RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
198 - Testo della trasmissione di domenica 17 luglio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Sempre tesa la situazione nella Striscia di Gaza: numerose vittime tra
i coloni israeliani- Ufficialmente identificato il corpo di
Benedetta Ciaccia, l’italiana vittima degli attacchi
a Londra
17 luglio 2005
NEL PRIMO ANGELUS IN VALLE
D’AOSTA, BENEDETTO XVI RIFLETTE
SULLE “OPPORTUNITA’ UNICHE”
OFFERTE DALLE VACANZE E
CON PAROLE IMPROVVISATE, DA’ AI GIOVANI APPUNTAMENTO A COLONIA.
UN PENSIERO A GIOVANNI PAOLO II,
CON LA GRATITUDINE PER
L’ACCOGLIENZA E PER LA “PAUSA PROVVIDENZIALE”
“Il
tempo delle vacanze offre opportunità uniche di sosta davanti agli spettacoli suggestivi della natura, meraviglioso ‘libro’ alla portata
di tutti, grandi e piccini”: così Benedetto XVI nel suo primo Angelus in valle
d’Aosta, nel giardino nei pressi dello chalet a Les Combes dove soggiorna da lunedì scorso. All’appuntamento
domenicale hanno preso parte migliaia di persone. Delle parole del Papa
sull’importanza della pausa estiva, del suo pensiero a
Giovanni Paolo II e del suo saluto a braccio ai giovani, ci racconta nel
servizio Fausta Speranza:
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“Nel
mondo in cui viviamo, diventa quasi una necessità potersi ritemprare nel corpo
e nello spirito, specialmente per chi abita in città, dove le condizioni di
vita, spesso frenetiche, lasciano poco spazio al silenzio, alla riflessione e
al distensivo contatto con la natura”. Benedetto XVI spiega che le vacanze sono
“giorni nei quali ci si può dedicare più a lungo alla preghiera, alla lettura e
alla meditazione sui significati profondi della vita, nel contesto
sereno della propria famiglia e dei propri cari”. “A contatto con la natura, -
afferma - la persona ritrova la sua giusta dimensione, si riscopre creatura,
piccola ma al tempo stesso unica”. Aggiungendo poi un’espressione particolare:
“...capace di Dio” perché interiormente aperta
all’Infinito. Sospinta dalla domanda di senso che le urge nel cuore, essa
percepisce nel mondo circostante l’impronta della bontà e della provvidenza
divina e quasi naturalmente si apre alla lode e alla preghiera, vedendo
realmente il riflesso della bellezza e della bontà del Creatore”.
E’ alla
Vergine Maria che il Papa invita ad affidarsi per imparare “il segreto del
silenzio che si fa lode, del raccoglimento che dispone alla meditazione,
dell’amore per la natura che fiorisce in ringraziamento a Dio”. “Potremo così
più facilmente – dice - accogliere nel cuore la luce della Verità e praticarla
nella libertà e nell’amore”.
Nelle
parole di Benedetto XVI non manca il pensiero a Giovanni Paolo II: tra le
stupende montagne della Valle d’Aosta – dice appena comincia a parlare – “è
ancora vivo il ricordo dell’amato mio Predecessore”.
Dopo
essersi detto “riconoscente alla popolazione locale e ai turisti per la loro cordiale accoglienza”, torna ad aggiungere qualche
parola di ringraziamento e di saluto dopo la recita dell’Angelus, nominando il
vescovo dell’Antica diocesi di Aosta, sacerdoti, religiosi, religiose e
famiglie.
“A tutta
la comunità della Valle d’Aosta assicuro il mio ricordo al Signore, specialmente
per i malati e per quanti soffrono”.
Uno speciale pensiero alle Suore della Congregazione di
San Giuseppe di Aosta, Pinerolo
e Cuneo, esprimendo l’apprezzamento per la missione che svolgono ed assicurando
la preghiera per lo svolgimento dei lavori capitolari.
“Conosco le vostre presenti difficoltà”: è quanto dice
agli operai e alle maestranze della TECDIS e di altre
industrie della Valle d’Aosta, che sa presenti all’Angelus. “Voi temete –
afferma - il venir meno delle condizioni di lavoro che rendono possibile la
fondazione e la continuità delle famiglie. Carissimi, nell’esprimervi la mia
solidarietà, auspico un forte impegno da parte di tutte le istanze
responsabili nella ricerca di una soddisfacente soluzione agli attuali problemi.”
Diverse ma sempre molto sentite le parole che rivolge “in
modo particolare ai giovani”:
“…voi
giovani, che siete venuti per questo mio primo Angelus in montagna. Spiritualmente siamo tutti già in cammino
per Colonia. Ci vediamo tutti a Colonia”.
In ultimo, un saluto in dialetto valdostano con la tipica
espressione amicale: ‘Pudzo’.
Ma per
raccontare la straordinaria partecipazione in termini di presenze e di emozioni, ci colleghiamo con Salvatore Mazza, inviato a Les Combes del quotidiano
Avvenire:
R. – E
stata una partecipazione molto, molto numerosa, forse, per certi versi, anche
inattesa. A Les Combes,
a mezzogiorno, quando il Papa si è affacciato c’erano circa 6-7 mila persone.
Ma c’è chi non è riuscito ad arrivare perché alle 11.30 la polizia stradale
informava che la fila arrivava fino alla statale, cioè
8-9 chilometri più in basso. Quindi, veramente c’è
stato un afflusso eccezionale di gente in una giornata molto calda, molto
bella, con il cielo limpido.
D.- Il Papa ha parlato in
particolare dell’importanza delle vacanze come tempo di silenzio…
R.- Certamente Benedetto XVI ha
proseguito quella sorta di magistero sulle vacanze che aveva iniziato tanti
anni fa Giovanni Paolo II. C’è da dire che molta gente
è salita a piedi fino allo chalet del Papa. In gran parte si trattava di
villeggianti, ma molti erano anche i pellegrini. Tutti hanno partecipato in
prima persona a questo nuovo capitolo di questo
magistero delle vacanze.
D. – Navarro Valls, il portavoce
vaticano, l’ha definita una vacanza di lavoro. Ci spieghi perché?
R – Ha raccontato che il Papa tutte le mattine si alza abbastanza presto. Non ha
detto a che ora ma si sa che si alza verso le 7.00, un’ora più tardi di quanto
non faccia di solito in Vaticano. Il Papa dice la Messa, fa colazione, recita
il breviario e poi si mette nello studio a scrivere. Ha una giornata di
scrittura quasi completa. C’è l’interruzione del pranzo e poi di nuovo scrive
un po’. Si è portato diverse cose da fare. Navarro non ha detto a che cosa stia
lavorando di preciso, però è chiaro che si può immaginare che non abbia
lasciato il lavoro a Roma. Navarro ha detto sono vacanze vere, ma sono anche “vacanze di vero lavoro”.
D. – Nel pomeriggio però, c’è lo
spazio per lunghe passeggiate?
R.- Fino ad oggi è sempre uscito
nel pomeriggio, intorno alle 17.30, rimanendo fuori almeno un paio d’ore. La
cosa carina è successa ieri quando, di ritorno da uno
dei sentieri che solitamente percorre e che partono tutti dal pianoro dove si
trova lo chalet, tornando giù, è sceso attraverso Les
Combes, la frazioncina adiacente
alla colonia dei salesiani sul cui territorio c’è la casa del Papa, ed ha
incontrato e salutato i suoi vicini di casa. Possiamo chiamarli così gli
abitanti di Les Combes, che
sono in tutto 30, forse 35 persone.
NOMINE
Ieri il Santo Padre ha nominato
il cardinale Jozef Tomko,
presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali,
Suo Inviato Speciale alle celebrazioni conclusive del Congresso Eucaristico
Nazionale slovacco, che avranno luogo a Bratislava-Petržalka il 18 settembre 2005.
Inoltre,
il Papa ha nominato vescovo di Augsburg
(Repubblica Federale di Germania) monsignor Walter Mixa, vescovo di Eichst e Ordinario Militare per la
Repubblica Federale di Germania. E ha nominato vescovo
di Kaga-Bandoro (Repubblica Centroafricana)
il reverendo. p. Albert Vanbuel, Società Salesiana di S.Giovanni
Bosco, presidente dei Superiori Maggiori del Centroafrica.
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17 luglio 2005
IL PROCESSO A SADDAM HUSSEIN POTREBBE COMINCIARE A
GIORNI.
L’ANNUNCIO NELL’ENNESIMA GIORNATA DI SANGUE IN
IRAQ:
8 MORTI E 20 FERITI STAMANE A BAGHDAD,
MENTRE SALE A 98 MORTI E OLTRE
150 FERITI IL BILANCIO DELL’ATTACCO DI IERI.
DA DOMANI RIUNIONE AD AMMAN DEI RAPPRESENTANTI
DEI PAESI DONATORI
-Intervista con Al Saadi Latif -
L’annuncio che il processo a
Saddam Hussein potrebbe cominciare a giorni, nell’ennesima giornata di sangue
in Iraq: quattro attentati, in altrettante zone di Baghdad, hanno provocato
almeno 8 morti e il ferimento di un’altra ventina di persone. E continua a
salire ad almeno 98 morti e oltre 150 feriti il bilancio per il devastante
attacco suicida di ieri sera a sud della capitale. Al
Qaeda via internet ha rivendicato tutti gli attentati dei giorni scorsi,
annunciando “ulteriori violenze”. Il servizio di Eugenio Bonanata:
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A Baghdad si cerca di dare un nome alle vittime di ieri. L’esplosione ha dato vita ad un incendio di grosse proporzioni che ha
investito diverse automobili e abitazioni adiacenti. Sono un centinaio gli
ustionati, molti dei quali gravi, ricoverati presso l’ospedale locale, che non
ha a disposizione i mezzi necessari per curare tutti. E’ uno dei più sanguinosi
attacchi dalla caduta di Saddam Hussein, con un bilancio destinato ad
aggravarsi. Il parlamento, da parte sua, ha deciso che a mezzogiorno di
mercoledì in tutto il Paese verrà osservato un minuto
di silenzio in memoria delle vittime dell’attentato di ieri sera e di quello
che quattro giorni fa colpì decine di bambini, durante una distribuzione di
caramelle da parte dei soldati americani. A Teheran
il primo ministro Jaafari, durante un incontro con il
presidente iraniano Mohammad, ha condannato questi
atti chiedendo a tutti i Paesi di “unirsi per combattere il terrorismo”. Una terribile ondata di sangue e terrore che al-Qaeda
ha rivendicato ancora via internet. L'organizzazione terroristica di Osama Bin Laden fa sapere che
non intende certo fermarsi. Intanto, il tribunale speciale iracheno, che giudicherà
Saddam Hussein e gli altri membri del regime, ha annunciato che il processo
contro l'ex rais potrebbe cominciare a giorni e che sono state presentate le
prime incriminazioni per crimini commessi quando era
presidente dell'Iraq.
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Domani e dopodomani ad Amman si riuniranno i rappresentanti delle
Nazioni donatrici del Paese martoriato dal regime di Saddam Hussein, prima, e
dalla guerra, poi. Al vertice in Giordania si farà il punto sullo stato
d’avanzamento dei progetti finanziati dalla comunità internazionale in
occasione delle riunioni di Madrid nel 2003 e di Bruxelles nel giugno scorso. Ma a cosa servirà effettivamente questo nuovo incontro dei
Paesi donatori? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Al Saadi Latif, giornalista iracheno
da poco rientrato da Baghdad:
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R. – Saddam Hussein ha lasciato
l’Iraq veramente a terra, non c’è più niente e quindi l’emergenza fondamentale
appare essere quella della ricostruzione del Paese. Il problema è che ci sono
due elementi che hanno finora bloccato in qualche modo il processo di ricostruzione
dell’Iraq. Il primo è che a Madrid è stato deciso di affrontare alcune
cose, come quella riguardante l’eliminazione dei debiti dell’Iraq dell’80 per
cento, ma finora questo non ci ha aiutato molto nella ricostruzione del Paese. E questo, forse, perché non vi è la volontà di far questo al più
presto. C’è poi un secondo fattore, che è molto grave ed al contempo
importante, che è il risultato della politica dell’ex regime di
Saddam: la corruzione. L’Iraq ha una situazione di corruzione orribile.
D. – Ma cosa serve oggi in Iraq?
R. – Il Paese ha bisogno di una
forza democratica in tutta Europa; di una pacificazione della situazione. Ora
il terrorismo non è più un elemento che caratterizza solo l’Iraq: vediamo
purtroppo qual è la situazione attuale nel mondo. Vediamo come il terrorismo è
aumentato grazie alla politica della guerra, ma ci sono motivi che riguardano
la situazione dell’Iraq. E’ necessario che venga dato
tutto il possibile per la ricostruzione del Paese, in modo particolare i
servizi, come l’elettricità, l’acqua ed altri servizi fondamentali. La mancanza
di questi servizi essenziali è uno dei motivi che fanno rafforzare il
terrorismo.
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IL 2005 “ANNO DEL MEDITERRANEO”:
L’UNIONE EUROPEA RILANCIA COSI’ IL PROGETTO
EUROMED
CON IL QUALE DA DIECI ANNI CURA LE RELAZIONI CON I
PAESI
CHE SI
AFFACCIANO SUL ‘MARE NOSTRUM’
- Intervista con Michele Capasso
-
L’Unione Europea ha definito il
2005 ‘Anno del mediterraneo’,
con l’obiettivo di rilanciare le relazioni con i Paesi che si affacciano sul
mediterraneo. I ministri degli Affari
Esteri di 35 Paesi dell’area interessata, su proposta
del governo spagnolo, hanno stabilito la convocazione di un’assemblea
straordinaria che si svolgerà a Barcellona il prossimo mese di novembre. Sulle
iniziative in programmazione e sul progetto che già da dieci anni l’Unione
europea porta avanti, il servizio di Eugenio Bonanata:
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Se negli anni scorsi l’allargamento ad est rappresentava la priorità per
l’Europa, oggi è la regione del Mediterraneo la vera zona di frontiera per gli
assetti geo politici europei. Diventa dunque una vera
priorità la politica di partenariato e vicinato che
Bruxelles ha avviato con Euromed. Un
progetto che attraverso il coinvolgimento dei diversi Paesi, mira a fare del
bacino del Mediterraneo uno spazio di dialogo e cooperazione. Tutto è
nato nel novembre 1995, durante la conferenza di Barcellona, quando le
richieste dei ministri degli Affari Esteri di diversi
Paesi Euromediterranei si sono fuse in un accordo
politico di vasto respiro. Oltre a singoli Stati, enti regionali e attori della
società civile di ciascun Paese si sono impegnati in diversi progetti di
cooperazione. Fra gli altri aspetti i partner hanno previsto accordi sul tema sicurezza e
scambi a livello finanziario e commerciale. Ma il dialogo
si fonda anche a livello sociale, religioso, culturale. E allora si cercano
occasioni di incontro, di conoscenza reciproca, fra
Paesi che sono molto diversi per le loro tradizioni, a volte distanti. Si tratta
di conferenze a diverso livello ma anche di popolari concerti, che veicolano sempre un messaggio di unione.
A far parte dell’organizzazione,
Paesi che siamo soliti accomunare: Algeria, Tunisia, Marocco;
ma anche Paesi più “lontani” tra loro per tradizioni o per interessi: come
Malta, Egitto, Giordania, Siria e Libano; come Cipro e Turchia, che hanno
difficili relazioni dall’invasione da parte di Ankara della parte settentrionale
dell’isola cipriota, nel 1974. E, soprattutto, Israele
e l’Autorità Palestinese. Tutti questi Paesi, dunque, mettono in comune le
proprie energie sotto l’egida dell’Unione Europea che ha messo a servizio del
progetto anche uno strumento finanziario. Si chiama programma Meda e prevede
misure finanziarie per la riforma delle strutture economiche e sociali dei
partner mediterranei. Si tratta di aiuti a fondo
perduto che provengono dal bilancio comunitario e dalla Banca Europea per gli
Investimenti. Il programma Euromed comprende vari strumenti e organismi.
Tra gli strumenti, citiamo lo European
Community Investment Partners (Ecip),
che promuove lo sviluppo di “joint-venture” tra piccole e medie imprese. Tra
gli organismi, la Fondazione Laboratorio mediterraneo e la Maison de la Mediterranée, di cui è direttore generale Michele Capasso. Ci racconta il difficile percorso dei progetti Euromed nell’intervista di Donika
Lafratta:
R. – I ministri degli Affari Esteri hanno registrato le segnalazioni e le
raccomandazioni di alcune istituzioni che si occupano
da sempre di dialogo tra le culture e le società dello spazio euromediterraneo,
affinché si promuovesse un partenariato che desse un rilancio di sviluppo
sostanziale all’intera regione.
D. – Ma, secondo lei, quali sono i principi ed i
valori fondamentali di una “casa euromediterranea”?
R. – A partire dal 1995
noi abbiamo costituito una rete di oltre 500 organismi che hanno aderito al
nostro progetto di creazione di “La Maison de la Méditerranée”, che si pone
come una rete aperta e partecipata dove non esiste una gerarchia e dove all’interno
del network si promuovono azioni, affinché tutti i partecipanti possano
sviluppare azioni di leadership su specifiche tematiche.
D. – Qual è il peso
istituzionale di Euromed
nell’Unione Europea?
R.- Ci troviamo di fronte ad uno scenario
completamente diverso rispetto a quello di dieci anni fa: vi era allora un
ottimismo per la risoluzione del conflitto israelo-palestinese; c’erano
speranze per un partenariato economico che si sviluppasse di più; non c’era la
grande cappa del terrorismo. Oggi ci troviamo a vivere uno scenario geopolitico e geostrategico completamente diverso e che
richiede, quindi, una rivisitazione ed un rilancio del partenariato
euromediterraneo e che ha prodotto ben poco nonostante le grandi risorse in
campo.
D. – Pensa che il processo iniziato a Barcellona
nel 1995 possa rappresentare un’alternativa efficace
anche alla cosiddetta linea americana di “esportazione della democrazia”?
R. – Senza dubbio sì, ma sono tutte e due segmenti
di questo grande mosaico. Oggi, soprattutto alla luce
dell’allargamento ad Est dell’Unione Europea, occorre ritornare con
l’attenzione ad una dimensione geografica, in cui l’Europa e l’Africa si incontrano e si scontrano nel Mediterraneo, per riaffermare
con azioni concrete il rilancio del processo di Barcellona. E
nella dimensione geografica mediterranea, dobbiamo affrontare l’emergenza su
alcuni argomenti principali.
D. – In questo particolare
momento storico la cooperazione euromediterranea cosa propone sul fronte
sicurezza e cosa sul fronte del dialogo interculturale?
R. – Si sta riaffermando una
concezione che noi abbiamo detto e gridato, sin dal 1994: “Occorre promuovere
anzitutto il dialogo tra le società e le culture, perché solo attraverso il
dialogo si ottiene una maggiore conoscenza. E attraverso la conoscenza si
arriva ad una confidenza, attraverso la confidenza si possono
promuovere scambi, che da soli permettono sicurezza e pace”. Invece, si è
proposto di assicurare la sicurezza attraverso sistemi militari, credendo che
si potesse addivenire a scambi economici entro il 2015
e con essi ad un dialogo tra le società e le culture e quindi alla pace. Questo
è stato completamente sbagliato ed i fatti dell’11
settembre 2001 ci hanno, purtroppo, dato ragione.
D. – Dopo gli attentati degli ultimi giorni si tema una ritorsione nei
confronti del mondo musulmano: cosa propone concretamente Euromed
per risolvere questa crisi?
R. – Dovrebbe interrompere l’equazione di dire
islam uguale fondamentalismo, fondamentalismo uguale
terrorismo. Bisogna scindere questo islam
dall’islamismo, che è la degenerazione dell’islam, la politicizzazione del
religioso. Per cui dialogare sempre ed anche di più con le comunità moderate e
soprattutto lavorare molto per i processi di integrazione.
D. – Dal
partenariato euromediterraneo cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?
R. – Una spinta
va verso i programmi che anche con le nuove politiche di vicinato potranno
finalmente avere maggiore respiro e quindi il Programma Meda potrà avere un futuro
molto meglio disegnato e in questo un ruolo importante lo hanno tutti i
soggetti istituzionali della società civile.
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“RWANDA, I MEDIA,
IL PACIFISMO, I DILEMMI”: TEMA DELLA CONFERENZA PROMOSSA ALL’UNIVERSITÀ LA SAPIENZA, DI ROMA, NELL’AMBITO
DELL’INIZIATIVA IMPEGNARSI NELL’ESTATE ROMANA. AI NOSTRI MICROFONI STEFANO SAVI
“Rwanda, i
media, il pacifismo, i dilemmi”: è il tema della Conferenza che si è
svolta nell’ambito dell’iniziativa “Impegnarsi nell’estate romana” presso
l’università “La Sapienza” di Roma, promossa da Amnesty International, Emergency e Medici senza Frontiere fino ad oggi. L’incontro
ha voluto ricordare il genocidio compiuto in soli cento giorni nella primavera
del 1994 dall’etnia Hutu contro quella
dei Tutsi. Il servizio di Marina Tomarro:
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“Io sogno di essere nera, la
notte, tanto mi sento pienamente di essere qui. Mi guardo le mani nere e
riconosco nel sogno che sono le mie mani. E quando vedo il sangue delle vittime
di questo orrore, il sangue è rosso come il mio.
Allora non c’è più davvero nessuna differenza”.
E’ la testimonianza di Federica Cecchini, psicologa di
“Medici senza Fron-tiere” a Kingali in Rwanda, a
sostegno delle donne sopravissute al genocidio, letta in conferenza stampa. Il
direttore di MSF, Stefano Savi:
R. – Sono trascorsi dieci anni da quando è stato commesso il genocidio e sicuramente i
crimini e le violenze che le sopravvissute e i sopravvissuti hanno subito, il
dramma vissuto lasciano ferite molto profonde. Una psicologa ne vede i
risultati ogni giorno parlando con queste donne che ancora adesso vedono anche
nei figli, se sono stati concepiti dopo uno stupro,
magari, una memoria di quello che è stato quel dramma. Sicuramente,
la situazione del Rwanda non è completamente stabilizzata. Ci vuole
ancora del tempo per riuscire a superare un evento così drammatico e profondo
che ha distrutto in parte una società e una Nazione. Sicuramente ci vorrà la
volontà da entrambe le parti di poter costruire un dialogo.
D. – Cosa
ricordano i suoi colleghi che erano lì, in quei giorni, di quel periodo?
R. – I
nostri colleghi che hanno avuto la sfortuna e il dovere di testimoniare quello
che è accaduto durante quei tremendi tre mesi del genocidio, sono colleghi che
sono rimasti scioccati e che ancora adesso portano i segni di quell’esperienza. Vedere
davanti ai propri occhi lo sterminio sistematico di persone, di propri colleghi
con un sentimento di impotenza ... ecco, io penso che
queste cicatrici non potranno mai essere cancellate, perché sono esperienze
così profonde che rimarranno comunque come qualcosa di aperto nella loro vita.
Oggi nel Rwanda al governo c’è
Paul Kagame, il generale che riuscì a fermare questa orribile strage. Chi è sopravissuto cerca di trovare
di nuovo la normalità ma senza dimenticare coloro che
sono morti perché – come dice Francesca Cecchini – “non sarebbe rispettoso né
verso chi non c’è più, né verso chi vive qui, in questo Paese dalle mille
colline.”
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"LA
BELLEZZA DELLA CROCE" È IL TITOLO DELLA MOSTRA
DA
IERI NEL SANTUARIO DELLA SANTA CASA DI LORETO:
-
Intervista con Alfredo Paglione -
Il
santuario della Santa Casa di Loreto fin dalla sua costituzione ha favorito la
diffusione dell’arte sacra. A conferma di questa tendenza, il santuario ospita
fino al 15 settembre la mostra "La bellezza della Croce", a cura di Alfredo Paglione e Floriano Grimaldi.
Rita Anaclerio ha chiesto proprio ad Alfredo Paglione
quali gli artisti ed i dipinti selezionati per esaltare la “Bellezza della
Croce”:
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R. – Io e mia moglie siamo molto devoti, da sempre, della Madonna di Loreto.
Abbiamo quindi raccolto tante opere d’arte e tra queste numerose opere di carattere
sacro. Abbiamo allora pensato di venire a Loreto e presentare alla Madonna di
Loreto come un bouquet di fiori, una raccolta di quadri e di opere
specifiche di diversi autori e tra i più grandi del secolo. Gli artisti sono diversi,
cominciando da Aligi Sassu, che è presente qui con 11
opere dai temi della Deposizione, la stessa Crocifissione, il tema del
Concilio; c’è poi una bellissima Cena di Emmaus, dell’anno 1930, di un pittore veneto Lino Perissinotti; per finire poi con una rassegna di opere
notevoli di artisti spagnoli, tra cui un grande come José
Ortega, presente con un’orazione, il tema
dell’Angelus, fino alle ultime opere, che sono molto drammatiche, tutte sul
tema della Crocifissione. C’è un Trittico straordinario che è
di Gaston Orellana,
pittore cileno, molto caro a grandi poeti come Neruda
e come Alberti. Anche questo
presente qui a Loreto.
Viene
documentata così una significativa porzione della ricerca artistica classica ma
anche contemporanea sul tema del sacro, che affronta in particolare il tema del
dolore e del suo significato, come ci spiega padre Floriano Grimaldi,
direttore del Museo Pinacoteca della Santa Casa di Loreto:
R. – Il filo conduttore, che può
legare assieme tutte queste opere che verranno esposte
nella Mostra, è la sofferenza, il dolore che l’uomo e la donna hanno patito e
sofferto, particolarmente nel secolo passato: forni crematori, prigionie, sfruttamento
della donna, come viene messo in evidenza in alcuni dipinti, in particolare di Jaston Orellana. La bellezza
della Croce è Cristo.
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17 luglio 2005
DIALOGO
INTERRELIGIOSO: OGGI AD ASSISI
L’ULTIMA GIORNATA DELL’INCONTRO TRA
MONACI BENEDETTINI, INDUISTI, E SUFI
ALLA SCOPERTA DEL VALORE DELLA
CONTEMPLAZIONE NELLA MONDO MODERNO
ASSISI.
= Come avviene la contemplazione? Che effetti ha sulla
vita della persona e sulle sue relazioni con gli altri e con il creato? Queste
le domande a cui sono stati chiamati a rispondere i relatori di religione induista, cristiana, islamica nel convegno di Assisi, oggi alla sua ultima
giornata. L’iniziativa dal titolo “La contemplazione di Dio nell’induismo, nel monachesimo benedettino, nel sufismo”, è stata promossa a partire dal 13 luglio dal
Dialogo interreligioso monastico dei benedditini, attivo da 27 anni nella ricerca del confronto
con i fedeli delle altre religioni. “Dio è in tutti noi e
tutti noi, anche se in modo diverso, lo cerchiamo. In questo convegno
proviamo a comprendere Dio più con la strada dell’intelletto che con quella del
cuore e per questo ci rivolgiamo al monachesimo” ha dichiarato il benedettino Cipriano Carini, responsabile
della Commissione italiana del Dim. Lo stile del
monachesimo, infatti, come ha spiegato lo stesso Carini, “è il modo migliore
per vivere le religioni. Conduce ad incontrare Dio nella contemplazione”. Contemplazione intesa come abbandono al Signore e come necessità di
dimenticare le distrazioni del mondo moderno e degli affari per nutrirsi del
vero. Ed è proprio questo il fulcro del dialogo
interreligioso aperto presso il monastero di San Giuseppe ad Assisi. Giuseppe Scattolin, missionario Comboniano in Egitto esperto di sufismo, ha osservato come questa religione professi un
totale assorbimento del credente in Dio perché “l’uomo moderno ha necessità di
riscoprire la dimensione trascendente” per ritrovare quei valori assenti nella
società tecnologica e dei consumi. Un concetto, questo,
ricorrente anche nell’induismo che vede nella
contemplazione uno degli strumenti per l’ascesi intesa non come rinuncia al
mondo ma ai suoi condizionamenti. Il tutto per vivere serenamente la
propria vita. La contemplazione quindi come itinerario, ma
anche come rischio da correre. Perché come ha notato suor Luciana Myriam
Mele, del monastero benedettino di San Giovanni, “quando si incontra
Dio, bisogna essere disposti a lasciarsi andare e a farsi modificare”. (R.P.)
“VEDUTE DI CRISTO: LA FIGURA DI CRISTO
DALL’ANTICHITÀ FINO AL XX SECOLO”:
È IL TITOLO DELLA MOSTRA, IN CORSO A COLONIA, IN
GERMANIA,
IN VISTA DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
DEL MESE PROSSIMO
COLONIA.
= Fra gli eventi culturali della XX Giornata mondiale della Gioventù, in
programma a Colonia, in Germania, dal 11 al 21 agosto
prossimi, spicca la mostra “Vedute di Cristo: la figura di Cristo
dall’antichità fino al ventesimo secolo”. L’esposizione, promossa
dall’arcidiocesi di Colonia, in collaborazione con la fondazione “Gioventù
Chiesa Speranza” del Pontificio Consiglio per i laici, è in corso, fino al 2
ottobre, nel prestigioso Wallraf-Richartzs-Museum
Fondation Carboud della
cittadina tedesca. Attraverso una novantina, tra le principali opere della storia
dell’arte europea, dalla tarda antichità fino ad oggi, la mostra vuole condurre
i giovani visitatori all’incontro personale con Gesù, attraverso le opere di
Michelangelo, El Greco, Rubens, Newman, Beuys e Warhol. “E’ una mostra
favolosa, i giovani saranno entusiasti”, concordano tre volontari della GMG che
hanno che hanno già visitato l’esposizione. Uno di loro, Jean-Baptiste
Robert, afferma: “La mescolanza mi ha particolarmente
affascinato: normalmente, non mi ispirano tanto le
opere dei maestri antichi, ma nel confronto con l’arte moderna acquistano un
nuovo significato”. “Visitando la mostra – aggiunge il
ragazzo – ho pregato varie volte. In mezzo a queste immagini che
rappresentano vedute di Cristo mi sono sentito a mio
agio”. Il costo dell’entrata, per i possessori della GMG-Card,
è di 1 Euro. (R.M.)
“DOVE È RIVOLTA E DIRETTA
LA PROPRIA VITA”: E’ IL TEMA DEL VI FESTIVAL
INTERNAZIONALE GIOVANILE CRISTIANO, IN PROGRAMMA
IL MESE PROSSIMO
BELOZEM. =
“Quo vadis?”: questo, il titolo del VI Festival
Internazionale Giovanile cristiano che si svolgerà a Belozem,
in Bulgaria dal 29 agosto al 3 settembre prossimi. “Dove è rivolta e
diretta la propria vita” è il tema di questa edizione,
che prende spunto dalle parole del romanzo di Henrik Senkewicz, rivolte da Cristo a Pietro che fugge da Roma,
lasciando la Chiesa, a causa dalla persecuzione nei confronti dei cristiani. Il
festival, a cui potranno prendere parte i giovani dai 14 anni in su, prevede diversi workshop e gruppi di lavoro sui temi
della paura, della depressione e della vita come sfida. In
programma, anche una scuola musicale, dei concerti e la registrazione di un cd
in uno studio professionale per i partecipanti, che si potranno esibire come
solisti o in gruppo. Previste, infine, diverse
celebrazioni liturgiche presiedute dal vescovo di Sofia e Plovdiv,
mons. Georgi Jovcev. (R.M.)
MONDIALI
DI NUOTO 2009: A ROMA, IN ITALIA, LA TREDICESIMA EDIZIONE
IERI LA SCELTA DELLA FEDERAZIONE
INTERNAZIONALE
SCONFITTE LE SUPER FAVORITE
DUBAI, MOSCA ATENE E YOKOHAMA
MONTREAL. = I mondiali di nuoto 2009 parleranno italiano. Dopo l’australiana Melbourne nel 2007,
infatti, toccherà all’Italia e alla sua capitale, Roma, l’organizzazione della
tredicesima e ambitissima competizione di discipline
acquatiche. Lo ha deciso Ieri a Montreal, in Canada, la federazione
internazionale. Una scelta, quella della Fina, affatto scontata. Fino
all’ultimo, infatti, la città eterna ha dovuto misurarsi con Atene, Dubai, Mosca e Yokohama date per super
favorite. Particolarmente cocente la
delusione dei giapponesi che, con un progetto altamente
tecnologico, avevano dato per certa la vittoria. E
invece al rush finale la Capitale l’ha spuntata con un netto 11-9 contro gli
asiatici. D’altronde sin dalla prima votazione del bureau della Federazione
Internazionale di nuoto, alla capitale italiana erano andati ben 10 voti, mentre 8 erano state
le preferenze accordate a Yokohama e una sola rispettivamente a Mosca ed Atene.
Grande soddisfazione, per la conquista ottenuta, è
stata espressa dal sindaco di Roma, Walter Veltroni rappresentato dal delegato
dello sport Gianni Rivera. Dal 1994, infatti, la
Capitale non ospitava i mondiali di nuoto.
“abbiamo puntato sull’aspetto umano e sentimentale. Roma è Roma e il
valore aggiunto che può offrire non è paragonabile a quello delle altre città” ha commentato il
mecenate dello sport capitolino Gianni Malagò.
Intanto il progetto tecnico è già in piedi: 45 milioni di euro
sono stati stanziati. Cuore nevralgico dell’evento il Foro
italico, completamente rimesso a nuovo per l’occasione. (R.P.)
IN ITALIA L’APPELLO DEL
CARDINAL GIORDANO PER NAPOLI:
SALVIAMO LA CITTA’ DALLA
POVERTA’ E DALL’INCERTEZZA.
NON
POSSIAMO ARRENDERCI, SERVE L’IMPEGNO DI TUTTI
NAPOLI.
= La mancanza di case, di lavoro, l’evasione scolastica. E ancora la violenza. Quella che non fa
sentire al sicuro neanche nelle proprie case, per le strade. Quella che
trascina perfino ragazzi fino al giorno prima
insospettabili. '”Napoli è una città nella quale vanno
crescendo povertà, marginalità, esclusione, disgregazione e incertezza nel
domani, lo percepisco quotidianamente per le numerose richieste di aiuto e di
assistenza”: sono dure le parole dall’arcivescovo della capitale campana, il
cardinale Michele Giordano, pronunciate ieri, nel corso della messa conclusiva
dei festeggiamenti della Madonna del Carmine. Ma quella del
presule non è stata solo una denuncia.
E’ stato anche un appello a non abbandonare Napoli alla povertà e alla incertezza. Perché “una via d’uscita
è possibile. Non possiamo arrenderci all'ineluttabile. Il nostro cuore
animato da un amore instancabile per la città, continua a ritenere che ci siano le
condizioni per rendere Napoli più ospitale e sicura per tutti”. Di qui l’invito
rivolto ai fedeli dal Cardinale ad impegnarsi affinché nessuno possa sentirsi
straniero, ospite o tollerato. L’invito a non dimenticare malati, anziani,
emarginati, disoccupati e
lavoratori perdenti posto. Per questo, però, secondo
l’arcivescovo necessario rifondare la coscienza civile attraverso “un
supplemento di responsabilità, fantasia, coraggio, creatività anche in presenza di segnali di crisi”. La parola d’ordine allora
è: collaborare. Lavorare insieme, dare spazio alle
discussioni costruttive, alla competenza, al rigore, alla politica “vera”, che
opera per il bene comune.
(R.P.)
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- A cura di eugenio
Bonanata -
Un
minibus esploso ieri a Kusadasi, una località
balneare sul mare Egeo. È diventata meno forte l’ipotesi che l’attentato sia stato compiuto da un kamikaze, come in
un primo momento aveva affermato lo stesso primo ministro turco Erdogan. Gli occhi degli osservatori, intanto, sono puntati
sugli ospedali dove sono ricoverati i circa 13 feriti. Si teme che il bilancio
provvisorio delle 5 vittime sia destinato a salire. Le autorità, inoltre, non
hanno parlato di rivendicazioni né fatto riferimento a gruppi specifici.
E’ stato
ufficialmente identificato dalle autorità britanniche il corpo di Benedetta Ciaccia. La cittadina italiana era tra i dispersi
dell’attentato di Londra dello scorso 7 luglio. Secondo
la Farnesina, la trentenne romana avrebbe perso la
vita nell’esplosione avvenuta nella stazione metropolitana di
Aldgate. La prossima settimana il rimpatrio
della salma. Intanto, l’Egitto ha fatto sapere che non verrà
estradato in Gran Bretagna Magdi el Nashar, il chimico sospettato per l’attentato alla City.
L’uomo era stato arrestato giovedì scorso al Cairo per presunti legami con gli
attacchi terroristici. Di sua proprietà è infatti
l’abitazione utilizzata a Leeds dai quattro kamikaze britannici. Stando ad
indiscrezioni, El Nashar aveva lasciato l’Inghilterra
due settimane prima del giorno delle esplosioni. Sulle telefonate sospette tra
Gran Bretagna e Pakistan lavorano i servizi pakistani.
L’intelligence locale ha fatto sapere che le autorità
britanniche hanno fornito al Paese una lista di chiamate fatte dalla casa di
uno degli attentatori del 7 luglio.
Le forze di sicurezza pachistane
hanno ucciso 17 presunti militanti stranieri nella regione tribale vicino al
confine con l’Afghanistan. Lo riferisce la televisione privata Geo. Citando
fonti anonime del governo, la Tv ha aggiunto che anche un soldato pachistano è
morto nell’operazione.
Soldati afghani e delle forze
della coalizione a guida statunitense, hanno ucciso 20
taleban in violenti scontri avvenuti negli ultimi due
giorni, nella regione sud-est dell'Afghanistan. Gli scontri sono iniziati
giovedì scorso nella provincia di Khost, in seguito
ad attacchi dei taleban alla base dell’esercito
nazionale afghano, nel distretto di Espera.
Sempre
tesa la situazione nella striscia di Gaza dove un colpo di mortaio ha provocando
numerose vittime tra i coloni israeliani. Un capo dell’ala
militare di Hamas, inoltre, è stato ucciso da un cecchino israeliano. Intanto,
Israele ha ammonito che "entro le prossime ore" potrebbe scatenare
un’offensiva di terra contro la Striscia di Gaza, se i miliziani palestinesi
non cesseranno di lanciare razzi contro obiettivi
posti sul territorio ebraico. La minaccia è venuta dal vice ministro della
Difesa, Zeev Boim, che alla
radio pubblica ha specificato come un eventuale assalto su Gaza “dipende da
quanto accadrà", appunto "nelle ore a venire". Dal canto suo, il
presidente palestinese Abu Mazen
ieri aveva esortato le fazioni militanti a riaffermare il loro impegno per il
periodo di non belligeranza.
Promettente risultato
nell’ambito dei negoziati fra governo indonesiano e i ribelli della provincia di Aceh. Ad
Helsinki le parti hanno raggiunto un accordo che pone fine a circa 30 anni di
guerra civile nella provincia settentrionale dell'isola di Sumatra.
Il memorandum dell’intesa, tuttavia, verrà siglato
formalmente il prossimo 15 agosto. Fonti dei ribelli avevano precisato che
l’intesa, con l’approvazione del governo, permetterà
loro di diventare un partito politico.
Secondo l’agenzia Nuova Cina, le violente inondazioni di
questa prima parte dell’estate in Cina hanno provocato oltre 700 morti e almeno
190 dispersi. Inoltre, quattro milioni di persone, su un totale di 90 milioni colpite, sono state trasferite. E il bilancio è grave anche
in termini materiali: distrutti sette milioni di ettari
di raccolti e più di 700.000 case. Le regioni più colpite sono nel sud e
nell’est del Paese.
Via dallo Yucatan,
dalle spiagge di Cancun, dai bungalow che popolano le
assolate rive caraibiche; file, lunghe file davanti
ai traghetti, agli imbarchi di voli locali e davanti agli alberghi in cerca di
un rifugio sicuro: è in arrivo Emily, il terribile
uragano che dopo aver spazzato e inondato Cuba e la Florida ora punta sulla penisola
dello Yukatan, Messico, dove è atteso in serata. Da ieri, scrive la Bbc
online, è cominciato l'esodo forzato di decine di
migliaia di turisti, in maggioranza stranieri. Ieri 30.000 persone hanno
lasciato lo Stato di Quintana Roo. Oggi sono in marcia altri 40.000 turisti, che stanno lasciando con
qualsiasi mezzo le località della costa orientale messicana per un tetto
sicuro. A Cancun
la gente lascia le spiagge e si rifugia all'interno. Già dalla scorsa notte la
città era in preda a confusione e traffico caotico. Sono arrivati migliaia di
turisti in fuga dalle isole di Mujeres e Cozumel, altrettanti hanno abbandonato le tipiche capanne
di palme lungo la costa e si sono riversati per le sue strade e nei suoi alberghi all'interno. L'aeroporto locale è affollato
all'inverosimile da chi vuole lasciare la zona. L’uragano Emily,
con venti che soffiano a 225 chilometri all'ora, ha
già terrorizzato la Giamaica, dove fortunatamente non ci sono state inondazioni
nè vittime, le isole di Trinidad e Tobago e di Grenada.
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