RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
206 - Testo della trasmissione di lunedì 25 luglio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
E’
aperto a Monterrey in Messico il “V ritiro internazionale dei sacerdoti”
I
responsabili dei falliti attentati a Londra potrebbero colpire ancora. Lo
ammette la polizia britannica
In
Iraq almeno 14 morti in due nuovi attacchi kamikaze a Baghdad
25 luglio 2005
I
RECENTI ATTENTATI TERRORISTICI NON SONO
CONTRO IL CRISTIANESIMO:
COSÌ
IL PAPA INCONTRANDO I GIORNALISTI A LES COMBES.
ANCHE
NELL’ISLAM - AFFERMA - CI SONO ELEMENTI CHE POSSONO FAVORIRE
LA
PACE E CHE VANNO FATTI PREVALERE
- Intervista con Salvatore Mazza -
Gli attentati terroristici che
stanno sconvolgendo il mondo in questi giorni non possono essere considerati
“contro il Cristianesimo”, ma hanno intenzioni molto più generali: Benedetto
XVI lo ha affermato con forza questa mattina a Introd, in Valle d’Aosta, dove
continua il suo soggiorno estivo, dopo un incontro a porte chiuse con il Clero
locale. Rispondendo alle domande dei giornalisti, il Papa si è detto inoltre
convinto che nell’Islam ci siano anche “elementi che possono favorire la pace”
che vanno fatti prevalere sugli altri. Il Santo Padre ha fatto anche un
riferimento al suo Ministero Petrino a quasi 3 mesi dall’elezione, per affermare:
“Sì, in un certo senso è difficile fare il Papa”, “però la gente è talmente
buona con me e mi sostiene”. Ma ascoltiamo, al microfono di Fausta Speranza, il
racconto di Salvatore Mazza, inviato a Les Combes di Avvenire, presente allo
scambio di battute:
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R. - Il Papa si è fermato
qualche istante con i giornalisti che erano presenti, sia arrivando che andando
via. Ha di nuovo parlato dell’importanza del dialogo con l’Islam, sottolineando
che è un dovere cercare di trarre tutto ciò che c’è di migliore in ogni
cultura, in ogni religione e credo umano. Ha espresso l’auspicio che si possa
continuare il cammino di avvicinamento con la Cina dove sappiamo esiste per i
cattolici una situazione particolarmente complessa e difficile, a volte spesso
drammatica. Ha parlato anche dei suoi primi tre mesi di Pontificato, tornando
ad esprimere quei concetti che aveva già detto proprio all’inizio: che lui in
qualche modo non si aspettava di trovarsi a succedere a Giovanni Paolo II e che
comunque si sente molto sostenuto dai fedeli, dalla gente che gli dimostra di
volergli bene.
D. – In particolare, riferendosi a Giovanni Paolo II, che
parole ha speso?
R. – Come sempre: finora non c’è
stata una volta che non abbia usato termini di grande affetto e di grande
ammirazione per il suo predecessore con il quale ha collaborato per oltre 20
anni, in qualità di Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Si
può dire il suo principale collaboratore. Oggi è tornato con lo stesso affetto
gentile, quasi con la stessa commozione a ricordarlo dicendosi molto impegnato
in questa successione. Si sente molto investito di questa responsabilità,
dicendo che in questo suo ministero ha bisogno di chi gli sta intorno, dei
fedeli, e si sente sostenuto da questo affetto.
D. - Parliamo proprio dell’incontro con il clero che il
Papa ha avuto stamani…
R. - Intanto c’è da dire che è
stato lunghissimo, perché è durato oltre due ore. Questo è stato molto ben
accolto dai sacerdoti. E’ stato un incontro tutt’altro che ‘di cortesia’. Il
Papa è entrato nella piccola chiesetta di Indrod e dopo il canto del Veni Creator
Spiritus, c’è stata la preghiera delle Lodi e poi dentro è continuato un
dialogo fatto di domande e di risposte su tanti temi pastorali. Quando sono
usciti si vedeva che i sacerdoti erano contenti di aver potuto incontrare il
Papa in un contesto così singolare e in una maniera così aperta e franca. Gli
argomenti trattati sono stati i più diversi, a quanto si è saputo dopo di chè
l’incontro è stato a porte chiuse. Si sa che si è parlato della pastorale giovanile,
dei sacerdoti, degli anziani e si è parlato della pastorale verso le coppie
irregolari. Insomma, è stato un incontro davvero significativo, direi.
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NOMINA E RINUNCIA
Il Santo
Padre ha nominato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Caceres (Filippine)
mons. José Rojas Rojas jr., del clero della medesima arcidiocesi, finora
vicario generale, assegnandogli la sede titolare vescovile di Idassa. Mons. José Rojas Rojas jr. è nato a Cebu City il 18 agosto
1956 ed è stato ordinato sacerdote il 29 marzo 1981. È stato Presidente
della Commissione diocesana per la Dottrina della Fede e Giudice del Tribunale
Ecclesiastico di Caceres.
Il Santo
Padre, inoltre, ha accettato la rinuncia all'ufficio di ausiliare della Diocesi
di San Carlos (Filippine), presentata da mons. Salvador T. Modesto, in
conformità ai canoni 411 e 401 §1 del Codice di Diritto Canonico.
DIALOGO CON EBRAISMO E ISLAM TRA LE NOVITA’ DELLA
GMG 2005 DI COLONIA,
PRIMO VIAGGIO ALL’ESTERO DI
BENEDETTO XVI, DAL 18 AL 21 AGOSTO PROSSIMI.
MONS. RENATO BOCCARDO HA PRESENTATO L’EVENTO ALLA
RADIO VATICANA
- Intervista con il presule -
Mancano tre settimane alla
Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia e 400 mila tra ragazzi e ragazze,
ma le aspettative sono per almeno il doppio di questa cifra, sono pronti a
radunarsi, dopo tre anni, per un appuntamento che per la prima volta vedrà con
loro Benedetto XVI. Questa mattina, nella Sala Marconi della nostra emittente,
il vescovo Renato Boccardo, segretario generale del Governatorato dello Stato
della Città del Vaticano e organizzatore dei viaggi pontifici, ha presentato i
punti salienti della prima uscita all’estero del nuovo Papa, in programma dal
18 al 21 agosto prossimi. “Siamo venuti ad adorarlo” è il titolo della GMG 2005
che avrà il suo punto focale nella città tedesca che ospita le reliquie dei
Magi. Ma gli elementi tradizionali della gioia e della riflessione spirituale,
che quest’anno hanno un dichiarato accento eucaristico, si uniranno anche
quelli del dialogo con gli ebrei e i musulmani. Lo conferma mons. Boccardo, che
sintetizza al microfono di Alessandro De Carolis il messaggio di Colonia 2005:
**********
R. - Io richiamerei l’idea che
aveva motivato la scelta di Colonia in Papa Giovanni Paolo II. Lui diceva:
all’inizio del XIX secolo grandi folle di giovani si sono ritrovate proprio in
Germania e hanno sentito parole di odio, di divisione, di violenza. E’
importante che, nello stesso luogo, nello stesso territorio, altre migliaia di
giovani pronuncino parole di fratellanza, di riconciliazione e di pace. E credo
che il messaggio di Colonia potrà essere proprio questo: all’inizio del Terzo
millennio, i giovani cristiani del mondo intero guardano avanti e sognano per
tutto il mondo un futuro di fratellanza e di pace.
D. - Con l’avvicendarsi di due
pontificati, è cambiato qualcosa nell’organizzazione della Giornata Mondiale
della Gioventù?
R. – E’ cambiato il Papa e
dunque, naturalmente, la parte tecnica della Giornata mondiale viene realizzata
in considerazione del nuovo Papa Benedetto XVI. Ma la parte tecnica non è
quella più importante. Ciò che è importante sottolineare - mi sembra - è la
continuità: l’intuizione di Giovanni Paolo II, che ha dato i frutti che tutti
conosciamo, viene ora fatta propria dal Papa Benedetto XVI, il quale fin
dall’inizio del suo Pontificato ha detto di voler continuare e di volersi
inserire in questa che è oramai diventata una tradizione di dialogo fecondo e
gioioso tra il Papa, come pastore della Chiesa, e il popolo giovane.
D. – Nell’agenda di Colonia,
figurano due appuntamenti che esulano, in qualche modo, dalla tradizione delle
GMG: l’incontro con la comunità ebraica e con le comunità islamiche. Perché
questa scelta?
R. – Con la comunità ebraica,
l’incontro si colloca nella celebrazione del 60.mo della fine della Seconda
guerra mondiale ed è molto significativo che in Germania un Papa tedesco si
rechi in una sinagoga. Non dimentichiamo che Giovanni Paolo II, parlando del
popolo ebreo, li ha chiamati “i nostri fratelli maggiori”. L’incontro con i
delegati delle diverse comunità musulmane si colloca come risposta ad un invito
particolare che loro stessi avevano rivolto a Papa Benedetto XVI. Questi li
accoglierà nella residenza dell’arcivescovo di Colonia, che sarà la sua
residenza, anche per indicare il suo impegno personale e quello di tutta la
Chiesa cattolica nel voler continuare in un dialogo fecondo con i credenti
dell’Islam. Con loro - noi sappiamo e il Papa lo ricorda continuamente - possiamo
lavorare insieme per la ricerca di una migliore comprensione e per la
costruzione della pace.
D. – Dopo gli ultimi episodi di
terrorismo, che tipo di misure di sicurezza sono state predisposte nei luoghi
della GMG?
R. - La sicurezza, come in ogni
grande evento, deve essere tenuta in grande considerazione. Devo dire che in
Germania abbiamo trovato una grande collaborazione da parte delle autorità
civili che hanno previsto tutto un programma dettagliato per la sicurezza del
Papa e dei giovani partecipanti.
D. – Con quale spirito Benedetto
XVI si sta avvicinando a questo appuntamento?
R. – Posso dire che, quando ho
avuto la fortuna di salutarlo mezz’ora dopo la sua elezione, nella Cappella
Sistina, la prima cosa che mi ha detto è stata: “Dobbiamo pensare a Colonia”.
Credo che accogliendo l’onere del Ministero Petrino, il Papa abbia accolto, ma
direi ha abbracciato, anche questa grande eredità dell’incontro con i giovani.
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OGGI SU
“L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il titolo "L'Onnipotente fermi la mano assassina e
converta i cuori a pensieri di riconciliazione e di pace": la grande
supplica di Benedetto XVI in occasione dell'Angelus recitato in Valle d'Aosta
insieme con migliaia di fedeli.
Nelle
vaticane, una pagina dedicata al tema dell'Eucaristia.
Nelle
estere, Egitto: "Al Qaeda" dietro la strage a Sharm el Sheikh.
Il Presidente egiziano Mubarak dichiara: continueremo la lotta al
terrorismo.
Nella
pagina culturale, un articolo di Giuseppe Costa sulla nascita della fotografia
in Italia: Giacomo Caneva (1813-1865).
Nelle italiane, in primo piano il terrorismo. Due
morti e quattro dispersi tra gli italiani a Sharm el Sheikh.
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25
luglio 2005
PER LA STRAGE DI SHARM
EL SHEIKH RICERCATI SEI PACHISTANI.
SI INDAGA ANCHE SU POSSIBILI CONTATTI TRA AL QAEDA
E TRIBU’ DI BEDUINI
- Intervista con Elisa Giunchi -
In Egitto, le indagini della polizia sugli attentati di Sharm el Sheikh
seguono la pista del fondamentalismo pachistano ma si concentrano anche su
possibili contatti tra tribù di beduini, che potrebbero aver trasportato
l’esplosivo attraverso il deserto, e cellule di Al Qaeda nel Paese arabo. Il bilancio
dei morti, intanto, resta ancora provvisorio: secondo diverse fonti le vittime
sarebbero 88, ma il governo del Cairo sostiene che i morti sono 64, tra i quali
molti egiziani, due italiani, un inglese e un americano. Il servizio è di
Amedeo Lomonaco:
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La polizia egiziana ha reso noto
che uno dei cinque attentatori potrebbe essere ancora in vita e ha ricostruito
l’identikit di uno dei terroristi sulla base delle testimonianze raccolte. Su
Internet è stata diffusa, intanto, la rivendicazione del sedicente gruppo dei
Mujahedin di Egitto, che fornisce anche i nomi dei kamikaze, probabilmente di
nazionalità pachistana. Dal Cairo gli inquirenti fanno sapere poi che sei
pakistani, sospettati di avere legami con Al Qaeda, sono entrati illegalmente
in Egitto il 5 luglio. Gli inquirenti vogliono capire, inoltre, se la targa
israeliana ritrovata tra le macerie dell’attentato appartenesse, come sembra,
ad una delle auto imbottite di esplosivo. Secondo fonti di intelligence, il
mezzo non ha superato il confine per eludere i controlli. Si sospettano anche
cellule di fondamentalisti legate al medico Ayman Zawahiri, il numero due di Al
Qaeda ed ex leader della Jihad islamica egiziana. Proprio Zawahiri ha più volte
detto che la “via per liberare Gerusalemme passa per il Cairo”. Le indagini seguono anche la pista dei beduini. I
racconti di molti turisti rivelano, infatti, che il giorno della strage i
tassisti si sono rifiutati di recarsi a Sharm el Sheikh. Questo fa pensare che
i tassisti, tutti beduini legati alle tribù che percorrono le piste del
deserto, possano sapere qualcosa. Qualunque carico illegale, dalla droga
all’esplosivo, viene trasportato infatti nel deserto per aggirare i posti di
blocco. Le autorità hanno reso noto di aver già fermato
un’ottantina di persone, tra cui alcuni beduini sulle montagne che circondano
la piana di Sharm El Sheikh.
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Le
indagini sugli attentatori di Sharm el-Sheik portano dunque al fondamentalismo
di matrice pachistana. Ascoltiamo, al microfono di Giada Aquilino, Elisa
Giunchi, docente di Storia e Istituzioni dei Paesi islamici all’Università
statale di Milano:
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R. –
Gli anni ’80 sono gli anni dell’islamizzazione, portata avanti soprattutto in
alcune aree, nella sostanziale indifferenza dell’Occidente. In quegli anni,
infatti, il Pakistan distribuisce per conto degli Stati Uniti, soprattutto, e
dell’Occidente in generale, gli aiuti ai mujaedin afghani nella Jihad antisovietica,
in Afghanistan. Gli aiuti pakistani, come forse è noto, erano diretti non
indistintamente a tutti i gruppi di mujaedin, ma a quelli più fanatici, più
estremisti, gruppi che avevano legami con altre formazioni pakistane, ma anche
con militanti provenienti da vari Paesi, in particolare dal mondo arabo e
soprattutto dall’Arabia Saudita. Si creò così in queste aree di confine un
ibrido tra solidarietà tribale di tipo pashtun, profondamente tradizionale in alcuni
aspetti, e gruppi militanti internazionali estremamente moderni, con legami
anche con gruppi immigrati in Occidente e in Europa, profondamente occidentalizzati.
Un legame, in un certo senso, che si è rivelato esplosivo.
D. –
Come è radicato oggi il terrorismo islamico in Pakistan?
R. –
Fino al 2002 i partiti religiosi non hanno mai ottenuto più del 4 o 5 per
cento, mentre le cose sono andate diversamente nelle elezioni del 2002. Io
credo che la diffusione dell’estremismo in Pakistan non sia irreversibile, non
abbia radici molto profonde, ma sia in gran parte collegata con il crescente
antiamericanismo che si è diffuso anche tra gruppi che non avevano mai votato
per i partiti religiosi. La coalizione dei partiti religiosi, che adesso
governa nelle aree di frontiera e che nell’elezione 2002 è diventato il terzo
partito più forte nel Paese, ha preso voti non solo da gruppi tribali, da
gruppi ultra conservatori, dai fondamentalisti, ma anche da gruppi sociali che
tradizionalmente votavano per altri partiti, ma probabilmente hanno voluto
esprimere in quel modo il loro forte antiamericanismo.
D.
- Il presidente Musharraf si trova ora
stretto tra la comunità internazionale e i partiti radicali islamici che lo
accusano di arresti ingiustificati anche tra i leader spirituali del Paese.
Cosa prevarrà?
R. - Io
credo l’ambiguità, che è prevalsa del resto fino ad oggi, visto che Musharraf
deve accontentare per alcuni aspetti l’Occidente. Non dimentichiamoci che dopo
il settembre del 2001 la scelta di campo di Musharraf, a favore della guerra al
terrorismo, ha portato notevolissimi benefici economici e militari al Pakistan.
Al tempo stesso, però, Musharraf ha rivelato in tutti questi anni di avere una
politica ambigua. Ha fatto tutta una serie di concessioni alla coalizione dei
partiti religiosi e tutta una serie di promesse, tra le quali quelle di
abrogare certe leggi discriminatorie, che poi non ha mantenuto. Certo, in
alcuni periodi critici come questo, si è affrettato a dare un giro di vite alle
scuole coraniche. Ma ho molti dubbi che questo porterà a qualcosa di concreto.
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L’IMPORTANZA DEL MICROCREDITO PER I PAESI DEL
TERZO MONDO: IN UN CONVEGNO
A ROMA ANALIZZATE LE POTENZIALITA’ DI UN TIPO DI
FINANZIAMENTO
CHE PUO’ CONTRIBUIRE ALLO SVILUPPO ECONOMICO DI
PAESI IN DIFFICOLTA’
- Ai nostri microfoni Mario Baccini e Gianna Zappi
-
“Microcredito proposte a
confronto”: è il tema del convegno che a Roma nei giorni scorsi ha visto la
partecipazione di massimi esperti nel settore. Obiettivo: fare il punto di
quanto questo tipo di finanziamento abbia contribuito allo sviluppo economico
dei Paesi del Terzo Mondo. Il servizio di Marina Tomarro:
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126 miliardi di dollari, secondo
la Banca mondiale: a tanto ammontano nel corso del 2004 le rimesse degli
immigrati verso il Sud del mondo cioè il doppio degli aiuti ricevuti attraverso
il microcredito. Dati che confermano come questa forma di finanziamento sia
davvero la strada per lo sviluppo dei Paesi del Terzo Mondo. Il commento del
ministro italiano della Funzione Pubblica, Mario Baccini:
R. – In molti Paesi in via di
sviluppo, cosiddetti Paesi emergenti, sostenere il microcredito significa
sostenere lo stesso Paese. Tutta l’America Latina, tutti i Paesi africani che
si affacciano sul Mediterraneo, tutti i Paesi dell’Est Europeo sono esempi di
possibilità di intervento, in attuazione della cosiddetta ‘diplomazia
preventiva’, che è una grande rete di cooperazione, tramite la quale siamo
convinti tutti che possa rimanere “impigliata” la pace.
D. – E l’impegno dell’Italia
qual è?
R. – Intanto facendo conoscere
questo strumento del microcredito che, a nostro parere, rappresenta uno
strumento essenziale ed importante.
In ltalia, sono oltre 440 le
banche che si occupano di microcredito. Gianna Zappi, dell’Associazione
Bancaria Italiana:
R. – Noi abbiamo svolto una
primissima ricognizione a novembre scorso in occasione dell’apertura dell’Anno
Internazionale del Microcredito, diretta a rilevare che cosa già le banche
commerciali fanno sul tema microfinanza. E’ stata una ricerca piuttosto
incoraggiante, nel senso che le banche che hanno risposto rappresentano circa
il 28 per cento del totale attivo di sistema e tutte le banche hanno dichiarato
di essere interessate, nei prossimi cinque anni, a sviluppare di più questa
attività.
D. – In che modo l’ABI si occupa
di microcredito?
R. – Il microcredito è
un’attività che noi abbiamo importato dai Paesi in via di sviluppo. Il focus particolare che ABI ha nel fare
questa attività è microfinanza nel territorio nazionale, nel senso che noi
sappiamo che ci sono oggi nuovi interlocutori che bussano alla porta delle
banche: un esempio tipico è quello degli immigrati, ma anche quello dei
lavoratori atipici, famiglie a basso reddito, tutta una serie di soggetti che
manifestano quindi nuove domande. A costoro le banche vogliono dare ovviamente
una risposta in termini di servizi economici. Noi focalizziamo quindi le nostre
attività sul territorio, dove immaginiamo che una formula come la microfinanza
possa avere possibilità di successo e di sviluppo.
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IN ATTESA DELLA GMG 2005 A COLONIA, UN LIBRO DEL
VATICANISTA DI AVVENIRE, MIMMO MUOLO, RACCONTA LE PRECEDENTI GIORNATE MONDIALI
DELLA GIOVENTU’,
ATTRAVERSO LA SUA ESPERIENZA PERSONALE
- Intervista con l’autore -
Cresce l’attesa per
l’appuntamento, ormai fra meno di un mese, con la GMG 2005 a Colonia. Le
precedenti Giornate Mondiali della Gioventù sono raccontate in un libro del
vaticanista di “Avvenire” Mimmo Muolo. Il testo, edito da “Ancora” e intitolato
“Generazione Giovanni Paolo II”, si avvale dell’esperienza diretta del
giornalista. Nel suo racconto, però, non c’è soltanto la cronaca del
professionista, ma anche la personale partecipazione interiore. Ascoltiamo,
nell’intervista di padre Vito Magno, come lo stesso autore, Mimmo Muolo, spiega
la decisione di scrivere il libro:
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R. – Mi ha spinto il fatto di
avervi partecipato più volte, come inviato del mio giornale, “Avvenire”, ed
anche il fatto che queste Giornate sono state importanti sul piano personale.
D. – Non si tratta, però, di un
semplice instant book. In copertina
hai evidenziato che è anche storia, perché?
R. – C’era il rischio che le
Giornate fossero viste come singoli eventi. Nel pensiero di Giovanni Paolo II,
invece, non erano singoli eventi ma erano tappe di un cammino unico.
D. – Un cammino che, come
scrivi, ha punti di riferimento costanti, fondamentali?
R. – “Chi siete venuti a
cercare?”, disse il Papa alla GMG di Roma nel 2000. “Siete venuti a cercare
me?”. “No, siete venuti a cercare Cristo!”. Quindi, questo è il primo aspetto
fondamentale. In secondo luogo, Giovanni Paolo mostrava ai giovani la vita come
vocazione e quindi non un susseguirsi di momenti da prendere per quello che valgono, ma un progetto di vita. Il
terzo elemento, importante: Papa Wojtyla ha mostrato ai giovani il volto
giovane della Chiesa e lo ha mostrato alla Chiesa stessa, agli altri, agli
adulti, a noi.
D. – Queste caratteristiche
fondamentali delle Giornate Mondiali della Gioventù, quale frutto hanno
prodotto in venti anni?
R. – Oggi c’è nelle nostre
chiese una generazione formata all’insegnamento di Giovanni Paolo II. Non a
caso il titolo del libro è “Generazione Giovanni Paolo II”.
D. – Si può dire che queste
Giornate hanno cambiato i rapporti tra Chiesa e giovani?
R. – Sicuramente. Sono state una
svolta. All’inizio le perplessità maggiori su quest’iniziativa del Papa erano
proprio all’interno della Chiesa. Molti operatori pastorali avevano paura che
le prime iniziative fossero un flop,
che i giovani non avrebbero risposto. Ma sono stati smentiti ed oggi la Chiesa
può parlare ai giovani, può camminare con i giovani anche grazie a Giovanni Paolo
II.
D. – Ed ora come pensi che sarà
la prima Giornata senza di lui a Colonia?
R. – Di Papi ce ne saranno due:
uno che guarda dall’alto e l’altro presente, Benedetto XVI! Penso che anche da
Benedetto XVI potrà arrivare un grande messaggio, per esempio, dal punto di
vista della forza intellettuale per dare un pensiero forte a questa Europa che
è invece pervasa, purtroppo, da un pensiero debole.
D. – Nella tua vita, cosa è
stata la Giornata Mondiale della Gioventù di Denver, la prima cui hai
partecipato?
R. – Avevo da poco compiuto 30
anni. Mi ricordo che ero un po’ in crisi e mi sembrava che la vita ormai fosse
in declino. A Denver, invece, ho avuto un nuovo input e mi è stato detto che tutte le stagioni della vita sono
belle e che vanno vissute. Ho così ripreso, se si può dire, il volo.
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25 luglio 2005
“IL
CRIMINE E L’INSICUREZZA IN KENYA DEVONO ESSERE FERMATI ADESSO!!!”: L’ACCORATO
APPELLO DEI VESCOVI DEL PAESE AFRICANO, DOPO L’ASSASSINIO
DI MONS. LUIGI LOCATI, VICARIO APOSTOLICO DI
ISIOLO,
E LE RECENTI
UCCISIONI NEL DISTRETTO DI MARSABIT
- A cura di Roberta Moretti -
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NAIROBI. = “Sconvolti”,
“allarmati”, “turbati”, “commossi”, “toccati”: nella dichiarazione dal titolo
“Il crimine e l’insicurezza in Kenya devono essere fermati adesso!!!”, i
vescovi del Paese africano esprimono tutta la loro indignazione, dopo
l’assassinio, il 14 luglio scorso, di mons. Luigi Locati, vicario apostolico di
Isiolo, e i recenti scontri tra le comunità Gabra e Borana nel distretto di
Marsabit, che hanno provocato la morte di 92 persone. I presuli reclamano
un’azione immediata e coordinata di istituzioni, forze dell’ordine, società
civile e mezzi di comunicazione contro il crimine e l’insicurezza nel Paese.
“La nostra amata terra – si legge nel documento – è diventata un covo dove
ladri di auto, rapinatori, assalitori, stupratori e scassinatori operano
liberi, come se non ci fosse né legge, né chi la fa rispettare, né un governo”.
E proprio il governo, e in particolare il ministero della Sicurezza Interna, è
chiamato a difendere con forza e determinazione le vite e i beni dei kenyoti,
potenziando i mezzi a disposizione e le condizioni di lavoro delle forze
dell’ordine. “Sappiamo – scrivono i vescovi – che gli agenti di polizia sono
spesso sottopagati, male equipaggiati e scontenti, ma non possiamo dimenticare
che alcuni di loro sono corrotti, inefficienti e a volte complici dei
criminali”. Esprimendo poi cordoglio e solidarietà con la popolazione, in
riferimento in particolare ai morti di
Marsabit e all’assassinio di mons. Locati, i presuli incoraggiano i kenyoti ad
affidarsi a Dio e a non avere paura di denunciare gli autori dei crimini. A
chiudere la dichiarazione, un “appassionato appello” al presidente del Kenya, Mwai Kibaki, a fare subito e
al meglio tutto ciò che è in suo potere per fermare il crimine e l’insicurezza
nel Paese: Solo allora – terminano i vescovi – i kenyoti potranno vivere
indisturbati e realizzare una ‘Nazione che lavora’.
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TRA FEDE E TRADIZIONE SI
CELEBRA OGGI IN SPAGNA LA FESTA DI SAN GIACOMO
IL MAGGIORE,
PATRONO DELLA NAZIONE IBERICA. A PRESIEDERE LA SOLENNE LITURGIA EUCARISTICA A
SANTIAGO DE COMPOSTELA l’arcivescovo
diocesano
mons.
Juliàn Barrio Barrio
-
A cura di Rita Anaclerio -
Santiago de Compostela. = Celebrazioni solenni in Spagna per la festa di San Giacomo,
Patrono della nazione spagnola. Nella cattedrale di Santiago di Compostela,
infatti, l’arcivescovo diocesano mons. Juliàn Barrio Barrio ha presieduto la
solenne Liturgia Eucaristica durante la quale il sindaco cittadino Xosè Sànchez
Bugallo, delegato reale, ha presentato la tradizionale “ofrenda” (supplica)
all’Apostolo. “La Chiesa nel suo percorso ha sempre incontrato difficoltà nel
compimento della sua missione – ha ricordato nella sua omelia mons. Barrio
Barrio – e l’anniversario compostelano conferma ancora una volta che il
ministero della Chiesa è il servizio e la carità”. Inoltre “l’anniversario compostelano
– ha sottolineato l’arcivescovo diocesano – porta un messaggio di pace
all’Europa e a tutti quei continenti colpiti dalla terribile piaga del
terrorismo”. La festività, ormai da secoli, si inserisce in un percorso
spirituale ma anche folklorico che vede pellegrini di tutto il mondo riunirsi
davanti alle spoglie del Santo Apostolo. “Quattro
sono le strade per Santiago che a Puente la Reina, ormai in Spagna, si
riuniscono in una sola…”. Così inizia la “Guida del pellegrino di Santiago”,
libro V del “Codex Calixtinus” importante opera di divulgazione del culto di
Giacomo e del pellegrinaggio alla sua tomba, redatto nel XII secolo forse da
Aymericus de Picaud, chierico francese. Per dieci secoli, infatti, i pellegrini
hanno percorso con ostinazione e fede il lungo cammino verso Santiago de
Compostela, compiendo una rituale purificazione. La storia del
"Cammino" inizia nel 813 quando l’eremita Paio in Galizia, annuncia
di avere trovato la tomba di San Giacomo cui, secondo la tradizione, va il
merito di aver evangelizzato la Penisola Iberica settentrionale. Secondo la
leggenda, il suo corpo fu posto in una nave che, senza timone e senza vele, lo
portò miracolosamente in Spagna dove venne sepolto. Anche nella chiesa nazionale spagnola di Santiago e
Monserrat a Roma si è svolta una celebrazione eucaristica presieduta da mons.
Enrique Benavent Vidal, vescovo ausiliare di Valencia. (R.A.)
SI E’ APERTO A
MONTERREY, IN MESSICO, IL V RITIRO INTERNAZIONALE
DEI SACERDOTI. RELATORI
DELL’INCONTRO L’ARCIVESCOVO
ANGELO COMASTRI E SALVATORE MARTINEZ
Monterrey. =
Sono il Vicario generale del Santo Padre per la Città del Vaticano,
l’arcivescovo Angelo Comastri, e il coordinatore nazionale del Rinnovamento
nello Spirito Santo, Salvatore Martinez, ad aprire il “5° Ritiro
Internazionale dei Sacerdoti” che si svolge a Monterrey, in Messico, fino
al 29 luglio. L’iniziativa, organizzata dal Consiglio Carismatico
Cattolico Latino Americano (CONCLAT) e posta sotto gli auspici del Consiglio Episcopale
Latino Americano (CELAM), avrà come tema centrale “Maria, i tuoi sacerdoti
vogliono vedere Gesù”. All’importante evento parteciperanno circa 1.900
sacerdoti e oltre 100 vescovi provenienti da 40 differenti Paesi del mondo.
Inoltre, nel weekend successivo al Convegno Sacerdotale, mons. Comastri e
Martinez incontreranno 18.000 giovani provenienti da tutte le diocesi del
Messico per un ritiro preparatorio alla “XX Giornata Mondiale della Gioventù”
di Colonia. In occasione della sua permanenza in Messico, Salvatore Martinez
presenterà all’Università statale di Monterrey il suo libro “Il Vangelo
dello Spirito Santo in Giovanni Paolo II: mille pensieri per il cuore
dell’uomo”, in vista dell’edizione spagnola del testo pubblicato in Italia
dalle Edizioni RnS. (R.A.)
FARE SCUOLA
IN MODO ALTERNATIVO: E’ L’ULTIMO PROGETTO
PORTATO AVANTI DA “SAVE THE CHILDREN” CHE IN UN ANNO IN ETIOPIA
E’ RIUSCITA A PORTARE SUI BANCHI OLTRE 250 MILA BAMBINI
Addis Abeba. = Nel mondo 103 milioni di bambini in età scolare non vanno
a scuola, 58 milioni sono bambine. Nei Paesi poveri del Sud del mondo,
l'analfabetismo è motore di povertà, la quale a sua volta genera ulteriore
analfabetismo. In quei Paesi “Save the children” ha deciso di affrontare
il problema concretamente, lavorando a fianco delle comunità locali. In
particolare in Etiopia, la ONG internazionale ha sviluppato dei centri di istruzione
di base alternativa. Si tratta di piccole scuole, costruite presso comunità
rurali molto povere, con scarso accesso ad importanti vie di comunicazione, ma
in cui grazie all’impegno dei volontari sono stati portati sui banchi oltre 250
mila bambini. “Save the childeren”, infatti, in collaborazione con
l'Ufficio regionale per l'Istruzione di Amhara, finanzia e sostiene la creazione
di nuovi centri di istruzione di base alternativa nei centri rurali, dove più
basso è il tasso di scolarizzazione. Nel 2004 sono state costruite 900 nuove
scuole elementari che daranno accesso
all'istruzione a 800.000 nuovi alunni nel 2004/2005. Inoltre, 225.000
bambini sono stati iscritti ai corsi di Istruzione di Base Alternativa. Secondo
il Responsabile dell'Ufficio Regionale per l'Istruzione, a seguito di questa
iniziativa, il tasso di iscrizione alla scuola primaria ha raggiunto quasi
l'80%. L'Ufficio Regionale per l'Istruzione ha quindi sviluppato una strategia
sull'Istruzione di Base Alternativa come parte integrante del suo sistema di
scuola primaria. Questa strategia ha obiettivi
molteplici che includono il rispetto dei diritti dei minori ad un'istruzione di
base; la riduzione del tasso di analfabetismo nelle aree rurali, il
mantenimento dei bambini in centri di apprendimento vicini alle abitazioni
finché non saranno in grado di camminare fino alla scuola primaria più vicina;
la lotta alla disparità tra i sessi, ottenibile tramite l'avvicinamento delle
scuole alle abitazioni delle bambine in modo da non scoraggiare la loro frequenza per paura di rapimenti o
stupri. (R.A.)
IL 57 PER CENTO DELLE RADIO IRLANDESI PREVEDE
PROGRAMMI RELIGIOSI. E’ QUANTO EMERGE DA UNA RICERCA COMMISSIONATA dalla
Conferenza episcopale irlandese
DUBLINO. = Il 57% delle radio prevede programmi religiosi.
E’ quanto emerge da un sondaggio sulle radio della Repubblica di
Irlanda. La ricerca, commissionata dal Consiglio delle Chiese irlandesi per la
radio e la televisione (ICCTRA) e dalla Conferenza episcopale irlandese,
condotta su 46 stazioni radiofoniche, rivela una significativa presenza di programmi
religiosi alla settimana della durata variabile tra l'ora e la mezzora. Il 15%
invece non ha alcun programma del genere, mentre i restanti non hanno risposto
alla domanda. La presenza di palinsesti radiofonici a sfondo religioso aumenta
in occasioni particolari dell’anno, quali la Pasqua, il Natale e la Quaresima.
Il 36% ha affermato che sarebbe benvenuto il supporto delle Chiese locali nella
produzione di programmi radiofonici religiosi, mentre nel 15% dei casi questa
collaborazione è già in atto e viene ritenuta soddisfacente. L'arcivescovo di
Dublino, mons. John Neill, commentando il sondaggio ha affermato che “la
presenza di una programmazione religiosa ci rivela la sua rilevanza per il
ruolo che svolge nella società irlandese. È però importante che chi gestisce
questi programmi sappia mantenerne alta la qualità, cercando sempre nuove
soluzioni per incrementare positivamente il dialogo sociale”. (R.A.)
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- A cura di Amedeo Lomonaco e Andrea Cocco -
In Gran Bretagna la polizia ha ammesso di avere seri timori che i responsabili
fuggitivi dei falliti attentati a Londra del 21 luglio possano cercare di
colpire ancora, se non verranno catturati prima. “E’ una corsa contro il
tempo”, ha detto inoltre il capo di Scotland Yard. Secondo la polizia
britannica, i responsabili sono ancora in Gran Bretagna e probabilmente nella
capitale. Intanto, la famiglia del giovane elettricista brasiliano, Jean Charles
de Menezes, ucciso per errore da agenti speciali britannici lo scorso venerdì
22 luglio, sta pensando di avviare un’azione legale contro la polizia inglese.
Il governo britannico e Scotland Yard si sono rammaricati per il tragico
errore, ma hanno ribadito che rimane valida la regola di “sparare per uccidere”
sospetti kamikaze.
In Iraq, due nuovi attacchi kamikaze
hanno colpito Baghdad: i morti sono almeno 14. Un primo attentatore si è lanciato con un minibus imbottito di esplosivo contro un albergo.
Il secondo attentato è avvenuto a sud della capitale dove l’esplosione di un’autobomba
ha causato la morte di due agenti. Sul fronte politico, intanto, il Parlamento
ha approvato la legge elettorale per lo svolgimento del referendum popolare
sulla Costituzione in programma per il 15 ottobre.
Un soldato
americano è stato ucciso nel sud dell'Afghanistan durante combattimenti con
ribelli. Lo hanno reso noto fonti dell’esercito statunitense precisando che gli
scontri sono avvenuti ieri nel distretto di Ghrishk, nella provincia di Helmand.
Sempre ieri, altri sei militari americani sono rimasti feriti quando il
convoglio sul quale viaggiavano è saltato su una bomba collocata sulla strada
nella provincia afghana orientale di Kunar.
Nelle prigioni iraniane sono state commesse
torture. Un rapporto senza precedenti, redatto dai vertici della giustizia
iraniana, ha ammesso diversi casi di sevizie. "Ma si tratta di una pratica
che oramai appartiene al passato", ha dichiarato il capo della giustizia
di Teheran. La repubblica islamica è da tempo al centro delle critiche
internazionali per gli abusi commessi nei luoghi di detenzione. Secondo
organizzazioni non governative, nel luglio 2003, una giornalista canadese di origine
iraniana è morta per i colpi ricevuti in carcere. Fino ad ora le autorità di
Teheran hanno sempre respinto questa accusa.
In Israele è iniziato oggi l’addestramento delle
forze di sicurezza che dovranno gestire il ritiro da Gaza, in programma dal 17 agosto.
Sono circa 60 mila i militari dell’esercito ed i poliziotti coinvolti: li
affiancheranno anche agenti palestinesi. Sul terreno, intanto, la tensione non
si placa: il governo dello Stato ebraico ha chiesto all’ANP di arrestare i
mandanti dell’omicidio della coppia israeliana uccisa a Gaza nella notte tra sabato
e domenica.
In Italia, il presidente del Senato, Marcello Pera,
ha lanciato un appello a tutte le forze politiche per l'unità contro il
terrorismo. “Questa unione di tutti, al di là delle nostre normali divisioni
politiche, noi la dobbiamo alle vittime italiane degli attentati a Sharm el
Sheikh e ai nostri figli che non vogliamo allevare in un mondo impaurito ed
imbarbarito dal terrore”. Marcello Pera ha anche invitato il governo a
presentare, quanto prima, il pacchetto anti-terrorismo.
Sui piani atomici nordcoreani si è tenuto a Pechino
un vertice bilaterale tra negoziatori della Corea del Nord e degli Stati Uniti.
L’incontro si è svolto alla vigilia dell’apertura, nella capitale cinese, della
tornata di colloqui a sei tra due Coree, Cina, Giappone, Russia e Stati Uniti
per disinnescare la crisi provocata dalla decisione nordcoreana nel 2002 di
riavviare il proprio programma nucleare. Commentando l’incontro con il collega
nordcoreano, il negoziatore americano ha definito prematura la notizia, data
dall’agenzia giapponese Kyodo: è prematuro, dunque, affermare che Washington
sarebbe pronta ad aprire un ufficio di collegamento a Pyongyang per normalizzare
i rapporti con la Corea del Nord.
Nelle Filippine,
l’opposizione parlamentare ha chiesto la messa in stato di accusa per la
presidente Arroyo, accusata di aver violato la
Costituzione e di aver tradito la fiducia della Nazione. Gloria Arroyo ha assunto la più alta carica di Stato il 20 gennaio 2001 subentrando
a Joseph Estrada, destituito per corruzione, e nel 2004 è stata confermata alla
presidenza. L’esito della consultazione è stato contestato dall’opposizione che
ha denunciato brogli elettorali. Il servizio di Fausta Speranza:
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Una rivolta popolare, come
quella che nel 2001 costrinse alle dimissioni Estrada. Il piano
dell’opposizione contro il capo dello Stato comincia a trovare consensi: stamattina
molte strade di Manila sono state bloccate dalla protesta. In piazza almeno 40
mila persone, con l’obiettivo di raggiungere il Congresso e bloccare l’annuale
discorso presidenziale sullo stato della Nazione. Non ci sono riuscite, per
l’intervento massiccio della polizia, e così la Arroyo ha potuto illustrare i
suoi programmi: in cima alla lista, il federalismo ed una imminente riforma
della Costituzione, per passare ad un governo di tipo parlamentare che offra
maggiori garanzie di stabilità. E proprio dal Parlamento viene l’ostacolo più
difficile: i partiti di sinistra hanno avviato la procedura di impeachment,
per presunta corruzione e frodi elettorali compiute durante il ballottaggio
dello scorso anno. Il capo dello Stato, naturalmente, nega, e si dice
disponibile ad avviare una commissione d’inchiesta per far luce sull’accaduto.
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Una
malattia per ora non identificata, che provoca febbre ed emorragie, ha già
ucciso 17 contadini nella Cina sudoccidentale. Altre dodici persone, su 58 ricoverate,
versano in gravi condizioni. La malattia sarebbe causata da uno streptococco di
solito diffuso tra i suini, secondo un responsabile del dipartimento della salute
della provincia del Sishuan.
Denuncia dell’Unicef contro le Tigri Tamil: i
ribelli dello Sri Lanka – afferma il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia –
hanno intensificato il reclutamento di bambini, da impiegare nella guerriglia.
Nonostante le ripetute promesse – sostiene l’Unicef – nel solo mese di luglio
sarebbero stati reclutati 28 minorenni.
E’ stata ufficialmente
inaugurata domenica Telesur, la prima emittente televisiva del Sud America.
Promossa dal presidente venezuelano Hugo Chavez, la televisione continentale ha
l’obiettivo di competere con i canali dagli Stati Uniti e in particolare con la
CNN in lingua spagnola che proprio ieri ha cominciato a trasmette in America
latina. “'E’ un passo contro l'imperialismo culturale”, ha sostenuto il ministro
delle comunicazioni venezuelano Andres Izarra. Telesur ha già raccolto
l’adesione ufficiale dei governi di Argentina,
Cuba e Uruguay e l'appoggio del Brasile e di altri Paesi del Continente.
Il principale movimento ribelle
del Darfur, il sedicente Movimento di liberazione del Sudan (SLM), ha fatto
cadere sul governo la responsabilità di nuovi scontri registrati nella regione
occidentale del Paese. “Il 22 luglio aerei governativi hanno massicciamente bombardato
il villaggio di al-Hamra”, ha affermato un portavoce del SLM. Il governo ha smentito
immediatamente la notizia e ha accusato i ribelli di aver attaccato un
convoglio scortato dall’esercito e di aver ucciso tre militari. Scoppiato nel
2003, il conflitto in Darfur ha provocato, finora, centinaia di migliaia di
morti e due milioni e mezzo di rifugiati. Nell’aprile del 2004 le due parti
hanno siglato un accordo per il cessate il fuoco, ma la tregua non è stata rispettata.
Si è
svolto in un clima sereno e privo di disordini il secondo turno delle elezioni
presidenziali in Guinea Bissau. Il ballottaggio, i cui risultati saranno annunciati
nei prossimi giorni, vede uno di fronte all’altro due ex capi di Stato: Malai
Bacai Sanha, presidente fino al gennaio 2000, e Joao Bernardo Vieira, che ha
guidato il Paese fino al 1999. Organizzate dopo le legislative del 2004, le
presidenziali di ieri dovrebbero mettere fine all’instabilità politica e alla
pratica dei colpi di Stato che hanno segnato la storia di questa ex colonia
portoghese. Alla vigilia del voto, entrambi i contendenti si sono impegnati a rispettare
l’esito delle urne.
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