca il disegno di Osama Bin Laden.

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Storico annuncio nell’Ulster: l’Irish Republican Army (lRA) ha dichiarato la fine della lotta armata e ha invitato i membri delle Chiese protestante e cattolica a fare da garanti del processo di disarmo. Il movimento paramilitare, fautore dell’unificazione tra l’Ulster e la Repubblica d’Irlanda, ha ordinato a tutti i suoi militanti di deporre le armi mettendo così fine ad un ciclo di violenza, durato 30 anni, che ha colpito indiscriminatamente le truppe britanniche, gli unionisti protestanti e anche civili cattolici. La decisione, resa nota con un comunicato diffuso poco fa, era stata preannunciata ieri da uno dei leader del Sinn Fein, braccio politico dell’IRA. Il leader del Sinn Fein, Gerry Adams, ha detto che la fine della lotta armata da parte dell’IRA costituisce una grande “sfida” nei confronti dei governi di Londra e Dublino.

 

Proseguono i colloqui sulla crisi nucleare nordcoreana in corso a Pechino. “Le discussioni con il governo di Pyongyang – ha detto il negoziatore americano Hill - non sono facili, ma spero sia comunque possibile preparare una dichiarazione congiunta entro le prossime 24 ore”. Il nodo da sciogliere dei negoziati, ai quali partecipano le due Coree, la Cina, la Russia, il Giappone e gli Stati Uniti, resta la ripresa delle ispezioni internazionali ai siti del programma nucleare di Pyongyang.

 

Gli Stati Uniti hanno annunciato, a sorpresa, la firma di un patto per la riduzione dei gas serra con le principali potenze asiatiche: Giappone, Australia, Cina e India. Siglato al di fuori del protocollo sui cambiamenti climatici di Kyoto, che Stati Uniti e Australia si sono fino ad ora rifiutati di ratificare, l’intesa mira a contrastare gli effetti dell’inquinamento sul riscaldamento globale, attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie nei Paesi emergenti. Secondo diverse voci critiche, la nuova intesa tra Stati Uniti e Paesi asiatici punta ad indebolire i risultati raggiunti con la firma del protocollo di Kyoto. A differenza di quest’ultimo, che stabilisce specifici obblighi di riduzione dei gas serra, il patto non prevede, infatti, nessun impegno vincolante per gli Stati firmatari.

 

Seggi aperti oggi in Uganda per il referendum che propone la reintroduzione del multipartitismo. Nove milioni gli elettori chiamati ad esprimersi. Il servizio di Giulio Albanese:

 

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A detta degli osservatori, l’esito è già scontato in partenza: sarà una valanga di sì, anche perché questa è l’indicazione fornita dal presidente Yoweri Museveni. La circostanza è curiosa, non fosse altro perché fu proprio lui che nell’’86, dopo la presa del potere, abolì i partiti denunciando la pericolosa deriva tribale che essi comportavano. Oggi, però, ha cambiato idea e dice che tale rischio non c’è più, per cui è tempo di ristabilire le regole democratiche. Ma molti osservatori individuano nell’iniziativa di Museveni una sorta di escamotage per ottenere un terzo mandato presidenziale, emendando in tal senso la costituzione. Risoluzione, peraltro, già approvata due volte a larghissima maggioranza dal Parlamento, in termini che, tra l’altro, non pongono più limiti al numero di mandati presidenziali. Museveni, per ora, non si pronuncia ma è scontato che alla fine, secondo copione, è il caso di dirlo, si inchinerà al volere popolare, avviandosi così di fatto, secondo gli oppositori, ad una presidenza a vita. In altre parole, una sorta di monarchia africana.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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I rifugiati in sud Sudan nel mirino dei ribelli del nord Uganda: il sedicente Esercito di resistenza del signore ha attaccato un campo sfollati nella città meridionale di Juba, uccidendo almeno 8 persone. Il raid – sottolinea la missione dell’ONU in Sudan – è la conferma che l’azione dei guerriglieri si sta spostando sempre più oltre il confine dell’Uganda.

 

Dopo la comunicazione dei primi risultati, ancora provvisori, appare scontata la vittoria dell’ex militare Joao Bernardo Vieira alle elezioni presidenziali della Guinea Bissau. Ad annunciarlo è stata questa mattina la Commissione elettorale nazionale, che ha reso noti i risultati parziali dello scrutinio. Concluse con il ballottaggio del 24 luglio, le elezioni dovrebbero porre fine al periodo di instabilità per il Paese, scosso da una lunga sequela di colpi di Stato. Ma a Bissau, capitale del Paese, il clima resta teso. Subito dopo l’annuncio dei risultati, il paese è stato teatro di scontri violenti tra manifestanti delle opposte fazioni. Nella notte di mercoledì l’ex presidente Malam Bacai Sahna, avversario diretto di Vieira al ballottaggio di domenica, aveva già fatto sapere che non avrebbe accettato il responso delle urne per presunti brogli commessi da Vieira.

 

E’ crisi diplomatica tra Polonia e Bielorussia. Il governo di Varsavia ha richiamato il proprio ambasciatore a Minsk e denunciato il regime del presidente Alexander Lukashenko di reprimere la minoranza polacca in Bielorussia. “Le relazioni tra Polonia e Bielorussia - ha detto il ministro degli Esteri polacco, Adam Rotfeld - sono entrate in grave crisi in seguito alle iniziative assunte dalle autorità di Minsk contro l’Associazione dei polacchi”. L’Associazione polacca è stata dichiarata illegale da Lukashenko.

 

In Bulgaria fallisce l’accordo sul nuovo esecutivo, che avrebbe visto uniti – in un governo di minoranza – i socialisti ed un partito turco, il Movimento per i diritti e la libertà. Già ieri, il Parlamento aveva bocciato l’investitura, per un solo voto: la votazione è stata ripetuta, in seguito ad alcune proteste, ma ha dato lo stesso esito.

 

 

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