RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 200 - Testo della trasmissione di martedì 19 luglio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il cordoglio del Santo Padre per le vittime delle alluvioni in Romania, espresso in un telegramma al nunzio apostolico nel Paese

 

All’insegna della serenità, prosegue il soggiorno di Benedetto XVI in Valle d’Aosta. L’affetto della comunità locale, nelle parole del  sindaco di Introd, Osvaldo Naudin

La Chiesa non teme il mondo della comunicazione, con la sua vocazione all’universalità ha anticipato l’era mediatica e globale: così mons. Foley ad un convegno in Colombia

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Ancora vittime civili in Iraq: la nostra emittente aderirà al minuto di silenzio indetto dal parlamento di Baghdad domani alle 12 locali, le 10 in Italia. Ce ne parlano mons. Warduni e Magdi Allam

 

25 arresti in Pakistan e nuove norme antiterrorismo in Gran Bretagna, mentre il forum dei musulmani britannici annuncia una fatwa contro il terrorismo: il commento di padre Justo Lacunza

 

Tanti momenti di preghiera in questi giorni per mons. Locati, ucciso giovedì scorso in Kenya: domani i funerali nella cattedrale di Isiolo. Intervista con padre Giuseppe Caramazza

20 anni fa la tragedia di Stava, nel Nord Italia: con Noi Graziano Lucchi

Con una sontuosa edizione, il Festival dell’operetta di Trieste festeggia i 100 anni di  “La vedova allegra”: con noi Andrea Merli

 

CHIESA E SOCIETA’:

Condannati a tre anni di prigione nel Laos due cristiani

Ieri in India le prime udienze del tribunale popolare dei dalit cristiani

Ecuador: carceri troppo affollate e carenza di personale medico

 

Per ricordare la morte del giudice Borsellino, in tutta Italia l’Associazione Libera di don Ciotti offre in trenta piazze una cena con i prodotti ricavati dai terreni confiscati alla mafia

 

Parte oggi dalla Stazione Termini di Roma una campagna per la promozione della pace

 

24 ORE NEL MONDO:

Medio Oriente: l’uccisione di due palestinesi e manifestazioni di protesta contro il ritiro israeliano

 

In Cecenia 13 morti nell’attacco ad una camionetta della polizia

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

19 luglio 2005

 

 

 

LA VICINANZA DI BENEDETTO XVI ALLE POPOLAZIONI ROMENE

COLPITE DALLE INONDAZIONI. IL PAPA ESPRIME IL SUO CORDOGLIO

 PER LE VITTIME IN UN TELEGRAMMA AL NUNZIO APOSTOLICO IN ROMANIA,

MONS. JEAN-CLAUDE PERISSET

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Benedetto XVI segue con “apprensione il dramma delle popolazioni romene, colpite dalle piogge torrenziali” che in questi giorni hanno provocato “lutti, devastazioni e gravi danni” nel Paese balcanico.

 

In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, indirizzato al nunzio apostolico in Romania, mons. Jean-Claude Périsset, il Papa esprime la sua vicinanza spirituale a quanti, in questa nazione a lui cara, “soffrono per la morte di propri cari”, “sono senza casa o sono stati costretti a lasciare le proprie cose e si trovano ora in gravi difficoltà”.

 

In questo triste frangente - conclude il telegramma - Benedetto XVI invoca la consolazione del Signore ed invia una speciale Benedizione Apostolica, quale segno del suo affetto per la popolazione romena.

 

 

ALL’INSEGNA DELLA SERENITA’, PROSEGUE IL PERIODO DI RIPOSO

 DI BENEDETTO XVI IN VALLE D’AOSTA.

 L’AFFETTO DELLA COMUNITA’ LOCALE PER IL PAPA,

 TESTIMONIATA AI NOSTRI MICROFONI DAL SINDACO DI INTROD, OSVALDO NAUDIN

 

Splende il sole su Les Combes d’Introd, dove Benedetto XVI sta trascorrendo un periodo di riposo da lunedì 11 luglio. Dopo la pioggia di ieri il bel tempo di oggi potrebbe invitare il Papa ad uscire dalla sua residenza per una passeggiata, come ci riferisce l’inviato di Avvenire a Les Combes, Salvatore Mazza, al microfono di Alessandro Gisotti:

 

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R. – Ieri è piovuto tutto il giorno. Ci sono stati anche dei forti temporali. Il Papa è quindi rimasto tutto il giorno nello chalet. Oggi è prevedibile che almeno il pomeriggio esca di nuovo, perché la giornata è veramente magnifica e francamente è immaginabile che, come nei giorni precedenti, verso le 17.00-17.30 il Papa lasci lo chalet di Les Combes.

 

D. – La prima settimana è trascorsa all’insegna del riposo, ma anche dello studio per quanto si è potuto sapere. D’altro canto, il Papa continua a seguire con attenzione l’attualità internazionale. Insomma si conferma quanto detto da Navarro-Valls: si tratta di vacanze di lavoro…

 

R. – E’ assolutamente vero. Il Papa ha portato con sé molte cose. Si dice che abbia tre valige piene di materiale di lavoro, faldoni e appunti. Anche il telegramma che ha inviato per le vittime dell’attentato in Turchia dimostra che, comunque, non è astratto da quello che succede nel mondo, anzi tutt’altro!

 

D. – Salvatore, tu hai seguito Giovanni Paolo II nei suoi periodi a Les Combes, dove era praticamente di casa… quali sono le tue impressioni su questa prima vacanza valdostana di Benedetto XVI?

 

R. – Lo stile è molto diverso, nel senso che Giovanni Paolo II era un appassionato della montagna e quindi – anche negli ultimi anni, quando era in qualche modo impedito a camminare – usciva quasi tutti i giorni, perché voleva godere appieno di questa natura. Benedetto XVI,  come ha detto lui stesso anche domenica, è stato in questi primi mesi praticamente travolto dalle cose da fare, dal dover prendere in mano tante questioni che sono aperte e dunque sta scrivendo e ama più che le lunghe escursioni, le lunghe passeggiate. A prescindere da quello che è l’atteggiamento del Papa è bello vedere l’atteggiamento della gente verso il Papa. Questa prima vacanza è la dimostrazione di come sia vero quello che tante volte si dice: che la gente ama il Papa e Benedetto XVI ha avuto un’accoglienza assolutamente calorosissima domenica scorsa. Si è bloccata la strada per salire fino a Les Combes, per circa 9 chilometri, e non tutti quelli che volevano salire, sono riusciti a farlo. Il pianoro si è riempito e non c’era più lo spazio fisico per accogliere altra gente. Quindi questa accoglienza e questo grande calore delle persone, il grande affetto dimostrato al Papa, credo che siano le caratteristiche più importanti da sottolineare di questi momenti di riposo.

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E sull’affetto e calore dei fedeli valdostani ed in particolare della comunità locale, ecco la testimonianza del sindaco d’Introd, Osvaldo Naudin, raggiunto telefonicamente in Valle d’Aosta da Alessandro Gisotti:

 

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R. – E’ entrato già nelle nostre simpatie e nei cuori degli abitanti di Les Combes, di Introd e dei bambini. E’ stata una sorpresa anche per noi, perché abbiamo visto Benedetto XVI che si è aperto in questo suo primo incontro con la gente e l’incontro con questo paesaggio, che forse non immaginava così.

 

D. –  All’Angelus il Papa ha, sì, parlato delle bellezze della natura, ma ha anche dedicato parole importanti alla situazione difficile di alcune industrie della Valle d’Aosta?

 

R. – Sì, è stato accolto molto favorevolmente questo suo appello per queste industrie che sono in difficoltà, che sono in crisi. La gente, i padri di famiglia si trovano in cassa integrazione. Abbiamo visto un Papa che si interessava anche di quello che è il sociale vero e proprio. Questo ci ha fatto molto piacere e ringraziamo di cuore il Santo Padre per questo appello che ha fatto.

 

D. – Benedetto XVI ha visitato il Museo dedicato a Giovanni Paolo II. C’è qualche particolare, qualche aneddoto che ci può svelare?

 

R. – Io lo ho accompagnato all’interno del Museo. Era sorridente e voleva sapere in particolare delle foto, dei cimeli. Si dimostrava molto interessato ed anche divertito, perché erano  anche per lui dei bellissimi ricordi. Dopo la visita, si è avviato verso la piccola cappella, vi è rimasto circa 10 minuti e poi uscendo ha salutato tutta la gente che era lì ad aspettarlo. Si è avviato quindi di nuovo a piedi, per quel chilometro che lo separa dalla sua residenza.  

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LA CHIESA NON TEME LA “MEDIOSFERA” DELLA COMUNICAZIONE,

MA RICORDA CHE, CON LA SUA VOCAZIONE ALL’UNIVERSALITA’,

 HA ANTICIPATO L’ERA DEI MEDIA E DELLA COMUNICAZIONE:

COSÌ, MONS. JOHN PATRICK FOLEY, ALLA RIUNIONE DEL CELAM,

IN CORSO A BOGOTA’, IN COLOMBIA, FINO A GIOVEDÌ

- A cura di Roberta Moretti -

 

La Chiesa non soltanto non teme di vivere nella ‘mediosfera’ creata dalla comunicazione ma, anzi, “con la sua vocazione all’universalità, ha anticipato l’era dei media e della globalizzazione”: così, mons. John Patrick Foley, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, intervenendo oggi a Bogotà, in Colombia, alla Riunione dei responsabili e degli esperti della comunicazione del CELAM, il Consiglio episcopale latinoamericano. Scopo dell’incontro, in corso fino a giovedì, è di prendere coscienza delle sfide della comunicazione, in vista della V Conferenza generale dell’episcopato dell’America Latina. Il servizio di Roberta Moretti:

 

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Mons. Foley sottolinea l’intrinseca spinta comunicativa della missione evangelizzatrice della Chiesa, che supera frontiere e differenze linguistico-culturali attraverso la parola, l’arte e la tecnologia. “Come una “rete di reti” – spiega il porporato – la Chiesa mette in dialogo diocesi, conferenze episcopali, scuole e università cattoliche, congregazioni religiose e movimenti laicali”. E se, da una parte, i mezzi di comunicazione vanno potenziati in ogni angolo della terra per facilitare la partecipazione di tutti alla Parola di Dio, dall’altra, è necessario difendersi dai rischi di una “società segnata da una grave crisi di valori”. “Nei diversi gruppi mediatici – sostiene mons. Foley – si sta sviluppando una ‘battaglia di significati’ e si combatte non solo per vendere prodotti, ma anche per offrire quadri di comprensione della realtà, di valori e anti-valori, di atteggiamenti da seguire, sfortunatamente non sempre nel rispetto della dignità umana”.

 

Il presule ricorda allora come il Magistero della Chiesa ci spinga con forza ad entrare nella cultura mediatica, per fare presente in essa il volto di Cristo”. Un messaggio, questo, più volte evidenziato da Giovanni Paolo II e ribadito anche da Benedetto XVI, che nella comunicazione oggettiva e rispettosa della dignità umana individua un mezzo per consolidare legami d’amicizia tra i popoli. E in questo senso è rivolto l’impegno del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali e del CELAM, che insieme hanno favorito la nascita della RIIAL, la Rete informatica della Chiesa in America Latina. Strumento essenziale di evangelizzazione, in vista della V Conferenza generale dell’episcopato latino americano.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Il resoconto delle violenze che continuano ad imperversare in Iraq apre la prima pagina.

 
Nelle vaticane, due pagine dedicate alla prossima Giornata mondiale della Gioventù a Colonia.

 

Nelle estere, Medio Oriente: segnali di dialogo per ristabilire la tregua, ma la tensione nei Territori resta altissima; l'esercito israeliano toglie i blocchi nella Striscia di Gaza.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Marco Testi sull'opera della scrittrice Gina Lagorio, morta domenica.

Un articolo di Franco Pelliccioni sull'ascesa e il declino della Compagnia delle Indie Occidentali.

Per l'"Osservatore libri" un approfondito articolo di Danilo Veneruso sull'opera di Domenico Quirico "Adua. La battagia che cambiò la storia d'Italia". 

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema del terrorismo.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

19 luglio 2005

 

 

PER COMMEMORARE LE VITTIME CIVILI IN IRAQ, TEATRO STAMANI

DI NUOVI ATTACCHI COSTATI LA VITA AD ALMENO 16 PERSONE,

ANCHE LA NOSTRA EMITTENTE ADERIRÀ DOMANI AL MINUTO DI SILENZIO

INDETTO DAL PARLAMENTO DI BAGHDAD ALLE ORE 12.00 LOCALI, LE 10.00 IN ITALIA

- Interviste con mons. Warduni e Magdi Allam -

 

In Iraq, un gruppo di uomini armati a bordo di due auto ha attaccato a Baquba un minibus che trasportava i lavoratori iracheni uccidendo 13 persone. Nel nord del Paese due poliziotti ed un civile sono rimasti uccisi, inoltre, in seguito all’esplosione di due ordigni. E proprio per commemorare tutte le vittime del terrorismo in Iraq, a cominciare dai bambini e dalla popolazione civile, come già fatto per le vittime degli attentati dell’11 settembre, di Madrid e di Londra, anche la Radio Vaticana aderirà domani al minuto di silenzio indetto dal parlamento di Baghdad alle ore 12.00 locali, le 10.00 in Italia. La nostra emittente condivide le motivazioni dell’iniziativa: ricordare qualsiasi vittima della violenza e del terrore in ogni parte del mondo essa sia. Alle 10 in punto verrà interrotta la normale programmazione e sarà trasmessa musica classica. In questi ultimi due anni sono stati proprio i civili iracheni, che costituiscono il 95 per cento delle vittime, a subire i danni più gravi della violenza e del terrorismo. Lo conferma mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, contattato telefonicamente da Roberto Piermarini:

 

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R. – La situazione dei civili è tragica: le vittime sono soprattutto civili innocenti. La popolazione è privata dei propri diritti e ha paura. Ogni giorno diciamo: “Speriamo domani sia meglio”, ma in realtà ogni giorno è drammatico. Quando mancano l’acqua, l’elettricità, le medicine, la pace e la sicurezza la situazione è terribile. 

 

D. – Quanti sono i morti dall’inizio del conflitto tra i civili?

 

R. – Sono tantissimi. Ogni giorno fra i 10 e i 90 mila. Ma noi non possiamo conoscere il numero esatto. Ci sono infatti tante vittime che non vengono dichiarate, che sono disperse.

 

D. – Qual è la condizione dei bambini in Iraq in questo momento? Come stanno vivendo questa situazione?

 

R. – Molto male. E’ una situazionenegativa , perché quando non c’è la sicurezza per il padre, come si può vivereSappiamo della tragedia  di quei 30 bambini morti perché prendevano qualche dolcino dagli americani. Questa situazione si è verificata anche alcuni mesi fa, quando hanno voluto aprire un acquedotto. I bambini accorsi erano tanti. I terroristi hanno fatto scoppiare due macchine e hanno ucciso tanti bambini. Quindi, questi bambini chiedono aiuto da tutti.

 

D. – Per quanto riguarda la vita della Chiesa cattolica, in questa situazione quante difficoltà incontrate?

 

R. – A noi piace parlare degli iracheni in genere, perché è una situazione unica per tutti noi. Parlando dei cristiani o dei cattolici non vogliamo dividere la popolazione. La situazione è unica per tutti quanti. Quando muore un cristiano, vicino muoiono 5/6/7 musulmani. Quindi, tutti noi iracheni incontriamo tante difficoltà. Nel nostro caso, però, noi cristiani per il momento ringraziamo Dio, perché continuiamo a fare le nostre funzioni, le prime comunioni e andiamo avanti.

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Ed è auspicabile che molti altri occidentali si uniscano al minuto di silenzio per le vittime del terrorismo in Iraq, in segno di vicinanza al martoriato Paese    iracheno. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Magdi Allam:

 

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R. – In un certo senso l’Iraq è lo Stato martire per antonomasia, è lo Stato trasformato, malgrado la volontà della propria popolazione, nel fronte di prima linea di una sanguinosa guerra del terrorismo internazionale di matrice       islamica. Il prezzo viene pagato pesantemente dalla popolazione civile, da poliziotti e militari che operano lealmente all’interno di istituzioni legittimate internazionalmente e dal voto democratico della popolazione.

 

D. – Un gesto di adesione quello dell’Occidente che sarebbe importante proprio per una pacificazione?

 

R. – Esatto, io credo che il minuto di silenzio per Baghdad, per tutte le vittime del terrorismo in Iraq rappresenterebbe da parte dell’Occidente, ma anche da parte dei Paesi musulmani, la consapevolezza di questa unità dell’intera umanità nella denuncia di uno stesso male. E’ l’ideologia nichilista che disconosce il valore della vita propria ed altrui, un male che oramai è di casa ovunque nel mondo e che va combattuto affermando, da un lato, la cultura della vita contrapposta alla cultura della morte e, dall’altro, non discriminando appunto tra vittime del terrorismo di serie A e vittime del terrorismo di serie B.

 

D. – Si riuscirà a trasformare questo confronto-scontro di questi giorni, che coinvolge l’Iraq, in dialogo?

 

R. – Il dialogo vero deve fondarsi sulla condivisione del valore della sacralità della vita di tutti, quindi cristiani, musulmani, ebrei di tutte le persone umane indipendentemente dalla propria fede, dalla propria etnia, dalla propria cultura.

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IN GRAN BRETAGNA IL GOVERNO LANCIA NUOVE NORME ANTITERRORISMO

 E IL FORUM DEI MUSULMANI BRITANNICI ANNUNCIA UNA FATWA CONTRO IL

TERRORISMO. SUL VALORE DI QUESTO EDITTO RELIGIOSO,

L’ISLAMISTA PADRE JUSTO LACUNZA

 

Il Pakistan annuncia che le forze di sicurezza hanno arrestato 25 persone sospettate di essere militanti islamici nel corso di una serie di raid notturni  legati a indagini sugli attacchi di Londra del 7 luglio scorso. Parlando sotto anonimato, un funzionario del governo provinciale ha detto che “Sono sotto interrogatorio per accertare legami con gli attentatori” di Londra. Intanto, in Gran Bretagna il governo e i principali partiti dell’opposizione hanno trovato un accordo sulle nuove norme anti-terrorismo. La polizia ha anche reso noto che tutte le 56 vittime degli attentati del 7 luglio a Londra sono state identificate. I musulmani britannici, inoltre, hanno emesso ieri sera una fatwa di condanna contro il terrorismo e hanno espresso il loro cordoglio per le vittime. Il servizio di Sagida Syed:

 

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Il ministro degli Esteri britannico, Charles Clarke, ha ottenuto il pieno consenso dell’opposizione e dei conservatori liberal democratici per l’approvazione di nuove leggi contro il terrorismo. Tre i punti chiave: sarà un crimine incitare agli atti terroristici; glorificare i kamikaze anche a parole; chi è sospettato di preparare un atto terroristico potrà essere incriminato anche solo sulla base di pagine scaricate dal web per la costruzione di bombe; sarà anche vietato frequentare le scuole del terrorismo, i campi di addestramento in Gran Bretagna o all’estero. Intanto, la BBC ha mostrato un video dell’attentatore trentenne maestro di sostegno in cui insegna ai bambini a difendersi dai prepotenti a scuola. Ora Scotland Yard ritiene che la mente del commando fosse proprio lui, forse indottrinato nel suo viaggio in Pakistan lo scorso novembre. Oggi, il primo ministro Blair terrà un vertice straordinario a Downing Street con alcuni leader musulmani, molti dei quali hanno firmato una fatwa con cui si condanna chi si vota al martirio con il suicidio.

 

Da Londra, per la Radio Vaticana, Sagida Syed.

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La fatwa sarà letta il 22 luglio in 300 moschee. Annunciandola, il segretario generale del Forum dei musulmani britannici ha citato alcuni versi del Corano: “Chi uccide un essere umano è come se uccidesse tutta l’umanità, chi salva una vita umana è come se salvasse tutta l’umanità”. “Preghiamo - ha aggiunto il segretario del Forum – affinchè la pace, la sicurezza e l’armonia trionfino nella Gran Bretagna multiculturale”. Ma esattamente la fatwa che valore ha? Fausta Speranza lo ha chiesto a padre Justo Lacunza, presidente del Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamistica:

 

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R. – La fatwa ha tre livelli. Anzitutto è un editto religioso, legale; in secondo luogo, lega i musulmani in una zona geografica o in una nazione, come è il caso dell’Inghilterra, per un determinato periodo di tempo e ha una valenza storica; infine, normalmente una fatwa rimane una fatwa per lunghissimo periodo, soprattutto quando si tratta di elementi, di aspetti o di  argomenti che toccano la società come tale e che va quindi al di là di una settimana, un mese o un anno, come è appunto il caso del terrorismo.

 

D. – Cosa significa per un musulmano e che valore dargli quale messaggio all’Occidente?

 

R. – Possiamo anzitutto dire che un musulmano gli attribuisce due valori: prima di tutto, quello di sottolineare che l’islam è contro ogni atto di violenza, soprattutto quando viene perpetrato contro persone, individui, società, gruppi e questo perché secondo l’Islam la vita è sacra. In secondo luogo, può avere una valenza soprattutto nelle società multireligiose, multiculturali e multilinguistiche per cercare di costruire insieme e sradicare ogni forma di violenza e di odio, fondata soprattutto sulla questione religiosa.

 

D. – Padre Lacunza, con una semplificazione giornalistica possiamo dire che l’editto religioso legale significa praticamente una legge religiosa?

 

R. – Diciamo che non si tratta di una legge religiosa propria, ma possiamo dire che un editto religioso chiamato fatwa ha una valenza che costringe, invita e lega i musulmani ad agire in una determinata direzione. Soprattutto quando questo editto legale arriva dalla classe dirigente musulmana che interpreta, legge e valuta e guida la comunità o le comunità musulmana.

 

D. – Padre Lacunza, che dire dell’adesione? Si parla di almeno 500 tra imam e studiosi islamici britannici?

 

R. – Io posso dire due cose molto particolari. Anzitutto c’è una grande diversità e un grande pluralismo nel tipo di guida religiosa che esiste in Gran Bretagna, dovuto alla grande varietà di comunità musulmane. Un secondo punto importante è che nel contesto della Gran Bretagna, soprattutto dopo gli atti terroristici del 7 luglio, questa fatwa, questo raduno e questo diciamo collegarsi, questa unità di più di 500 imam ha un grande valore sociale, religioso e culturale in un contesto soprattutto di diversità religiosa e di pluralismo culturale come quello della Gran Bretagna.

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TANTI MOMENTI DI PREGHIERA IN QUESTI GIORNI PER MONS. LOCATI, UCCISO

GIOVEDÌ SCORSO IN KENYA: DOMANI I FUNERALI NELLA CATTEDRALE DI ISIOLO

  - Intervista con padre Giuseppe Caramazza -

 

 

In Kenya tantissime persone, tra le quali molti giovani e fedeli di altre religioni, stanno rendendo omaggio al vescovo Luigi Locati, vicario apostolico di Isiolo, assassinato giovedì da sconosciuti nella sua missione. Celebrazioni e veglie di preghiera si sono svolte il tutto il Paese africano a sottolineare l’impegno profuso da mons. Locati soprattutto in favore dei giovani e dei poveri, senza distinzioni tribali o religiose. I solenni funerali si terranno domani nella Cattedrale di Isiolo e saranno celebrati dal nunzio apostolico in Kenya, Mons. Lebeaupin. Su come la Chiesa keniota stia vivendo l’assassinio di un suo vescovo, Roberto Piermarini ha raggiunto a Nairobi il direttore della rivista missionaria dei comboniani “New People”, padre Giuseppe Caramazza:

 

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R. – In questo momento la Chiesa del Kenya si sente colpita da molte parti, perché l’assassinio di mons. Locati è soltanto una delle cose che stanno succedendo. Molte chiese vengono attaccate, una anche domenica scorsa, nella zona di Naroq tra i Masai. Domenica scorsa tutte le chiese hanno ricordato mons. Locati. In tutte le cattedrali, in tutte le diocesi, c’è stata una Messa per lui.

 

D. – Si dice che siano stati molti i giovani che si sono recati a rendere omaggio alla sua salma e anche molti non cristiani…

 

R. – Mons. Locati ha fatto moltissimo per i giovani, perché quasi tutte le scuole di un certo valore della zona sono state costruite da lui o da altri missionari. Questa azione educativa poi non è mai stata confinata ai cristiani, ma è stata aperta anche ai musulmani che sono una maggioranza nella zona. Quindi, credo che le persone per bene siano andate a visitare un loro amico.

 

D. – Padre Caramazza, ci sono novità nelle indagini sugli autori dell’assassinio?

 

R. – Per quanto riguarda gli autori, non c’è ancora nessuna chiarezza. Sono state arrestate due persone, ma si tratterebbe della ‘manovalanza’, non certo dei mandanti. Quello che è emerso in questi giorni è che mons. Locati aveva richiamato la scorrettezza di alcuni commercianti, che commerciavano merce rubata ed armi, guadagnando molti soldi sulla pelle delle persone. Può darsi, dunque, che siano queste persone i mandanti dell’assassinio.

 

D. – Quindi, si esclude il movente collegato agli scontri tribali nel nord del Paese…

 

R. – No, non c’entrano nulla. E’ stata colta l’occasione facilmente perché l’attenzione del Paese era così puntata verso il nord e hanno cercato di mettere sotto silenzio anche questo assassinio. Ma non sono collegate le cose.

 

D. – Cosa si prevede per i funerali di domani?

 

R. – Penso che domani ci saranno, prima di tutto, tutti i vescovi o quanto meno i vicari generali delle diocesi del Kenya. E tanta gente comune .     

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20 ANNI FA LA TRAGEDIA DI STAVA, NEL NORD ITALIA. 268 PERSONE TRAVOLTE

DAL FANGO  E SCARICHI DI UNA MINIERA DI FLUORITE

- Intervista con Graziano Lucchi -

 

 

Il più grave disastro provocato dal crollo di discariche minerarie in Italia. Questa è stata la tragedia di Stava, piccolo comune del Trentino, di cui ricorre

 

 

oggi il ventesimo anniversario. Il 19 luglio 1985 un’enorme parete di fango, composta dagli scarichi di una miniera di fluorite, crollò e uccise 268 persone. Per loro, oggi a Stava è stato proclamato il lutto cittadino e sulla piazza principale del paese è stata celebrata una Messa in suffragio, presieduta dall’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi. Il servizio di Isabella Piro:

 

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268 vittime, 53 abitazioni distrutte, 8 ponti crollati: sono questi i numeri della tragedia di Stava, frazione del comune di Tesero, in Provincia di Trento. Il 19 luglio 1985 un’enorme frana si stacca dalle pendici del Monte Prestavel. E’ una massa di fango inarrestabile, il risultato degli scarti della miniera di fluorite, fulcro economico della zona. Alle 12.25 la miscela di sabbia, limo ed acqua rompe gli argini della diga in cui è rinchiusa ed inizia una folle corsa, a 90 chilometri orari, verso il centro abitato. Ascoltiamo la testimonianza di Graziano Lucchi, presidente della “Fondazione Stava”, istituita nel 2002 in ricordo delle vittime:

 

R. – Lavoravo a Bolzano all’epoca, seppi della catastrofe e quando arrivai nella Val di Stava non potevo credere ai miei occhi. Quello che i miei occhi vedevano era assolutamente impossibile da concepire e da credere. Vidi dove    erano le case e dove sapevo erano i miei genitori e capi che nessuno poteva essere sopravvissuto a quella distruzione. L’unica mia preoccupazione a quel punto fu quella di trovare le salme e mi reputo fortunato perché ebbi la possibilità di poter riconoscere le salme. Una fortuna, questa, che purtroppo troppi familiari della Val di Stava non hanno avuto.

 

D. - Sette anni durò il processo per accertare le responsabilità di questa tragedia…

 

R. – Furono 10 gli imputati condannati per i reati di omicidio colposo plurimo e di disastro colposo ed assieme a loro furono condannate le società minerarie che avevano avuto la gestione della miniera di Stava e la Provincia autonoma di Trento, i cui funzionari furono condannati per aver trascurato i necessari controlli in ordine alla sicurezza.

 

D. – Nel 1998 anche Papa Giovanni Paolo II visitò il Comune di Stava…

 

R. – Abbiamo un ricordo commosso di quella visita di Papa Wojityla. Egli ci aiutò ad uscire dal tunnel, ci portò parole di umano conforto ed umana solidarietà. Ci portò le sue condoglianze. Fu veramente un gesto grande e noi da quel momento cerchiamo di guardare avanti, cercando di rendere utile questo sacrificio. Queste 268 persone vorremmo veramente che non siano morte invano.

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COMPIE 100 ANNI “LA VEDOVA ALLEGRA”, CAPOLAVORO DI FRANZ LEHAR.

LA FESTEGGIA IL FESTIVAL DELL’OPERETTA DI TRIESTE CON UNA SONTUOSA  EDIZIONE

- Con noi Andrea Merli -

 

La vedova allegra, il capolavoro di Franz Lehar, festeggia i suoi cento anni di vita. Per ricordare la più famosa delle operette, Trieste, città del Friuli Venezia Giulia, nell’Italia del nord, ne allestisce una sontuosa edizione nell’ambito del suo Festival dell’Operetta. Ce ne parla Luca Pellegrini:

 

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E’ una delle operette più famose, celebrate ed eseguite nella storia del teatro musicale. Compie 100 anni:, una vita spumeggiante e fulgida così come la storia parigina che racconta. La vedova allegra di Franz Lehàr fu eseguita la prima volta al Theater an der Wien di Vienna nel 1905, facendosi strada in un genere allora diffusissimo e collezionando successi e applausi ovunque. Dopo appena due anni dalla ‘prima’ viennese, fu Trieste, città attenta ai fermenti dalla cultura mitteleuropea, ad accogliere la ‘prima’ italiana, nel 1907. E giustamente in quest’anno celebrativo è ancora Trieste, nell’ambito del suo 36.mo Festival dell’Operetta, a presentare una sperimentata e attesa edizione del capolavoro, che si avvale della messinscena di Gino Landi e della direzione orchestrale di Daniel Oren. L’intreccio sentimentale, che richiede anche una disinvolta recitazione da parte dei cantanti, si basa su una serie di equivoci continui che alla fine sfociano nella ricomposizione dei sentimenti e nel trionfo dell’amore. Il tutto sottolineato da alcune tra le più belle e famose pagine di valzer, intonate dai protagonisti Hannah Glawari e il conte Danilo. Al suo debutto nel ruolo è l’acclamata e amata Fiorenza Cedolins capace di sfoderare tutto il suo fascino, la sua simpatia e la sua incantevole voce. Perché, a 100 anni dalla sua nascita, rimane immutata, se non accresciuta, la fama della Vedova Allegra? Lo abbiamo chiesto ad uno specialista di storia dell’operetta, Andrea Merli:

 

La vedova allegra è nel suo genere un capolavoro assoluto. Ha rappresentato nel 1905 una vera frustata nel mondo dell’operetta, un’innovazione totale, più forse ancora di quanto può averlo rappresentato la Boheme nel 1896. Ha portato sulle scene dell’operetta il mondo irreale di un immaginario Stato pontevedrino, di un mondo di brillanti viveur parigini, ma soprattutto ha rappresentato l’ingresso nel mondo dell’operetta di una verità musicale. I sentimenti messi in musica da Franz Lehàr non sono i sentimenti finti delle altre operette, o messi in satira da Offenbach. Il sentimento è l’amore che trionfa e la gioventù che vince su tutto, anche sui 20 mila milioni della vedova. Queste musiche di Lehàr al giorno d’oggi hanno sempre valore e freschezza, alla stessa stregua della Boheme o la Traviata di Verdi, e altre opere che rimangono nel repertorio operistico immortali e indimenticabili.

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CHIESA E SOCIETA’

19 luglio 2005

 

 

 

DUE CRISTIANI CONDANNATI A TRE ANNI DI PRIGIONE NEL LAOS.

ERANO STATI ARRESTATI NEL WEEK-END DI PASQUA.

NON HANNO RINUNCIATO ALLA LORO FEDE

 

VIENTIANE. = Due cristiani laotiani, arrestati 3 mesi fa, sono stati condannati a 3 anni di prigione. I due facevano parte di un gruppo di 11 fedeli arrestati il 27 marzo scorso, durante il week-end di Pasqua, in un villaggio della provincia di Savannakhet, nel sud del Paese. Yong Chanthalangsy, portavoce del ministero degli Affari Esteri del Laos, afferma che i due sono accusati di possesso illegale di armi. Il Movimento Laotiano per i Diritti Umani (Mldu) con sede a Parigi ha dichiarato invece che Khamchan e Vanthong, questi i nomi dei detenuti, sono stati condannati per non avere rinunciato alla loro fede cristiana. Il gruppo era stato incarcerato nella prigione di Muang Phine. Gli altri 9 sarebbero stati rilasciati per avere rinunciato ufficialmente alla propria fede. Il Laos è governato dal 1975 da un regime comunista. Nel 1991 è iniziato un processo di relativa democratizzazione. La costituzione sancisce la libertà di culto, ma la pratica religiosa deve rimanere nei parametri fissati dal governo. Secondo il Rapporto 2005 di Aiuto alla Chiesa che Soffre, i buddisti sono il 48,8%, gli animisti il 41,7%, mentre i cristiani sono il 2,1%. I cattolici, molti di origine vietnamita, vivono nelle zone centro-meridionali. I protestanti, appartenenti alla Chiesa Evangelica del Laos e alla Chiesa Avventista del Settimo Giorno, sono sparsi in tutto il Paese. (T.C.)

 

 

IERI IN INDIA LE PRIME UDIENZE DEL TRIBUNALE POPOLARE DEI DALIT CRISTIANI.

AVVIATI  PROCEDIMENTI CONTRO LE DISCRIMINAZIONI SUBITE

DA QUANTI PROFESSANO LA FEDE CATTOLICA

 

MATURAI. = Si è riunito ieri per la prima volta in India il Tribunale popolare dei Dalit (“fuori casta”) cristiani. Le udienze hanno visto protagonisti alcuni Dalit che hanno rilasciato deposizioni sulle discriminazioni subite nella vita quotidiana a causa della loro fede. I procedimenti verranno inviati tra gli altri al presidente e al premier indiani, al capo della Giustizia, alla Corte Suprema indiana, al governatore del Tamil Nadu e alle  Commissioni nazionali per i diritti umani e per le minoranze. Un decreto presidenziale del 1950 esclude i Dalit convertiti al cristianesimo dalle quote riservate di posti di lavoro pubblici: la stessa norma – che colpisce anche quanti sono diventati musulmani - non vale per quanti sono diventati indù, buddisti o sikh. Oltre il 70% dell’intera popolazione dei Dalit cristiani in India si concentra negli Stati del Tamil Nadu, Andhra Pradesh, Kerala e Karnataka. Il restante si trova in Maharashtra, Punab, Rajasthan e Uttar Pradesh. Nel Paese su circa 25 milioni di cristiani, il 60% appartiene alla casta dei Dalit, l’ultima nella scala sociale. Tra i giudici del Tribunale popolare, giuristi di fama internazionale guidati da P.B. Sawant, ex giudice della Corte Suprema ora in pensione. Il Tribunale popolare dei Dalit cristiani è appoggiato dai leader religiosi della comunità cristiana e dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani; mon. Percy Fernandez, segretario generale della Conferenza episcopale indiana, ha inviato un messaggio di solidarietà agli organizzatori. (T.C.)

 

 

ECUADOR: CARCERI TROPPO AFFOLLATE E CARENZA DI PERSONALE MEDICO.

A QUITO IL “CARCEL TRES” COSTRUITO PER 64 DETENUTI NE OSPITA 479

 

QUITO. = Nelle carceri ecuadoriane vive il doppio dei detenuti che le strutture consentirebbero di ospitare: ben 11.660 carcerati per 6500 “posti” disponibili; lo si apprende da un recente censimento della popolazione carceraria della Direzione nazionale di riabilitazione sociale (Dnrs), rilanciato dall’agenzia cattolica latino americana Adital. La situazione più affollata tra i 36 penitenziari del paese è quella del “Carcel Tres” della capitale Quito, che potrebbe ospitare solo 64 detenuti ma dove vivono 479 persone. Qui cinque carcerati si dividono una cella di quattro metri quadrati, senza letti per tutti. A peggiorare la situazione anche la mancanza di strutture, come laboratori e officine, che permetterebbero ai detenuti di trascorre le ore del giorno fuori dalla cella, e la carenza di personale medico. Secondo le previsioni del Dnrs il problema potrebbe peggiorare nei prossimi cinque anni; si teme che la popolazione carceraria possa superare i 50.000 detenuti. (T.C.)

 

 

PER RICORDARE LA MORTE DEL GIUDICE BORSELLINO, IN TUTTA ITALIA

L’ASSOCIAZIONE “LIBERA” DI DON CIOTTI OFFRE IN TRENTA PIAZZE UNA CENA

CON I PRODOTTI RICAVATI DAI TERRENI CONFISCATI ALLA MAFIA

- A cura di Tiziana Campisi -

 

PALERMO. = Da Gorizia a Palermo italiani a tavola con la pasta dell'associazione “Libera” per dire no alla mafia e a tutte le forme di criminalità organizzata. In trenta piazze italiane stasera si svolgerà “Pasta libera tutti”, manifestazione promossa dai giovani della Margherita, in collaborazione con “Giovani per la Costituzione”, per commemorare la strage di via D'Amelio in cui, tredici anni fa, morirono il magistrato Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta. I prodotti dell'associazione fondata e presieduta da don Luigi Ciotti, che da oltre dieci anni coltiva i terreni confiscati alla mafia, potranno essere degustati gratuitamente. Quanti parteciperanno alla cena antimafia in tutta Italia potranno versare un contributo che sarà devoluto a “Libera”. A Roma l'iniziativa si terrà nei giardini di piazza Cavour. A Palermo la cena rientra nell'ambito della manifestazione “48 ore per la legalità”: vi parteciperanno Rita Borsellino, don Luigi Ciotti e Nando Dalla Chiesa. L’Agesci siciliana ha organizzato il gioco dell'oca della legalità per insegnare ai più piccoli, attraverso le regole del gioco, le regole della vita. L'evento è stato organizzato con la collaborazione dell'Associazione “Il Quartiere”, del “Laboratorio Zen Insieme”, del Centro Sociale “San Saverio”, della Comunità di Sant'Egidio e dell’Accademia Scacchistica Palermitana. Per ricordare il giudice Paolo Borsellino e gli agenti di scorta Agostino Catalano, Walter Cusina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi e Claudio Traina, morti il 19 luglio del 1992, via D'Amelio è stata trasformata in un grande parco giochi animato dai bambini dei quartieri di Palermo. Il pomeriggio sarà dedicato a momenti di riflessione, musica, letture, danza e recitazione. Alle 21 nell'atrio della Biblioteca Comunale verrà proiettato il filmato di Carlo Lucarelli “Sono morti invano? Dalle stragi del 1992 ai nostri giorni”, un viaggio nella storia recente attraverso i protagonisti, le immagini, le testimonianze, le parole della mafia e della lotta alla mafia. A seguire un dibattito con la partecipazione di Pietro Grasso, procuratore capo di Palermo, Enrico Bellavia, giornalista, Alfredo Morvillo, magistrato, Luigi Ciotti, presidente nazionale di “Libera” e Rita Borsellino, presidente onorario di “Libera”. Oltre Roma e Palermo, le città che ospiteranno la manifestazione sono: Rimini, Bologna, Parma, Pavia, Torino, San Benedetto del Tronto, Fermo, Matelica, Porto Recanati, Ancona, Nizza di Sicilia, Bari, Trapani, Alcamo, Messina, Catania, Caserta, Terlizzi, Monopoli, Prato, Gorizia, Vibo Valentia, Piacenza, Cagliari, Sulmona, Forli', Ferrara, Chieti.

 

 

PARTE OGGI DALLA STAZIONE TERMINI DI ROMA UNA CAMPAGNA PER LA PROMOZIONE DELLA PACE. L’INIZIATIVA VUOLE SENSIBILIZZARE L’OPINIONE PUBBLICA

AD UNA CULTURA CHE RICONOSCA DIRITTI E CONVIVENZA,

DISARMO E GIUSTIZIA SOCIALE

 

ROMA. = Parte da Roma oggi una campagna per promuovere in tutta Italia manifestazioni, riflessioni e dibattiti contro la guerra e il terrorismo. “La pace è l’unica sicurezza”, questo il nome dell’iniziativa, prende il via alla fermata del metrò della stazione Termini con la distribuzione di un documento che dice no ai conflitti armati, all’aumento delle spese militari e all’esportazione di armi; propone lo smantellamento di quelle nucleari e chiede l’avvio di una politica estera di pace che obbedisca al dettato costituzionale “L’Italia ripudia la guerra”. Alla campagna hanno già aderito diverse organizzazioni e reti per la promozione della pace. (T.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

19 luglio 2005

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Medio Oriente cresce la tensione: due palestinesi sono rimasti uccisi in uno scontro a fuoco con soldati israeliani. Intanto, migliaia di oppositori ebraici hanno partecipato ieri nella cittadina di Netivot ad una manifestazione per protestare contro il ritiro dei coloni israeliani dai Territori. Il nostro servizio:

 

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Due palestinesi sono stati uccisi da soldati israeliani nei pressi di Jenin, nel nord della Cisgiordania. Le vittime, stando a quanto riferito dalla radio di Israele, erano esponenti della Jihad islamica da tempo ricercati. Altri due militanti sono stati arrestati. Nuovi scontri sono scoppiati, inoltre, tra militanti del movimento di resistenza islamico, Hamas, e forze di sicurezza palestinesi nel nord della Striscia di Gaza. Vani sono stati gli sforzi della diplomazia egiziana per raffreddare le tensioni interpalestinesi. Sembra caduto nel vuoto anche il monito ai gruppi militanti a non esasperare la situazione, lanciato sabato da Abu Mazen, presidente palestinese. Il timore di Abu Mazen è che la situazione possa indurre Israele a sospendere il piano di ritiro dalla Striscia di Gaza, fissato per metà agosto e minacciato anche dall’estrema destra israeliana. Contro questo piano hanno manifestato ieri a Netivot, nel deserto del Neghev, ventimila oppositori malgrado gli sforzi del governo per impedire la protesta. Le autorità hanno proibito ai manifestanti di marciare nella Striscia di Gaza verso la colonia di Gush Kativ, che dovrà essere sgomberata ad agosto.

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Dopo quasi tre settimane di negoziati, potrebbe essere annunciata in giornata la formazione del nuovo governo libanese. Lo ha dichiarato il premier incaricato Fuad Siniora. L’esecutivo di Sinora sarebbe il primo governo, in Libano, dopo il ritiro delle truppe siriane nell’aprile scorso e le successive elezioni di primavera, vinte dalle forze antisiriane.

 

La rete terroristica Al Qaeda ha lanciato ai Paesi europei presenti in Iraq un ultimatum di un mese per ritirare le loro truppe ed evitare attentati come quello di Londra. “Questo è l'ultimo messaggio che inviamo ai Paesi europei. Vi diamo tempo un mese per far partire i soldati dalla Mesopotamia”, recita un documento diffuso su un sito Internet. L’autenticità del comunicato, datato 16 luglio, non è stata ancora verificata.

 

Nell’Afghanistan occidentale, un aspirante kamikaze è morto ad Herat, dilaniato dall’esplosione prematura di un ordigno. Secondo fonti di polizia, il probabile obiettivo del fallito attacco era un alto funzionario di polizia che risiede nelle vicinanze. Le forze di sicurezza pachistane hanno arrestato, intanto, presunti talebani in un campo profughi nel nord-ovest del Paese, al confine con l’Afghanistan. Secondo la stampa pachistana, tra i fermati ci potrebbe essere uno stretto collaboratore del mullah Mohammad Omar.

 

La quarta sessione di negoziati multilaterali sul programma nucleare della Corea del Nord è stata fissata per il 26 luglio a Pechino. Lo ha reso noto il ministero degli Esteri cinese. L’incontro segnerà la ripresa dei colloqui tra due Coree, Cina, Giappone, Stati Uniti e Russia, dopo un’ interruzione di oltre un anno.

 

Tredici persone sono morte per un attacco contro un automezzo della polizia in Cecenia. Stando a quanto riferito dalle agenzie russe uomini armati hanno aperto il fuoco davanti ad una scuola di Znamenskoye, una sessantina di chilometri dalla capitale Grozny. Secondo fonti di polizia, tra le vittime ci sono anche alcuni civili.

 

Almeno 900 mila persone sono state fatte evacuare dalle due province della costa orientale della Cina in previsione dell’arrivo del tifone “Haitang” che ha già causato ieria Taiwan la morte di almeno 4 persone. Cinquemila poliziotti sono stati mobilitati per le eventuali operazioni di soccorso e i collegamenti sono stati sospesi. “Haitang”, primo tifone della stagione e il peggiore degli ultimi cinque anni, si è abbattuto ieri sulle coste nord-orientali di Taiwan ad una velocità media di 184 chilometri orari.

 

La corte di appello di Tokyo ha di nuovo respinto una richiesta di risarcimento per le vittime delle atrocità commesse in Cina durante la seconda guerra mondiale dalla famigerata unità niponnica ‘731’, responsabile di un folle programma di ricerche batteriologiche. Con il benestare dei vertici militari dell’epoca, i prigionieri cinesi venivano utilizzati come cavie umane e sottoposti ad ogni sorta di terrificanti esperimenti: vennero sperimentate colture di tifo, colera, tubercolosi, antrace, e anche virus di una forma di polmonite letale. Il piano rimase segreto anche dopo la fine del conflitto, grazie alla promessa di immunità fatta dall’esercito degli Stati Uniti ai dottori accusati di crimini di guerra, in cambio dei dati emersi dalle ricerche. Si stima che i prigionieri cinesi morti in seguito agli esperimenti siano stati più di 10 mila.

 

L’Ente spaziale americano, a sei giorni dal tentativo di lancio della navetta spaziale Discovery, non conosce ancora la causa del problema tecnico che ha costretto a spegnere i motori dello shuttle e rinviare il volo previsto per il 13 luglio scorso. Il responsabile del programma della navetta, Bill Parsons, ha detto: “Stiamo ancora cercando il problema”. Il lancio è stato rinviato di un'altra settimana e, se non sarà possibile effettuarlo entro il 31 luglio, bisognerà aspettare settembre. I voli degli shuttle sono stati bloccati dal febbraio 2003, dopo l'esplosione del Columbia in fase di atterraggio e la morte di 7 astronauti.

 

 

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