RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 203 - Testo della trasmissione di venerdì 22 luglio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Clima sereno a Les Combes, dove prosegue la vacanza di Benedetto XVI: con noi Salvatore Mazza

 

Sulle parole del Papa: il terrorismo non è frutto di uno “scontro di civiltà”, la riflessione del presidente dell’Unesco in Italia, Giovanni Puglisi

 

Sempre in primo piano la “moderna schiavitù” della prostituzione: dell’impegno della Chiesa per contrastare questo drammatico fenomeno ci parla l’arcivescovo  Agostino Marchetto   

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il presidente afghano Karzai, a Roma per incontri istituzionali, condanna il terrorismo

 

Togo: il presidente Gnassingbé e il leader dell’opposizione Olimpio compiono a Roma un primo passo per mettere fine alle violenze: ai nostri microfoni Mario Giro

 

L’arte come antidoto alla violenza e ai mali del mondo: è il tema del Todi Arte Festival 2005, la rassegna di musica, danza e teatro che prende il via oggi nella cittadina umbra, nell’Italia centrale: ce ne parla Simona Marchini

 

CHIESA E SOCIETA’:

Angola: aggredito lunedì scorso l’amministratore apostolico di Cabinda, mons. Eugenio Dal Corso

 

Dialogo islamo-cristiano in Australia: occorre superare pregiudizi e stereotipi, lo afferma il vescovo ausiliare di Melbourne

 

Mons. Oswald Lewis, primo vescovo della nuova diocesi di Jaipur, spiega le sfide di una missione minacciata dal fondamentalismo e dal proselitismo delle sette evangeliche

 

Migliorare la situazione sanitaria e il livello di istruzione in Malawi: l’obiettivo dei progetti di Save the Children, che dal 1983 lavora nel Paese africano

 

24 ORE NEL MONDO:

Ucciso a Londra un sospetto kamikaze che cercava di salire su un treno, mentre arrivano nuove minacce terroristiche a Italia, Olanda e Danimarca

 

Dopo l’incontro con Sharon visita a sorpresa di Condoleeza Rice in Libano per incontrare il presidente Lahoud

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

22 luglio 2005

 

 

MENTRE PROSEGUE LA VACANZA DI BENEDETTO XVI,

TORNIAMO SULLE PAROLE DEL PAPA:

IL TERRORISMO NON E’ FRUTTO DI UNO “SCONTRO DI CIVILTA’”.

LO FACCIAMO CON IL PRESIDENTE DELL’UNESCO IN ITALIA, GIOVANNI PUGLISI

- Con noi Salvatore Mazza e prof. Giovanni Puglisi -

 

Mattinata all’insegna del riposo per Benedetto XVI in Valle d’Aosta, dopo l’escursione di ieri sul monte Bianco. Il Papa potrebbe comunque uscire nel pomeriggio per una passeggiata in alta quota, come già fatto nei giorni scorsi. D’altro canto, cresce l’attesa per l’Angelus domenicale quando i fedeli valdostani potranno incontrare Benedetto XVI. Ce ne parla l’inviato di Avvenire, Salvatore Mazza, raggiunto telefonicamente a Les Combes da Alessandro Gisotti:

 

**********

R. – Stamattina il Papa non è uscito. Tuttavia è un’altra giornata molto bella ed è quindi prevedibile che nel pomeriggio esca, anche se ovviamente non si sa quale sia la sua destinazione. Potrebbe infatti tornare sui sentieri che partono dal pianoro, dove si trova il suo chalet, come potrebbe scendere nuovamente verso il fondo valle e da lì raggiungere una delle tante possibili destinazioni.

 

D. – Ieri Benedetto XVI ha avuto modo di scherzare con i giornalisti che seguono queste sue prime vacanze valdostane. Si respira un clima molto disteso, anche nell’entourage del Pontefice?

 

R. – Sì, direi che questa tranquillità, questo clima molto rilassato e molto cordiale è veramente palpabile. E’ un clima molto simpatico. Non c’è agitazione, il Papa fa fermare la macchina, scende e saluta con calma, uno per uno, tutte le persone presenti. E’ veramente un momento unico per poter incontrare il Papa in un’atmosfera, una situazione molto, molto particolare.

 

D. – Domenica l’Angelus, lunedì l’incontro con il clero valdostano: come sta vivendo la comunità locale l’attesa di questi momenti pubblici di Benedetto XVI?

 

R. – Diciamo che c’è un’ansia contenuta, nel senso che all’esterno non si nota nulla di particolare, ma quando si va poi a mettere un po’ il naso nei paesini, nelle comunità e nei luoghi di villeggiatura ci si accorge che la gente si prepara a partire. Si capisce che è stata programmata la partenza domenica molto presto per evitare di restare fuori dal pianoro, visto che più di tante persone non può accogliere… domenica scorsa c’era una fila che arrivava fino al fondo valle delle persone che avrebbero voluto seguire l’Angelus. Lunedì ci sarà poi l’incontro con il clero locale: la conferma è arrivata soltanto tre giorni fa. L’incontro avverrà nella piccola chiesa di Introd, dove si stanno facendo un po’ di corsa i preparativi. Anche questo sarà un appuntamento molto interessante.

**********

 

Intanto, è ancora forte l’eco suscitata dalla riflessione di Benedetto XVI in Valle d’Aosta sul terrorismo. Non è frutto di uno “scontro di civiltà”, ma l’opera irrazionale di “piccoli gruppi di fanatizzati”, ha detto il Papa rispondendo alle domande dei giornalisti. Parole che trovano il pieno sostegno del prof. Giovanni Puglisi, presidente dell’UNESCO in Italia, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

**********

R. – Io preferire parlare, piuttosto che di scontri, di incontri fra culture, anche un po’ per esorcizzare alcuni rischi che, in maniera strumentale, tante volte, vengono portati all’attenzione della grande informazione, quindi anche della gente più sprovveduta. Credo che le culture, se sono tali, non possono scontrarsi. E’ l’ignoranza che determina lo scontro. Le culture si possono soltanto conoscere, incontrare, integrare, confrontare.

 

D. – L’incontro, piuttosto che lo scontro, fra civiltà, presuppone un dialogo. Benedetto XVI, e Giovanni Paolo II prima di lui, ha messo molte volte in evidenza questo aspetto, cioè la necessità di un impegno al dialogo, alla reciproca comprensione…

 

R. – L’UNESCO oggi sta proprio puntando moltissimo sull’integrazione delle culture, sulla valorizzazione di tutto ciò che si rapporta al superamento delle diversità culturali come momento di scontro, appunto, e di conflitto. Credo che oggi il tema dell’integrazione culturale, della valorizzazione delle diverse esperienze passi attraverso la valorizzazione della dignità della persona umana. E questo credo che sia il grande messaggio che viene dalla Chiesa cattolica, che viene dall’impegno prima di Giovanni Paolo II e adesso di Benedetto XVI: questo puntare sulla persona umana come grimaldello per sconfiggere l’ignoranza e l’incompetenza culturale.

 

D. – Il Mar Mediterraneo per secoli è stato quasi un lago, tanto erano vicine culturalmente le sponde tra Europa e Nord Africa. In questo senso, come può essere utile oggi la cultura mediterranea per far dialogare e far integrare il mondo arabo con quello europeo?

 

R. – Il Mar Mediterraneo nell’antica latinità si chiamava mare nostrum. Il pregiudizio di questa espressione nasceva dalla concezione romana che quello era un mare che apparteneva ad una cultura. E la prima cosa che facevano i romani, ovunque essi arrivassero, era imporre la lingua, l’esercito e la moneta. Oggi il Mar Mediterraneo è un piccolo lago rispetto alle dimensioni planetarie, però è un lago nel quale si affacciano tradizioni, culture, esperienze, tanto diverse da finire con il diventare conflittuali fra di loro. Allora credo che oggi il grande messaggio che può venire dal cuore del Mediterraneo, dalla sua vocazione al pluralismo, alla sensibilità, è un messaggio di grande tolleranza, di grande apertura, di grande rispetto per gli altri.   

**********

 

 

L’IMPEGNO DELLA CHIESA CONTRO LA “MODERNA SCHIAVITÙ” DELLA PROSTITUZIONE: RIFLESSIONE SUL DOCUMENTO CONCLUSIVO DELL’INCONTRO INTERNAZIONALE

PER LA LIBERAZIONE DELLE DONNE DI STRADA,

- Intervista con l’arcivescovo Agostino Marchetto -

 

Sempre in primo piano la “moderna schiavitù” della prostituzione, fenomeno in crescita che coinvolge migliaia di donne, spesso vittime del traffico umano. Lasciano casa e affetti, in cerca di un futuro migliore e si trovano strette nel giro del mercato del sesso. Il delicato tema è stato approfondito dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, che nei giorni scorsi ha pubblicato il documento finale del I Incontro internazionale per la liberazione delle donne di strada, svoltosi il 20 e 21 giugno in Vaticano. Torniamo a parlarne con il segretario del dicastero Pontificio, l’arcivescovo Agostino Marchetto, intervistato da Roberta Moretti:

 

**********

R. - All’incontro hanno partecipato, oltre ai superiori del Pontificio Consiglio e a cinque officiali del dicastero, due vescovi e vari sacerdoti, religiosi, religiose e laici rappresentanti delle Conferenze Episcopali di 19 nazioni europee, cioè Albania, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Repubblica Ceca, Danimarca (Paesi Nordici), Estonia, Germania, Inghilterra, Irlanda, Italia, Montenegro, Olanda, Polonia, Portogallo, Scozia, Slovenia, Spagna, Svizzera e Ungheria. Inoltre, includendo gli esperti, erano rappresentati anche Paesi di altri continenti, (Repubblica Democratica del Congo, India, Nigeria e Thailandia). Erano presenti tra loro delegati dell’Unione dei Superiori Generali (USG), e dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali (UISG), del Consiglio episcopale Latino Americano (CELAM), della Commissione Internazionale Cattolica per le Migrazioni (CICM), dell’Associazione “Comunità Papa Giovanni XXIII”, della Legione di Maria e rappresentanti di altre associazioni, tutti con impegno apostolico nel settore, con un delegato di Caritas Internationalis.

 

D. - quali le conclusioni dell’Incontro?

 

R. - Ricordo alcuni punti chiave: La prostituzione è una forma di schiavitù moderna; v’é un legame tra migrazione, diritti e traffico di esseri umani. Le cause della prostituzione; chi è la vittima; chi è il “cliente”. Le relazione tra uomini e donne: a questo proposito il documento finale rileva che essa “non é alla pari, poiché la violenza, o la minaccia di violenza, dà  all’uomo privilegi e potere che possono rendere le donne silenziose e passive. Esse e i bambini sono spesso spinti sulla strada dalla violenza che soffrono da parte di componenti maschili presenti in casa, i quali hanno “interiorizzato” la violenza inoculata dalle ideologie e presente nelle strutture sociali. È triste dover dire che pure donne partecipano all’oppressione e alla violenza verso altre donne e alcune anzi sono spesso scoperte all’interno di reti criminali collegate alla crescita della prostituzione”.

 

D. – Qual è il compito della Chiesa per combattere il fenomeno della prostituzione?

 

R. - A questo proposito ricorderò solamente che la Chiesa ha una responsabilità pastorale per promuovere la dignità umana di persone sfruttate a causa della prostituzione e nel perorare la loro liberazione, dando pure a tal fine un sostegno economico, educativo e formativo. La Chiesa deve cioè assumersi la difesa dei legittimi diritti delle donne. Programmi di formazione poi per agenti pastorali sono comunque necessari per sviluppare competenze e strategie al fine di combattere la prostituzione e il traffico di esseri umani. Questi sono modi importanti di impegnare sacerdoti, religiosi e religiose e laici nella prevenzione e nella reintegrazione delle vittime. La collaborazione e la comunicazione tra Chiese di origine e di destino sono anche considerate essenziali.

 

D. - Che cosa hanno proposto i partecipanti all’incontro?

 

R. - Va compiuta tutta un’azione della Chiesa per liberare le donne di strada. Quando poi si affronta la prostituzione, è necessario un approccio pluridimensionale. Esso deve coinvolgere sia uomini che donne in reciproca trasformazione e porre i diritti umani al centro di ogni strategia. Tutti i cristiani sono chiamati ad essere solidali  con le donne prigioniere della strada. In ogni caso gli uomini hanno un importante ruolo da svolgere nell’aiutare a raggiungere l’uguaglianza dei sessi, in un contesto di reciprocità e di giuste differenze. Gli sfruttatori (generalmente uomini), che sono “clienti”, trafficanti, turisti del sesso, ecc., hanno bisogno di essere educati, sia circa la gerarchia dei valori, che riguardo ai diritti umani. Essi hanno bisogno anche di udire dalla Chiesa, se non dallo Stato, una chiara condanna del loro peccato e dell’ingiustizia che commettono. Il documento finale dell’incontro ricorda poi il ruolo delle Conferenze Episcopali e quello delle Congregazioni religiose.

 

D. - Cosa si attesta nel documento su educazione e ricerca?

 

R. - Con attenzione al gruppo mirato, è importante accostarsi al problema della prostituzione senza trascurare la visione cristiana della vita, con gruppi giovanili in scuole, parrocchie e famiglie, al fine di sviluppare giudizi corretti a proposito di relazioni umane, genere, rispetto, dignità, diritti umani e sessualità. I formatori e gli educatori dovranno certo tener conto del contesto culturale in cui lavorano, ma non permetteranno che un senso di imbarazzo impedisca loro di impegnarsi in un appropriato dialogo su questi argomenti, al fine di creare consapevolezza e preoccupazione riguardo all’uso e abuso di sesso e amore. La Chiesa dovrà insegnare e diffondere la sua Dottrina morale e sociale, che offre chiare linee di comportamento e invita a lottare per la giustizia. Impegnarsi a vari livelli, locale, nazionale e internazionale, per la liberazione delle donne di strada è un atto di vero discepolato cristiano, un’espressione di autentico amore cristiano (cfr. 1 Cor 13,3). L’ultimo punto che amo ricordare riguarda la prestazione di servizi.

**********

 

=====ooo======

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo "La determinazione di reagire alla paura": con ferma compostezza la popolazione di Londra ha risposto agli attentati che ancora una volta intendevano seminare terrore e morte. Questa mattina la capitale britannica ha vissuto altri momenti drammatici: la polizia ha ucciso un presunto terrorista in una stazione della metropolitana.

 

Nelle vaticane, una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Asia.

 

Nelle estere, Iraq: nuove accuse alla Siria di sostenere gli insorti; proteste per la bozza della Costituzione che riduce i diritti delle donne in nome della "Sharia".

 

Nella pagina culturale, un articolo di Matthew Fforde sull'opera del romanziere, storico e saggista Herbert George Wells, fondatore della letteratura di fantascienza in Gran Bretagna.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il terrorismo.

 

 

======ooo======

 

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

22 luglio 2005

 

 

IL PRESIDENTE AFGHANO KARZAI, A ROMA PER INCONTRI ISTITUZIONALI,

CONDANNA IL TERRORISMO

- Servizio di Andrea Sarubbi -

 

La lotta al terrorismo, la paura che le azioni di fanatici vengano confuse con l’Islam, l’invito alla comunità internazionale perché rimanga unita e scelga la strada della “collaborazione di civiltà”. Sono molti i temi trattati questa mattina dal presidente afghano, Hamid Karzai, in visita a Roma. Il capo del governo di Kabul, che ieri ha incontrato il presidente italiano, Ciampi, ed oggi vedrà il premier, Berlusconi, ha partecipato ad una conferenza presso l’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente. C’era per noi Andrea Sarubbi:

 

**********

“WHEN EACH TERRORIST ACTIVITY OCCURS, IMMEDIATELY…

Ogni volta che c’è un’azione terroristica, immediatamente, in qualche modo, la si associa all’Islam. E questo è uno sbaglio enorme. Le persone che hanno ucciso civili a Londra sono le stesse che uccidono religiosi, bambini, innocenti in Afghanistan e negli altri Paesi. Non appartengono a nessuna religione, sono soltanto mercanti di morte”.

 

È un Karzai preoccupato, quello che si rivolge all’Italia. Preoccupato del rischio terrorismo, sì, ma anche del suo possibile indotto: la rabbia dell’Occidente contro milioni di musulmani come lui, come la sua gente. Chiede alla comunità internazionale di tenere alta la guardia perché, “mai come ora, nessun luogo è sicuro”. Contemporaneamente chiede di non dimenticare che la guerra al terrore si vince e si perde solo restando uniti. D’altra parte, spiega, le radici del terrorismo hanno responsabilità comuni:

 

“TERRORISM… IT EMERGED FROM THE SOVIET INVASION OF AFGHANISTAN

Il terrorismo è nato con l’invasione sovietica dell’Afghanistan. Mosca cercava di imporre il comunismo alla nostra gente ed il popolo afghano, molto legato all’Islam, ha iniziato a difendere il proprio Paese e la propria religione. Milioni di persone furono costrette a fuggire. Ma mentre ciò accadeva, l’Occidente ed alcuni Paesi musulmani hanno unito gli sforzi per aiutare la resistenza afghana, promuovendo però le tendenze religiose più estremiste. Secondo loro, il modo migliore per combattere il comunismo era quello di radicalizzare lo scontro sul piano ideologico e religioso. Ed è qui che è iniziato il problema”.

 

Poi, quando l’Unione sovietica è andata via, nessuno si è più interessato dell’Afghanistan. Forse perché – commenta con amarezza Karzai – non avevamo niente da vendere e niente da acquistare. Se oggi il terrorismo è così potente da poter colpire “qualunque vita in qualunque momento”, prosegue il presidente afghano, il resto del mondo deve dunque riconoscere le proprie responsabilità:

 

“TERRORISM, AFTER THE SOVIETS LEFT AND IN THE PAST DECADES WAS MAINLY A PRODUCT OF NEGLECT…

Il terrorismo, dopo la fine dell’invasione sovietica e negli ultimi decenni, è stato principalmente un prodotto del disinteresse del resto del mondo. Finché riguardava solo l’Afghanistan, non interessava a nessuno. Ce ne si è occupati solo quando sono state colpite New York, Madrid, ora purtroppo anche Londra… e nessuno è al sicuro, se non lo combattiamo”.

**********

 

Combattere il terrorismo, dunque, è la sfida di oggi. Per farlo - spiega ancora Garzai - non basta bloccarne i canali finanziari: occorre invece fermare quei governi che “utilizzano l’estremismo come uno strumento di politica estera” e proporre un modello alternativo, quello della collaborazione di civiltà, che oggi l’Afghanistan sta sperimentando grazie agli aiuti internazionali. E ne avrà bisogno ancora - conclude il presidente - dicendosi però ottimista sul futuro di un Paese che, presto, firmerà anche una partnership con la Nato:

 

**********

AFGHANISTAN TODAY HAS IN THREE YEARS TIME…

Nel giro di tre anni, l’Afghanistan avrà 6 milioni di bambini a scuola. Abbiamo una Costituzione che garantisce alle donne il 27 per cento dei seggi in Parlamento. Saranno proprio loro, le donne, le protagoniste delle elezioni del 18 settembre, che con la creazione di un Parlamento completeranno le fasi principali del processo di transizione. Certo, non saranno rose e fiori: avremo posto le fondamenta, ma ci sarà ancora bisogno dell’aiuto di tutti, per molti anni ancora.

*********

 

 

TOGO: IL PRESIDENTE GNASSINGBÉ E IL LEADER DELL’OPPOSIZIONE OLIMPIO

COMPIONO A ROMA UN PRIMO PASSO PER METTERE FINE ALLE VIOLENZE

- Intervista con Mario Giro -

 

Il presidente del Togo, Faure Gnassingbé, e il principale leader dell’opposizione, Gilchrist Olimpio, hanno raggiunto ieri un’intesa per porre fine alla crisi politica esplosa dopo il fallimento delle elezioni dello scorso 24 aprile. L’accordo, siglato presso la comunità di S. Egidio, rappresenta un primo passo verso la riconciliazione del Paese, scosso da violenti scontri tra governo e opposizione. Secondo la lega togolese dei diritti sarebbero almeno 800 le persone uccise dall’inizio del 2005. Andrea Cocco ha chiesto a Mario Giro, responsabile dei rapporti internazionali della Comunità di Sant'Egidio, di illustrare il contenuto del comunicato di ieri:

 

**********

R. – E’ stato raggiunto un accordo sulla liberazione di chi è stato imprigionato dopo tali fatti, sul ritorno dei rifugiati, su una condanna per l’arresto della violenza da qualunque parte provenga. Bisogna sapere che la Comunità di Sant’Egidio lavora da più di un anno e mezzo su questo dossier e aveva già fatto rendere il passaporto da parte del presidente Eyadema, il padre dell’attuale presidente Faure Gnassingbé, e Gilchrist Olimpio, capo dell’opposizione. I contatti sono proseguiti continuamente fino a questo incontro, molto importante, perché il presidente stesso si è spostato per venire ad incontrare l’oppositore storico al suo regime.

 

D. – L’incontro di ieri rappresenta solamente un primo passo in vista di un nuovo incontro che probabilmente sarà concordato tra le parti. Quali sono i maggiori ostacoli e i punti più controversi che dovranno essere risolti?

 

R. – Da settembre si lavorerà sulle tematiche politiche per arrivare ad un accordo politico, e cioè la revisione costituzionale del codice elettorale e altre cose di questo tipo. E’ un lavoro difficile e delicato, perché naturalmente tutti sapete che il Togo ha vissuto 40 anni di potere autoritario. A questo punto, piano piano si cerca di riuscire a trovare la soluzione, negoziata tra i due maggiori contendenti. E poi, attualmente, bisogna considerare anche la presenza degli altri partiti.

 

D. – Uno degli aspetti più problematici è quello dei rifugiati che sono fuggiti dal Togo dopo le violenze. Quali sono attualmente le loro condizioni?

 

R. – Sono molti: circa 60, 65 mila, tra il Ghana, il Benin, la Costa d’Avorio. Uno dei punti di decisione di questi giorni è il ritorno di questi profughi. Tra l’altro, c’è sempre il rischio che si prepari una reazione violenta. In Togo non c’è la guerra, c’è stata la repressione. Speriamo che non esploda in maniera incontrollata. E’ questo che cerchiamo di evitare.

********** 

 

 

L’ARTE COME ANTIDOTO ALLA VIOLENZA E AI MALI DEL MONDO: E’ IL TEMA

 DEL TODI ARTE FESTIVAL 2005, LA RASSEGNA DI MUSICA, DANZA E TEATRO

 CHE PRENDE IL VIA OGGI NELLA CITTADINA UMBRA, NELL’ITALIA CENTRALE

- Intervista con Simona Marchini -

 

L’arte come antidoto alla violenza e ai mali del mondo, lo spettacolo come segnale di speranza. È questo il tema del Todi Arte Festival 2005, la rassegna di musica, danza e teatro che si svolge ogni anno nella cittadina umbra, nell’Italia centrale. L’edizione di quest’anno, che prende il via oggi e prosegue fino al 31 luglio, ha un valore particolare perché è dedicata in gran parte ai bambini. Il servizio di Isabella Piro:

 

**********

(musica)

 

Musica, danza, teatro e arti visive: sono queste le 4 sezioni i cui si divide il Todi Arte Festival. L’edizione 2005 è dedicata all’ombra, nel senso di un percorso di evoluzione e di chiarezza che porta l’uomo ad esorcizzare i suoi mali. Ascoltiamo la direttrice artistica del Festival, Simona Marchini:

 

 R. – Ombra interiore, ombra del mondo, ombra del negativo, ombra del male: un’ombra, quindi, che ci portiamo dentro, ma che dobbiamo esplorare e superare.

 

Ad aprire la rassegna, l’opera di Gioacchino Rossini, Cenerentola. Una scelta evidente legata ai bambini. Il ricavato della serata, infatti, sarà devoluto all’UNICEF. Ancora Simona Marchini:

 

R. – La fiaba è proprio il percorso interiore della nostra fiducia, della nostra speranza nella vita, le cose buone che alla fine si avverano. E’ una Cenerentola veramente bella. Le scene ed i costumi sono Pasquale Grossi. Ho inoltre una compagnia di giovani meravigliosi e un maestro altrettanto giovane, il maestro Pietro Rizzo, e vengono tutti rigorosamente gratis a lavorare per l’UNICEF.

 

Ai più piccini è dedicata anche la lettura “Ti scrivo per parlarti anche di me”, ossia le lettere di bambini da tutto il mondo. Simona Marchini:

 

R. – E’ una lettura, una visione generale di come il mondo si comporta con l’infanzia. Pensiamo alle lettere di bambini all’UNICEF e non solo, ad annotazioni di costume di maestri e di insegnanti sul loro rapporto con i ragazzi; ad informazioni generali sullo stato dell’infanzia nel mondo, sia quella più disperata sia quella più ricca. 

 

“Ti scrivo per parlarti anche di me” ha l’onore di chiudere il Festival: una scelta non casuale, conclude Simona Marchini:

 

R. – Voglio concludere con una speranza, perché c’è moltissima gente meravigliosa che si occupa di bambini in tutto il mondo ed anche in Italia. Anche se siamo sopraffatti dall’orrore, dalle cattive notizie e dalle brutte cose, in realtà c’è un’umanità che salva, che sostiene, che aiuta tutto ciò che è positivo e che è buono.

 (musica)

**********

 

 

======ooo======

 

 

CHIESA E SOCIETA’

22 luglio 2005

 

 

ANGOLA: AGGREDITO LUNEDì SCORSO l’Amministratore Apostolico di Cabinda, Mons. Eugenio Dal Corso. DIFFUSA SOLO IERI LA NOTIZIA.

“Rimango al mio posto per continuare l’incarico

affidatomi dalla Chiesa”, HA DETTO IL PRESULE

 

Cabinda. = “Sto bene, anche se ho subito un’aggressione piuttosto violenta con colpi alla testa, che grazie a Dio, non hanno avuto conseguenze gravi”. Lo ha detto all’agenzia Fides mons. Eugenio Dal Corso, vescovo di Saurimo, nel nord Angola, e amministratore apostolico di Cabina, che lunedì scorso ha subito una violenta aggressione nella sagrestia della parrocchia dell’Immacolata Concezione di Cabinda. Del grave episodio si è appreso solo ieri. “Nonostante la violenza subita intendo continuare la missione che mi è stata affidata dalla Chiesa nella Diocesi di Cabinda”, ha affermato il presule. Mons. Dal Corso era arrivato a Cabinda il 14 luglio per insediarsi come amministratore apostolico, in attesa dell’arrivo del nuovo vescovo, mons. Filomeno do Nascimento Vieira Dias. L’aggressione sarebbe avvenuta mentre il vescovo si stava preparando a celebrare la Santa Messa nella parrocchia dell’Immacolata Concezione. Si trovava nella sagrestia insieme al parroco, quando sono giunti alcuni giovani. “Dove non c’è pace non si può celebrare la Messa” avrebbero detto al prelato aggredendolo, spingendolo a terra e colpendolo con pugni e calci. Accompagnato all’ospedale i medici gli hanno riscontrato diverse ecchimosi e una lussazione a una mano. “Volevano ricoverarmi, ma ho preferito farmi medicare e tornare nella Casa episcopale, per dare un segnale di serenità”, ha dichiarato il vescovo. Secondo fonti locali il movente dell’aggressione sarebbe da ricondursi a un intreccio di motivazioni etniche, religiose e politiche. La violenza nei confronti di mons. Dal Corso ha suscitato sdegno in tutta l’Angola. La Conferenza Episcopale e Sao Tomé hanno diffuso un comunicato nel quale si esprime profonda indignazione per la dolorosa notizia dell’aggressione fisica perpetrata contro la persona di mons. Eugenio Dal Corso. Cabinda è un’enclave angolana di 7.270 kmq, situata a 60 km dal resto dell’Angola, collocata tra la Repubblica del Congo (Congo Brazzaville) e la Repubblica Democratica del Congo (Congo Kinshasa, l’ex Zaire). La sua popolazione è circa 250mila persone, dei quali 100mila originari del luogo e gli altri rifugiati provenienti dai Paesi vicini. Nell’enclave opera da decenni un movimento armato che rivendica l’indipendenza dall’Angola. La principale posta in gioco del conflitto è il petrolio. L’enclave definita “il Kuwait africano” possiede i due terzi delle riserve petrolifere angolane. (T.C.)

 

 

Dialogo islamo-cristiano in Australia:

occorre superare pregiudizi e stereotipi,

lo afferma il Vescovo ausiliare di Melbourne

 

Melbourne. = Promuovere buoni rapporti e legami di amicizia fra la comunità cristiana d’Australia e quella musulmana: è l’intento dichiarato da mons. Christopher Prowse, vescovo ausiliare di Melbourne, dopo i gravi attentati di Londra che hanno avuto riflessi anche in Oceania. “Da quando ho instaurato legami di amicizia con i leader musulmani della città mi sento una persona migliore”, ha detto il vescovo. Mons. Prowse è stato invitato di recente a un ciclo di incontri organizzato dalla comunità islamica di Melbourne. “Occorre andare oltre gli stereotipi e promuovere dialogo e amicizia. Il rapporto con le altre comunità religiose, in particolare con quella islamica, non può consistere solo in una comparazione teologica e dottrinale. Ma deve partire dall’eliminare l’ignoranza e i pregiudizi reciproci, promuovendo la conoscenza e lo scambio a livello umano, in un dialogo di vita”, ha osservato il presule. Secondo le stime degli studiosi, la comunità musulmana d'Australia conta circa 350-400.000 unità su una popolazione di circa 17.000.000 di abitanti. L’Islam è, dopo quella cristiana, la seconda religione tra quelle praticate in Australia. Si tratta per lo più di emigrati da Paesi a maggioranza musulmana, ma vi sono anche convertiti tra gli abitanti di origine europea, stimati in circa 5.000. Il gruppo libanese è il più consistente; seguono le comunità turca, egiziana, indonesiana, malese e pakistana. La maggior parte dei musulmani abita a Sidney e nei dintorni, cioè nel Nuovo Galles del Sud. (T.C.)

 

 

IN INDIA, Mons. Oswald Lewis, primo vescovo della nuova diocesi di Jaipur,

spiega le sfide di una missione minacciata dal fondamentalismo

e dal proselitismo delle sette evangeliche:

"Ma il nostro lavoro deve continuare"

 

JAIPUR. = “Nonostante la violenza dei fondamentalisti la missione cattolica in India deve andare avanti. Sarà Dio a guidare i nostri passi, perché noi siamo solo Suoi strumenti”. È il messaggio di mons. Oswald Lewis, nominato il 20 luglio da Benedetto XVI primo vescovo della nuova diocesi di Jaipur, la 152° dell’India. In un’intervista ad AsiaNews il presule, che ricopriva il ruolo di ausiliare di Meerut, ha detto: “Ringrazio Dio per questa novità anche se, nello stesso tempo, mi rendo conto dell’immensità del compito che mi si prospetta. Il Rajasthan, come pochi altri Stati indiani, è un luogo dove la Chiesa affronta una crisi”. “Infatti – spiega – anche qui il decreto anti-conversione (atto con forza di legge che impone la comunicazione alle autorità in caso di conversione a religioni non induiste) è stato imposto dal partito al potere, il BJP (Bharatiya Janata Party, sostenitore di una visione fondamentalista dell’induismo)”. “Sono noti e purtroppo recenti – ha proseguito il vescovo – i molti casi di violenze contro i cristiani e non è un mistero che l’Amministrazione statale abbia un pregiudizio che favorisce gli estremisti. Nonostante la Chiesa cattolica ed i suoi rappresentanti abbiano un buon rapporto con i singoli individui al potere, quando si entra nel ragionamento di apparato statale o amministrativo  noi diveniamo sempre “gli altri”. Queste persone partono dal presupposto che i cattolici siano 'diametralmente opposti' a loro e vedono in noi una minaccia, alla quale rispondono con la violenza”. Il motto scelto da Lewis, non appena ricevuta la nomina ad ausiliare di Meerut, è 'Servizio in Umiltà', che manterrà nel nuovo incarico. “Qui a Jaipur avrò la possibilità di metterlo veramente in pratica”, ha affermato il presule. (T.C.)

 

 

EDUCAZIONE ALLA SALUTE E COINVOLGIMENTO DELLE COMUNITÀ LOCALI,

 PER COMBATTERE LA PIAGA DELL’HIV/AIDS IN MALAWI:

 È L’IMPEGNO DI SAVE THE CHILDREN, CHE DAL 1983 OPERA NEL PAESE AFRICANO

 

ROMA. = Migliorare la situazione sanitaria e il livello di istruzione in Malawi, puntando sul coinvolgimento diretto della comunità locale: è l’obiettivo dei progetti di Save the Children, che dal 1983 lavora nel Paese africano. Quest’anno, considerando la sempre più grave diffusione dell’HIV/AIDS e le catastrofiche conseguenze sulla popolazione infantile, l’Associazione ha focalizzato il suo impegno nel sostegno a livello comunitario delle famiglie, nell’educazione e nella prevenzione e mitigazione degli effetti della pandemia. Operando attualmente in 18 dei 28 distretti del Malawi, Save the Children offre programmi di formazione e assistenza a oltre 2 milioni di persone. Circa 92 mila studenti di 171 scuole nei distretti di Balaka, Mangochi e Blantyre vengono coinvolti in attività di educazione all’igiene personale e alla cura e prevenzione dalle malattie più comuni. In 9 scuole sono stati creati anche orti nutrizionali e oltre 76 mila alunni hanno tratto beneficio da questa iniziativa. In molti istituti sono stati costruiti, inoltre, pozzi per accedere all’acqua e ai servizi igienici. Per quanto riguarda, invece, l’attuazione di misure per la prevenzione, la cura e la riduzione dell’impatto dell’HIV/AIDS, Save the Children è particolarmente impegnata nel distretto di Blantyre, che detiene il  triste  primato dei sieropositivi nel Paese, con 93.400 adulti contagiati. Un altro obiettivo è quello di potenziare le capacità delle comunità di fornire cura e assistenza ai bambini orfani e vulnerabili e ai malati cronici, attraverso la costruzione di 10 centri comunitari che offrano accoglienza e sostegno psico-sociale. (R.M.)

 

 

======ooo=======

 

 

24 ORE NEL MONDO

22 luglio 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Un sospetto kamikaze, che stava per salire su un treno, è stato ucciso a Londra da un agente in borghese. Secondo gli inquirenti, l’uomo era uno degli attentatori coinvolti negli attacchi di ieri rivendicati dalle “Brigate Al-Masri”. Il messaggio contiene minacce esplicite all’Italia. Dopo Londra, “i prossimi segni si vedranno a Roma, Amsterdam e in Danimarca”, si legge nel testo. Nella capitale britannica, intanto, la tensione resta alta: poco fa è rientrato l’allarme bomba in una moschea di Londra. Il servizio di Sagida Syed:

 

**********

Alle 11.00 locali la polizia ha sparato e ha ucciso un uomo, un sospetto kamikaze alla fermata della metropolitana di Stockwell. L’uomo, che sarebbe morto sul colpo, cercava di salire sul convoglio del treno, quando un poliziotto in abiti civili, avrebbe estratto la pistola e sparato cinque colpi; quello mortale lo avrebbe raggiunto alla testa. La stazione di Stockwell è stata evacuata e due linee della metropolitana, la Northen e la Victoria, sarebbero state sospese. Secondo un testimone, citato dalla BBC, il presunto attentatore sembrava essere di origine asiatica. Nel mirino della polizia, che ha l’ordine di sparare per uccidere di fronte a potenziali kamikaze, restano i responsabili di quattro attentati, fortunatamente non mortali in tre stazioni e su un autobus. Intanto le autorità hanno riferito che entrambi gli uomini fermati ieri, uno nei pressi di Downing Street e l’altro vicino a Warren Street, sono stati rilasciati senza alcuna accusa.

 

Da Londra, per la Radio Vaticana, Sapida Syed.

**********

 

Ma quale segnale vogliono lanciare i terroristi con queste nuove azioni a Londra? Roberto Piermarini lo ha chiesto a Guido Olimpio, esperto di terrorismo del Corriere della Sera:

 

**********

R. – Vogliono dire che possono colpire quando vogliono, come vogliono e dimostrare che la sicurezza non può fare nulla contro di loro.

 

D. – Perché ancora una volta Londra, visto che a New York e a Madrid non c’è stata una replica degli attentati?

 

R. – A New York non c’è stata una replica, perché la seconda schiera non è entrata in azione o è saltato qualcosa nel piano. Dopo New York, in tutti gli attentati ci sono sempre state nuove ondate, due o tre ondate. Questo perché i gruppi vogliono dimostrare di poter colpire, di saper agire e soprattutto di essere tanti.

 

D. – Quali differenze tra gli attacchi del 7 luglio e quelli di ieri a Londra?

 

R. – Le differenze, secondo me, sono minime: l’unica differenza è che i detonatori non hanno funzionato, altrimenti avremmo avuto una strage identica e forse con più morti. Un altro elemento che mi colpisce è che sicuramente gli artificieri non sono bravi e quindi questo riporta al terrorismo fai da te. Questo non vuol dire che non sia pericoloso.

 

D. – E’ possibile l’effetto emulazione e che i due gruppi non si conoscano?

 

R. – E’ possibile l’effetto emulazione, ma io penso piuttosto che fanno parte comunque dello stesso ambiente. Magari non sono necessariamente collegati, ma sono probabilmente dello stesso ambiente. Troppi sono i punti di contatto, troppe le similitudini. Ritengo inoltre che l’esplosivo sia lo stesso e la composizione delle bombe identica. Sarebbe davvero una sorpresa se fossero diversi.

 

D. – Ci sono rischi per attentati con armi chimiche?

 

R. – Realizzare armi chimiche oggi non è facile. Sono state fatte ricerche e studi, sappiamo che c’è questo tentativo costante, ma fino ad oggi i terroristi non sono riusciti a trasformare questi studi in armi. Questo non vuol dire che non possa accadere e non vuol dire che non possano impossessarsi di qualche ordigno, magari nell’Est europeo o in Russia, dove ci sono arsenali abbandonati.

 

D. – La pista di Al Qaeda porta a Bin Laden?

 

R. – Non necessariamente a Bin Laden, ma a coloro che si  ispirano a Bin Laden. Possiamo dire che l’estremismo pakistano è l’estremismo più forte, quello che fa da collettore di fondi, da centro di addestramento e da fonte di ispirazione.

**********

 

In Iraq cinque persone, tra le quali tre poliziotti, sono state uccise in due diversi attacchi in un quartiere nella parte ovest di Baghdad. In entrambi i casi, uomini armati hanno sparato da auto in corsa. Un primo commando ha aperto il fuoco contro una vettura delle forze dell'ordine, nel quartiere occidentale di al-Baladayat: due agenti sono morti. Poco dopo, nella stessa zona, è stato assassinato un altro poliziotto: nella sparatoria hanno perso la vita anche due passanti.

 

È iniziata la missione in Medio Oriente del segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, che è giunta ieri sera in Israele per incoraggiare e rafforzare le condizioni per un ritiro ordinato dei coloni ebraici dalla Striscia di Gaza:

 

**********

Ha assunto un’estensione ed una connotazione più ampia del previsto la missione di Condoleeza Rice. Questa mattina, infatti, a sorpresa, dopo il colloquio a Gerusalemme con il primo ministro israeliano Sharon, è partita per il vicino Libano, ove avrà incontri con il presidente Lahoud, il nuovo premier Siniora, ed il figlio dell’ex premier Hariri, assassinato a febbraio in un attentato. E’ la prima visita in due anni a Beirut di un segretario di Stato americano e avviene all’indomani della formazione del governo, su rapporti di forze espressi dalle recenti elezioni politiche, seguite alla partenza dal Paese delle truppe siriane. Nell’esecutivo figura un ministro del movimento fondamentalista islamico degli Hezbollah. Ci sono, dunque, motivazioni sufficienti per attribuire una grande importanza a questa missione della signora Rice, impegnata a promuovere in collaborazione con la Russia per il prossimo settembre una conferenza regionale dei Paesi del Medio Oriente, con l’obiettivo di dare nuovo impulso ai rapporti diplomatici ed economici fra Israele e il mondo arabo. L’incontro della segretaria di Stato con Sharon è stato definito dai collaboratori del premier israeliano molto soddisfacente. E’ stato incentrato in prevalenza sul ritiro dei coloni da Gaza, previsto per metà agosto, per il quale Washington chiede che avvenga in stretta collaborazione con l’autorità palestinese.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

**********

 

In Italia, il Consiglio dei ministri ha approvato il pacchetto sicurezza per la lotta al terrorismo. Il decreto legge anti-terrorismo prevede, tra l'altro, l'introduzione del reato di addestramento alla preparazione o all’uso di materiale esplosivo e la creazione di una task force di polizia, carabinieri e guardia di finanza con specifici compiti e funzioni anti-terrorismo. Il ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, ha detto che il provvedimento ha come orientamento quello di rendere più chiare, cogenti e efficaci ai fini anti-terrorismo norme di legge già in vigore e che non si tratta di norme speciali. Anche in Francia sono state approvate misure antiterrorismo: è stato deciso di potenziare il controllo sul territorio anche attraverso maggiori strumenti di videosorveglianza.

 

La Camera dei rappresentanti americana ha rinnovato il Patriot Act, la legge speciale antiterrorismo varata negli Stati Uniti dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001. Contrariamente a quanto auspicato dal presidente George Bush, non tutte le misure contenute nell’Atto diventeranno permanenti: le più controverse, in particolare quella che attribuisce all’FBI e al ministero della  Giustizia la facoltà di accedere, senza l’autorizzazione del giudice, a dati di biblioteche e servizi pubblici, resteranno in vigore per dieci anni. Gran parte dei principali provvedimenti contenuti nella legge che ha spaccato l’America e la classe politica del Paese sono in scadenza alla fine del 2005. Il Senato dovrebbe approvare il rinnovo della legge a settembre.

 

La Corea del Nord è disponibile a firmare un trattato di pace in sostituzione dell’armistizio del 1953 con gli Stati Uniti. Lo ha detto un portavoce del ministero degli Esteri di Pyongang aggiungendo che un trattato di pace risolverebbe la crisi nucleare sulla penisola coreana. Il nostro servizio:

 

**********

A quattro giorni dalla ripresa dei colloqui a sei a Pechino sul programma nucleare di Pyongang, il governo della Corea del Nord vuole firmare un trattato di pace con gli Stati Uniti in sostituzione dell’armistizio che pose fine alla guerra di Corea, nel 1953. Lo ha reso noto l’agenzia di stampa nord coreana precisando che il trattato di pace darebbe uno slancio ai negoziati. “Sostituire il meccanismo del cessate il fuoco con un meccanismo di pace nella penisola coreana porrebbe fine alla politica ostile americana verso la Corea del Nord”, si legge in una nota del ministero degli Esteri. La richiesta del trattato di pace precede l’apertura dei colloqui di Pechino: i negoziati prevedono, in cambio dell’abbandono dei programmi nucleari, garanzie sulla sicurezza e piani di assistenza economica finanziati soprattutto dalla Corea del Sud. In questo nuovo corso della politica nord coreana, il miglioramento delle relazioni con l’amministrazione americana costituisce inoltre un passo fondamentale. “La costruzione di un meccanismo di pace – ha dichiarato infatti un portavoce dell’esecutivo nord coreano - è un processo al quale la Corea del Nord e gli Stati Uniti dovrebbero pervenire per raggiungere lo scopo finale delle denuclearizzazione della penisola coreana”.

**********

 

Il senato giapponese ha approvato un progetto di legge che autorizza il ministro della Difesa ad intervenire da solo, senza l’obbligo di consultare il Consiglio dei ministri, in caso di attacco missilistico. Lo hanno annunciato fonti ufficiali giapponesi precisando che il progetto di legge è stato approvato con 126 voti a favore e 94 contrari. Secondo i calcoli fatti dal ministero della Difesa di Tokyo, un missile nordcoreano impiegherebbe solo 10 minuti per arrivare sulle isole del Giappone.

 

La Germania andrà alle urne il prossimo 18 settembre. Ieri infatti il presidente tedesco Koehler ha annunciato lo scioglimento del Bundestag, il Parlamento di Berlino e ha indetto elezioni anticipate. Il servizio è di Giada Aquilino:

 

**********

Era attesa da tre settimane la decisione del presidente Koehler, dopo che il 1° luglio scorso il cancelliere Schroeder, incassando la sfiducia al Bundestag, si era recato dal capo di Stato con la richiesta di sciogliere il Parlamento. Poche ore prima la sua Spd aveva registrato una netta sconfitta nel land Nord Reno-Westfalia, ex roccaforte dei socialdemocratici. Allora Schroeder parlò di difficoltà a governare per un'opposizione crescente in seno alla maggioranza, invocando una nuova legittimazione popolare per continuare il programma di riforme. Scontata quindi la sua candidatura per un terzo mandato. Meno scontata la vittoria, dato che a sfidarlo sarà la leader cristiano-democratica Angela Merkel. Il presidente Koehler, in un discorso televisivo, ha invocato la necessità di un governo che possa contare su una solida maggioranza al Bundestag, in un momento di profonda crisi: “milioni di persone - ha ricordato Koehler - sono senza lavoro, molte di esse da anni”. I tedeschi potrebbero dunque essere chiamati alle urne già il 18 settembre, se arriverà parere favorevole dalla Corte costituzionale.

**********

 

In Kenya, il Parlamento ha approvato la nuova bozza della Costituzione che attribuisce la maggior parte dei poteri al capo di Stato. Rispetto alla bozza precedente, il nuovo testo ridimensiona inoltre le funzioni del primo ministro. La riforma della Costituzione, voluta dal presidente Mwai Kibak, è stata fortemente criticata. Il Paese è stato scosso, infatti, da sanguinosi scontri fra manifestanti e poliziotti che, negli ultimi giorni, hanno provocato a Nairobi la morte di una persona.

 

 

======ooo======