RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
204 - Testo della trasmissione di sabato 23 luglio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il
Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Conclusa
in Croazia la riunione della presidenza del Consiglio delle Conferenze
episcopali d’Europa
Ancora tensione a Londra: evacuata, per un falso allarme, la
stazione metropolitana di Mile End
Nel pomeriggio, il segretario di Stato americano, Condoleeza
Rice, incontra a Ramallah il presidente palestinese, Abu Mazen
Al Qaeda rivendica il sequestro dei 2 diplomatici algerini
in Iraq
23 luglio 2005
CORDOGLIO
DI BENEDETTO XVI PER LE VITTIME
DEGLI
ATTENTATI A SHARM EL-SHEIKH.
IL
PAPA CHIEDE ANCORA UNA VOLTA DI RINUNCIARE ALLA VIA DELLA
VIOLENZA
PER
INTRAPRENDERE QUELLA DELLA PACE
DOMANI,
ALL’ANGELUS DOMENICALE, L’INCONTRO DEL SANTO PADRE
CON I
FEDELI VALDOSTANI A LES COMBES
Profondo
cordoglio di Benedetto XVI per le vittime degli attentati, che nella notte
hanno scosso la località turistica egiziana di Sharm el-Sheikh, provocando
oltre 80 morti ed oltre 150 feriti. In un messaggio a firma del cardinale
segretario di Stato, Angelo Sodano, indirizzato alle autorità civili ed
ecclesiastiche del Paese, il Pontefice condanna questi “atti insensati” e
chiede “di rinunciare alla via della violenza, che causa così tante sofferenze
alle popolazioni civili”. Benedetto XVI esorta, dunque, “ad abbracciare la via
della pace”. Il Papa, si legge ancora nel messaggio, prega per l’eterno riposo
di quanti sono morti a causa degli attentati ed invoca su quanti afflitti il
conforto dell’Onnipotente.
La
notizia della strage a Sharm el-Sheikh ha dunque profondamente rattristato il
Papa, che si appresta a trascorrere il suo secondo fine settimana di riposo
nella località valdostana di Les Combes. Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente
in Valle d’Aosta l’inviato di Avvenire, Salvatore Mazza:
**********
R. –
Certamente è un clima che pesa su queste vacanze. Purtroppo, in questi giorni
c’è stato un succedersi di eventi drammatici. Certamente, per il Papa, come ha
detto l’altro giorno, si tratta di cose che sono costantemente presenti nei
suoi pensieri. Quindi, queste vacanze non sono estranee a quello che succede.
D. –
Stamani poi il direttore della Sala Stampa Vaticana, Navarro-Valls, nella cerimonia
di consegna del premio Saint Vincent, ha fatto dichiarazioni al riguardo di
questo terribile attentato a Sharm el-Sheik…
R. –
Sì, ha detto che il Papa è stato informato immediatamente questa mattina, appena
si è saputo della cosa. Certamente ha avuto ancora una volta modo di manifestare
il suo profondo rincrescimento per quanto è successo e che poi ha manifestato
nel telegramma che è stato reso noto ufficialmente. C’è una partecipazione
vera, drammaticamente presente a questi fatti. L’altro, appunto, pur ricordando
che non siamo di fronte a uno scontro di civiltà, ma che si tratta solo di
gruppi fanatizzati, che tendono solo a declinare il linguaggio della violenza.
Bisogna pregare costantemente perché prevalga il senso della giustizia, il
senso della pace, il senso della convivenza, auspicando che il dialogo fra le
tre grandi religioni monoteiste possa aiutare questo cammino.
D. –
Domani l’Angelus domenicale a Les Combes: il secondo da quando il Santo Padre è
in Valle d’Aosta. Che clima c’è? C’è attesa?
R. –
C’è molta attesa ovviamente, c’è molta ansia di riuscire a vederlo. Benedetto
XVI, ogni giorno che passa, ha modo di manifestare di più quanto apprezzi,
questo luogo e l’accoglienza che gli è stata riservata. Sempre oggi Navarro,
proprio durante la cerimonia pubblica, sottolineando come il Papa si sia subito
innamorato di questa terra, ha ripetuto come Benedetto XVI anche l’altro
giorno abbia in qualche modo voluto rinnovare il proprio stupore, la propria
contenta constatazione di come la Valle d’Aosta l’abbia accolto in questi
giorni.
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IL
LEGAME PROFONDO TRA MONTAGNA E SPIRITUALITA’
COMMENTATO
AI NOSTRI MICROFONI DA MONS. GIANFRANCO RAVASI
- Con
noi lo stesso Prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano -
In questi giorni di soggiorno del Papa in Valle d’Aosta,
abbiamo tutti occasione di andare almeno con il pensiero alla maestosità dei
monti, all’ampiezza della visuale che si offre ad alta quota, al fascino delle
vette che sembrano sfiorare il cielo. Tutto ciò da sempre suggerisce all’uomo
momenti di intensa riflessione e, al credente, offre la disposizione d’animo
per momenti di intensa preghiera. Sul rapporto tra montagna e spiritualità, ascoltiamo
al microfono di Amedeo Lomonaco, il prefetto della Biblioteca Ambrosiana di
Milano, mons. Gianfranco Ravasi:
**********
R. – Nella tradizione di tutte le culture, la montagna è
vista come la sede dell’incontro tra il divino e l’umano, tra il terreno e il
celeste. C’è quindi la tendenza a considerare, proprio per la sua verticalità,
la montagna come il luogo dell’incontro col mistero divino. L’uomo, trovando la
possibilità di essere l’homo erectus,
che domina quindi l’orizzonte, in un certo senso ha voluto imitare lo svettare
della montagna verso l’alto. In questa luce, dobbiamo considerare la montagna
un segno, un simbolo del trascendente, di ciò che supera la quotidianità e
l’oscurità della valle.
D. – La montagna, che nella Bibbia è sullo sfondo di
eventi centrali, può diventare per l’uomo una metafora della vita?
R. – Pensiamo a tutta quella serie sterminata di monti cui
fanno riferimento le Sacre Scritture. Se vogliamo sceglierne tre in maniera
emblematica, pensiamo al Monte Sinai, al Monte Sion e al Monte Golgota. Riusciamo
a vedere come questi tre monti abbiano in sé un significato che è decisamente
legato all’ascensione dell’uomo verso le altezze dello Spirito.
D. – Il Sinai, il Tabor, il Monte delle Beatitudini e il
Golgota sono alcune delle vette del ‘patrimonio’ cristiano. Quali sono i
principali orientamenti che si possono ricavare da questo panorama biblico?
R. – I monti nella Bibbia sono sicuramente una presenza
incessante ed una presenza simbolica. Pensiamo in modo particolare al Monte
della Trasfigurazione: durante il cammino terreno, dietro i lembi di questo
volto umano, come quello di Cristo, si rivela già il Suo mistero. Il monte
diventa sede della scoperta del mistero, pur stando nella quotidianità. Sul
Monte delle Beatitudini c’è la rivelazione del mistero di Cristo, della sua
Parola, sulla quale si devono incamminare, tenendola come una fiaccola, i
credenti che dovranno, però, continuare a vivere nella ‘valle’ della loro
storia e della loro esistenza.
D. – Cosa rappresenta, dunque, la montagna per un cattolico?
R. – La montagna è lo staccarsi dalla banalità, dalla
superficialità, dalla quotidianità per cercare di interrogarsi sulle questioni
fondamentali dell’esistenza. Per il cristianesimo è un elemento più radicale,
perché è la scoperta, attraverso il silenzio, attraverso la contemplazione
della natura, di una parola e di una presenza che ci supera: è la parola e la
presenza di Dio. La montagna è quasi il luogo ideale per poterla percepire. E’
come una sorta di monastero dello Spirito in cui si entra rompendo l’itinerario
che abbiamo vissuto durante il resto dell’anno nella città. Tutti i grandi
eventi di rivelazione, le grandi ‘epifanie’ della Bibbia sono state su una
montagna. Dio ci parla dal monte, ma il monte non è soltanto una questione orografica. E’ invece un atteggiamento dello spirito.
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NOMINA
In Angola, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al
governo pastorale della diocesi di Ndalatando, presentata da mons. Pedro Luís
Guido Scarpa, dell’Ordine Francescano dei Frati Minori Cappuccini, per
sopraggiunti limiti. Il Papa ha nominato vescovo di Ndalatando mons. Almeida
Kanda, vicario generale della diocesi di Uíje
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
"Un diabolico disegno contro l'uomo": una serie di esplosioni nella
località balneare egiziana di Sharm el Sheikh causa decine di morti tra i
turisti e la popolazione locale. Il telegramma di cordoglio di Benedetto
XVI.
Nelle vaticane, le riflessioni
del cardinale Stephen Fumio Hamao e dell'arcivescovo Agostino Marchetto sulla
prossima Giornata mondiale del Turismo.
Nelle estere, Iraq: Al Qaeda
rivendica il sequestro dei due diplomatici algerini rapiti giovedì a Baghdad.
Nella pagina culturale, un
elzeviro di Mario Gabriele Giordano dal titolo "Alfonso Gatto dopo
l'oblio": pubblicate tutte le poesie.
Un articolo di Agnello Baldi
dal titolo "Mamma Lucia offrì il suo amore di madre a figli caduti lontano
dalla propria casa": in un volume la storia della donna che diede
sepoltura a più di 600 soldati tedeschi morti nella seconda guerra mondiale.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il terrorismo
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23
luglio 2005
L’ATTENTATO COLPISCE AL CUORE L’EGITTO: LA TESTIMONIANZA
DEL NUNZIO APOSTOLICO A IL CAIRO, MONS. BROGI
- Con noi lo stesso mons.
Marco Dino Brogi -
83 i
morti accertati per le esplosioni stanotte a Sharm El-Sheik, in Egitto, meta
del turismo per eccellenza. La stragrande maggioranza delle vittime sono
egiziane: tra gli otto stranieri, un italiano. Centinaia i feriti. Il servizio
di Giada Aquilino:
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La matrice inequivocabile. La mano di Al Qaeda colpisce nuovamente
l’Egitto. Ad entrare in azione le brigate Abdullah Azzam, che avevano già
firmato gli attentati dell'ottobre 2004 a Taba, alla frontiera con Israele, e
che hanno rivendicato i nuovi attacchi con un messaggio internet. Una serie di esplosioni contemporanee, almeno 3, ha
colpito nella notte Sharm el Sheik, affollata da centinaia di turisti egiziani
e stranieri. A scoppiare, secondo le prime ricostruzioni, due autobomba, di cui
forse una guidata da un kamikaze, e un ordigno piazzato in uno zaino. E così, nel giorno in cui si celebra il 53simo anniversario della
Rivoluzione del ‘52, che segnò la fine del regime di re Faruq e l’inizio della
Repubblica Araba d'Egitto, il presidente Mubarak - pronto a ricandidarsi alle
elezioni di settembre per un 5° mandato - si è trovato ad affrontare l’ennesima
emergenza: ha visitato il Ghazàla Garden di Naama Bay, l'hotel più colpito dagli attentati, e poi l'ospedale
dov’è ricoverata la maggior parte dei feriti. Unanime la condanna internazionale,
in particolare del segretario generale dell’Onu Kofi Annan, del presidente
russo Putin, di quello della Commissione europea Barroso, delle autorità francese,
greca, iraniana. Dall’Italia è giunto lo sdegno del presidente Ciampi e del
premier Berlusconi, ma anche il dolore di tutta la popolazione, per la morte
del connazionale Sebastiano Conti, siciliano di 34 anni, tra le vittime a Sharm.
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L’Egitto non è nuovo ad attentati terroristici. Ma ci possono essere
distinzioni da fare rispetto al passato. Andrea Sarubbi ha chiesto al nunzio apostolico,
mons. Marco Dino Brogi, se si possa parlare di una strategia contro la scelta
filo-occidentale del presidente Mubarak:
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R. – Si dovrebbe dire di sì. A
Taba, forse, gli attacchi erano diretti piuttosto verso gli israeliani, che
sono proprio al confine. Possiamo pensare ad un attacco volutamente
antiisraeliano. Ma sia a Il Cairo, in aprile, e sia specificatamente questa
notte, si tratta di attacchi che intendono veramente destabilizzare il governo,
colpendolo in quella che è forse la prima fonte di entrate per lo Stato. Le
vittime dirette sono però i turisti: non so se si tratta anche di un attacco
contro gli stranieri, in quanto portano soldi a questo Paese.
D. – Eccellenza, secondo lei,
quali sono le cause del terrorismo nella regione e in particolare proprio in
Egitto?
R. – Sono cause profonde di
scontentezza, di disuguaglianza e di disparità che possono esacerbare gli
animi. Certamente per quanto riguarda questo Paese, diciamo che sono tante le
vittime e non solo coloro che sono colpiti fisicamente: le vittime sono anche
coloro che non hanno la possibilità di una formazione e maturazione adeguata e
quindi diventano preda per chi li volesse arruolare in azioni di distruzioni.
D. – L’Egitto ha un ruolo un po’
di cerniera tra Islam ed Occidente. In questo contesto quale può essere il
ruolo dei cattolici nel Paese?
R. – Siamo una minoranza della
minoranza cristiana. Cerchiamo di fare tutto il nostro possibile riguardo
all’educazione, alla formazione. Ma le nostre sono tante gocce in un oceano.
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FERMARE LA DISTRUZIONE DELLE BARACCOPOLI NELLO
ZIMBABWE:
E’
L’APPELLO LANCIATO DALLE NAZIONI UNITE AL PRESIDENTE ROBERT MUGABE.
AI NOSTRI MICROFONI LA TESTIMONIANZA DI MONS. PIUS
NCUBE,
ARCIVESCOVO DI BULAWAYO, SECONDA CITTA’ DEL PAESE
AFRICANO
Le operazioni di distruzione
delle baraccopoli in corso nello Zimbabwe costituiscono una catastrofe
umanitaria e devono cessare immediatamente: lo sostiene l'Onu in un rapporto
pubblicato ieri a New York, particolarmente severo nei confronti del regime del
presidente Robert Mugabe. Il documento delle Nazioni Unite considera
responsabile il governo di queste cosiddette operazioni di restauro urbano, che
hanno reso senzatetto circa 700 mila persone, provocando “serie sofferenze”
alla popolazione più povera del Paese africano. E una severa critica nei
confronti delle demolizioni viene espressa anche da mons. Pius Ncube,
arcivescovo della diocesi di Bulawayo, seconda città dello Zimbabwe,
intervistato da Alessandro Gisotti:
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R. – HE WENT TO DESTROY…
Sono stati distrutti i rifugi
temporanei. Questa in Zimbabwe è la stagione più fredda. La gente si è
ritrovata senza riparo: circa mezzo milione di persone si trova in questa
situazione. Poi, sono stati distrutti i piccoli cottage che la gente si
era costruita per mancanza di case. Il governo infatti non ha incrementato il
numero delle abitazioni di cui hanno bisogno le persone. Sembra che Mugabe
abbia forzato la gente ad andare in campagna per controllarla meglio, perché
quando sono in città hanno più possibilità di accesso alle informazioni. Vuole
controllare meglio le persone forzandole a spostarsi nelle zone rurali.
D. – Quest’operazione è stata
largamente condannata dai leader della Chiesa e dalla comunità internazionale.
Che cosa si può fare per fermare lo sradicamento di questa povera gente dalle
proprie abitazioni?
R. – MY HOPE WAS…
La mia speranza è riposta nelle
Nazioni Unite. Mugabe afferma di star solo distruggendo costruzioni che non
servono. In realtà è la sua politica che ha rovinato l’economia dello Zimbabwe,
che un tempo era tra i Paesi più ricchi dell’Africa. Ha anche impedito alle Nazioni
Unite di portare aiuti alimentari alla popolazione. La gente sta morendo di
fame. Non sarei sorpreso, se continuasse così, di veder morire migliaia di
persone.
D. – C’è qualche iniziativa
della Chiesa dello Zimbabwe per aiutare, dare un’assistenza alla gente dispersa
dal governo di Mugabe?
R. – YES, THE CHURCH…
Sì, la
Chiesa, i presbiteriani, i metodisti… stiamo cercando insieme di fornire ripari
temporanei. Le persone non sanno come vivere da sole. Stiamo fornendo loro
quindi cibo, riparo. Diamo loro vestiti, coperte, per i bisogni immediati, in
modo da salvargli la vita.
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LA CHIESA NON E’ CONTRO I
VACCINI MA INVITA AD ADOTTARE
QUELLI NON DERIVANTI DA EMBRIONI ABORTITI: I
CHIARIMENTI
- Intervista con mons. Elio Sgreccia -
La pontificia Accademia per la
vita ribadisce di non essere contro i vaccini, ma auspica che anche negli Usa
sia possibile, per la rosolia, ricorrere ad un tipo di vaccino diverso da
quello usato attualmente, che è derivato da cellule provenienti da embrioni
abortiti preventivamente. Visto però che per ora, lì, non ve ne è un altro, è
possibile ricorrervi, finché non ne esisterà uno diverso come per esempio in
Italia. E’ quanto spiega mons. Elio Sgreccia presidente della Pontificia
Accademia per la Vita che la scorsa settimana ha pubblicato uno studio sulla
rivista Medicina e morale in risposta alle domande di alcune associazioni pro
life statunitensi. Sul documento mons. Sgreccia al microfono di Debora
Donnini.
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R. – Costituisce uno studio a
seguito di una precisa domanda posta da alcuni gruppi di associazioni pro
vita degli Stati Uniti, le quali si trovano di fronte a questo problema.
Negli Stati Uniti si pratica la vaccinazione ai bambini delle scuole,
obbligatoria, contro la rosolia, il morbillo, la parotite, ma soprattutto la
rosolia, con un vaccino – il nostro documento non riguarda tutti i vaccini, ma
questo vaccino – che si chiama RA27/3. E’ contro la rosolia, ma possono esserci
anche vaccini trivalenti, contro rosolia, morbillo, parotite. Mentre in Italia
si usano vaccini costruiti diversamente, usando cellule animali, gli Stati
Uniti usano ancora un vaccino che è stato costruito con cellule provenienti da
feti umani abortiti. Quindi c’è stata all’origine, ma diversi anni fa, la collaborazione tra chi ha costruito il
vaccino e chi ha fatto l’aborto. Questo è il punto che ha suscitato
l’opposizione dei movimenti per la vita. Questa opposizione dei genitori alla
vaccinazione nelle scuole urta sia le disposizioni statali, sia il bene dei
bambini, i quali in quel preciso contesto geografico non hanno altri vaccini
cui ricorrere: hanno solo quello. Non vaccinandoli, li si lascia esposti, ma
solo perché il bambino infetto e non vaccinato, anche se non ha disturbi, può
contagiare altri. Da una parte, c’è la necessità di vaccinare i bambini,
dall’altra parte, c’è a disposizione in quelle zone degli Stati Uniti un
vaccino che una ventina d’anni fa è stato prodotto utilizzando feti abortiti.
D. – Qual è stata la risposta
che voi avete dato?
R. – La risposta è duplice: da
un parte, si dice che utilizzare questi vaccini nel contesto preciso, lì negli
Stati Uniti, è lecito perché lì non ci sono altri vaccini a disposizione
adesso. E, d’altra parte, la ‘collaborazione’ con l’aborto è avvenuta a
distanza di tempo e a distanza di luogo, quando sono state prelevate le prime
cellule, poi moltiplicate e diffuse. Per chi fa adesso il vaccino, i medici che
lo praticano, i bambini che lo ricevono, non c’è nessuna collaborazione
colpevole, tanto meno formale. Questi non hanno niente a che fare con l’aborto
fatto quella volta. E’ lecito lì, in questo momento, fare la vaccinazione, anzi
è doveroso perché i bambini ne hanno bisogno. La seconda risposta è che però lo
Stato deve sollecitare le industrie a fabbricare vaccini non ricorrendo a feti,
tanto meno all’aborto, perché oggi con i progressi della scienza si possono fare
bene efficaci vaccini, come succede in Europa, ricorrendo a cellule animali.
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SI
CONCLUDE QUESTA SERA CON LA PROIEZIONE IN ANTEPRIMA
DE “I
FANTASTICI QUATTRO” E LA CONSEGNA DEI PREMI, LA 35.MA EDIZIONE
DEL GIFFONI FILM FESTIVAL. NATURA, LIBERTÀ,
DIRITTI UMANI E COSCIENZA STORICA I TEMI CHE PIÙ HANNO COLPITO I
MILLECINQUECENTO GIOVANI GIURATI
- Il servizio di Luca Pellegrini -
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Un ragazzo
della Palestina a fianco di un coetaneo di Israele; l’indiano vicino al serbo;
il libico scambia idee con il tedesco: questo è Giffoni, al di là del cinema e
della festa. Millecinquecento giovani che si confrontano, grazie ai tanti film
proiettati, scambiando le loro esperienze e culture, e, soprattutto, dialogano
sui temi che oggi preoccupano più che mai il nostro tempo. Ora, in chiusura, si
traggono le somme, si metabolizzano i ricordi. Alessandro, un ragazzo alla sua
prima esperienza al Festival, confessa perché è stato così importante
partecipare:
“E’ stata un’esperienza davvero unica. Abbiamo avuto l’opportunità di vedere
tanti film, affrontando diversi temi, e abbiamo avuto anche l’opportunità di
parlare del film, avere un dibattito. Abbiamo parlato di molte cose. Abbiamo
parlato principalmente dei film, del razzismo, di tematiche che sono molto
attuali e sulla nostra pelle. Abbiamo avuto l’opportunità di conoscere persone
con diverse abitudini, con diverse usanze e di diverse nazioni. E’ stata una
cosa bellissima. Abbiamo capito che siamo tutti uguali alla fine e abbiamo
tutti la stessa mentalità. Siamo tutti ragazzi di questo mondo e vogliamo
vivere in pace”.
Naturalmente, come in ogni
festival, ci sono dei vincitori, eletti grazie ad una votazione che compete
esclusivamente ai giovani, suddivisi per fasce di età. Il tema della natura e
della libertà ha colto i dodicenni che hanno premiato Duma di Carroll
Ballard, un film ambientato in Kenya e che racconta le vicissitudini di Xan,
dieci anni, alle prese col suo piccolo cucciolo di ghepardo. Più articolata la
scelta dei quattordicenni, colpiti dal film del regista messicano Luis Mandoki,
Voces inocentes, intensa storia di un ragazzino che si sottrae
drammaticamente all’arruolamento forzato nell’esercito salvadoregno, fuggendo
dal suo Paese sconvolto dalla guerra civile. Infine, i più adulti, che hanno
scoperto il valore della storia e della coscienza nel tedesco Napola di
Dennis Gansel, ambientato in una scuola impegnata nella formazione della classe
dirigente nazista, attraverso uno spietato e scientifico indottrinamento. Che
cosa ha colpito di questo film i giovani, alla luce anche degli avvenimenti e
delle violenze che ci affliggono?
“Questo film è stato bellissimo e ha suscitato un
grandissimo interesse in tutti quanti. Ci siamo tutti commossi alla fine del
film. La cosa più interessante credo sia stato il punto di vista affrontato,
che ha mostrato questi ragazzi che venivano addestrati per qualcosa di così
terribile, il nazismo, ma che invece rivelavano la loro umanità. Si ribellavano
a questo, riuscendo comunque a lottare contro tutto questo. Non credevano
infatti a queste ideologie. E questo fa capire come tutti quanti, anche se ci
troviamo dalla parte sbagliata, alla fine siamo essere umani e vogliamo tutti
quanti la pace. E’ importantissimo, secondo me, ricordare questo, perché
ricordando i terribili avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale, il Nazismo e
il Fascismo, è l’unico modo per evitare che succeda di nuovo”.
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Domani 24 luglio, 17esima Domenica del Tempo
Ordinario, la Liturgia ci presenta la Parabola della perla preziosa. Gesù dice:
“Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle
preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la
compra”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo la riflessione del
teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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Il Regno dei cieli, l’amore
incrollabile del Padre, Figlio e Spirito Santo è per l’uomo la perla preziosa. Tutta
la vita dell’uomo trova senso nella ricerca di questa perla. Quando la trova,
vende tutto ciò che ha per comprarla. Il Signore vuol dire che l’uomo investe
tutto se stesso per l’amore di Dio. Nessuna cosa può essere alternativa
all’amore di Dio. Impegnando tutte le sue forze nell’amore di Dio salva se
stesso, non perde nulla e qualsiasi altra cosa possa distoglierlo da questo non
merita di essere considerata. La vita spirituale è la sapienza delle priorità.
La vita spirituale richiede l’attenzione a ciò che veramente conta. Esiste
anche un’arte di trascurare, di non prestare attenzione, di non cadere nella
trappola del luccichio e delle fate morgane. Soprattutto, è per l’uomo decisivo
sapere per quali cose consumerà i suoi giorni e le sue energie. Sbagliando
questo bersaglio l’uomo si disperde e la sua vita affonda nell’oblio.
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23
luglio 2005
IL GOVERNO SPAGNOLO
APPROVA IL PROGETTO DI LEGGE DI RIFORMA DELLA SCUOLA. LA CONFERENZA EPISCOPALE:
“NON RISPETTA GLI ACCORDI INTERNAZIONALI CON LA SANTA SEDE E I DIRITTI
FONDAMENTALI DELLA COSTITUZIONE”
MADRID.=
I vescovi spagnoli si pronunciano contro il progetto di legge di riforma sulla
scuola approvato dal governo Zapatero. “Si tratta di un testo sconosciuto alla
Commissione mista che si è riunita il 23 giugno sulle questioni che riguardano
Chiesa e Stato perché fossero regolate secondo gli Accordi tra questo e Santa
Sede”, si legge in un documento firmato dai presuli. Il testo della riforma
prevede che l’insegnamento della religione sia volontario e che non abbia peso
sulla valutazione del candidato per la promozione ad un corso superiore, per la
concessione di borse di studio e l’accesso all’università. La Chiesa spagnola
lamenta che la Legge organica dell’educazione (LOE) non è scaturita da alcun
dialogo e da nessuna negoziazione con gli organi ecclesiali e che non ha tenuto
in considerazione gli usi solitamente rispettati nelle materie oggetto dei
trattati internazionali. In una nota del 31 marzo, la Conferenza episcopale aveva denunciato il testo
non ancora approvato dal consiglio dei ministri chiedendo al governo di José Luis
Rodriguez Zapatero di aprire un dialogo per un accordo sociale e politico in
materia educativa. “Per la Chiesa - si affermava nella dichiarazione - è necessario
che l'insegnamento della religione abbia gli stessi diritti e doveri di
qualsiasi altro insegnamento fondamentale, altrimenti si violerebbero la
Costituzione e gli accordi con la Santa Sede che l'esecutivo di Zapatero dice
di voler rispettare”. I
vescovi spagnoli non approvano il progetto di legge perché elimina il diritto
fondamentale dei genitori a decidere sull’educazione dei loro figli in accordo
con le loro convinzioni religiose, morali e pedagogiche; limita la libertà
della scuola cattolica e delle altre istituzioni educative nell’esercizio dei
diritti alla educazione; pone seriamente in pericolo l’insegnamento della
religione nelle scuole e presenta un nuovo statuto per i docenti di religione
che contraddice la reiterata giurisprudenza del Tribunale supremo. Il
comunicato della Conferenza episcopale spagnola si conclude con un appello al
rispetto degli Accordi internazionali con la Santa Sede e dei diritti fondamentali
riconosciuti dalla Costituzione. (T.C.)
CINA: RILASCIATO IL VESCOVO DI ZHENDING,
GIULIO JAI ZHIGUO.
DAL 1980 HA TRASCORSO 20 ANNI IN PRIGIONE
E VIVE SPESSO AGLI ARRESTI DOMICILIARI
ZHENGDING. = Mons. Giulio Jia Zhiguo, vescovo di Zhengding, in Cina,
(nella provincia nord-est dell’Hebei)
è stato rilasciato. Ne dà notizia la Kung Foundation, citata dall’agenzia
Asianews. Il prelato era stato portato via da 2 uomini il 4 luglio verso
una destinazione sconosciuta ed è stato liberato il 7 luglio. Mons. Jia, 70
anni, è vescovo dal 1980 e ha già trascorso 20 anni in prigione. A capo di una
delle diocesi più vitali dell’Hebei, la zona a più alta concentrazione di
cattolici (circa 1 milione e mezzo), vive quasi sempre agli arresti
domiciliari. Quello del 4 luglio è stato il 6° arresto del prelato dal gennaio
2004. I ripetuti arresti e le molestie – avverte l’agenzia Asianews - sono un
tentativo per convincere mons. Jia ad aderire all’Associazione patriottica, l'organo
del Partito comunista cinese che cerca di controllare la Chiesa. (T.C.)
Hiroshima. =
“La Chiesa cattolica giapponese deve avere la consapevolezza del suo ruolo
profetico, sia nella missione di protezione della vita umana che nel chiedere
perdono a Dio e a tutte quelle persone che hanno dovuto sopportare una immensa
sofferenza durante la Seconda Guerra Mondiale”. Si apre con queste parole il
messaggio per il 60° anniversario della fine della II Guerra Mondiale dei
vescovi giapponesi, pubblicato in vista dell’annuale Periodo cattolico per
la pace in Giappone che va dal 6 agosto, data della prima esplosione
atomica sulla città di Hiroshima, al 15 agosto, data che segnò la fine della
guerra. “In questo periodo – proseguono i vescovi –, invitiamo i fedeli
giapponesi ad intensificare le loro preghiere per la pace nel mondo e a
promuovere iniziative concrete per la soluzione pacifica dei conflitti”. Il
messaggio vuole essere anche un monito a ricordare sempre il passato per
impegnarsi nella costruzione di un futuro migliore. “ Il popolo giapponese – sottolineano
i vescovi – ha imparato ad accettare la sua storia, fatta di invasioni e violente
colonizzazioni. Riflettiamo su questo e ripartiamo!”. Le 140mila vittime della
bomba atomica su Hiroshima saranno ricordate il 6 agosto nel corso di una cerimonia
civile, con un minuto di preghiera alle 8.15 locali. Nel pomeriggio l’ordinario
locale mons. Joseph Atsumi Misue presiederà, nella cattedrale della città, una
solenne celebrazione eucaristica per la pace cui parteciperanno cattolici di
tutte le diocesi del Giappone, tra cui una folta rappresentanza di fedeli di
Nagasaki colpita dalla bomba il 9 agosto 1945. In questa data avrà luogo, nella
seconda città martire giapponese, un’altra manifestazione commemorativa civile
cui seguirà, per i fedeli cattolici, una celebrazione presieduta
dall’arcivescovo Joseph Mitsuaki Takami. (R.A.)
CONCLUSA IN CROAZIA LA
RIUNIONE DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO
DELLE CONFERENZE
EPISCOPALI D’EUROPA. ECUMENISMO E DIALOGO CON L’ISLAM
I TEMI PRINCIPALI.
SULL’INCONTRO, INVIATA UNA LETTERA A BENEDETTO XVI
ZAGABRIA. = Si è concluso a
Zagabria l’incontro della presidenza del Consiglio delle Conferenze episcopali
d’Europa (CCEE), l’organismo che riunisce le attuali 34 Conferenze del Vecchio
Continente. Alla riunione, svoltasi dal 17 al 21 luglio, hanno preso parte
mons. Amédée Grab, presidente, vescovo di Coira; il cardinale Cormac
Murphy-O’Connor, vicepresidente, arcivescovo di Londra-Westminster; il
cardinale Josip Bozanić, vicepresidente, arcivescovo di Zagabria; mons.
Aldo Giordano, segretario generale; mons. Andrew Summersgill, segretario generale
della Conferenza episcopale inglese; mons. Vjekoslav Huzjak, segretario generale
della Conferenza episcopale croata. I partecipanti sono stati ospiti
dell’arcivescovo di Zagabria il cardinale Josip Bozanić. La presidenza del
Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa ha preparato l'assemblea
plenaria del CCEE che vedrà riuniti a Roma, dal 29 settembre al 2 ottobre,
tutti i presidenti delle Conferenze episcopali europee. In occasione del 40°
anniversario della fine del Concilio Vaticano II, i presidenti delle Conferenze
episcopali rifletteranno sulle prospettive future della Chiesa in Europa e
prenderanno in esame l'evangelizzazione nel contesto di una cultura secolarizzata
e la possibilità di un incontro tra le diverse chiese, religioni e culture allo
scopo di dare all'Europa dei valori morali soprattutto davanti alle grandi
sfide della bioetica. Da Zagabria è stata inviata una lettera indirizzata al
Papa per informarlo dei progetti dei vescovi europei, con l'auspicio di un
incontro con lui durante la plenaria. Un altro tema che ha occupato la
presidenza CCEE è stato quello dell'ecumenismo. Si è esaminato il progetto di
una terza assemblea ecumenica europea: un pellegrinaggio in quattro tappe che
coinvolgerà tutti i Paesi e le Chiese in Europa. Inizierà a Roma il 24-27 gennaio
2006 e terminerà a Sibiu, in Romania, nel settembre 2007. È stata analizzato
anche l'attuale processo di unificazione europea alla luce del recente dramma
degli attentati terroristici a Londra e del “no” francese e olandese al
trattato costituzionale dell'Unione. Altri temi all'ordine del giorno sono
stati: la collaborazione tra vescovi europei e i vescovi africani e il rapporto
con i musulmani nei Paesi europei. Il 18 luglio la presidenza ha incontrato il
vicepresidente del governo croato Damir Polančec, il ministro Kolinda Grabar
Kitarović, il ministro Dragan Primorac per uno scambio sulle problematiche
europee di comune interesse. (T.C.)
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- A cura di Roberta Moretti -
Ancora momenti di tensione a Londra, dove questa mattina la
stazione della metropolitana di Mile End, nella zona est della città, è stata
evacuata per un falso allarme. Un passeggero aveva creduto di riconoscere uno
dei 4 mancati attentatori del 21 luglio, le cui immagini sono state diffuse
ieri dall’intelligence britannica. E proprio il capo di Scotland Yard, sir Ian
Blair, stamani ha espresso soddisfazione per il buon andamento delle indagini
sugli attentati di Londra. Tra la nottata e le prime ore del mattino la polizia
britannica ha arrestato due uomini nell’area della Stockwell Station, dove ieri
è stato ucciso da agenti di unità speciali un uomo sospettato di legami con
organizzazioni terroristiche. Si svolgeranno, infine, questo pomeriggio, alle
ore 15, nella parrocchia romana di Santa Maria della Presentazione, i funerali
di Benedetta Ciaccia, la giovane italiana rimasta uccisa negli attentati del 7
luglio scorso.
Novità sul fronte dei sequestri in Iraq. C’è la mano di Al Qaeda
dietro il rapimento dei due diplomatici algerini sequestrati a Baghdad due
giorni fa, all’uscita da un ristorante nel distretto residenziale di Al Mansur.
La rivendicazione è comparsa nella mattinata su un sito Internet islamico.
Intanto, il ministero dell’Interno iracheno ha dato la notizia del fallimento
del sequestro, sempre nella stessa zona della capitale, di un uomo d’affari
indiano. Non si ferma, intanto, la violenza sul campo: almeno
otto persone sono morte oggi in nuovi attacchi della guerriglia. Tre agenti
della polizia e 3 tre soldati statunitensi
sono rimasti uccisi in 2 diversi agguati nei pressi di Falluja. A Bagdad, inoltre,
uomini armati a bordo di due auto hanno assassinato un altro agente, mentre
alla periferia della capitale, le forze di sicurezza hanno ritrovato il corpo
di un uomo, crivellato di colpi.
Continua
la visita del segretario di Stato americano Condoleeza Rice in Medio Oriente.
Questa mattina la sua attenzione è stata rivolta ai tragici fatti di Sharm
el-Sheikh. Nel pomeriggio, il previsto incontro del capo della diplomazia
statunitense con i dirigenti dell’Autorità nazionale palestinese. Il colloquio
fa seguito a quello di venerdì scorso con il premier israeliano, Ariel Sharon,
e la visita lampo in Libano di ieri. Il servizio Andrea Cocco:
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Il ritiro degli israeliani da
Gaza è il tema al centro dell’incontro che si svolgerà questo pomeriggio a
Ramallah tra il segretario di Stato statunitense, Condoleeza Rice, e il
presidente palestinese, Abu Mazen. Previsto al termine di una visita di tre
giorni, l’incontro di oggi rappresenta la tappa finale dell’azione diplomatica
intrapresa dalla Casa Bianca per rilanciare il processo di pace in Medio Oriente.
Con i dirigenti palestinesi “parlerò della necessità di contrastare i tentativi
dei terroristi di rompere questo momento di speranza”, aveva detto giovedì la
Rice, in riferimento ai missili lanciati nei giorni scorsi dagli estremisti di
Hamas a Gaza. Per Washington il successo del ritiro israeliano rappresenta
infatti un elemento essenziale per rilanciare la Road Map, l’ultimo accordo
internazionale per la soluzione del conflitto israelo-palestinese. Dal versante
palestinese però si sottolinea la necessità di maggiori rassicurazioni sulle
intenzioni del governo di Tel Aviv. “Abbiamo bisogno di risposte dagli
israeliani”, ha dichiarato Abu Mazen. “Dobbiamo sapere quali sono i piani del
governo Sharon e se Gaza diventerà un’enorme prigione dopo il ritiro”. Il vice
premier palestinese, Nabil Chaath, ha esortato invece la Rice a fare pressioni
sul governo di Israele affinché, al piano di ritiro di Sharon, segua la
smobilitazione di altre colonie della Cisgiordania. Dal Medio Oriente non
poteva mancare la condanna del capo della diplomazia americana agli attentati
di questa notte a Sharm el-Sheikh. “Si tratta - ha detto la Rice - di atti
insensati”.
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Non ha avuto grande seguito l’appello lanciato dal Muttahida
Majlis-e-Amal (MMA), l’Alleanza dei partiti fondamentalisti musulmani del
Pakistan, a scendere in piazza ieri, in concomitanza con i riti religiosi del
venerdì, contro il giro di vite ordinato dal presidente, Musharraf, nei
confronti degli estremisti islamici dopo gli attentati di Londra. Solo poche
migliaia di persone hanno sfilato nella capitale, Islamabad, davanti alla
Moschea Rossa, e a Karachi, Lahore, Quetta e Peshawar.
Il presidente del tribunale di
Panjwayee, cittadina situata nella provincia di Kandahar, a sud
dell'Afghanistan, e il vice governatore del distretto di Shah-Wali-khot sono
stati uccisi dalla guerriglia talebana. Il portavoce dell’organizzazione,
Latifullah Hakimi, ha rivendicato entrambi gli omicidi, aggiungendo inoltre che
i ribelli hanno provocato la morte, sempre in giornata, un esponente della commissione
elettorale a Kandahar.
Cinque miliziani del Partito dei
lavoratori curdi (PKK) sono rimasti uccisi in un blitz condotto dall’esercito
nella regione sudorientale di Sirnak, in Turchia. Lo riferisce l’ufficio del
governatore della regione, ricordando che nella stessa zona, il 16 luglio
scorso, i militari turchi avevano già ucciso dieci terroristi. L’esercito ha
inoltre sequestrato un ingente quantitativo di esplosivo. Inoltre, ribelli curdi del PKK hanno annunciato
di aver abbattuto un elicottero turco nel sud est del Paese.
Tutto pronto, in Guinea Bissau, per il secondo turno delle
elezioni presidenziali di domani. Oltre 4 i milioni di euro impiegati per
allestire la macchina elettorale. Ce ne parla Giulio Albanese:
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Domenica
sarà possibile votare dalle 7 del mattino alle 5 del pomeriggio nei 2.500 seggi
disseminati nell’ex colonia portoghese. I due candidati in lizza, Malam Bacia
Sanha, presidente di transizione, e Joao Bernardo Vieira, detto “Nino”,
anch’egli ex capo di Stato si sono rivolti ai loro sostenitori facendo chiari
riferimenti al passato, ai valori che determinarono l’indipendenza, ma non v’è
dubbio che la ricandidatura di Jao Bernardo Vieira è preoccupante, considerata
da molti una delle peggiori sciagure nella storia nazionale, costretto nel 1999
a fuggire dal Paese, in seguito ad una rivolta militare, con l’accusa di aver
prosciugato le casse dello Stato. Governò il Paese in modo dispotico e
clientelare. La tensione è naturalmente alta nel Paese. E’ in gioco il futuro
di un popolo, ridotto in questi anni allo stremo per la mancanza soprattutto di
una classe dirigente in grado di governare nell’interesse di tutti.
Per
la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Si riaccende la violenza nella Repubblica Democratica del Congo:
ieri sera 13 civili sono stati uccisi in un villaggio nella zona orientale del
Paese, dove l’ONU, insieme all’esercito congolese, conducono operazioni di
sicurezza. L’agguato, attribuito con tutta probabilità ai ribelli della Forza
democratica di liberazione del Rwanda (FDLR), avviene quindici giorni dopo
quello perpetrato in un villaggio della zona di Kabarein, in cui 30 persone
sono state bruciate vive, con l’accusa di aver agevolato le operazioni condotte
dalle Nazioni Unite e dall’esercito della Repubblica.
L’ex primo ministro del
Myanmar, Khin Nyunt, destituito in ottobre per corruzione, è stato condannato a
44 anni di carcere con sospensione condizionale della pena da un tribunale
speciale nella capitale, Yangoon. Il processo a Nyunt era iniziato il 12 luglio
nel carcere d’Insein, nel quale negli ultimi mesi sono state processate circa
300 persone legate al generale e ai servizi d’informazione militare di cui era
stato il capo per 20 anni.
Marta Beatriz Roque, una delle più autorevoli esponenti del
dissenso a Cuba, è stata arrestata ieri sera a L’Avana, insieme ad altri 21
attivisti politici. La Roque, unica donna arrestata nella repressione del 2003, avrebbe dovuto partecipare ad una
manifestazione davanti all’ambasciata di Francia, per chiedere il rilascio dei
prigionieri politici nelle carceri cubane.
Sale a 39 il bilancio delle
vittime causate dagli scontri tra manifestanti e forze di polizia in Yemen. I
disordini sono scoppiati in tutto il Paese a seguito della decisione del
governo, martedì, di eliminare i sussidi statali ai prodotti petroliferi. La
misura ha comportato un’impennata nel prezzo della benzina, più che raddoppiato
nel giro di pochi giorni. Nella capitale, Sanàa, le forze armate hanno schierato
i blindati a difesa degli edifici governativi.
E’ di 16 feriti il bilancio del sisma, che ha colpito questa
mattina Tokyo, in Giappone. Il terremoto, di magnitudo 5,7 della scala Richter,
ha provocato il crollo di una torre d’acciaio e il danneggiamento di un tetto.
L’Agenzia meteorologica nazionale ha definito il sisma “moderato” e ha fugato
qualsiasi timore che la scossa possa generare uno tsunami.
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