RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 199 - Testo della trasmissione di lunedì 18 luglio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Santo Padre esprime vivo cordoglio alle autorità e al popolo turco per l’attentato che, sabato scorso in Turchia, ha provocato 5 morti: lo fa nel telegramma al nunzio in Turchia, in cui  Benedetto XVI conferma la sua preghiera per le vittime e per i feriti

 

Prosegue il periodo di riposo in Valle d’Aosta di Benedetto XVI. Un dono provvidenziale, l’ha definito il Papa, che ieri all’Angelus ha ricevuto l’abbraccio caloroso di migliaia di fedeli: la riflessione di padre Enzo Bianchi

 

Il cardinale Martino rientra dalla Tanzania, dove ha presentato il Compendio della dottrina sociale della Chiesa

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Concluse in Bosnia le commemorazioni in ricordo delle vittime di Srebrenica, a 10 anni dalla strage cominciata l’11 luglio 1995: intervista con Federico Eichberg

 

Indonesia: sarà firmato il 15 agosto l’accordo raggiunto ieri per la pace con la provincia di Aceh. Ce ne parla Emanuele Giordana

Con il tradizionale concerto in Piazza Duomo, è calato il sipario sul Festival dei Due Mondi di Spoleto: con noi Francis Menotti

 

Il mondo celebra i 200 anni dalla nascita di Hans Christian Andersen, favolista danese vicino all’infanzia in difficoltà: ai nostri microfoni il dott. Bruno Berni

 

CHIESA E SOCIETA’:

Presentato dall’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, a Roma, alla Farnesina, lo studio “Crimine e sviluppo in Africa”

 

E’ stato consacrato ieri a Boa Vista, in Brasile, il nuovo vescovo della diocesi di Roraima

 

L’Unesco nomina Nelson Mandela “Ambasciatore di buona volontà” per il suo impegno contro la discriminazione razziale

 

Annunciato al Film Festival di Giffoni l’inizio delle riprese della seconda parte del film su Giovanni Paolo II “Karol, un uomo diventato Papa”

 

Si apre domani sera a Milano la settima edizione della rassegna “Padiglione d’arte contemporanea in concerto”

E stata rieletta Superiora generale delle Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria, madre Maria Roberta Malgrati

 

24 ORE NEL MONDO:

Ad Amman, conferenza dei Paesi donatori per favorire gli investimenti in Iraq

 

Finiti i tempi per scusare il terrorismo: così il ministro degli Esteri britannico da Bruxelles

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

18 luglio 2005

 

 

IL SANTO PADRE ESPRIME VIVO CORDOGLIO ALLE AUTORITA’ E AL POPOLO TURCO

PER L’ATTENTATO CHE, SABATO SCORSO IN TURCHIA, HA PROVOCATO 5 MORTI:

LO FA NEL TELEGRAMMA AL NUNZIO IN TURCHIA, IN CUI  BENEDETTO XVI

 CONFERMA LA SUA PREGHIERA PER LE VITTIME E PER I FERITI

 

Il Papa ha condannato l’orribile attentato avvenuto sabato scorso a Kusadasi, località turistica della Turchia, pregando per le vittime e per i numerosi feriti e esprimendo il suo vivo cordoglio nei confronti delle autorità e del popolo turco. Benedetto XVI ha, inviato, infatti, un telegramma, a firma del segretario di stato, card. Angelo Sodano, al nunzio in Turchia, mons. Edmond Farhat. ''Informato dell'esplosione mortale che è avvenuta recentemente in Turchia – si legge nel telegramma diffuso in francese – il Santo Padre implora la misericordia dell'Onnipotente sulle persone che hanno perso la vita in questo orribile attentato e il conforto di Dio sulle loro famiglie. Ricordiamo che l'attentato, avvenuto sabato scorso, ha provocato 5 morti e 14 feriti ed è stato rivendicato da un gruppo indipendentista curdo, ala estremista del Pkk.

 

 

PROSEGUE IL PERIODO DI RIPOSO IN VALLE D’AOSTA DI BENEDETTO XVI,

“UN DONO PROVVIDENZIALE DI DIO”, L’HA DEFINITO IL PAPA CHE, IERI, ALL’ANGELUS,

HA RICEVUTO L’ABBRACCIO CALOROSO DI MIGLIAIA DI FEDELI.

 SULL’IMPORTANZA DELLE VACANZE, TEMPO PER RITEMPRARSI NEL CORPO

E NELLO SPIRITO, LA RIFLESSIONE DI PADRE ENZO BIANCHI

- Con noi, Fabrizio Favre -

 

Una pausa estiva, un dono provvidenziale di Dio: così, Benedetto XVI ha definito le sue vacanze valdostane, iniziate lunedì scorso. Un periodo di riposo che prosegue all’insegna della serenità e che ieri ha vissuto il primo bagno di folla per il Papa con il tradizionale appuntamento domenicale dell’Angelus, nello splendido scenario naturalistico di Les Combes. Nella serata poi, Benedetto XVI ha fatto visita al museo dedicato all’amato predecessore Giovanni Paolo II, che per ben dieci volte ha soggiornato nella località valdostana, durante le vacanze estive. Su questa domenica particolare per il Santo Padre e i fedeli della Valle d’Aosta, Luca Collodi ha intervistato Fabrizio Favre, direttore del “Corriere della Valle”, settimanale della diocesi di Aosta:

 

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R. – Devo dire che la cosa che più mi ha colpito di questo Angelus è stata la sua ufficialità, ovviamente, come momento pubblico, ma anche alcune sottolineature fatte dal Papa molto particolari. Ha voluto veramente dare un forte calore umano alle sue parole. Anche quel suo saluto finale nel dialetto locale era proprio per voler rafforzare questo contatto con le genti valdostane. Questo sicuramente è stato un elemento bello. L’altro elemento di questo Angelus, che mi ha colpito molto è stato quel riferimento alle problematiche di alcune aziende, che si trovano in un difficile momento economico. Mi ha particolarmente colpito questa sottolineatura, fatta dal Papa, legata proprio ai problemi di questi operai, di questi impiegati che temono un po’ per la tranquillità delle loro famiglie. E’ legata ovviamente ad una situazione di disoccupazione che non permette di mantenere in maniera adeguata la propria famiglia, questa preoccupazione del Papa verso una vicenda locale, ma che in realtà aveva una ricaduta decisamente maggiore.

 

D. – Il Papa ieri ha visitato il museo di Giovanni Paolo II a Les Combes. Lo ha fatto quasi in modo inaspettato...

 

R. – La gente è rimasta molto stupita. Era evidente che questa vacanza sarebbe stata profondamente nel solco di Giovanni Paolo II. Lo stesso Papa ha subito esordito: da alcuni giorni mi trovo qui in Valle D’Aosta, dove è ancora vivo il ricordo dell’amato mio predecessore Giovanni Paolo II e qui è partito l’applauso. E’ evidente che tutti speravano, tutti si auguravano questa visita al museo di Giovanni Paolo II e lui l’ha fatta forse nel giorno più indicato.

 

D. – Un altro elemento che continua nei momenti pubblici di Benedetto XVI è quello del gran numero di persone, di pellegrini che affollano gli Angelus. Anche ieri in Valle d’Aosta sono saliti a Les Combes, moltissimi pellegrini, molti giovani...

 

R. – Sì, molti giovani e infatti il Papa ha avuto un momento di saluto particolare nei confronti dei giovani e qui c’è stato anche, rispetto al testo che di solito viene distribuito, una nota in più che è stata quella su Colonia che il Papa ha aggiunto in quel momento a braccio proprio perché si è reso conto della forte presenza dei giovani. Di fatti ha detto: con questo primo Angelus in montagna siamo già spiritualmente in cammino verso Colonia!

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E all’Angelus, il Papa ha parlato della necessità di ritemprarsi nel corpo e nello spirito, specie per chi abita in città dove le condizioni di vita sono spesso frenetiche. Su queste parole di Benedetto XVI, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione di padre Enzo Bianchi, priore della comunità monastica di Bose:

 

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R. - Da sempre il Cristianesimo è molto attento a quella che noi chiamiamo la Creazione, che è opera di Dio, perché c’è indubbiamente un messaggio, una sapienza che viene dal nostro rapporto con la natura. Quindi il Papa certamente all’interno di questa grande attenzione che il cristiano sa dare alla Creazione ha colto l’occasione per sottolineare la necessità che il riposo del corpo, il riposo della mente sia accompagnato anche da questa esperienza. Nel contesto in cui noi viviamo che è quello che Dio ci ha dato, come un “partner” che richiede da noi una corresponsabilità e una relazione di comunione.

 

D. – In fondo si può dire: scoprire il Creato per riscoprire se stessi?

 

R. – Sì, perché soltanto all’interno del silenzio noi possiamo anche udire la voce del nostro profondo, conoscere più noi stessi. Come dicevano i padri della spiritualità cristiana: abitare secum, stare con se stessi in modo da poter davvero vivere in vera comunione con tutte le cose che Dio ha creato e in comunione con i fratelli e con noi stessi.

 

D. – Benedetto XVI ha anche detto: questa pausa estiva è un dono provvidenziale di Dio dopo i primi mesi dell’esigente servizio pastorale affidatomi dalla Provvidenza, come a dire che anche il Papa ha bisogno di riposo…

 

R.- Abbiamo bisogno tutti di riposo e credo soprattutto chi, come il Papa, ha un ministero estremamente carico di responsabilità, ha bisogno di questo ritirarsi nel silenzio, ritirarsi in comunione con Dio. Non dimentichiamolo: Gesù all’interno dei Vangeli sovente era oppresso dalla quantità di gente che lo seguiva, lo inseguiva nel deserto. Però, lui cercava dei momenti. Diceva anche ai discepoli: venite con me, in un luogo in disparte per riposare un po’. Direi che il Papa non solo fa bene, ma è un suo dovere! Per svolgere meglio il suo ministero di Pietro che è un ministero così difficile e faticoso ha bisogno di ritemprarsi con la solitudine, con il rapporto con Dio, con il ritiro.

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IL CARDINALE RENATO RAFFAELE MARTINO,

PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO GIUSTIZIA E PACE,

RIENTRA OGGI A ROMA DALLA TANZANIA, DOVE HA PRESENTATO

IL COMPENDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

- A cura di Roberta Moretti -

 

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Rientra oggi a Roma dalla Repubblica Unita di Tanzania, in Africa, il presidente del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, cardinale Renato Raffaele Martino. Il porporato, partito il 13 luglio scorso, era stato invitato dal Dipartimento giustizia e pace della Conferenza episcopale del Paese, presieduta dal vescovo di Kigoma, mons. Paul Ruzoka. Un viaggio nella cultura, nei colori e nelle tradizioni del Paese, apertosi il 14 luglio con la visita alle parrocchie di Tandale e Mansese, nell’area della capitale, Dar-es-Salaam, a maggioranza musulmana. In un dibattito con i fedeli e i pastori locali sulle difficoltà della missione nel territorio, il cardinale Martino ha sollecitato tutti a trovare sempre nuove vie di dialogo e a impegnarsi per costruire la pace e una serena convivenza con la comunità islamica. A Mansese, in particolare, il porporato ha incontrato i rappresentanti del Consiglio dei laici, che hanno illustrato il loro impegno a fianco degli orfani e dei poveri, l’assistenza ai malati di AIDS e l’istituzione di una scuola professionale di falegnameria e cucito. E sempre all’insegna della familiarità, si è svolta, nel pomeriggio, una Sessione accademica presso l’Università di Dar-es-Salaam, dove giudici della Corte d’appello della Tanzania e illustri cattedratici hanno proposto alcune riflessioni sui Diritti umani nel Paese.

 

 Presiedendo l’incontro, il cardinale Martino ha commentato gli interventi, approfondendo alcuni punti fondamentali della sua esperienza di Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, dal 1986 al 2002. Grande partecipazione, poi, il giorno seguente, alla presentazione del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa nella sede della Conferenza episcopale tanzanese. Ringraziando il porporato per la sua visita, l’arcivescovo metropolita di Dar-es-Salaam, cardinale Polycarp’ Pengo, ha illustrato al presidente del dicastero pontificio la lettera pastorale dei vescovi della Tanzania, in vista delle elezioni nel Paese dell’ottobre prossimo. Dopo un confronto vivace sul documento, mons. Ruzoka ha manifestato l’impegno a diffondere nel Paese la Dottrina Sociale della Chiesa, anche attraverso la traduzione del Compendio nell’idioma locale. La giornata di sabato è stata scandita, invece, dall’incontro con i giovani del Centro Don Bosco, che hanno illustrato al cardinale Martino proposte e riflessioni sul tema della pace, della tolleranza e dell’AIDS. Al termine, il porporato è partito alla volta di Kigoma, dove ieri ha incontrato la comunità di rifugiati provenienti dalla Regione dei Grandi Laghi.

 

La Repubblica Unita della Tanzania è stata fondata nel 1964 dall’unione del Tanganica e di Zanzibar, indipendenti dal Regno unito, rispettivamente, nel 1961 e nel 1963. Esteso su 945 mila chilometri quadrati, il Paese ha una popolazione di oltre 34 milioni di persone, il 44 per cento di religione cristiana e il 34, islamica. La prima evangelizzazione cattolica risale al 1499, quando i missionari portoghesi Agostiniani giunsero a Zanzibar, al seguito di Vasco de Gama. La missione si concluse nel 1698, con la conquista musulmana di Oman-Arab. Per la seconda e definitiva evangelizzazione bisogna attendere il 19.mo secolo, ad opera delle congregazioni religiose dei Padri dello Spirito Santo, dei Padri Bianchi e dei monaci Benedettini.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina il titolo "A  contatto con la natura la persona  si riscopre creatura, 'capace di Dio' ": l'"Angelus" di Benedetto XVI tra le stupende montagne della Valle d'Aosta. 

Riguardo all'Iraq un articolo dal titolo "Presso la moschea di Mussayeb la furia omicida di Al Zarqawi"; un attentato ad un luogo di culto sciita - rivendicato dal gruppo estremista sunnita - ha provocato 98 morti.

Il Kenya rende omaggio al vescovo Luigi Locati; il presidente della Repubblica condanna il brutale assassinio.  

 

Nelle vaticane, ampi stralci di alcune conferenze tenute, ad Aachen, dal cardinale Javier Lozano Barragan, sul tema: "Dolore, enigma o mistero?".

 

Nelle estere, Medio Oriente: febbrili sforzi per fermare le violenze e per arginare il deterioramento della tregua fra israeliani e palestinesi.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Roberto Morozzo Della Rocca sul libro di Arrigo Levi "Cinque discorsi fra due secoli".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il terrorismo. Ultimatum all'Italia: "Ritiratevi dall'Iraq"; minaccioso messaggio via internet.

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

18 luglio 2005

 

 

CONCLUSE IN BOSNIA LE COMMEMORAZIONI IN RICORDO DELLE VITTIME

 DI SREBRENICA, A 10 ANNI DALLA STRAGE COMINCIATA L’11 LUGLIO 1995

- Intervista con Federico Eichberg -

 

Conclusione in Bosnia delle commemorazioni in ricordo delle vittime di Srebrenica, a 10 anni dalla strage cominciata l’11 luglio 1995. Allora i soldati serbo bosniaci uccisero almeno 8mila musulmani, di fronte all’impotenza dei caschi blu olandesi presenti sul territorio. Una sconfitta della comunità internazionale, che comunque riuscì a portare a termine gli accordi di Dayton, ponendo fine al conflitto in Bosnia del ’92-’95 e creando nel Paese balcanico una Federazione croato musulmana e una Repubblica serbo-bosniaca. Ma cosa ha significato per la Bosnia ricordare i 10 anni dalla strage di Srebrenica? Risponde, nell’inetrvista di Giada Aquilino, Federico Eichberg, esperto di questioni balcaniche:

 

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R. – Cercare di rimarginare una ferita che è stata definita l’atto di guerra più drammatico dalla II Guerra Mondiale ad oggi svoltosi in Europa. Un atto che dimostrò innanzitutto la violenza e la barbarie di quel conflitto, che per oltre tre anni ha attraversato la Bosnia Erzegovina. Dimostrò, purtroppo, l’inefficienza di un intervento internazionale che aveva creato delle safe area, zone sicure, che tali non si dimostrarono. E dimostrò agli occhi del mondo quanto difficile fosse creare le condizioni di convivenza.

 

D. – L’ex presidente jugoslavo, Milosevic, è sotto processo all’Aja, ma sono ancora liberi Karazic e Mladic, ritenuti l’ideatore e l’esecutore materiale della strage. Qual è l’impegno della comunità internazionale in tal senso?

 

R. – L’impegno, dal punto di vista del dispiegamento delle forze, è ancora significativo, perché non dimentichiamoci che la I Force, la forza presente in Bosnia Erzegovina, a guida europea da diversi mesi, ha fra gli obiettivi principali proprio quello di far sì che questi ricercati verso i quali è stato spiccato un apposito mandato possano essere condotti all’Aja. Il caso serbo dimostra che è fondamentale la collaborazione delle autorità locali. In questo senso, soprattutto alla Repubblica Serba, quindi all’entità serba, è richiesta una maggiore collaborazione e, come noto alla luce della constatata inefficienza di questa collaborazione, la comunità internazionale ha dato prova di determinazione nel rimuovere anche quei rappresentanti di governo locale, di governo, di entità che non hanno mostrato questa collaborazione. E’ importante soprattutto creare le condizioni culturali perché la popolazione delle Bosnia Erzegovina, guardando avanti, sappia finalmente riconoscere chi sono stati i colpevoli ed essere consapevole del ruolo che deve svolgere.

 

D. – Invece, a che punto sono le ricostruzioni sull’impotenza della comunità internazionale 10 anni fa in Serbia?

 

R. – 10 anni fa in tutta l’area dei Balcani la comunità internazionale ha dovuto registrare il proprio fallimento. E una menzione particolare va fatta, temo, per l’Europa. Quella che doveva essere l’ora dell’Europa si trasformò nella vergogna dell’Europa, perché in un territorio così prossimo geograficamente all’Unione, questa possibilità di esprimere la propria potenzialità si è trasformata in un’inefficienza. Da lì credo sia nata una riflessione più profonda all’interno dell’Unione Europea. Non è un caso che nella seconda metà degli anni ’90, nel ’97, nasca la figura dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea, proprio perché si comprese come in quelle circostanze l’Europa non riuscì ad esprimere una voce unitaria e come, invece, servisse questa voce unitaria, servisse un’azione comune. E nel ’99, per l’esattezza, nasce l’iniziativa dell’Esercito europeo. Sono due dimostrazioni che questa lezione è servita a qualcosa.

 

D. – Srebrenica ha ricordato le sue vittime, ma oggi la Bosnia che Paese è?

 

R. – E’ consapevole della propria anomalia. Superare Dayton non è semplice, perché richiede l’accordo delle parti in causa, quindi delle tre nazionalità della Bosnia Erzegovina: i croati, i musulmani e i serbi. La vera integrazione credo che verrà solo con il tempo.

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INDONESIA: SIGLATA INTESA PER LA PACE CON LA PROVINCIA DI ACEH

- Intervista con Emanuele Giordana -

 

Sarà firmato il 15 agosto l’accordo per la pace nella provincia indonesiana di Aceh, raggiunto ieri a Helsinki  tra il governo di Giakarta e i ribelli del Gam. Il patto dovrebbe mettere fine a un conflitto durato quasi trent’anni con un bilancio che oscilla tra le 12 mila e le 90 mila vittime. Ma qual è il contenuto dell’accordo? Andrea Cocco lo ha chiesto al giornalista di Lettera 22 Emanuele Giordana:

 

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R.- L’accordo prevede teoricamente la fine della guerra tra governo centrale di Giakarta e ribelli di Aceh Nardeka. La rinuncia, dunque, alla lotta armata da parte dei secessionisti è la rinuncia alla secessione ed anche alla vecchia richiesta di un referendum per decidere se andarsene o no dall’Indonesia, come aveva fatto Timor Est. Il punto controverso riguarda però la richiesta che i ribelli hanno fatto al governo di Giakarta, cioè di avere una rappresentanza politica.

 

D. – Nel dicembre 2002 fu raggiunto un accordo che poi però fallì. Questa volta si può esser più ottimisti?

 

R. – Io credo che la cautela sia in realtà l’atteggiamento giusto per due motivi. Il primo che si era arrivati molto vicini alla pace, poi in maniera unilaterale l’esercito di Giakarta fece carta straccia, con la firma naturalmente dell’allora presidente della Repubblica signora Megawati, di quegli accordi di pace. Secondo motivo è che non è ancora chiaro il punto della rappresentanza politica. I ribelli chiedono di far nascere un partito politico che si presenti regolarmente alle elezioni, il governo dice: questo non è possibile perché va riformata la Costituzione perché non è consentito in Indonesia che esistano partiti su basi regionali.

 

D. – Un altro aspetto molto delicato riguarda la smilitarizzazione dei ribelli. Come pensi si potrà procedere su questo punto?

 

R. – Se effettivamente ci sarà il riconoscimento politico dell’organizzazione come partito, sarà possibile procedere alla smilitarizzazione. Questo significa anche però che tutta l’attività di guerra deve immediatamente cessare.

 

D. – Nella provincia di Aceh lo tsunami ha provocato circa 170 mila morti. Che peso ha avuto secondo te questa catastrofe nel riavvicinamento tra le parti?

 

R. – Ha avuto un ruolo importante perché giustamente sono stati messi i riflettori anche su un conflitto che era silenzioso e nascosto. C’è, però, da dire che la comunità internazionale avrebbe dovuto fare molto di più. In realtà, questi accordi si devono in gran parte alla testardaggine soprattutto di una piccola organizzazione non governativa, quella finlandese capeggiata da Marzia Tissani, che con ostinazione ha perseguito la via della pace.

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CON IL TRADIZIONALE CONCERTO IN PIAZZA DUOMO, È CALATO IL SIPARIO

 SUL FESTIVAL DEI DUE MONDI DI SPOLETO:

- Intervista con Francis Menotti -

 

Con il tradizionale concerto in Piazza Duomo, diretto dal russo Yuri Termirkanov, ieri sera è calato il sipario sul Festival dei Due Mondi di Spoleto. A.V.:

 

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(musica)

 

         Orfano dei suoi spazi - il Teatro Nuovo e Palazzo Arroni, ma anche l’interno del Duomo, e di parte della programmazione lirica e di prosa, lo Spoleto Festival ha comunque mantenuto la promessa di sorprese e scoperte: col “Ferdinando, Re di Castiglia di Haendel e il cantante tedesco Max Raabe. Il direttore artistico Francis Menotti:

 

R. – Siamo molto soddisfatti del programma. Ferdinando è andato molto bene e siamo stati molto fortunati con le voci: Max Cencic, ma anche Marianna Pizzolato di Palermo, che vive ora a Roma. E’ bravissima ed ha 21anni.

 

         Nella marcia di avvicinamento al cinquantenario del 2007, Francis Menotti annuncia, già per il prossimo anno, qualche chicca:

 

R. – Con Alan Curtis abbiamo trovato di Vivaldi, Montezuma, con un finale molto bello, di felicità. Vorrei fare una nostra produzione qui in città, con scene e costumi, con piume e sete. Non voglio fare una cosa moderna.

 

D. - Condizione essenziale i luoghi: lei si è rivolto polemico al Comune…

 

R. – La cosa fondamentale per realizzare un Festival è una buona sala di musica, dove eseguire i concerti ed un buon teatro per la prosa. Delle intenzioni future dico che vorrei mettere in calendario due opere liriche e compagnie di danza.

 

         Un’ombra sul Festival, gli attentati di Londra, che hanno colpito anche i familiari di alcuni artisti…

 

R. – Sì, era il giorno del compleanno di mio padre ed ero già pronto per fare qualche scherzo per la festa di mio padre. Ma poi purtroppo è successa questa cosa e quindi abbiamo fatto, all’inizio del programma, un minuto di silenzio.

 

Silenzio anche del fondatore Gian Carlo Menotti, che preferisce dedicare i suoi 94 anni alla composizione, lontano dai clamori festivalieri: l’arte soprattutto. Chissà se ancora una volta il vecchio Menotti non abbia ragione!

 

(musica)

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IL MONDO CELEBRA I 200 ANNI DALLA NASCITA DI HANS CHRISTIAN ANDERSEN,

FAVOLISTA DANESE VICINO ALL’INFANZIA IN DIFFICOLTA’

- Con noi, il dott. Bruno Berni -

 

“Il brutto anatroccolo”, “La sirenetta”, “La piccola fiammiferaia”, “I vestiti nuovi dell’imperatore”, “L’intrepido soldatino di stagno”, “La principessa sul pisello”. Sono solo alcune delle 156 fiabe nate dalla fantasia dello scrittore danese, Hans Christian Andersen, di cui quest’anno ricorre il bicentenario della nascita. Molteplici, le iniziative nella città natale di Odense, ma anche in tutta la Danimarca e nel mondo, per divulgare gli scritti e il pensiero di questo autore sensibile alle ingiustizie sociali e interprete dei sogni e delle aspirazioni di bambini e adulti. Roberta Moretti ha intervistato il vincitore del “Premio Andersen 2004” per la traduzione integrale in italiano delle sue fiabe, il dott. Bruno Berni:

 

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R. – Andersen veniva da una situazione assolutamente disagiata e lottò tutta la vita per sollevarsi da questa situazione. Per questo nelle sue fiabe spesso descrive le classi umili e sopratutto i bambini. Pensiamo alla piccola fiammiferaia, per esempio, che alla fine muore e la morte assume valore di testimonianza sociale.

 

D. – Forte quindi la componente autobiografica nelle sue opere. Pensiamo ad esempio alla fiaba del Brutto Anatroccolo....

 

R. – Lui aveva comunque la convinzione di essere un cigno, nato nel cortile delle anatre. Continuava spesso a ripetere la storia dell’infelice che poi, alla fine, conquista qualcosa. Una parabola della sua vita, in fondo, perché lui diventa uno degli scrittori più famosi dell’Europa del suo tempo, accolto da re, da principi.

 

D. – Le fiabe di Andersen sono spesso prive di un lieto fine. Abbiamo citato la piccola fiammiferaia, ma anche la sirenetta, con la ragazza dal corpo di pesce dissolta in schiuma. Perchè?

 

R. – Le consideriamo prive di un lieto fine perché siamo abituati alla fiaba popolare che normalmente ha il lieto fine, nel  quale il protagonista, ad esempio, conquista la principessa e la  metà del regno. In realtà una fiaba come la sirenetta ha un lieto fine, ad un livello superiore, semplicemente. La Sirenetta non ottiene il principe, che poi in fondo, neanche la meritava, ma ottiene qualcosa di più, ottiene un’anima.

 

D. – E’ proprio l’anima che Andersen, nelle sue fiabe, dona ad ogni cosa: dagli animali, ai giocattoli, ai fiori, o oggetti meno desiderati, un lampione, una casseruola, una scatola di fiammiferi...

 

R. – La cosa splendida di Andersen è che questi oggetti hanno una vita che corrisponde al loro carattere originario. Non sono personificati, ma sono oggetti che si comportano secondo il loro carattere. Il colletto si comporta come un colletto, la teiera ha aspirazioni da teiera, nonostante poi pensi …

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CHIESA E SOCIETA’

18 luglio 2005

 

 

PRESENTATO DALL’UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE CONTRO LA DROGA E IL CRIMINE,

A ROMA, ALLA FARNESINA, LO STUDIO “CRIMINE E SVILUPPO IN AFRICA”. POVERTÁ,

 DISOCCUPAZIONE, MALATTIE, VIOLENZA E CRIMINALITÁ POSSONO ESSERE COMBATTUTE CON POLITICHE DI PREVENZIONE, CONTROLLO E COOPERAZIONE

 

ROMA. = Il sottosviluppo africano è causa e conseguenza di crimine, di violenza, corruzione e conflitti. Cinque milioni di persone sono le vittime delle guerre negli ultimi 50 anni. Ma spezzare questo circolo vizioso è possibile. Questo il messaggio lanciato dal Rapporto crimine e sviluppo in Africa, presentato oggi a Roma al ministero degli Affari Esteri da Antonio Maria Costa, direttore esecutivo dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine. Lo studio si articola su diversi problemi che attanagliano l’Africa. Oltre alla povertà, alla disoccupazione, le malattie, la fame, i mali altrettanto insidiosi che affliggono questo continente sono i conflitti, la violenza, la criminalità, lo sfruttamento, la tratta di esseri umani, il traffico di armi e di droga e la corruzione. Obiettivo pratico di questo rapporto è quello di stimolare i governi africani ad inserire la prevenzione ed il controllo del crimine nelle politiche nazionali e rafforzare l’assistenza tecnica e la cooperazione allo sviluppo della comunità internazionale nelle aree della giustizia, della legalità, della sanità e dell’istruzione dell’Africa. Con le deliberazioni del recente G8 sono stati destinati 50 miliardi di dollari all’Africa ed è stato deciso di aumentare l’assistenza in materia di maggiori aiuti a favore dello sviluppo, dell’abbattimento del debito e della lotta all’Aids. E le Nazioni Unite hanno invitato i Paesi ricchi a non concentrarsi solo sulla creazione di strutture fisiche, scuole, strade, fabbriche e dighe, ma di focalizzarsi soprattutto sulla stabilità, sul progresso, sulla sicurezza dei cittadini africani, aiutandoli nella promozione di una buona gestione di governo, nella lotta alla criminalità organizzata e nel consolidamento della democrazia. Questi i passi importanti e decisivi per restituire dignità all’Africa e portare crescita economica ad un continente che non ne ha quasi mai goduto. (F. S.)   

 

 

e’ stato consacrato ieri A BOA VISTA, in brasile, il nuovo vescovo

dELLA DIOCESI DI roraima. E’ monsignor Roque Paloschi, nominato

 il 18 maggio da benedetto XVI E SUCCEDE A monsignor Apparecido José Dias

 

BOA VISTA. = “Accetto la sfida di essere vescovo di Roraima come servizio alla Chiesa, alla vita e alla dignità umana": lo ha detto, a Radio Monte Roraima, monsignor Roque Paloschi, nuovo vescovo di Roraima, stato del nord del Brasile, al confine con il Venezuela e La Guyana. Ieri, alla solenne celebrazione per la sua consacrazione e la presa di possesso della diocesi, hanno partecipato diversi vescovi, tra cui monsignor Jaime Hernrique Chemello, presidente della Comissione Episcopale per l'Amazzonia, i vescovi emeriti di Roraima Servilio Conti e Aldo Mangiano e una cinquantina di sacerdoti. Monsignor Chemello, nella sua omelia, ha presentato al nuovo vescovo la complessa realtà della diocesi, che conta una popolazione di circa 330.000 abitanti, soprattutto popolazioni indigene, primi fra tutti gli Yanomami, cui la Chiesa ha rivolto sempre particolare attenzione. Alla celebrazione del mattino é seguita quella della notte nella cattedrale di Boa Vista durante la quale il neo-vescovo ha voluto spiegare ai fedeli il suo motto episcopale, “Sono venuto per servire”. Ha salutato poi personalmente ciascuno dei partecipanti. Già conosciuto come territorio di Rio Branco, dall’omonimo fiume, Roraima è uno Stato dal 1988. Ha acquisito il suo nome nel 1962, da un monte locale alto più di duemila metri; il significato verdeblu (roroi) e grande (ma). Per le enormi ricchezze naturali, i conflitti e le tensioni provocate dalla forte resistenza dei latifondisti alla attribuzione delle terre agli indigeni, Roraima è uno dei territori più “caldi” del Brasile. Monsignor Paloschi, già sacerdote diocesano nominato vescovo il 18 maggio da papa Benedetto XVI, è noto per aver partecipato al "Progeto Igrejas Solidarias" ed essersi impegnato come missionario in Mozambico per due anni. A Radio Monte Roraima, il nuovo vescovo ha anche detto che intende porsi al servizio della comunità come "un buon samaritano". (T.C.)

 

 

L’UNESCO NOMINA NELSON MANDELA “AMBASCIATORE DI BUONA VOLONTÀ”

 PER IL SUO IMPEGNO CONTRO LA DISCRIMINAZIONE RAZZIALE

 

JOHANNESBURG. = “Per il suo straordinario ruolo nella lotta contro l’apartheid e la discriminazione razziale nel suo Paese, come nel resto del mondo”: con questa motivazione l’Organizzazione Onu per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco) ha nominato suo “ambasciatore di buona volontà” l’ex-presidente sudafricano Nelson Mandela che, lunedì prossimo, in occasione del suo 87° compleanno, riceverà in visita l'ex-presidente Usa Bill Clinton. In una cerimonia che si è svolta nella sede della fondazione che porta il nome del Premio Nobel per la pace 1993, a Johannesburg, il direttore generale dell’Unesco Koichiro Matsuura - riferisce l’agenzia missionaria Misna - ha reso omaggio “all’attaccamento di Nelson Mandela alla causa della riconciliazione tra diverse comunità, al suo impegno senza sosta a favore della democrazia, dell’uguaglianza e dell’istruzione, al suo sostegno a tutti gli oppressi della Terra e al suo contributo esemplare alla pace e alla comprensione reciproca”. Primo nero della storia del Sudafrica a diventare presidente nel 1994, dopo 27 anni di prigionia nel carcere di Robben Island, Mandela dedica ormai da anni le sue energie contro la sindrome di immunodeficienza acquisita (AIDS) che colpisce oggi 26 milioni di persone nella sola Africa sub-sahariana. (T.C.)

 

 

ANNUNCIATO AL FILM FESTIVAL DI GIFFONI L’INIZIO DELLE RIPRESE DELLA SECONDA PARTE DEL FILM SU GIOVANNI PAOLO II “KAROL, UN UOMO DIVENTATO PAPA”.

A SETTEMBRE IL PRIMO CIAK CON L’ATTORE PIOTR ADAMCZYK

 

GIFFONI VALLE PIANA. = Inizieranno a fine settembre le riprese della seconda parte di “Karol, un uomo diventato Papa”. Ad annunciarlo, al Giffoni Film Festival, il protagonista Piotr Adamczyk, l'attore cui spetterà il compito di raccontare anche il secondo capitolo della vita di Papa Giovanni Paolo II. “E' un ruolo che mi

preoccupa – ha detto Adamczyk - ho solo 33 anni. Quando mi hanno detto che dovevo ricoprire il ruolo di Papa Wojtyla sono stato contento ma anche molto teso”. Grande entusiasmo da parte del pubblico quando sul grande schermo del festival internazionale del cinema per ragazzi sono state proiettate le immagini dell'udienza che il pontefice ha concesso allo staff del Festival per ragazzi il 13 settembre del 2000: i 1500 giurati si sono alzati tutti in piedi per una “ola” urlando a squarciagola ''Papa Giovanni''. Stasera al Giffoni Film Festival saranno premiati i cortometraggi contro la droga che hanno vinto la selezione di “Don't kill your brain”, l'iniziativa realizzata insieme dall'Istituto Luce e dalla Comunità di San Patrignano. I filmati saranno utilizzati per una campagna di sensibilizzazione nelle scuole. A consegnare i premi ai giovani vincitori sarà Andrea Piersanti. “Doneremo loro apparecchiature digitali per la ripresa, ha detto Piersanti. Speriamo infatti che l’ottimo lavoro realizzato in questa occasione possa avere un seguito. Il cinema è sempre un momento di impegno. Ma può essere anche fonte di forti distrazioni dall'etica e dalla razionalità”. (T.C.)

 

 

CINQUE CONCERTI A MILANO SUI TEMI DELLA RELIGIONE, DELLA SPIRITUALITÁ

E DELLA POLITICA. DOMANI SERA IL PRIMO APPUNTAMENTO

CON IL “CONCERTO PER DIVERSI CREDO”

 

MILANO. = Si apre domani sera a Milano la settima edizione della rassegna “Padiglione d’arte contemporanea in concerto” che prevede cinque concerti pensati intorno al tema della religione, della spiritualità e della politica. Il primo appuntamento è il “Concerto per diversi Credo”, musiche, danze e canti che propongono un percorso nel cuore di alcune tra le più antiche tradizioni religiose del mondo. Il programma spazierà dal canto gregoriano al rito islamico del dhikr fino alle danze tradizionali cingalesi, con la loro commistione di buddismo, induismo e animiamo. Protagonista della serata sarà la Schola Gregoriana Mediolanensis, formata da quaranta cantori, che sarà affiancata da una scuola di dervisci sufi. Il concerto vuole mettere in relazione i canti tipicamente occidentali con le tradizioni più lontane al fine di creare un dialogo di reciproca conoscenza e comprensione. Le attività concertistiche sono inserite nell’ambito della mostra “Arte Religione Politica. Incontri ravvicinati dai cinque continenti” allestita al Padiglione d’arte contemporanea e aperta fino al 18 settembre. (T. C.)

 

 

E’ STATA RIELETTA SUPERIORA GENERALE DELLE FRANCESCANE MISSIONARIE

 DEL CUORE IMMACOLATO DI MARIA MADRE MARIA ROBERTA MALGRATI

 

ROMA. = E’ stata eletta sabato scorso la superiora generale delle Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria (dette d’Egitto). E’ madre Maria Roberta Malgrati, rieletta nel corso del XXII Capitolo generale dell’istituto dal tema “Sui passi dell’Amore crocifisso per noi, portiamo il Vangelo della speranza”. Nata a Limbiate, nel milanese, madre Malgrati si è laureata in teologia dogmatica all’Angelicum di Roma. (T. C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

18 luglio 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco  -

 

In Iraq tre poliziotti sono stati uccisi nella capitale, un soldato statunitense è morto nel nord del Paese per lo scoppio di un ordigno e uomini armati hanno assassinato a Bassora un docente universitario. C’è attesa, intanto, per le decisioni che saranno prese nella riunione di oggi e di domani ad Amman tra i rappresentanti delle nazioni donatrici. Al Vertice si farà il punto sullo stato di avanzamento dei progetti finanziati dalla comunità internazionale in occasione delle riunioni di Madrid del 2003 e di Bruxelles del giugno scorso. Ma di che cosa ha realmente bisogno l’Iraq? Giancarlo La Vella lo ha chiesto all’inviato speciale del Corriere della Sera, Antonio Ferrari:

 

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R. – Non si tratta di un problema di denaro, o meglio, non è soltanto un problema di denaro. Il denaro può certamente servire ad alleviare le sofferenze della popolazione. Ricordiamo, tra l’altro, che l’Iraq non è un Paese povero: potenzialmente con le sue riserve petrolifere è un Paese ricco. Servono strutture, ma soprattutto serve ricreare un clima di fiducia. Questa soluzione di governo, scaturita dopo le elezioni non ha risolto, di fatto, il problema del rapporto tra le tre grandi componenti irachene: gli sciiti al sud e in parte a Baghdad, i curdi al nord e i sunniti sparsi a macchia di leopardo. Forse bisognerebbe lavorare proprio su questo, per cercare di ricomporre quelle che sono state le coordinate del rapporto difficile, storico, tra le tre componenti della società. Non dimentichiamo che se la gente non guadagna, se la situazione economica è disastrata e se la situazione della sicurezza continua ad essere grave non c’è da essere molto ottimisti. Ecco perché occorre proprio ripensare assieme agli iracheni quale sia la strada migliore per far tornare questo Paese relativamente normale.

 

D. - Un Iraq che non avesse subito una dittatura così lunga, così dura, come quella di Saddam Hussein, potrebbe uscire in tempi più brevi da questa situazione?

 

R. – Le difficoltà sono enormi. Chiariamo una cosa: tutto questo parlare di esportazione della democrazia, di aiutare questo Paese a recuperare la democrazia è molto bello da un punto di vista teorico, da un punto di vista ideale, ma assai difficile da realizzare dal punto di vista pratico. L’Iraq non ha esperienza di democrazia. Non l’ha vissuta né con Saddam Hussein, ovviamente, né prima di Saddam Hussein. Quindi, non esiste una cultura democratica nel Paese. Esistono delle convenienze. Esistono dei clan. Esistono dei rapporti di forza che sono stati brutalizzati dalla dittatura di Saddam Hussein. Purtroppo credo che occorra cominciare a lavorare nuovamente dal basso, cioè occorrerà tanto tempo. Se vogliamo, però, che questo ritorni ad essere “l’ombra”, quantomeno, di un Paese normale, occorrerà uno sforzo convinto e non solo da parte di tutti i Paesi donatori, ma da tutti gli Stati che hanno interesse a vedere stabilizzata quell’area delicatissima del mondo.

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Un mese di tempo per ritirarsi dall’Iraq altrimenti sarà colpito il cuore dell’Europa. E' questo l’ultimatum lanciato via internet dalle brigate Al-Masri, l’organizzazione terroristica che ha rivendicato gli attentati di Londra, a diversi Paesi europei, tra i quali l’Europa. Le minacce sono esplicite: “Agiremo – si legge nel testo - toccando il cuore dell'Europa e dando origine ad una guerra cruenta e sanguinosa”.

 

“Sono finiti i tempi per le scuse sul terrorismo”. Lo ha detto il ministro degli Esteri britannico, Straw, al suo arrivo al Consiglio degli Esteri a Bruxelles, il primo vertice dopo gli attentati del 7 luglio a Londra. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Straw ha ricordato che il terrorismo ha colpito anche in Egitto, Kenya, Tanzania, Indonesia e Turchia senza collegamenti con l’intervento militare in Iraq. “E’ responsabilità della gente di tutto il mondo occidentale - ha chiarito il ministro britannico - affrontare il terrorismo e non fornirgli alcuna giustificazione”. Un rapporto del Royal Institute of International Affairs (Riia), sostiene invece che in Gran Bretagna l’allarme terrorismo è alto a causa del dispiegamento delle truppe britanniche in Iraq e in Afghanistan. Intanto, procedono le indagini sugli attentati del 7 luglio che hanno causato la morte di almeno 55 persone. La polizia ha precisato che sei persone arrestate ieri sera a Leeds non sono state fermate sulla base di leggi antiterrorismo ma per violazioni delle norme sull’immigrazione. Il portavoce della polizia ha spiegato che i sei “per ora non sono direttamente collegati agli attacchi di Londra”, anche se alcuni dei fermati erano amici dei quattro kamikaze. In Italia, intanto, il capo del pool antiterrorismo della procura di Roma ha aperto un fascicolo sugli attentati di Londra in cui ha perso la vita anche la trentenne italiana Benedetta Ciaccia. Il magistrato, che ipotizza il reato di strage con finalità terroristiche, disporrà, appena la salma della giovane verrà portata in Italia, un ulteriore esame del dna e accertamenti medico-legali.

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In Germania la Corte costituzionale ha dichiarato non valida la legge tedesca sul mandato di cattura europeo. I cittadini tedeschi sospettati di reati non potranno essere estradati in altri Paesi. L'Alta corte ha in tal modo accolto il ricorso di Mamoun Darkazanli, un cittadino tedesco di origini siriane sospettato di legami con al Qaeda, di cui la Spagna aveva chiesto l'estradizione.

 

Sta assumendo proporzioni drammatiche l’incendio scoppiato nella Spagna centrale, nella regione di Guadalajara. Sono 11, al momento, le persone che hanno perso la vita a causa delle fiamme. Le vittime sono tutti pompieri. Oltre 5.000 ettari di bosco sono bruciati in questo fine settimana probabilmente a causa di un fuoco lasciato inavvertitamente acceso da turisti.

 

E’ morto ieri all’età di 89 anni Edward Heath, ex primo ministro britannico dal 1970 al 1974. Edward, che aveva portato la Gran Bretagna nella Comunità Economica Europea, ha stabilito un record di permanenza in Parlamento dove è rimasto come deputato fino al 2001.

 

Il presidente yemenita Ali Abdullah Saleh ha annunciato a sorpresa che non si ricandiderà alle prossime presidenziali del settembre 2006, ponendo così fine al lungo e incontrastato dominio della vita politica nel suo Paese, prima alla guida dello Yemen del nord per 12 anni e poi, dal 1990, dello Yemen riunificato. “Non parteciperò alle elezioni – ha detto Saleh – e spero che tutti i partiti politici, compresa l’opposizione e il Congresso generale del popolo, trovino giovani leader per competere nelle elezioni, perchè dobbiamo addestrarci alla pratica della successione pacifica”.

 

In Pakistan un gruppo armato ha aperto il fuoco contro i passeggeri di un autobus: quattro morti e diversi feriti è il bilancio del sanguinoso assalto avvenuto in una strada di Chilas, nel Nord, a 480 km dalla capitale Islamabad. Nel sud del Paese, a Karachi, un esponente religioso sunnita è stato ucciso a colpi di arma da fuoco mentre era in auto insieme con il padre, rimasto ferito nell’agguato.

 

Il Parlamento libanese ha approvato una legge di amnistia generale che consentirà il rilascio di Samir Geagea, il leader della disciolta milizia delle Forze libanesi in carcere dal 1994. Lo ha riferito la radio ‘Voce del Libano’. Dell’amnistia, potranno beneficiare anche i detenuti integralisti arrestati per una fallita rivolta nel nord del Libano nel 2000 e quelli detenuti dal 2004 in relazione allo sventato attentato all’ambasciata d’Italia a Beirut.

 

Un razzo lanciato dalla Striscia di Gaza è caduto in territorio israeliano senza fortunatamente provocare vittime. Nessuna conseguenza anche per l'esplosione di 13 bombe di mortaio, sparate sempre da Gaza su alcune colonie ebraiche. Ieri, il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, ha dichiarato di essere determinato a porre fine “a qualunque costo” al lancio di razzi.

 

Otto morti e 2 feriti: è il bilancio di un attacco nel nord della Colombia. La polizia sospetta il coinvolgimento delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC). Ma non è escluso che l'attentato sia connesso ad una disputa tra la guerriglia marxista e gruppi paramilitari di estrema destra. Il comandante della polizia di La Guajira ha riferito che una carica di esplosivo è scoppiata in strada al passaggio di un veicolo.

 

 

 

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